TIGRANE
Dramma per musica.
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Libretto di Domenico LALLI.
Musica di Alessandro SCARLATTI.
Prima esecuzione: 16 febbraio 1715, Napoli.
Attori:
TOMIRI regina de' Messageti, amante occulta di Tigrane, che poi si scopre madre di esso |
soprano |
TIGRANE principe d'Armenia, generale dell'armi di Tomiri, che poi si scuopre per figlio della stessa Tomiri |
soprano |
MEROE figlia del morto Ciro, re di Persia, sott'abito d'egizia indovina, amante di Tigrane, ed inimica di Tomiri |
soprano |
POLICARE re di Lidia, confederato di Tomiri |
contralto |
DORASPE re di Damasco, confederato anche di Tomiri |
tenore |
ORONTE capitan delle guardie di Tomiri, amico di Tigrane |
soprano |
DORILLA damigella di Tomiri |
contralto |
ORCONE servo, e confidente di Meroe |
basso |
Il loco è la reggia de' Messageti, detta Diamuch.
Eccellentissimo signore
All'ombra de' trionfali allori (invittissimo principe), che, in tante gloriose azioni, han coronato l'eroiche imprese dell'e. v. porto a ricovrarsi, in questo dramma, quella famosa reina de' Messageti, che, nel maneggio dell'armi, e ne' militari cimenti, superò, di gran lunga, del proprio sesso la debolezza; amante ancora, signore eccellentissimo, (essendo anche lecito amore fra armi), non isdegnerete di accoglierla sotto la vostra benigna, ed autorevole protezione, e tanto più, perché ha moto in essa da materno impulso l'affetto verso Tigrane, che scovrendosi suo figlio, sarà l'eroe che dà il titolo al presente dramma.
Vi supplico insieme ad accoglier altresì benignamente l'umiltà de' miei ossequiosi rispetti, co' quali a' vostri piedi divotamente lo consegno, per farmi meritare il vanto di manifestarmi per sempre.
Di v. e.
umiliss. devotiss. ed ossequiosiss. serv.
Nicolò Serino
Argomento
Tomiri, regina de' Messageti, donna bellicosa, ed usata all'esercizio dell'armi, essendo rimasta vedova con due piccioli bambini, in breve tempo, ancor di questi rimase priva; poiché il primo, chiamato Archinto, le fu da un corsaro rapito, e venduto al principe d'Armenia, il quale, veduto avendo nel fanciullo uno spirito generoso, e regale, presegli amore, e lo sostituì in luogo di Tigrane, unico suo figlio, già morto, volendo, che ancor questo, Tigrane chiamato fosse; e per fine morendo, erede del suo principato lasciollo. Il secondo, chiamato Seleuco, in progresso di tempo, da Ciro, re di Persia, in una battaglia, fu trucidato; per la qual cosa volendo Tomiri, almeno della seconda perdita vendicarsi, giacché non poté della prima, propose di portar le sue armi contro il re perso, per placare col suo sangue l'ombra del morto figlio; e perché far potesse più formidabile il suo esercito, chiamò in suo soccorso Policare re di Lidia, e Doraspe re di Damasco, offerendo per premio le sue nozze, a chi di loro più saprebbe procurarle la sospirata vendetta. Venuti questi con tale speranza, ed egualmente servitala con la loro assistenza, portonne Tomiri il gran trionfo, celebrato col capo dell'infelice Ciro, il quale con la propria sua destra, fortunatamente troncato aveva; per la qual cosa restò ella in obbligo di palesare ad uno de' due regi, a chi di loro dovesse il suo promesso imeneo; ma perché si desse a tal dichiarazione qualche intervallo, determinò, che fra lo spazio d'un anno quello sarebbe, ed in quel giorno appunto, che sarebbesi celebrata l'annual memoria del suo trionfo; onde i due regi, per meritarsi in questo tempo, più l'amor di Tomiri, di non muovere il piede dalla sua reggia, stabilmente risolvettero. Frattanto accadde, che il principe Tigrane (figlio di Tomiri, come s'è detto) trovandosi nella corte di Ciro, prima della sua morte, s'innamorò fortemente di Meroe, unica figlia di quello, dalla quale essendo egualmente amato, eransi promessi occultamente per sposi; ma tali cose essendo pervenute alla notizia di Ciro, volendo questi vendicarsi con Tigrane, fu sforzato egli fuggirsene nel suo regno, con estremo dolore di Meroe, la quale al primo, aggiungendo poscia il secondo della morte del padre, propose risolutamente, o per forza, o per inganno, contro Tomiri fulminar la vendetta; ed acciò quella potesse vivere senza timore di questa, sparse Meroe artificiosamente il grido della sua morte. Questo falso avviso della morte di Meroe fu compianto dal suo promesso sposo Tigrane, e con calde lagrime, credendolo più, che vero, e dando questi in una estrema malinconia, volle tentare con qualche pellegrinaggio di disviarla. Primo oggetto dunque del suo pensiero, fu quello di vedere la reggia di Tomiri, per esser questa decantata per così valorosa guerriera, per la morte data al perso regnante; onde essendo in quella pervenuto, appena vedutolo Tomiri, che per occulta forza del materno suo sangue, da lei non conosciuta, fu sforzata ad amarlo, ed attribuendo questo istinto d'amore, ad un lascivo pensiero, incominciò (odiando i due regi) a desiderarlo suo sposo; ma ciò non potendo far palese, per molti forzosi rispetti, acciò trattener lo potesse nella sua corte, con qualche apparente motivo, lo astrinse ad accettare il supremo comando delle sue schiere, come duce di quelle. A tale inaspettato dono, sentendosi da gratitudine mosso Tigrane (ma più da un'incognita forza di filiale rispetto da lui non conosciuto) accettandolo, propose con incorrotta fede e servitù compensarlo. Ciò adunque risapendo Meroe, che il suo amante presso la sua inimica, in così ragguardevole posto dimorava, come ancora, che per l'amore, che Tomiri gli portava nascostamente, l'elezione dello sposo si tratteneva, propose, così per gelosia, come per vendetta, sotto mentito abito di vagante egizia indovina, nella detta reggia venire, acciò scoprendosi al caro amante, lo rendesse fedele al suo amore, e col suo soccorso adempisse la desiata vendetta. Tanto concluso, nella regia de' Messageti pervenne, in quel giorno appunto, che compito era l'anno della morte di Ciro, onde si celebravano le festive memorie del trionfo di Tomiri, ed ancora dovevasi da essa eleggere lo sposo tra li due regi; ma per l'occulto, che a Tigrane portava, con atti, e lusinghe, l'esecuzione dilatando n'andava.
Comincia il dramma dalla prima azione, che fa Tomiri in questo giorno, la quale si è di fare un sacrificio al dio Marte, offerendogli il reciso capo di Ciro; e che Meroe travestita da egizia nel medesimo luoco perviene.
Sei pregato a compatire, con discreta moderazione, que' difetti, che forse potrai conoscere nella musica, in considerando, ch'or mai dovrebbe essere affatto stanco l'autore di più sudare in simili sceniche composizioni, delle quali col presente dramma, viene a compire il numero di cento e sei opere teatrali, che ha poste in musica per lo teatro di Napoli, ed altri teatri dell'Italia.
E sei avvertito ancora, che le parole, che ti sembreranno dissonanti alla nostra santa religione, come sono: dèi, fato, adorare, e simili, essendo solite vaghezze, che adornano sì fatti componimenti, devi per tanto considerarle per semplice scherzo della musa, non già per sentimento d'un cuor cattolico, come lo vanta chi ha scritto, e vivi felice.
Atrio, con sontuoso tempio, co 'l simulacro di Marte, adorno di trofei, con Soldati intorno di esso; vi si vedrà un altare con fascine, e sovra di esse un cavallo svenato, su del quale sarà confitto un acinace, o sia coltello, all'uso scito, a modo di sciabola; e vicino allo stesso tempio vi sarà una base, su la quale si dovrà riporre un bacino dorato, colla testa di Ciro, con una iscrizione alla stessa base.
Tomiri, sovra carro trionfale, tirato da Schiavi; assistita da Tigrane, Policare, Doraspe, Oronte, e Dorilla.
Precederà detto carro un coro di Sciti, che faranno festivi balli; ed intorno ad esso carro si vedrà un coro di Custodi del tempio, uno de' quali porterà un bacino dorato, colla testa di Ciro, la quale verrà riposta sopra la suddetta base.
TOMIRI
Si rinnovi in sì bel giorno,
mia vittoria alta, e giuliva.
CORO
La gran donna viva, viva.
(cala Tomiri dal carro, e parla a' ministri del tempio)
TOMIRI
O là! Sfavilli il rogo;
e quel destrier feroce, al suo gran lume
arda, ed il cener suo s'offra al gran nume.
(qui subito li ministri del tempio daran fuoco alle fascine)
Or, che splende la fiamma,
meco al guerriero dio, con cor divoto
si dia l'annuo tributo, e sciolga il voto.
(s'inginocchia Tomiri avanti il simulacro)
Folgore delle guerre,
d'eserciti spavento: invitto duce
d'armi, e guerrieri, e gran terror del mondo;
quello, dal braccio mio reciso capo
dell'inimico Ciro,
uccisor del mio figlio, al tuo tremendo
altar, come tuo dono, umile io rendo.
S'ho di gloria il crine adorno,
dio dell'armi, a te s'ascriva.
CORO
La gran donna viva, viva.
Finisce il sacrificio, e partono i Ministri del tempio.
TOMIRI
Questo trionfo, o regi,
più, che a me, vien dovuto al valor vostro.
POLICARE
Tutto fe' il tuo poter.
DORASPE
Fortuna arrise,
più assai, che a' nostri brandi, a' tuoi begl'occhi.
POLICARE
Ma il dì prefisso è giunto,
che decidi tra noi chi fia tuo sposo:
dunque più non tardar.
DORASPE
Giusta mercede
a noi dovuta è questa.
DORILLA
(Parmi, che la regina av'altro in testa.)
(resta sospesa Tomiri, guardando furtivamente con passione Tigrane)
POLICARE
Ma non rispondi ancor?
DORASPE
Nulla favelli?
DORILLA
(O come son burlati i poverelli!)
TOMIRI
Chi ciò niega adempir! Ma pria fa d'uopo,
di mie belliche schiere
attederne il piacer.
TIGRANE
Alta sovrana,
altro non braman queste.
TOMIRI
Tanto Tigrane accerta? (Ei così dice,
perché scoprirgli il chiuso ardor non lice).
TIGRANE
Io di tanto fo fede: il regno tutto;
dopo, che i due tuoi figli,
un svenato da Ciro, e l'altro in fasce,
da corsari fu tolto; anela solo,
dal tuo grembo sovrano
veder, che nasca un successor nel trono.
TOMIRI
(Quanto infelice a non scoprirmi io sono!)
POLICARE
Dunque il dubbio vien tolto.
DORASPE
Puoi compir la grand'opra.
TOMIRI
Un di voi, tra momenti,
dunque sarà mio sposo.
DORILLA
(Questo è un imbroglio proprio curioso!)
POLICARE
(a parte a Tomiri)
Pensa quanto mio ben per te penai.
TOMIRI
(a parte a Policare)
Io me 'l ricordo; e sposo mio sarai.
DORASPE
(a parte a Tomiri)
Deh! La mia fé non obliare.
TOMIRI
(a parte a Doraspe)
Al soglio,
perché ciò non oblio,
te l'amor mio destina.
DORILLA
(O che furba! O che scaltra! O com'è fina!)
TOMIRI
(In van nell'amor mio siete costanti
che Tigrane amo sol: poveri amanti!)
(a parte a Policare)
Non star dubbioso...
(a parte a Doraspe)
Lieto riposa...
(a Policare a parte)
Tu già m'intendi...
(a Doraspe a parte)
Altro pretendi...
(Giova così.)
(a Policare a parte)
Tu sei mio sposo...
(a Doraspe a parte)
Son già tua sposa...
(in sé stessa, guardando Tigrane)
(Ma quello è il vago
che mi ferì.)
Tigrane, e Policare, e Doraspe.
TIGRANE
Ad un di voi, invitti regi, io deggio
oggi giurar, qual mio sovran, l'omaggio.
POLICARE
Tanto spero.
DORASPE
Ancor io.
POLICARE
Ma ad ambo il dono
dar non si può.
DORASPE
No 'l niego.
POLICARE
Dunque, perché tra noi mai non si franga
d'amicizia il bel nodo,
un rimedio s'adopri.
DORASPE
E ciò qual fia?
POLICARE
Ambo d'una germana il ciel provvide:
chi avrà de' Sciti il soglio, al caro amico
quella in sposa conceda.
DORASPE
Io no 'l dissento.
POLICARE
Dunque il patto si giuri,
dell'osservanza in segno.
DORASPE
Ecco la destra.
TIGRANE
O generoso impegno!
DORASPE
Se mi manca la gloria d'amante,
in me resti d'amico l'onor;
e se perdo quel caro sembiante,
sia mio vanto l'istesso dolor.
Tigrane, e Policare.
TIGRANE
Gran re; ti leggo in fronte
bella fortuna, e fortunati eventi
vuoi, che nell'alta impresa io ti predica.
POLICARE
Spero, che sorte amica
secondi il mio disegno;
più il bello di Tomiri
prima il mio cor, che de la Scizia il regno.
TIGRANE
Al desio del tuo cor,
arrida il cielo.
POLICARE
Oh! Lo volesse amore.
Al girar d'un suo bel guardo
peno, ed ardo;
ma l'ardore
si fa gioia a questo sen.
Se, in amabile sembianza,
la speranza
dice al core,
che godrà l'amato ben.
Tigrane, solo, contemplando la testa di Ciro.
TIGRANE
O del perso regnante
teschio infelice, e spaventosa imago!
Quando talor rimiro
l'orride tue sembianze, in me si sveglia
di Meroe estinta il sempre vivo ardore.
(si ferma un poco pensando)
Si resti a tormentarmi
così acerba memoria: e 'l genio altiero,
volto a le stragi, a l'armi,
mi renda in campo armato,
ne l'amor, nel valor, fido, e costante,
forte guerrier, benché infelice amante.
A l'acquisto di gloria, e di fama,
fra belliche schiere,
di trombe guerriere
mi chiama
il fragor.
Ma portando del morto mio bene
fisse a l'alma le gravi sventure,
avrò sempre dure
le pene
al mio cor.
Meroe, in abito d'egizia indovina: Orcone da pellegrino, e detto in disparte.
MEROE
Queste son pur le mura, ove l'indegna,
che il genitor svenò, superba impera.
(additando ad Orcone)
Ma, o dèi! Tigrane è quello!
ORCONE
È desso al certo:
or tu saggia, e prudente,
sta' forte a non scoprirti.
MEROE
Assisti meco,
nume d'amor, ma non ti voglio cieco.
Prode guerrier, che al nobil volto additi,
fra Sciti, esser gran duce;
un'egizia indovina
chiede un favor, ma non tacciar l'ardire.
(Finger sappi, mio cor, non mi tradire.)
TIGRANE
Qual pensier qui, tra noi, ti guida il piede?
(S'ella egizia non fusse, al suo parlare,
che qui da la magion degl'alti dèì,
fusse Meroe discesa, io giurerei!)
ORCONE
Parla tra sé.
MEROE
La grazia, ch'io ti chieggio
è, ch'io possa inchinar la tua regnante.
(Ah! Qual pena è celarsi a un caro amante!)
TIGRANE
Io ti farò contenta;
ma pria del tuo saper, norma m'è d'uopo,
perch'io n'esponga alla sovrana il vanto.
(Il parlar di colei parmi un incanto!)
MEROE
Io de la fronte, e de la man vedendo
i caratteri, i segni,
d'ogni mortal, qui nato,
lieta sorte predico, o crudo fato.
TIGRANE
(Come saggia discorre!)
MEROE
E acciò dell'arti mie vegghi le prove,
porgi a me la tua destra.
TIGRANE
Io ti compiaccio.
ORCONE
(a Meroe)
Stia l'amore in disparte,
e attendi cauta a la lusinga, e a l'arte.
MEROE
La mensale, che al monte
de l'indice s'estende,
mostra, co 'l bel colore,
che sei guerrier, di soprauman valore.
TIGRANE
Siegui: ciò nulla cal.
MEROE
Io sieguo: queste
linee, che unite sono
mostrano, che di Ciro
l'estinta figlia amasti; e fosti ancora
molto amato da lei.
TIGRANE
Ah! Penetrasti
troppo addentro al mio cor: taci; e ciò basti.
MEROE
(ad Orcone)
Par, che ancor per me serbi amore, e fede.
ORCONE
(a Meroe)
Il pianto lo palesa;
va seguendo l'impresa.
MEROE
Inutil pianto
versi per chi morì.
TIGRANE
Il mio perfetto
amor, né men la morte
scemar lo può.
MEROE
Sì fido
fu l'amor tuo?
TIGRANE
E tal fia sempre ancora.
MEROE
Ma s'io l'alma infelice
comparir ti facessi,
piacer n'avresti?
TIGRANE
Ah! Se possanza tale
serba la tua virtude, io te ne priego
a far sì, che la vegga.
MEROE
E qual fia poi
la dovuta mercede?
TIGRANE
In questa reggia
ritrovar la tua sorte.
MEROE
Or se cotanto
prometti, ora ti giuro,
in questo dì, renderti pago.
TIGRANE
E come?
MEROE
(additando Orcone)
Questo, che meco vedi,
maestro in magic'arte,
questo tutto farà.
TIGRANE
Dal tuo sapere
dunque tal sorte attendo?
ORCONE
Un cenno, un moto, un solo
fischio de la mia verga
può far prova maggior.
TIGRANE
Le tue promesse
piene son di ristoro: or dunque, pria
vi guiderò a Tomiri; indi, su l'ora
del meriggio, ne andrem nell'antro oscuro
del qui vicino monte, ove compita
fia, per conforto mio, l'opra gradita.
Piacer,
ch'egual non ha,
sarà
quell'alma bella
veder
da la sua stella
giungermi a consolar.
Allor,
che la vedrò,
dirò,
che nel mio petto,
più il cor
non ha ricetto,
ma che tra il cener suo
restonne a sospirar.
Meroe, ed Orcone.
ORCONE
Non v'è dubbio, ch'ei t'ami.
MEROE
È mio timore,
ch'ami Tomiri il caro ben; tu sai,
ch'ella ancor, tra i due regi,
tarda a sceglier lo sposo.
ORCONE
Un sospetto sarà d'amor geloso.
MEROE
Or vedrem, ma quai noto
segni votivi, e vittime, ed altari!
ORCONE
Mi pare, a mio giudizio,
che si sia fatto qualche sacrifizio.
MEROE
Oh dio! Che teschio è quello?
(legge l'iscrizione della piramide)
«Questo di Ciro è il capo: al braccio forte
di Tomiri toccò tal vanto in sorte.»
Questo di Ciro è il capo!
ORCONE
Oh! Che brutto spettacolo!
MEROE
Già sento
un freddo orror, che gela il sangue in seno.
Deh! Mi soccorri, o fido, io vengo meno.
ORCONE
Oh! Signora, che fai?
Sta su, piano, fa' core. Oh! Brutti guai!
MEROE
Lascia, ch'io sfoghi almeno, un sol momento,
l'insoffrimibil tormento.
ORCONE
Andiamo innanzi:
da questo piagnisteo, tu che n'avanzi?
MEROE
Caro del genitor teschio adorato
che accresci nel mio core
pianto, e furor; da la tua figlia aspetta,
dopo il pianto, che io verso, aspra vendetta.
ORCONE
Or via gl'occhi t'asciuga,
discaccia il duol.
MEROE
Senti: gran nume invitto
questo mio giuramento.
Giuro su quel tuo brando,
con cui lo sdegno ispiri,
o di morire, o di svenar Tomiri.
Dell'amante confido a l'amore,
che 'l mio core
vendetta farà.
È di sdegno, e d'amore nell'impegno,
più forza a lo sdegno
l'amor darà.
Regio camerone, tutto adorno di vasi di lucido cristallo, ove veggonsi trasparir tesor di preziose gemme di Tomiri, con ricca sedia, ed altre tre sedie inferiori.
Policare, ed Oronte.
POLICARE
Oronte, e quando fia, che 'l regal cenno
de la bella Tomiri
discopra del suo cor l'occulto arcano?
ORONTE
Esse non può lontano
il sospirato istante.
POLICARE
È pena ogni momento
d'importuna tardanza a un core amante.
ORONTE
Ma tu non sai qual sorte
a te debba toccar! D'incerto evento
è incerta la speranza.
POLICARE
E pur confido
nel mio sincero amor; confido, e spero
nell'intatta mia fede: e spero ancora
che benigna mi sia d'amor la stella,
ma più ne la pietà de la mia bella.
Me felice, se lice, ch'io speri
destare in quel petto
pensieri
d'affetto, che fan sospirar.
Me beato, se amato foss'io
dall'idolo mio,
che in dolci catene
mi tiene a penar.
Oronte, e poi Tomiri, e Dorilla.
ORONTE
Quant'opra amore...
TOMIRI
Oronte, fa' che tosto
qui vengan i due regi:
l'elezion vo', che succeda.
(si siede)
ORONTE
Appunto.
Policare partì. Del tuo comando,
ora ne vado esecutor fedele.
TOMIRI
(Anzi in ciò ti vorrei sempre infedele.)
DORILLA
(Quest'altro fine attendo;
o che umor stravagante! Io no l' intendo!)
ORONTE
Splenda lieta al tuo disegno
quella stella,
che più bella
mostra i rai di sua beltà.
E sereno
il tuo gran regno
vegga nascer dal tuo seno
chi il tuo soglio illustrerà.
Tomiri, Dorilla, e poi Tigrane, Meroe, ed Orcone.
TOMIRI
Ah! Dorilla, e tu credi
fortunata, chi regna?
DORILLA
In ogni stato,
chi si contenta gode.
TOMIRI
E come mai
esser lieta poss'io, se 'l mio destino
tanto fiero si mostra?
DORILLA
Che destin, che destin! La colpa è vostra.
TIGRANE
(Ecco il bel, di cui son celata amante.)
DORILLA
Che genti saran queste?
MEROE
(ad Orcone)
Come in lui fissa il guardo;
ed usa ogn'arte, acciò l'ardor ricopra!
ORCONE
(a Meroe)
Taci non far, che gelosia ti scopra.
TOMIRI
Ma quai compagni al fianco tuo rimiro?
TIGRANE
Un'egizia, indovina,
ardisco a te guidar, perché, fra l'aspre
noiose cure del regnar, tal ora
prendi un breve piacer, senza tormento.
TOMIRI
Di questa tua pietà gran gioia io sento.
Vieni a me più vicino.
DORILLA
(È curioso assai quel pellegrino!)
TOMIRI
T'appressa, e mi discopri
in questo dì, qual deggio
elegger per mio sposo,
de' due re, quel di Lidia, o di Damasco?
Tu ancor, Tigrane, ascolta.
TIGRANE
Io t'ubbidisco.
ORCONE
Schiavo signora mia.
DORILLA
Lo riverisco.
(piano fra loro)
MEROE
Al cenno tuo sovrano
mi fo gloria ubbidir: dammi la mano.
TOMIRI
Ecco: vedi, e favella.
ORCONE
(È bella per mia fé la damigella!)
MEROE
Queste linee interrotte, a me fan chiaro
qual pensier tu nascondi.
TOMIRI
E che diresti?
MEROE
Che 'l genio del tuo cor non è per questi.
TOMIRI
(Tocca sul ver costei.)
MEROE
(ad Orcone)
Già chiari tutti sono i dubbi miei.
TOMIRI
Fallace in questo è il tuo saper: Tigrane
cosa rispondi tu?
TIGRANE
L'istesso ancora.
TOMIRI
(A me per ora è d'uopo
dir che fallì.) Ma siegui: osserva, e dimmi
chi eliggerò per sposo?
MEROE
Un prence illustre,
c'ha di tue squadre il freno, e serba il nome
di Ti...
TOMIRI
Ferma, ch'il resto
fra poco mi dirai...
ORCONE
(osservando Tomiri)
(O che ribrezzo!)
DORILLA
(Bravo! Bene! E ci ha dato giusto in mezzo!)
TOMIRI
M'attendi a le mie stanze, ove desio
teco a solo parlar: il tuo spirto
non dispiace a Tomiri:
tu la guida Dorilla.
(Se tosto non tacea
già, che Tigrane adoro ella dicea.)
MEROE
Prova eccelsa è di grandezza,
non sprezzar l'umil bassezza
di mendica povertà.
A un tal don, ch'ogn'altro eccede,
io darò sol, per mercede,
servitù con fedeltà.
Tigrane, Tomiri, e poi Policare, e Doraspe.
TIGRANE
Qui ne vengon i regi.
TOMIRI
(A l'arti, o core.)
POLICARE
(a Tomiri a parte)
Eccomi pronto al tuo voler: ma pensa
quanto a me promettesti.
DORASPE
(a Tomiri a parte)
Ubbidiente
sono a' tuoi cenni: spero,
che fida mi farai, e non crudele.
TOMIRI
(a Doraspe)
Io non t'ingannerò, a Policare sarò fedele:
ma sedetevi, o regi, acciò ch'io possa
farvi noti i miei sensi.
POLICARE
Ecco m'assido,
e dal tuo favellar pende il mio volto.
DORASPE
Io fo lo stesso, ed anelante ascolto.
TOMIRI
Duce, tu ancor ti assidi.
TIGRANE
Io t'ubbidisco;
sol perché contraddirti io non ardisco.
POLICARE
(a Tigrane)
Ma qual superbo orgoglio, in onta nostra,
egual ti rende a noi?
DORASPE
Qual gran pensiero
ti spinge a gareggiar tra due regnanti?
TIGRANE
(con disprezzo)
A voi risponder deve
chi tanto comandò?
TOMIRI
(con alterazione verso i regi)
Troppo superbo
è il vostro ardire! Dunque
la regnante de' Sciti, a un prence illustre.
POLICARE
Qual prence vanti! Ignoto
è il sangue suo: ei da bambino, in dono,
da un corsaro fu dato al prence armeno.
DORASPE
E da quello fu poi per figlio eletto,
perché privo di prole: al fin, morendo,
suo successor lo fe'...
TOMIRI
Questo, più grande
rende il caratter suo: egli sovrano
è come voi: se poi di rege il nome
in lui non è; io tal lo stimo...
POLICARE
(alzandosi con dispetto)
Or dunque
se tal lo stimi, a che tardar? Nel grado
ancor di sposo tuo oggi lo scegli.
DORASPE
(alzandosi ancor lui)
Anzi l'agguaglia a noi, perché suo sposo
sotto giusto color, lo renda al fine.
(s'alza ancor Tomiri con Tigrane)
TOMIRI
Fermatevi superbi:
perché da voi si vegga, in un sol atto,
che di Tigrane il merto,
non sol degno è d'un re: ma ancor trapassa
il vostro, il mio poter: ne perciò sposo,
forse Tomiri il vuol: questa famosa
gemma reale a lui consegno:
(si cava un anello, e lo dà a Tigrane)
prendi,
prendi Tigrane, a tuo piacer la dona
ad un di questi, in cui più scerni il vanto,
degno per un mio sposo;
ch'io fedel ti prometto,
che quello accetterò; (con simil arte,
la pronta elezion vada in disparte).
Quell'oggetto, che sprezzate,
ch'oltraggiate,
vostro giudice sarà.
Da lui pende l'amor mio,
e l'ignoto mio desio,
il suo voto svelerà.
Policare, Doraspe, e Tigrane.
POLICARE
Dunque fa d'uopo, o duce,
che da te si dipenda?
DORASPE
Al nostro amore,
arbitro fia il tuo voler?
TIGRANE
Che deggio
io tutto so: non è però, ch'io voglia
di temerario il nome:
a un giudizio sì grande,
incapace son io; perché da voi ogni dubbio si tolga,
un giudice vo' darvi, a cui possiate
sottomettervi al fin, senza rossore.
POLICARE E DORASPE
E qual fia questo mai?
TIGRANE
Il vostro istesso
acciaro: il vostro braccio:
in singolar tenzon ciascun di voi
meco si proverà, chi del mio ardire
vincitore n'andrà, fia questo il vanto
di Tomiri esser degno:
e la gemma a lui dar, giuro, e m'impegno.
(parte)
Policare, e Doraspe.
POLICARE
Che superba arroganza!
DORASPE
Anzi il coraggio
ammiro in lui!
POLICARE
Dunque, che far si deve?
DORASPE
Accordar pria tra noi
ch'il primo sia nel disnudare il brando,
indi in campo sortir, come per gioco.
POLICARE
Pronto dunque si attenda il tempo, il loco.
DORASPE
Al valor di questa spada
fia, che cada
il superbo al regio piè.
E vedrà, nel dì fatale,
quanto vale
cor d'amante, e cor di re.
Policare solo.
Ah! Che così potessi
vincer la bella mia: così d'amore
i dardi rintuzzar, come poss'io
dell'arrogante indegno
vincer l'orgoglio! Ah! Sì gioisci, o core:
cadrà Tigrane, e in braccio a la tua cara
la mercé di tua gloria amor prepara.
Un solo sospiro,
ch'esalo dal core,
acceso d'amore,
lo può fulminar.
E 'l brando, se giro,
vedrà quell'altero,
ch'amante, e guerriero
saprò trionfar.
Orrido, ed alpestre monte, alle di cui piante si vedranno alberi frondosi, ed alle sue falde spaventose caverne, nelle quali vi saranno cancelli di ferro con diverse fiere dentro; ed in mezzo una grotta oscura, con lume in fondo, dalla quale credono gli Sciti, che si vada ai Campi Elisi.
Meroe, ed Orcone, vestito da mago.
MEROE
Questo è il loco già eletto
al discoprirmi al caro amante.
ORCONE
Appunto;
ma senza farsi quest'invenzione,
tu potevi scoprirti.
MEROE
No, che 'l mio core brama,
così meglio veder se fido ei m'ama.
ORCONE
Dunque vanne ne l'antro;
poi questa veste, e questo vel ti cingi.
MEROE
Io vado...
ORCONE
Ascolta, e quando sentirai
da tre sole mie voci
invocar il tuo nome, allor favella.
MEROE
Secondi il nostro impegno amica stella.
Se l'amor sarà contento,
la vendetta anco godrà.
(entra nell'antro)
Orcone, e Tigrane.
TIGRANE
Illustre mago; è questo
il loco stabilito, ove degg'io
veder l'opra promessa?
ORCONE
Eccomi pronto, e lesto
con tutti gl'incantesimi. A noi: su presto.
TIGRANE
Dimmi: che far degg'io?
ORCONE
Entra sicuro
in mezzo a questo circolo, ch'io formo
senza muover il piede.
(farà il circolo con la verga)
TIGRANE
Ecco...
ORCONE
(L'amor, che fa! Già se lo crede!)
(mormorerà parole, scuotendo la verga)
TIGRANE
Né viene ancora?
ORCONE
Guarda, e la vedrai
in quella oscura grotta.
Meroe, più non tardar: Meroe, t'aspetto:
Meroe, vieni a Tigrane, il tuo diletto.
Meroe, vestita differentemente, con bianco velo, che la cuopre, compare nella grotta, e detti.
MEROE
Eccomi a rimirar di nuovo il sole,
sol per virtù dell'alte tue parole.
TIGRANE
Che vedete occhi miei!
Sono l'ombre sì belle!
Vien costei dagl'Elisi, o da le stelle?
MEROE
Da soggiorni felici, amato bene,
l'ombra di Meroe, a rivederti, or viene.
TIGRANE
Ombra dell'idol mio, che tanto adoro,
in contemplarti io moro.
ORCONE
Or fate il fatto vostro,
ch'io sto qui dietro assiso.
(Oh che scena gustosa, oh che bel riso!)
(parte)
MEROE
Or di', tu m'ami ancor?
TIGRANE
Se t'amo, o cara?
Ah! questo caldo pianto:
i continui sospiri,
i mesti giorni, e le inquiete notti,
che per te soffro ogn'ora,
fede faccian per me, s'io t'amo ancora.
MEROE
Che mai per me faresti,
se viva al mondo io ritornassi?
TIGRANE
Oh pena!
Che non farei! Ma falso sogno è questo.
MEROE
E pur, se ben discerni,
viva son, se tu m'ami,
morta, se mi disami.
TIGRANE
T'amo più, ch'il respiro:
così mi ti rendesse
Proserpina crudel.
MEROE
Se 'l mio volere,
cieco ubbidir saprai, io ti prometto
tosto tornar nel mio sembiante umano.
TIGRANE
Giuro tutto di far; ma tutto è vano.
MEROE
Tanto se tu giurasti,
ecco Meroe già viva, o caro amante,
anima spirante.
TIGRANE
Va' in pace, ombra gradita,
non accrescermi pene
con sì dolci lusinghe.
MEROE
Io Meroe sono,
non già di Meroe l'ombra; al tatto osserva;
che l'inganno io paleso.
TIGRANE
Trasogno! Veglio! O fuor di senso io sono
non so veder se morto son, se vivo!
Se son fantasma, o pur di mente privo!
MEROE
Cessi in te lo stupor, che Meroe io sono,
viva, spirante, e vera e di mia morte
il falso grido io sparsi, acciò sicura,
sott'abito mentito,
venissi ad impetrar il tuo soccorso,
per vendicar di Ciro il capo: dunque,
se 'l mio voler di secondar giurasti,
purché in vita io ritorni; ecco son viva,
ma Tomiri di vita io voglio priva.
Tu non rispondi ancor?
TIGRANE
Ah! Che, in un punto,
tante strane vicende, il mio pensiero
capir non puote! O dèi! il tuo gran rischio:
la fede, il giuramento,
che a Tomiri egualmente, e a te degg'io,
mi cingon d'un caligine, sì denso,
che stupido rimango, e nulla io penso!
MEROE
Dunque Meroe posponi,
sol per un vile amor d'un mostro indegno!
Ma restane spergiuro, ecco me n' vado,
anco senz'il tuo braccio,
il genitor a vendicar: tu resta,
e svela a la tiranna il mio disegno:
vattene: corri, e sia
questo solo il tuo amor, la gloria mia.
TIGRANE
Ah! ti ferma...
MEROE
Mi lascia.
TIGRANE
Idolo mio...
MEROE
Troppo a tua fé mancasti.
TIGRANE
Farò quanto tu vuoi: tanto ti basti.
MEROE
Vo', che l'emenda sia di darmi un foglio,
da tua mano vergato,
a Milziade diretto, il perso duce,
che nel confin de' Sciti ivi l'attende,
perché sicuro ei possa
qui venir, per dar forza al mio disegno.
TIGRANE
Tanto farò (ma con diverso impegno).
Ma, spirto del cor mio, la finta spoglia,
tosto rivesti: io temo
de' nostri rischi in questo loco: vanne,
che a più bell'aggio, poi
diviserem del nostro amor tra noi.
MEROE
Bella costanza, e fé
ben mio
vogl'io
da te.
Saria dolor,
se traditor
tu fossi a me.
Tigrane solo.
In qual funesto, o dio,
intricato sentier le piante io poso?
Fede devo a Tomiri:
amore a Meroe io deggio;
ed ecco in qual son io destin crudele,
a due, tra lor nemiche, esser fedele!
Esser deggio come un scoglio,
che all'orgoglio
di due venti,
senza moventi se n' sta.
Hanno in petto egual valore,
fede, e amore;
ma costante
forte il cor li sosterrà.
Orcone, vestito da mago, che esce sbadigliando, come si fosse alzato di dormire; e poi Dorilla.
ORCONE
Oh! Che sonno profondo
m'ha colto in quella fratta!
Oh! Cospetto del mondo!
Già son partiti! Il sonno me l'ha fatta!
E gl'occhi ancor m'assale,
che aprire non si ponno!
DORILLA
Dal balcone reale,
io vidi bene...
ORCONE
O maledetto sonno!
DORILLA
La zingara, ed un altro...
ORCONE
O brutta cosa!
DORILLA
E perciò curiosa,
in fretta io son venuta.
ORCONE
Senza, che alcuno canti,
la testa va portando la battuta!
DORILLA
Ma dove son? Qui avanti,
io gli vidi benissimo!
ORCONE
Su, presto,
scuotiti, Orcone...
DORILLA
Oh! Chi sarà mai questo!
È mago certamente!
ORCONE
E vattene pian piano:
che brutta vista, che farò a la gente,
in questa veste, e con la verga in mano!
Ma il palazzo è vicino.
DORILLA
Sì! Lo conosco! Questi è il pellegrino!
Quel gustoso soggetto!
Vo' veder cosa sia.
Eh, mio padrone...
ORCONE
(Oh! L'intoppo maledetto!)
DORILLA
Serva sua.
ORCONE
Schiavo suo, signora mia.
DORILLA
Come così vestito?
ORCONE
Dirò: m'ascolti. Io sin da fanciullezza,
per interno prurito,
de' magici portenti ebbi vaghezza;
e perché ne fui vago,
perciò l'arte imparai: però son mago.
DORILLA
Molto caro mi sei.
ORCONE
(Che occhio tristarello!
Che muso inzuccherato!)
DORILLA
Or io veder vorrei
qualche cosa di bello.
ORCONE
(Ohimè! Ch'ora ci resto svergognato!)
E non avrai spavento
in veder mostri, furie, idre, gorgoni,
basilischi, dragoni,
arpie, centauri...
DORILLA
Anzi ne avrò contento:
tutto veder io voglio.
ORCONE
(O brutto impegno! O che cattivo imbroglio!)
DORILLA
Via, su.
ORCONE
(Diamo a l'inganno.)
DORILLA
(Io non lo credo mai!)
ORCONE
Averti ben che ti spaventeranno.
DORILLA
Così vile mi fai?
Su, a l'opra, ch'io non temo.
ORCONE
(In che ballo mi trovo! Io tutto tremo.)
DORILLA
Tu tremi! Che cos'è?
ORCONE
Ho paura di te, che avrai timore,
DORILLA
(È sciocco al certo!) Io risoluto ho il core.
ORCONE
Da' cupi vortici
de l'ombre orribili:
da' neri portici,
tetri, e terribili,
un spirto aereo
venga da me.
(Io non so, che mi dire!)
DORILLA
(O che scioccaccio!)
ORCONE
Ecco già soddisfatto il tuo desio:
vedi quel uccellaccio?
DORILLA
Io nulla veggo!
ORCONE
(E manco lo vegg'io.)
Vedi, che batte l'ali?
DORILLA
Oibò! (Che matto!)
ORCONE
Non vedi com'è grosso?
DORILLA
Io? No! (Che spasso!)
ORCONE
Eccolo, che in un tratto
se n'è venuto a basso.
DORILLA
Dov'è?
ORCONE
Qui sta.
DORILLA
(Che bella scena è questa!)
ORCONE
Eccolo, al fin. Che mi si è posto in testa.
DORILLA
(Al gusto.) Io nulla sento! Io nulla veggio!
Porgi a me quella verga,
e vedi s'io son maga.
ORCONE
(E questo è peggio!)
DORILLA
Di dove alberga
l'orrendo Pluto,
venga di furie
il più temuto
tremendo stuol.
Vedi quante ne vengono,
mostruose in eccesso!
Vedi, che grugni tengono!
ORCONE
Non più, signora mia, ch'io moro adesso.
Ohimè! Son già spedito!
Ohimè! Mi manca il fiato!
DORILLA
Suda freddo, il meschino! È già avvilito!
Orcone mio, sta su veh, c'ho burlato.
ORCONE
Burlasti?
DORILLA
Sì, burlai: ti dico il giusto.
ORCONE
E ho burlato pur'io, per darti gusto.
DORILLA
(Che bell'umore è questo!)
Io non son maga.
ORCONE
E né men io son tale:
ma questa invenzion (tacciamo il resto)
mi serve per un buono capitale.
DORILLA
In prima io lo pensai.
ORCONE
Ma tu, so, che sei maga arciperfetta.
DORILLA
Maga!
ORCONE
Sì. che, da quando io ti mirai,
con quel visin, con quella grazietta
con quello spirito che dimostrasti...
vuoi, che te 'l dica?
DORILLA
Sì.
ORCONE
Tu m'ammagasti.
DORILLA
(Che riso!) Olà! Qual tradimento infame!
ORCONE
Non t'adirar, cor mio,
ch'io son italiano...
DORILLA
Tu italiano? E italiana anch'io.
ORCONE
E qual è il tuo paese?
DORILLA
Io sono bergamasca.
ORCONE
Io bolognese.
DORILLA
N'ho gusto in verità!
ORCONE
Dunque conviene,
che mi facci contento.
DORILLA
No, bisogna pensarla bene, bene.
(Mi servirà per mio divertimento.)
ORCONE
Che pensare? Caldo, caldo,
presto, presto...
DORILLA
Piano, piano, saldo, saldo,
un poco aspetta...
ORCONE
Non ci vuol tanta dimora...
DORILLA
Non mi piace questa fretta.
ORCONE
Dentro, o fuora,
sì, o no.
DORILLA
Basta. Poi risolverò.
ORCONE
Non so far lo spasimato
lagrimando,
sospirando.
DORILLA
Tu sei troppo strampalato!
Più cervello,
bello, bello.
ORCONE
Io non voglio
tanto imbroglio:
d'altro modo far non so.
DORILLA
In tal modo, esser non può.
Salone magnifico per veglie, e festini, pieno di macchine trionfali esprimentino il triondo di Tomiri, con pomposo trono nel mezzo, nel quale siederà Tomiri assistita da Tigrane, Policare, ed Oronte, e coro di Sciti, che fanno spettacoli, alla loro usanza, e dopo finiti, dirà Tomiri:
TOMIRI
Fine ai giochi s'imponga; e tu mio fido
l'usato bagno appresta.
ORONTE
Io volgo il piede,
ove addita il tuo cenno, e la mia fede.
(parte)
TOMIRI
Tai spettacoli, o regi,
qual vi diero piacer?
POLICARE
Molto.
DORASPE
E gradito.
TOMIRI
Ne gode il cor.
POLICARE
Ma in breve,
di più strano spettacolo impensato,
spettatrice sarai.
TOMIRI
E qual?
DORASPE
Tigrane,
atterrar, combattendo, o morir noi.
TOMIRI
E come?
DORASPE
Ei così vuol.
TOMIRI
Perché! Parlate?
POLICARE
A quel di noi di sposo tuo l'insegna
egli darà, che in singolar cimento
vincer saprallo.
TOMIRI
(O crudo amor, che sento!)
Dunque, in tal forma, o duce, il nuovo sposo
a me tu dar pretendi, in onta a quello,
ch'io bramava da te?
TIGRANE
Mezzo ben degno
questo stimai...
TOMIRI
No, taci; a me la gemma:
e queste sian del tuo fallir le pene.
(Così salvo dal rischio il caro bene.)
TIGRANE
Eccola, e giacché reo
stimi un pensier di gloriosa impresa,
scusar no 'l vo, né deggio; e con fortezza
soffrironne il castigo.
POLICARE
(a Tomiri a parte)
A tue promesse,
reina, già mancasti, onde delusa
la speme mia, d'infedeltà t'accusa.
DORASPE
(a Tomiri a parte)
Infida per me fosti.
TOMIRI
(a Policare a parte)
Io ti perdono
di questo error.
(a Doraspe a parte)
Fui sempre fida, e sono.
POLICARE
(a Tomiri a parte)
Ma se eletto non fui,
se mi veggo schernito, e se ricevo
tanto torto da te, lagnar mi devo.
TOMIRI
(a Policare a parte)
A Tigrane l'imposi: ei mi mancò.
(a Doraspe a parte)
Il mio duce il dovea: che far si può.
POLICARE
(a Tomiri a parte)
Dunque, torno a sperar; che possa il core
premio goder del suo costante amore?
DORASPE
(a Tomiri a parte)
Dunque torno al riposo?
TOMIRI
(a Policare a parte)
Mio consorte sarai...
(a Doraspe a parte)
Sarai mio sposo.
POLICARE
Caro ben, mio dolce amore...
DORASPE
Bella fiamma del mio core...
POLICARE E DORASPE
Tu puoi l'alma consolar.
POLICARE
Da te spera il core amante...
DORASPE
Da te brama il cor costante...
POLICARE E DORASPE
Bel conforto al suo penar.
Tomiri, e Tigrane.
TOMIRI
Dovea, dunque il tuo sangue, incauto duce,
dar lo sposo a Tomiri? Ah mio... (Già amore,
mio ben dir mi facea per mio rossore.)
TIGRANE
Gloria stimai posporre all'util tuo
la propria vita.
TOMIRI
Anzi pensar dovevi,
che gl'util di Tomiri, il ciel ben tutti
ne la tua vita impresse.
(Vorrei senza parlar, che m'intendesse.)
TIGRANE
Troppo avanza il mio merto un tanto onore.
TOMIRI
No, Tigrane, t'inganni:
sappi... (ma che!) dirò... (son io confusa)
che 'l merto tuo... (già il sospirar mi scopre)
più di quel, che tu pensi è a me palese.
(Ahi! Che avvilita son s'egli m'intese.)
TIGRANE
Se li servigi miei così graditi
sono da te, chi più di me felice!
TOMIRI
Sono graditi assai, più che non lice.
(Ma più soffrir non so: sciolgasi il freno.
Dirgli vo', che l'adoro:) attento ascolta,
Tigrane, un mio pensier.
TIGRANE
La gran dovuta
attenzion ti porgo.
TOMIRI
(A l'opra amore.)
Sappi, che fin dal giorno...
(Mi scopro, o non mi scopro! O mio gran scorno!
Ma la voce vien meno
e vinta è dal rossor.) Riserbo, o duce,
a miglior tempo il palesar l'arcano,
ch'ora per altro affar partire io deggio.
(In tacere, e in parlar, la morte io veggio.)
Te 'l dirò
quand'io potrò;
ma da te sol chiedo, e vo;
gran silenzio, e fedeltà.
Basta: ancor
non bene il cor
posto ha in fuga il suo timor;
e perciò parlar non sa.
Tigrane solo.
Chi sa? Forse, del regno affar non lieve
ella voglia, qual suole,
dare in guardia al mio core.
Ma del soglio richiesto, in finti modi,
già l'impegno compii;
è in mezzo a quel, ch'a del tradir sembianza,
serbi più di splendor la mia costanza.
Perché amore
non sgridi il mio core;
perché fede
a mancanza non cede,
finger deggio macchiare il mio onor.
Ma con arte di nobile ingegno,
nel gran rischio dell'alto mio impegno,
per virtude sarò traditor.
Cortile regio.
Meroe, ed Orcone.
MEROE
Se fido è a me l'amante, egli qui deve
recarmi il chiesto foglio.
ORCONE
Per me l'ho per sicuro.
A la vampa d'amore,
tanto il sangue gli bolle,
che sta scottato infino a le midolle.
MEROE
Sin, che prove più chiare
ei non mi porga del suo fido amore,
sorge nel mio pensier sempre il timore.
Tigrane, e detti.
TIGRANE
Fido a te son più, che non pensi, o cara.
Ecco il foglio, che brami.
MEROE
Or sì, ch'io posso
viver di te sicura.
ORCONE
(Ha negl'occhi il meschin d'amor l'arsura!)
TIGRANE
Leggi, amato mio ben; Io non condanno
il dubbio del tuo cor (Uop'è ch'io finga
d'appagar l'odio suo con tal lusinga.)
MEROE
Tutto dettasti ben: quanto ti devo.
TIGRANE
Solo dal tuo piacer premio ricevo.
MEROE
Orcone, a te consegno,
nel chiuso foglio, il gran secreto: vanne;
e fa' per cauta man, che giunga al duce
de' miei fedeli eroi.
ORCONE
Or eseguisco a volo i cenni tuoi.
(parte)
TIGRANE
Ma, idol mio, qui giungerà fra poco
la regnante Tomiri; a far, che i rischi
da noi sian lungi, io parto.
MEROE
O caro amante,
vanne, ma qui mi lascia il cor costante.
TIGRANE
Ma qual cor,
s'io già te 'l diedi?
S'altro core in me non è?
S'ho vigor
di stare in vita
senza core,
è miracolo d'amore,
è virtù de la mia fé.
Tomiri, e Meroe.
TOMIRI
Quanto piacer mi reca
qui sola ritrovarti, Egizia amata!
MEROE
Signora, un tal piacer mi fa beata.
TOMIRI
Bramo di una virtù l'ultime prove.
MEROE
Eccomi pronta.
TOMIRI
Il nome
vo', che mi scopri ben, di chi dicesti,
che affligge l'alma mia.
MEROE
Già l'osservai:
tu l'impedisti ed or lo sentirai.
Ei Tigrane si noma; ed ha l'impero
di tue squadre guerriere: è vero?
TOMIRI
È vero.
(Ahi! Che non fosse ver:) la parte occulta
del cor già t'è palese.
MEROE
(Già tutta a l'arti mie, l'empia si rese.)
TOMIRI
Ma già, che a te scoverto
è del mio sen l'interno, ogn'or ti voglio
segretaria fedel de l'amor mio.
MEROE
È grazia eccelsa, è generoso dono.
(Già de le mie vendette in porto io sono.)
TOMIRI
Ma, già che di me serbi
la parte più gentil; dunque m'ascolta:
vanne; vedi Tigrane...
tenta con cauti modi...
MEROE
Parla: che forse l'ami?
TOMIRI
Io l'amo sì... ma no... che del suo merto
sol vivo amante... oh dio! né men... vorrei,
che intendesse il mio amor, ma non capisse,
che io ti parlai.
MEROE
Mi spiace,
che scorsi da sua man, ch'ama fedele
regal donzella, a mia virtude ignota.
TOMIRI
Ama Tigrane? E come?...
Ahi! Che nel sangue io sento
freddo velen, che già mi giunge al core!
MEROE
(Quanto piacer mi dà quel suo dolore!)
TOMIRI
(Or forza è, ch'io mi scopra.)
Sì vanne; a te non manca
arte, ed invenzion: vanne, e gli svela
il foco, c'ho nel sen: di' che languisco
per lui di fido amor...
MEROE
Pronta, ubbidisco.
TOMIRI
Oh dio! Ch'io non ho posa... in te confido...
Parti, e torna fedel: porta a quest'alma
la sospirata calma; e a la tua fede
prepara un regio cor degna mercede...
Con la gloria, ancor l'amore,
tutto lascio in tuo poter.
Pensa a farmi lieto il core;
ma rifletti anco al dover.
Meroe sola.
Vanne, nemica mia, vanne, ed aspetta
da l'Egizia fedele altr'opra illustre
per troncar la tua speme,
d'indurre a l'amor tuo
il mio caro Tigrane; ecco risolvo,
sola, tacita, e senza
far palese a l'amante il mio disegno,
oggi farti esalar lo spirto indegno.
Son gelosa, e sono amante;
e m'affretta
a la vendetta
crudo sdegno, e fido amor.
Del mio padre all'ombra errante,
e a la pena,
che mi svena,
darà pace il mio furor.
Loco magnifico di deliziose verdure, ove si vedranno diversi giochi d'acque, che vanno a formare il bagno per la regina, dentro una chiusa macchina; con coro di Muti, che lo custodiscono.
Oronte solo con lettera.
ORONTE
L'osservanza di fede, e d'onore,
s'ammira in un core,
come vanto di vera virtù.
(verrà una comparsa)
O là! Morasso, in fretta,
questo foglio ad Alarco,
custode de' confini,
in nome del gran duce, in man tu reca.
(parte la comparsa)
De l'amico Tigrane,
tanto chiede il comando, e tanto impone
d'amicizia, e dover, legge, e ragione.
Ma qui Tomiri.
Coro di Paggi, che portano diversi bacini con cose necessarie per lo bagno.
Tomiri, corteggiata da Tigrane, Policare, Doraspe, e Dorilla, e detto.
TOMIRI
Oronte, i miei campioni,
dopo l'usato bagno, io qui vo' pronti
per dispensar i doni a' lor dovuti
in questo lieto dì.
ORONTE
La mia gran fede,
solo nell'ubbidir tutta risiede.
TOMIRI
Aprasi il bagno.
S'apre il bagno da' Custodi, con diverse cerimonie, che si faranno da essi, e da' Muti.
TOMIRI
Amici regi, e voi
permettete, ch'io doni al corpo lasso
breve ristoro almeno.
POLICARE
È mio piacer: così volesse amore
ch'aver lo potess'io nel tuo bel seno.
DORASPE
Godo nel tuo riposo;
così aver lo potesse il mesto core.
DORILLA
(Adesso fa la sorda.
Oh come la sa dar bene la corda!)
TOMIRI
Duce, l'egizia donna
vedesti ancor?
TIGRANE
Non anche.
TOMIRI
Or, mentre io chiusa
sarò nel bagno, tu la trova, e dille,
che qui l'attendo.
TIGRANE
Adempirò tua brama.
TOMIRI
(Così dir gli potrà del cor, che l'ama.)
DORILLA
(Non si dà la più destra!
È d'inganni un'arcissima maestra!)
(entra nel bagno Tomiri con Dorilla, e paggi, e si chiude il bagno)
Policare, Doraspe, e Tigrane.
POLICARE
Del nostro, e tuo valor le prove illustri,
di Tomiri un comando
disperde a terra.
DORASPE
Io sol bramava il punto
di veder se 'l mio brando
resisteva a' tuoi colpi.
TIGRANE
Il mio consiglio
da modesto riflesso ebbe il natale:
altro dirvi non so.
POLICARE
Tutto conosco,
e doppio onore il tuo parlar t'aggiunge.
DORASPE
Troppo il rispetto tuo ti fa gentile.
TIGRANE
Tutto offrir ve lo deggio, in atto umile.
DORASPE
Mostri a l'opre, e mostri al volto
nobil alma, e regio cor.
E si ammira in te raccolto
maestà, spirto, e valor.
Policare, e Tigrane.
POLICARE
Duce, amico ti voglio: il tuo valore
tanto da me richiede.
TIGRANE
Un don sì caro,
lieto mi rende, o re.
POLICARE
De l'opre tue
esser ammirator, sarà mio vanto.
TIGRANE
Lieto sarò, se giunger posso a tanto.
POLICARE
Ma, troppo vani, amico,
veggo gli auguri tuoi: Tomiri, ancora
differisce quell'ora,
che può gli amori miei render felici:
e accresce il mio penar: tu, che ne dici?
TIGRANE
Dico, che oscuri sono
d'un regio cor gli arcani.
POLICARE
Ahi! Che la pena
troppo atroce mi svena!
Deh! Se nel tuo gran cor pietade alberga;
già ché presso Tomiri
han tanto merto i fidi tuoi consigli,
opra tu, che s'appigli
a dar pace al mio core;
che indegno già non sono
del suo amor, del suo letto, e del suo trono.
TIGRANE
Quanto far posso, o re, sperar tu puoi,
che già noti a me sono i merti tuoi.
POLICARE
Se mai
ti punse il cor
d'amor lo strale
saprai
quant'aspra sia
la mia
ferita.
Vaga
è la piaga
è ver, ma fia mortale,
se in te
pietà non v'è
per darmi aita.
Tigrane solo.
Tra 'l grave dolor mio
io deggio compatir l'altrui dolore!
A quel già scritto foglio,
che a Meroe diedi, in cui
in sembianza di reo dipinto io sono,
già riparo donai con l'altro, or dato
in cura al fido Oronte.
E con egual misura oggi si veda,
che l'amore, a la fede in me non ceda.
Vedi onor!
Se son costante;
vedi amor
se sono amante;
dite poi,
se mai da voi
premio aspetta la mia fé.
Se lo merto, io questo attendo,
che pretendo
sol giustizia, e non mercé.
S'apre il bagno, ed esce Tomiri co 'l corteggio de' Paggi, e Muti.
Si porterà una sedia di riposo, e tavolino, su del quale vi saranno premi diversi, che Tomiri anderà dispensando a' Capi della sua milizia.
TOMIRI
Lasciatemi qui sola.
(partiranno tutti)
L'egizia ancor non veggio!
Chi sa, s'ora a Tigrane, il mio tesoro,
ella fida palesi,
ch'io l'amo, e che l'adoro?
Ah! No, che no 'l vorrei...
l'onor... la maestade...
la promessa a i due regi... O mio cordoglio!
O confuso pensier! Voglio, e non voglio!
(si appoggia pensierosa, sembrando, che dorme)
Meroe inosservata, e poi Tigrane, e detta.
MEROE
Sola Tomiri! E parmi
in cupo sonno immersa!
Su via, alma, coraggio; ecco il gran punto,
di mia vendetta, inaspettato, è giunto.
Meroe cava uno stilo, e s'incammina verso Tomiri; intanto viene Tigrane, e nel mentre, che Meroe vuol ferire Tomiri, Tigrane toglie a Meroe lo stilo, ed ella con voce alta dice a Tigrane:
Ah! Traditor, che fai?
TOMIRI
(a queste voci, tutta sbigottita s'alza Tomiri, e dice)
Ahimè, chi mi soccorre? Aita o dèi!
Che veggio! Ahi, qual orror! Traveggo, o sogno!
Dunque contro di me! Crudele, dunque,
Tigrane un traditor! Svenarmi vuole
chi tanto è a me sì caro! In che peccai,
che di morte appo te colpevol sono!
Parla: di', che ti feci; e ti perdono.
MEROE
(In tal rischio imminente io mi confondo!)
TIGRANE
(Per salvare il mio ben, che mai rispondo!)
Oronte con Guardie, e detti.
ORONTE
A tue voci son pronto
co' più fidi custodi.
TOMIRI
Al mio gran rischio,
stupido ancor tu resta!
ORONTE
In qual sembianza
io miro il duce!
TOMIRI
(a Tigrane)
E ancor non parli ingrato?
MEROE
Che mai risponderà?
TIGRANE
(Son disperato.)
TOMIRI
Dal tuo pallido volto,
dal silenzio ostinato, io ben ravviso
l'error, che festi, o dio! Ma già, che vinto.
Dallo stesso delitto, il labbro tuo
parlar non osa; almeno
tu, che incontro al fellon schermo mi festi,
cara egizia fedele,
di' come accadde quel, che, se non fusse,
da le vene il mio sangue io spargerei.
TIGRANE
(Ove mai v'appigliate affetti miei!)
MEROE
Io timor non riserbo,
franca a scoprirti il ver.
TOMIRI
Di' pur.
MEROE
Qui venni...
TIGRANE
Ferma, Egizia, le voci.
TOMIRI
E che pretendi?
TIGRANE
Ridirti io quel, che per me sol si deve.
TOMIRI
Questo fia mio piacere.
MEROE
(Il traditore
vuol dell'accusa mia portar l'onore.)
TOMIRI
Via, che ritardi?
TIGRANE
Io ti dirò: costei...
MEROE
(Già comincia l'accusa.)
TOMIRI
(additando Meroe)
È quella appunto
che mi salvò la vita?
TIGRANE
(O dèi!) No 'l niego.
MEROE
(Che strani sensi ascolto!)
TOMIRI
Che ritenne il tuo braccio?
TIGRANE
(O cieli!) È vero.
MEROE
(Io fuor di me rimango.)
TOMIRI
Che fu difesa mia?
TIGRANE
Sì, tua difesa.
MEROE
(O d'amor grande eccesso!)
TOMIRI
È quella al fine
a cui la vita io deggio?
TIGRANE
Io no 'l dissento.
MEROE
(O d'un fido amator strano portento!)
ORONTE
(Ei confessa il delitto: e pur no 'l credo!)
TOMIRI
O perverso desio!
TIGRANE
(Salvi l'amata, e 'l fallo suo sia mio.)
TOMIRI
Palesa almen l'errore,
già che negar non puoi l'empio attentato.
TIGRANE
Nulla risponder so: son sventurato.
TOMIRI
Ah! Che solo il mio core
è sventurato. (e ben m'intende amore.)
Ancora un breve istante al pentimento
mia pietà ti concede.
TIGRANE
Io pentirmi! E di che? De la mia fede?
TOMIRI
Palesasti il delitto;
ed or fedel ti chiami?
(O mio core infelice!)
MEROE
(Intender non lo può; ma il ver le dice.)
TOMIRI
A che creder degg'io!
TIGRANE
Credimi amante sol dell'onor mio.
TOMIRI
Ma già, che un sol rimorso
tu nieghi al tuo delitto, e all'amor mio;
s'arresti alle sue stanze;
(ad Oronte)
e tu procura,
che pentito si renda.
ORONTE
Io t'ubbidisco;
e tal renderlo spero a le mie preci.
TIGRANE
Eh, che dir non poss'io quel che non feci.
Reo mi credi, e pur son fido.
Pe' la gloria in me s'accende,
la mia fede più risplende,
più, che allor ti sembro infido.
(parte con Oronte)
Tomiri, e Meroe.
TOMIRI
(abbracciandola)
Cara giacché mi desti
col tuo fido soccorso oggi la vita;
il mio tradito amor tu ancor consola.
MEROE
Feci ciò, che dovei.
(Ma compir la vendetta io non potei.)
TOMIRI
Dimmi: tu gli parlasti?
MEROE
Io già no 'l vidi.
TOMIRI
Forse nascosto egli era,
meditando il gran colpo.
MEROE
Nulla saprei ridirti.
(Ah! S'all'ombra del padre io posso offrirti!)
Quanto ti compatisco!
TOMIRI
Or tu, pietosa,
vanne, lo vedi, e cerca
di saper la cagion dell'odio suo:
movilo al pentimento;
e, se tempo ti par, digli, che l'amo.
No... ferma... poi v'andrai... ah! Che già sento
insoffribile farsi il mio tormento.
MEROE
Tutto oprerò per te, sta' pur sicura.
(Ma più sempre il mio cor morte ti giura.)
TOMIRI
Contrastano in petto
l'onore, l'affetto,
ragione, ed amor!
Per punire il tradimento,
la ragione m'arma di sdegno;
ed amor, con forte impegno,
vuol, che adori il traditor!
Policare, e Meroe.
POLICARE
Bella egizia; un regnante
brama dell'amor suo saper gli eventi.
MEROE
Signor, l'umana sorte ha troppo oscuri,
fra l'umane vicende,
i presagi futuri.
POLICARE
Ma pur vedi, se almeno
mi daranno le stelle un dì sereno.
MEROE
Già ti guardo la fronte;
ma da un'arte fallace
è follia lo sperar senso verace.
POLICARE
La speranza, che in petto
nutrisce l'amor mio,
lieta m'assiste in placida sembianza.
MEROE
Ma sai, che lusinghiera è la speranza.
POLICARE
Spesso a l'alme regnanti
arride amico il fato.
MEROE
È ver. (Ma a danni miei sempre spietato!)
Signor, mi chiama altrove
premurosa incombenza,
se la tua cortesia mi dà licenza.
POLICARE
Vanne, egizia cortese,
e dal mio regio core,
se chieder tu saprai,
vedrai ben soddisfatto il tuo desio.
Grazie, signore (ho regio core anch'io).
MEROE
Io son contenta
di mia fortuna,
(ma mi tormenta
sdegno, ed amor).
Benché la sorte
suoi sdegni aduna,
ho l'alma forte.
Ho grande il cor.
(parte)
POLICARE
Sì, tra le mie speranze
resisti; ho fido core,
che a chi serve, a chi spera
diffonde la pietà, pietoso amore.
Bellissima Tomiri,
cara, e bella cagion de' miei tormenti,
spero, che ancor sarai
dolce, e lieta cagion de' miei contenti.
Care pupille belle,
stelle dell'idol mio,
da voi desia quest'alma
il suo ristoro.
Spera da voi la calma
l'ardente mio desio,
occhi del caro ben, che tanto adoro.
Orcone, vestito galante, alla parigina, con parrucca e porterà due Persone appresso, con un tavolino, su del quale vi sarà una cassettina galante, e poi Dorilla, vestita alla tedesca.
ORCONE
Sarei grosso animale,
se non dessi ogni gusto a la diletta
mia bella pupuletta!
Ora ch'è carnevale,
è lecito di far qualche pazzia:
qui posate la banca, e andate via.
Starei per farmi uccidere
per la carina mia, la mia vezzosa!
DORILLA
Che vista curiosa!
(O mio contento! O quanto voglio ridere!)
ORCONE
(Qui la mia Colombina,
con quegl'occhi vivaci,
vestita da galante tedeschina!
Che leggiadria, che tiene!)
DORILLA
Così molto mi piaci.
ORCONE
Mi son posto in bellezza!
DORILLA
Oh bravo! Oh bene!
Tu rassembri un Narciso,
tutto brio, tutto vezzi, tutto amori!
ORCONE
E tu, col tuo bel viso,
fraila bella mia, sfavilli ardori.
DORILLA
Fraila? Che forse sai
parlar tedesco?
ORCONE
Oibò!
Questo nome imparai.
DORILLA
Ma io ne so.
Con una certa dama,
in Germania trattenni, ragazzetta;
e appagherò tua brama
se ne vorrai sentir qualche cosetta.
ORCONE
Io ti starò a sentire.
DORILLA
Eccola: guten morgen mein herr.
ORCONE
Evviva! Ma non so, che voglia dire?
DORILLA
Ora te 'l dirò io;
questo vuol dir: buongiorno, signor mio.
ORCONE
Mi dai proprio all'umore!
DORILLA
Des herren sein deiner.
ORCONE
E questo?
DORILLA
Padron mio, suo servidore.
ORCONE
O la bizzarra cosa!
DORILLA
Or senti adesso questa, ch'è amorosa.
Ich bin verliebe,
ich liebe, liebe du.
Che vuol dire: io sono amante;
amo io, ama tu.
Aber ich bin pestandig,
du bist leichtsinnig.
Questo vuol significare:
tu leggero, ed io costante;
che ti pare?
Ne vuoi più?
ORCONE
O graziosa mia!
Bel musino di latte!
Certo, vossignoria,
con quella grazia, ch'ogni grazia abbatte
ha le grazie distrutte;
e de le grazie tutte,
sei l'arcigrazia, idest, la più magnifica,
che impiaga, accende, strugge, e poi dolcifica.
DORILLA
(O com'è stravagante!)
Onor mi fa.
ORCONE
Sei di bellezza un mostro
quell'occhio scintillante...
DORILLA
Basta così: su diamo al fatto nostro.
ORCONE
Appunto in questo loco,
dove son dame, cavalieri, e gente,
possiam, spassarci un poco.
DORILLA
A te: comincia l'opra: allegramente.
ORCONE
Signori nobilissimi,
portiam, con esso noi,
robbe, che fan per voi.
Odori esquisitissimi,
che son, contro la puzza, arciperfetti.
DORILLA
Abbiam fini bianchetti,
rossetti, singolari,
degni di gran signora.
ORCONE
Abbiamo, senza pari,
polve di Cipro, ed i soffietti ancora.
DORILLA
Abbiam nei all'usanza,
tondi, bislunghi, a stelle, e a mezze lune.
ORCONE
Ed abbiamo in sostanza
di certe donne tutte le fortune.
DORILLA E ORCONE
Vanno alcune a procacciarsi
dai liscetti la vaghezza,
e una finta gioventù.
E chi sa più bellettarsi,
più si picca di bellezza,
ma è tutt'arte, e niente più.
ORCONE
Signori, che aspettate?
Son cose prelibate.
DORILLA
Gl'uomini vai cercando?
ORCONE
Sì, che gl'uomini ancor se ne dilettano:
avessi tante doppie al mio comando,
quant'uomini vi son, che si bellettano.
DORILLA
(Che spasso delicato!)
ORCONE
Almen, chi è quello mai,
che non lo vedi tutto incipriato?
DORILLA
Tu ancor pieno ne stai.
ORCONE
L'usanza tutti assolve,
e 'l difetto si cangia in bizzarria.
Tu di liscio, io di polve,
ne tieni la tua parte, ed io la mia.
DORILLA
O quanto mi diletti!
ORCONE
Occhio mio di falcone!
Vengano i fazzoletti:
eccone uno a questo mio padrone:
eccone un altro, e un altro: o che fracasso!
DORILLA
Dove son?
ORCONE
Fo così per darti spasso.
DORILLA
Or diamo gusto a questi spettatori;
e facciamo tra noi,
una scena amorosa.
ORCONE
Sì, cara, ruba cori,
io faccio quanto vuoi, bocca vezzosa.
Mia bellissima dèa...
DORILLA
Mio bellissimo nume...
ORCONE
Il tuo bello mi ri... sì, mi ricrea.
DORILLA
(Che spasso!) Ed io mi accendo al tuo bel lume.
ORCONE
Occhi... degl'occhi miei...
DORILLA
Mio dolce amore.
ORCONE
Per te son... son...
DORILLA
Chi sei?
ORCONE
Son un pezzo d'ardore.
DORILLA
E per te (che piacer!) va in fiamma il core.
ORCONE
O mia stella... che stella? Anzi mio sole,
che nel meriggio ardente...
DORILLA
(Gli mancan le parole!)
ORCONE
Meglio: al vago oriente,
lampeggiando...
DORILLA
(Che gusto!)
ORCONE
E lumi, e lampi...
là su gli eterni campi...
DORILLA
(Adesso scoppi!)
ORCONE
Ove al fulgor, che spira...
DORILLA
(Non posso più!)
ORCONE
Raggi, e scintille appresta...
e quanto in te s'ammira...
io per te moro; e la sostanza è questa.
Pensa che 'l core
salta, e ribalta,
gira, e raggira,
va su, e giù,
di qua, e di là.
Senti il rumore,
che vai facendo:
grida e schiamazza,
e va dicendo:
bella ragazza
pietà, pietà.
DORILLA
Tu troppo ti trasformi!
Che ti cade in pensiero?
ORCONE
Bella, se tu non dormi,
conoscer devi ben, ch'io fo da vero.
DORILLA
Tu passi troppo avante.
ORCONE
Fo la parte d'amante.
DORILLA
Ma per burla.
ORCONE
Ah! Non burla il mio cor, che piange, ed urla.
Tu m'hai tutto raffreddato
son gelato.
DORILLA
E che credevi?
ORCONE
Che dovevi
al core afflitto.
DORILLA
Zitto, zitto:
già t'ho detto,
che tu creda a la speranza.
ORCONE
Oh gioiello del mio petto!
DORILLA
Va servendo, va sperando
con costanza,
e fedeltà.
ORCONE
Servirò sempre adorando
la vezzosa tua beltà.
O mia vita saporita,
vorrei darti mille a...
DORILLA
Che?
ORCONE
Mille abbracci.
DORILLA
A me!
ORCONE
A te.
DORILLA
Ah poltrone impertinente
a me questo?
ORCONE
Che t'ho fatto?
Non è niente,
DORILLA
Vanne matto
via di qua.
ORCONE
Abbi un po' di carità.
Luogo pubblico di regio tribunale, con trono, e diversi sedili e scalinate, che corrispondono a varie parti del regal palazzo.
Tomiri, Policare da due parti, senza vedersi.
TOMIRI E POLICARE
Quanto fiero,
nume arciero,
tu avveleni la dolcezza
con l'asprezza
del rigor!
TOMIRI
(Ah Tigrane!...)
POLICARE
(Ah Tomiri...)
TOMIRI
(T'amo e vuoi la mia morte!)
POLICARE
(T'adoro, e tu schernisci un fido core!)
TOMIRI
(O perversa mia sorte!)
POLICARE
(O iniquo amore!)
POLICARE
Reina, a tuoi bei lumi,
da cui l'anima mia tragge il respiro,
riverente m'inchino.
TOMIRI
Altro ne' lumi miei veder non puoi,
che lampi di furor, fulmini d'ira.
POLICARE
Come, mio ben! Che dici?
TOMIRI
Son accesa, e sdegnata,
infierita, agitata...
POLICARE
E io che peccai?
TOMIRI
E come tu non sai
dell'empio traditor, del tradimento?
POLICARE
(Respiro!) Egl'è in tua mano.
TOMIRI
Or, che giudice sono, amor non sento.
Qui aspetto il reo per decretar sua pena.
POLICARE
Giustizia il vuole.
TOMIRI
(E amore il cor mi svena!)
Meroe, e poi Doraspe, e detti.
TOMIRI
Ecco l'egizia: in questa
abbraccio di mia vita il forte scudo.
(abbraccia Meroe)
POLICARE
Ammiro il tuo valor, la sua gran fede!
MEROE
Feci ciò, ch'io dovea. (Sciocca se 'l crede!)
(Tomiri si siede)
DORASPE
Tomiri, al duce infido,
nuovo delitto aggiungi.
TOMIRI
E qual?
DORASPE
Rimira
qual perfida congiura
a' danni tuoi cospira.
(le dà un foglio)
TOMIRI
O mio dolore!
(Più ch'il bramo innocente, è traditore!)
MEROE
(Ah! Fu scoperto il foglio!)
POLICARE
Immobil resto!
MEROE
(Anco al primo dolor s'aggiunge questo!)
TOMIRI
Policare: tu 'l leggi.
MEROE
(O me infelice!)
POLICARE
Son pronto ad ubbidir.
TOMIRI
Sentiam che dice.
POLICARE
(legge)
«A Milziade, de' Persi invitto duce.
Con tuoi fidi guerrieri entra sicuro
nei scitici confini: inoltra il passo
sotto mentite spoglie; e qui ne vieni,
per compir la vendetta,
dovuta al morto Ciro.
Già da' nostri custodi
libero il passo avrai: nulla temere,
che di fé venir meno
già non puote. Tigrane il prence armeno.»
MEROE
O mio dolor! Che sento!
TOMIRI
E questo ancor di più! Sì sventurata
son io! Così tradita
con doppio eccesso!
POLICARE
Affretta
la tua giusta vendetta.
TOMIRI
(Oh amore... oh dio...
ahi, che parla tacendo il dolor mio!)
Tigrane con Guardie, e suddetti.
TOMIRI
Fiero mio traditor: vieni sì qui;
e già, ch'il primo eccesso
discolpar tu non vuoi: almen procura
dal secondo salvarti.
Leggi: quest'è tuo foglio?
(gli dà il foglio, che riceve con disprezzo)
TIGRANE
È mio.
TOMIRI
(Che grande
detestabil coraggio!)
MEROE
(Oh me infelice!)
TOMIRI
Tu lo firmasti?
TIGRANE
E chi te 'l niega.
TOMIRI
E questo,
pur non è tuo sigillo?
TIGRANE
È mio sigillo.
TOMIRI
A Milziade non scrivi?
TIGRANE
Il tutto è vero.
MEROE
(Oh mio destin severo!)
TOMIRI
Per offrir il mio sangue al morto Ciro!
TIGRANE
Nulla saprei negar: ma qual mancanza
questo può dirsi in me?
TOMIRI
Qual di tua mente
delirio è questo! Almeno
fammi veder, che l'alma tua pentita
qualche rimorso sente!
TIGRANE
Rimorso? E qual rimorso a un innocente!
DORASPE
(Par, che trasogni, o è stolto!)
POLICARE
(I falli accetta,
e innocente si chiama!)
TOMIRI
Più l'ira mi si accende:
come innocente?
MEROE
(E pur niun l'intende.)
TOMIRI
Tu tentasti svenarmi:
osasti di tradirmi...
TIGRANE
Ti confessai.
TOMIRI
Dunque, sei traditor, spergiuro, ingrato,
indegno di pietade, e di perdono.
TIGRANE
Tutte accetto le colpe; e reo non sono.
TOMIRI
Ma se reo tu non sei,
palesa l'innocenza.
TIGRANE
Il palesarla,
privo d'onor mi renderebbe.
TOMIRI
Oh! dio!
Questi enigmi crudeli, almen da voi
siano disciolti, o regi, or, ch'io vi cedo
del giudice infelice
il supremo poter.
POLICARE
Dunque risponda
al parlar nostro.
DORASPE
E vinto resti il reo.
MEROE
(Cieli, che far degg'io?)
(si ritira appassionata, ed afflitta)
TIGRANE
Tanto vuoi presumete,
che 'l giudizio accettate?
Ah! che Tomiri è quella
che sol giudice io bramo?
TOMIRI
(Perché forse saprà, ch'ancora io l'amo.)
POLICARE
Che superbia fastosa!
DORASPE
Che temerario ardir!
TIGRANE
Ma già, che voi
mie risposte attendete; ecco rispondo
questo, ch'a terra io spargo infranto foglio.
(lacera il foglio)
Dica, ch'io lo vergai,
non per tradir, ma per salvar Tomiri:
e se 'l forte mio braccio
parve aspirar de la sua morte al vanto:
solo la fedeltà mi spinse a tanto.
TOMIRI
Egli è fuor di sé stesso!
POLICARE
Vane son le discolpe.
DORASPE
Egli vaneggia!
TOMIRI
Giacché ostinato sprezzi
mia pietà, mia clemenza, e morir vuoi,
olà! condotto ei sia donde il toglieste,
sin, che la pena al suo fallir prescriva.
TIGRANE
Mora Tigrane, e la sua fé sol viva.
È delitto l'apparenza,
ma confido a l'innocenza,
che per me risponderà.
Benché infido sembra il core,
sarà chiaro il mio candore
la mia bella fedeltà.
(parte con le guardie)
Tomiri, Policare, e Doraspe.
TOMIRI
In qual cupo ocean d'onde voraci
s'aggira il mio pensier!
POLICARE
Tardar non lice,
alta regnante: io qui ti lascio: scrivi,
eguale a' falli suoi l'aspra sentenza:
che non sempre è virtù l'usar clemenza.
Sfoga pur tuo giusto sdegno,
poi ricordati del mio amor.
Fa' vendetta dell'indegno,
poi da' pace all'afflitto cor.
Doraspe, e Tomiri.
DORASPE
Reina: io ti compiango, io so qual pena
sia scoprir traditor, chi pria si crede
nido di fedeltà; ma tal dolore
non ritardi il castigo.
TOMIRI
(O fato! O amore!)
DORASPE
Fa' che mora il fellone, l'ingrato;
e poi pensa ch'io moro per te.
Sia la pena, ch'ei cada svenato:
sia tuo vanto gradir la mia fé.
Tomiri, e Meroe.
TOMIRI
Del tradimento, egizia,
del traditor, che dici?
MEROE
Ch'ei non morrà!
TOMIRI
Donde il comprendi?
MEROE
Il veggo
negl'occhi tuoi, e nel mio core il leggo.
TOMIRI
Sì: perché sai, ch'io l'amo;
ma se perdon non chiede;
senza far noto il mancamento mio,
salvar come il poss'io?
MEROE
Quando ciò fia, riserbo un tal valore,
ch'a lui salvi la vita, e a te l'onore.
TOMIRI
E come?
MEROE
Un certo incanto...
TOMIRI
Deh! Me 'l palesa.
MEROE
Il dirlo
invalido il faria.
(Questo lo serbo in palesar, ch'io sia.)
TOMIRI
Dunque, prima si tenti a tuoi consigli,
svegliarlo al pentimento, e a far palese
la cagion di sue colpe, e se fia vano,
oprar potrai l'incanto.
Pensa, che s'egli more,
dal tormento svenata,
è certa la mia morte.
MEROE
(Ah Scellerata!)
TOMIRI
Va', mia fida, e gli svela
l'ardor di questo sen... no ti ricorda
dell'onor mio... sì dirgli potresti...
MEROE
Che?
TOMIRI
Di'... non so, che dir: già m'intendesti.
MEROE
Io tutto eseguirò (ma sol quel tanto,
che della mia vendetta aspira al vanto.)
Salverò nel tuo diletto,
il tuo affetto,
ed il tuo onor.
Io farò, che 'l tradimento
resti spento
nell'amante
col sembiante
d'un novello traditor.
Tomiri sola.
Oh dio! Chi sa, se tutto,
fedel saprà ridir quant'io le imposi?
Ah! sì, che l'amor mio
vuol, ch'io vada colà, dov'altri invio...
E l'onore? Il dover? Lo scettro? Il regno?
Lungi tanti riflessi:
io da nascosta parte,
suoi detti ascolterò, benché dovessi
scettro, onor, vita, e regno
perdere in un sol punto.
Amor, vedi a qual passo or tu m'hai giunto.
Taci onor,
più non t'ascolto;
mio dover
più non ti sento:
solo amor,
col mio tormento,
fanno scorta al dubbio piè.
Il rossor
che copre il volto,
vo' goder
del mancamento,
che salvar non posso in me.
Appartamento di Tigrane con porte, e portiere.
Tigrane, e poi Meroe.
TIGRANE
Bella sorte,
m'è la morte,
se si more,
per amore,
e fedeltà.
MEROE
Idol mio, tanto amore
mai non credei trovar in te: le prove
son troppo illustri.
TIGRANE
Ah! cara,
qual più nobil piacer d'esser fedele?
MEROE
Ma sin, che l'esser tal non sia crudel.
TIGRANE
Come?
MEROE
Creder tu puoi,
ch'esposto io qui ti lasci
sino al morir?
TIGRANE
Ma, che pretendi?
MEROE
Tanto
chiedi in me di viltà, che per salvarti,
io non mi scopra?
TIGRANE
O dio!
Viene amica, o nemica? A me sol basta
di due grazie il bel don.
MEROE
Questo qual sia?
TIGRANE
Una, che nel tuo regno,
senza svenar Tomiri,
(sol per salvezza tua) pronta ritorni.
L'altra, che dopo morto, a' Sciti, al mondo,
del mio cor l'innocenza
facci palese...
Tomiri da dietro una portiera, e detti.
TOMIRI
(A tempo giungo.)
MEROE
Ah! tali
pensier ne vadan lungi: a te sol basta,
per fuggir dal periglio,
chieder perdono.
TIGRANE
Or questo
troppo rossor mi recheria.
TOMIRI
(L'ingrato
è nel primo pensier sempre ostinato!)
MEROE
Tu già reo t'accusasti,
per convinto ti desti.
TOMIRI
(Che mai risponderà?)
TIGRANE
Sogni son questi.
(s'accorge di Tomiri)
È qui Tomiri.
MEROE
O dèi!
TIGRANE
Taci, non ti smarrir. Egizia, invano,
tante ragioni adduci.
Vanne a Tomiri, e dille,
ch'io son reo senza colpa,
che traditor io son, perché son fido:
che morte aspetto, e che perdon non voglio;
dille infin, che rimorso, o pentimento,
né men per ombra, in questo petto io sento.
TOMIRI
(Più non posso, mi scopro.) Or giacché giunge
tua perfidia a l'estremo; ancor vogl'io,
a l'estremo che giunga
la mia clemenza.
(a Meroe a parte)
Dimmi:
palesasti, ch'io l'amo?
MEROE
(a Tomiri a parte)
In questo punto
dir lo volea; ma tu giungesti. (Nulla
ella dunque sentì.)
TIGRANE
La mia sovrana
in questo loco?
TOMIRI
Ancor così tradita,
in onta mia, ti vo' salvar la vita.
Per quella porta fuggi:
nel tuo cielo ritorna:
e involati al castigo a te dovuto.
TIGRANE
Vo' l'onor sol meco, e ciò rifiuto.
TOMIRI
Or questo è troppo! Al tuo morir ti lascio,
giacché morir tu vuoi, mori, crudele:
ma sappi almen (per mio rossor) che teco
anch'io morrò; decreti
d'empi fati son questi:
andiamne egizia, il traditor qui resti.
TIGRANE
La morte è mio contento.
MEROE
O mio fiero destino! O mio tormento!
TOMIRI
Giacché sdegni la clemenza,
mori, ad onta del mio cor.
MEROE
Fa' palese l'innocenza,
non morir da traditor.
Tigrane solo.
Vanne pur, che a ragione
tu mi condanni, ed il tuo onor lo deve;
ma io, che nel mio core,
di fedeltà, d'amore ho il vanto impresso,
di morire non curo,
pur, che a l'onor si viva,
e che l'impegno a vanto mio s'ascriva.
Il fiero aspetto
d'orrenda morte,
con petto
forte,
incontrerò.
E sol sent'io,
che 'l cor mi svena
l'acerba pena,
che l'idol mio
lasciar dovrò.
Giardino regale.
Meroe, e Orcone.
ORCONE
Dunque, già risolvesti
di scoprirti a Tomiri?
MEROE
Tanto vuole la fede
d'un'alma innamorata.
ORCONE
Questo è desio d'un'alma disperata.
MEROE
Giacché sull'inimica
non cadde il colpo, a vendicar mio padre,
in me sol cada! per salvar l'amante.
Pur che soccorso al mio fedel s'appresti,
sì, mora Meroe invendicata resti.
ORCONE
Oh! Maledetta sorte!
dunque venn'io per pianger la tua morte?
MEROE
Non più, che 'l mio morire
sarà mio pregio, e vanto.
ORCONE
Misero me! Già m'è venuto il pianto!
MEROE
Sussurrando, il venticello,
par, che dica: è caro, è bello
il morire per amor.
Pur, che viva il mio diletto,
de la morte il fiero aspetto
sarà gioia a questo cor.
Tomiri, e Policare.
POLICARE
Reina...
TOMIRI
Che reina?
Sono un angue, una furia, un mostro rio,
(Ah! Infelice amor mio!)
POLICARE
Che t'affanna mio ben!
TOMIRI
Sento nel core
un vivo inferno. (Ah! Mio infelice amore!)
POLICARE
Deh! Ti placa, mia vita; un regio petto
sì debole non sia, ch'in sé racchiuda
tanto dolor, quando ha poter, che basti
a vendicar suoi torti.
TOMIRI
Ah! Che inutili sono i tuoi conforti.
POLICARE
(Gelosia, tu mi uccidi!) E come, o bella,
mia ragion non t'appaga?
TOMIRI
Troppo acerba, e crudele, è la mia piaga.
POLICARE
(Ahimè!)
TOMIRI
(Stolta, che dissi?) E ti par poco
veder un reo, che i suoi delitti accusa,
e deride il poter d'alma regnante?
POLICARE
Decreta, ch'egli mora...
TOMIRI
Sì, mora (Ah! Che no 'l soffre il core amante.
Sì, l'indegno, cada, pera,
mora l'empio traditor.
Ma pietosa, e non severa,
pur mi vuole il dio d'amor.
Policare solo.
Agitata mia mente, a qual pensiero
appigliar ti saprai?
E come oprar può mai
di vendetta, un desio sì strani effetti?
Vi credo, o no, gelosi miei sospetti?
No, creder non vi voglio,
e qui, tra l'erbe, e i fior, tra rivi, e piante
te invoca l'alma amante,
bella speranza mia: deh? Menzognera
non esser sempre a un cor, che spera.
ECO
Spera.
POLICARE
Chi mi dice, spera?
ECO
Spera.
POLICARE
Spera un'eco mi risponde?
E quell'onde,
mormorando,
par che temprino il mio duolo!
E cantando
il rosignolo,
pur accresce il mio sperar.
E da un'eco lusinghiera,
da un vezzoso ruscelletto,
e da un musico augelletto,
trova pace il mio penar.
Orcone vestito da dottor Graziano; e poi Dorilla, vestita da Zaccagnino.
ORCONE
Ovidio un chiacchierone!
No è ver: con ragione
scritto lasciò, che tanti antichi numi,
per le amorose loro
cangiar forma, e costumi;
e lasciando il decoro, e la modestia,
giunser puranco a trasformarsi in bestia.
Eccone in me la prova:
quel bel musin di zuccaro m'ha tratto,
in questa foggia nova a far da matto.
Ma io lo fo con gusto,
ch'ancor essa per me fa le pazzie.
Ecco che vien.
DORILLA
(Il riso mi flagella!)
Deh, car ol me duttur.
ORCONE
O quanto è bella!
DORILLA
Presto andiamo al festino.
ORCONE
Qui verranno le maschere fra poco.
DORILLA
Aspettiamo un tantino:
ed in tanto, sediamci in questo loco.
ORCONE
Cara la mia bellina,
cosa fala? Cmod stala?
Cosa disla? Cos hala?
La digga la me bella Zaccagnina?
DORILLA
Ah dig mi, che sto be.
Ma desim u tanti,
desim: che vo voli d'ol fagh me?
ORCONE
Cosa disivo mo'?
No sgnora, ch'las llassa pur srvir:
mi son servidor so.
Mi n'ho lengua per dir
quant'a sippa ubligà
a un eccess aqsi grand dla so buntà.
DORILLA
O bene! E viva al certo! Il mio desio
d'allegrezza si sazia.
ORCONE
O spiritello mio,
tu mi fai liquefar con tanta grazia!
Es tu pulchram, pulchrissimam.
Idest bellam, bis, terque:
formosam, formosissimam,
bis, ter, iterum ter, terque, quaterque.
DORILLA
Sai tu parlar latino?
ORCONE
Maxime: a son mestron.
DORILLA
(O com'è babuino!)
ORCONE
Cancarla son un altr' Zizeron.
DORILLA
(Che spasso singolare!)
Sei un gustoso umore.
ORCONE
S'hai gusto d'imparare,
tu sarai dottoressa, ed io dottore.
DORILLA
Un tempo l'imparai,
e ne so qualcosetta.
ORCONE
O ben se tu starai
sotto la sferza, io ti farò perfetta.
Esaminart'io bramo.
DORILLA
(O che riso mi viene!)
ORCONE
Che vuol dir: ego amo.
DORILLA
«Io amo» viene a dir.
ORCONE
Victorlo bene!
Radiantis ocellulis;
vestram lucem,
perbellulam, mirificam,
scintillosque perbellulis,
faciunt te plusquam bellam, et magnificam.
Questo intender no 'l puoi,
ch'è stile proprio ciceroniano,
ma se capir lo vuoi,
io te lo spiego.
DORILLA
(O che cervello strano!)
Con gusto il sentirò.
ORCONE
Tu lo ripeti, ed io lo spiegherò!
DORILLA
(È tempo di contenti.)
ORCONE
Radiantis ocellulis...
DORILLA
Radiantis ocellulis...
ORCONE
Vestram lucem, perbellulam, mirificam...
DORILLA
Vestram lucem, perbellulam, mirificam...
Che vuol dire?
ORCONE
Vuol dire: occhi splendenti,
vostra luce arcibella, ed ammirabile.
DORILLA
Intesi io bene, o ben lei troppo amabile!
ORCONE
Scintillosque perbellulis...
DORILLA
Scintillosque perbellulis...
ORCONE
Faciunt te plusquam bellam, et magnificam.
DORILLA
Faciunt te plusquam bellam, et magnificam.
Dice in nostra favella?
ORCONE
E le belle scintille, ed ammirande,
ti fanno assai più bella, assai più grande.
DORILLA
O quanto il cor ne gode!
(Spropositi a bizzeffe!)
ORCONE
Occhi carini,
è tutta vostra lode,
occhi belli, occhi ladri, occhi assassini.
Cancaron, cancaronaz!
Uli-vù, car al mi cor,
al duttor
pr marì?
Ch'anc mi
a vui pr muier.
Guard'al mi zentil mustaz,
guardal pur,
ch'ai te sur,
ch'aiè cosa da uder.
DORILLA
Onbé! Ch'em desie vo?
Afid vo v'inganné! Ol lenguazù!
Guardè! Mi digh de no?
Mò no la vuos intend sta canzù?
ORCONE
Cos'ela mo' sta cosa?
Mo' l'hoia strapazza, al mi
tasi, me graziosa.
Tasi, cos'hala, an far tant armor.
DORILLA
Che partendef da mi?
Mi la vuoi iusì.
ORCONE
Eh, ch'an iè mò rason.
DORILLA
La sto de mala voia, in conclusiù.
ORCONE
Ma la dov'è la mò la compassion?
DORILLA
Mò cacher! Tout de lì: che compassiù?
Tout de lì, ah te digh:
tasi, babbiù, mi no't stim u figh.
ORCONE
Tu burli, o fai da vero? Ah gioia mia,
che parole son queste?
Se non è burla, adesso butto via
la maschera, e la veste...
DORILLA
(O bella caccia!)
ORCONE
E mi darò cinquanta pugni in faccia.
DORILLA
Non piangere, cos'hai?
Parlai da Zaccagnina.
ORCONE
E da Dorilla?
DORILLA
È certo, ch'io burlai.
ORCONE
O la mia pupulina!
Donca havi vu de mi compassion?
DORILLA
Mi sì: alligher.
ORCONE
O bon, bon bon bon, bon.
DORILLA
Mò sentì, ol me duttur.
Mi ti vuoi imparà de fa l'amur.
Dos la sta la innamorà,
ol so bello sa iosì;
al la mira pasezzand,
manezzand ol cappeli:
po' ghe dise, sospirand:
cospettù, cospetunaz.
Co la man al pistolis,
po ghe dis: car ol me bè,
consolè,
o poveret me mostaz.
ORCONE
Qui non ci voglion tante ciancianfruscole:
ora lo spiego, a lettere maiuscole.
DORILLA
Che?
ORCONE
Quel, che non intendi, o mio tesoro.
DORILLA
Che intender degg'io?
ORCONE
Che per te peno, spasimo, avvampo, e moro.
DORILLA
Or senti, Orcone mio:
il tuo garbo m'alletta;
e ti vo' per marito.
ORCONE
O mia diletta!
A noi la mano.
DORILLA
Ecco la mano, e 'l core.
ORCONE
O mia bella...
DORILLA
O mio ben...
DORILLA E ORCONE
Mio dolce amore.
ORCONE
Che allegrezza...
DORILLA
Che dolcezza...
DORILLA E ORCONE
Sento in petto.
ORCONE
Mia vezzosa...
DORILLA
Mio diletto...
ORCONE
Cancaron, cancaronaz!
DORILLA
Cuspetù, cuspetunaz!
O che gioia...
ORCONE
O che piacer...
DORILLA
Bel marì...
ORCONE
Cara moier...
DORILLA E ORCONE
O', ch'ol mir ol to mostaz!
Mo' ch'al guard al tò mustaz!
ORCONE
Le maschere son qui.
DORILLA
O ben! Un poco,
amici, in questo loco
proviam il nostro ballo, e poi suonando
andarem al festin tutti ballando.
(ballano con le maschere)
Gran portico imperiale, che per diversi colonnati, introduce a vari appartamenti, con un pilastro, eretto nel mezzo, e trono per Tomiri, che (all'uso degli Sciti) assisterà alla morte di Tigrane.
Tomiri, e poi Doraspe.
TOMIRI
Siamo nel punto estremo.
DORASPE
Alta reina,
se no affretti al traditor la morte,
temo de' rischi tuoi.
TOMIRI
Che tema è questa?
(O novella funesta!)
Ecco, che giunge, ahi! Pena!
Ahi! Che in solo mirarlo, amor mi svena.
Tigrane condotto da Guardie, e Popolo, e detti.
POPOLO
Mora Tigrane, il traditor de' Sciti.
TOMIRI
(Poveri spirti miei, siete avviliti.)
TIGRANE
Morrà Tigrane, sì, e ciò, che sembra
immagin vil di tradimento, è vanto
d'impareggiabil fede
ch'avrà dal mio morir degna mercede.
TOMIRI
Sei vicino a la morte
e ancor di fede osi ostentar il vanto?
(Amor frenami il pianto.)
Dunque se reo non sei,
perché qual reo tu vuoi morir?
TIGRANE
Allora
che morto restarò, tu lo saprai.
TOMIRI
E chi favellerà?
TIGRANE
L'ombra onorata
de la mia fedeltate.
TOMIRI
(Alma ostinata!)
TIGRANE
(a Tomiri)
Che si tarda? Su via:
esca dal tuo bel cor! Pietà, clemenza
ch'han sospeso sin'or la morte mia.
Sì sì detta, o Tomiri,
senza più ritardar l'alto decreto:
sì, te n' priego, per quello
sangue, che tante volte io lieto sparsi,
spesso a tuo pro pugnando: io te ne priego
per queste del mio seno
gloriose ferite,
testimonio fedel del mio servire:
su via guerrieri, a voi, più non tardate.
(a' soldati)
Già Tomiri il comanda,
fate del vostro stral segno il mio seno;
e giacché il vostro duce,
che sì fedel vi resse, in odio avete,
su, ne le vene sue l'odio estinguete.
Ma sol pregar mi sia concesso, almeno,
che allor, che, dopo morte,
il vanto di mia fé sia chiaro a voi,
con ciglio solo addolorato, e pio,
spargete un sospir sol nel cener mio.
TOMIRI
(Ah! Mi si scoppia il core!
Il dilatar mi giovi.)
Gl'archi ammanite, e pronti
lo stral drizzate al segno; al freddo marmo
legato ei sia; s 'l cenno mio si attenda.
(Aspetterò l'Egizia, e se vien meno
al già promesso incanto,
misero cor, deh ti disciogli in pianto.)
(li soldati portano Tigrane a legarlo al pilastro)
TIGRANE
Lieto, costante, e forte,
incontro quella morte,
ch'è vanto di mia fé.
E spero, che dirà
mia bella fedeltà
quel, che non sai da me.
Meroe, con abito da principessa, Orcone, e detti.
ORCONE
Ferma.
MEROE
Lasciami, dico, ora mi svelo.
TIGRANE
(Meroe già si discopre! Ahi crudo cielo!
TOMIRI
Chi è costei!
MEROE
Ecco l'incanto, o donna:
Meroe son io, di Ciro unica figlia:
per sacrarti del padre a l'ombra illustre,
cangiai le regie spoglie...
TOMIRI
Empio ardimento!
TIGRANE
(Peggior di morte è questo duol, ch'io sento!)
Tomiri, ella t'inganna.
MEROE
Taci: Meroe fu quella,
che tentò di svenarti.
Tigrane ti difese: egli, mio amante,
e a te fedele, elesse
pria di morir, trofeo del tuo rigore,
che oscurar la sua fé, tradir l'amore.
Dunque io deggio morire.
DORASPE
(Incredibil successo!)
TOMIRI
E tu morrai.
(Datti pace mio cor.)
ORCONE
Già lo pensai.
TOMIRI
(a Tigrane)
Si sciolga il duce. Ora de' sensi tuoi
incomincio a capir le cifre ignote.
TIGRANE
(Quanto il destino a danno mio far puote!)
Oronte, con foglio in mano, e detti.
ORONTE
Reina, questo foglio,
da' confini qui giunto,
mi diede Alarco.
TOMIRI
È nuovo tradimento?
ORONTE
Anzi è a favor del reo.
TOMIRI
(O mio contento!)
(legge)
«Milziade, il perso duce, allor, che a voi
un mio foglio darà, resti svenato:
tanto v'impon, con immutabil legge,
il prence armen, che le milizie regge.»
O candida innocenza, a torto offesa!
MEROE
(a Tigrane)
Dunque tu m'ingannasti?
TIGRANE
Rifletti a la mia fede, e ciò ti basti.
TOMIRI
Quella si leghi, e quella
si esponga a le saette.
Su, mora Meroe.
TIGRANE
(Oh dio!)
Policare, Dorilla, e detti.
POLICARE
Gran novella, reina:
Tigrane è figlio tuo.
TOMIRI
Come?
POLICARE
Sì, quello,
che Archinto si nomava.
TOMIRI
Ed in qual modo,
chiaro render lo puoi?
POLICARE
Lucrone istesso,
corsar, che lo rapì, da' miei vassalli
fatto prigion, morendo,
volle, che a te sia noto,
per messaggio, qui giunto in questo istante.
E aggiunge ancora, aver nel braccio destro
quella cifra regal, che i regi sciti,
imprimono a lor figli.
TOMIRI
Io tutta gelo, e avvampo!
TIGRANE
Io son fuor di me stesso!
DORASPE
Che impensato successo!
TOMIRI
Senza tardar s'osservi.
(confronta Tomiri il suggello regale col segno al braccio di Tigrane)
Ah! più dubbio non v'è: tu sei mio figlio:
figlio ti stringo al seno, or sì conosco
dell'occulto amor mio la forza ignota:
luce degl'occhi miei:
figlio t'abbraccio: Archinto mio tu sei.
TIGRANE
Madre, giacché un tal nome,
per mia felice sorte a te degg'io,
su la regal tua destra
bacio divoto imprimo.
Ma or, che madre sei, che figlio io sono,
genuflesso al tuo piede,
chiedo che Meroe mia
per diletta mia sposa a me si dia.
TOMIRI
Ceda a la mia gran gioia, e l'odio e l'ira.
Olà! Meroe si sciolga:
vieni t'abbraccio, o cara.
E del caro mio figlio,
già sei l'amata sposa.
TIGRANE
Adorato mio ben...
MEROE
Mio dolce amore...
MEROE E TIGRANE
Ti do la destra, e con la destra il core.
TOMIRI
Se a Policare devo
l'acquisto del mio figlio, ho ben ragione,
che, con Tomiri, abbia de' Sciti il trono.
TIGRANE
L'applaudo anch'io.
POLICARE
Quanto felice io sono!
DORASPE
Soffro in pace il mio fato.
DORILLA E ORCONE
Ancor noi siamo sposi.
ORONTE
O sorte amica! O giorno avventurato!
TUTTI
Viva, e regni la fede, e l'amore,
ch'è sol vanto di vera virtù.
E diffonda più vago splendore
su bel giorno, ch'egual mai non fu.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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