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Citazioni riguardanti l'opera

La catena d'Adone

Mira, mira gioioso

Favola boschereccia.
Libretto di Ottavio TRONSARELLI.
Musica di Domenico MAZZOCCHI.
Prima esecuzione: 12 febbraio 1626, Roma.




Rappresentazioni

⚫ Giovanni Giorgio Aldobrandini commissionò l’opera a Domenico Mazzocchi, benché questi prestasse servizio presso la famiglia con mansioni diplomatiche e non specificamente musicali. La catena d’Adone venne rappresentata più volte con successo in palazzo Conti nel carnevale 1626 e, nello stesso anno, a Parma […]; successive riprese, con sostanziali modifiche, ebbero luogo a Bologna (1648) e a Piacenza (1650).

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Mezz’arie

⚫ L’interesse dell’opera va ricercato nelle novità che Mazzocchi seppe apportare al primitivo modello del recitar cantando, perfezionandolo e rendendolo più vario mediante l’impiego delle cosiddette ‘mezz’arie’: un’interruzione della monotona sillabicità del recitativo in corrispondenza di brevi frasi, significative dal punto di vista drammaturgico o espressivo. Un bell’esempio di ‘mezz’aria’ appare nell’intervento di Arsete: a ogni ripetizione, la frase che dà significato all’allegoria («La ragion perde dov’il senso abonda») viene messa in evidenza con un melisma sulla parola ‘senso’ e una particolare figurazione del basso continuo.

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Concetto di varietà

La catena d’Adone rappresenta uno dei primi esempi di teatro musicale in cui le varie possibilità vocali sono declinate a fini drammaturgici con forme miste: una sorta di instabilità, che muta e increspa la declamazione intonata dei fiorentini, secondo un concetto di varietà garantito, inoltre, dalla presenza di numerosi pezzi chiusi (specialmente cori e brani polifonici), oltre a danze, arie, ritornelli strumentali e –elemento di novità– il balletto cantato (le inserzioni a tre voci –«danze intramezate con canti, e con passeggi»–, alternate agli interventi del coro di ninfe e pastori “Mira, mira”, che concludono il primo atto).

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Dalla partitura del 1626

Al serenissimo signore e padron mio colendissimo il sig. D. Odoardo Farnese duca di Parma e di Piacenza.

Dovendo io per lo stimolo di molti amici mandare in luce la presente favola de la Catena d'Adone da me posta in musica, e in Roma da eccellentissimi cantori rappresentata, non ho creduto di poterle dare maggior lume di quello, ch'è per recarle il portare in fronte il glorioso nome di v. a.; con la chiarezza del quale non solo si toglia ogni oscurità alla bassezza dell'opera, ma si manifesti tanto più l'obbligo, ch'io averò in perpetuo di mostrare la mia infinita devozione alla serenissima sua persona, poiché io vengo ad un'ora a porgere occasione all'a.v. Di esercitare la sua immensa benignità nel gradire la picciolezza di ciò, ch'io insieme con la perpetua mia servitù umilissimamente le dedico. Ond'io spero ancora, che se nel trovarmi la state passata in Parma al servizio del sig, cardinale Aldobrandino zio di v. a.; non ha ella sdegnato di far segno di sentirla volentieri talvolta cantare, non fia meno per isdegnare, che con questo io mi scuopra al mondo, se per altro povero di merito, ricco però della sua benignissima grazia, e sicurissima protezione, alle quali mentre riverentemente mi raccomando, prego all'a.v. un felicissimo corso d'anni, acciò che l'età nostra lungamnete sigoda di vederla (com'ella chiaramente già lo promette) non tanto erede de gli stati, quanto emula a pubblico beneficio delle glorie de' suoi maggiori.

Di Venezia li 24 di ottobre 1626.
Di v. a. serenissima umilissimo, ed obligatissimo servitore
Domenico Mazzocchi

La catena d'Adone posta in musica da Domenico Mazzocchi, Venezia 1626

La gara

⚫ Anche La catena d'Adone (1626) di Domenico Mazzocchi era stata concepita come un divertimento per aristocratici, e, nel medesimo tempo, come una gara di canto fra due delle cortigiane romane più in vista: il librettista, Ottavio Tronsarelli, si sarebbe ispirato, infatti, ad una «contesa» sorta fra il principe Giorgio Aldobrandini e il principe Giandomenico Lupini, il primo assertore delle migliori doti vocali della cantatrice Margherita Costa, il secondo sostenitore delle capacità di Francesca («La Cecca») dal Padule; la gara che avrebbe dovuto svolgersi fra le due cortigiane sarebbe poi stata impedita dalla moglie dell'Aldobrandini, imponendo che le due parti vocali fossero affidate a castrati.

Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET

«Arie» e «mezz'arie»

⚫ Musicalmente, La catena d'Adone, si distacca dalle prime opere per ciò che concerne il recitativo, che in generale è melodicamente più interessante. Per la prima volta appare in un'opera il termine «aria», benché esso sia applicato non soltanto alle melodie solistiche, ma anche ai duetti e alle parti d'insieme. Alcune «arie» solistiche differiscono a mala pena dal recitativo monodico, mentre altre incominciano a mostrare una struttura a sezioni ben definita e un distinto contorno melodico; inoltre, non sono prevalentemente strofiche. Quantunque Mazzocchi non sia il primo compositore a cercare di mettere in evidenza questi elementi, tuttavia egli è il primo a far riferimento al principale difetto dello «stile rappresentativo» fiorentino, «il tedio del recitativo», e lo fa alla fine della partitura de La catena d'Adone, allorché elenca le arie e i cori dell'opera con le «mezz'Arie… che rompono il Tedio». Più probabilmente queste ultime si identificano con gli episodi in stile arioso disseminati nel corso del recitativo, episodi nei quali si registra un'accelerazione nel basso e un fraseggio più melodico nella parte vocale […]. Il coro è ancora un fattore importante e prevale al termine di ciascuno dei cinque atti.

Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET

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