L'ULTIMO GIORNO DI POMPEI
Dramma per musica.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
Da qui accedi alla versione estesa del libretto.
Da qui accedi alla versione in PDF del libretto.
Codice QR per arrivare a questa pagina:
Libretto di Andrea Leone TOTTOLA.
Musica di Giovanni PACINI.
Prima esecuzione: 19 novembre 1825, Napoli.
Attori:
SALLUSTIO eletto alla prima magistratura |
basso |
OTTAVIA consorte di Sallustio |
soprano |
MENENIO figlio di Sallustio e Ottavia |
soprano |
APPIO Diomede, tribuno |
tenore |
PUBBLIO custode delle pubbliche terme |
tenore |
Il GRAN SACERDOTE del tempio di Giove |
basso |
CLODIO giovanetto, figlio di Pubblio |
soprano |
FAUSTO liberto di Sallustio |
tenore |
Vestali.
Sacerdoti di Giove. Auguri. Magistrati. Seniori. Patrizi. Popolo. Matrone. Donzelle.
Ancelle di Ottavia.
Clienti, Liberti, Servi di Sallustio.
Soldati, Littori.
Custodi del portico del gran teatro. Danzatori.
L'azione è in Pompei.
Scene dal dramma
NELL'ATTO PRIMO
1. Atrio della casa di Sallustio.
2. Ingresso a' Pompei dalla parte della strada de' sepolcri.
3. Foro di Pompei.
4. Portico del teatro grande.
NELL'ATTO SECONDO
5. Basilica.
6. Giardino della casa di Diomede presso alle mura.
7. Sotterraneo destinato al supplizio dei rei; dal cui portico si vede la strada de' sepolcri.
8. Vesuvio.
L'interno della casa di Sallustio non è quello della casa conosciuta propriamente sotto questo nome; ma di altra più adattata a far conoscere il carattere dì quelle case dì Pompei, che non hanno l'atrio Toscano, e sono più grandiose, e più idonee alla località del teatro.
Il foro, e la basilica sono state in parte modificate per la necessità di ristringere l'azione, e la rappresentanza degli oggetti nello spazio che può dare il teatro. In queste due scene si dimostra lo stato di restauro, in cui trovavansi gli edifici pubblici di Pompei al tempo della eruzione, a cagione del terremoto, che li aveva scossi, e rovinati pochi anni prima.
Atrio della casa di Sallustio. Sorge il giorno.
Voci festive di lontano. Vengono Sallustio, e Menenio nel tablino; indi Pubblio seguìto da' Clienti, e Liberti di Sallustio; infine Appio alla testa de' Magistrati, Seniori, e Patrizi.
VOCI
(lontane)
Viva Sallustio!
MENENIO
Ah! padre...
vieni, ed ascolta...
SALLUSTIO
Oh giorno
per me beato!
VOCI
(più vicine)
Evviva!
MENENIO
Per te Pompei giuliva
festeggia il nuovo albor.
SALLUSTIO
Voi mi rendete o dèi
degno di tal favor!
E siano i voti miei
sacri al dovere ognor!
Entra Pubblio co' Clienti, e Liberti.
CORO
Del nobile serto
a cinger le chiome,
che dona al tuo merto
la grata Pompei,
ti affretta! tu sei
del pubblico voto
la speme, e l'amor.
PUBBLIO
Il fren delle leggi
già Temi ti affida.
Tu accresci, tu reggi
l'avito splendor.
CORO
Al tempo contrasti
la fama il tuo grido:
ogni antro, ogni lido
risuoni a tuo onor.
(s'inoltra Appio col séguito indicato)
APPIO
Teco a goder la gioia,
che brilla in ogni petto,
mi guida il dolce affetto
di tenera amistà.
SALLUSTIO
Del vostro amore oggetto
se fausto il ciel mi rende,
quest'alma appien comprende
la sua felicità.
APPIO E PUBBLIO
Più la saggezza splende,
se guida è all'umiltà.
MENENIO E CORO
Da te ciascuno attende
pace, serenità.
APPIO
(O fiamma vorace
tu il seno m'inondi!
Ah! gl'impeti ascondi
mio povero cor!)
SALLUSTIO
Di gloria il desìo
nell'anima è impresso,
e già di me stesso
mi rende maggior.
PUBBLIO
O giorni beati!
Se in uom così degno
ci dona un sostegno
de' numi il favor!
TUTTI
(col Coro)
S'innalzino all'etra
le voci di evviva!
In candida pietra
s'incida, si scriva
di giorno sì lieto
l'augusto fulgor!
APPIO
Vieni, Sallustio: omai Pompei ti elegge
primier tra' magistrati: illustre pompa
là nel foro prepara,
e a festeggiarti ognun si affretta a gara.
MENENIO
Oh genitor felice!
SALLUSTIO
Il labbro mio
non sa trovar l'accento
ad esprimervi, amici, il mio contento.
PUBBLIO
Mira come gioiosa
a te corre la sposa!
APPIO
(Oh mia tiranna!
Quanto in vederti il mesto cor si affanna!)
Le Ancelle, indi Ottavia, e detti. Fausto è alla soglia della sua stanza.
ANCELLE
(a Sallustio)
Di porporine
rose ~ vezzose,
che schiuse april,
amor compose
serto gentil.
Ne cinse il crine
della consorte,
che, lieta appien
di tanta sorte,
vola al tuo sen.
OTTAVIA
Alfin goder mi è dato
l'avventurato ~ istante,
che di una sposa amante
fa l'alma inebriar!
Quanto col mio desire
io l'affrettai finora!
Ma la ridente aurora
seppe per me spuntar!
SALLUSTIO
Amata sposa!
MENENIO
Oh madre!
SALLUSTIO
La gioia tua mi elice
lagrime di piacer!
PUBBLIO E CORO
A renderti felice
già splende il ciel sereno.
APPIO
(Livor geloso! in seno
più non saprai tacer?)
OTTAVIA
Basti ad esprimerti
il mio contento
il dolce palpito,
che in seno io sento,
il moto insolito,
che prova il cor.
Le mie delizie
comprenda appieno
chi alberga un'anima
colma di amor.
CORO
Ognor proteggano
i numi amici
coppia sì amabile,
sì puro ardor!
APPIO
Più ad appagar del popolo le brame
non indugiar.
PUBBLIO
Di nobili matrone
drappello eletto or ora
qui giungerà, che in lieta pompa al foro
Ottavia condurrà.
SALLUSTIO
Figlio! consorte!
Addio.
OTTAVIA
Ti guidi il cielo!
MENENIO
Oh noi contenti!
SALLUSTIO
Venite, amici.
PUBBLIO
Andiam.
APPIO
(sottovoce a Fausto)
Torno a momenti.
Sallustio esce col Séguito.
MENENIO
Qual preziosa mercede
esige la virtù!
OTTAVIA
Dal padre apprendi
a seguirne il sentier. Degno ti rendi
del tuo gran genitor.
MENENIO
Son questi i voti,
madre, dell'alma mia.
Appio di nuovo con Fausto, e detti.
APPIO
(Menenio è seco!
Importuno!)
FAUSTO
(Mia cura
or fia di trarlo altrove.)
(s'incammina verso Menenio)
APPIO
(Ah! se non cede
quel duro cor, a vendicarmi Clodio
già pronto è a cenni miei.)
FAUSTO
Alle tue stanze
son giunti i precettori,
e ti attendon colà.
OTTAVIA
Va', caro figlio:
t'istruisca il lor senno, il lor consiglio.
(Menenio è guidato da Fausto alle sue stanze)
APPIO
(È sola! Amor mi assisti!)
OTTAVIA
Ah! l'impazienza
di raggiunger lo sposo
frenar non so!
APPIO
Pria di ascoltarmi, Ottavia,
non ricusar.
OTTAVIA
Tribuno! a che qui riedi?
APPIO
Sai, che per te mi struggo, e pur me 'l chiedi?
(Ottavia lo guarda con fremito, indi vuol partire)
APPIO
Fermati, Ottavia!
OTTAVIA
Insano!
Ed osi ancor?
APPIO
Mi ascolta...
Da te l'estrema volta
implora un cor ferito,
un cor, che non ha pace,
pietade al suo martir!
OTTAVIA
Trema! sarà punito
quel temerario ardir!
APPIO
Ah! senz'amarti ognora
chi può mirarti?
OTTAVIA
Allora,
che alla ragion si oppone,
si doma un vile ardor.
APPIO
Capace di ragione
non è furente amor.
OTTAVIA
Vanne...
APPIO
Ti arresta!
OTTAVIA
Involati,
amico traditor!
APPIO
(prostrandosi)
Col cor palpitante
deh mira al tuo piede
un misero amante,
che chiede ~ mercé!
OTTAVIA
Se vuoi, che nel petto
si calmi il mio sdegno,
sopprimi un affetto,
ch'è indegno ~ di me.
APPIO
(alzandosi con impeto)
Sopprimerlo?... ah! no... mai...
OTTAVIA
Ti ho tollerato assai!
APPIO
Pensa, che a te funesto
tanto rigor sarà.
OTTAVIA
Di un vile, ch'io detesto,
l'alma temer non sa.
APPIO
Ti pentirai, se ingrata...
OTTAVIA
Esci!... o a Sallustio io svelo...
APPIO
Sì... partirò... spietata!
OTTAVIA
Va'... mostro di empietà!
Insieme
APPIO
(Perché darle o dèi quel core
così barbaro, e tiranno?
No, quest'alma a tanto affanno
più resistere non sa!)
OTTAVIA
(Ah! la gioia del mio core
cangia in duol quel rio tiranno!
No, quest'alma a tanto affanno
più resistere non sa!)
Ottavia va nelle sue stanze.
Appio finge partire; dopo pochi momenti ritorna guardingo, e con sommessa voce chiama Fausto.
Appio, Fausto, indi Clodio.
APPIO
Fausto! Fausto!
FAUSTO
Signor?
APPIO
La udisti?
FAUSTO
Ah! sento
pietà di te!
APPIO
Pietà di lei fra poco
sentir dovrai: di'... mi sei fido?
FAUSTO
E come
esserlo non potrei? la generosa
tua man di ricchi doni
tanto mi ricolmò, che al dover mio,
al buon Sallustio un traditor mi resi.
APPIO
Compir l'opra convien... mi attendi.
(esce frettoloso)
FAUSTO
Oh quanto
della virtù trionfi, e a tuo talento
seduci ogni alma oro fatal!
Appio introduce Clodio.
APPIO
T'inoltra:
delle vendette mie, te 'l dissi, o Clodio,
ministro esser tu déi.
CLODIO
Del tuo disegno
fedele esecutor, vedrai, se degno
sarò del tuo favor.
APPIO
De' miei tesori
tu disporrai, sarai felice.
FAUSTO
E quale
volgi pensier?
APPIO
Di Ottavia fra le ancelle
questo imberbe garzon, Fausto, nascondi,
or che alla donna ingrata
faran corteggio alla festiva pompa.
Tu le donnesche spoglie
l'indosserai.
FAUSTO
Ma dimmi almen...
APPIO
Dell'opra
perde il merto colui, che dell'arcano
desia l'oggetto penetrar. Di cieca
obbedienza mi è d'uopo.
FAUSTO
(Ah! perché mai
un contumace affetto io secondai!)
APPIO
L'ora trascorre... io corro al foro... amico,
dalla tua fedeltà sperar poss'io?
FAUSTO
Tu il vuoi? si faccia.
APPIO
Or son contento! addio.
(esce)
CLODIO
Vieni: nelle tue stanze
mi adorna il crin; del femminile ammanto
sollecito mi cingi.
FAUSTO
Ah! troppo è vero,
che un passo sconsigliato ad altri è guida!
È folle, o cieco Amor, che a te si affida.
(entra con Clodio nella sua stanza)
Ingresso a Pompei dalla parte di porta Nolana.
Il Popolo, festivo attraversa la scena, introducendosi in folla nella città, mentre Appio, e Pubblio, si avanzano, parlando con voce sommessa.
APPIO
Pubblio, già m'intendesti: a farmi pago,
meco a punir quell'anima spietata
mi giovi del tuo labbro
il conosciuto ardir.
PUBBLIO
Rammento ognora,
che debitor ti sono
delle dovizie mie: per te custode
son delle terme, e a te leale ognora
sarò fin che avrò vita.
APPIO
È già tuo figlio
sotto finte sembianze: or sol ti resta...
PUBBLIO
Basta: dicesti assai.
S'io valga a secondarti appien vedrai.
(partono)
Foro di Pompei festivamente adorno. In prospetto il tempio di Giove, e lateralmente ad esso i due archi trionfali, da' quali veggonsi le contrade, che introducono al foro, e di lontano i vari edifizi della città. A sinistra una tribuna, ornata di ghirlande.
In doppio, e bell'ordine disposto si avanza da' due archi il pomposo Corteggio. Da uno di questi preceduto da Magistrati, Seniori, e Patrizi, e seguìto da numeroso Popolo è guidato Sallustio nella sua biga, e dall'altro le Matrone, le Ancelle, fra le quali, benché alquanto discosto, è Clodio, le Fanciulle, e Giovanetti danzanti precedono, e circondano il carro, ov'è assisa Ottavia. Smontano entrambi nel mezzo della scena. Il Gran sacerdote, co' sacri Ministri è già sul piano della scalinata del tempio. In mezzo è un'ara accesa, ed un Ministro reca sopra un bacino il serto.
PATRIZI
Plauso...
SENIORI
Onor...
MAGISTRATI
Sincero omaggio...
MATRONE
A Sallustio!
POPOLO
Al forte! al saggio!
CORO
generale
Non ha il Tebro, o vantò Sparta
chi ne superi il saper.
Pari è al sol, che raggi spande,
e Pompei, di lui superba,
all'eroe, che la fa grande,
tutto affida il suo poter.
SALLUSTIO
Ah! questo de' miei giorni è il più beato,
se consecrar mi è dato,
i voti a meritar de' vostri cori,
a Pompei generosa i laici sudori.
GRAN SACERDOTE
Illustre cittadin, cura de' numi,
delizia di Pompei, ti appressa, e mentre
di nobile corona il crin ti cingo,
il ciel propizio arrida
a' nostri voti, e lieto ognuno intanto
sciolga alla danza il piè, la voce al canto.
Il Gran sacerdote dopo aver libato sull'ara per tre volte il serto, ne cinge la fronte di Sallustio, mentre si canta il Coro, e i Danzatori con leggiadre carole accompagnano la cerimonia.
CORO
generale
Festeggiamo l'istante augurato,
che ci colma d'immenso piacer!
Se un Sallustio donarci sa il fato,
alla gloria ne schiude il sentier!
SALLUSTIO E OTTAVIA
Oh momento per me avventurato!
Quanto all'alma tu sei lusinghier!
Insieme
APPIO
(Calma in parte il mio core straziato
di vendetta l'amico pensier.)
PUBBLIO
(Calma in parte il suo core straziato
di vendetta l'amico pensier.)
Sallustio scende dal tempio.
Pubblio gli presenta il bisello, che vien posto sulla tribuna.
PUBBLIO
Ascendi la tribuna, ove il bisello,
alto segno di onor, seggio distinto,
al solo merto, ed al valor dovuto,
a te grata Pompei porge in tributo.
SALLUSTIO
Quanto a lei deggio e a tanti doni, e tanti,
che prodiga, e clemente a me comparte,
che posso in cambio offrir?
PUBBLIO
Di tue virtudi
l'esercizio a suo pro sol da te chiede.
APPIO
E qual bramar potria maggior mercede?
Sallustio va sulla tribuna, e siede sul bisello. Appio li porge la mano della giustizia.
APPIO
Ecco la man di Astrea:
stringila, o grande, e giura
punir di ogni alma rea
il mite, e 'l grave error.
SALLUSTIO
Lo giuro. All'amistade,
al vincol di natura,
al debil sesso, o etade
mai ceda il mio rigor.
PUBBLIO E APPIO
(Fra poco il giuro istesso
a te sarà crudel.)
OTTAVIA
(Né dell'error l'eccesso
quel traditor confonde?
Se rio disegno asconde,
tu lo punisci o ciel!)
CORO
Maggior sei di te stesso,
fausto ti arride il ciel!
GRAN SACERDOTE
Lo spettacolo eletto, e di te degno
vanne nel gran teatro,
o Sallustio, a goder.
APPIO
Pubblio, mi segui.
(via)
PUBBLIO
Ti raggiungo, precedimi.
(lo segue dopo pochi istanti)
SALLUSTIO
Venite,
amici, a me d'intorno
il giubilo a gustar di sì bel giorno.
Se i numi fausti
sperar mi lice,
ah! sempre rendano
Pompei felice,
e più quest'anima
bramar non sa!
OTTAVIA, GRAN SACERDOTE E CORO
Se tu la reggi,
se la proteggi,
felice ognora
Pompei sarà.
Parte tutto il Corteggio con Sallustio, ed Ottavia.
Portico del teatro grande.
Si avanzano a passo sollecito, e guardinghi Appio, e Pubblio.
PUBBLIO
Appio, non dubitar; te 'l dissi, e fido
mi avrai nel secondar l'inganno ordito.
APPIO
A te mi affido: ah sì... mi abbia spietato,
se amante mi sprezzò, quel core ingrato!
Io la vedrò tra palpiti
fremere, impallidir!
PUBBLIO
Pera, se inesorabile
fu sempre al tuo martir!
APPIO
Supplice, vinta, oppressa
dovrà cadermi al piè.
PUBBLIO
E la pietade istessa
avrai, ch'ebbe per te.
APPIO
Ti pentirai, crudele!
del fiero tuo rigor.
Ma fian le tue querele
conforto al mio dolor.
PUBBLIO
Taci Sallustio arriva...
APPIO
Vo al fianco suo... ravviva
il tuo coraggio...
PUBBLIO
Vanne,
fidati pur di me.
Insieme
APPIO
O giusta mia vendetta!
Il tuo piacer già sento!
Da te quest'alma aspetta
a' mali suoi mercé.
PUBBLIO
Ah! sol tu sei vendetta,
che calmi il suo tormento:
da te quell'alma aspetta
a' mali suoi mercé.
Appio va verso Sallustio, e Pubblio si ritira alla parte opposta.
Vengono da varie parti i Pompeiani, che esibiscono le marche a' Custodi, che sono all'ingresso del teatro, e vi s'introducono. Così le classi de' Patrizi, de' Seniori, de' Magistrati, e del Popolo. I Littori precedono le Vestali, che colla gran Vestale vanno allo spettacolo. Infine Sallustio. Ottavia, Appio, le Ancelle, Clodio come prima, e Pubblio a suo tempo.
CORO
Più brillante di questo, che cade,
risorga il nuovo dì.
Si conservi alla postera etade
festivo ognor così.
OTTAVIA
Nel vederti, o sposo amato,
così grande, e avventurato,
lieto il cor mi balza in sen!
SALLUSTIO
S'è cagion del tuo contento,
mi è pur grato un tal momento,
e felice io sono appien.
APPIO
(Ma di atroce, e rio tormento
sorbirai tutto il velen!)
OTTAVIA
Mira! oh gioia! ognun si affretta
là nel circo ad ammirarti!
SALLUSTIO
Oh piacer!
CORO
Te sol si aspetta.
SALLUSTIO
Cari, andiam.
APPIO
(Pubblio già vien!)
Le Ancelle precedono il Corteggio, e mentre parte di esse s'inoltra nel teatro, Pubblio si scaglia improvviso sul giovanetto Clodio, e lo arresta. Tutti si fermano. Gli Spettatori già introdotti tornano nel portico, attirati dalle strida di Pubblio.
PUBBLIO
Fermati... incauto figlio!
CLODIO
(fingendo sorpresa)
Ohimè!
PUBBLIO
Di un padre al ciglio
tenti celarti invano...
fra' quali spoglie... insano!
Ti ascondi a mio rossor?
SALLUSTIO
Pubblio, che avvenne?
CLODIO
Ah padre!
Perdona...
PUBBLIO
E osasti tanto?
TUTTI
In femminile ammanto
di Pubblio il figlio?
SALLUSTIO
Ah parla...
Pubblio...
PUBBLIO
Che dir poss'io?
È Clodio, il figlio mio,
che, avvolto in finto arnese,
dalla tua sposa apprese
a calpestar l'onor.
OTTAVIA
Da me?
SALLUSTIO
Da Ottavia?
APPIO
E come?
PUBBLIO
Ad appagar d'impura
fiamma il desio ribelle
lo asconde fra le ancelle,
complici dell'error.
OTTAVIA
Ah mentitor!
SALLUSTIO
Rammenta,
che Ottavia è mia consorte...
PUBBLIO
È rea... la fé, che ostenta,
già di onta vil macchiò.
SALLUSTIO
Clodio ti avanza, e dimmi...
CLODIO
(affettando timidezza)
Signor, di giovin core
chi sa frenar l'ardore?
Di Ottavia alla beltade
resistere chi può?
TUTTI
col Coro
Oh! qual terror m'invade!
Un fulmine piombò!
SALLUSTIO
(Qual denso velo
mi oscura il ciglio!
Qual lento gelo
mi opprime il cor!
Mi strazian l'anima
sospetto, e amor!)
OTTAVIA
(Qual frode è questa!
Me sventurata!
Ah! i moti arresta
sorpreso il cor!
Oppressa è l'anima
da tant'orror!)
APPIO
(Già quel sembiante
la pena esprime
del palpitante,
dubbio suo cor.
Gode quest'anima
del suo dolor.)
CLODIO E PUBBLIO
(Del nostro inganno
alla sorpresa
acerbo affanno
le opprime il cor.
Le strazia l'anima
fiero dolor.)
CORO
Così dal grembo
di bella calma
orrido nembo
sorge talor!
Ingombra ogni anima
tristezza, orror!
OTTAVIA
No, Sallustio; la sposa innocente
di calunnia le insidie non teme;
ma all'idea dell'inganno fremente,
più consiglio, ragion più non ha!
SALLUSTIO
(Mi confonde la tema, e la speme!)
ANCELLE
(Infelice! di lei che sarà?)
APPIO
(a Sallustio)
Il tribuno al giudizio ti chiama,
dell'oltraggio la pena reclama:
i tuoi giuri rammenta a te stesso,
tanto eccesso ~ tu déi fulminar.
PUBBLIO E CORO
I tuoi giuri rammenta a te stesso,
tanto eccesso ~ tu déi fulminar.
SALLUSTIO
La bell'alma di Ottavia mi è nota,
lungo saggio mi diè di costanza.
APPIO
Sua perfidia finor ti fu ignota,
Clodio basti il suo core a svelar.
OTTAVIA
Or comprendo! tu autor dell'inganno!
APPIO
Taci o donna, alle colpe già avvezza!
PUBBLIO
(a Sallustio)
Non è degna di te la incertezza,
su gli affetti tu déi trionfar.
SALLUSTIO
Pruova estrema da me se chiedete,
sommi numi! in sì fiero cimento
di uno sposo voi l'alma reggete,
che vacilla nel dubbio pensier!
OTTAVIA
Se nel cor de' mortali leggete,
sommi numi! in sì fiero cimento
d'innocenza il candor proteggete,
fulminate quel reo menzognier!
PUBBLIO E APPIO
(a Sallustio)
Vieni; Astrea nel suo tempio t'invita,
e nell'arduo, difficil cimento
colla spada la legge ti addita,
di eseguirla t'impone il dover.
TUTTI
col Coro
Oh momento ~ di pena, e tormento!
giorno infausto, di affanni forier!
Tutti si disperdono in vari gruppi.
La Basilica.
Appio, e Pubblio da parti opposte.
APPIO
Pubblio!
PUBBLIO
Calma il dubbioso,
palpitante tuo cor.
APPIO
Vedesti Fausto?
PUBBLIO
Li favellai.
APPIO
Saprà serbar l'arcano?
PUBBLIO
Non paventar di lui: del tuo disegno
se complice si rese,
che il tacer li sia legge ormai comprese.
APPIO
Respiro!
PUBBLIO
Il tuo desio
tutto seconda.
APPIO
E a tante pruove in faccia
Sallustio che dirà?
PUBBLIO
Di sposo il core
ceder dovrà di giudice al rigore.
APPIO
Scoccato è il dardo; omai si compia l'opra.
PUBBLIO
Di accusator vedrai come fra poco
innalzerò la voce.
APPIO
Fia punito così quel cor feroce.
(partono)
Si avanzano i Soldati, che vanno a formarsi in due ale lateralmente, e dietro il seggio della giustizia. Coro di Popolo, Patrizi, e Seniori. Sallustio, indi Ottavia.
(Sallustio arriva concentrato)
CORO
(a Sallustio)
Sei nell'augusto tempio,
ove di Temi è il trono:
di alta costanza esempio
dover t'impone, e onor.
Nel tuo privato oltraggio
reclama i suoi la legge,
e attende in chi la regge
il suo vendicator.
SALLUSTIO
(Forza o debole cor! convinto appieno
dell'eccesso di Ottavia io non mi sento.
Le sue virtù rammento... eppur degg'io...
che fiero stato è il mio!
Eccola! in quelle luci
rifulge d'innocenza il bel candore...
e tradirmi potea?... forza o mio core!)
OTTAVIA
Dal giudice supremo,
dal consorte non già, che di quest'alma
la inviolabil fede, il puro affetto
sperimentò per ben tre lustri, io vengo
dell'onta, che mi offende,
vendetta a reclamar. Dov'è l'audace,
che mi osa calunniar? le pruove adduca,
che un'empia trama ordì: disperse al vento
come nebbia saranno in un momento.
SALLUSTIO
E il giudice saprà, sgombro dal petto
ogni privato affetto,
se fallace punirti, e se innocente...
ah! sperar lo potesse!
OTTAVIA
Il mio decoro
oltraggia il dubitarne.
SALLUSTIO
Or solo a lei,
onde leggerle il cor, parlar vogl'io.
Si allontani ciascun.
(tutti gli astanti escono)
OTTAVIA
Ah! sposo mio!
SALLUSTIO
Taci! quel dolce nome,
che mi fea lieto un dì, non osi il labbro
di pronunziar, se l'alma è rea.
OTTAVIA
Che sento!
È Sallustio, che parla?
SALLUSTIO
Alcun non ti ode...
il tuo giudice è lungi... a te favella
lo sposo palpitante,
che fra le accuse, e fra la speme ondeggia...
Mi apri il tuo cor... se ad oltraggiarmi, o donna,
vile ardor ti sedusse, ah! me 'l palesa...
OTTAVIA
Sedurre Ottavia un vile ardor? che offesa!
Squarciami il core, o barbaro!
Vi troverai scolpita
la tua diletta immagine,
che sol v'impresse Amor.
SALLUSTIO
Ma un sol momento, incauta!
Forse ti avrà rapita
quella virtù, che l'anima
ti fea leggiadra ognor.
OTTAVIA
No... se mancai, la folgore
vibri al mio crine il ciel!
SALLUSTIO
Pubblio smentisci, e Clodio,
mostrati a me fedel.
OTTAVIA
Ambi spergiuri, e perfidi,
compri da un'uom crudel.
SALLUSTIO
Da chi?
OTTAVIA
Sallustio, ah! sappilo...
di Appio alle nere insidie
resse quest'alma, e l'empio
giurò vendetta...
SALLUSTIO
Ottavia!
M'inganni tu?
OTTAVIA
No... credilo
a queste amare lagrime...
Vivi di me sicuro...
sono innocente... il giuro
ai numi, al figlio, a te!
SALLUSTIO
(Che ascolto! oh raggio amico!
Sei tu, che in sen mi scendi?
Sei tu, che all'alma rendi
qualche speranza almen?)
OTTAVIA
Dal traditor nemico
la sposa tua difendi...
Che fida io son comprendi...
e sarò paga appien!
SALLUSTIO
Se fu il tuo labbro
con me verace,
tremi l'audace,
che ti oltraggiò!
OTTAVIA
Vedrai, se il vile
saprò smentire,
se impallidire
l'empio farò.
SALLUSTIO
Dunque innocente...
OTTAVIA
Trionferò.
SALLUSTIO
Al cor dolente...
OTTAVIA
Calma darò.
SALLUSTIO
A queste braccia
ritornerai?
OTTAVIA
Mi stringerai
degna di te.
OTTAVIA E SALLUSTIO
Nume! tu mitiga
il nostro affanno!
Tu l'ombre dissipa
del nero inganno...
e rendi all'anima
smarrita, oppressa
la pace istessa,
che Amor le diè.
Rientra il Popolo con Appio, Pubblio, Clodio, Ancelle, e Soldati.
APPIO
Sallustio, il popol freme, e da te chiede,
che là ti assidi a giudicar la rea.
PUBBLIO
Se pubblica è l'accusa,
tal ne fia la difesa.
APPIO
Altri momenti
scelga il consorte a ragionar con lei.
PUBBLIO
Rammenta il tuo dover: giudice or sei.
SALLUSTIO
Il suo destino io vado
a pronunziar. Vedrà la patria, il mondo
come in mezzo al dolor, che lo tormenta,
sempre Sallustio il suo dover rammenta.
(va su la tribuna)
Al pubblico certame
venga l'accusatore.
APPIO
Me prima ascolta.
Della festa interrotta,
del coniugale oltraggio,
che al pubblico costume offesa rende,
come tribuno Ottavia accuso. A danno,
di lei grida la legge, e s'ella è rea,
sia morte la sua pena.
PUBBLIO
Il cor di un figlio
mi tolse Ottavia: dal paterno seno
seppe involarlo, e presso a lei lo addusse,
onde appagar le impure voglie. Io stesso
in femminili spoglie
tra le ancelle il sorpresi, e tu il vedesti,
Pompei lo vide, e inorridì. La ultrice
spada di Astrea cada su lei tremenda,
ne v'ha ragion, che la evidenza offenda.
SALLUSTIO
Clodio favelli. È vero,
che Ottavia ti sedusse?
CLODIO
Il mio rossore
risponda alla dimanda: ah! troppo incauto
l'inesperto mio core
bevve il velen di un seducente ardore!
SALLUSTIO
(Santi numi del ciel! come salvarla?)
E Ottavia tace?
OTTAVIA
Sbalordita io fremo
in ravvisar come l'altrui perfidia
abbia saputo architettarmi a danno
sì orribile calunnia! il traditore
Appio, fallace amico, a me più volte
impuro amor richiese. I miei rifiuti
lo spinsero a vendetta,
ch'ei minacciò a me stessa. Ecco l'effetto
delle minacce: a colorir l'inganno
sedusse Pubblio, suo cliente, e Clodio,
che mai conobbi. In fra le ancelle ei forse
nell'affollata pompa
confondersi poté.
APPIO
Quai fole ordisci,
menzogniera?
PARTE DELLE ANCELLE
Signor, giuriamo al cielo!
Mai Clodio fu tra noi.
ALTRA PARTE
Mai nel suo tetto
lo accolse Ottavia.
APPIO
Ascolto
non mertano le ancelle,
complici del delitto.
OTTAVIA
E qual ne merta
orda vil, già venduta al tradimento?
POPOLO
Sallustio! il tuo giudizio...
TUTTI
col Coro
Ahimè! che sento!
Qui si ascoltano forti detonazioni, effetto della prossima prima eruzione del Vesuvio. Tutti si spaventano.
TUTTI
Dèi! qual fragore insolito!
Eppur sereno è il cielo!
OTTAVIA
Voce di un dio! tu dissipi
di ria calunnia il velo!
APPIO
Anzi del cielo irato
terribil voce è questa...
CORO
Che chiaro manifesta
del fallo tuo l'orror.
Altre detonazioni.
SALLUSTIO
(Oh quale istante!)
APPIO E PUBBLIO
A morte
vada la rea...
POPOLO
Sallustio
di lei decida...
OTTAVIA E ANCELLE
Oh affanno!
SALLUSTIO
(Oh mio dover tiranno!)
APPIO E PUBBLIO
Di tanto indugio è indegno
un cittadin.
POPOLO
Lo sdegno
placa del nume... ascolta!
Più forti detonazioni.
SALLUSTIO
La rea viva sepolta
sia fra momenti...
OTTAVIA
Oh barbaro!
SALLUSTIO
(Oh me infelice!)
POPOLO
Or sei
degno di noi...
OTTAVIA
Già sento
mancarmi in seno il cor!
SALLUSTIO
(Terribile momento!
E veggo in vita ancor?)
APPIO
(Freno la gioia a stento...
sei vendicato Amor!)
TUTTI
(col Coro)
Arresta i tuoi fulmini
o dio di vendetta!
O almen sul colpevole
li vibra, li affretta!
Pietà della patria
che colpa non ha!
Giardino della casa di Diomede presso alle mura.
Fausto.
E qui, come promise,
Pubblio non è? della infelice Ottavia
qual fia la sorte? ah! come il sen mi strazia
il fier rimorso, così di Appio al core
ragion favelli, è 'l suo furor disarmi!
Di abbandonar la detestevol trama
mi fe' sperar Pubblio poc'anzi... eppure
qui non ritorna ancor?... si cerchi altrove.
Oh quante smanie! oh quanto
dovrà un fallo costarmi affanno, e pianto!
(esce)
Appio irrequieto, indi Coro di popolo.
APPIO
Che più brami, mio cor? fra poco estinta
vedrai la tua tiranna, e in rio tormento,
e dalle pene oppresso ancor ti sento?
Cessa di tormentarmi
o rimprovero atroce
della mia crudeltà! tremenda voce!
Perché mi parli in sen? del mio delitto
spaventevole idea tu in me ridesti!
O miei rimorsi! oh sciagurato istante!
Ah! perché sento ancor, ch'io sono amante?
Oh mio crudele affetto!
Perché mi strazi ancora?
Ah! fuggi dal mio petto...
fuggi tiranno Amor!
E ne' momenti estremi
vedrò languir colei,
che fu de' voti miei
soave oggetto ognor?
Oh duolo inesprimibile!
Oh mio fatal rigor!
(il popolo, che arriva, lo scuote dalla sua concentrazione)
CORO
Appio, alla funebre
pompa ti affretta:
te sol si aspetta...
non indugiar.
APPIO
E Ottavia?
CORO
In lagrime
si va a stemprar.
APPIO
(Misera!)
CORO
Vieni...
APPIO
Andiam.
CORO
Ti affretta...
te sol si aspetta,
non indugiar.
APPIO
(Cela le acerbe smanie
o lacerato core!
Per sempre dovrò perderla?
Non ha più speme Amore?
La mia fierezza istessa
funesta a me sarà!
Ah! sì... quest'alma oppressa...
dolente ognor vivrà!)
CORO
Mora! punita in essa
or sia la infedeltà.
(Appio esce col coro)
Sotterraneo, destinato al supplizio de' rei, dal cui portico si vede la strada de' sepolcri.
Si avanza a lento passo Ottavia, coverta da nero velo, in mezzo a' Soldati, e preceduta dalle dolenti Ancelle. La segue Sallustio avvolto nel suo pallio, e concentrato: indi Appio, Pubblio, e Coro di popolo.
ANCELLE
Oh sventurata Ottavia!
Specchio di un cor fedel!
Chi può frenar le lagrime
al tuo destin crudel?
POPOLO
Di un dio la mano vindice
cessi di fulminar
ora, che la colpevole
va il fallo ad espiar.
CORO
generale
Ah! l'improvviso turbine
in fosco ciel cangiò
quel dì, che nel suo nascere
lieto per noi brillò!
SALLUSTIO
(Infelice Sallustio! in te raccogli
sovraumano vigor... tutte vi chiamo
o crudeli virtudi al core intorno!)
Si dischiuda la tomba
destinata alla rea.
(è aperta la lapida di una tomba nell'indicato sotterraneo)
APPIO
(Dèi! qual fermezza!)
PUBBLIO
(Qual costanza in Sallustio!)
OTTAVIA
(appressandosi a Sallustio)
A Lete in seno
pria che Ottavia discenda, al caro sposo
nel suo momento estremo
desia di favellar...
SALLUSTIO
Sono il supremo
difensor delle leggi... il tuo consorte
non vive più... lo uccise un'alma ingrata!
OTTAVIA
Ah! della morte è a me più grave il solo
dubbio, che alberga in te!... verrà quel giorno,
che la innocenza mia sarà palese,
e pietà di una sposa avrai tu allora,
che fida ti sarà fra le ombre ancora.
Su questa man concedi,
ch'io versi amaro pianto...
su questa man, che tanto
seppe bearmi un dì!
Sai, che nelle ore estreme
ogni rancor si tace...
un segno almen di pace!
Paga morrò così.
SALLUSTIO
(Più a reggere incapace,
l'alma s'istupidì!)
Insieme
APPIO
(Funesto amor vorace
la mia virtù sopì!)
PUBBLIO
(Funesto amor vorace
la tua virtù sopì!)
ANCELLE
(Un traditor mendace
la vita a lei rapì!)
POPOLO
(Perché un amor fallace
tanta virtù smarrì?)
OTTAVIA
(alle ancelle, abbracciandole)
Voi, che sapete
qual core è il mio
da me accogliete
l'ultimo addio!
Compagne tenere
de' miei tormenti!
Fide serbatemi
il vostro amor!
ANCELLE
(Chi può resistere
a tal dolor?)
(piangendo)
OTTAVIA
(a Appio)
Godi, trionfa, o perfido!
già sazio è il tuo furor.
(a Pubblio)
Va'! dal mio sguardo involati,
empio calunniator!
(a Sallustio)
Del figlio mio dolente
tu calma almen l'affanno...
quell'anima innocente
conforti il genitor.
Oh sposo! oh figlio! oh spasimo!
Chi della mia più barbara
pena pruovò finor?
CORO
Oh istante memorabile!
Oh giorno di terror!
Mentre Ottavia è guidata alla tomba, crescono le detonazioni nel Vesuvio.
SALLUSTIO
Che? ancora irato è il ciel?
PUBBLIO
Fremito orrendo
è nel sen del Vesèvo!
SALLUSTIO
Ah! sì... t'intendo
possente nume! una innocente estinta
soffrir non sai... fermate! si sospenda
il suo destin per poco.
Ottavia è tratta dalla tomba, ove era quasi discesa.
PUBBLIO
Ah! no...
APPIO
Che fai?
SALLUSTIO
Taci!
CORO
Miseri noi!
PUBBLIO
Tramanda il monte
denso vapor, che l'aere ingombra!
CORO
Il cielo
si ammanta già di tenebroso velo!
Auguri, indi gli altri, che verranno indicati.
AUGURI
Trema, Pompei! dell'ira de' celesti
tu sei l'oggetto!
PUBBLIO
(Oh rio spavento! io tremo!)
AUGURI
Alto delitto è in te! ferma, se il puoi,
il flagello divin...
CORO
Miseri noi!
PUBBLIO
Ah! più regger non posso
allo strazio tremendo
de' miei rimorsi... al cielo irato... al grave
terror, che tutti invade i sensi miei!...
Me sol si uccida, e salva fia Pompei!
SALLUSTIO
Che parli?
APPIO
(Io son perduto!)
PUBBLIO
(prostrandosi)
A' piedi tuoi
mira, Sallustio, un delinquente, indegno
del tuo perdono... Appio di Ottavia ardea
d'impura fiamma. Della saggia donna
il costante rifiuto
a vendetta lo spinse: infra le ancelle,
da Fausto secondato,
nascose il figlio mio... me poi sedusse
l'accusa a sostener...
SALLUSTIO
Che ascolto!
CORO
Ah mostri!
OTTAVIA
Grazie, pietoso cielo!
SALLUSTIO
Ottavia è salva!
CORO
Peran gl'indegni nella tomba istessa
destinata ad Ottavia.
APPIO
Apriti, averno,
e nel tuo seno accogli un disperato!
PUBBLIO
Io stesso provocai l'ira del fato!
(sono trascinati e rinchiusi nella tomba)
Preceduta da orrendo scoppio, si slancia dal Vesuvio immensa quantità di cenere, e pomici, che innalzandosi rapidamente, piomba sulla città. La costernazione è universale.
TUTTI
Quale scoppio!... aita o numi!
OTTAVIA
Ah! fuggiam...
CORO
Non vi è più scampo!...
SALLUSTIO
Atra nebbia offusca i lumi!
CORO
Stride il tuon! frequente è il lampo!
(giunge sopra una biga)
MENENIO
Madre mia! padre! ti affretta...
ah! salviamci dal periglio!
CORO
Ciel! Pietà!
OTTAVIA E SALLUSTIO
Fuggiamo o figlio!
(montano sulla biga, e fuggono)
CORO
Oh terror!... si fugga... e dove?
Morte ovunque è a noi d'attorno...
Ah! Pompei! l'estremo giorno
è già scritto in ciel per te!
Gli Abitanti sbalorditi, e sparsi in vari gruppi procurano salvarsi colla fuga. Le Madri spaventate seco trasportano i Ragazzi, ed i Bambini: altre co' loro preziosi arredi. Le Vestali fuggono colla gran Sacerdotessa. Tutto è confusione, e presenta il quadro della desolazione. La pioggia cresce, mista ai lampi, ed a tuoni.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
(W)