IL VIAGGIO A REIMS
Dramma giocoso in un atto.
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Libretto di Luigi BALOCCHI.
Musica di Gioachino ROSSINI.
Prima esecuzione: 19 giugno 1825, Parigi.
Personaggi:
CORINNA celebre improvvisatrice romana |
soprano |
La marchesa MELIBEA dama polacca, vedova d'un generale italiano morto il giorno medesimo delle nozze, in sorpresa dell'inimico |
contralto |
La CONTESSA di Folleville, giovine vedova, piena di grazia e di brio, pazza per le mode |
soprano |
MADAMA CORTESE donna spiritosa ed amabile, nata nel Tirolo, moglie d'un negoziante francese che viaggia, e padrona della casa de' bagni |
soprano |
Il CAVALIERE Belfiore, giovine uffiziale, gaio ed elegante, che fa la corte a tutte le signore e particolarmente alla contessa di Folleville, e si diletta di pittura |
tenore |
Il CONTE di Libenskof, generale russo, d'un carattere impetuoso, innamorato della marchesa Melibea ed estremamente geloso |
tenore |
Lord SIDNEY colonnello inglese, innamorato segretamente di Corinna |
basso |
DON PROFONDO letterato, amico di Corinna, membro di varie accademie e fanatico per le antichità |
basso |
Il BARONE di Trombonok, maggiore tedesco fanatico per la musica |
basso |
DON ALVARO grande di Spagna, uffizial generale di marina, innamorato di Melibea |
basso |
Don PRUDENZIO medico della casa de' bagni |
basso |
DON LUIGINO cugino della contessa di Folleville |
tenore |
DELIA giovine orfana greca protetta da Corinna, e sua compagna di viaggio |
soprano |
MADDALENA nativa di Caux, in Normandia, governante nella casa de' bagni |
mezzosoprano |
MODESTINA ragazza astratta, timida e lenta, cameriera della contessa di Folleville |
mezzosoprano |
ZEFIRINO corriere |
tenore |
ANTONIO mastro di casa |
tenore |
GELSOMINO cameriere |
tenore |
Quattro Virtuosi ambulanti.
Cori di Contadini e Contadine, Giardiniere e Giardinieri, Servi.
Ballerini e Ballerine.
Servitori de' viaggiatori dell'albergo.
La scena si finge a Plombières nella casa de' bagni, all'insegna del «Giglio d'oro».
Sala che dà adito a varie camere a destra ed a sinistra. Una tavola in fondo a destra.
Maddalena, Contadini, Contadine, Giardiniere, Servitori.
[N. 1 - Introduzione]
MADDALENA
(al coro)
Presto, presto... su, coraggio!
tante statue mi sembrate;
oggi è il giorno del gran viaggio,
non convien farsi aspettar.
CORO
Tutto è pronto; ma non basta,
a voi piace di gridar.
MADDALENA
Qual ardire! che insolenza!
Guai se scappa la pazienza...
CORO
(ridendo)
La pazienza! ah! ah! ah!...
MADDALENA
(severa)
Che vuol dire?
CORO
(ironicamente)
Oh! niente, niente.
Insieme
MADDALENA
Di rispetto mi mancate.
CORO
V'ingannate in verità.
MADDALENA
(accostandosi alla tavola, sulla quale vi stanno le colazioni)
Queste mele prelibate
come son disposte male!
CORO
L'attenzion con lei non vale,
ha un gran gusto a brontolar.
Insieme
MADDALENA
(fremendo)
Insolenti!
CORO
Flemma! Il sangue
al cervello può montar.
Insieme
MADDALENA
Oh! con me non si canzona,
e so farmi rispettar.
CORO
(da loro)
Vuol far sempre da padrona,
e si fa poi corbellar.
I detti, don Prudenzio, indi varie Donne che servono ne' bagni ed Antonio.
PRUDENZIO
Benché, grazie al mio talento,
stian già tutti meglio assai,
la licenza non darei
di partir, in tal momento;
ma tenerli io non potrei,
ed è meglio d'abbondar.
(alle donne)
Ve l'ho detto, e ve l' ripeto,
oggi il bagno non si prende;
son sospese le faccende,
non si pensa che a viaggiar.
CORO
Oh! che gusto! almen potremo
oggi andare a passeggiar.
(le inservienti de' bagni partono)
PRUDENZIO
Ma vediam, le colazioni
se a' miei ordin son conformi.
ANTONIO
Ah! sì, esamini, s'informi,
tutto in regola vedrà.
Insieme
PRUDENZIO
Si dispongono a partire;
ma non cal, quest'oggi ancora,
qui costretto a garantire
son la loro sanità.
GLI ALTRI
(Oh! con questo gran dottore
stanno freschi in verità.)
(il dottore esamina le colazioni, ch'Antonio gli va indicando)
I detti, Madama Cortese.
MADAMA CORTESE
Di vaghi raggi adorno,
in ciel risplende il sole;
sarà un sì ameno giorno
propizio ai viaggiator.
Alla felice sponda
seguirli io pur vorrei;
ma il fato non seconda
i voti del mio cor.
Dottore, Maddalena,
Antonio, a me badate;
(al coro)
voi pure m'ascoltate,
e destri poi cercate
il pian di secondar.
(tutti s'accostano)
Insieme
MADAMA CORTESE
I forestieri presto se n' vanno,
se a prender bagni qui torneranno,
nessun per ora può assicurar;
ma della casa, nella lor mente,
buona memoria convien lasciar.
CORO
Bene bene... più diligente
oggi saprassi ognun mostrar.
Insieme
MADAMA CORTESE
La contessina non ha pazienza,
rapido il fatto succeda al dir.
CORO
Rapido il fatto succeda al dir.
Insieme
MADAMA CORTESE
Allo spagnolo, la riverenza
sì nell'entrare che nell'uscir.
CORO
Inchini entrando e nell'uscir.
Insieme
MADAMA CORTESE
Coll'antiquario, di cartapecore,
di belle femine, col cavalier,
con Melibea, d'idee fantastiche,
col moscovita, del vasto imper,
del Campidoglio, colla romana,
coll'alemanno, del contrapunto,
con foco ed arte, cogliendo il punto,
più dell'usato si parlerà.
CORO
Di cartapecore, di belle femine,
d'idee fantastiche, di contrapunto,
più dell'usato, cogliendo il punto,
non dubitate, si parlerà.
Insieme
MADAMA CORTESE
Ingegno ed arte così adoprando,
l'innato genio destri allettando,
dolce impressione si desterà:
e pari a un rapido gonfio torrente,
che tutto allaga, che tutto inonda,
del Giglio d'Oro, per ogni sponda,
la nobil fama si spanderà.
CORO
Del Giglio d'Oro, per ogni sponda,
la nobil fama si spanderà.
(tutti partono, eccetto Madama Cortese)
Madama Cortese, la Contessa di Folleville, indi Modestina.
MADAMA CORTESE
Partire io pur vorrei;
ma il mio consorte è assente e non mi lice
lasciar così... Ah! quando,
veder potrò un sovrano,
sì giusto, sì leal, sì grande e umano?
CONTESSA
(di dentro)
Modestina? Modestina? Ove sei?...
MADAMA CORTESE
La Parigina!
Peccato! Ella è gentil, vezzosa e cara;
lo spirito e la grazia ognun ne ammira;
ma per le mode notte e dì delira.
CONTESSA
(entrando in fretta)
Modestina?... Ove sta?
MADAMA CORTESE
Volo a cercarla.
(parte)
CONTESSA
Trovarsi a una gran festa e non avere
le cose più alla moda,
e più fresche e più belle!...
Qual disonore, oh stelle! Ah! più non reggo.
L'incertezza m'uccide...
E il cavalier Belfiore,
che, in sì critico istante, a me dovria
porger conforto, qui non è... L'ingrato
forse sta vagheggiando qualche bella...
Chi sì volubil mai l'avria creduto?
Ah! il far per compiacenza
ritratti in miniatura
certo è un pretesto... E se per or sto zitta,
pur medito vendetta, e tal sarà
che tutti i farfallin tremar farà.
MODESTINA
(marciando lentamente)
Signora, che comanda?
CONTESSA
(impazientandosi)
Un po' più adagio.
MODESTINA
Ho la micrania.
CONTESSA
Ognora
voi mi fate morire d'impazienza.
La risposta è venuta?
MODESTINA
Non ancora.
CONTESSA
A chi desti la lettera?
MODESTINA
Al vostro bel cugino,
che disse aver un'occasion sicura.
CONTESSA
Corri... qual disappunto!
Digli che qui l'aspetto...
MODESTINA
Ei giunge appunto.
(parte lentamente)
La Contessa, Don Luigino.
DON LUIGINO
Amabil contessina,
v'armate di coraggio...
CONTESSA
E perché mai?
DON LUIGINO
Fatal caso impensato...
CONTESSA
E qual?
DON LUIGINO
La diligenza ha ribaltato.
CONTESSA
Ahimè!...
DON LUIGINO
Gli effetti fragili...
Le cassette... Le scatole...
CONTESSA
Ah! tacete!
Tutto comprendo... O ciel! Io manco... Io moro...
(si sviene)
DON LUIGINO
Si sviene!...
(verso le quinte)
Olà! accorrete!
Presto, presto... Soccorso a lei porgete.
I detti, il Barone di Trombonok, Maddalena, Antonio, con Servi, indi don Prudenzio.
MADDALENA
Che accadde?
BARONE
(dopo averla guardata)
Oh! come è bianca!
Morta ognun la diria...
Di macchinetta sì genti, che mai
ha potuto sconvolger l'armonia?
DON LUIGINO
(al Barone)
Si è svenuta...
BARONE
(cavando di tasca una boccetta)
Spruzzatele il bel volto;
e questa un'acqua pura, genuina,
ch'in persona io comprai dal gran Farina.
Fregatele la tempia.
(Maddalena prende la boccetta e s'accosta alla Contessa)
PRUDENZIO
(accorrendo)
Olà! che fate?
Tocca a me sol; profani, vi scostate!
[N. 2 - Recitativo accompagnato ed aria]
(tutti si scostano; il medico guarda la Contessa, le tasta il polso, indi esclama:)
Ahimè! sta in gran pericolo...
(don Luigino parla all'orecchio del Barone)
Volate dal speziale,
sal volatil chiedete, ed un cordiale.
(parte un servo)
BARONE
(ai servi)
Aceto ed acqua fresca.
(parte un altro servo)
PRUDENZIO
Son sospese
le funzioni vitali...
DON LUIGINO
Non sapete
quello che dite...
PRUDENZIO
Come!...
La sistole... la diastole.
DON LUIGINO
Andate al diavolo.
PRUDENZIO
Il polso ascende già...
BARONE
Vediam...
(tasta il polso alla Contessa)
(Che bestia insigne!)
PRUDENZIO
Morirà!
CONTESSA
(alzandosi rapidamente)
Che sento!... Dove son?... Sogno o son desta?...
BARONE
(al medico burlandolo)
Morirà!...
PRUDENZIO
Fu una sincope...
BARONE
(ridendo)
La sincope, sì sì, fa molto effetto:
Mozart, Haydn, Bethowen, Back ne trassero
un gran partito.
(don Prudenzio si accosta di nuovo per tastar il polso alla Contessa)
PRUDENZIO
Vediamo adesso il polso...
CONTESSA
Non toccate,
augel di mal augurio, vi scostate.
(don Prudenzio si ritira)
DON LUIGINO
(alla Contessa)
Deh! calmatevi, o cara.
BARONE
(alla medesima)
Cos'avete?
Insieme
CONTESSA
Il mio male capir voi non potete.
Partir, o ciel! desio,
e più partir non lice,
lo vieta l'onor mio,
la patria il vieta ancor.
Come spiegare, oh dio!
il duol ch'io sento in cor?
Donne, voi sol comprendere
potete il mio dolor:
più fieri amari spasimi
non ho provato ancor.
TUTTI GLI ALTRI
Signora, vi calmate!
Deh! cessi il rio martor.
I detti, Modestina, che arriva con uno scatolone, in cui v'è un bel cappellino alla moda giunto da Parigi.
Insieme
CONTESSA
(dopo aver guardato)
Che miro! ah! qual sorpresa!
Agli occhi io credo appena.
(contemplando il cappellino)
Caro! dal reo naufragio
tu ti salvasti almen,
e freni in parte i palpiti
dell'affannato sen.
Grazie vi rendo, o dèi!
Che udiste i voti miei;
a tal favor quest'anima
ben grata ognor sarà.
TUTTI GLI ALTRI
La barbara sua pena
calmando omai si va.
(È comica la scena,
e ridere ci fa.)
(tutti partono, eccetto il Barone)
Il Barone, Antonio.
BARONE
(ad Antonio, trattenendolo)
Eh! senti, mastro Antonio...
ANTONIO
Che comanda?
BARONE
Sai che partiam sta sera
per Reims; tua cura sia
di far porre sul ciel delle carrozze
vestiti e biancheria:
se ci vuol qualche spesa, falla ed io,
ch'eletto a pieni voti per cassiere
fui dall'illustre amabil compagnia,
pagherò l'occorrente;
intendi?
ANTONIO
Sì signor, non pensi a niente.
(parte)
BARONE
Quando rifletto a quello svenimento,
mi vien proprio da ridere...
La cagion delle smanie
indovinar chi mai potuto avria?
Ma ognuno al mondo ha un ramo di pazzia.
[N. 3 - Sestetto]
Sì, di matti una gran gabbia
ben si può chiamar il mondo;
forse appunto, perché è tondo,
testa quadra non vi sta.
Il detto, Don Profondo, Don Alvaro con Melibea.
DON PROFONDO
(arrivando)
La mia quota a voi consegno,
perdonate, se ho tardato;
(dà del danaro al Barone, che lo mette in una gran borsa)
a vedere io sono andato
una rara antichità.
DON ALVARO
(entrando con Melibea)
Questa vaga e amabal dama,
miei signori, io vi presento;
far il viaggio con noi brama,
e ognun pago ne sarà.
MELIBEA
Con sì dotta e nobil gente,
di fanal che serve al mondo,
il viaggiar mi fia giocondo,
e gran bene mi farà.
I detti, il Conte di Libenskof.
CONTE
(indietro, dopo aver sentito l'ultime parole di Melibea)
(Donna ingrata, a stento in petto
freno il giusto mio furore;
per lei fido avvampa il core
e il mio ardor sprezzando va.)
DON ALVARO
(vedendo Libenskof)
(Il rival!)
MELIBEA
(Negli occhi ha il foco.)
CONTE
(avanzandosi)
Non si parte?
BARONE
Sì, fra poco;
i cavalli sol si attendono;
(vedendo Madama Cortese)
se il corriere è ritornato,
da Madama or si saprà.
I detti e Madama Cortese.
MADAMA CORTESE
Naturale è l'impazienza,
il ritardo non comprendo;
vado, torno, salgo e scendo,
e tranquillo il cor non è.
(pendente il solo, il Conte di Libenskof parla con vivacità a Melibea, mostrando gelosia)
CONTE
(a Melibea)
Mi tradite...
MELIBEA
Qual favella?
CONTE
(con rabbia concentrata)
Don Alvar...
MELIBEA
Che dir volete?
CONTE
Donna infida, invan fingete;
il rival cadrà al mio piè.
MELIBEA
Cieco ardor v'abbaglia il ciglio...
CONTE
(con fierezza)
(accostandosi a don Alvaro)
Don Alvar...
DON ALVARO
(fiero)
Che pretendete?
CONTE
(in atto dipartire)
Mi seguite...
MELIBEA
(trattenendoli)
Ah! non partite...
Troppo ingiusto è un tal furore.
Insieme
MADAMA CORTESE E MELIBEA
Qual dispetto! qual furore!
D'ira avvampa il fero ciglio...
Un sì barbaro periglio
mi fa l'alma palpitar.
CONTE E DON ALVARO
Non pavento alcun periglio...
D'ira avvampa in seno il core;
e il tremendo mio furore
no, non posso più frenar.
BARONE E DON PROFONDO
(Bella cosa è in ver l'amore!
Ci fa perdere il cervello,
l'uom più savio un bambinello
suole a un tratto diventar.)
(s'ode un preludio d'arpa nella camera di Corinna, tutti restano immobili ad ascoltare. Dopo il preludio, la sudetta canta le seguenti strofe)
CORINNA
(di dentro)
1º
Arpa gentil, che fida
compagna ognor mi sei,
unisci ai canti miei
il suon di gioia e amor.
Nell'infiammata mente
si affollano le idee;
delle castalie dee
il foco io sento in cor.
Arpa, deh! unisci al canto
il suon di gioia e amor.
GLI ALTRI
Qual delizioso incanto
si spande nel mio cor!
Un più soave canto
no, non s'udì finor.
CORINNA
(di dentro)
2º
Svaniro i nembi; intorno
regna la dolce calma;
di lieti giorni l'alma
prevede il bel fulgor.
Che un dì rinasca, io spero,
dell'aurea età l'albore;
che degli umani in core
regni fraterno amor.
GLI ALTRI
Sempre agli umani in core
regni fraterno amor.
CORINNA
(di dentro)
3º
Contro i fedeli ancora
lotta falcata luna,
ma al sacro ardir fortuna
propizia ognor sarà.
Come sul Tebbro e a Solima,
foriera di vittoria,
simbol di pace e gloria
la croce splenderà.
GLI ALTRI
Simbol di pace e gloria
la croce splenderà.
TUTTI
(eccetto Corinna)
A tali accenti, in seno
riede la dolce calma;
d'idee ridenti, l'alma
pascendo or sol si va.
Gli opachi nembi intorno
pietoso il ciel disgombra,
del sacro ulivo all'ombra,
felice ognun sarà.
(tutti partono, eccetto Madama Cortese)
Madama Cortese, indi lord Sidney ch'entra coll'aria preoccupata; poi varie Contadine, le quali recano de' vasi di fiori e li pongono presso la camera di Corinna.
MADAMA CORTESE
Zefìrin non ritorna... del ritardo
qual fia mai la cagion? - Milord s'appressa.
Che original! Corinna adora, e a lei
spiegar non sa l'ardore,
che da gran tempo gli divampa in core.
Ella pur l'ama, accorta me ne sono:
noi donne, in tal materia,
ben chiaro ci vediamo,
nato appena l'amor, scoprir sappiamo.
(parte)
[N. 4 - Scena ed aria]
SIDNEY
Ah! perché la conobbi?
Perché appena lo stral ferimmi il petto,
non fuggir, non lasciarla? Incauto, ahi! lasso!
La fiamma alimentai ch'ognor più viva
or mi divampa in sen; non trovo pace,
e, in preda al mio deliro,
la notte e il dì, d'amor gemo e sospiro.
Invan strappar dal core
l'acuto dardo io tento;
più vivo ognor l'ardore
nel sen crescendo va.
Dell'anima fedele
timido i voti ascondo;
affanno più crudele
del mio no non si dà.
(entrano varie Contadine con de ' vasi di fiori e cantano il seguente coro)
CORO
Come dal cielo,
sul primo albor,
dolce rugiada
scende sui fior,
e al verde stelo
serba il vigor;
sull'alma donna,
dal nobil cor,
così ridente
si spanda ognor
del dio clemente
il bel favor.
SIDNEY
Soavi e teneri
eletti fior,
siate gli interpreti
d'un puro amor.
CORO
Donna più amabile
chi vide ancor?
Accoppia al merito
grazia e pudor.
SIDNEY
Dell'alma diva
al primo aspetto,
chi ha il cor capace
d'un puro affetto,
rapido sente
nascer l'ardor.
Fida e dolente,
quest'alma ognora
per lei d'amore
palpiterà.
CORO
Donna più amabile
chi vide ancora?
Accoppia al merito
grazia e beltà.
(il coro parte)
Lord Sidney, Don Profondo.
DON PROFONDO
(a Lord Sidney, trattenendolo)
Milord, una parola...
SIDNEY
(serio)
Che bramate?
DON PROFONDO
Britannico signor è sol capace
d'appagar i miei voti...
SIDNEY
(sempre serio, e rapidamente)
Che v'occorre?
DON PROFONDO
Ho bisogno d'aver certe notizie...
SIDNEY
Non sono un gazzetier...
DON PROFONDO
Mi spiego...
SIDNEY
(come sopra)
Presto...
DON PROFONDO
Vorrei che m'indicaste
ove trovar potrei
il brando di Fingallo, la corazza
d'Artur, l'arpa d'Alfred...
SIDNEY
(partendo)
(È matto!)
DON PROFONDO
(seguendolo)
Ebbene?
Voi non mi rispondete?
SIDNEY
Ne' musei
cercar convien; di più dir non saprei.
(parte)
DON PROFONDO
Non è troppo gentil; ma il compatisco;
è innamorato della poetessa,
e perduta ha la speme... Ella s'appressa;
a lei appunto io deggio
comunicar la lettera di Roma.
Il detto, Corinna, Delia.
DON PROFONDO
Buon giorno, illustre amica!
CORINNA
(salutandolo)
Quai notizie?
DON PROFONDO
Leggete questa lettera.
(mentre Corinna legge la lettera, Don Profondo dice a Delia:)
Consolatevi, o Delia;
le cose vanno bene...
DELIA
Davver?
DON PROFONDO
Ve l'assicuro.
CORINNA
(rende la lettera a Don Profondo)
Vi ringrazio.
Quando si parte?
DON PROFONDO
Presto; vo a vedere,
e l'ora poi io vi farò sapere.
(parte)
CORINNA
(a Delia)
Son felici le nuove, e presto, io spero
del sacro legno all'ombra protettrice,
la vostra patria alfin sarà felice.
DELIA
Il ciel lo voglia!
CORINNA
In ordine mettete
quel che occorre, ed a Reims meco verrete.
(Delia parte)
(esaminando i fiori)
Che vaghi ameni fior! son di milord
il giornaliero don, pegno d'amore,
ch'egli timido ognor preme nel core.
(stacca un fiore, e lo pone in petto)
Corinna, il Cavaliere.
[N. 5 - Recitativo accompagnato e duetto]
CAVALIERE
(in fondo alla scena)
(Sola ritrovo alfin la bella dèa,
che invincibil si crede, e a cui più volte
ho già fatto l'occhietto... Ce n'andiamo.
L'occasion può mancar, ed or fa d'uopo
darle l'ultimo assalto; al par dell'altre,
cadrà ne' lacci miei,
senza rischio scommetter lo potrei.)
(accostandosi con aria gentile e modesta)
O voi, d'Apollo prediletta figlia,
perdonate, se ardisco
il bel coro turbare
de' sublimi pensieri...
CORINNA
(attonita)
Qual favella!
CAVALIERE
Una grazia implorar da voi vorrei...
CORINNA
(come sopra)
Una grazia! Da me!...
CAVALIERE
Sì, a voi, che siete
savia al pari che bella,
fidar posso l'arcano del mio core.
CORINNA
(con maggior sorpresa)
Un arcan! Ma perché?...
CAVALIERE
(con intenzione marcata)
Ascoso e vivo ardore
mi divampa nel seno, e al vago oggetto
timido ascondo il mio fervido affetto.
CORINNA
(come sopra)
Scusate... Io non comprendo...
Perché meco...
CAVALIERE
Mi spiego... Sotto il velo
de' sacri carmi, io voglio
il segreto svelar: ma sì novizio
son nel linguaggio degli dei, che a voi
consiglio e aita io chiedo. Ah! sì, sentite,
ed il vostro parer franca mi dite.
Nel suo divin sembiante
tanta beltà risplende,
che in seno a un tratto accende
il più vivace ardor.
CORINNA
Ah! Dove mai s'asconde
sì raro e bel portento?
Vinta nel gran cimento,
avria la dea d'amor.
CAVALIERE
(con intenzione marcata)
Ma un nume sol saria
degno d'un tal tesoro...
E disperato io moro
d'affanno e di dolor.
(cade a un tratto in ginocchio davanti a Corinna; nello stesso tempo, don Profondo entra dal mezzo in fondo e vede la scena; ma si ritira sorridendo, ed osserva d'intanto intanto)
CORINNA
(con gran sorpresa)
Che fate? Ah! qual deliro!
CAVALIERE
Regger non posso oh dio!
Voi siete l'idol mio...
Per voi smanio e sospiro,
e se pietà negate,
io qui voglio morir.
CORINNA
Così insultarmi osate?
Qual insensato ardir?
(il Cavaliere s'alza)
Insieme
CAVALIERE
Un tal eccesso è pegno
del più vivace amor.
CORINNA
Un tal eccesso è indegno
d'un cavalier d'onor.
CAVALIERE
Dunque non v'è speranza?
CORINNA
Partite, o chiamo gente...
CAVALIERE
Martire di costanza,
io l'alma esalerò.
CORINNA
Partite, o l'arroganza
punire io ben saprò.
Insieme
CORINNA
(Oh! quanto ingannasi
chi così crede
trovar la via
del nostro cor!
Il vivo affetto,
la pura fede
da noi sol meritano
stima ed amor.
Sprezzo e dispetto
destano in petto
questi galanti
insidiator.
Oh! quanto ingannasi
chi così crede
trovar la via
del nostro cor!)
CAVALIERE
(Finto è il rigore,
lo so per prova;
così far sogliono
le belle ognor.
Tal resistenza
no, non è nuova,
l'uso la chiede,
ed il decor.
Oggi combattono,
dimani cedono,
e salvar credono
il loro onor.
Finto è il rigore,
lo so per prova;
così far sogliono
le belle ognor.)
(partono)
Don Profondo. Due servi portano una tavola, sulla quale v'è carta, penne, etc.
DON PROFONDO
(ch'entra ridendo)
Bravo il signor Ganimede!
Se la Contessa il sa, gli cava gli occhi.
Ma tempo non perdiamo; del Barone
or qui deggio eseguir la commissione.
Degli effetti facciam presto la lista,
onde tutto sia all'ordine ed in vista.
(siede davanti alla sudetta tavola)
[N. 6 - Aria]
(parlante)
Io!
(in musica)
Medaglie incomparabili,
camei rari, impagabili,
figli di tenebrosa,
sublime antichità.
In aurea carta pecora
dell'accademie i titoli,
onde son membro nobile
di prima qualità.
Il gran trattato inedito
sull'infallibil metodo
di saper ben distinguere,
a prima vista ognor
l'antico dal moderno,
di fuori e nell'interno,
ne' maschi, nelle femine,
e in altri oggetti ancor.
(lo spagnolo)
Gran piante genealogiche
degli avoli e bisavoli,
colle notizie storiche
di quel che ognuno fu.
Diplomi, stemmi e croci,
nastri, collane ed ordini,
e, grosse come noci,
sei perle del Perù.
(la polacca)
L'opere più squisite
d'autori prelibati,
che vanto sono e gloria
della moderna età.
Disegni colorati
dell'alto Pic terribile (1)
d'Harold (2), Malcolm (3) e Ipsiboe (4)
il bel profil qui sta.
(1) Si allude al solitario del signor d'Arlincourt.
(2) Poema di Byron.
(3) Romanzo poetico di Walter Scott.
(4) Romanzo del signor d'Arlincourt.
(la francese)
Scatole e scatoline,
con scrigni e cassettine,
che i bei tesor nascondono
sacri alla dèa d'amor.
«Badate: è roba fragile!»
Qui chiuso, già indovino,
sta il nuovo cappellino,
con penne, merli e fior.
(il tedesco)
Dissertazione classica
sui nuovi effetti armonici,
onde i portenti anfionici
ridesteran stupor.
De' primi orfei teutonici
le rare produzioni,
di corni e di tromboni
modelli ignoti ancor.
(l'inglese)
Viaggi d'intorno al globo,
trattati di marina;
oriundo della China
sottil perlato thè.
Oppio e pistole a vento,
cambiali con molt'oro
i bill, ch'il parlamento
tre volte legger fé'.
(il francese)
Varie del franco Orazio, (5)
litografie squisite,
pennelli con matite,
conchiglie coi color.
«Son cose sacre.» Ah! intendo.
Ritratti e bigliettini,
con molti ricordini
de' suoi felici amor.
(5) II signor Orazio Vernet, celebre pittore.
(il russo)
Notizia tipografica
di tutta la Siberia,
con carta geografica
dell'ottomano imper.
Di zibellini e martore
preziosa collezione,
con penne di cappone
pe' caschi, e pe' cimier.
(s'alza)
Sta tutto all'ordine,
non v'è che dire;
né più a partire
si può tardar.
Or l'inviato
certo è tornato;
de' snelli e rapidi
destrier frementi
già parmi udire
lo scalpitar.
Sferze e cornette
percoton l'aere,
le bestie struggonsi
di galoppar.
Il gran momento
è omai vicino;
più bel destino
no non si dà,
e il cor dal giubilo
balzando va.
Don Profondo, la Contessa.
CONTESSA
(trattenendo Don Profondo)
Vedeste il Cavaliere?
DON PROFONDO
Il Cavalier!... (Che imbroglio!)
Ei qui poc'anzi...
CONTESSA
Solo?
DON PROFONDO
No... in compagnia...
CONTESSA
Di chi?
DON PROFONDO
Dirò...
CONTESSA
Parlate.
DON PROFONDO
(I sapienti non denno dir bugie.)
CONTESSA
Rispondete, vi prego...
DON PROFONDO
(Non vorrei compromettermi.)
CONTESSA
(con impazienza)
Ebben!
DON PROFONDO
Signora mia...
ei qui prendea lezion di poesia.
CONTESSA
(furente)
Ho capito... (Che rabbia! A quel che pare,
ei fa il galante colla poetessa;
ma a suo tempo mi voglio vendicare.)
I detti, Don Alvaro, Libenskof, indi il Barone.
DON ALVARO
Amici, che si fa?
Si parla di partir, e si sta qua.
DON PROFONDO
Tutto è all'ordin.
CONTE
Va bene; ma i cavalli?
DON PROFONDO
Saran certo arrivati.
DON ALVARO
Se fosse ver, ci avrebbero avvisati.
BARONE
(entrando rapidamente, con aria trista)
Ah! miei signor!...
DON PROFONDO
Che avete?
BARONE
Di parlar non ho core...
DON ALVARO
Cos'avvenne?
BARONE
Una disgrazia orribile!
CONTESSA
Ch'è stato?
DON ALVARO
Incendio?
DON PROFONDO
Ladri? Morte?
BARONE
O sventura fatale! o amara sorte!
CONTE
Ma parlate...
BARONE
Il corriere...
DON ALVARO
È arrivato.
BARONE
Ah! pur troppo.
CONTESSA
Spiegatevi.
BARONE
Ei s'appressa.
(ad un servo)
Chiamate i viaggiatori.
DON PROFONDO
(verso le quinte)
Amici, olà?
BARONE
Che barbaro accidente!
Dir vorrei... Ma non posso...
I detti, Melibea, Corinna, il Cavaliere, Delia, Lord Sidney, Prudenzio, Modestina, indi Zefirino.
BARONE
Ah! Melibea!
Milord, Corinna! o ciel! che brutto affare!
(vedendo Zefirino)
Ma vien chi tutto a voi saprà spiegare.
ZEFIRINO
Miei signor non v'e scampo... Mio malgrado,
io vengo a darvi una fatal notizia.
Secondo gli ordin vostri,
rapido, diligente,
di qua, di là ho cercato;
ma vane fur le cure; da gran tempo,
è tutto ritenuto e riservato;
non si trova un cavallo
da comprar o affittare,
e ognun di voi al nobile progetto
di rinunciar pur troppo or fia costretto.
[N. 7 - Gran pezzo concertato a 14 voci]
Insieme
TUTTI
Ah! A tal colpo inaspettato,
palpitando va il mio core...
Cruda sorte! Il tuo rigore
troppo, oh dio! penar mi fa.
BARONE E DON PROFONDO
A tal colpo inaspettato
io mancar mi sento il core...
O crudel avverso fato!
Non hai legge, né pietà.
MODESTINA E ZEFIRINO
Questo colpo inaspettato
li ricolma di dolore;
11 crudel avverso fato
non ha legge né pietà.
I detti, Madama Cortese.
MADAMA CORTESE
(accorrendo con una lettera in mano)
Signori, ecco una lettera,
venuta da Parigi...
Insieme
MADAMA CORTESE
Prendete, sì leggete,
conforto vi darà.
GLI ALTRI
(a Don Profondo)
Prendete, sì leggete,
conforto ci darà.
DON PROFONDO
(prende la lettera e legge)
«A giorni il re ritorna,
gran feste si daranno,
rapidi qui verranno
stranieri in quantità.
Da quello che preparasi
a corte ed in città,
ben si può giudicare
che festa si farà.
Spettacol più giocondo,
mai visto si sarà;
chi a Reims non potè andare
qui si consolerà.
T'abbraccio, o mia dolcissima
amabile metà.»
(gli altri personaggi ripetono alternativamente le frasi della lettera)
CONTESSA
Amici, ah! non tardiamo;
Parigi è la mia patria;
là v'offro alloggio e tavola,
e quanto occorrerà.
TUTTI
Partiamo. ~ Ah! sì, il desio,
che ci divampa in seno,
in parte pago almeno
alfine si vedrà.
Tra dolci e cari palpiti,
or torno a respirar;
farà un vivace giubilo
quest'anima brillar.
Destino maledetto,
non ce la puoi ficcare,
e tutti, a tuo dispetto,
andiamo a giubilar.
MADAMA CORTESE
Destino maledetto.
ZEFIRINO
Non gliela puoi ficcare,
e tutti, a tuo dispetto
andranno a giubilar.
BARONE
Come partire?
CONTESSA
Nella diligenza,
che da Parigi vien regolarmente
ogni dì nei contorni.
BARONE
Ella ha ragione.
CAVALIERE
Dunque dimani?
CONTESSA
Certo.
BARONE
E questa borsa?
DON PROFONDO
S'ordini per stasera un bel convito,
pubblico sia l'invito.
BARONE
E quel che resterà?
CAVALIERE
Per gl'indigenti.
BARONE
E ognun d'accordo?
TUTTI
Sì.
BARONE
(a Madama Cortese)
A voi Madama affido
la cura degli inviti.
MADAMA CORTESE
Oh! è domenica appunto,
e tutti ci verran con gran piacere.
DON PROFONDO
Una cena squisita.
MADAMA CORTESE
Non mancan provisioni.
(verso le quinte)
Ehi, mastro Antonio!
I detti, Antonio, Gelsomino.
ANTONIO
Son qua, cosa comanda?
MADAMA CORTESE
Una cena, una festa nel giardino,
e il più presto possibile.
ANTONIO
Ho capito, non dubiti,
qui avvezzi siamo ai colpi inaspettati,
e tutti resteran meravigliati.
GELSOMINO
Madama, lo sapete,
già per l'anniversario del ritorno
dell'augusta famiglia
ch'ogni anno celebriamo, qui son pronte
le cose principali;
servir ce ne potremo.
MADAMA CORTESE
A meraviglia.
Tua cura, o Gelsomino,
sia di suonar intorno il tamburino.
(Antonio e Gelsomino partono)
CONTESSA
E dimani, a Parigi,
la capital del mondo.
CAVALIERE
D'ogni piacer l'asilo il più giocondo.
(tutti partono, eccetto Melibea, Libenskof ed il Barone)
Melibea, Libenskof ed il Barone.
BARONE
Tutto va ben; ma come a entrambi è noto,
fervido amico ognor dell'armonia,
vorrei vedervi in pace; un lieve nembo
sol ne turbò il sereno; voi vi amate,
e l'un per l'altro fatti mi sembrate.
CONTE
(al Barone con amarezza)
Ella per don Alvaro...
MELIBEA
(troncandogli la parola)
Il torbid'occhio della gelosia,
d'Erebo ignobil figlia, solo puote
traveder a tal segno.
BARONE
Oh! non v'è dubbio.
CONTE
Eppur poc'anzi...
BARONE
Amico, a me credete,
siete in error, perdono le chiedete.
(parte sorridendo)
Melibea, Libenskof.
[N. 8 - Scena e duetto]
CONTE
Di che son reo?
MELIBEA
D'un vil sospetto.
CONTE
Ah! no...
Un eccesso d'amore
sol colpevol mi rese.
MELIBEA
D'alma grande
apprezzar tu non sai
il sacro e vivo ardor.
CONTE
Ma l'apparenza...
MELIBEA
Nube tenebrosa,
del ver celando il volto risplendente,
d'opaco orror ingombra ognor la mente.
CONTE
Qual sublime parlar! confuso io sono...
Eccomi ai vostri piè... Pietà! perdono.
D'alma celeste, oh dio!
ch'arde di pura face,
turbar osai la pace
con insensato ardor.
MELIBEA
D'un puro amor verace,
l'indol t'è ignota ancora;
d'infedeltà capace
sol è un profano cor.
CONTE
Pentito io son.
MELIBEA
Che speri?
CONTE
Rendimi il cor.
MELIBEA
Tu osasti...
CONTE
Il barbaro mio stato
ti desti almen pietà.
MELIBEA
Al pentimento, o ingrato!
credere il cor non sa.
Insieme
CONTE
(Qual barbaro rigore!
Dubbioso e incerto io resto...
di speme e di timore
palpita in seno il cor.)
MELIBEA
(Il mio crudel rigore
dubbioso e incerto il rende;
di speme e di timore
palpita in seno il cor!
Già cessa il mio rigore,
per lui mi parla amor.)
MELIBEA
Ah! regger non poss'io,
ecco la destra e il cor.
CONTE
O gioia incomparabile!
O fortunato ardor!
MELIBEA E CONTE
Ah! no, giammai quest'anima,
più cari e dolci palpiti
non ha provato ancor.
(partono)
Giardino illuminato, con tavola imbandita.
Antonio, Gelsomino, vari Servi.
ANTONIO
(mettendo i nomi sulle salviette)
Tutto è all'ordin. ~ Va', corri, Gelsomino,
a dire a quei signor che son serviti;
ma pria ci vuol la riverenza, intendi?
GELSOMINO
E per chi mai mi prendi?
Ho servito de' principi,
de' conti, de' baroni,
altezze ed eccellenze in quantità,
e so, d'ogn'altro al par, quel che si fa.
(parte)
ANTONIO
Oh! guarda che amor proprio!
Ma son tutti così;
soglion vantarsi assai,
e se a lor vi fidate,
in grand'impiccio spesso vi trovate.
Antonio, Maddalena.
MADDALENA
Madama qui mi manda
per sapere da voi se tutto è pronto.
ANTONIO
Nulla manca, guardate...
Gelsomino ho spedito
ad avvertir la nobil compagnia.
MADDALENA
Ma bravo mastr' Antonio:
far sì presto e bene!
È un miracol davvero.
ANTONIO
Mille grazie.
MADDALENA
Qui certo ancor veduta
non si sarà più bella festa.
ANTONIO
È vero.
MADDALENA
Ma non sapete un'altra novità.
ANTONIO
Che cosa?
MADDALENA
Nei contorni,
per caso di passaggio
v'è una truppa ambulante, ed il barone,
gran professore, dilettante insigne,
a dare qui un concerto l'ha invitata,
pendente il bel festino.
ANTONIO
Ottima idea!
MADDALENA
Canteran, balleranno.
ANTONIO
(con stupore ed allegria)
Balleranno?
MADDALENA
Sì, v'è un corpo di ballo.
ANTONIO
Tanto meglio;
il ballo è sempre stata
la mia passione, e adesso ancor...
(fa dei moti colle gambe e vacilla)
MADDALENA
(sostenendolo)
Badate:
vo ad avvertir Madama, qui aspettate.
(parte)
ANTONIO
Presto verrà la bella comitiva.
(guardando fra le quinte)
Ma non m'inganno, no, ecco che arriva.
Sul ritornello entra la truppa ambulante, composta di Virtuosi di canto e di Ballerini; i Contadini, le Contadine, le Giardiniere; indi tutti i personaggi che siedono a tavola; Maddalena, Zefirino.
[N. 9 - Finale]
CORO
L'allegria è un sommo bene,
ond'a noi fé' dono il cielo;
sani e freschi ci mantiene
nel bel grembo del piacer.
Cinti ognor d'ameni fiori,
fra le danze, il riso e il gioco,
colle grazie e cogli amori
non pensiamo che a goder.
Presto imbianca il nero crine,
qual balen fugge la vita,
e a non perdere c'invita
un istante di piacer.
Ballo.
BARONE
Ora secondo l'uso,
i brindisi facciamo. ~ Ecco la lista
che di far m'imponeste
con decente simmetrica armonia,
e spero che ad ognun ben grata sia.
(legge la nota)
«Inno tedesco.» ~ Tocca a me;
ma indulgenza vi chiedo; fra i cavalli,
le bombe ed i cannoni
io la metà lasciai de' miei polmoni.
(inno tedesco)
Or che regna fra le genti
la più placida armonia,
dell'Europa sempre fia
il destin felice appien.
Insieme
BARONE
Viva, viva l'armonia
ch'è sorgente d'ogni ben.
CORO
Viva, viva l'armonia
ch'è sorgente d'ogni ben.
BARONE
Altro da dir avrei; ma sono stracco;
(a Melibea)
a voi, bella marchesa, in stil polacco.
(polacca)
MELIBEA
Ai prodi guerrieri,
seguaci di gloria,
di cui la vittoria
compagna fu ognor,
ch'ovunque risplendere
fer l'alto valor,
che pronti ognor sono
col brando a difendere
Insieme
MELIBEA
la patria ed il trono,
la fede e l'onor.
CORO
Che pronti ognor sono,
etc.
BARONE
Libenskof, tocca a voi,
un'aria russa, ad libitum;
ve n' sono delle belle...
CONTE
Una ne so a memoria
che udii cantar un giorno,
mentre il monarca a noi facea ritorno.
(inno russo)
Onore, gloria ed alto omaggio
d'augusta donna (6) al nobil cor,
ch'il più magnanimo coraggio
del fato oppose al reo furor.
Degli infelici al duolo, al pianto
ella sollievo offrendo va;
Insieme
CONTE
e i più bei vanti, in regio ammanto,
brillar sul trono un dì farà.
CORO
E i più bei vanti, in regio ammanto,
etc.
(6) s. a. reale l'augusta delfina
BARONE
(a Don Alvaro)
Dal nord al mezzogiorno
bella è la transizion. Voi possedete
una sonora voce, e dell'Iberia
gustar i dolci canti or ci farete.
(canzone spagnola)
DON ALVARO
Omaggio all'augusto duce, (7)
che d'alma sovrana luce
l'Iberia fé' balenar.
Ei spense il civil furore,
del soglio salvò l'onore,
da tutti si vide amar.
O grande invidiabil gloria!
Ah! dove di tal vittoria
Insieme
DON ALVARO
l'esempio mai ritrovar?
CORO
Ah! dove di tal vittoria,
etc.
(7) s. a. reale l'augusto delfino
BARONE
(a Lord Sidney)
Milord, in tuon maggiore...
SIDNEY
Io musico non sono;
non so che una canzone.
BARONE
«God save the King?»
SIDNEY
Appunto.
BARONE
Va benone.
(canzone inglese)
SIDNEY
Del grand'Enrico
il germe amato (8)
proteggi o ciel!
Propizio il fato
ai voti sia
Insieme
SIDNEY
del fortunato
popol fedel.
CORO
Del fortunato,
etc.
(8) s. a. reale il duca di Bordeaux
BARONE
Contessa, Cavaliere, a voi la scelta
lascio dell'aria; ma prescrivo il tuono;
in do; no, no, in UT. (Che bestia! oblio
che a due galli indirizzo il parlar mio.)
(canzone francese)
CONTESSA E CAVALIERE
Madre del nuovo Enrico,
dei franchi speme e onor (9)
ti colmi il cielo amico
degli almi suoi favor.
Di rari pregi splendi,
d'età sul fior,
Insieme
CONTESSA E CAVALIERE
e in ogni petto accendi
rispetto e amor.
CORO
E in ogni petto accendi,
etc.
(9) s. a. reale duchessa di Berry
BARONE
Madama, Don Profondo,
voi terminar dovete,
in elafà coll'aria che volete.
(tirolese)
Insieme
MADAMA CORTESE
Più vivace e più fecondo
l'aureo giglio omai risplende,
e felice ognuno rende
col benefico fulgor.
«Sacra pianta» (10) al ciel diletta,
che fedel la patria onora,
tu sarai de' franchi ognora
la speranza e il dolce amor.
DON PROFONDO
Un sì giocondo
ameno giorno
la gioia intorno
sol fa regnar.
Che bel contento!
In petto io sento
il cor balzar.
(10) L'augusta famiglia dei Borboni
BARONE
Corinna, or spetta a voi; così compita
sarà la festa.
GLI ALTRI
Ah! sì.
SIDNEY
(a Corinna)
Come trovar un'occasion più bella
di far sentir i vostri dolci accenti?
GLI ALTRI
E ver.
CORINNA
Grande è il cimento,
e temo...
DON PROFONDO
Di che mai?
MADAMA CORTESE
Che amabile modestia!
MELIBEA
Ah! non tardate
ad appagar i nostri voti.
CORINNA
Io cedo;
il soggetto scegliete
e di farmi avvertir poi degnerete.
(si ritira)
(tutti s'alzano da tavola. Un servo porta un'urna; Don Profondo distribuisce carta e lapis ai diversi personaggi, i quali scrivono il soggetto e rimettono la cartolina al sudetto, che la legge ad alta voce e pone dopo nell'urna)
DON PROFONDO
Melibea ~ «Giovanna D'Arco».
Madama Cortese ~ «Il cittadino di Reims».
Cavaliere ~ «Carlo X re di Francia».
Conte ~ «La battaglia di Tolbiac».
Don Profondo ~ «Clodoveo».
Don Alvaro ~ «Le tre stirpi reali di Francia».
Prudenzio ~ «David e Samuele».
Barone ~ «Il crisma e la corona».
Sidney ~ «Ugo Capete».
Contessa ~ «San Luigi».
BARONE
Melibea, di dritto
vi spetta estrar dall'urna or il biglietto,
che all'improvviso fornirà il soggetto.
(Melibea estrae un biglietto e lo dà a Don Profondo)
DON PROFONDO
«Carlo X, re di Francia».
(il Barone e Don Profondo vanno ad avvertire Corinna che viene colla lira in mano, legge il soggetto ad alta voce, si raccoglie, indi improvvisa.)
(strofe d'improvviso)
CORINNA
1
All'ombra amena
del «Giglio d'or»,
aura serena
inebbria il cor.
Di lieti giorni
più dolce aurora
sorger la Francia
non vide ancor,
e grata applaude,
ammira e adora
di tanto bene
l'augusto autor.
2
Della corona
sostegno e onor,
Carlo le dona
novel splendor.
Dal maestoso
regal suo viso
traspar del core
la nobiltà.
Nunzio di gioia
è il bel sorriso,
pegno soave
d'alma bontà.
3
Se un dì non lice
il bene oprar,
perduto il dice,
di Tito al par.
Da poche lune
in trono siede,
e ognun già gode
de' suoi favor.
La gioia intorno
brillar si vede,
l'etra risuona
d'inni d'amor.
4
Appiè dell'are,
ei chiese al ciel,
che secondare
degni il suo zel;
non fia deluso
il bel desio,
figlio dell'almo
suo nobil cor.
Sacro il diadema
già rese iddio,
né più del fato
teme il furor.
5
Al soglio accanto,
ch'egual non ha,
soave incanto
ognun godrà.
Cento anni e cento
ognor protetto
dall'immortale
divin favor,
viva felice
il prediletto
Carlo, de' Franchi
delizia e amor!
Appena finito l'improvviso, rischiarati da improvvisa luce, appariscono i ritratti dell'augusta famiglia reale e de' più celebri re di Francia con vari emblemi analoghi, palme, corone etc.
CAVALIERE
Viva il diletto
augusto regnator,
ond'è l'aspetto
forier di gioia e onor.
(tutti ripetono la strofa)
Ballo.
TUTTI
(con religiosa espressione)
Sul verde stelo,
fiorisca il giglio ognor;
lo colmi il cielo
degli almi suoi favor.
CAVALIERE
Con sacro zelo
da noi serbato ognor,
sul verde stelo
risplenda il giglio d'or.
Lo colmi il cielo,
degli almi suoi favor.
TUTTI
Con sacro zelo
da noi serbato ognor,
sul verde stelo
risplenda il giglio d'or.
Lo colmi il cielo,
degli almi suoi favor.
Viva la Francia
e il prode regnator.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
(W)