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Il trionfo dell'onore

IL TRIONFO DELL'ONORE

Commedia posta in musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Francesco Antonio TULLIO.
Musica di Alessandro SCARLATTI.

Prima esecuzione: 26 novembre 1718, Napoli.


Personagg:

FLAMINIO Castravacca, vecchio mercatante, zio di Riccardo Albenori, di Lucca, che ha trattato di matrimonio con Cornelia Buffacci; ed innamorato di Rosina Caruccia, serva dell'istessa Cornelia

tenore

CORNELIA Buffacci, vecchia, zia di Doralice Rossetti, ed innamorata di Flaminio

tenore

LEONORA Dorini, di Lucca, sorella d'Erminio, ed innamorata di Riccardo Albenori, dal quale le s'è tolto l'onore

contralto

DORALICE Rossetti, di Lucca, nipote di Cornelia, prima innamorata d'Erminio Dorini, e poi di Riccardo Albenori

soprano

RICCARDO Albenori, di Lucca, nipote di Flaminio, giovane dissoluto

soprano

ERMINIO Dorini, di Lucca, fratello di Leonora, ed innamorato di Doralice

soprano

ROSINA Caruccia, serva di Cornelia, che poi s'innamora di Capitan Rodimarte Bombarda

contralto

CAPITAN RODIMARTE Bombarda, camerata di Riccardo Albenori, che poi s'innamora di Rosina Caruccia

basso




La scena si finge in una villa di Pisa poco lontana dalla città.

Eccellentissima signora

Umilmente prostrato a' riveritissimi piedi dell'ecc. v., vi presento (sig. eccel.), in questa commedia, il TRIONFO DELL'ONORE, colla certezza, che abbiate voi la benignità d'accoglierla sotto l'ombra onorata di vostra gloriosa, e sublime grandezza, perché più fastoso, e risplendente apparir possa a gl'occhi de' spettatori. Risplenderà insieme (eccel. sig.) la vostra somma generosità infacendolo degno della vostra autorevole protezione, mercé la quale, vanterà egli più lustro, e maggior decoro de' rinomati trionfi, che de' suoi cesari, e consoli vide nel suo Campidoglio l'antica Roma; ed avrò ancor io l'eccelso vanto di manifestarmi col più profondo de miei ossequiosissimi rispetti.

Di v. e.

Umilm., dev., ed osseq. ser.,

Salvadore Toro

Argomento

Vivea nella città di Lucca Riccardo Albenori, giovane scapestrato, e dissoluto, dedito a goder delle donne, senza che fosse capace il suo petto né pur d'una scintilla del fuoco d'amore. Arrivò egli, co' suoi tratti lusinghieri, ad ingannar Leonora Dorini, donzella della stessa città, a segno, che giunse a torle l'onore, dopo averle data la fede di farla sua sposa. Colla medesima fede allettò anche Doralice Rossetti, della mentovata città (ch'era prima innamorata d'Erminio Dorini, fratello di Leonora, che da più tempo si ritrovava partito per Livorno); ed avrebbe conseguito l'istesso intento, se in quella notte, che dovea ad essa portarsi, non gli fosse accaduto di fare un'ardita resistenza alla corte, per la quale si vide astretto a fuggire in un villaggio di Lucca, dove per più giorni trattenne nascosto, facendo correr voce d'essersi portato in Pisa. Aveva Riccardo per suo indivisibil compagno capitan Rodimarte, uomo scalacquato ancor esso, e di genio non differente al suo, dal quale eran secondate, assistite, e fomentate le leggerezze di quello, perché ne cavava il profitto di vivere a sue spese. Avendo ambedue dimorato alquanti giorni nel già detto villaggio, fecer essi pensiero di passar in Pisa, dove stava Flaminio Castravacca, zio di Riccardo, che tenea in cura alcuni poderi di esso, a sol fine di cavarne danari, per andar girando in altre parti d'Italia, e soddisfare alle loro dissolutezze; ma non fu senza pericolo il tragitto, ed ebbero in sorte di scampar da ministri della corte da quali furono inseguiti sino alle vicinanze di Pisa. Sparsasi la prima voce per Lucca, che Riccardo fosse venuto in Pisa, e giunta all'orecchie di Leonora, e di Doralice, dopo aver esse aspettato più giorni il suo ritorno, risolvettero, ciascuna da sé; la prima stimolata dall'onor perduto, e non meno dall'amore; e l'altra dal forte amore, e dalla fede di sposo; di venir in Pisa a ritrovar Riccardo, animate maggiormente dalla vicinanza dall'una all'altra città. Partì prima Leonora in una sera, ed avendo in pratica la via, per averla fatta più volte con suo fratello, arrivò stanca, e lassa al far del giorno in una villa poco distante da Pisa, dove, sovrapesa da un forte svenimento, fu accolta da Cornelia Buffacci, zia di Doralice; e questa, avendo per l'oscurità della notte smarrita la strada, vi giunse ore dopo, fu ricevuta ancor essa da sua zia. Nel tempo stesso capitò anche in quella villa Erminio Dorini, fratello di Leonora, che da Livorno ritornava in Lucca, dove ritrovò la sorella, e l'amata. Bastar deve questo per notizia del viluppo, giacché nella commedia potrà leggersi ciò, che venne a risultarne.

S'avvertisce il cortese leggitore, ch'essendo la commedia riuscita alquanto lunga di recitativo, è convenuto perciò d'abbreviarsi; imperocché si sappia, che non si cantano tutti quei versi, che hanno alla margine il frequente segno “.

E s'avverte ancora, che se qualche cosa, si trovasse mal ordinata nel suddetto accorciamento, o con mutazione di parole, o altro in bocca de rappresentanti, ciò deve condonarsi all'assenza dell'autore, stante la quale, vi pose altri le mani.

Si perdonino ancora alcune voci prese con renitenza, per accomodarsi alla scena, ed ove si ritrovavano le parole fato, destino, stella, ed altro, che sembrano scandalose, vien pregato chi legge a distinguere la profession cattolica di chi ha scritto, dall'uso poetico, che richiede questo modo di scrivere.

Atto primo
Scena prima

Riccardo, e Capitan Rodimarte.

RICCARDO

Già siamo in salvo.

CAPITAN RODIMARTE

Ah! Cani!

Questo ad un uom il più temuto, e forte?

Gli potea, con le mani,

squartar così; ma rispettai la corte.

RICCARDO

Hai tu ben risoluto:

più star non si potea chiusi in quel loco.

CAPITAN RODIMARTE

Se aveste voi voluto,

avrei mandato Lucca a sangue, e a foco.

RICCARDO

Or già liberi siamo:

è svanito il timore.

CAPITAN RODIMARTE

A' gusto vostro,

girando andar possiamo,

per goder delle donne all'uso nostro.

RICCARDO

Questo è il vero contento,

questo farsi conviene:

più dolce godimento

non v'è di questo.

CAPITAN RODIMARTE

È ver: dici assai bene.

RICCARDO

Questo è 'l diletto immenso,

che rende lieto un core:

cercar servire al senso,

finger l'amante, e non sentir amore.

CAPITAN RODIMARTE

Viva, e viva mill'anni

così nobil pensiero!

L'uom vagante, e leggero,

ch'usa frodi, ed inganni,

di trattar con le donne acquista i modi,

che tutte piene son d'inganni, e frodi.

RICCARDO

Sallo in Lucca Leonora,

che fu del mio piacer meta felice;

e lo saprebbe ancora

la bella Doralice;

ma tu sai qual impegno

s'oppose, in quella notte, al bel disegno.

CAPITAN RODIMARTE

So, che fu duro, e forte.

Quanto di genio eguali

ci fe' natura, e ci accoppiò la sorte!

RICCARDO

Sempre starem contenti;

e lieti, e geniali,

a bel piacer intenti.

Andremo ognor vagando. Al vagabondo,

ch'ha disio di godere,

tutto è piacer, tutto è delizia il mondo.

CAPITAN RODIMARTE

Bellissimo parere!

Non v'è gusto più grato.

RICCARDO

Di Flaminio mio zio,

ecco l'albergo.

CAPITAN RODIMARTE

A noi.

Sta ben sul concertato;

ma falla da maestro.

RICCARDO

È pensier mio.

CAPITAN RODIMARTE

Già i miei sensi intendesti:

cerca quanto più puoi;

e pensa che di questi

(fa segno di danari con le mani)

bisogna averne assai. La borsa grave,

per aprir ogni porta,

è la più bella, e più sicura chiave.

RICCARDO

Lodo i consigli tuoi:

so, che questo più importa.

CAPITAN RODIMARTE

E per apprender poi

valor, e bizzarria, grandezze, e fasti,

Rodimarte vien teco, e tanto basti.

Scena seconda

Flaminio, di casa, e suddetti.

FLAMINIO

(Attente a quel che fate,

ch'or ora io torno in casa.)

RICCARDO

Eccolo appunto.

FLAMINIO

(L'altra porta serrate.)

RICCARDO

O amato signor zio!

FLAMINIO

O Riccardo! Tu sei! Caro sei giunto.

CAPITAN RODIMARTE

Vostro servo ancor io.

FLAMINIO

Addio buon uom.

RICCARDO

Fidato

al vostro amor qui venni; e quanto io bramo

so che vi sarà grato;

in casa ve 'l dirò.

FLAMINIO

Venite: andiamo.

RICCARDO

Or sentirete,

che chiede il mio

nobil desio,

desio di gloria,

desio d'onor.

So, che vorrete,

lieto, e giocondo,

ch'io lasci al mondo

bella memoria

del mio valor.

Scena terza

Leonora, sola.

Mio destin, fiero, e spietato:

troppo dura

mia sventura;

empio fato,

ingiusto amor.

Voi volete...

Ah! Che dico?

Invan di voi mi lagno:

il troppo creder mio fu il mio nemico.

Ben di lagrime bagno

le gote, e 'l petto; e ben mi squarcia il core

il ben giusto rimorso

dell'error, che commisi: ah! Mio rossore!

Ahimè!... Cieli... Soccorso...

Manca l'alma nel seno...

perdon gl'occhi la luce... io vengo meno.

(sviene sopra un poggetto sollo la casa di Cornelia)

Scena quarta

Cornelia, dal balcone, e la suddetta svenuta.

CORNELIA

Non esci ancor? Che fai?

Rosina...

Scena quinta

Rosina, dalla porta di casa di Cornelia; e le suddette.

ROSINA

Eccomi lesta.

CORNELIA

Vedi quanto trattiene!

ROSINA

(Uh! Che cosa molesta!)

CORNELIA

Senti, e ancor gli dirai,

c'ho desio di vederlo.

ROSINA

Ho inteso bene.

CORNELIA

Uh! Che veggio! Chi è quella?

(si accorge di Leonora svenuta)

È morta la meschina!

ROSINA

Che pietate! Ed è bella!

È donna forestiera. Uh! Poverina!

CORNELIA

Chissà, che l'è successo!

ROSINA

Io credo, che sia stato

svenimento di core.

CORNELIA

Vedi: soccorri tu; ch'io calo adesso.

(se n'entra)

Scena sesta

Rosina, e Leonora.

ROSINA

Signora... Uh! Che peccato!

Uh! Che brutto colore!

Che labbra smorte ha fatte.

Su fate core: a voi...

E scuotila se puoi;

ma sento che pian piano il cor le batte.

Scena settima

Cornelia, di casa, e le suddette.

CORNELIA

Ancor non si risente?

ROSINA

Come un sasso sta dura.

L'ho scossa un pezzo; e non ne vuol far niente.

CORNELIA

Che pietà! Che sventura!

Questo balsamo è tale,

che può recarle aita.

ROSINA

Già si va risentendo: Oh! Manco male!

LEONORA

Chi mi ritorna in vita:

e vivo, e spiro ancora!

CORNELIA

Animo, figlia mia.

ROSINA

Il balsamo fu buono.

LEONORA

Chi siete voi signora?

CORNELIA

Chi 'l tuo bene desia; e tu chi sei?

LEONORA

O dio! Straniera io sono,

e i duri casi miei son aspri tanto,

che ponno far pietoso

un cor di pietra, e liquefarlo in pianto.

CORNELIA

Non più; vieni al riposo.

ROSINA

Appoggiatevi a me.

CORNELIA

Sta' pur serena:

sfoga meco i tuoi guai;

e credi pur, che piena

di pietade, e d'amor mi troverai.

LEONORA

Or ch'un amor sì bello

trovo nel vostro petto,

sento che cangia aspetto

il mio dolore.

E 'l fato, men rubello,

spero, che doni calma

all'alma,

e al core.

ROSINA

Suda la poveretta!

CORNELIA

Lasciala in cura mia,

e va' dove ti dissi.

ROSINA

Or vado in fretta.

Scena ottava

Rosina, sola.

Chissà questa chi sia,

e che malanni ha sotto; io vo credendo,

che l'imbroglio è d'amore...

Basta: Andremo sentendo.

Gatta ci cova.

Scena nona

Flaminio, di casa, e la suddetta.

FLAMINIO

(Oh! L'è pur buona questa!

Con la gloria, e l'onore,

vuol vuotarmi la borsa!

Non so, che guerra l'è saltata in testa!)

ROSINA

(Or facciamo una corsa,

per servir la padrona...)

FLAMINIO

Oh! Mia Rosina,

belle guance di rose.

ROSINA

Via, che v'ho da parlar.

FLAMINIO

Sì, mia carina.

ROSINA

E sempre queste cose;

voi mi scandalizzate!

FLAMINIO

Ah no, mia bella,

di zucchero, e cannella,

che io...

ROSINA

Quante parole!

FLAMINIO

Che io per te, mio bene,

già me ne vado in acqua di viole.

ROSINA

Eh! Via, che non conviene!

La padrona vi manda

centomila saluti...

FLAMINIO

Eh! Stiamo a noi;

lascia questo di banda.

ROSINA

Eh! Che burlate voi.

FLAMINIO

No, dolce mio diletto...

ROSINA

Questo è contro il dovere...

FLAMINIO

No, giglio mio fiorito,

che per te nel mio petto

ho le viscere cotte, anzi biscotte.

ROSINA

(Che noia.) E vuol sapere,

se avete ben dormito

nella passata notte.

FLAMINIO

Che sonno! Io non ho posa

sto sempre fra le spine, urlo, schiamazzo,

per te, bocca amorosa.

ROSINA

E pur questo tintinno? (Uh! Com'è pazzo!)

FLAMINIO

Non ti piaccia ch'io mora:

vedi che son distrutto.

ROSINA

Eppur? M'ha detto ancora,

ch'ha desio di vedervi; e questo è tutto.

FLAMINIO

Sì, l'ho inteso; ma io...

ROSINA

Oh! Che tormento è questo!

FLAMINIO

Gioia, spirito mio...

ROSINA

Stupefatta io ne resto!

Dovete alla padrona esser marito;

e date in questo eccesso?

FLAMINIO

No, muso saporito...

Senti... Se m'ami...

ROSINA

Eh! via: ch'è troppo adesso!

Che dirò alla padrona?

FLAMINIO

E tu che dici a me?

ROSINA

Uh! Che seccaggine!

Oh questa sì, ch'è buona!

FLAMINIO

Non torcer quel bel muso:

senti, che ti vo' dire...

ROSINA

Uh! Che scempiaggine!

Ora sì, che v'accuso.

FLAMINIO

Ah, no, no 'l fare.

ROSINA

Ci vorrebbe con voi.

FLAMINIO

Dille, che mi son care

le sue finezze; e ci vedremo poi.

ROSINA

Oh ben.

FLAMINIO

Ma tu...

ROSINA

Torniamo!

Ahimè! Che cosa sozza!

FLAMINIO

Senti questo...

ROSINA

Sentiamo.

Senti, mia vita, un'altra parolozza.

FLAMINIO

Con quegl'occhi ladroncelli,

negri, e belli

questo core mi rubasti;

e nel petto mi scagliasti

dardi, e foco in quantità.

Di ferite n'ho un diluvio;

e di fiamme n'ho un vesuvio,

che mi fan gridar: pietà.

Scena decima

Rosina, sola.

Per me son fuor de' panni!

Che Cornacchion, che pazzo sbardellato!

Sta pieno di malanni;

e fa l'intabaccato

con una ragazzetta gentilina,

vaguccia, manierosa, e tenerina!

V'è pazzo più di lui?

Scena undicesima

Erminio, e la suddetta.

ERMINIO

(Sì bene in questa stalla

poni la mia cavalla.)

ROSINA

(Si da smorfia più bella! Oh! Chi è costui!

Che nobil garzoncino!)

ERMINIO

(Sappila ben trattare.)

ROSINA

(Che leggiadro visino!

Da questo sì non mi farei pregare;

ma per esser sua sposa.)

ERMINIO

(Chi è questa donzella!)

ROSINA

(Uh! Che vano pensiero!)

ERMINIO

(Pulita, e spiritosa ella si mostra!)

Dimmi ragazza bella...

ROSINA

Bella mo!

ERMINIO

Dico il vero.

ROSINA

È grazia vostra.

ERMINIO

Il tuo merto n'è degno.

ROSINA

Voi di Pisa non siete.

ERMINIO

Di Lucca io sono; e da Livorno io vegno.

ROSINA

M'è caro; e che volete?

ERMINIO

Intanto, che qui resto,

vorrei trovar albergo al mio riposo.

ROSINA

E niente altro di questo?

ERMINIO

No, gentiletta mia.

ROSINA

(Quant'è amoroso!)

ERMINIO

Può trovarsi?

ROSINA

Io vorrei

un palazzo regale,

al vostro merto eguale...

ERMINIO

M'è grato assai l'affetto.

ROSINA

Che albergo vi darei (anco nel petto),

ma mi spiace in estremo,

che mi si nieghi il farlo.

ERMINIO

O mia garbata! E qui lo troveremo?

ROSINA

Sì, potrete trovarlo.

ERMINIO

Dove?

ROSINA

A piè di quel poggio

avrete un buon alloggio.

ERMINIO

Al tuo favore

obbligata mi chiamo.

ROSINA

Tanto servirvi bramo,

che servirvi vorrei col proprio core.

Avete nel volto,

ch'è molto

vivace,

sì dolce attrattiva,

ch'arriva...

che piace...

che... basta così.

Più dirvi vorrei;

ma dirlo non vo';

che dirvi saprei;

ma dirlo non so...

Vi basti sin qui.

Scena dodicesima

Erminio, solo.

Quanto è cara costei!

Ma ne' pensieri suoi quanto vaneggia.

Luce degl'occhi miei,

mia bella Doralice,

quando fia, ch'io ti veggia...

Scena tredicesima

Leonora, di casa di Cornelia, e il suddetto.

LEONORA

(Io più starne in riposo...)

ERMINIO

(Ma non so che mi dice un pensiero geloso...)

LEONORA

(E non s'avanza

l'opra del mio furore...)

ERMINIO

(Che la mia lontananza

smorzasse in lei l'amore...)

LEONORA

(Su Leonora, che fai?

Si trovi l'infedele.)

ERMINIO

(Ah! Non fia mai.)

LEONORA

(Si trovi... a chi è quello!)

ERMINIO

(Chi lo sa... Ma che miro!)

LEONORA

(Oh destin! Mio fratello!)

ERMINIO

(È Leonora, oh deliro! Ah! Sì, ch'è dessa!)

Leonora, e come in Pisa?

Resti fuor di te stessa!

LEONORA

(Or vi rimango uccisa.)

ERMINIO

Tu tremi! Impallidisci! E qual misfatto

qui ti trasse? Rispondi.

LEONORA

(Ah! Che dirò!)

ERMINIO

Tu sospirosa in atto,

gemi, piangi, vacilli, e ti confondi?

LEONORA

(Il timor mi dia forza.

Il periglio prudenza.) Erminio, amato,

il tuo stupore ammorza:

l'infelice mio stato

chiede la morte:

(cava uno stilo, per darlo ad Erminio)

eccoti il ferro: svena

il credulo mio core;

e fia la morte in pena

del fallo mio, de mio perduto onore.

Svena in me la mia colpa...

ERMINIO

Che dicesti? Che sento!

LEONORA

Prendi; fammi morire,

né vaglia in mia discolpa il pentimento.

Prendi...

ERMINIO

Sogno, o son desto!

LEONORA

E se manca l'ardire

al braccio tuo, con questo;

tradita, disperata,

affretterò la mia dovuta sorte.

ERMINIO

Ah! Sorella malnata,

a me quel ferro: esca da me tua morte.

(le toglie lo stilo)

LEONORA

Sì, m'uccidi, ecco il petto,

questo dell'ira tua lo scopo sia.

Da te la morte aspetto.

ERMINIO

Mori indegna... Ma pria,

de' tuoi perversi errori

narra la serie infame.

LEONORA

Ascolta... Oh dio!

Fu Riccardo Albenori

l'inimico crudel dell'onor mio.

ERMINIO

Riccardo!

LEONORA

Sì, Riccardo.

Ei, con fede di sposo,

m'allettò lusinghiero;

ma poi empio, bugiardo,

infedele, sdegnoso,

si partì, mi lasciò, spietato, e fiero.

ERMINIO

Un amico fe' tanto!

LEONORA

Sì; e mesta, e vilipesa,

mi lasciò, lo spergiuro in preda al pianto.

So, che qui venne: ardita

mi fa l'enorme offesa (e più l'amore).

E, delusa, e schernita,

lascio la vecchia madre, e fra l'orrore

della notte passata,

seguo la furia mia,

d'ira, e di sdegno (e più d'amore) armata.

Non m'è nota la via

da quando in Pisa teco venni: il piede,

stanca, qui fermo; e qui donna pietosa

grato albergo mi diede.

L'istoria dolorosa

già udisti de' miei casi: a te s'aspetta

punir gl'errori miei.

Tieni il ferro: ecco il sen; fanne vendetta.

(s'inginocchia)

ERMINIO

Sì, che degna ne sei;

ma perché non ritrovo,

a tua strana pazzia, castigo eguale,

la vendetta rimuovo;

e la dono al tuo sesso infermo, e frale.

Alzati.

LEONORA

(s'alza)

Ah! Fratel mio,

accresce il mio rossor la tua bontade;

e così rea son io,

ch'è doppia morte mia la tua pietade.

ERMINIO

T'accheta; e a tua venuta

ascrivi il mio venir. Quel mancatore

l'avrò in cittade; e sarà mia la cura,

che renda a te, che renda a me l'onore.

LEONORA

Sì, vanne.

ERMINIO

Palesasti

a costei, che t'accolse, i casi tuoi?

LEONORA

No, ch'altro finsi.

ERMINIO

In ciò da saggia oprasti;

resta, ch'io vado. Il ciel sarà per noi.

Fra sì torbida procella,

che confonde la mia pace,

la ragion sarà mia stella,

la giustizia il mio nocchier.

La ragion d'offeso onore

fa, che audace

io senta il core!

Rende ardito il mio pensier.

Scena quattordicesima

Leonora, sola.

Fortuna troppo bella

mi piove amore pietoso; eppur pavento,

che l'iniqua mia stella

non frapponga sventure al mio contento.

Tra 'l fratello, e l'ingrato,

temo, né so di che! Deh! Cangia, o amore

il rigor del mio fato:

tu concedi al mio core il ben, che bramo:

m'offese, m'ha tradita,

fu infedel, fu spergiuro, eppure io l'amo.

Scena quindicesima

Doralice, che sta per precipitare da una rupe; e la suddetta.

DORALICE

(Cieli, datemi aita.)

LEONORA

(Qual donna cader veggio

da quell'erta pendice!)

DORALICE

(Soccorso...)

LEONORA

A me le braccia.

DORALICE

Ah! mia signora,

la mia vita vi deggio...

LEONORA

Tu sei qui, Doralice!

DORALICE

Come in Pisa, Leonora.

LEONORA

(Fingiam.) Qui si ritrova

il mio german, che da Livorno viene.

So, che t'è caro.

DORALICE

Oh dio! Che questa nuova

mi giunge infausta a raddoppiar mie pene.

LEONORA

Che stravaganza è questa!

Ei t'amò, tu l'amasti.

DORALICE

È ver, ma (oh dio!)

cangiò mia sorte infesta

nella sua lontananza il mio desio.

LEONORA

E come?

DORALICE

A' nuovi amori

m'indusse il mio destin, per mio tormento

di Riccardo Albenori...

LEONORA

Di Riccardo?

DORALICE

Ah! Crudele!

LEONORA

(Ahimè! Che sento!)

DORALICE

Di Riccardo m'accesi...

LEONORA

Sì... parla... e poi!

DORALICE

Diemmi la fé di sposo;

e al suo voler mi resi.

LEONORA

(Ahi! Che tarlo geloso!)

E come ti rendesti?

DORALICE

In una notte

l'ingresso l'accordai.

LEONORA

(Oh speranze interrotte!)

E che successe mai!

Venne... Entrò... Lo godesti?

DORALICE

Io fui schernita.

Non venne, né godei.

Mi burlò l'incostante.

LEONORA

(Io torno in vita.)

DORALICE

Onde da' torti miei

mossa, qui venni a ritrovar l'indegno,

l'ingrato, il menzognero;

che da Lucca partì; colma di sdegno.

Il già noto sentiero

la notte m'occultò: l'erta collina

errando presi; e trovo

in te pronto riparo a mia ruina.

LEONORA

Interna doglia io provo

ne' casi tuoi.

DORALICE

Sì, compatir tu dèi

la grave pena mia.

LEONORA

Mi punge il cor (perché rival mi sei.)

Ma tu, che pensi far?

DORALICE

L'albergo è questo

di Cornelia mia zia.

LEONORA

(Or più confusa io resto!) Anch'io godendo

mi trovo i suoi favori.

Scena sedicesima

Cornelia, di casa, e le suddette.

CORNELIA

(Dov'è andata scorrendo!

Oh eccola qui fuori.) Oh! Che vegg'io

cara nipote; e quando,

come, e perché venisti?

DORALICE

Il venir mio,

perché fu, poi saprete.

CORNELIA

Sola vai camminando.

DORALICE

No... Basta.

CORNELIA

V'è alcun mal!

DORALICE

No, non temete.

LEONORA

(Ah! Che son mie le pene.)

CORNELIA

Siete amiche!

LEONORA

E ben care.

CORNELIA

Tua madre come sta?

DORALICE

La lasciai bene.

CORNELIA

Ma tu stai scolorita!

Tu mi fai sospettare!

Ti veggo sbigottita,

e non so di che temo!

LEONORA

(Ah! Son mie le sventure!)

DORALICE

In casa parleremo.

CORNELIA

Sì bene: or ora io torno; entrate pure.

DORALICE

Spero...

LEONORA

Temo...

DORALICE

Speranza...

LEONORA

Timore...

DORALICE

Nel petto...

LEONORA

Nel core...

DORALICE E LEONORA

Dicendo mi va...

DORALICE

Che lieta...

LEONORA

Che sorte...

DORALICE E LEONORA

Mia sorte sarà.

LEONORA

Ma pure temendo...

DORALICE

Ma pure sperando...

LEONORA

Amor vo sentendo,

che speme mi dà.

DORALICE

Quest'alma penando,

timore mi dà.

Scena diciassettesima

Cornelia, sola.

Chissà, che mai sarà!

Quell'altra spiega mozzo il suo dolore,

e accresce il mio sospetto!

Ma la curiosità cede all'amore.

Il mio caro vecchietto,

è un pezzo che no 'l veggio...

Scena diciottesima

Flaminio, e la suddetta.

FLAMINIO

(Oh! Qui è costei!)

CORNELIA

(Eppure di vederlo ho gran desio.)

Oh! Qui sei tu?

FLAMINIO

Colomba mia, qui sei?

CORNELIA

Qui son, dolciato mio:

caro Flaminuccio.

FLAMINIO

Cor mio, fata mia bella,

vaguccia mia...

CORNELIA

Vaguccio,

mio tesoro.

FLAMINIO

Mia vita. (Ah! Non sei quella.)

CORNELIA

M'ami tu, mi vuoi bene,

mia gioia inzuccherata?

FLAMINIO

Per te son tutto pene.

CORNELIA

Ed io mi moro.

FLAMINIO

(Oh mia Rosina amata.)

CORNELIA

E quando stringeremo

il bel nodo d'amore?

FLAMINIO

Ben presto lo faremo,

letizia del mio core. In casa è giunto

Riccardo, mio nipote.

CORNELIA

E in casa mia,

pur è arrivata appunto

la mia nipote.

FLAMINIO

Ebben: partano pria;

e poi son tutto tuo.

CORNELIA

Sì, mio diletto;

ma ricordati, intanto,

che 'l core di Cornelia hai tu nel petto.

FLAMINIO

Se tu sapessi quanto

fissa mi stai nel core; o mia bellina;

paga saresti (o mia cara Rosina).

CORNELIA

Facciam presto, amor mio bello,

amoroso mio gioiello,

ch'io per te...

ahimè, ahimè!

Già mi sento spasimar.

Tu mi sembri un garzoncino,

vezzosetto, gentilino,

e mi sforzi a sospirar.

Scena diciannovesima

Flaminio, solo.

Io mi veggo imbrogliato!

Mi trovo in questo maledetto impegno;

e 'l cor tutto impiagato,

per la bella Rosina, in petto io tegno.

La vecchia ha gran danari;

gran bellezze ha Rosina:

ha gl'occhi cari, cari;

ed è bella, vezzosa, e tenerina.

Imbrogliato son io!

Son in un brutto imbroglio!

Scena ventesima

Riccardo, di casa di Flaminio, e il suddetto.

RICCARDO

(Più non torna mio zio;

e l'impazienza mia si fa cordoglio.)

FLAMINIO

(Basta. Saprò che fare.)

RICCARDO

A tempo. Impaziente

io veniva per voi.

FLAMINIO

Tu vuoi burlare!

RICCARDO

Ho fretta del danaro.

FLAMINIO

E ti par niente?

Io t'ho detto, che ancor non ho riscosso

nulla da' tuoi poderi;

e ho detto, che del mio darlo non posso.

RICCARDO

Questo favore io voglio.

FLAMINIO

Invan lo speri.

Io non so qual capriccio

d'onor, guerra, e valor, vai tu seguendo!

Io, per me, no 'l intendo!

Vuoi porti in un impiccio...

RICCARDO

Ogni consiglio è vano;

non mi muove ragione.

Ho meco il capitano...

FLAMINIO

Oh! Quel mi pare un bravo trappolone!

RICCARDO

Burlate voi! Nel mondo,

di coraggio, e valor non v'è l'eguale.

FLAMINIO

Siasi; ma ti rispondo,

che tu vai rintracciando il proprio male.

RICCARDO

Un genio bellicoso

mi vuole in campo, armato.

FLAMINIO

Sei troppo capriccioso:

pensaci meglio su.

RICCARDO

Ci ho ben pensato.

FLAMINIO

Orsù, come tu vuoi:

farò quanto ti piace;

ma, intanto, pensa bene a' fatti tuoi,

che sempre suol pentirsi il pertinace.

Tu tieni un bello

cervello

d'oca!

Sei pollastrone:

opri a casaccio,

fai un marrone,

credilo a me.

Quel tuo bravaccio

gioca

d'inganni:

ei t'inzampogna,

vuole i tuoi danni:

ve', che vergogna!

Pensa per te.

Scena ventunesima

Riccardo, solo.

Altro, che amor di guerra

mi stimola il desio.

L'amor, che in me si serra,

è un amor stravagante:

l'amare, e 'l non amar sta in poter mio.

Scena ventiduesima

Doralice, di casa di Cornelia, e il suddetto.

DORALICE

(Dovrò, mesta, e penante

pianger la sorte mia!)

RICCARDO

(Che vegg'io! Doralice!

Di casa di sua zia!)

DORALICE

(E cotanto infelice

esser deggio in amore!)

RICCARDO

(Alle frodi, agli inganni.)

DORALICE

(Né penso...) Ah! Disleale! Ah traditore!

Qui sei? Spergiuro, indegno!

RICCARDO

A che tanto t'affanni?

Da che nasce il tuo sdegno?

DORALICE

E dirlo puoi?

Nasce infedel, da' mancamenti tuoi.

RICCARDO

E come! In che mancai?

DORALICE

Ah! Falso, ah! Lusinghiero!

In che mancasti, dici! E tu no 'l sai?

RICCARDO

Mancai: non venni, è vero;

ma come? Non t'è noto

ciò, che m'accadde in quella notte, in cui

a te venir dovea?

DORALICE

Tutto m'è ignoto.

RICCARDO

Ardita resistenza

feci alla corte; e conosciuto io fui.

Affretto a far partenza,

più giorni in una villa ho trattenuto;

e con gran rischio, or or, son qui venuto.

L'impensato accidente,

bella, déi compatirlo.

DORALICE

Intesi solamente,

che in Pisa tu venisti.

RICCARDO

Io feci dirlo.

DORALICE

E, te seguendo amante,

mesta, e sola qui venni.

RICCARDO

Ah! Mia diletta,

rasserena il sembiante;

e credi, che nel petto arde il mio core.

Del più sincero, e del più fido amore.

DORALICE

Gioia dell'alma mia,

delizia del mio cor; ma che faremo?

RICCARDO

Sta' in casa di tua zia;

dolce mio ben; che poi discorreremo.

DORALICE

Sì, dolce diletto;

tu l'alma smarrita

mi torni nel petto;

tu rendi la vita

al morto mio cor.

Tu cangi in contento

la pena, e 'l tormento,

in gioia il dolor.

Scena ventitreesima

Riccardo, solo.

Quanto di gioia abbondo!

Che incontro inaspettato!

Scena ventiquattresima

Capitan Rodimarte, di casa di Flaminio, e il suddetto.

CAPITAN RODIMARTE

E deggio più aspettar! Poffare il mondo!

RICCARDO

Amico, io son felice:

posso dirmi beato.

CAPITAN RODIMARTE

E perché mai?

RICCARDO

Qui, venne Doralice,

e qui potrò goderla.

CAPITAN RODIMARTE

E come il sai?

RICCARDO

Qui l'ho parlato or ora:

e appunto in quella casa,

ch'è di sua zia, dimora.

CAPITAN RODIMARTE

Successi curiosi!

RICCARDO

La resi persuasa:

finsi: al solito mio, spasmi amorosi...

Basta. La preda è mia;

e poi ti dirò come.

CAPITAN RODIMARTE

Oh bene! Oh bravo!

Statevi in allegria:

poi la daremo a gambe, e ti son schiavo:

e i danari dal zio?

RICCARDO

Pronti gli tiene.

CAPITAN RODIMARTE

Questa è nuova eccellente: Oh bravo! Oh bene!

RICCARDO

È ben far come l'ape:

da questo, e da quel fior,

succhiato ch'ha l'umor,

poi l'abbandona.

Se cape

nel mio petto

desio

d'amor, d'affetto;

il core, a voler mio,

lo frena, e sprona.

Scena venticinquesima

Capitan Rodimarte, solo.

Il secondar l'umore,

è la cosa più bella:

è un'arte ch'assai rende, ed assai piace,

ma pur brama il mio core

trovar qualche donzella,

spiritosa, e vivace,

per poterla ingannar...

Scena ventiseiesima

Rosina, di casa di Cornelia, e il suddetto.

ROSINA

(Tutto si tiene

di queste donne, in molta segretezza.

CAPITAN RODIMARTE

(Oh! Eccone una! Oh bene!)

Portento di bellezza,

il portento degl'armi, e degli amori;

d'amor, di vezzi armato;

a te s'inchina, o bella dèa de' cori.

ROSINA

(Dond'è uscito costui?)

meco avete parlato?

CAPITAN RODIMARTE

Bella in estremo, a cui

diero, natura, amor, le stelle, e 'l sole

quanto han di bel.

ROSINA

So, che burlar mi vuole!

Piano, adagio un tantino;

ma pur con tutto questo,

per far la mia creanza, anch'io v'inchino.

CAPITAN RODIMARTE

Or, che lieto m'appresto

a goder nel tuo volto il mio sollazzo;

tienlo per sommo onore.

Chiamati fortunata.

ROSINA

(Uh! Questi è pazzo!)

Uom mio, tu prendi errore,

ch'io non son chi tu pensi.

CAPITAN RODIMARTE

Eh via! Eh via!

Avrai titoli immensi

or, che sarai la favorita mia.

ROSINA

(Che sciocco!)

CAPITAN RODIMARTE

È il men mio vanto

poter farti regina.

ROSINA

(Uh! Che babbione!)

CAPITAN RODIMARTE

E intanto

il titolo ti do di milordina?

ROSINA

È troppo al merto mio.

(Mi ci voglio spassare.)

CAPITAN RODIMARTE

Che dici? Anzi poss'io,

col mio valor profondo,

il mondo conquistare,

e dar l'impero a te di tutto il mondo.

ROSINA

(Uh! Che pallon da vento!)

Onor cotanto a misera zitella?

Io confusa mi sento!

CAPITAN RODIMARTE

Puoi tutto meritar, perché sei bella.

ROSINA

Tu vuoi farmi arrossire!

Io bella: in te vegg'io certa vaghezza...

Basta...

CAPITAN RODIMARTE

So, che vuoi dire.

Il secondo mio vanto è la bellezza...

Quando ruoto feroce il mio brando

in guerra

pugnando,

il cielo, la terra

si pone in scompiglio,

si colma d'orror;

ma se giro amoroso il bel ciglio,

al mondo diffondo

dolcezza ed amor.

In me dunque del pari s'apprezza

valore, e bellezza,

bellezza, e valor.

ROSINA

Ah, ah, ah, che bel gusto!

Ne fai più gaglioffone!

Chiamarti déi, e ciò ti calza giusto,

pazzo millantator, sciocco, e poltrone.

CAPITAN RODIMARTE

So, che scherzar tu vuoi.

Dove di me più degno, o bella mia;

che tuo marito sia, trovar tu puoi?

ROSINA

Marito ancor so bene!

Fratello, tu t'infogni!

Vedi, se ciò conviene!

Tu mio marito? E non te ne vergogni?

Vedi tu, s'una zitella,

gentilina,

vistosina,

graziosa, vaga, e bella,

può pigliar un gocciolone,

un babbione

come te!

Vatti un po' guardando addosso:

c'hai di buono? c'hai di bello?

Tu sei tutto

sconcio, e brutto:

di legname sei pur grosso:

sei poltron, non hai cervello,

e ti par, che fai per me!

CAPITAN RODIMARTE

O quanto più m'alletti,

spiritosa così, così vivace!

Quei modi bizzarretti

sono al cor d'un eroe fiamma vorace.

ROSINA

Tu sei tutto tristizia,

ed io, benché ragazza,

ho pur la mia malizia.

Tu pretendi uccellarmi: e che? Son pazza?

CAPITAN RODIMARTE

Dubitar d'un par mio!

Rodimarte Bombarda in tal concetto!

Se non sai, chi son io,

te 'l dica pure il mio venusto aspetto.

ROSINA

(Non mi spiace l'umore.)

Bombarda! Uh! Mi spaventi!

Mamma mia, che terrore!

Parti, va' via di qua.

CAPITAN RODIMARTE

No, bella, senti:

il nome spaventoso

non accorda col cuor tutto amoroso.

ROSINA

Oh ben.

CAPITAN RODIMARTE

Tu mia bellina,

dimmi, come ti chiami?

ROSINA

Il mio nome è Rosina.

CAPITAN RODIMARTE

Bel nome! E dimmi ancor...

ROSINA

Che più?

CAPITAN RODIMARTE

Tu m'ami?

ROSINA

Tu sei troppo attrivito!

È ben ch'io me ne vada...

CAPITAN RODIMARTE

No, cor mio saporito...

ROSINA

Addio, addio: non posso star più in strada.

CAPITAN RODIMARTE

Ci vedrem?

ROSINA

Dove stai?

CAPITAN RODIMARTE

In casa di Flaminio, ivi dimoro.

ROSINA

Ben spesso mi vedrai:

mia casa è questa.

CAPITAN RODIMARTE

Addio mio bel tesoro.

Ferma, ferma. Oh! Cospettaccio!

ROSINA

Che cos'è?

CAPITAN RODIMARTE

Scusi l'errore:

ecco il braccio.

ROSINA

Non vo' questo.

CAPITAN RODIMARTE

Goda pur di questo onore:

lei lo prenda...

ROSINA

Non è onesto.

CAPITAN RODIMARTE

Lei si serva...

ROSINA

Via, via,

tu sei troppo impertinente!

CAPITAN RODIMARTE

E perché vezzosa mia?

Vo' servirla...

ROSINA

Io non vo' niente.

CAPITAN RODIMARTE

Schiavo, dunque...

ROSINA

Serva sua...

ROSINA E CAPITAN RODIMARTE

Io parto già.

ROSINA

Ferma, ferma. Oh! Cospettaccio!

CAPITAN RODIMARTE

Che mio ben?

ROSINA

Scusi l'errore:

ecco il braccio...

CAPITAN RODIMARTE

Ah! tristarella!

ROSINA

Goda pur di questo onore:

lei lo prenda...

CAPITAN RODIMARTE

Oh cara, oh bella!

ROSINA

Lei si serva...

CAPITAN RODIMARTE

Oh leggiadria.

Che mi ruba il cor dal petto!

ROSINA

E, perché vezzosa mia?

Vo' servirla...

CAPITAN RODIMARTE

Oh mio diletto!

ROSINA

Bel balocco! Ah, ah, ah, ah.

CAPITAN RODIMARTE

Ah! Furbetta! Ah, ah, ah, ah.

Atto secondo
Scena prima

Erminio, solo.

Veggo armata la sorte a' miei danni ;

e son miei tiranni

l'onore, e l'amore.

È onor mia cruda pena,

perché non trovo chi l'offese, e intanto

è mia pena, è mio pianto

che amor mi vuol in Lucca; e onor m'affrena!

Scena seconda

Leonora, di casa di Cornelia; e il suddetto.

LEONORA

(Cieli! E quante sciagure...)

Fratello, è qui Riccardo, è qui l'infame,

di nuove colpe reo.

ERMINIO

Come? Di' pure.

LEONORA

Con sue maligne trame,

doppio fellon si rese:

pria nell'onor, poi nell'amor t'offese.

ERMINIO

Nell'amor?

LEONORA

Nell'amore.

Qui è Doralice tua, che va seguendo

il falso ingannatore.

ERMINIO

Ahimè! Che intendo!

Ahi colpo tormentoso!

Ahi tormento crudele!

LEONORA

Con la fede di sposo

l'allettò l'infedele;

e pur priva d'onor la sentiresti,

se un caso non sortia.

ERMINIO

Tu m'uccidesti!

Tradirmi Doralice!

Dov'è l'amico indegno?

Dov'è la mancatrice?...

LEONORA

Odi, e l'ira rattieni.

ERMINIO

Ardo di sdegno...

LEONORA

Doralice dimora

in casa di sua zia, dove son io;

ed ho saputo ancora,

ch'è qui Riccardo in casa di suo zio.

Anzi so, c'ha parlato

con Doralice; e in speme la mantiene.

ERMINIO

Ah! Mostro scellerato!

Di tante frodi abbondi?...

Ma taci: ecco che viene.

LEONORA

Lascia, ch'io parli...

ERMINIO

No, tu qui t'ascondi.

LEONORA

Opra senza furore.

ERMINIO

Vanne, ch'ei vien.

LEONORA

(Tu mi consola, o amore.)

(si nasconde)

Scena terza

Riccardo, ed Erminio.

RICCARDO

O Erminio! Oh amico, oh quanto

godo in vederti ben! Come qui sei?

ERMINIO

Ed io godo altrettanto,

che tu giunga opportuno agl'occhi miei.

RICCARDO

E come?

ERMINIO

Da Livorno

fosti tu la cagione,

ch'affrettassi per Lucca il mio ritorno.

RICCARDO

(Che sento!) E perché mai?

ERMINIO

È forte la ragione, e tu la sai.

RICCARDO

(Ah gl'inganni.) Palesa:

che so, che dir tu puoi?

ERMINIO

Sai, ch'è grave l'offesa,

ne soffre onore offeso i torti suoi.

RICCARDO

Onor offeso! E Quando?

Vai tu meco scherzando!

ERMINIO

Mia sorella, fremente,

tutto mi scrisse, e tu lo nieghi ancora?

RICCARDO

Io questo! Ella ne mente...

Scena quarta

Leonora, e i suddetti.

LEONORA

Menti tu, traditore; è qui Leonora.

RICCARDO

(Che veggio!)

LEONORA

Al mio cospetto,

niega 'l se puoi, crudel.

RICCARDO

Ciò, ch'io non fei,

a negar son costretto.

LEONORA

Fulmini non avete, o cieli, o dèi!

ERMINIO

Riccardo, ella non sogna:

RICCARDO

Sarà vero l'errore;

ma, ch'io ne sia l'autore è una menzogna.

LEONORA

Barbaro, menzognero;

questo puoi dir? Tant'osa

la lingua ingannatrice?

ERMINIO

Riccardo; attendi al vero.

LEONORA

Lo sa pur Doralice,

se sai tradir le vergini innocenti.

RICCARDO

Ella sarà mia sposa.

ERMINIO

Empio ne menti,

che Doralice è mia.

RICCARDO

Di ciò pena io non sento:

fra noi facciam, che sia

giudice il suo volere, e son contento.

Ma un tuo fedele amico

creder non déi, che ti macchiò l'onore?

ERMINIO

(a Leonora)

Tu, che dici?

LEONORA

Ah! Impudico!

Né ti muove il mio pianto, ingrato core!

RICCARDO

A mancar non son uso.

LEONORA

Non sarà come pensi.

ERMINIO

(O sconvolti miei sensi! Io son confuso!)

RICCARDO

Sei vaga, sei bella,

hai ne' begl'occhi amor;

ma non mi giunse al cor

la tua bellezza.

È ver, ch'ogni tuo sguardo,

è un dardo,

ed una face;

ma è caro quel che piace,

e più s'apprezza.

Scena quinta

Erminio, e Leonora.

ERMINIO

Infame! L'intendesti: al primo errore

il secondo aggiungesti!

Mendace ancor?

LEONORA

Oh dio! Tempra il furore.

ERMINIO

Ora sei rea di morte:

or mi vaglia il tuo ferro alla vendetta.

LEONORA

Abbraccio questa sorte:

il mio castigo affretta:

copra la morte mia l'enorme offesa;

ma, ch'io mendace sia,

chiamo il ciel, chiamo i numi in mia difesa.

ERMINIO

Sì, che tu déi morire.

LEONORA

Già piego il collo; e al mio destino io cedo.

ERMINIO

(Riccardo sa mentire!

Oh agitato mio cor! Cieli, a chi credo?)

LEONORA

Vibra il colpo spietato;

e sacra pur questa dolente vita

ad un'anima infierita, a un core ingrato.

ERMINIO

La sacro a quel gran nume

dell'onor, ch'offendesti.

LEONORA

È vero, errai...

ERMINIO

Versa di sangue un fiume...

ma vacilla la man...

Scena sesta

Doralice, di casa di Cornelia, e i suddetti.

DORALICE

Crudel! Che fai?

(Erminio è qui!)

ERMINIO

Spergiura;

crudel mi chiami! E dove

mai della tua v'è crudeltà più dura?

DORALICE

Insolite, né nuove

le leggi del destin giungono a noi.

È destino l'amare:

t'amai, è ver; ma poi

altro amore mi vinse.

ERMINIO

E non t'arresta

la vergogna, il rossor?

LEONORA

Or déi pensare,

ch'è mio Riccardo.

DORALICE

Una mentita è questa?

ERMINIO

Sì, ch'è suo: ciò richiede

l'onor, che le rapì. Tu mal fondasti

l'amor tuo, la tua fede,

e vedi chi seguisti, e chi lasciasti.

LEONORA

L'intendi?

ERMINIO

E se ritroso

s'oppone al giusto; è in questa man sua sorte

o fia suo sposo, o sposerà la morte.

Daranno al petto

ira, e furore,

offeso onore,

offeso amor.

Nel tuo diletto,

che m'ha tradito,

vedrai punito

un traditor.

Scena settima

Leonora, e Doralice.

LEONORA

Udisti ciò, ch'io tacqui.

DORALICE

Il mio pensiero

mi dice, ch'è un inganno.

LEONORA

Così non fosse vero,

che non avrei nel cor sì acerbo affanno

DORALICE

Tu a Riccardo parlasti?

LEONORA

Gli parlai con Erminio. Ah! Mio dolore!

Negollo il traditore,

vago del mio morir, che tu vietasti.

DORALICE

No, creder no 'l voglio:

Riccardo è mio n'ho la sua fede in pegno.

LEONORA

Vuoi tu, che 'l mio cordoglio

per te si cangi in viperino sdegno?

DORALICE

Troppo ardita ti fai!

Né pensi, ch'a soffrir sono avvezza?

LEONORA

Pensa tu, se può mai

prezzar la tua, chi la sua vita sprezza.

DORALICE

Tant'osa quella lingua?

LEONORA

Oserà più la mano.

DORALICE

Farò, che in te s'estingua

d'un folle amore il mal concetto foco.

LEONORA

Ah! Temeraria...

DORALICE

Ah! Indegna...

Scena ottava

Cornelia di casa, Flaminio per strada, e le suddette.

CORNELIA

Uh! Fate piano...

FLAMINIO

Cos'è, belle ragazze? Adagio un poco.

DORALICE

Vanta la menzognera,

che Riccardo l'onor le tolse.

LEONORA

Attesto

vantar cosa, ch'è vera.

DORALICE

Ma Riccardo il negò.

LEONORA

Non basta questo.

FLAMINIO

Qual Riccardo è costui?

CORNELIA

È tuo nipote, quale?

FLAMINIO

Ah! Il vizioso!

CORNELIA

Mia nipote da lui

ebbe la fé di sposo,

e lui seguendo qui si trova: ed ora

sento quest'altro scoppio!

FLAMINIO

E chi è costei?

CORNELIA

Ella è di Lucca; e in casa mia dimora.

Ebbi pietà di lei,

che qui giunse smarrita,

quasi senza respiro, e senza vita.

LEONORA

Deh! Per pietà, credete,

ch'io dico il ver.

DORALICE

V'inganna, è mentitrice.

LEONORA

Ed è a voi, che potete

far lieta un'infelice,

a voi chieggo pietate,

a voi mi prostro...

FLAMINIO

Eh! Via...

DORALICE

(Oh quanto è accorta!)

LEONORA

Se voi non m'aiutate,

mio fratello m'uccide: io già son morta.

(a Doralice)

Dillo tu, che, poc'anzi

dal suo ferro crudel mi liberasti.

DORALICE

So, che 'l niega Riccardo: e tanto basti.

CORNELIA

Non passiamo più innanzi:

tu puoi cavarne il netto.

FLAMINIO

Far tutto io ti prometto:

confida in me, che non confidi invano.

LEONORA

Lascio; afflitta, e tradita;

l'onor mio, la mia vita in vostra mano.

Sospirando

penosa, dolente,

a voi raccomando

la vita, e l'onor.

Di pietate l'impegno più bello

è questo,

che chiede

l'afflitto mio cor.

Scena nona

Doralice, Cornelia, e Flaminio.

DORALICE

Ella è indegna di fede:

Riccardo non è tal.

CORNELIA

Tale non fia;

ma bisogna veder...

FLAMINIO

Spesso succede

ciò, che meno si pensa.

DORALICE

Ella è mendace.

CORNELIA

Chetati, figlia mia...

FLAMINIO

Qui si tratta d'onore.

CORNELIA

Vanne; e statevi in pace.

FLAMINIO

Non fate più rumore:

la cosa è di coscienza,

chi 'l torto avrà. Bisogna aver pazienza.

DORALICE

Amor mi consola;

e sento, che dice,

che lieta, e felice

io sola

sarò.

E pur vo sentendo,

che 'l cor va dicendo,

ch'io sola godrò.

Scena decima

Flaminio, e Cornelia.

FLAMINIO

Dove giammai s'è visto

maggior viluppo!

CORNELIA

Attonita ne resto!

FLAMINIO

So, che Riccardo è un tristo,

abile a far peggiore assai di questo.

CORNELIA

Compie attendere al giusto.

FLAMINIO

Certo.

CORNELIA

Ma mi dispiace,

che cotesto imbarazzo,

trattiene il goder nostro.

FLAMINIO

(Ed io ci ho gusto.)

Più diletta, più piace,

è più dolce il sollazzo

quando viene a bistento.

CORNELIA

È ver... ma io...

FLAMINIO

Cos'hai, coruzzo mio?

CORNELIA

Ho la voglia di piangere

in pensar, che non giunge il mio diletto.

FLAMINIO

No, cara, non ti frangere...

(Che brutto ceffo!) E credi,

che tu sei del mio petto

il ponzecchio più bello, e più melato;

per te da capo a piedi...

(n'è vero niente) io son tutto infiammato.

CORNELIA

Ah! Che 'l cor mi si straccia:

l'alma è tutta dogliosa.

FLAMINIO

(Ve', che fa la vecchiaccia!)

Non star così piagnosa,

no, vezzosetta mia.

CORNELIA

Mi dai parola

di spedir presto, presto?

FLAMINIO

In un momento.

CORNELIA

Voce che mi consola...

FLAMINIO

(Starai ben fresca.)

CORNELIA

E pensa,

ch'è giusta ricompensa al mio tormento.

FLAMINIO

Sì, mia gioia...

CORNELIA

Sì mia vita;

muso bello...

FLAMINIO

Saporita,

fata bella...

CORNELIA

Tu sei quello...

FLAMINIO

(Uh che noia!)

Tu sei quella...

CORNELIA

Che mi sembri un amorino...

FLAMINIO

Che mi pari ragazzetta...

CORNELIA

Gentilino...

FLAMINIO

Gentiletta...

CORNELIA E FLAMINIO

Per te in succhio io me ne vo.

CORNELIA

Quegli occhiuzzi

spiritosi...

FLAMINIO

Quei labbruzzi

graziosi...

CORNELIA

Fiamme son, che 'l cor m'allumano.

FLAMINIO

Vampe son che mi consumano.

CORNELIA E FLAMINIO

Vita più, più cor non ho.

Scena undicesima

Capitan Rodimarte, solo.

Gnaffe! In Pisa Leonora!

Chi se 'l pensava mai!

E v'è il fratello ancora! Oh brutti guai!

E Riccardo sta duro

con Doralice in testa,

né vuol alzare i mazzi; ed è sicuro,

che avremo di malanni una tempesta.

Va ben se l'indovina;

e in tanto io non vo' starne a denti secchi.

Ho qui la mia Rosina,

che assai mi piace, e chi più può, che lecchi.

Scena dodicesima

Rosina, di casa di Cornelia, e il suddetto.

ROSINA

Oh! Il mio signor Bombarda!

T'ho visto dal cortile,

e, per farti una bella riverenza,

ho giocato di scarpe alla gagliarda.

CAPITAN RODIMARTE

Oh mia rosa gentile!

Oh bella in quint'essenza! Ora più godo,

or più cara mi sei

or, che t'impari il modo,

come s'hanno a trattare i pari miei.

ROSINA

Mi spiace, ch'io non abbia

quell'ossequio maggior, ch'è a te dovuto...

Che ti venghi la scabbia:

veh, come si fa gonfio, e pettoruto!

CAPITAN RODIMARTE

Scherza pur quanto vuoi,

che per me sei già cotta.

ROSINA

Ah! Che ben sento,

che uscì dagl'occhi tuoi

la fiamma, che m'accese in un momento.

Sì, mio caro gioiello...

Ah, ah, come festeggia!

Come si pavoneggia! Uh! Schifo! Uh! Sporco!

Vedete com'è bello!

Uh! Faccia di scimmion, grugno di porco!

CAPITAN RODIMARTE

Via, via, stiamo sul serio.

ROSINA

Sì, c'ho burlato un poco.

CAPITAN RODIMARTE

Io lo pensai.

Or il mio desiderio

te 'l dissi, e tu lo sai.

ROSINA

Qual è: presto io mi scordo.

CAPITAN RODIMARTE

E 'l potessi scordare,

ch'io ti vo' mia?

ROSINA

Sì, sì, me ne ricordo.

(Veggiam che si può fare.)

CAPITAN RODIMARTE

Sarà un onor cotesto

da invidiarlo ogni più altera dama.

Scena tredicesima

Flaminio, e suddetti.

FLAMINIO

(Che parlottare è questo!)

ROSINA

Certo, che la mia brama

sarebbe aver marito.

FLAMINIO

(Ah! Cattivella!)

CAPITAN RODIMARTE

Dunque, bella ragazza,

dove sorte più bella...

FLAMINIO

E afferra ben cotesta sorte, e sguazza!

ROSINA

(Meschina me!)

FLAMINIO

Via: fuggi barattiere,

uomo da mille forche.

CAPITAN RODIMARTE

A me tal nome?

FLAMINIO

A te, a te, truffiere.

CAPITAN RODIMARTE

Corpo... A me questo?... E come,

Rodimarte, che ascolti!

FLAMINIO

Il buffar non ti vale,

che a me non fan paura i brutti volti.

A' tuoi costumi eguale

mio nipote rendesti.

CAPITAN RODIMARTE

Il fei degno di lode.

ROSINA

(Che discorsi son questi!)

FLAMINIO

Anzi tutto lascivia, e tutto frode;

e tu viziatella

perdesti la modestia?

CAPITAN RODIMARTE

C'hai tu da far con quella?

FLAMINIO

Via, via, birbone, o vuoi, ch'io salti in bestia?

Mi fai dell'ingrognata,

intristita, che sei.

CAPITAN RODIMARTE

Che vuoi tu da costei?

FLAMINIO

Via, via, lancia spezzata,

schiumaccia de' poltroni.

E non ti parti ancora?

O ti do cenciquanta mascelloni?

CAPITAN RODIMARTE

Hai ragion, che a quest'ora

ho voto non far sangue.

FLAMINIO

Ah! Frappatore!

Di te deggio far caso?

Così ti straccio il core,

se un poco fai venirmi il sangue al naso.

CAPITAN RODIMARTE

Tengo il voto, ch'altrimente,

con un soffio, con un fiato,

con un occhio d'ura ardente,

fulminato,

lacerato

ti farei in polve, in fumo,

svolazzar di qua, e di là!

Ah! che fai: non accostarti,

ch'io di sdegno, ardo, ed allumo,

e non posso incendiarti:

sta' lontano, ferma là.

Scena quattordicesima

Flaminio, e Rosina.

FLAMINIO

Va' via, taglia cantone,

che ci vedremo. Ebben? Ha dell'onesto,

mia dolcetta di sale,

questa bella azione?

ROSINA

E a voi, che importa questo?

FLAMINIO

Un gran morbo, un gran male,

non sai, che per me sia?

ROSINA

Che mal, che morbo?

FLAMINIO

E dove

v'è morbo, e mal peggior di gelosia?

ROSINA

Per me son cose nuove,

perché non me ne intendo.

FLAMINIO

Oh! L'innocente!

Tu ingelosir mi fai,

e che sia che non lo sai?

ROSINA

Io non so niente.

FLAMINIO

Voltati un pocolino:

lascia cotanto agrume:

mio melato musino.

ROSINA

Oh! Questa è noia!

Qui troppo si presume!

FLAMINIO

Voltati, e vedi, o gioia,

che 'l core, che per te spasima, e langue...

Scena quindicesima

Cornelia, e i suddetti.

CORNELIA

(Che invenzione è questa!)

FLAMINIO

Verso dagli occhi a lagrime di sangue

CORNELIA

(Stiamo un po' ad ascoltarlo!)

ROSINA

(Che tormento di testa!

Bisogna lusingarlo.)

CORNELIA

(Oh! Che vegg'io!)

FLAMINIO

Volgimi lieto un occhio,

cuore del corpo mio:

te lo prego in ginocchio...

(s'inginocchia)

ROSINA

E via, finite,

ch'io v'amo tanto, tanto.

FLAMINIO

Oh labbra saporite!

E questo è vero?

ROSINA

È vero.

FLAMINIO

O care pene...

CORNELIA

Alzati: asciuga il pianto,

che tanto, tanto t'ama, e ti vuol bene.

FLAMINIO

(Uh! Fistolo!)

ROSINA

(O mio duolo!)

CORNELIA

Ti par bene, vecchiaccio,

brutto femminacciuolo,

indegno, carnalaccio?

FLAMINIO

(Or te la senti,

ch'io la voglio finire.)

CORNELIA

Che mastichi fra denti?

Già t'ho preso al boccone.

ROSINA

(Uh! Che conquasso!)

FLAMINIO

Orsù la vuoi sentire:

dico, che il matrimonio è andato a spasso.

CORNELIA

Ah! Villan rivestito,

brutto morto di fame,

pidocchio ingentilito!

Tu meritavi me, porcaccio, infame!

FLAMINIO

Uh! Marcita carogna,

vecchiazza, brodaruola! A me dir questo

quando saresti tu la mia vergogna?

CORNELIA

Ah! vecchio disonesto...

FLAMINIO

Vatti murà in un forno.

CORNELIA

Matto, vizzo, cisposo,

cagnaccio, pecoron, fronte di corno.

ROSINA

(Trista me, poveretta!)

FLAMINIO

Tu mia sposa! Io tuo sposo!

Oh la bella sposetta!

Cara la mia belloccia!

CORNELIA

Ah! Mascalzone...

FLAMINIO

Via di qua fattucchiera.

CORNELIA

Lava ceci, briccone...

FLAMINIO

Vedete quanto è cara

la vaga colombina!

CORNELIA

Va' via, zecca canina,

va' c'hai da far con me. Queste azioni

render saprolle a peso di carboni.

FLAMINIO

Bassa la voce,

ch'io non ti voglio:

i patti scioglio,

e se ti cuoce

soffiavi su.

L'avevi eletto,

signora bamba,

onesto visetto,

bello, e polito?

Guarda la gamba!

Io tuo marito!

Non ci vuol più.

Scena sedicesima

Cornelia, e Rosina.

CORNELIA

E tu, tu, furfantella...

fermati qua...

ROSINA

Ma io non colpo a niente.

CORNELIA

Vorresti uscirmi d'occhio? Ah! Rubaldella!

ROSINA

Ma io sono innocente...

CORNELIA

Vien qua ti dico... Eppure?

ROSINA

Che feci?

CORNELIA

E ancor non vieni?

O vuoi tu, che ti spiani le costure?

ROSINA

Voi gran torto mi fate.

CORNELIA

Quanta paura tieni.

ROSINA

Sentite la ragione, e poi parlate.

CORNELIA

Oh la mia sempliciotta,

che vuol ragion! Vedete!

A che son io ridotta!

ROSINA

Voi troppo m'offendete.

CORNELIA

Fai tu la iemme, iemme, e di soppiatto

mi fai così bel tratto?

ROSINA

È inganno non è vero.

CORNELIA

Bella innamoracchiata!

ROSINA

Questo è un falso pensiero.

CORNELIA

E nieghi ancor? Che faccia invetriata!

ROSINA

È sua la tristizia.

CORNELIA

E tu gli dài pastura.

ROSINA

Il fei senza malizia.

CORNELIA

Oh bene! Oh l'innocente creatura!

ROSINA

Ma egli...

CORNELIA

E via finite,

ch'io v'amo tanto, tanto!

ROSINA

Il dissi; ma sentite.

Fu, perché mi noiava il suo gran pianto.

CORNELIA

No, che veggo a chius'occhi,

che sei di solco uscita.

Che t'è saltato un matto grillo in testa,

ma tu non m'infinocchi...

ROSINA

Oh questa è saporita!

CORNELIA

Ch'io ti farò abbassar bene la cresta

sai che cono cattiva lanuzza,

che'l naso mi puzza:

se a segno non stai,

son guai

per te.

Uh! Che dico, che i guai son i miei!

Ah! Cane arrabbiato,

ingrato,

che sei!

M'inganni, e perché?

Scena diciassettesima

Rosina, sola.

Uh! Che brutto schiamazzo!

Povera me! M'ho da guardar la pelle!

Scena diciottesima

Capitan Rodimarte, e la suddetta.

CAPITAN RODIMARTE

Si partì quel vecchiazzo?

ROSINA

Ahimè! Tu sei?

CAPITAN RODIMARTE

Partissi?

ROSINA

È andato via.

CAPITAN RODIMARTE

Ahi! Poter delle stelle!

Ah! Cospetton del mondo!

ROSINA

Che tanta braveria?

CAPITAN RODIMARTE

Brucio di sdegno.

ROSINA

Stai troppo furibondo!

CAPITAN RODIMARTE

Dov'è andato? Dov'è?

ROSINA

Cos'è l'impegno?

CAPITAN RODIMARTE

Presto fallo a me noto.

Meco tanti disprezzi!

Passò l'ora del voto,

e adesso posso farlo a pezzi, a pezzi.

ROSINA

E perché? Poverino!

CAPITAN RODIMARTE

A me! A Bombarda? Ad un par mio far torto!

ROSINA

Frena l'ira un tantino.

CAPITAN RODIMARTE

No 'l posso far: non occor'altro; è morto.

ROSINA

Ah! Non l'uccidere,

non vo', che 'l tocchi,

per carità.

Che vanti sciocchi!

Tu mi fai ridere,

che li vuoi far!

Non v'è pericolo,

non morirà.

Tu sei ridicolo,

ti fai burlar.

CAPITAN RODIMARTE

In ogni modo, o bella,

m'alletti, e mi dai gusto.

ROSINA

Va' via, ch'io poverella,

ho avuto poco prima un gran disgusto.

CAPITAN RODIMARTE

Come! Da chi. Palesa:

chi abbiamo d'ammazzar: questa è la spada.

ROSINA

Ebbi certa contesa,

con la padrona mia.

CAPITAN RODIMARTE

Sia chi si sia: che trucidata cada.

ROSINA

Io ti vorrei più sodo:

hai tu chiacchiere assai.

CAPITAN RODIMARTE

Ma fatti ancora.

Or senti: ho pronto il modo,

se vuoi farti signora.

ROSINA

E come mai?

CAPITAN RODIMARTE

Se meco tu verrai,

vedresti in Lucca, ove ho tesori immensi,

che sia l'esser mia sposa;

e sarai dama quando meno pensi.

ROSINA

Piano, che a questa cosa

s'ha da pensar ben bene.

CAPITAN RODIMARTE

E qual pensiero?

Non ti dissi poc'anzi,

che posso conquistarti il mondo intero?

ROSINA

Tu soverchio t'avanzi;

e queste tue carote

mi pongono in sospetto.

Rosina ben intese

ciò, che 'l vecchio parlò di suo nipote.

CAPITAN RODIMARTE

Eh! Quegli è un giovanetto,

che lo tengo a mie spese; ed ha l'onore

d'esser mio confidente, e servitore.

ROSINA

Oh bene: adagio un poco,

ch'io vo' pensarci.

CAPITAN RODIMARTE

Eh! Via!

Non è cosa da gioco!

Così bella ventura.

Già ti tengo per mia:

e puoi porti adesso in positura.

CAPITAN RODIMARTE

Or via dameggia,

lascia ch'io veggia

se lo sai far.

ROSINA

La dama è questa

grave, e onesta?

che te ne par?

CAPITAN RODIMARTE

O mia vezzosa!

ROSINA

Ti do all'umore?

Che dici adesso

so dameggiar?

CAPITAN RODIMARTE

Più bella cosa

non si può dar.

Da gran signore

gonfio, e fumante,

io vado avante.

ROSINA

Con bizzarria,

che fasti spande,

ti vengo appresso.

CAPITAN RODIMARTE

O cara mia...

ROSINA

Taci scioccone.

Vuol far da grande

lo scimmione.

CAPITAN RODIMARTE

O mia bellina

mi vuoi trafiggere,

tu vuoi scherzar,

ROSINA

Vatti infarina,

e fatti friggere,

più non parlar.

Scena diciannovesima

Riccardo, solo.

Sì, Riccardo, del zio

è pur forte l'impegno.

E può del tuo desio

render vano il disegno. All'arte, o core:

Doralice s'alletti,

con lusinghiero amore,

e alla fuga s'affretti...

Scena ventesima

Leonora, di casa di Cornelia, e il suddetto.

LEONORA

(Ecco l'ingrato!)

RICCARDO

(E so, che n'avrà diletto.)

LEONORA

Riccardo amato...

RICCARDO

(Oh incontro maledetto!)

LEONORA

Benché l'aspro mio duolo

sia lo sdegno, e l'amor verso un rubello;

lascio la sdegno, e solo

con la lingua d'amore a te favello.

RICCARDO

So, che vuoi dir...

LEONORA

Deh! Senti...

RICCARDO

Rammentarmi potrai...

LEONORA

Sì, vo' che ti rammenti

quanto feci per te, quanto t'amai.

RICCARDO

Rammentarlo, che giova,

se impresso nel mio seno

quell'amor, quel desio più non si trova?

LEONORA

Lascia, ch'io sfoghi almeno

il mio tormento atroce:

lascia, ch'io dica quanto

il cor mi detta; e se non può la voce,

parleranno i sospiri, il duolo, e 'l pianto.

RICCARDO

Parla pur, ch'io t'ascolto;

ma son le tue querele,

scongiuri a un tronco, a un sasso: il laccio è sciolto.

LEONORA

Rammentati, crudele,

che semplice donzella

lusinghiero allettasti:

rammenta ch'io son quella,

ch'al voler tuo, ch'al tuo desio tirasti:

quella son, che, costante,

sacrai a un finto amor, sincero amore:

quella son io, che, amante,

il cor ti diedi; e poi, che più? L'onore:

e quella son, ch'alla tu fé mentita

sto in punto di sacrare anche la vita.

RICCARDO

Leonora, il pianto affrena,

che solo accresce il tuo dolor.

LEONORA

Né arriva

a muoverti a pietà la mia gran pena?

RICCARDO

A' tuo destin, a mio destin s'ascriva.

LEONORA

Almen, tiranno, togli

il vanto di mia morte al mio germano:

da me l'alma tu sciogli:

al mio sen di tua mano il colpo avventa,

per toglier dagl'affanni un'infelice;

ch'io bacerò contenta

la mano feritrice;

bacerò il serto; e perché belle, e vaghe

saran le piaghe, io bacerò le piaghe.

Sì, te ne prego...

RICCARDO

Eh! Taci,

che son troppo noiosi i detti tuoi.

LEONORA

Con modi così audaci

empio trattar mi puoi?

RICCARDO

Volli, volesti.

Fu mio, fu tuo piacere,

or più non voglio, è libero il volere.

LEONORA

E la fé che mi desti?

RICCARDO

Che fede! Ov'è la fede?

Fu mera bizzarria.

LEONORA

Barbaro indegno,

e questa è la mercede,

che rendi all'amor mio? Deh! Fa', ch'io cada

vittima del tuo sdegno:

opra pur quella spada:

trapassa il cor di chi morir desia,

che, benché un empio sei,

sarà pur tua pietà la morte mia.

Seconda i voti miei:

al tuo novello amor togli l'impaccio;

che pur sarà mia sorte;

perché tu goda a Doralice in braccio;

che compri il tuo goder con la mia morte.

RICCARDO

Finisti? Hai più, che dire?

T'intesi, or che pretendi?

LEONORA

E ancor sì duro,

il mio duol puoi soffrire.

Scellerato, spergiuro? Ah no, ch'io voglio

viver per tuo tormento;

e 'l mio grave cordoglio

cangio in furia d'orrore,

perché sia tuo spavento;

perché sia mia vendetta, infido core.

Chiamerò, per tuo tormento,

degli dèi l'ira più atroce...

No, mia vita, che feroce

ti minaccio, e poi mi pento,

che pur t'amo,

mio ti bramo,

benché infido, e traditor.

No, crudele,

no, infedele,

che ti vuole esanimato,

lacerato

il ben giusto mio furor.

Scena ventunesima

Riccardo, solo.

So, che son crudo, e fiero;

ma del mio genio è nobile vaghezza,

di bellezza, in bellezza,

cangiar sempre pensiero.

Scena ventiduesima

Doralice, di casa di Cornelia, e il suddetto.

DORALICE

È qui, Riccardo mio?

RICCARDO

Sì, cara, sì mia bella,

che qui per te son io,

che tu mia luce sei tu la mia stella!

DORALICE

Anzi negli occhi tuoi,

occhi belli, e ridenti,

contemplo le mie gioie e i miei contenti.

RICCARDO

No, che tu sola puoi,

al dolce sfavillar di tua bellezza,

empirmi il cor d'amabile dolcezza.

E per darti un bel segno

del mio fedel, del mio costante amore,

ti svelo un bel disegno,

per far lieto il mio cor, lieto il tuo core.

DORALICE

Ciò, che da te dipenda,

tutto è letizia mia, tutto m'è grato.

RICCARDO

Mio zio par, che si renda

ai sogni di Leonora; onde turbato

mi sgrida a torto, e temo,

ch'ei turbi i nostri amori; ond'io pensai

dar estremo rimedio a un male estremo.

DORALICE

E che faremo mai?

RICCARDO

Fuggir di Pisa.

DORALICE

E dove?

RICCARDO

Dove sarai mia sposa.

DORALICE

Il mio volere

da te, caro, si muove;

e trovo il mio piacer nel tuo piacere.

RICCARDO

Amor ci farà scorta.

DORALICE

Ma come? Quando?

RICCARDO

In farsi l'aria bruna,

verrò dall'altra porta;

ed andremo a goder bella fortuna:

DORALICE

T'attendo, o mio diletto.

RICCARDO

Verrò, cara mia vita.

DORALICE

Sì, core del mio petto.

RICCARDO

A' dolci godimenti amor c'invita;

sì, che tutta d'amor la dolcezza,

gradita

mia vita,

tua rara bellezza

goder mi farà.

Se il più dolce, che amor diffonde,

in te si nasconde,

mia vaga beltà.

Scena ventitreesima

Doralice, sola.

O pene fortunate!

O fortunati miei pianti, e sospiri!

Fortunati martiri

se a goder mi guidate! O me felice!

Quanto... ma Erminio vien.

Scena ventiquattresima

Erminio, e la suddetta.

ERMINIO

(Qui Doralice?)

DORALICE

(Parto.)

ERMINIO

Deh! Ferma, o cruda:

fermati, o cor di sasso;

alma di fede alma d'amore ignuda.

DORALICE

Ecco, ch'io fermo il passo,

per sentir, che si chiede

da chi è nuda d'amor, nuda di fede.

ERMINIO

Dici, che chieggio? Ingrata!

Da me saper lo vuoi?

Chiedilo dispietata,

chiedilo un poco ai mancamenti tuoi.

DORALICE

E tu chiedi a te stesso,

se lice esser molesto, esser noioso.

A chi nel cor ha impresso

altro amor, altra fede, ed altro sposo,

ERMINIO

Altro sposo? L'avrai

quando morto io sarò, ma intanto, o bella,

concedermi dovrai,

ch'io ti chiami rubella

alla fede, all'amor: t'amai, m'amasti

ti diedi l'alma, e 'l core;

e poi m'abbandonasti!

DORALICE

Dunque non sai, c'ha il suo destino amore?

ERMINIO

Deh! Per pietade, o cara

pensa alla pena mia, che per te sento:

pensa, ch'è troppo amara

la doglia del mio cor, crudo il tormento.

DORALICE

E tu pensa, che sei

importuno, arrogante.

ERMINIO

Dunque de' mali miei

non hai pietà?

DORALICE

Son di Riccardo amante.

ERMINIO

Riccardo è di Leonora,

a cui deve l'onore.

DORALICE

Inganno è questo.

ERMINIO

Né men lo credi ancora?

DORALICE

Creder no 'l posso.

ERMINIO

Il vederai: ben presto.

O suo sposo, o punito

sarà dal ferro mio: non sarà mai,

ch'egli sia tuo marito.

E tu il mio ben, la sposa mia sarai.

Per quell'impuro indegno,

che mi rapì l'onor,

avrò tutto lo sdegno:

per te tutto l'amor.

Dolce mio bene.

E spera il mio desio,

che in te, bell'idol mio,

io tempri il mio dolor,

tempri le pene.

Scena venticinquesima

Doralice, sola.

Reo Riccardo, il mio ben? No 'l credo mai:

che se ciò fosse vero,

tanto lo sdegnerei, quanto l'amai.

Un pietoso pensiero

mi ricorda d'Erminio il forte amore;

ma più forte, e tenace,

Riccardo mio, sta nel pensier, nel core.

Sì, ché certa son io,

che l'accusa è mendace:

e perché all'idol mio

d'Erminio il gran furor

non sia molesto,

alla fuga m'appresto. Arridi, o fato,

al bel desio d'un core innamorato.

Deh! Vieni, t'affretta,

o notte diletta,

per farmi, tra l'ombre,

godere il mio sol.

Consolami, o amore,

fa' tu, ch'il mio core

disgombri

il suo duol.

Scena ventiseiesima

Flaminio, solo.

Sta lo spirto in tempesta!

Ho tre malanni in testa,

per Riccardo, Cornelia, e per Rosina!

Quello niega l'errore:

quell'altra fa ruina:

ma il malanno maggiore

è Rosina mia bella.

Scena ventisettesima

Rosina, di casa di Cornelia; e il suddetto.

ROSINA

(È bisogno fuggire...)

FLAMINIO

(Per lei... Oh! Bella! Bella!)

ROSINA

(Più questa vecchia non si può soffrire.)

FLAMINIO

Bella mia saporosa...

ROSINA

E pur questa pazzia?

FLAMINIO

No, pupa graziosa.

ROSINA

E pur queste canzoni?

FLAMINIO

Credi, vaguccia mia,

c'ho per te marcio il fegato, e i polmoni.

ROSINA

Ma questa tiritera

ha da finir mai più?

FLAMINIO

Deh! Senti un poco,

non far la brutta cera...

ROSINA

Io per voi sono stata in mezzo al foco

c'ebbi a lasciar lo straccio.

FLAMINIO

Cara, ma tu non pensi,

ch'io per te sono stato in mezzo al ghiaccio?

La gelosia...

ROSINA

E pure!

Questo a voi non conviensi.

FLAMINIO

Senti: le tue sventure

saran per te gioie, grandezze, e fasti,

se m'ami, e mi vuoi bene.

ROSINA

Eh! Via, non più, ch'avete i sensi guasti.

Ditel' voi se conviene:

voi sete arcivecchione,

più vecchio assai del cucco,

sembrate un mascherone,

che sia fatto di stucco. E pretendete

ruzzar con una tenera zitella!

Vergogna! Non vedete,

che avete voi bisogno di puntella?

Vi par, che siate robba

di far l'innamorato?

Avete voi la gobba:

la testa vi farnetica:

che più! Siete sciancato:

patite voi d'artetica,

chi mai vi vuole amar?

Si dà cosa più sciocca?

Vi colano le bave,

e par la vostra bocca

che sia piena di fave!

Più laido, più lipposo,

più sconcio, più schifoso,

e dove si può dar?

FLAMINIO

Dinne quanta ne vuoi,

graziosetta mia, che più mi piaci;

e i dolci scherzi tuoi

sono al mio cor nuove saette, e faci.

ROSINA

Caro il mio garzoncino,

che patisce in amor tante disdette!

Aiuto al poverino,

che sta pieno di faci, e di saette.

FLAMINIO

Non più scherzi, mio core,

ch'al mio amor non si denno.

ROSINA

Scherzo? Voi fate errore,

ch'io fo' con tutto il senno.

FLAMINIO

No, mio dolce conforto,

se tu non m'amerai,

tu prima mi vedrai

seppellito, che morto.

ROSINA

E non volete poi,

ch'io mi burli di voi?

(lo contraffà)

No, mio dolce conforto,

se tu non m'amerai,

tu prima mi vedrai

seppellito, che morto. Ah, ah, che gusto!

Che dite voi? V'ho contraffatto giusto?

FLAMINIO

Tu troppo mi sferzi:

vuoi farmi crepare?

ROSINA

Il ciel me ne guardi!

Volete burlare?

FLAMINIO

Deh! Lascia gli scherzi.

ROSINA

Vuol tutt'i riguardi

la vostra vecchiaia.

FLAMINIO

Non più questa baia,

melata boccuccia,

mia dolce animuccia.

ROSINA

(lo contraffà)

Non più questa baia,

melata boccuccia,

mia dolce animuccia.

FLAMINIO

Non più, ch'io mi scanno

pietade non v'è?

ROSINA

Lasciate l'affanno,

n'è niente, cos'è?

FLAMINIO

Che dici hai finito?

ROSINA

Finitela voi,

che troppo attrivito

trattate con me.

FLAMINIO

Sprezzarmi tu puoi?

Mia cara, e perché?

Scena ventottesima

Riccardo, solo.

Ho il cor troppo inquieto:

oh quanto trascurai!

Dissi la fuga, e dirle, che 'l segreto

non fidasse ad alcuno, io non pensai!

Pria, che l'error commetta,

avvisarla vorrei...

Scena ventinovesima

Erminio, e il suddetto.

ERMINIO

(In braccio alla vendetta

son tutt'i sensi miei.)

RICCARDO

(Ma ella è ben accorta.)

Scena trentesima

Leonora, dalla porta di dietro della casa di Cornelia, e i suddetti.

LEONORA

(Ah! Che vegg'io!)

Riccardo è qui!

ERMINIO

(Ma qui è lo scellerato!)

Scena trentunesima

Doralice, di casa di Cornelia, e i suddetti.

DORALICE

(È qui Riccardo mio!)

LEONORA

(È 'l fratello un agguato!)

RICCARDO

(Bella notte t'appresta...)

DORALICE

(È Ermino ancor!)

RICCARDO

(Per consolarmi il core.)

ERMINIO

Sì: mora a tradimento un traditore.

LEONORA

Deh! Ferma.

(va per dargli)

RICCARDO

Chi m'assale?

DORALICE

Il braccio arresta.

ERMINIO

Ah! Sorella malnata!

Chi ci offese difendi?

RICCARDO

A tuo dispetto

saprà la destra armata...

(va per cavar la spada)

LEONORA

Ah! No, t'affretta.

ERMINIO

(a Riccardo)

Indegno! A me?

DORALICE

(ad Erminio)

Tempra i furori tuoi.

LEONORA

(ad Erminio)

Passa pria questo petto.

DORALICE

(ad Erminio)

Pria questo cor mi svena.

ERMINIO

(a Doralice)

Ah! Ingrata; e vuoi

salvo il tuo amante, e 'l mio rival?

LEONORA

Oh dio!

RICCARDO

Morrai per questa mano.

(vuol di nuovo cavar la spada)

LEONORA

(a Riccardo)

Ah! No: fermate:

la rea sola son io,

teco di troppo amore

teco d'offeso onore;

(ad Erminio)

in me svenate

con ben giusta ragione

la colpa mia, ch'è d'ogni mal cagione.

ERMINIO

Sacrerò quell'impuro

all'onore, all'amor.

LEONORA

Ferma, che fai?

RICCARDO

Tue minacce non curo.

DORALICE

(ad Erminio)

Deh! Per l'amor, l'affetto

che per me avesti, ed hai,

tempra il furor.

ERMINIO

Spietata;

vop'è, ch'io t'ubbidisca a mio dispetto;

ma d'un'alma irritata

vedrai l'ira, che fa: cadrai punito.

RICCARDO

Non teme le tue furie un core ardito.

ERMINIO

(a Doralice)

Bella...

DORALICE

(ad Erminio)

Taci.

LEONORA

(a Riccardo)

Mio caro...

RICCARDO

(a Leonora)

T'accheta.

DORALICE

(ad Erminio)

Che speri?

RICCARDO

(a Leonora)

Che chiedi?

ERMINIO

(a Doralice)

Che pensi...

LEONORA

(a Riccardo)

Che vedi...

ERMINIO

(a Doralice)

Al duolo...

LEONORA

(a Riccardo)

Il tormento...

Insieme

LEONORA

(a Riccardo)

...che soffre il mio cor.

ERMINIO

(a Doralice)

...che soffre il mio cor.

DORALICE

(ad Erminio)

Non odo...

RICCARDO

(a Leonora)

Non sento...

Insieme

DORALICE

(ad Erminio)

...è d'altri il mio cor.

RICCARDO

(a Leonora)

...è d'altri il mio cor.

ERMINIO

(Cieli!)

LEONORA

(Stelle!)

RICCARDO

(Che affanno!)

DORALICE

(Che pena!)

ERMINIO

(a Doralice)

Deh! Tempra...

LEONORA

(a Riccardo)

Deh! Frena...

Insieme

LEONORA

(a Riccardo)

...sì crudo rigor.

ERMINIO

(a Doralice)

...sì crudo rigor.

RICCARDO

È degno...

DORALICE

L'impegno...

Insieme

DORALICE

(ad Erminio)

...di tanto rigor.

RICCARDO

(a Leonora)

...di tanto rigor.

Atto terzo
Scena Prima

Erminio solo.

O confusa mia mente!

O agitato mio core!

L'ira, che si risente

fra l'onore, e l'amor, confonde amore!

Scena seconda

Leonora, e il suddetto.

LEONORA

Fratello...

ERMINIO

Ah! Questo nome

è il peggior de' miei mali.

LEONORA

È ver, ma senti:

sarem traditi.

ERMINIO

E come?

Quai sono i tradimenti?

LEONORA

A' l'aria scura

fuggirà Doralice

con l'infame Riccardo.

ERMINIO

O mia sventura!

Traditor, traditrice!

Ma tu come ciò sai?

LEONORA

L'intesi, ascosa,

mentre il disse alla zia.

ERMINIO

O nuova tormentosa!

Ah! Indegno!...

LEONORA

A me parria...

ERMINIO

Parer non voglio:

giusto parer mi detta

sdegno, amor, gelosia: voglio vendetta;

dal sen l'alma gli toglio:

già corro...

LEONORA

Ah! Dove vai?

ERMINIO

Seguendo il mio furor.

LEONORA

Deh! Ferma: ascolta.

Io l'onor ti macchiai;

fa', che meco sepolta

resti la macchia...

ERMINIO

No, che tanto il senso

m'ingombra amor, che più all'onor non penso.

LEONORA

Sazia gli sdegni tuoi.

Del sangue mio...

ERMINIO

Voglio il suo sangue.

LEONORA

Almeno,

se morto tu lo vuoi,

passa prima il mio seno, e sia mia sorte,

ch'io precorra sua morte.

Deh! Tu, che amante sei,

pur tradito, e sprezzato,

pietade aver tu déi...

ERMINIO

Non intende ragioni un disperato.

Chi vuol tormi la bella, ch'adoro,

l'amato

tesoro;

trucidato

al mio piede cadrà.

Ira insana, rabbioso furore

nel petto, nel core

amor mi darà.

Scena terza

Leonora, sola.

Numi eterni; e poss'io

soffrir pene sì dure?

Deh! Fate, per pietà, che 'l morir mio

tronchi le mie sventure.

O dio! Che fo'? Che spero?

Il zio del traditor più non comparve;

e per mio duol più fiero,

son le speranze mie, fantasmi, e larve.

Sì; per non più penare

avrò pronta la via: dal duolo oppressa,

saprò, che fare: ucciderò me stessa.

Ne vuoi più mia fiera sorte?

A te piace,

che la morte

doni pace

al mio tormento;

già ti sento:

io moritò.

Di mia man trafitta, esangue,

nel mio sangue,

le mie pene estinguerò.

(se n'entra, ed alla voce di Riccardo torna ad uscire)

Scena quarta

Riccardo, e la suddetta.

RICCARDO

(Quanto son pigre l'ore;

o notte, e quando riedi?)

LEONORA

(Qui l'infido!) Riccardo.

RICCARDO

E ben, che chiedi?

LEONORA

Non ti parlo d'amore,

nemmen de' torti miei, de' falli tuoi:

ma d'amor un bel segno

odi ne' detti miei.

RICCARDO

Che dir tu puoi?

LEONORA

Arde Erminio di sdegno,

e a svenarti s'appresta.

RICCARDO

Svenarmi?

LEONORA

Sì, che intese,

che déi fuggir con Doralice, e questa

più d'ogn'altra cagione, aspro lo rese.

RICCARDO

(Che sento!)

LEONORA

Ah! Se t'è caro,

che il tuo male per me, morte non sia,

cauto attendi al riparo:

salva la vita tua, ch'è vita mia.

Sì, ch'è mia vita...

RICCARDO

Oh quanto

sai tu ben inventare!

LEONORA

Io non invento:

te l'attesti il mio pianto,

figlio del mio dolor, che per te sento.

RICCARDO

Per me lo versi invano:

risparmiarlo tu puoi.

LEONORA

E questo ancora,

dispietato, inumano?

Scena quinta

Doralice, e i suddetti.

DORALICE

(Riccardo con Leonora!)

RICCARDO

Ho l'alma in petto

a temer non avvezza...

Che miro! O mio diletto.

DORALICE

Bella gioia d'amore.

Mia gradita bellezza.

LEONORA

Empio, che sei,

crudo, barbaro core,

anche sugl'occhi miei tanta arroganza?

Ma senti, ingrato, indegno:

senti: la mia speranza

l'avrò nel ciel: sarà del ciel l'impegno.

Spero, crudel,

chissà?

Dal ciel

quella pietà,

che tu non hai per me.

Sa il cielo fulminar,

per far

tremendo scempio

d'un empio

come te.

Scena sesta

Riccardo, e Doralice.

DORALICE

Troppo ardente si mira,

troppo ardita favella

e insospettir mi fa.

RICCARDO

T'inganni, o bella:

che dici? Ella delira:

son sogni i detti suoi;

ma tu m'offendi, o cara,

se infedel, mancator creder mi puoi.

DORALICE

Ah! No che troppo chiara

splende la fede in te.

RICCARDO

Sì, mia vezzosa;

più chiara la vedrai

quando sarai mia sposa.

DORALICE

E quando, o dio!

Quando sarà quell'ora?

RICCARDO

Fra breve, idolo mio; ma tu non sai

c'ha saputo Leonora

di nostra fuga?

DORALICE

E come?

RICCARDO

È mio pensiero,

che sia sospetto: espose

saperlo Erminio, e che, geloso, e fiero!

Minacci far gran cose.

DORALICE

Ahimè! Che sento!

RICCARDO

Eh! discaccia il timore,

ch'è cura mia di sostener l'intento.

DORALICE

Sì, vita del mio core,

fa', che felice io sia!

RICCARDO

Va' mia diletta:

statti pur lieta; e 'l mio venir aspetta.

DORALICE

Sì, t'aspetto:

vieni, o caro;

e mi reca quel diletto,

che sospira questo cor.

Fa' tu dolce quell'amaro,

che per te mi diede amor.

Scena settima

Riccardo solo.

Del fato, e della sorte,

temer non potrò mail'aspetto irato:

d'un'alma ardita, e forte,

seconda il bel desio, la sorte, e 'l fato.

Scena ottava

Capitan Rodimarte, e il suddetto.

CAPITAN RODIMARTE

Oh! Che pur ti ritrovo!

Che si tratta: che fai?

Abbian cosa di nuovo?

RICCARDO

Con Leonora parlai,

che sfogò meco il solito dispetto.

CAPITAN RODIMARTE

Questo non vuol dir niente.

RICCARDO

Ma del nostro fuggire

si mostrò intesa.

CAPITAN RODIMARTE

Il crederei sospetto.

RICCARDO

Appunto, e audace, e ardente,

disse, che vanti Erminio, e sdegni, ed ire.

CAPITAN RODIMARTE

Ah, ah un occhio solo,

ch'io sdegnato avvicini,

basta mandare a volo,

scherzi del vento, centomila Ermini.

Già la stizza mi viene:

stragi, e ruine io bramo.

RICCARDO

So il tuo valor qual sia.

CAPITAN RODIMARTE

È pronta Doralice?

RICCARDO

È pronta.

CAPITAN RODIMARTE

Oh bene.

Già i danari l'abbiamo:

lascia, che faccia anch'io la preda mia;

e poi, lieti, e ridenti,

ce n'andremo a goder dolci contenti.

RICCARDO

Già parmi, che lieto,

con dolce lusinga,

l'abbraccia, la stringa

nel petto,

nel cor.

Aspetto,

inquieto

che lode

la frode

m'aggiunga in amor.

Scena nona

Capitan Rodimarte, solo.

Io la do per sicura:

credo, che non mi manchi.

Scena decima

Rosina, di casa di Cornelia; e il suddetto.

ROSINA

(Oh questa è troppo sventura!

Aver degg'io sempre una furia a fianchi!)

CAPITAN RODIMARTE

(Bella sorte! Già viene!)

ROSINA

(Io già finir la voglio.)

CAPITAN RODIMARTE

Dolcissimo mio bene...

Cos'hai? Mostri nel volto un gran cordoglio!

ROSINA

Più di me sventurata,

non può darsi nessuna.

CAPITAN RODIMARTE

Ma se troppo ostinata,

tiri di calci alla tua gran fortuna!

ROSINA

Più non si può soffrire.

CAPITAN RODIMARTE

Pur con la tua padrona?

ROSINA

Scura me!

CAPITAN RODIMARTE

Ma se tu non vuoi venire

a dameggiar!

ROSINA

Mi suona, e non mi suona.

CAPITAN RODIMARTE

Puoi sdegnar le ricchezze,

gl'agi, gl'onori, i fasti,

le pompe, le grandezze?

ROSINA

Tu mi fai dubitar...

CAPITAN RODIMARTE

Non più contrasti.

Risolvi, e ti consola,

che tu sarai felice, in gioia, e in festa.

Anzi non verrai sola:

verrà pur Doralice...

ROSINA

Nipote alla padrona?

CAPITAN RODIMARTE

Appunto questa.

ROSINA

Con chi? Che dici? E come far lo puote?

CAPITAN RODIMARTE

È ella amante amata

d'un, ch'è mio camerata.

ROSINA

E chi è questi?

CAPITAN RODIMARTE

È il nipote

di Flaminio, quel vecchio; e già fra loro

stanno in appuntamento;

e così, mio tesoro,

tu ancor potrai venire:

ROSINA

Sempre, che sia così, me ne contento.

Quando avremo a partire?

CAPITAN RODIMARTE

Dall'altra porta, in farsi l'aria oscura.

ROSINA

Questo mi dà sospetto!

Partir ascosi!

CAPITAN RODIMARTE

Eh! Non aver paura:

non starne più sospesa:

basti quanto t'ho detto.

Tu là ti troverai,

senza mostrarti intesa;

e legati vedrai,

con catene amorose,

due vaghi sposi, a due leggiadre spose.

Verrai?

ROSINA

Verrò contenta...

CAPITAN RODIMARTE

O muso saporito!

ROSINA

Sposa? Marito? È forza, ch'io consenta.

Il farsi sposa,

l'aver marito,

è bella,

cosa;

è un appetito

ch'ogni zitella

fa spasimar.

O belle, o brutte,

lo voglion tutte,

che si può far?

CAPITAN RODIMARTE

Tu m'empi di dolcezza,

o bella, o graziosa! In te s'ammira

un composto di grazia, e di bellezza.

ROSINA

Veggo, che da te spira

bella, ridente, e chiara...

CAPITAN RODIMARTE

Che, mia vita, mio ben?

Scena undicesima

Flaminio, e suddetti.

FLAMINIO

(Pur qui costui!)

ROSINA

Via mo, che mi vergogno!

CAPITAN RODIMARTE

O gioia, o cara!

Orsù fa' quanto dissi.

FLAMINIO

Tu, che vuoi da colui?

Che son fra voi cotesti pissi, pissi?

ROSINA

Voi da noi che volete?

CAPITAN RODIMARTE

Di nuovo questa noia?

FLAMINIO

Ah! Schiuma de' ribaldi...

ROSINA

Troppo importuno siete!

FLAMINIO

Brutta cera di boia...

CAPITAN RODIMARTE

Eh! Non far, ch'io mi scaldi.

FLAMINIO

Poltron, mi sei ben noto.

ROSINA

Ma questa l'è pur bella!

FLAMINIO

Taci là, rubaldella.

CAPITAN RODIMARTE

Vedi, che non è più l'ora del voto.

FLAMINIO

Che voto? Bestione.

Scena dodicesima

Cornelia, di casa, e i suddetti.

CORNELIA

(Oh! Sentiam questa tresca!)

CAPITAN RODIMARTE

Eh! Vanne via.

FLAMINIO

Senti qua mascalzone...

ROSINA

E nemmen ve n'andate?

FLAMINIO

Cotesta è cosa mia...

CORNELIA

Cotesta è cosa sua, non la toccate.

ROSINA

(Povera me!)

FLAMINIO

Che 'l sistolo ti roda.

Tu, che vuoi?

CORNELIA

Uh! Porcaccio,

nutrito nella broda!

(lo contraffà)

Cotesta è cosa mia. Brutto vecchiaccio.

FLAMINIO

Cornelia, tu m'appletti.

CAPITAN RODIMARTE

Ha ragion la signora.

FLAMINIO

(al Capitano)

In dozzina ti metti

non taci in tua malora?

CORNELIA

Infame! Non ti suona?

CAPITAN RODIMARTE

Eh! Che ci posso fare?

Rispetto questa nobile matrona.

FLAMINIO

Ah! Birbon...

CORNELIA

Uh! vedete il mio bravazzo,

che si vuole impegnare!

ROSINA

(Oh sventurata me!)

CORNELIA

Puh! Vecchio pazzo!

E tu, mia signorina...

FLAMINIO

Da quella, che pretendi?

CAPITAN RODIMARTE

Ella non colpa.

ROSINA

C'ho fatto io poverina?

CORNELIA

Non sempre gioverà questa discolpa.

ROSINA

Ma io...

CORNELIA

Tacer non vuoi?

FLAMINIO

(al Capitano)

Va', c'hai da far con me.

CAPITAN RODIMARTE

Che far mi puoi?

Insieme

CORNELIA

(a Rosina)

Pensa ben...

FLAMINIO

(al Capitano)

Pensa ben...

ROSINA

C'ho da pensare?

CAPITAN RODIMARTE

Che vuoi fare?

CORNELIA E FLAMINIO

Che s'io t'ho le mani addosso...

CORNELIA

(a Rosina)

Io ti pesto.

FLAMINIO

(al Capitano)

Io ti dissosso.

CAPITAN RODIMARTE

(a Flaminio)

A me questo?

ROSINA

Aiuto, aiuto.

FLAMINIO

(a Cornelia)

Ah! Vecchiaccia arrabbiatona!

CORNELIA

(a Rosina)

Di squartarti ho risoluto.

CAPITAN RODIMARTE

(a Cornelia)

Piano un poco mia padrona.

ROSINA

C'ho mai fatto io poverella?

FLAMINIO

Che vergogna!

CORNELIA

Oh il mio gaietto

che difende la sua bella!

CAPITAN RODIMARTE

Via: finite.

CORNELIA E FLAMINIO

A tuo dispetto...

CORNELIA

Io la voglio stroppiar.

FLAMINIO

Mia mogliera io l'ho da far,

ROSINA E CAPITAN RODIMARTE

(fra di loro nascosti)

Stiamo pronti a scappar!

CORNELIA

Oh 'l vecchio con la ragazza!

FLAMINIO

Ve' la pazza!

CAPITAN RODIMARTE

Dice bene.

FLAMINIO

E non taci frappatore?

ROSINA

(a Cornelia)

Troppe pene

voi mi date.

CAPITAN RODIMARTE

(a Flaminio)

A un par mio con le bravate!

Insieme

CORNELIA

(a Rosina)

Tu vedrai cosa maggiore.

FLAMINIO

(al Capitano)

Tu vedrai cosa maggiore.

CORNELIA

(a Rosina)

Se modesta non vuoi star...

FLAMINIO

(al Capitano)

Se un po' più mi fai stizzar.

ROSINA

(a Cornelia)

Questa è cosa da crepar.

CAPITAN RODIMARTE

(a Flaminio)

Bene, ben: l'hai da pagar.

Scena tredicesima

Si sente di dentro battimento di spade; esce Riccardo ferito, ed inseguito da Erminio, e cade Riccardo.

RICCARDO

(di dentro)

Troppo resisti ardito.

ERMINIO

(di dentro)

Infame tu morrai.

RICCARDO

No più, ch'io son ferito.

(esce fuori, e cade)

ERMINIO

No, che morto ti voglio.

(va per ferirlo)

Scena quattordicesima

Leonora, e suddetti.

LEONORA

Oh dio! Che fai?

(trattiene Erminio)

Svena prima il mio core.

ERMINIO

Alla vendetta attendo:

mora da traditore.

RICCARDO

(O ciel t'intendo!)

ERMINIO

Lasciami...

Scena quindicesima

Doralice, e suddetti.

DORALICE

Ahimè! Che veggio...

Riccardo mio... deh ferma.

ERMINIO

(a Doralice)

Al sangue anelo:

tu m'irriti a far peggio.

DORALICE

Deh! Ferma...

LEONORA

Oh dio! Non più...

RICCARDO

(T'intendo, o cielo!)

ERMINIO

Lasciatemi...

Scena ultima

Flaminio, Cornelia, Capitan Rodimarte, Rosina, e suddetti.

FLAMINIO

Ch'è questo?

CAPITAN RODIMARTE

Spade nude, ch'è stato?

CORNELIA

Che rumore è cotesto?

ROSINA

Un giovane ferito! Uh! Che peccato!

FLAMINIO

(ad Erminio)

Come... Riccardo mio...

Tu il feristi inumano?

ERMINIO

Il feritor son io...

RICCARDO

No, che armò la sua mano

la giustizia del ciel tutto si deve

ai gravi falli miei; ed è mia sorte,

che la piaga sia lieve,

quando mia giusta pena era la morte.

Leonora; un mancatore,

senz'amor, senza fede,

che ti rapì l'onore,

pentito a' piedi tuoi, perdon ti chiede.

LEONORA

Che sento! O me felice!

RICCARDO

Sì, perdonami, o cara:

caro cognato mio, perdon ti chieggio;

perdona, o Doralice.

Se t'ingannai, bugiardo; ed or, che chiara

la mia gran colpa io veggio,

pentito, o bella, a' miei doveri attendo;

accoglimi pietosa,

or, che l'onor ti rendo, e sei mia sposa.

Ricevi il mio core,

non più mancatore,

ma fido, ma schietto,

ardente d'affetto,

acceso d'amor.

E sempre vedrai,

che, sola, sarai

il cor del mio cor.

LEONORA

Riccardo amato, o quanto...

per te... ah! Che la voce

soffoca in me di tenerezza il pianto.

FLAMINIO

Oh quanto è ver, che 'l mal non sempre nuoce!

DORALICE

Che stupori son questi!

CORNELIA

Io divengo di gelo!

ERMINIO

Doralice, intendesti?

DORALICE

È ver!

ROSINA

Che intesi mai!

CAPITAN RODIMARTE

Sei giusto, o cielo!

DORALICE

T'offesi Erminio, è vero;

ma tu déi compatir.

ERMINIO

Bella, vedrai

dell'amor mio sincero

qual sia la forza, e sposa mia sarai.

DORALICE

Caro mio.

ERMINIO

Mia gradita.

RICCARDO

Adorato mio ben.

LEONORA

Dolce mia vita.

RICCARDO

Oh quanto goderemo.

ERMINIO

Quanto lieto mi chiamo.

RICCARDO

E a celebrar le nozze in Lucca andremo.

FLAMINIO

Cornelia, che facciamo?

CORNELIA

E a questo pensi ancora

tu, che m'hai data tanta gelosia?

CAPITAN RODIMARTE

Non dubiti, signora,

che questa sarà mia.

CORNELIA

Lo vuoi?

ROSINA

Lo voglio.

CORNELIA

O ben: ora t'accetto:

è cessato il cordoglio.

FLAMINIO

O pupa del mio cor.

CORNELIA

Cor del mio petto.

CAPITAN RODIMARTE

A noi: la mano, o bella.

ROSINA

Oh che gusto, che sento.

CAPITAN RODIMARTE

O mia splendida stella.

Tu sei la gioia mia.

ROSINA

Tu il mio contento.

FLAMINIO

Del ciel sommo valore!

Il giusto vinse; e trionfò l'ONORE!

TUTTI

Applaudiam con lieto grido,

al trionfo dell'onor.

Sempre un cor, costante, e fido,

gode, e giubila in amor.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ventesima Scena ventunesima Scena ventiduesima Scena ventitreesima Scena ventiquattresima Scena venticinquesima Scena ventiseiesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ventesima Scena ventunesima Scena ventiduesima Scena ventitreesima Scena ventiquattresima Scena venticinquesima Scena ventiseiesima Scena ventisettesima Scena ventottesima Scena ventinovesima Scena trentesima Scena trentunesima Atto terzo Scena Prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena ultima