Citazioni riguardanti l'opera
Tragedia giapponese.
Libretto di Giuseppe GIACOSA, Luigi ILLICA.
Musica di Giacomo PUCCINI.
Prima esecuzione: 28 maggio 1904, Brescia.
⚫ Nel 1898 John Luther Long aveva pubblicato un racconto […], poi ridotto ad atto unico da David Belasco, uno dei più abili uomini di teatro americani, a cui Puccini ricorrerà anche per La fanciulla del West, subito dopo aver scritto Butterfly. La lacrimevole storia della giapponesina sedotta, abbandonata e suicida era una vicenda umana che gli consentiva di esplicare tutta la sua capacità di commuovere, di esercitare quel ‘ricatto dei sentimenti’ al quale le platee di tutto il mondo, allora come oggi, difficilmente riescono a sottrarsi.
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⚫ Certamente dovette molto stimolare la fantasia musicale di Puccini l’ambientazione esotica, quell’estremo Oriente che, allo scadere del secolo XIX, aveva sostituito - nella ‘moda’ letteraria e teatrale - le turcherie in voga nel Settecento e in età rossiniana. Il Giappone si stava affacciando sulla ribalta politica internazionale, e la guerra russo-giapponese del 1905 sancirà questa volontà di emergere del paese orientale; le suppellettili, i paraventi laccati, i delicati acquerelli, alcuni vocaboli (ikebana, harakiri, kimono, obi) cominciavano a entrare nelle case della borghesia europea e a suggestionare i pittori dell’Art Nouveau e della Sezession viennese.
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⚫ C’erano stati, ancora nel dominio del teatro leggero, Arthur Sullivan che nel 1885 aveva musicato The Mikado e Sidney Jones con The Geisha (1896); ma su Puccini maggiore suggestione esercitò l’Iris di Mascagni, anch’essa di ambiente giapponese, accolta con favore nel 1898. La cornice orientale, dunque, affascinò intensamente il compositore, tanto che volle documentarsi ampiamente sulle musiche, sugli strumenti giapponesi, giungendo addirittura a citare più di una decina di temi autentici nella nuova partitura; Mascagni, invece, si era limitato a pochi spunti e aveva lavorato tutto d’invenzione.
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⚫ Per la recitazione, Puccini seguì i consigli di una specie di Sarah Bernhardt nipponica, la celebre Sada Jacco; per le usanze e il décor ricorse alle indicazioni della moglie dell’ambasciatore giapponese. Una volontà di documentazione puntigliosa, di un «naturalismo disarmante», che stupisce e quasi indispone, solo se si pensi che, negli anni in cui Butterfly vedeva la luce, la grande stagione naturalistica si stava consumando: nella letteratura, nel teatro, nella musica.
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⚫ Iniziata nel 1901, la composizione procedette con numerose interruzioni; l’orchestrazione venne avviata nel novembre 1902 e portata a termine nel settembre dell’anno seguente, e soltanto nel dicembre del 1903 l’opera poté dirsi completata in ogni sua parte. La sera del 17 febbraio 1904, nonostante l’attesa e la grande fiducia dei suoi artefici, la Butterfly cadde clamorosamente alla Scala di Milano, inducendo autore ed editore a ritirare lo spartito e a sottoporre l’opera a un’accurata revisione che, attraverso l’eliminazione di alcuni dettagli e l’opportuna modifica di scene e situazioni, la rese più agile e proporzionata. Nella nuova veste Madama Butterfly venne accolta con entusiasmo al teatro Grande di Brescia appena tre mesi dopo, il 28 maggio.
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⚫ Puccini, nella sua connaturata incontentabilità, ritornò ancora sullo spartito, tanto che si conoscono addirittura quattro differenti edizioni a stampa. Ci furono alleggerimenti: la soppressione di parte delle battute ‘colonialiste’ di Pinkerton, che ironizza sulle abitudini giapponesi; minor rilievo per la figura dello zio ubriacone Yakusidé, che si avventa sul buffet preparato per le nozze; altri piccoli tagli nel primo atto. Più vistoso lo smembramento del lunghissimo secondo atto (soluzione proposta già da tempo dallo stesso Giacosa), mentre il nuovo terzo atto veniva arrichito dalla ‘romanza’ per il tenore “Addio, fiorito asil” e presentava varie modifiche nella scena fra il console, Butterfly e Kate. Inoltre venne modificata la melodia d’entrata di Butterfly (che ritorna nel duetto d’amore), vennero eseguiti tagli all’aria del secondo atto “Che tua madre” e aggiustamenti alla frase di Butterfly «O a me, sceso dal trono», nel suo canto finale “Tu, tu, piccolo Iddio”.
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⚫ Indubbiamente Madama Butterfly, con la sua vicenda sentimentale, con i suoi personaggi esemplati sul reale, poteva apparire forse un prodotto fuori stagione, diagnosi avanzata da Claudio Sartori per giustificare il fiasco della ‘prima’. Tuttavia la strepitosa rivincita che l’opera ottenne nella rappresentazione a Brescia significò che, pur con un apparente ‘vecchio gioco’, l’autore aveva fatto centro ancora una volta.
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⚫ Nel primo atto Puccini compie il suo massimo sforzo di ricostruzione pittorica ambientale, specialmente quando l’orchestra, in cui predominano i procedimenti, i ritmi, i temi e le scale orientali, procede alla coloratissima presentazione del parentado di Butterfly; mentre, com’è naturale, Pinkerton e Sharpless cantano secondo i tradizionali moduli pucciniani.
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⚫ Nel secondo e terzo atto si fa meno invadente l’ambientazione orientaleggiante, cui era dedicata tanta parte del primo: è come se Cio-cio-san, in una «casa americana», come ella dice, faccia sempre più spesso ricorso a invenzioni melodiche d’impronta occidentale, mentre la scrittura orchestrale e il gusto timbrico restano costantemente informati a una ricercatezza estrema, a una sagacia di dosaggi, a una sensibilità per il particolare che molto debbono alla cultura musicale francese (Debussy, ma anche Ravel). La costruzione a tasselli, a brevi episodi, propria della prima parte dell’opera cede a più larghe campiture, a ‘quadri drammatici’ incentrati su situazioni emotive di ampio respiro, che inducono Puccini a strutturare l’atto secondo moduli, se vogliamo, più tradizionali.
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⚫ Notevole […] l’ampia pagina sinfonica, la più ambiziosa di tutta l’opera, che apre il terzo atto, in cui Puccini dà fondo a tutte le sue risorse di sapiente orchestratore e di abile ‘costruttore a frammenti’. L’attesa di Cio-cio-san è descritta dall’orchestra attraverso un sagace impiego dei cosiddetti ‘ritorni logici’ dei temi degli atti precedenti, quasi un incomposto e intenso riaffiorare alla memoria e alla coscienza della donna di tutto un mondo di affetti, di momenti perduti, di sogni.
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⚫ Nel suo insieme, il linguaggio musicale di Butterfly non si allontana in modo clamoroso da quello di Bohème e Tosca: l’elemento di distinzione tra questa opera e le precedenti non è infatti da cercarsi nel melodismo puro e semplice, ma anzitutto nel cosiddetto ‘aggiornamento’ armonico, che investe la scrittura orchestrale (solo in parte anche la condotta vocale) facendo tesoro delle esperienze dei musicisti francesi; tuttavia il tessuto sinfonico pucciniano, investito da una rigogliosa inventiva melodica, rivela l’autore italiano e si distacca nettamente dalla frantumazione cellulare di quello debussiano.
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⚫ E se non inedita era l’acclimatazione esotica, con l’uso di scale pentatoniche, esatonali, incomplete, ritmi di danza caratteristici, timbri strumentali ‘locali’, assolutamente nuovo è il modo con cui Puccini si pone di fronte all’elemento ambiente, diverso il ruolo che assegna allo ‘sfondo’ in questa rinnovata drammaturgia. Con Butterfly ill musicista sente per la prima volta la necessità di una documentazione larga e minuziosa, e se inventa ex novo alcuni temi orientaleggianti, si cura che posseggano il particolare colorito di quelli originali, sì da costituire, musicalmente, un autentico polo d’attrazione rispetto alle invenzioni melodiche ‘occidentali’.
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⚫ Il ritmo di Butterfly, fin dal primo atto, è la lentezza quasi esasperante, con cui ogni momento della giornata, ogni pensiero, ogni turbamento, è dilatato come attraverso una lente d’ingrandimento, diventando un evento di straordinario rilievo e importanza, come le cose, le piccole cose che accompagnano la quotidiana vicenda della donna: una cintura, un piccolo fermaglio, un ventaglio, la lama con cui il padre si è suicidato, l’obi che vestì da sposa. Questo tipo di frammentazione analitica dei vari momenti della storia va di pari passo a una sorta di diffusione capillare della presenza di Butterfly in tutta l’opera, anche quando materialmente ella non compare. Essa è l’unico centro d’interesse, il costante riferimento per tutti gli altri personaggi, che vivono solo in funzione di lei.
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⚫ […] ci è sembrato giusto definire quest’opera come uno stupendo ‘monodramma’, in cui la musica non si cura di altri personaggi, di un loro coerente svolgimento e verità psicologica, ma solo della storia interiore dell’unica protagonista; un monodramma in cui i parametri del teatro naturalista, adottati dal libretto, vengono fatti saltare attraverso il linguaggio musicale.
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⚫ Siamo di fronte a un dramma eminentemente psicologico, anzi psicoanalitico: fu questo davvero che sconvolse i frenquentatori dei teatri d’opera del primo Novecento. E, ancor più che le precedenti opere pucciniane, Butterfly era l’apoteosi del mito femminile, così cara a tutta la cultura di fine Ottocento, realizzata con i moderni metodi dell’analisi.
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1a | Milano, Teatro alla Scala | 17 febbraio 1904 | in due atti |
2a | Brescia, Teatro Grande | 28 maggio 1904 | in tre atti |
► DEUMM, AA. VV. (UTET, 1999)
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