Citazioni riguardanti l'opera
Dramma musicale.
Libretto di Giulio ROSPIGLIOSI.
Musica di Stefano LANDI.
Prima esecuzione: 8 marzo 1631, Roma.
⚫ Nel sesto capitolo del suo Trattato della musica scenica, il fiorentino Giovan Battista Doni affermava che «le tragicommedie si possono ridurre a due capi principali di rappresentazioni spirituali e di pastorali. […] Per rappresentazioni non intendiamo quelle goffe e plebee, che vanno per leggende o che si usano dalle monache […] ma di quelle solide e ben tessute con arte e favella poetica quale è il Sant’Alessio dell’ingegnosissimo monsignore Giulio Rospigliosi, più volte rappresentato e sempre con applauso universale ricevuto». È sorprendente sapere che questo Trattato venne scritto con ogni probabilità immediatamente dopo la rappresentazione del Sant’Alessio del 1634, e che quindi, in così breve tempo, l’opera avesse assunto un posto di rilievo ancor oggi indiscusso nella storiografia musicale. Nello stesso passo Doni testimoniava come l’opera fosse «più volte rappresentata», sottolineando l’«applauso universale» che aveva ricevuto in tutte le occasioni in cui era stata riproposta al pubblico. Dizionari e opere di consultazione normalmente riferiscono di due diverse rappresentazioni del Sant’Alessio: una del 1632 e l’altra del 1634. A quest’ultima – come è noto – è legata la stampa del volume contenente la partitura di Stefano Landi e le incisioni con le scenografie dell’allestimento, oltre che una breve ma succosa difesa drammaturgica del dramma, anonima, ma attribuibile, con ben pochi dubbi, al padre gesuita Tarquinio Galluzzi. Più recentemente un’inedita lettera scritta dal letterato lucchese Lelio Guidiccioni al cardinale Francesco Barberini, fatta conoscere dalla storica del teatro Elena Tamburini, ci ha rivelato tuttavia che il Sant’Alessio di Rospigliosi andò in scena probabilmente la prima volta nel febbraio 1629. Le tre riprese documentate nel giro di cinque anni evidenziano tre diversi contesti in cui l’opera si inquadra, sia pure nel comune e più ampio quadro del programma politico e intellettuale messo in atto dai Barberini negli anni di Urbano VIII per affermare il primato della famiglia ed esaltare la forza politica di quel pontificato.
► «Alexius Romanorum nobilissimus» dagli altari alle scene. Il Sant'Alessio di Rospigliosi/Landi: contesto, drammaturgia e recezione di una «historia sacra», Arnaldo Morelli, Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, 2012, 124-2
⚫ Le poche notizie che conosciamo intorno a questa prima rappresentazione provengono dalla citata lettera di Guidiccioni: un breve accenno viene fatto a «musica et machine, due parti accidentali et hor intrinseche all’opera […], l’una è degna del cielo che rappresenta et l’altra è bella sin nell’inferno». La lettera non menziona il nome del librettista né quello del compositore, ma vi sono pochi dubbi che il Sant’Alessio in questione fosse quello su libretto di mons. Rospigliosi messo in musica da Stefano Landi. Già dal 1627, Landi, dopo l’allontamento da Roma del suo padrone, il cardinale Maurizio di Savoia, era rapidamente entrato nell’entourage della famiglia Barberini: per le nozze fra il principe Taddeo Barberini con la principessa Anna Colonna compose, infatti, una Missa in benedictione nuptiarum a sei voci «a cappella» , che fu poi pubblicata in una sontuosa edizione a stampa decorata con le api barberiniane e dedicata a Urbano VIII che aveva officiato le nozze. Lo stretto rapporto stabilito con i Barberini lo favorì notevolmente nella carriera: il 29 novembre 1629 – l’anno stesso della misconosciuta première del Sant’Alessio – Landi fu ammesso come cantore contralto nella cappella pontificia su diretto ordine di Urbano VIII; il pontefice, inoltre, con breve del 2 marzo 1630, lo esentò anche dagli obblighi connessi al beneficio ecclesiastico che il compositore aveva presso un altare della basilica vaticana. Non sappiamo, però, dove e in quali circostanze ebbe luogo la prima rappresentazione del Sant’Alessio. Tamburini suggerisce un luogo «privato»: forse l’opera, promossa o comunque patrocinata dal cardinale Francesco Barberini […] ebbe luogo presso il palazzo alle Quattro Fontane che i Barberini stavano costruendo e che già dal 1626 potevano usare per banchetti e ricevimenti.
► ««Alexius Romanorum nobilissimus» dagli altari alle scene. Il Sant'Alessio di Rospigliosi/Landi: contesto, drammaturgia e recezione di una «historia sacra»», Arnaldo Morelli, Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, 2012, 124-2
⚫ […] l’opera, a quanto pare, fu di nuovo inserita nei trattenimenti programmati dai Barberini nel carnevale del 1631. Gli «avvisi» di Roma riferiscono infatti che il cardinale Francesco e il principe Taddeo, intendevano «far recitare in musica un’opera spirituale da’ musici della cappella pontificia», il cui soggetto sarebbe stato «la vita del glorioso sant’Alessio romano». Tuttavia, come apprendiamo dalla cronaca di Giacinto Gigli, per timore di un’epidemia di peste tutti gli spettacoli e i trattenimenti programmati per quel carnevale furono annullati. Il Sant’Alessio fu tuttavia rappresentato l’anno successivo, cogliendo l’occasione del passaggio per Roma dell’ambasciatore imperiale Hans Ulrich von Eggenberg, in viaggio verso Napoli nel febbraio 1632. I Barberini avevano buone ragioni per rendere un omaggio a un diplomatico di così alto rango, soprattutto se pensiamo che, in quegli anni infiammati dalle vicende della guerra dei Trent’anni, Urbano VIII aveva necessità di ostentare una posizione neutrale fra gli stati cattolici, benché in realtà fosse più vicino alla Francia che non all’alleanza ispano-imperiale. È interessante osservare che sei anni più tardi, Stefano Landi avrebbe dedicato allo stesso principe von Eggenberg il suo Sesto libro di arie da cantarsi a una voce (Venezia, Magni - Gardano, 1638) in occasione di una sua successiva venuta a Roma nel 1638. Dalla dedica del libro traspare chiaramente l’intenzione dei Barberini di comunicare al nobile rappresentante imperiale, per mezzo di questo piccolo omaggio confezionato da un compositore del loro entourage, le trionfali accoglienze che lo avrebbero accolto al suo imminente ingresso nella città papale, non senza rinnovare in lui il ricordo della rappresentazione del Sant’Alessio che, come ricorda Landi, «onorato dalla sua presenza, comparì gl’anni a dietro su queste scene».
► ««Alexius Romanorum nobilissimus» dagli altari alle scene. Il Sant'Alessio di Rospigliosi/Landi: contesto, drammaturgia e recezione di una «historia sacra»», Arnaldo Morelli, Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, 2012, 124-2
⚫ Il Sant’Alessio fu messo di nuovo in scena nel carnevale 1634, in occasione della visita alla corte romana del principe Alessandro Carlo Vasa, fratello di Ladislao IV re di Polonia, appartenente al ramo cattolico della casa reale di Svezia. Per l’occasione il dramma venne rimaneggiato e ampliato con un nuovo prologo adattato all’ospite polacco, con l’aggiunta di nuovi personaggi (coro di schiavi nel prologo, un secondo paggio) e di qualche altro episodio, di una scena boschereccia per un ballo di «quattro ballerini rustici» in funzione di intermedio fra primo e secondo atto, e di alcuni effetti scenici come la trasformazione del Demonio in orso, l’apparizione della Religione e la discesa e la risalita al cielo di un angelo, assenti nella versione del 1632.
► ««Alexius Romanorum nobilissimus» dagli altari alle scene. Il Sant'Alessio di Rospigliosi/Landi: contesto, drammaturgia e recezione di una «historia sacra»», Arnaldo Morelli, Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, 2012, 124-2
⚫ Il Sant’Alessio – lo aveva notato il contemporaneo Doni – rappresenta un deciso cambiamento di rotta dal punto di vista drammaturgico, prima di tutto per la scelta del soggetto: per la prima volta a Roma un dramma per musica non presenta la consueta favola mitologico-pastorale, sia pure letta in chiave moraleggiante o encomiastica, ma una «historia sacra» che porta in scena la vita di un santo: Alexius romanorum nobilissimus. Non possiamo non connettere l’improvviso cambio di rotta con le inclinazioni poetiche di Urbano VIII, deciso avversatore del marinismo e di una poetica della meraviglia fondata su un ordine intellettuale ingannevole, in favore della meraviglia cristiana fondata su dati veri o verosimili, su quelle «invenzioni veraci» di cui parla Giovanni Ciampoli, poeta della cerchia del papa Barberini. Conferma questa ipotesi il fatto che Guidiccioni, nella già ricordata lettera sulla rappresentazione del 1629, manifestasse un suo «sentimento»: «vorrei che all’altezza del grado supremo non disdiscesse il partecipar di queste santissime rapresentationi». In altri termini, Guidiccioni, e dietro di lui i Barberini, ambivano ad avere la presenza del papa a questi spettacoli, dal punto di vista etico per legittimarne la liceità; da un punto di vista politico per collocarli sotto il supremo patrocinio del sovrano-pontefice, quasi a stabilire l’idea, pressoché utopistica, di un teatro di corte, che a Roma tuttavia mai si realizzò.
► ««Alexius Romanorum nobilissimus» dagli altari alle scene. Il Sant'Alessio di Rospigliosi/Landi: contesto, drammaturgia e recezione di una «historia sacra»», Arnaldo Morelli, Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, 2012, 124-2
⚫ «Historia sacra» e non favola è la classificazione del Sant’Alessio che leggiamo nelle iscrizioni in calce ai primi due fascicoli della partitura stampata nel 1634. Benché non manchino nell’opera del primo Seicento esempi di drammi a soggetto sacro o agiografico, specie in ambiente fiorentino e romano, e lo stesso Alessio sia un soggetto non sconosciuto al teatro dell’epoca, il Sant’Alessio di Rospigliosi non può essere direttamente collegato a questa tradizione: esso, infatti, non presenta i caratteri della tragedia cristiana non essendo incentrato su un santo martire. Semmai, un prevalente modello di riferimento potrebbe essere rintracciato in un particolare genere teatrale della tradizione spagnola: la comedia de santos. Rospigliosi era stato a Madrid nel 1626 al seguito del cardinale Francesco Barberini, legato a latere del papa, e aveva assistito a innumerevoli spettacoli teatrali spagnoli, ampiamente descritti nel diario tenuto da Cassiano del Pozzo. Se volessimo cercare in quell’ambito una possibile fonte di ispirazione potremmo trovarla nella Comedia del peregrino en su patria o de san Alexo del gesuita Diego Calleja, scritta entro il primo decennio del Seicento. Allo stesso modo delle comedie de santos, la drammaturgia del Sant’Alessio è caratterizzata dalla compresenza di elementi patetici e comici, di personaggi di alto e di basso rango, che hanno lo scopo di mostrare agli spettatori non una santità eroica, bensì una santità umana, accessibile a tutti. L’anonimo recensore dello spettacolo, quasi certamente il gesuita Galluzzi, elogiava la varietà dell’elocuzione, «di prattica non affettata, non vile ma o grande o mezana o infima come la richiedeva il soggetto che favellava»; i tre livelli dell’elocuzione, propri della tragicommedia, di cui scrive l’anonimo recensore in prefazione, trovano puntuali riscontri nei diversi numeri in cui il dramma si articola: dallo stile ‘grande’ o ‘sublime’ dei cori a otto voci; allo stile ‘infimo’ dei servi Marzio e Curzio, e in parte del Demonio; allo stile ‘mezzano’ dei soliloqui di Alessio, personaggio reso ancora più umano dalle due ariette a lui affidate. Non va dimenticato che, all’epoca del Sant’Alessio, «l’esprimersi in canto sembrava ancora che fosse incongruo per un personaggio serio». Le pochissime arie o canzonette inserite nei drammi per musica, ancora considerate dal punto di vista drammaturgico «contro il decoro dei personaggi grandi», erano preferibilmente affidate a personaggi comici o mitologici, comunque non eroici. Comune al Sant’Alessio e alla comedia de santos – ma non soltanto a questa – è anche l’impiego di tutti i mezzi della scenotecnica: sopra la scena che mostra i luoghi della vita terrena del santo, le macchine esibiscono infatti apparizioni prodigiose, visioni celesti e visioni infernali.
► ««Alexius Romanorum nobilissimus» dagli altari alle scene. Il Sant'Alessio di Rospigliosi/Landi: contesto, drammaturgia e recezione di una «historia sacra»», Arnaldo Morelli, Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, 2012, 124-2
⚫ La scelta di «far rappresentare in musica la vita del glorioso Sant’Alessio romano» fu tutt’altro che casuale. Sappiamo infatti che prima del Sant’Alessio i Barberini avevano prodotto almeno altre due opere nei loro palazzi, come l’Apollo e Marsia (libretto Ottavio Tronsarelli / musica Johannes Hieronymus Kapsberger?) e La regina Ester; inoltre nel 1633 era stata rappresentata l’Erminia sul Giordano (libretto Giulio Rospigliosi / musica Michelangelo Rossi). Nondimeno, la scelta cadde intenzionalmente su «un’opera spirituale» che narra di un caso agiografico esemplare: quello di un nobile romano che rinuncia all’amore coniugale per consacrarsi alla severa vita eremitica, conseguendo infine la gloria della santità. La rappresentazione che ebbe luogo probabilmente per volontà dal cardinale-nipote, Francesco Barberini, nel palazzo di famiglia, assume un’evidente finalità politica e diventa portatrice di un messaggio rivolto ai due illustri spettatori cui lo spettacolo era dedicato ma anche – in una metafora barocca – ‘al mondo’: l’esaltazione del ruolo di Roma come «maggiore di tutte le corti» e patria communis di tutti i cristiani, in un momento storico in cui la centralità del ruolo pontificio nello scacchiere politico internazionale aveva iniziato a manifestare i primi segni di cedimento.
► ««Alexius Romanorum nobilissimus» dagli altari alle scene. Il Sant'Alessio di Rospigliosi/Landi: contesto, drammaturgia e recezione di una «historia sacra»», Arnaldo Morelli, Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, 2012, 124-2
⚫ Nel 1706, ad oltre mezzo secolo di distanza, ragionando di quale fosse lo stile poetico più appropriato per un testo drammatico per musica, il librettista Arcangelo Spagna non poteva trovarne migliore esempio di quello «del signor Giulio Rospigliosi nelle bellissime opere teatrali rappresentate nel famoso teatro Barberino, le quali, per non essere alle stampe, privano il mondo letterato di una fedelissima scorta in queste attioni». L’eco del Sant’Alessio non si era dunque spento con l’ultima rappresentazione romana nel 1634 sotto l’egida dei Barberini. Non è casuale che lo stesso Spagna, volendo introdurre nel nascente genere dell’oratorio – genere drammatico ma non rappresentativo – qualche nuovo soggetto, oltre a quelli vetero- e neotestamentari, guardò alle vite dei santi, una tematica che, di lì a poco, sarebbe diventata assai popolare come soggetto dell’oratorio musicale. Così, scrive Spagna, «l’anno 1663 rappresentai le attioni del nostro santo Alessio, nobile romano, intitolandolo Il pellegrino nella patria». Il titolo stesso tradisce la dipendenza o quanto meno la conoscenza dell’antecedente spagnolo del padre Calleja, di cui si è detto poc’anzi, ma ciò non meraviglia, perché Spagna come letterato è ben noto per il suo penchant verso il teatro spagnolo, i cui testi utilizzò e rielaborò per ricavarne alcune commedie in versione italiana.
► ««Alexius Romanorum nobilissimus» dagli altari alle scene. Il Sant'Alessio di Rospigliosi/Landi: contesto, drammaturgia e recezione di una «historia sacra»», Arnaldo Morelli, Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, 2012, 124-2
⚫ «Poca voglia di far bene,/ viver lieto, andar a spasso,/ fresco e grasso mi mantiene»: ottima morale, specie se in un dramma di argomento sacro, rappresentato alla corte del papa. Sono versi cantati da due paggi, Marzio e Curzio, che possiamo considerare i primi personaggi comici introdotti in un’opera. Non è questo però l’unico motivo di interesse del Sant’Alessio di Stefano Landi. Anche se non è la prima opera di soggetto umano e psicologico, poiché lo precedono alcuni testi per musica a carattere agiografico (fra i quali La regina Sant’Orsola di Andrea Salvadori, scritta forse nel 1620 e musicata da Marco da Gagliano nel 1624, per Firenze, e il Sant’Eustachio musicato da Sigismondo d’India su testo di Lodovico d’Aglié, rappresentato a Roma probabilmente nel 1625) […].
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Nessun documento attesta la prima rappresentazione, eccetto quanto si legge negli Avvisi di Roma, in data 8 marzo 1631, un anno sfortunato a causa della guerra, della carestia, della peste: «[Don Taddeo Barberino] questa sera nel suo Palazzo fa rappresentare in musica la vita del glorioso Santo Alessio romano».
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Nella lettera scritta «da un uomo litteratissimo», che precede la partitura, si legge un elogio dell’apparato scenico: «la prima introduzione di Roma nuova, il volo dell’Angelo tra le nuvole, l’apparimento della Religione in aria, opere furono d’ingegno e di machina, ma gareggianti con la natura. La scena artifitiosissima, le apparenze del Cielo e dell’Inferno, meravigliose; le mutationi de’ lati e della Prospettiva sempre più belle; ma l’ultima della sfuggita e del cupo illuminato di quel portico, con l’apparenza lontanissima del giardino, incomparabile».
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Sempre nella lettera che precede la partitura, si legge che l’«elocuzione» del libretto non è mai «affettata, o vile, ma o grande o mezana o infima, come la richiedeva il soggetto o la persona che favellava». Infatti il testo di Rospigliosi si allontana dall’aura di serena e rarefatta classicità della maggior parte dei precedenti libretti mitologico-pastorali, e assume la commistione di stili propria del teatro sacro (ad esempio il teatro educativo gesuita), o in generale della letteratura cristiana. Ai lamenti patetici, ai racconti, ai cori sentenziosi, che definiscono il livello alto e sublime, si affiancano le facezie dei paggi e i cori infernali, come livello umile, grottesco, e le effusioni liriche di Alessio come livello medio.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Anche il Demonio si concede una scena comica, ma sono i due paggi a poter essere considerati a pieno titolo i primi personaggi buffi in un libretto d’opera. Ricordiamo però che canzonette leggere e quotidianità di espressione in bocca a personaggi di rango inferiore si trovavano già nella Morte d’Orfeo e in pochi altri testi precedenti.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Le ariette solistiche sono molto rare nel Sant’Alessio, dominato dal tessuto di un recitativo che, nella veste musicale di Landi, è sempre duttile ed espressivo. Tradizionalmente estroversa è la parte del Demonio, che si muove spesso per ampi salti, con un’estensione di due ottave e mezza.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Di gran lusso è la parte corale, infarcita di ritornelli strumentali ed episodi solistici. Oltre alla sinfonia iniziale, due sinfonie particolarmente accurate nella scrittura introducono il secondo atto e il terzo. Sontuosa è l’organizzazione della scena finale, con il coro di angeli (prima a quattro, poi a otto voci) intercalato dai ritornelli funzionali al ballo delle virtù.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Non […] omogenei sono […] certi accostamenti di metri volutamente disparati, e pensati per ottenere frizioni reciproche poi sfruttabili musicalmente. Sulla via del ritorno dagli Inferi, al protagonista della Favola d'Orfeo nell'atto IV Striggio jr affida quartine di settenari ed endecasillabi eccezionalmente introdotte da un ottonario:
Quale onor di te fia degno,
mia cetra onnipotente,
s'hai nel tartareo regno
piegar potuto ogn'indurata mente?
Pare quasi che il mitico cantore, di ritorno dall'oltretomba, rechi con sé qualcosa della forte caratterizzazione metrica che di solito contraddistingueva i personaggi appartenenti a quel mondo, come supplementare connotazione grottesca. Si vedano ad esempio i trisillabi e i quinari sia sdruccioli sia tronchi del coro infernale «Diléguati», nell'atto III della Flora, e più tardi i quadrisillabi, quinari ed endecasillabi in versione sdrucciola e piana per un analogo insieme nel S. Alessio (I, 4: «Si disserrino»). Oltre a quelli già uniti da Striggio nella citata canzonetta di Orfeo, Chiabrera nel Polifemo geloso (ante 1615) aggiunge in sovrappiù il quadrisillabo («Fama corse in queste sponde»), realizzando pure disinvolte associazioni di quaternari ed endecasiilabi («Quando Amore»), e progressive espansioni di metro che, dal quinario di partenza, attraverso senario e settenario raggiungono la maggior estensione possibile, quella endecasillabica («Luci serene»).
► Il secolo cantante, Paolo Fabbri (Bulzoni, 2003)
⚫ Nel 1632 Papa Urbano VIII, Maffeo Barberini, e i suoi nipoti costruirono un magnifico teatro annesso al loro palazzo, con più di tremila posti a sedere e che doveva servire alla rappresentazione privata di opere. Per l'inaugurazione del teatro fu rappresentato (21 febbraio 1632) il Sant'Alerssio di Stefano Landi, una delle opere più importanti della prima metà del XVII secolo, avvalendosi della collaborazione scenografica del Bernini.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ Il recitativo incomincia ora a presentare una tendenza alla fluidità dovuta al maggior uso di note ripetute e ad una maggiore frequenza nell'impiego delle cadenze quantunque si noti ancora un notevole interesse per l'espressività di tipo fiorentino a scapito della rapidità dell'azione musicale.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ Solo due arie compaiono nel Sant'Alessio entrambe strofiche ed entrambe inizianti in ritmo ternario. Si nota un maggior uso dei vari cori, e ognuno dei tre atti termina con un ballo. […] Ognuno degli atti è introdotto da una sinfonia orchestrale abbastanza ampia e ben sviluppata: quella che precede l'atto I consiste in una sezione omofona in tempo lento che si vale della dinamica piano-forte per ottenere evidenti effetti d'eco; segue una canzona imitativa, una breve sezione di tempo ternario, contrastante col tempo binario dell'intera pagina e infine un passo conclusivo in crome e in stile di stretto. La pagina, dunque, si presenta come un precedente storico dell'ouverture francese quale sarà poi perfezionata da Lully una trentina d'anni dopo, mentre nel preludio all'atto II del Sant'Alessio, che è analogamente una canzona in tre movimenti, ma priva di introduzione lenta, si possono scorgere i primordi della sinfonia italiana. La musica - dirà Romain Rolland - è superiore a tutto ciò che noi abbiamo visto a Roma sino a questa data, nel campo del melodramma, e rivela la presenza d'una energia compositiva e d'un sentimento semplice e profondo.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ Il libretto del Sant'Alessio è opera di Giulio Rospigliosi, l'illustre letterato che fu dapprima segretario di Stato alla corte pontificia, quindi cardinale e infine papa, dal 1667 al 1669, col nome di Clemente IX. Il soggetto, tratto da una leggenda del XII secolo, ha importanza storica notevole, poiché si tratta della prima opera che prenda in esame la vita interiore di un personaggio umano e non confinato nel mito. Sebbene l'opera sviluppi apparentemente un argomento di natura spirituale, essa tuttavia presenta personaggi tanto seri quanto comici e chiaramente ispirati alla vita romana contemporanea. Tale caratteristica […] sarà poi sviluppata dal Rospigliosi in altri libretti, sottolineando in maniera particolare le situazioni comiche.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
1a | Roma, Palazzo Barberini ai Giubbonari | 12 febbraio 1632 | |
2a | Roma, Palazzo Barberini alle Quattro Fontane | carnevale 1634 | L'opera ha un nuovo prologo, nuovi personaggi, alcuni nuovi episodi, oltre un intermezzo e nuovi effetti scenici |
► ««Alexius Romanorum nobilissimus» dagli altari alle scene. Il Sant'Alessio di Rospigliosi/Landi: contesto, drammaturgia e recezione di una «historia sacra»», Arnaldo Morelli, Mélanges de l’École française de Rome - Italie et Méditerranée modernes et contemporaines, 2012, 124-2
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