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Citazioni riguardanti l'opera

La bella verità

Quando il libretto è fatto

Dramma giocoso per musica.
Libretto di Carlo GOLDONI.
Musica di Niccolò PICCINNI.
Prima esecuzione: 12 giugno 1762, Bologna.




Giuoco di specchi

⚫ Giuoco amato, specchio a volte impietoso delle proprie manie, delle proprie esagerazioni, delle proprie crisi, quello del teatro nel teatro è stato un tema tra i più frequentati nella lunga e svariata storia del teatro d'opera […] Nella sua impareggiabile indagine drammaturgica, nella sua galleria di ritratti, di persone, di situazioni, Goldoni non poteva mancare l'appuntamento con questo tema, che anzi fa protagonista di un suo libretto, quello de La bella verità, in cui il teatro nel teatro giunge a un culmine di introspezione psicologica, di compiutezza drammaturgica, di virtuosismo di scrittura, ma anche di scoperto, ineffabile, toccante autobiografismo.

«La bella verità», ovvero l'opera allo specchio, Vincenzo R. Segreto. Da: La Rivista Illustrata del Museo Teatrale alla Scala, diretta da Mario Pasi; n. 20, Milano, 1993, Nuova Diffusione Lombarda

Fortuna dell'opera

⚫ Un'opera […] poco o nulla fortunata: pochissime rappresentazioni allora (o forse addirittura soltanto la prima […]), nessuna particolare eco nonostante (o forse proprio a loro causa) quelle eccezionali peculiarità che invece rendono quest'opera particolarmente interessante all'esame del moderno lettore. Un'opera dimenticata, insomma, una delle tante nella storia viva del teatro d'opera: e dimenticata anche, se non per i più accorti, dalle storie, dai libri. Ma all'esame del testo poetico La bella verità si rivela invece opera formidabile, ambigua, esemplare: satira di costume e di vita teatrale, tratteggio di personaggi, azione scenica scattante e continua. I tipi della migliore drammaturgia goldoniana (e non solo per il suo più raccolto campo della librettistica) perturbati e descritti da e in una vicenda autobiografica - in una narrazione veramente e finalmente in prima persona - che raggiunge una straordinaria lucidità introspettiva.

«La bella verità», ovvero l'opera allo specchio, Vincenzo R. Segreto. Da: La Rivista Illustrata del Museo Teatrale alla Scala, diretta da Mario Pasi; n. 20, Milano, 1993, Nuova Diffusione Lombarda

C'era una volta un librettista...

⚫ Ma che cos'è dunque questa Bella verità? È la storia di un librettista che, di passaggio da Bologna, cade ammalato. Della sua forzata permanenza in città «approfitta» dunque un cavaliere suo protettore al fine di costringerlo a scrivere un nuovo libretto per un'opera da mettere in scena per la traballante stagione di un impresario amico. Cosa scrivere, dunque, in una simile situazione, costretto a malincuore a riaffrontare il non troppo amato mestiere di librettista? E il libretto narra allora la storia di un librettista che, caduto ammalato, viene costretto a scrivere un libretto, che narra la storia di un librettista che… Ma, ad aggiungere ancora una faccia a questo abbacinante, affascinante giuoco di specchi, il librettista vero è Goldoni, a sua volta veramente di passaggio da Bologna nel suo triste viaggio d'addio all'Italia verso Parigi, che cade ammalato, e allora un amico influente lo costringe a scrivere un libretto, e in questo libretto si narra di un librettista…

«La bella verità», ovvero l'opera allo specchio, Vincenzo R. Segreto. Da: La Rivista Illustrata del Museo Teatrale alla Scala, diretta da Mario Pasi; n. 20, Milano, 1993, Nuova Diffusione Lombarda

Personaggi

⚫ Non è la prima volta che Goldoni lascia affiorare le proprie vicende private, e quelle del suo mondo, nei lavori teatrali: l'aveva già fatto nell'Avvocato veneziano (1750), ne L'avventuriere onorato (1751) e, seppur più indirettamente, nelle Baruffe chiozzotte (1762) oppure, più esplicitamente, nell'Impostore (1753-54), commedia quest'ultima in cui aveva chiamato uno dei suoi personaggi Dottor Polisseno, proprio come quel Polisseno Fegejo che era il suo nome di pastore arcade. In questi, però, e in quest'ultimo in particolare, l'autobiografismo era limitato al semplice uso del nome: nessun altro legame collegava il personaggio al Goldoni autore teatrale e scrittore. Di un poeta, ed autore dalle volontà di riforma tipicamente goldoniane, si parla invece a lungo nel Teatro comico (1750) […]. La più autobiografica delle creazioni goldoniane è sicuramente il sior Anzoletto, in procinto di lasciare Venezia per una non meglio identificata Moscovia, di Una delle ultime sere di Carnovale; ma la professione del sior Anzoletto è quella del «disegnatore di stoffe». Poeta, e autore di libretti teatrali già famosi, è invece il protagonista della Bella verità, Lorano Glodoci, trasparente anagramma di Carlo Goldoni.

«La bella verità», ovvero l'opera allo specchio, Vincenzo R. Segreto. Da: La Rivista Illustrata del Museo Teatrale alla Scala, diretta da Mario Pasi; n. 20, Milano, 1993, Nuova Diffusione Lombarda

La partenza dall'Italia

⚫ Goldoni aveva lasciato Venezia per recarsi a Parigi in qualità di poeta stipendiato al Théâtre Italien […] nell'aprile del 1762, certo senza sapere che non sarebbe più ritornato. Il primo annuncio della sua partenza è in una lettera del 5 settembre dell'anno precedente, indirizzata a quel marchese Albergati di Bologna, suo amico e discepolo da un decennio, che sarà il dedicatario della Bella verità, e quel «gentiluomo» che ne solleciterà l'invenzione. […] giunge a Bologna la sera del 25 aprile, contando di trattenersi in città due soli giorni […]. Una malattia però […] lo costrinse a letto per quasi un mese […]. […] da una lettera all'amico Gabriele Cornet: «Sissignore, io ho composto un libretto buffo intitolato La bella verità. Questo mi ha servito di qualche sollievo nelle mie angustie reumatiche, avendolo fatto assai lentamente per non istancare la testa. Pare a molti che sia riuscito assai bene». In termini assai più sarcastici […] Goldoni esprime poi la sua situazione bolognese e la conseguente creazione del libretto dell Bella verità nei suoi Memoires: «Partii da Venezia […]. Arrivato a Bologna, caddi malato. Mi si fece fare per forza un'opera buffa, e l'opera sentiva la febbre al par di me. Fortunatamente di sotterrato non ci fu che il mio lavoro».

«La bella verità», ovvero l'opera allo specchio, Vincenzo R. Segreto. Da: La Rivista Illustrata del Museo Teatrale alla Scala, diretta da Mario Pasi; n. 20, Milano, 1993, Nuova Diffusione Lombarda

La solita protesta

⚫ Già nel 1752 Goldoni aveva deciso di non scrivere più libretti per musica: e anche quando il poeta presenta se stesso, nel primo atto dell'opera, ripete il suo disgusto per quest'obbligo continuamente ripetuto; e non a caso aveva già detto una parola definitiva sulla questione nella prefazione a De gustibus non est disputandum (1750): «[…] di questi [si riferisce ad altri suoi precedenti libretti per musica] alcuni hanno avuto fortuna grande, altri mediocre, ed alcuni l'hanno sofferta pessima, e questi saranno i men cattivi, e più regolati dei primi. L'esito dipende talora dalla musica, e per lo più dagli attori, e sovente ancora dalle decorazioni. Il popolo decide a seconda dell'esito; se l'opera è a terra, il libro è pessimo. Se è un poco serio, è cattivo perché non fa ridere; se è troppo ridicolo, è cattivo perché non vi è nobiltà […]. Tuttavia non siamo sempre padroni di noi medesimi, e l'uomo deve tutto sacrificare al dovere, alla gratitudine, all'onestà. Un comando di persona autorevole, protettrice, benefica e generosa, mi ha costretto a fare anche questo, e non è la protesta mia quella solita degli scrittori.»

La Rivista Illustrata del Museo Teatrale alla Scala, diretta da Mario Pasi; n. 20, Milano, 1993, Nuova Diffusione Lombarda

Lorano

⚫ Va rammentato che non ci è dato di verificare pienamente la corrispondenza tra il testo musicale e il libretto a causa delle lacune che si sono aperte nella partitura: lacune che non incidono soltanto sul piano formale […] ma anche su quello più strettamente musicale e drammatico. La perdita maggiore è senza dubbio quella della prima scena dell'atto II, in cui sul palcoscenico rimane solo Lorano, cioè Goldoni, a cantare un testo che affronta i problemi del teatro, come «fare» le connessioni tra musica e parola, e i propri rapporti con gli esecutori ed i compositori, in una visione che potremmo definire «filosofica». Avvertì Piccinni gl'inquietanti risvolti della umbratile pièce goldoniana?

La Rivista Illustrata del Museo Teatrale alla Scala, diretta da Mario Pasi; n. 20, Milano, 1993, Nuova Diffusione Lombarda

Angiolina

⚫ Nella partitura di Piccinni, così come ci è tramandata, il momento più alto sembra senz'altro quello della scena undecima dell'atto I […]. […] un solo personaggio è in scena: Angiolina canta le proprie aspirazioni, pene e vicissitudini. La confessione è reale e non mascherata, ed ha un'ampiezza e profondità di respiro che la musica sa interpretare teatralmente. Come il testo di Goldoni si dispiega - cosa insolita - in un'ampia scena solistica, un'aria bipartita in cui si incunea un lungo recitativo, così la musica sa abbandonare il consueto schema stereotipo del recitativo ed aria: estesa, elegantissima introduzione orchestrale; aria «Innocenti pastorelle», bipartita tra una prima sezione più serrata e una seconda più patetica e languida, divise da un breve, incisivo intermezzo strumentale; un'ampia sezione di recitativo e di accompagnamento, un breve inserto strumentale, e finalmente la ripresa dell'aria.

«La bella verità», ovvero l'opera allo specchio, Vincenzo R. Segreto. Da: La Rivista Illustrata del Museo Teatrale alla Scala, diretta da Mario Pasi; n. 20, Milano, 1993, Nuova Diffusione Lombarda

Il duetto si farà; anzi no, è già fatto

⚫ Tra questi due personaggi [id est Angiolina e Lorano, n.d.r.] […] si svolge l'unico duetto dell'opera: è piuttosto esteso, 235 battute, e si caratterizza per la naturalezza con cui la musica accoglie gli impulsi della situazione scenica. La cantante sta esponendo le sue convenienze teatrali al librettista, chiedendo un duetto, ed il poeta risponde negativamente. Ma, sempre più strettamente assediato, finisce ovviamente col cedere. Il duetto dunque si farà. Anzi, no, è già fatto; ed è precisamente il dialogo che ha portato a quella soluzione: la spontaneità con cui la scena si sviluppa, in un diverbio incanzante e naturalissimo, si specchia nella semplicità delle linee melodiche del duetto.

«La bella verità», ovvero l'opera allo specchio, Vincenzo R. Segreto. Da: La Rivista Illustrata del Museo Teatrale alla Scala, diretta da Mario Pasi; n. 20, Milano, 1993, Nuova Diffusione Lombarda

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