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Il Titone

IL TITONE

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Giovanni FAUSTINI.
Musica di Francesco CAVALLI.

Prima esecuzione: anno 1645, Venezia.


Interlocutori:

Prologo

PASITEA

sconosciuto

Il SONNO

sconosciuto

L'AURORA

sconosciuto

 

CALISTO amadriada

sconosciuto

TITONE figliolo di Laomedonte re di Troia

sconosciuto

AURA PRIMA

sconosciuto

AURA SECONDA

sconosciuto

FLORA

sconosciuto

ZEFIRO

sconosciuto

La GELOSIA

sconosciuto


Coro di Amadriade. Coro di Venti occidentali. Coro di Innadi, ancelle di Flora tacite. Coro di mattutini crepuscoli, taciti seguaci dell'Aurora.

Si comincia la favola nelle selve idee, e si termina ne' giardini di Flora.

All'illustrissimo

signor patron colendiss.

il signor

Alvise Duodo

dell'illustris. sig. Gerolemo

fu dell'illust. sig. Alvise.

Appoggio a gl'allori crescenti di v. s. illustriss. il mio Titone, acciò non resti incenerito da' fulmini dell'invidia. Teme più questo eroe cacciatore i momi del presente secolo, che le fere più rabbiose del frigio Ida; perciò ricorre alla protezione di v. s. illustriss. sicuro di non rimanere atterrito da' loro latrati, più orribili di quelli, che formano i suoi molossi.

Non potea meglio ricoverarsi questo giovane semidio, che sotto la grazia di v. s. illustriss. come quella, che in una età giovanile, nel procelloso Egeo della vita, in cui l'umanità trascorre, da mille turbolenze agitata, ha per Tisi, e per Palinuro la prudenza civile, quale le presagisce le porpore più illustri, che ammantano quei saggi, che con politica inimitabile rendono eterna questa gloriosa repubblica; Spero di essere ossequioso ammiratore di questi avverati vaticini; e a v. s. illustrissima bacio le mani.

Di v. s. illustriss.

devoto servitore

Giovanni Faustini

Prologo
Scena unica

Abitazione del Sonno.
Pasitea, il Sonno, l'Aurora.

PASITEA

Importuni letarghi,

che 'l mio ben mi togliete,

che 'l mio ben mi rapite,

partite omai, partite

da quelle luci amate,

che rendete eclissate.

Apri gl'occhi amorosetti

mio bel sposo

sonnacchioso,

darti vo' de' baci eletti,

apri gl'occhi amorosetti.

Che ti val Pasitea

essere del tuo nume

la sospirata dea,

s'in quest'oziose piume

egli sommerso ogn'ora

tra sonni suoi dimora.

Apri gl'occhi amorosetti.

Vezzeggio chi non sente,

amoreggio un defonto,

un cadavere abbraccio,

chiamo chi non risponde,

ho sete in mezzo all'onde.

Apri gl'occhi amorosetti.

SONNO

O di quel foco, in cui

ardo, vivo felice

facelletta, e radice,

sempre tra miei riposi

con te sogno, e vaneggio,

altri che te non veggio,

ti bacio, e ti lusingo,

nelle braccia ti stringo,

e tal dolcezza provo

con la tua finta imago,

che sonni eterni di dormir son vago.

PASITEA

Empio Morfeo t'accuso

di perfidia, e di frode,

per te resta deluso

il tuo signore, e mio,

ed io misera, ed io,

per il tuo falso oggetto,

una statua di carne ho sempre in letto.

Dunque vieppiù del corpo

l'ombra t'alletta, e piace,

l'ombra vana, e fugace?

Ahi delle larve istesse

mi fa gelosa Amore:

dimmi, dimmi mio core

tu da bugiarde forme

allettato, che dormi? O pena, ei dorme.

Apri gl'occhi amorosetti

mio bel sposo

sonnacchioso,

darti vo' de' baci eletti,

apri gl'occhi amorosetti.

SONNO

Or di baciarti appunto

bella mia mi parea,

e l'anima traea

da quei baciati, e molli

soavi rubinetti

sovraumani diletti.

PASITEA

Vo' che provi qual sia

differenza in baciar bocche sognate,

ovver labbra veraci, e innamorate:

voglio farti sentire,

ohimè, che dormi? O pena, ah non dormire.

SONNO

Baciami pur, son desto,

mordi, pungi, ferisci

colomba mia diletta,

i baci tuoi già la mia bocca aspetta.

L'AURORA

Grandini amanti amati

influssi di conforti

ognor sovra di voi

la bella Citerea da' giri suoi.

Deh per l'amor che porti

o Sonno, o grato Sonno

alla tua cara speme,

concedi breve aita

alla mia fé schernita.

SONNO

Son violenze queste

e non preghi, o del sole

lucidissima nunzia, alma guerriera,

che l'ombre uccidi col vibrar de' rai.

Chiedi pur quanto brami, aita avrai.

L'AURORA

Amo Titon crudele

figlio del re troiano,

il cui seno agghiacciato

resiste ad ogni ardore,

e rende ottuse, e inermi

le quadrelle d'amore.

Questi rapir vogl'io,

ed or, ch'egli infestando,

lungi da suoi custodi

se n' va le fere idee,

ch'immerso, e profondato

da te resti, desio,

nell'onde dell'oblio.

SONNO

Tosto in grembo l'avrai

addormentato, e tosto

del tuo trionfator trionferai.

Pasitea vado, e riedo,

sarà breve il soggiorno,

inventa novi baci, ora ritorno.

PASITEA

Mentre amante assetata

il labbro inaridito

accosto alla bramata

acqua amorosa, ella da me se n' fugge,

e nel fuggir vieppiù m'asseta, e strugge

or, ch'io godea, destato

da suoi sonni, il mio nume,

m'esce di grembo, e altrove

spiega, drizza le piume:

quando torna, vogl'io

così tenacemente

incatenargli il collo

con queste braccia, che

mai più non possa egli volar da me.

O quanto è dolce amore,

credo, che lo compose

schiera d'api, da succhi

de' gigli, e delle rose,

delle sue ambrosie mai si sazia il core.

O quanto è dolce amore.

Riedi mia vita, riedi,

vieni tosto a libare

da due labbra vezzose

uniche gioie, e care;

non tardiamo a goder, volano l'ore.

O quanto è dolce amore.

Atto primo
Scena prima

Selva idea.
Calisto.

Se mai ti prendo amor

voglio spezzarti i strali,

vo' spennacchiarti l'ali.

Amo fiera beltà,

invan lusingo, e prego,

invan chiede pietà

l'acerbo mio dolor.

Se mai ti prendo amor

voglio spezzarti i strali,

vo' spennacchiarti l'ali.

Son bella, e che mi val,

son leggiadra, e che giova

s'all'amoroso mal

non ha rimedio il cor.

Se mai ti prendo amor

voglio spezzarti i strali,

vo' spennacchiarti l'ali.

Perché crudel, perché

vuoi tu, ch'adori un angue?

Dunque senza mercé

dovrò languire ognor?

Se mai ti prendo amor

voglio spezzarti i strali,

vo' spennacchiarti l'ali.

Scena seconda

Coro di Amadriade, Calisto.

CORO

Non amar chi ti disprezza,

torna al canto, al vezzo, al riso,

tributario il tuo bel viso

solo sia di chi l'apprezza.

Scioccarella

quanto bella

non amar chi ti disprezza.

CALISTO

Altri ch'il vago mio,

benché crudo egli sia,

sorelle, amar non posso, e non vogl'io:

del mio caro Titone

ogni scherno m'è dolce, ogni fierezza.

CORO

Scioccarella

quanto bella

non amar chi ti disprezza.

CORO PRIMO

Vagheggia vagheggiata

semplicetta ostinata

non far, non far Calisto,

ch'un rio martire eterno,

quasi gelido verno,

con oltraggiosi algori

ti dissecchi nel volto i freschi fiori;

con fervido amator

passa contenta i giorni

degl'anni tuoi nel fior,

che colei, che non gode

in sull'età fiorita

piange il perduto ben vecchia aborrita.

Odia colui che t'odia, ama chi t'ama,

vagheggia vagheggiata

semplicetta ostinata.

CALISTO

Amor cieco a' perigli

non riceve consigli;

languisco amando,

godo penando.

CORO SECONDO

Ah se tu fossi accolta

da desio amante

dentro il seno una volta,

diresti ben, pentita

della passata vita,

pazza colei, che versa

lagrime, e getta l'ora,

d'intenerir sperando

d'un vivo sasso il core.

Fuggi chi ti disama,

prova quel ch'è gioire, ama t'ama.

CORO PRIMO E CORO SECONDO

Vagheggia vagheggiata

semplicetta ostinata.

CALISTO

Clizia del sol ribelle

pria diverrà,

ch'io drizzi ad altre stelle

la mia beltà.

Fiero è il mio bene, e così fiero il voglio,

un giorno forse ei deporrà l'orgoglio.

CORO PRIMO E CORO SECONDO

Vagheggia vagheggiata

semplicetta ostinata.

CALISTO

Incostante, e infedele

alma non ho,

sprezzi pur mie querele

io l'amerò,

il pianto mio gl'ammollirà l'asprezza,

stilla d'acqua incessante i marmi sprezza.

CORO PRIMO E CORO SECONDO

Scioccarella

quanto bella

non amar chi ti disprezza.

Scena terza

Titone, Calisto, coro di Amadriade.

TITONE

Te, te Tigrino mio,

Tigrino mio te, te.

CALISTO

Se n' vien Titone, ahi mi si spezza il core.

Soccorso, aita amore.

TITONE

Ninfe, se mai non svella

rustica mano, o sfrondi

i vostri patrii rami,

se mai fiera non roda

vostre natie cortecce,

se mai turbo arrogante

non schianti vostre piante,

deh se l'avete, deh

il mio caro Tigrin rendete a me;

seguitando una belva

entrò dentro la selva, e l'ho smarrito.

Deh se l'avete, deh

il mio caro Tigrin rendete a me.

CALISTO

Qui non venne Tigrino.

TITONE

Ed ecco l'importuna.

CALISTO

O tigre mia,

tigre, che più t'irriti

agl'amorosi inviti.

Deh Cinzia ti guardi

dagl'arrabbiati denti

di silvestri portenti

girami almen benigno

delle tue luci un guardo,

tempra la fiamma, ond'ardo.

TITONE

Folle tu gridi al vento,

tu preghi 'l sordo mar,

io non ti voglio amar.

Rido del tuo tormento,

e rido, perché so,

ch'amor dalla bugia

dell'ingannar altrui l'uso imparò.

Io non ti voglio amar,

folle tu gridi al vento

tu preghi 'l sordo mar.

CALISTO

Ohimè dunque non credi

a questo pianto? Il vedi pure, il vedi.

TITONE

Anzi più, che ti vedo

a sparger lagrimette, io men ti credo.

Sempre negl'occhi un oceano avete

voi donne ingannatrici,

e allor tradite altrui quando piangete.

Bench'io sia giovanetto

le vostre frodi lusinghiere io so,

e invan di voi più d'una

per adescarmi i falsi vezzi usò.

Io non ti voglio amar,

folle tu gridi al vento

tu preghi 'l sordo mar.

CALISTO

Anterote immortale

castiga tu, castiga

di costui l'alterezza.

CORO PRIMO E CORO SECONDO

Scioccarella

quanto bella

non amar chi ti disprezza.

CALISTO

Che sì di amor, che sì

farà, che mi ami un dì?

TITONE

Gran speme ti lusinga,

e pur saper dovresti

a tante prove, a tante

che 'l tuo bastardo infante

non ha dardi per me.

Ma che più bado qui? Tigrin te, te.

CALISTO

Ferma spietato, ferma,

vo' finir col morire

il cordoglio, il languire;

ferma, voglio, che miri

della tua crudelitade

i trofei sanguinosi,

i spettacoli atroci, e lagrimosi.

TITONE

Ecco arrestato il passo,

via di morir t'affretta,

se per uscir di guai morte t'alletta.

CORO PRIMO

Barbara impietade.

CORO SECONDO

O cor villano.

CALISTO

Lupi famelici,

cinghiali rabidi,

orsi fierissimi

lasciate l'orride

tane, qui pregovi

venite rapidi,

e laceratemi,

e divoratemi;

miri l'incredulo

l'estremo esizio

di quella misera,

che sparse gemiti,

che versò lagrime,

che trista, e flebile

sospirò l'anima,

sol per commuovere,

e invan dell'empio

il sen di rovere.

TITONE

Eh tardi tu morrai

s'aspetti, ch'a sbranarti

vengan dagl'antri cupi

gl'orsi, i cinghiali, e i lupi.

Se di morire hai voglia

questo ferro pungente,

prendilo pure ardita,

ti leverà la vita:

passa, passati il petto,

che di piangerti morta io ti prometto.

CALISTO

O più crudo, e feroce

delle fiere invocate,

ti generò cred'io

del mare siciliano i mostri orrendi,

satta le voglie tue, svenami, prendi.

Maledetta la face,

maledetto lo strale,

che di te m'infiammò,

che di te mi ferì,

sia maledetto il dì,

che l'occhio ti mirò:

già la ragion si sbenda,

e conosce l'errore,

già la tua crudeltade uccide Amore.

Già lacerato cade,

né soccorrerlo può la tua beltade,

già già dalla sua morte

la mia salute è nata,

e la mia libertà resuscitata.

CORO PRIMO E CORO SECONDO

O saggio quel core,

che dalla ferita

sottrarsi a tempo sa

del perfido Amore.

Scena quarta

Titone.

Addio così si more?

Così dunque veloci

i cadaveri esangui hanno le piante?

Credete voi, credete a bocca amante.

Puro interesse è amore,

promette per avere,

inganna per godere,

mentisce i sospiretti,

sparge di mele i detti

per gioir con un core,

puro interesse è amore.

Giovani non credete

a colei, che vi dice

ardo, moro infelice,

è bugiardo il suo dire,

non sa quel ch'è morire

è finto quell'ardore.

Puro interesse è amore.

Altro mai non s'impara

nelle veneree scole,

che falseggiar parole,

quest'aforismo ognora

legge in voce sonora

l'inganno all'uditore,

puro interesse è amore.

Ma del mio fido cane,

smemorato ch'io sono

non mi rammento? Te Tigrino. O quale

sonno improvviso le mie luci assale:

Tigrin, Tigrin vacillo,

e le palpebre oppresse

da sonnifero dolce

si racchiudono al giorno.

Quivi sotto quest'orno

verdeggiante, ed ombroso

mi do in preda 'l riposo.

Scena quinta

L'Aurora, Aura prima, Aura seconda, Titone addormentato.

L'AURORA

Placido il sonno

sopito ha i sensi

in dolce oblio

al crudo mio.

Aure tacete,

non lo svegliate,

ohimè non fate,

ch'egli abbandoni

l'acque del Lete,

aure tacete.

Ma, che dic'io,

con i sussurri

sì sì rendete

i suoi riposi

più sonnacchiosi.

AURA PRIMA E AURA SECONDA

Per non vibrare a cori

fieri, e cocenti ardori

deh dormite,

non v'aprite

pupille languidette,

luminose stellette.

Crude se vi girate,

mill'anime piagate.

Deh dormite,

non v'aprite

pupille languidette,

luminose stellette.

L'AURORA

O bello orgogliosetto

delle dèe più vezzose

tormentoso diletto,

tu sarai pure, ad onta

della tua feritade.

D'una diva sprezzata

preda cara, e bramata,

saran pure mie rapine,

crudel, le tue bellezze

sdegnosette, e divine.

Ohimè di voglia io moro

di baciarti ben mio,

ma raffreno il desio,

non vo' da bocca immota,

da labbri semivivi

rapir baci furtivi.

Ti bacerò ben io,

colà nell'oriente,

da' sopori destato,

nel mio ricetto aurato,

in amoroso agone

superbetto garzone.

Lucido Apollo,

ch'in aureo carro

di raggi adorno

arrechi il giorno

al mondo cieco,

celati omai,

che più bei rai,

che più bel sole,

più chiara luce

nell'alta mole

l'Aurora adduce.

Cedi a lui, cedi

pur la quadriga

celeste auriga.

Ohimè di voglia io moro

di baciarti ben mio,

ma raffreno il desio.

Via portatelo voi

pennute ancelle ne' miei nidi eoi:

ad assidermi intanto

sopra il carro me n' vo, vi seguo or ora.

O cara preda, o fortunata Aurora.

Scena sesta

Aura prima, Aura seconda, Titone addormentato.

AURA PRIMA

Su su sorella

sia nostro peso

forma sì bella.

AURA SECONDA

Per trar d'affanni

la nostra dèa

spieghiamo i vanni.

AURA PRIMA

Ahi come in un balen

interne fiamme io covo.

AURA SECONDA

Mi serpe ohimè nel sen

un non so che di novo.

AURA PRIMA

Qual incognita forza

l'alma mi trae dal petto?

AURA SECONDA

Qual non inteso affetto

a sospirar mi sforza?

AURA PRIMA

Ardo.

AURA SECONDA

Gelo.

AURA PRIMA

Che fia?

AURA SECONDA

È forse questi amor, che nasce in me?

AURA PRIMA

Amore, amore egl'è.

AURA SECONDA

Da che mirai quel viso.

AURA PRIMA

Da ch'osservai quel volto.

AURA PRIMA E AURA SECONDA

Sagittario bendato il cor m'ha colto.

AURA SECONDA

Qual repente languore

tinge di pallidezza

il tuo vermiglio, e natural colore?

AURA PRIMA

Qual parossismo strano

ti fa svenire? Hai tu la febbre? O come,

o come il cor ti palpita, che miri,

che gemi, che sospiri.

AURA SECONDA

Amo sorella.

AURA PRIMA

Anch'io.

AURA SECONDA

Che sì, che di Titone è fatta amante?

AURA PRIMA

Che sì ch'ama costei l'idolo mio?

AURA SECONDA

Qual oggetto, deh dimmi,

l'anima t'involò.

AURA PRIMA

Vedilo.

AURA SECONDA

Ohimè.

AURA PRIMA

Quel bel fanciullo ferimmi.

Ma qual ohimè dolente

dalla bocca t'uscì?

AURA SECONDA

Di te mi duole

ch'invaghita ti sei

della stessa fierezza, ami una fera

sitibonda di pianti, e segui un sordo

che non ode d'amor alta preghiera.

Le ninfe più gentili

delle prossime fonti,

l'Amadriade più vaghe,

l'Innadi più odorose,

le Napee più vezzose

supplicarono invano

il crudel, l'inumano.

Così bella è l'Aurora,

che quand'esce dal Gange

anco 'l cielo innamora,

eppur vedesti, come

con repulse, con sprezzi

derise egli i tuoi vezzi,

che disperata alfine

si volge alle rapine.

Amor cangia, e pensiero:

non amar quest'altero.

AURA PRIMA

Come rende costei

oratrice faconda

di gelosia la sferza.

Eh mal s'asconde, e cela

fiamma immensa, in un petto

tenerello, e ristretto:

il male, che m'affligge

e quel, che ti tormenta,

Titone ambe n'accende

amanti ambe ci rende.

AURA SECONDA

È vero amo Titone,

quel rigido garzone,

che ti dipinse al vivo

la mia lingua gelosa,

che chiude in petto alpino alma ritrosa

ma intempestive amanti

che farem noi? Conviene

porre nell'altrui braccia il nostro bene.

AURA PRIMA

Odi ciò, che mi detta industre amore.

Scena settima

L'Aurora, Aura prima, Aura seconda, Titone addormentato.

L'AURORA

Che pigrizie son queste?

AURA SECONDA

Ecco l'Aurora

L'AURORA

Che tardanze moleste?

AURA PRIMA

Ragiona in basse note,

tra i legami del sonno egli si scote,

che si svegli temiamo.

Di nuovo sussurriamo.

L'AURORA

Lievi calcate il suolo

con il tenero piè,

che non si desti ohimè.

AURA PRIMA E AURA SECONDA

Per non vibrare a cori

fieri, e cocenti ardori

deh dormite,

non v'aprite

pupille languidette,

luminose stellette.

L'AURORA

Dorme?

AURA PRIMA

Sì, dorme, in un balen va' pure,

sarà da noi rapito.

L'AURORA

Non m'uccidete più con la dimora.

O cara preda, o fortunata Aurora.

Scena ottava

Aura prima, Aura seconda, Titone addormentato.

AURA SECONDA

Partì?

AURA PRIMA

Sì, sì partì.

AURA SECONDA

Amor, che ti dettò di' tosto, di'.

AURA PRIMA

Vo', che portiam Titone

non già nell'oriente

a' tetti dell'Aurora,

ma là nell'occidente

ne' giardini di Flora,

ove Zefiro amico

n'accetterà cortese:

ivi le voglie accese

potrem, concordi amanti, in grembo a fiori

sfogar col giovanetto in dolci amori.

AURA SECONDA

Per sì sagace avviso

vo' baciarti le guance.

AURA PRIMA

E non la bocca?

AURA SECONDA

Eh tu non sei Titon ma non è tempo

sorella di scherzare,

al rapire, al predare.

Al predare, al rapire,

al rapire, al predare,

se tra dolcezze rare

bramiam noi di gioire.

Al rapire, al predare,

al predare, al rapire.

Atto secondo
Scena prima

Giardini di Flora.
Flora.

Fiori odorati

stelle de' prati,

de' miei giardini

gemme pompose,

viole, e gigli,

ligustri, e rose

germinate,

pullulate.

Zefiro mio gentile,

Zefiretto soave

è già passato Aprile

e tu non riedi ancora?

T'aspetta la tua Flora.

Deh vieni amato vento

a temprar col tuo fiato

l'ardor del mio tormento,

ritorna a chi t'adora,

t'aspetta la tua Flora.

Amor da questo petto

esci volando, trova

il mio pigro diletto.

E digli, che dimora?

T'aspetta la tua Flora.

Che veggio? L'aure a volo

hanno quivi portato

giovanetto assonnato.

Ei si sveglia, e risorge,

e l'ignote vaghezze

del fiorito giardin stupido ammira,

parla con l'aure, e ver me i passi gira.

Voglio nascosta udire

qual caso, o voglia il mena

in questa parte occidentale amena.

Scena seconda

Titone, Aura prima, Aura seconda.

TITONE

Ove son io? Chi siete?

Dormo ancora, o son desto?

Non son, non son già queste

le patrie idee foreste:

qual invidia mi toglie

alle mie cacce liete

ove son io? Chi siete?

AURA PRIMA E AURA SECONDA

Noi siam due verginelle

prigioniere d'Amore,

e le tue chiome belle

n'incatenaro il core.

Noi siam due verginelle

prigioniere d'Amore.

TITONE

Contro tante lascive

Diana oggi m'aiti.

AURA PRIMA

Vedi come son vaga.

AURA SECONDA

Mira come son bella.

AURA PRIMA

Ho nel labbro il rubin.

AURA SECONDA

Porto l'oro nel crin.

AURA PRIMA

Di zaffiri pregiati

ho gli occhi fabbricati.

AURA SECONDA

Ho di perle la bocca

che stilla ambrosia, e fiocca,

AURA PRIMA E AURA SECONDA

Questi natii tesori,

ch'avare altrui neghiamo

prodighe a te doniamo

o re de' nostri cori.

TITONE

Col rifiuto scortese

parer già non vogl'io

d'esser stato nutrito

tra selvagge capanne,

ovver tra giunchi e canne.

Vostre ricchezze accetto,

e perché il tempo, ingordo

del nostro bello umano,

ladro non me lo rubi,

le vo' dal vostro volto

or ora sradicarle,

e racchiuse serbarle.

AURA PRIMA

Sono le nostre gioie

a sembianza d'un fiore,

che dal materno stelo

reciso, langue, infracidisce, e more.

Godile ove son nate

appunto pria, ch'il vecchio

da prestissimi voli

né le calpesti, o involi:

prendi, prendi di loro

con le labbra il possesso,

bacia, e fuggi baciando,

acciò che resti impresso

della tua signoria, il segno anima mia.

TITONE

T'arretra, olà t'arretra

baldanzosa lasciva,

se della mia faretra

non vuoi nel seno ricettare un telo,

t'ingoi la terra, e incenerisca il cielo.

AURA SECONDA

Così sdegnoso, e crudo

sei tu verso chi t'ama?

Eccoti il petto ignudo,

anch'io t'amo, ferisci,

ferisci a tuo talento

o mio dolce tormento.

Questo seno

morbidetto,

questo latte

candidetto,

queste poma acerbe, e intatte

la natura ha per te fatte.

Impiaga, ma sia

saetta la lingua,

arciera la bocca,

che tardi, che tardi quadrelle deh scocca.

Scena terza

Flora, Titone.

FLORA

Impudiche, sfacciate

questi casti soggiorni

più del folgore preste abbandonate.

Ite o sozze di Cipro

alle lascive, e disoneste sponde

a disfamar le vostre brame immonde.

TITONE

A tempo qui giungesti

ch'aveva spezzato il freno

alla pazienza mia coppia sì rea,

di sì adorne contrade o genio, o dea.

Ma dimmi, ove son io,

qui venni, e non so come,

fammi noto il tuo nome.

FLORA

Flora son io, de' fiori

produttrice, e reina,

quivi con la tua schiera

de' venti occidentali

meco Zefiro impera.

TITONE

Ohimè, che narri o diva?

Terra così remota

dalla troiana riva,

dalla Frigia soggetta

al re mio genitore, ahi mi ricetta?

Qual turbine maligno addormentato

mi portò qui sui vanni?

Lasso quando andrò mai

peregrino inesperto

senza guida, o compagno,

per sì lungo viaggio,

e sconosciute strade

alla reggia del padre?

Forse più non vedrai

la giovanetta prole

o cara genitrice

di Troia imperatrice,

troppo vasti confini,

tratti d'immensi mari

ci dividono, oh sorte,

venga, venga la morte.

FLORA

L'umido ciglio asciuga

giovine sconsolato,

dal mio Zefiro alato,

che riederà ben tosto

ai desiati nidi,

ti prometto di farti

sopra delle sue penne

condurti al patrio regno,

prendi mia destra in pegno.

Scena quarta

Zefiro, Flora, Titone.

ZEFIRO

Prendi mia destra in pegno?

Ohimè col vago alato

così dunque raccolto

da te perfido io vegno?

Prendi mia destra in pegno?

FLORA

Acchetati mio core,

né gelosia ti morda

con le vipere il seno.

Questi che miri.

ZEFIRO

Taci

spergiura, udir non voglio

le tue scuse mendaci.

Così mentre ch'è intento

agl'officii del mondo

il tuo sposo, il tuo vento,

ne suoi tetti raccogli

traditrice, incostante

un delicato amante?

TITONE

Del geloso adirato

voglio involarmi a' sdegni.

Scena quinta

Flora, Zefiro.

FLORA

Amor del mio consorte,

fede candida, e pura,

onestade incorrotta,

ch'indivisibilmente

ognor m'accompagnate

narrate voi, narrate

se colpevole è Flora, od innocente.

ZEFIRO

Senti, senti i lor gridi,

che t'accusano rea

degli misfatti infidi.

In tal guisa impudica

l'amor mio guiderdoni?

Così ad altri ti doni

spenta la fiamma antica?

Io, che ti fei de' fiori,

ingratissima Clori,

dominatrice, alfine

ho per premio le spine?

Io ti resi immortale,

perché fossero eterne

l'alte vergogne mie?

Sfingi, pitoni Arpie

venite a mille, a mille

dalle spelonche averne

a sbranare quel petto

d'infedeltà ricetto.

Perché foco non spiro

qual Mongibello ardente

per abbruciar l'indegna?

Sdegno, rabbia, rancor solo in me regna.

Timido, fuggitivo

ecco di già partito

il novo Ganimede,

ma indarno egli commette

la sua salute al piede.

Vo' pria vedermi sazio

col dovuto suo strazio,

e poi di qui sì ratto

andar tanto lontano,

ch'il nome non arrivi

dei tuoi falli lascivi.

Resta malvagia, resta,

e teco l'odio mio se n' resti insieme,

né mai di rivedermi aver più speme.

Scena sesta

Flora.

Flora infelice, Flora

qual grave pena, e dura

di non pensato errore

ria stella, empia sciagura

t'arreca ingiusta al core?

Mostro nero infernale,

che turbi, e avveleni?

D'amor le paci vere,

tra gl'orridi confini

del Tartaro tremendo

ti chiuda il re severo

di quel profondo impero,

e qual Tizio novello

ti facci divorare

da famelico augello,

con eterno dolore,

l'invidioso core,

in quella guisa appunto,

che tu squarci agl'amanti

le viscere, crudele,

e le spargi di fele.

Fiori, miei vaghi germi,

s'avesse per nutrici

mattutine rugiade

or rugiade stillate,

e meco lagrimate:

spargete, ohimè spargete

arabiche fragranze,

odorosi sospiri

a' miei fieri martiri.

Zefiro ascolta, ascolta

la tua Flora innocente,

né dar fede ti prego

all'empia fraudolente,

che tra l'anime amanti

germina risse, e pianti

qual Eumenida stolta.

Zefiro ascolta, ascolta.

Scena settima

L'Aurora.

Amoretti sbendati

raccogliete le penne,

qui, qui la coppia ribellante venne.

Qui, qui l'aure predaci

il tesoro involato,

se la fama è verace, hanno portato.

Tra questi giardinetti

il bel Titon s'annida,

e forse in grembo, ohimè d'un'aura infida.

Forse a tante vaghezze

raddolcito 'l rigore

fuori, ohimè, del mio seno arde d'amore.

O in clima così puro

diva imperante, o Flora

a te la vita sua chiede l'Aurora.

Per riaver il furto

e le ladre, al tuo regno

de' crepuscoli miei sull'ali io vegno.

Ma da Flora, che spero?

Interna voce io sento,

che dice di Titon Flora è 'l contento.

Se quest'è ver, ch'indugio?

Cada chi mi s'oppone,

mi renderà la forza il mio Titone?

Scena ottava

La Gelosia.

A quest'ali vermiglie

tutt'orecchie, e tutt'occhi,

alla veste intessuta

di sì vari colori,

alle spine, a' pallori

d'esser riconosciuta

da mille amanti io credo,

ma perch'agl'atti io vedo,

ch'a chi non sente amore

ancor nota io non sono,

voglio dir qual mi sia,

io son la gelosia.

Spiritello volante

d'aere formato io fui,

e qual Ate ho le piante

sì molli, e tenerelle,

che quasi sempre albergo

nel sen di donne belle,

ovver me n' sto tra cori

di veraci amatori.

Tutta gelo son io,

eppur il ghiaccio mio

del fanciullin di Gnido

rende il foco maggiore,

e gl'accresce calore.

Zefiro ingelosito,

dopo brevi intervalli,

godrà con più dolcezza

dell'alma sua bellezza,

e di Titon l'Aurora,

tocca dalla mia sferza

rigorosa, e pungente

s'accende maggiormente.

Amor pigro, amor lento

punto da queste spine

sfido a correre il vento:

ei per me vive, e in fasce

con le mie nevi si nutrisce, e pasce.

Tra le cure mordaci,

tra i sospetti, e i pensieri

rendo più dolci i baci;

sferzo, e sferzando apporto

alimento al piacer, esca al conforto.

Chi è di saper bramoso

s'i vanti miei son veri

ami, e venga geloso.

Grande è la gloria mia.

Viva, viva d'amor la gelosia.

Atto terzo
Scena prima.

Alpestra.
Zefiro, Coro di Venti occidentali, Titone.

ZEFIRO

Voi de' miei disonori

siate vindici crudi,

per uccider il reo

novi strali inventate,

e se non ritrovate

martir cruccioso,

che s'adatti al su' errore

prendete il mio dolore.

CORO

D'aspri patiboli,

di pene acerrime,

di crucci orribili

sarem noi Zefiro

fabbri, e carnefici.

TITONE

D'un aborrito fallo,

d'un delitto, che mai

non commisi, degg'io

far penitenza? O Giove

e l'innocenza mia non ti commove?

ZEFIRO

Vi lascio o fidi, fate

che la fama m'apporti

ovunque io sarò andato

del prigion lacerato

le dolorose morti.

O Zefiro infelice,

o Flora ingannatrice.

Scena seconda

Coro di Venti Occidentali, Titone.

CORO

Si laceri,

si maceri,

uccidasi,

recidasi,

s'estermini,

s'annichili

la libidine

di cupidine.

TITONE

Cielo, cielo spietato

a qual orrido fine,

ohimè m'hai destinato.

CORO PRIMO

Vo' che tra doglie acerbe

a un tronco avvinto,

lasci costui la delicata pelle,

così fece di Marsia il dio di Cinto.

CORO SECONDO

Tropp'è mite il castigo, a poco, a poco

di bitume, e di zolfo un misto fatto

in più giorni s'abbruci a lento foco.

CORO TERZO

Il mio senso de' vostri, è più crudele,

esposto ignudo a' rai del sole ardente

lo divorin le vespe unto di miele.

TITONE

Ohimè ch'odo infelice.

CORO PRIMO

Acchetatevi voi

inesperti che siete,

e al mio parer cedete.

CORO SECONDO

Da superbo tu parli.

Tanta arroganza, tanta

tu racchiudi nel petto?

Vo' ch'il tormento mio

l'uccida a tuo dispetto.

CORO TERZO

Ambeduo v'ingannate,

morrà questo malnato

com'Africo ha narrato.

TITONE

Soccorretemi o stelle.

CORO PRIMO

Non fate ch'io m'adiri,

io vi sarò.

CORO TERZO

Che soffi?

Che minacci? Vedrai

e il vedrà Coro ancora,

s'ei ripugna al mio intento,

quanto io superi voi

di forza, e d'ardimento.

CORO SECONDO

Alle prove, alle prove,

udite di battaglia

il rauco invito, il grido,

a guerra ambo vi sfido.

CORO PRIMO

Fermate, il nostro sdegno

non ritardi la pena

ch'a costui dar si deve,

rapidissimo, e lieve

ciascun di noi se n' voli

ove Zefiro stassi,

e a lui si richieda

per qual strazio egli vuole,

che di spirito privo

se ne resti il cattivo.

CORO SECONDO

Il tuo consiglio approvo.

CORO TERZO

Anch'io, non perché tema

di voi, ma perché resti

del bel Favonio, in breve

punita, e vendicata

l'onta enorme, e sfacciata.

CORO PRIMO

Dimori incatenato

a questa selce, insino

che torniamo il meschino.

CORO SECONDO

Annodalo ben stretto.

CORO PRIMO

Che temi tu, ch'ei fugga?

Si slacci pure, indarno

per fuggir i tormenti

involerassi a' venti.

Scena terza

Titone.

Addio tetti reali,

addio parenti, addio,

sono gl'ultimi accenti

questi ch'ora v'invio:

fatemi i funerali,

le facelle accendete,

piangete pur, piangete,

destin crudele, a torto,

il vostro figlio ha morto.

Addio selve mie care,

più non vedrete, addio,

il vostro regio arciere

a saettar le fere.

Orcadi, se nutrite

nel vostro petto alpestro

scintilla di pietade,

deh quand'io sarò estinto

qualche sepolcro date

alle membra squarciate,

non vada almeno errando

per gli fetidi, e ombrosi

argini di Acheronte

il mio spirito afflitto,

né gli neghi 'l tragitto

l'altro nocchier Caronte.

Ohimè della mia morte

il calpestio già sento,

ecco se n' viene il vento.

Del timor, del terrore

in sulla ruota io sono

un dannato Issione,

sfortunato Titone.

Scena quarta

L'Aurora, Titone.

L'AURORA

O funeste novelle.

Se le proterve stelle

hanno estinto il mio lume,

trovi Giove altro nume,

che trabocchi la notte

dalle polari altezze,

voglio tra l'orridezze

di tenebrose grotte

viver l'eternità:

il silenzio rompete

macigni, e se 'l sapete

ditemi è spenta, ohimè, la mia beltà?

TITONE

L'Aurora è questa? O dèa pietà, pietà.

L'AURORA

Ohimè, parmi d'udire

di Titone la voce,

che di pietà mi prega.

O ciel non foss'estinto,

eccolo a un sasso avvinto.

TITONE

Questi nodi deh sciogli,

spezza queste catene,

dalle tenebre togli,

bella quanto clemente,

un povero innocente.

L'AURORA

Vo fingermi adirata.

Ardisci dunque, ed osa

la stessa crudeltade

di supplicar pietade?

Trovar clemenza spera

alma inclemente, e fiera?

Dimori pur, dimori

da quei lacci legato

o discortese, o ingrato.

Queste son le vendette,

che fa 'l ciel de' superbi:

parto, tu resta a' guai.

Se di partire ho voglia amor tu 'l sai.

TITONE

Fermati diva, ferma,

ohimè sospendi il passo,

e per colui, ch'adori

non mi lasciare esposto

qui de' venti a' furori.

L'AURORA

Non adoro, adorai,

taci lingua bugiarda

adoro più che mai,

e s'idolatra io fui

infruttuoso, e vano

e ch'io te lo rivele,

troppo lo sai crudele,

crudel, di queste selci

al pari alpestre, e duro,

come, come a ragion l'orgoglio abbassi,

come stan bene uniti i sassi ai sassi.

Parto, tu resta a' guai.

Se di partire ho voglia amor tu 'l sai.

TITONE

O dio, t'arresta, o dio

ti mova il pianto mio.

L'AURORA

Più mentire non posso.

Chi vuol veder stupori

or venga in questo loco,

versa lagrime vive il mio bel foco.

S'io ti snodo cortese

qual premio mi darai?

TITONE

Il cor se 'l chiederai.

L'AURORA

O tre volte beata

s'ei non t'inganna Aurora.

E qual cor mi prometti

quello, che desti a Flora?

TITONE

Ti prometto quel core,

che sdegnò sempre Amore,

quel cor, che mai non volle

uscir da questo petto,

per non viver soggetto.

L'AURORA

S'io ti credessi, or ora

ti scioglierei.

TITONE

Ti giuro

per la terra, che calco,

per l'aere, che respiro,

per il sol, che rimiro,

per il cielo, che m'ode,

che tu avrai per mercede

dell'opra tua pietosa

l'amor mio, la mia fede.

L'AURORA

Ite indegna catene

ad allacciar di Fetonte i rei,

è sacrilegio il fare offesa a' dèi.

Ah no, no, che ragiono,

s'un angelo annodaste

d'essere collocate

tutte carche di stelle

nel ciel voi meritate.

Dar vi vo' mille baci,

per voi godo il mio bene

gloriose catene.

TITONE

O bella, o cara, o pia

liberatrice mia,

se crudele ti fui

or grato mi ti dono,

mia dèa, dèa mia tuo sono.

L'AURORA

O vago, o dolce, o mio

ardor, laccio, e desio,

se fedele ti fui

sempre ti sarò fida,

tu sarai la mia scorta, io la tua guida.

TITONE

Deh di partir, ti prego,

di qua non siamo lenti

pria, che tornino i venti.

L'AURORA

Non temer, meco sei

luce, raggio, splendor degl'occhi miei.

Scena quinta

Prati.
Flora.

Torna Zefiro mio,

non mi lasciar qui sola.

Ohimè, che mi consola

pietoso del mio male,

deh rivolgi qui l'ale

o sospirato dio,

torna Zefiro mio.

Torna Zefiro caro,

sei tu solo il mio sole,

tra rose, e tra viole

vien chi t'ama a fruire,

lascia, deh lascia l'ire,

non m'esser di te avaro,

torna Zefiro caro.

Torna Zefiro bello,

deh torna a chi ti chiede,

non è saggio chi crede

a geloso sospetto,

è intatto il nostro letto

vago mio tortorello,

torna Zefiro bello.

Scena sesta

Zefiro, Flora.

ZEFIRO

Più che sdegno m'innalza,

e le pene mi scote,

più con varco allentato

Amor perché non parta, ahi mi percote.

FLORA

O Zefiro, o di Flora,

fiato, e spirto immortale.

ZEFIRO

O Flora, o falsa Flora,

tutta frode ed inganno,

o mia furia, o mio danno.

FLORA

Ancor t'ange, e flagella

timor fallace, e rio

l'anima, e 'l core, anima mia, cor mio?

ZEFIRO

E che pensi di novo,

mendace allettatrice,

con bocca ingannatrice,

con scaltre parolette

dar vita a quell'ardore,

ch'estinse nel mio petto

delle tue colpe oscene

il rimirato oggetto?

S'ho leggere le piume,

s'ho volubili i fiati

ho 'l pensiero costante

di così dure tempre,

che t'odierò mai sempre.

FLORA

Odiar vorrai chi t'ama,

fuggir da chi ti brama?

ZEFIRO

Tu m'ami? Menzognera.

Tu mi brami? Bugiarda.

Brami, ch'Eolo mi chiuda

ne' suoi sassi forati

per poter meglio, o cruda,

goder co' druidi amati:

ma che, piangi pur, piangi

a questi tristi avvisi,

il tuo furtivo amante,

o lacerato or giace,

o stassi agonizzante

per saziar le gole,

con le carni sbranate,

delle belve digiune, ed affamate.

FLORA

Ha morto un innocente

la tua rabbia gelosa,

qui dall'aure portato

il misero se n' venne

dalle frigie foreste.

ZEFIRO

Se n' venne a tue richieste,

e qui l'aure leggere

l'averanno condotto

vinte da tue preghiere.

O dio ti miro ancora

crudelissima Flora?

Su su spieghisi 'l volo

lungi da questo polo,

e da questa sleale.

Ohimè volar non posso, ho i pondi all'ale.

FLORA

Non fuggir, non lasciarmi

in preda a tristi lai,

Zefiro ferma, e s'hai

voglia di straziarmi

fa', che Stige ti presti

i ghiacci, i ferri, i fuochi,

gli angui, le ruote, i zolfi,

e senza andar lontano

con la tua propria mano

tormenta, a tuo piacere,

d'aspre ritorte cinta,

la mia innocenza.

ZEFIRO

Estinta.

Ancora tra pene involto

la fraudolente ascolto?

Su su spieghisi 'l volo

lungi da questo polo,

e da questa sleale,

ohimè volar non posso, ho i pondi all'ale?

Nega, ch'io fugga amore,

e come di fuggir Zefiro crede

se qual augel prigione ha il laccio al piede?

Scena settima

Aura prima, Aura seconda, Zefiro, Flora.

AURA PRIMA

Non vuol, che mora il crudo

in sì tenera etade

amorosa pietate.

Zefiro a torto uccidi

il giovane straniero,

ei venne a questi lidi

da noi rapito, e Amore

a rapirlo n'indusse.

Lascia, lascia il rigore,

lo sdegno da te scaccia,

e la tua fida Flora

geloso vento abbraccia.

ZEFIRO

E di che gli fu porta

la bianca destra in pegno?

FLORA

Di farlo al teucro regno

da te condur sull'ali,

l'anima impietosita

al suo pianto doglioso.

ZEFIRO

Ohimè mirar non oso

la mia dèa vilipesa.

FLORA

Di vergogna il rossore

se gl'accampa nel volto.

ZEFIRO

Flora?

FLORA

Flora ancor chiami?

E con languida voce

di medicar presumi

le piaghe, che feroce

all'onestade mia

fe' la tua gelosia?

Crudele, io vo' sottrarmi

dalle tue tirannie.

Trova pur nova sposa

più bella, e più pudica,

ti ripudia l'antica.

Non ti sdegnare Amore,

finge la lingua, innamorato è il core.

ZEFIRO

Ahi che parli, ahi che sento,

uccidami il tormento.

Pace, pace chieggo

supplicante prostrato

o mio cielo adirato.

I folgori sospendi,

tranquilla il tuo sereno,

e perdona alle mie

figlie d'un caldo effetto,

gelide gelosie,

volgimi gl'occhi belli

men sdegnosetta, e pia,

pietade Flora mia.

AURA SECONDA

Chi non s'ammollirebbe? Ella è già vinta.

FLORA

Più non poss'io mentire.

Eccoti la tua ancella

liberata dall'ire.

Deh stringimi,

abbracciami,

annodami.

ZEFIRO

Deh pungimi,

deh mordimi,

deh baciami.

Scena ottava

Coro di Venti occidentali, Zefiro, Flora, Aura prima, Aura seconda.

CORO PRIMO

Qual morte.

CORO SECONDO

A te.

CORO TERZO

Discordi.

CORO PRIMO

Silenzio voi.

CORO SECONDO

Silenzio tu.

CORO TERZO

Tacete discordi.

CORO SECONDO

A te.

CORO PRIMO

Qual morte.

ZEFIRO

Qual insania v'agita

o superbi, che siete?

Tacete, olà tacete,

e lasciate, che parli, Africo sola.

Che si ch 'è morto il miserello? O duolo.

CORO TERZO

Discordi in trar di vita

l'estranio prigioniero

Zefiro a te veniamo,

acciò, che proferire

tu debbi di qual morte

egli abbia da morire.

ZEFIRO

Protettore, e custode

dell'innocenza è il cielo,

per salvare il troiano

dall'ultimo martoro

ei mandò la discordia infra costoro.

Sciolta dalle catene

qui tosto l'arrecate.

FLORA

Fermate il piè, fermate,

ecco, che con l'Aurora egli se n' viene.

Scena ultima

Titone, l'Aurora, Zefiro, Flora, Aura prima, Aura seconda, coro di Venti occidentali.

L'AURORA

Più lucente, e serena,

più vaga, e fiammeggiante,

riamata,

ribaciata

da te suo caro amante

da te sua dolce pena,

per le celesti vie

apporterà l'Aurora al mondo il die.

TITONE

Comincia a far libare,

o mia diva immortale,

all'alma, amor bambino,

il suo soave nettare divino.

ZEFIRO

Dell'offese a te fatte,

dal mio furore ingiusto,

pronto io sono a soffrire

qual castigo tu vuoi giovane augusto.

TITONE

Zefiro, regio petto

d'odio non è capace,

ti voglio amico, e ti concedo pace.

AURA PRIMA

E tu per le bellezze

di quel volto, che miri

o dea, deh, deh depenna il nostro errore

ne persuase i latrocini Amore.

L'AURORA

Erraste, e grave pena

merta il vostro demerto,

pure in sì lieto giorno,

colma d'alto diletto,

la ribellione, e i furti io vi rimetto.

FLORA

Bell'aralda del sole

gioisco al tuo gioire,

né vorrei mai vedere

gli amanti cor languire,

lontani dal piacere.

L'AURORA

Se tra guai

io penai

sallo Amore, e lo sai tu,

or mercé

di tua fé

di penar non credo più.

TITONE

A me tocca

dolce bocca

di languir per tua beltà,

con saette

le vendette

de' suoi schermi Amor or fa.

ZEFIRO E FLORA

Augelletti

garruletti

deh canori

applaudite a questi amori,

e cantate,

e narrate

dell'Aurora gl'imenei,

i Cupidine i trofei.

L'AURORA

Chiari albori

l'ali aprite,

e da terra

ci rapite,

in un drappel

tutti lieti andiamo al ciel.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
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Locandina Prologo Scena unica Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Atto terzo Scena prima. Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena ultima