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Citazioni riguardanti l'opera

La clemenza di Tito

Parto; ma tu ben mio

Opera seria.
Libretto di Caterino Tommaso MAZZOLÀ, Pietro METASTASIO.
Musica di Wolfgang Amadeus MOZART.
Opus: K. 621.
Prima esecuzione: 6 settembre 1791, Praga.




Ultimo anno

► Nell'ultimo anno della sua vita, Mozart ricevette un'importante commissione originariamente destinata a Salieri. In occasione dei festeggiamenti per l'incoronazione a re di Boemia dell'imperatore Leopoldo II, il 20 luglio 1791, i rappresentanti degli stati boemi firmarono con l'impresario Guardasoni un contratto per un'opera celebrativa dell'avvenimento. Sulla base di questa data, sappiamo che Mozart, all'epoca a buon punto della composizione del Flauto magico, potè cominciare il lavoro quasi a ridosso della prima rappresentazione, prevista per il 6 settembre.

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Intesa con il compositore

► A quasi sessant'anni dalla sua nascita, il libretto di Metastasio non venne assunto sic et simpliciter, ma fu affidato alle cura di Caterino Mazzolà, poeta di corte dell'Elettore di Sassonia. Questi operò, senza dubbio d'intesa con il compositore, in modo che il dramma venisse «ridotto a vera opera», come recita l'annotazione che Mozart appose sul catalogo delle sue opere in data 5 settembre 1791, alla vigilia dell'importante allestimento: sia Mozart, sia il Gluck della riforma, professavano un classicismo in teatro e in musica ben diverso da quello a suo tempo divulgato in tutta Europa da Metastasio.

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Riscrittura

► I tempi gloriosi dell'opera seria erano inequivocabilmente trascorsi, e un testo appartenente a quel genere, per quanto splendido, necessitava di radicali 'restauri' per poter venire ancora presentato al pubblico. Anche a costo di smarrire, nella riscrittura, l'efficacia di luoghi giustamente famosi, come il recitativo di Tito (III,7) già elogiato da Voltaire, qui ampiamente mutilato, oppure dell'aria “Se mai senti spirarti sul volto”, tanto importante nella Clemenza di Tito di Gluck, ridotta a un terzetto che assicura più fludità all'azione scenica, ma attenua il valore poetico e drammatico dei versi e l'intensità della situazione.

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Congegno drammatico

► Buona parte del congegno drammatico della Clemenza mozartiana si basa sugli ensembles, assenti in Metastasio e introdotti da Mazzolà come un mezzo occorrente a farne un testo per musica più confacente ai tempi. In particolare nel terzetto “Vengo… aspettate… Sesto”, dal sofisticato effetto di 'straniamento' ottenuto facendo commentare lo smarrimento di Vitellia dagli altri due personaggi, Publio e Annio, che si esprimono in perfetto linguaggio da opera buffa, esaltando per contrasto l'angoscia della situazione, dipinta dagli archi, lanciati in disegni e tremoli di grande concitazione (Vitellia ha appena saputo di essere stata designata imperatrice, ma Sesto è già partito per uccidere Tito).

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Estremamente efficace

► Estremamente efficace, nella presentazione di sentimenti diversi in corrispondenza di una congiuntura eccezionale, è […] il finale primo, significativamente denominato «quintetto con coro». Comprendendo le ultime quattro scene del primo atto, il concertato viene costruito attraverso il progressivo convenire di tutti i personaggi tranne Tito (del quale, proprio a questo punto del dramma, viene annunziato l'assassinio). L'evento viene così commentato da tutto il cast, da ciascuno secondo il proprio punto di vista, mentre l'orchestra assicura il collegamento tra le diverse entrate dei personaggi e, con un motivo in 'ostinato', sottolinea l'atmosfera di terrore in cui si svolgono i drammatici eventi. La situazione si presenta distinta musicalmente su due piani: da un lato i cinque solisti sul proscenio, in balìa del disorientamento più totale, sullo sfondo invece il coro con le sue inquietanti esclamazioni, ulteriore turbamento per i personaggi che le odono indistintamente («Le grida, ahimè! ch'io sento / Mi fan gelar d'orror»), mentre si scorge in lontananza il Campidoglio devastato dalle fiamme. La natura corale di tutto il quintetto emerge soprattutto dopo l'unica reale cesura del brano, all'altezza di quell'Andante in cui culmina tutto il pezzo, in corrispondenza della notizia della morte dell'imperatore. Il ritmo drammatico rallenta improvvisamente in contrasto con la concitazione dell'Allegro precedente, per mantenersi sospeso sino al calare del sipario, quando l'atto si spegne in un'aura di inquietante mistero.

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Sesto

► Il secondo atto riserva al personaggio di Sesto molte occasioni di splendore drammatico/musicale. In particolare in due numeri successivi: il terzetto “Quello di Tito è il volto” e l'aria-rondò “Deh, per questo istante solo”. In essi rifulge al meglio l'inventiva melodica di Mozart: così avviene nella seconda sezione (Allegro) del terzetto, nonché per tutta la durata dell'aria. In entrambi i testi viene trattato un unico tema, quello di un'angoscia profonda come la morte: il desiderio di Sesto di morire piuttosto di continuare a dibattersi in tanto turbamento morale. Se però la frase del terzetto «chi more / Non può di più penar» ottiene una prevedibile, intensa intonazione del tutto consona al suo significato, un'affermazione analoga nell'aria, «Tanto affanno soffre un core, / Né si more di dolor?» riceve una veste musicale sconcertante. La melodia da rondò di Sesto fa la sua comparsa da un 'altrove' di siderale lontananza, come una voce di quasi metafisica gratuità, estranea a ogni dolore, che pare risolto in un gioco di innocenza primigenia.

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Timbro vellutato

► La cifra dell'ultimo Mozart si insinua […] nel fascino di [alcune] melodie: come quelle del duetto “Ah, perdona al primo affetto”, che paiono concepite per il timbro vellutato del clarinetto, rappresentazioni evanescenti eppure così intense della nostalgia di un tempo dell'innocenza, fantasma edenico di una felicità umana carissimo alla poetica del compositore.

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Voce profonda dell'io

► Una peculiarità del Mozart dell'ultima maniera è rintracciabile […] nella predilezione per alcuni strumenti in auge da un capo all'altro della partitura, ed emergenti soprattutto in taluni momenti-chiave. Il clarinetto solista compare nel momento in cui il piano per uccidere Tito entra in azione, cioè nell'addio di Sesto a Vitellia, l'aria “Parto: ma tu, ben mio”. Qui rappresenta la voce più profonda dell'io del personaggio, totalmente dominato dal fascino fatale della bellezza, il suo desiderio inappagato e illusorio dell'amore di Vitellia. Il corno di bassetto, questo 'fratello' inquietante del clarinetto, si afferma invece al termine della vicenda, quando Vitellia prende la decisione suprema di sacrificare la sua ambizione: nel rondò “Non più di fiori” lo strumento è immagine dirompente e ossessiva della morte che la protagonista considera ormai il suo destino imminente.

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Marcia e coro

► […] La marcia e coro “Che del Ciel, che degli dèi” (II,24), collegate senza soluzione di continuità con il rondò di Vitellia, si rivelano come una folgorazione. L'incubo della morte, la solitudine e l'angoscia della protagonista, il tetro lamento del corno di bassetto si infrangono contro lo splendore sonoro di un'orchestra addobbata a festa. Lo sfarzo e la grandiosità di quei ritmi puntati, in un'atmosfera da trionfo h&aulm;ndeliano, costituiscono la cornice finalmente solenne -ma non vacua- della celebrazione del potere sovrano. Le lodi di Tito, ora intonate dal coro sugli splendidi, raffinati versi metastasiani, occupano questo ultimo squarcio dell'opera, ambientato non a caso in un «luogo magnifico», manifestazione anche spaziale dello splendore imperiale. Il trionfo che ci si appresta a celebrare non è tanto quello di un uomo, ma della sua clemenza, che tutti i complotti del dramma non sono bastati a piegare e che giunge 'costante' e vittoriosa all'ultimo traguardo.

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Altri compositori dello stesso libretto

Antonio Caldara Vienna, Hoftheater 4 novembre 1734 il libretto fu composto per Antonio Caldara
Leonardo Leo Venezia, Teatro San Giovanni Grisostomo 29 gennaio 1735
Johann Adolph Hasse Pesaro, Teatro Pubblico 24 novembre 1735 prima di tre versioni
Francesco Peli Monaco di Baviera, Hoftheater carnevale 1736
Pietro Vincenzo Crocchetti Genova, Teatro Falcone 14 gennaio 1736
Francesco Maria Veracini Londra, King's Theatre in the Haymarket 12 aprile 1737 libretto rielaborato da Angelo Maria Cori
Giovanni Francesco Marchi Milano, Teatro Ducale 26 dicembre 1737
Giuseppe Arena Torino, Teatro Regio 26 dicembre 1738
Georg Christoph Wagenseil Vienna, Burgtheater 15 ottobre 1746
Giuseppe Manna Messina carnevale 1747
AA. VV. Madrid, Teatro del Buen retiro carnevale 1747
Joseph Anton Camerloher Monaco di Baviera, Hoftheater luglio 1747
Antonio Gaetano Pampani Venezia, Teatro San Cassiano carnevale 1748
Carlo Luigi Pietro Grua Mannheim 17 gennaio 1748
David Perez Napoli, Teatro San Carlo 1749
Francesco Araja San Pietroburgo, Teatro di Corte 27 dicembre 1751
Christoph Willibald Gluck Napoli, Teatro San Carlo 4 novembre 1752
Michelangelo Valentini Bologna, Teatro Formagliari 15 gennaio 1753
Niccolò Jommelli Stoccarda, Herzogliches Theater 30 agosto 1753
Andrea Adolfati Vienna, Hoftheater 15 ottobre 1753
Antonio Mazzoni Lisbona, Gran Teatro di Corte 6 giugno 1755
Carlantonio Cristiani Camerino carnevale 1757
Ignaz Holzbauer Mannheim, Hoftheater 4 novembre 1757
Vincenzo Legrenzio Ciampi Reggio nell'Emilia, Teatro Pubblico 28 aprile 1759
Baldassare Galuppi Torino, Teatro Regio 26 dicembre 1759
Giuseppe Scarlatti Venezia, Teatro San Benedetto gennaio 1760
Ignazio Platania Milano, Teatro Ducale 26 dicembre 1766
Andrea Bernasconi Monaco di Baviera, Neues Hoftheater gennaio 1768
Tommaso Traetta Lodi carnevale 1769
Pasquale Anfossi Roma, Teatro di Torre Argentina 21 gennaio 1769
Johann Gottlieb Naumann Dresda, Hoftheater 1 febbraio 1769
Giuseppe Sarti Padova, Teatro degli Olbizzi giugno 1771
Joseph Myslivecek Venezia, Teatro San Benedetto 26 dicembre 1773
Johann Peter Salomon Rheisberg 1774
Anton Bach-Schmidt Eichstädt 1776
Luigi Guido Beltrami Verona, Collegio Vescovile carnevale 1779 data incerta
Franziscus Horzizky Rheinsberg 1781
David August von Apell Kassel, Hoftheater 1785
Giuseppe Niccolini Livorno, Teatro degli Avvalorati estate 1797
Bernardino Ottani Torino, Teatro Regio 26 dicembre 1797
Antonio Del Fante Firenze, Teatro della Pergola 26 dicembre 1802 libretto rielaborato da Gaetano Rossi
Marcos António Portugal Livorno, Teatro Regio aprile 1807 libretto basato sulle rielaborazioni di Caterino Tommaso Mazzol e Gaetano Rossi
Heinrich Marschner 1816 non rappresentata

DEUMM, AA. VV. (UTET, 1999)

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