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Citazioni riguardanti l'opera

La fida ninfa

Alma oppressa da sorte crudele

Dramma per musica.
Libretto di Scipione MAFFEI.
Musica di Antonio Lucio VIVALDI.
Opus: RV 714.
Prima esecuzione: 6 gennaio 1732, Verona.




Genesi

⚫ La genesi della Fida ninfa è strettamente intrecciata alle vicende che accompagnarono la nascita del Teatro Filarmonico di Verona […]. Per l’inaugurazione Scipione Maffei, che era uno degli accademici coinvolti nell’impresa, riprese tra le sue opere giovanili una pastorale, La fida ninfa, affidando al bolognese Giuseppe Maria Orlandini la composizione della musica e allo stesso Francesco Bibiena il disegno delle scene. Nel marzo 1730, però, le autorità veneziane vietarono lo spettacolo nel timore che, venendo a Verona, gli ufficiali stranieri di stanza nelle vicine città imperiali si rendessero conto delle limitate capacità militari della Serenissima sulla terraferma. Rimossi gli ostacoli politico-burocratici, il progetto dell’inaugurazione venne ripreso due anni dopo e, complice un nuovo incarico di Orlandini a Firenze, per la composizione della musica venne chiamato Antonio Vivaldi, che si trovava quindi a lavorare su un libretto (che Maffei nel frattempo aveva pubblicato) e scene già esistenti.

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Clima razionalistico

⚫ Il testo del dramma, la cui prima versione risale al 1694 (e quindi di epoca precedente a quella della riforma di Zeno), risente del clima razionalistico della prima Arcadia: è una favola pastorale lineare, con sei personaggi le cui vicende si intrecciano nel gioco di innamoramenti, equivoci e agnizione finale, con il suggello dell’intervento di Giunone ed Eolo.

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Espressività melodica

⚫ Il libretto di Maffei non presenta eventi tragici: anche l’apparente suicidio di Licori perde drammaticità poiché lo spettatore è subito informato del fatto che la ninfa non è morta; anzi, l’episodio ha un risvolto comico nel racconto di Elpina, che è scoppiata a ridere nel veder scivolare in acqua la sorella. Se in generale all’epoca di Vivaldi l’interesse del pubblico e dei musicisti si concentrava sulle arie, mentre i recitativi venivano scritti in modo affrettato e convenzionale, in quest’opera il compositore non si abbandona alla routine e nei recitativi secchi riesce a mantenere una certa varietà ed espressività melodica aderendo al significato del testo.

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Abbandono lirico

⚫ Le arie “Alma oppressa da sorte crudele” di Licori e “Destin avaro” di Morasto, in cui la melodia alterna momenti di abbandono lirico al virtuosismo ‘violinistico’ di incalzanti progressioni di semicrome, sono una testimonianza del complesso rapporto tra musica strumentale e musica operistica nella produzione vivaldiana.

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Privilegi

⚫ Un cenno merita l'uso dei recitativi accompagnati da melodie di archi, adottato nell'opera per i personaggi di Giunone e di Eolo. Un tipo di recitativo, quello «accompagnato», eccezionale in Vivaldi, ma qui evidentemente richiesto dalla natura «divina» dei due personaggi in causa. Ai personaggi di tal natura, infatti, le consuetudini del tempo riservano il «privilegio» di questo trattamento del recitativo.

Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET

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