LA STRANIERA
Melodramma.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto di Felice ROMANI.
Musica di Vincenzo BELLINI.
Prima esecuzione: 14 febbraio 1829, Milano.
Personaggi:
ALAIDE (la straniera) |
soprano |
Il signore di MONTOLINO |
basso |
ISOLETTA di lui figlia, fidanzata a |
mezzosoprano |
ARTURO conte di Ravenstel |
tenore |
Il barone di VALDEBURGO |
baritono |
IL PRIORE degli Spedalieri |
basso |
OSBURGO confidente di Arturo |
tenore |
Cori e Comparse.
Dame e Cavalieri – Gondolieri e Pescatrici – Spedalieri – Cacciatori – Guardie – Vassalli di Montolino.
L'azione è in Brettagna nel castello di Montolino e nei dintorni.
L'epoca è del 1300 circa.
Avvertimento
Sebbene il romanzo da cui tolsi il soggetto del presente melodramma, sia noto abbastanza al più dei lettori, nulladimeno mi sia permesso di presentarne un certo qual sunto per chiarir l'antefatto, il quale avrebbe richiesta una protasi, se non impossibile a farsi, difficilissima certo in un componimento per musica.
Un cortigiano del duca di Pomerania avea promessa alla bella Agnese, figliuola del suo signore, di ottenerle la mano di Filippo Augusto, re di Francia, dov'essa li consegnasse un anello, una ciocca de' suoi capelli e il suo ritratto. L'incauta Agnese prestossi a cotanto raggiro, e in fatti divenne sposa di Filippo, il quale ripudiò Isamberga, principessa di Danimarca, a ciò spinto, dicono gli storici di quei tempi, da inesplicabile avversione: imperocché la notte istessa del suo matrimonio fuggito era dalla stanza nuziale, tutto spaventato e compreso d'orrore. Colpito d'anatema il re di Francia, dovette ripigliare la prima sposa. Agnese, bandita da Parigi, fu rilegata in Brettagna nel castello di Karency, ove Filippo comandava che trattata fosse da regina, anzi vi spediva in segreto Leopoldo, principe di Merania, fratello di lei, per invigilare sulla sua sicurezza, il quale stabilivasi nei dintorni sotto il nome di barone di Valdeburgo. Ma la misera Agnese, noiata della sua pomposa prigione, approfittando del divieto avuto di lasciarsi vedere da chicchessia, lasciò nel castello un'amica che molto le somigliava, e ritirossi in una capanna solitaria presso il lago di Montolino a piangere in libertà la sua colpa e le sue sventure. Quivi pure, perseguitata dal suo tristo destino, non poté trovar pace; imperocchè i rozzi abitanti dei dintorni vistala fuggire ogni consorzio, andar coperta da un velo e gemere nei luoghi più deserti, presero a temerla qual fattucchiera, e a crederla tale: di maniera che invogliarono di conoscerla il conte Arturo di Ravenstel, discendente dagli antichi principi di Brettagna, giovane ardentissimo, il quale s'innamorò perdutamente di lei, e deliberò di sposarla, sebbene già fidanzato ad Isoletta, figliuola del signore di Montolino. Le conseguenze di questo amore formano il nodo dell'azione, e in essa, io spero, appariranno chiaramente, ad onta degli ostacoli che mi si fecero innanzi in un soggetto così fantastico, e più di tutto a malgrado dell'impostami necessità di non troppo discostarmi dall'intenzione del romanziere.
Felice Romani
Atrio del castello di Montolino: di fronte il lago, e al di là del lago, veduta del villaggio illuminato.
(Quanto si vede indica che si sta celebrando una festa. Si festeggia infatti l'anniversario in cui la Brettagna è stata restituita dagl'Inglesi a Filippo Augusto, e il vicino matrimonio d'Isoletta di Montolino con Arturo di Ravenstel.)
Il lago è sparso di navicelle addobbate e illuminate. Odesi da lontano una lieta armonia e festose voci di applauso. A poco a poco si sente distinto il canto; ed ora da una, ora dall'altra navicella, uomini e donne cantano le seguenti strofe a Coro.
CORO
I (di uomini)
Voga, voga, il vento tace,
splendon gli astri in cielo azzurro;
sol col placido sussurro
bacia i lidi il dolce umor.
Voga, voga: è l'alma pace
messaggera dell'amor.
I (di donne)
O castel di Montolino
dell'amor sei già soggiorno;
quando spunti il nuovo giorno
lo sarai d'imene ancor.
Voga, voga: egli è vicino
di due cori a fare un cor.
II (di uomini)
Lievi, lievi in sen del lago
tuffan l'ali amiche aurette;
e la luna vi riflette
il suo placido splendor.
Voga, voga: ell'è l'imago
d'innocente e casto ardor.
II (di donne)
A noi reca un'aura pura
l'olezzar del suol fiorente:
al romor della corrente
mesce il lido il suo romor.
Voga, voga: è la natura
che si desta, e sente amor.
Valdeburgo e Isoletta.
VALDEBURGO
ISOLETTA
Col cuor trafitto dalla festa io torno:
sì, Valdeburgo, a te d'Arturo amico,
a te pietoso cor tutto io confido
le segrete mie pene.
Gioia da questo imene
più sperar non poss'io... cambiato è Arturo,
crudelmente cambiato... Un altro oggetto
su quell'anima ardente arbitro impera.
VALDEBURGO
ISOLETTA
Sì: la Straniera.
VALDEBURGO
ISOLETTA
Fatto, ahi! Fatto è certezza all'alma mia...
(dopo aver guardato intorno, prende Valdeburgo con precauzione, e gli dice)
Io la vidi.
VALDEBURGO
ISOLETTA
Ier, sul lago.
VALDEBURGO
ISOLETTA
Agli atti, al volto,
non mortal, divina imago...
ma il suo schifo a me d'innante
via sparì com'ombra errante,
e ne usciva un suon dolente,
qual sospir d'un cor morente,
e d'Arturo al nome unita
questa voce di dolor.
Ogni speme è a te rapita
che riponi nell'amor.
VALDEBURGO
ISOLETTA
Il più funesto...
Io ne tremo.
VALDEBURGO
ISOLETTA
Più no 'l veggo.
VALDEBURGO
ISOLETTA
Mi abbandona lo spergiuro;
e in che istante, oh dio, te 'l vedi.
VALDEBURGO
ISOLETTA
Ognor presenti
al pensier ho quegli accenti...
ISOLETTA E VALDEBURGO
Ogni speme è a te rapita
che riponi nell'amor.
Ah! l'aurora della vita
è l'aurora del dolor.
Odonsi grida lontane. Una navicella bruna attraversa il lago: vedesi in essa la Straniera coperta d'un velo nero. Molte barche l'inseguono.
CORO
(in lontano)
La Straniera! La Straniera!
ISOLETTA
(sbigottita riconoscendola)
Cielo! È dessa.
CORO
Ahi! Trista festa,
se l'iniqua fattucchiera
del suo aspetto la funesta!
ISOLETTA
(tremante a Valdeburgo)
Odi! Ahi lassa! È vero, è vero.
VALDEBURGO
CORO
Si raggiunga.
Accorrono da varie parti il signor di Montolino, Osburgo, ed altri Cavalieri ecc. Isoletta è tremante appoggiata a Valdeburgo.
MONTOLINO
Qual romor!
(veggendo Isoletta, e accorrendo a lei)
Che mai veggo? Figlia!...
ISOLETTA
Ah padre!
Odi tu? Sciagura a noi.
MONTOLINO E CORO
E tu pur di vili squadre
il terror divider puoi?
ISOLETTA
La Straniera!... Arturo!... Oh! Ambascia!
Trema il cor, né sa perché.
OSBURGO, MONTOLINO E CORO
Lo spavento al volgo lascia;
troppo indegno egli è di te.
(Isoletta si avvicina a Valdeburgo e conducendolo in disparte le dice con somma passione)
ISOLETTA
Oh tu sai gli spasimi
di questo cor piagato,
tu solo puoi comprendere,
se giusto è il mio terror.
Deh! Per pietà, confortami,
conduci a me l'ingrato;
oppur mi assisti a reggere
al peso del dolor.
VALDEBURGO
OSBURGO, MONTOLINO E CORO
Ritorna ai giochi, e mostrati
con volto men turbato;
non far che il nostro giubilo
rattristi il tuo timor.
(Isoletta parte con Valdeburgo seguitata dal Coro. A poco a poco la scena rimane vuota)
Montolino e Osburgo.
MONTOLINO
Osburgo?... Io non divido
la sicurezza tua.
OSBURGO
Tu pur col volgo
temerai la Straniera?
MONTOLINO
Arturo io temo.
Questo disprezzo estremo
d'Isoletta e di me, questo sì strano
de' suoi doveri oblio, d'onde in lui nato?
OSBURGO
Da un cor, ben te 'l diss'io, sempre agitato.
Un inquieto istinto
di tristezza lo pasce, e lo strascina
ove geme l'affanno e la sventura.
Nelle vietate mura,
ove nascosta ad ogni sguardo alberga
la bandita dal trono e dagli altari,
Agnese di Merania, osò l'insano
con suo periglio penetrare un giorno,
saper lo déi.
MONTOLINO
Fama ne corse intorno.
Giusta lo spinse allora
pietà d'Agnese, ché la sua caduta
di stupore colmò l'Europa intiera.
Ma d'ignota Straniera
perché tanto pensier?...
OSBURGO
Pietade istessa
lo guida a lei, perché la credé oppressa.
MONTOLINO
Funesta al suo riposo
indole è questa...
OSBURGO
E la lusinga e nutre
questo stranier, misterioso anch'esso,
che di tanta amistade a lui si è stretto.
MONTOLINO
Ben dici: e aver sospetto
dobbiam di tutti.
OSBURGO
E sovra tutti attento
io veglio quindi. Ad ogni costo, sposo
fia d'Isoletta tua l'unico germe
de' nostri prenci...
MONTOLINO
Me possente a un tempo,
e te ricco farai. Purché si stringa
cotesto nodo, l'avvenir non curo.
OSBURGO
In me riposa. ~ È ne' miei lacci Arturo.
(partono)
Interno della capanna ov'abita la Straniera.
Arturo entra guardingo, ecc.
È sgombro il loco... Rimaner degg'io,
o non visto partir? ~ Beato albergo,
irresistibil forza
come un magico cerchio in te m'arresta:
l'aura, sì l'aura ch'ella spira è questa.
(s'inoltra ecc.)
Oh! potess'io scoprire,
cara donna, chi sei, scioglier potessi
il velo in cui ti copri anco a te stessa?...
(s'accorge di un ritratto ecc.)
Un ritratto?... Veggiam... È dessa, è dessa.
Ricco manto la copre, il crin le cinge
serto di gemme... Eri tu dunque un tempo
più felice, mio ben. Parla, deh! Parla.
Più felice di pria può farti Arturo,
se confidarti all'amor suo consenti...
(odesi da lontano un suono di liuto)
Qual suon!... Essa è Alaide... Oh cari... accenti!
Una voce canta da lontano.
I
ALAIDE
Sventurato il cor che fida
nel sorriso dell'amor:
brilla e muor qual luce infida
che smarrisce il viator.
ARTURO
È mesta la sua voce,
meste come il suo cor son le sue note.
Voce più vicina.
II
ALAIDE
Infelice il cor che apprezza
alto stato e verde età.
Una larva è la grandezza,
fior caduco è la beltà.
ARTURO
Fortunato chi puote
dar conforto a quell'alma, e far che un riso
torni a brillar su quell'amabil viso!
Voce vicinissima.
III
ALAIDE
Ogni speme, ogni ventura
lunghi dì durar non può.
Solo, ahi! Solo il pianto dura,
e per sempre io piangerò.
Arturo va per uscire: s'incontra in Alaide: essa è vestita di nero.
ARTURO
Alaide!
ALAIDE
Che miro! In queste soglie,
sciagurato, che cerchi?
ARTURO
A te vicino,
un istante di pace.
ALAIDE
È meco il lutto,
la sventura, il dolor.
ARTURO
Divider teco
tutto il peso vogl'io de' mali tuoi.
ALAIDE
Dividere i miei mali? Ah tu no 'l puoi!
Compiangimi soltanto;
altro non ti è concesso.
ARTURO
In tuo soccorso
forse il ciel m'invia. Credilo a questo
che mi spinge ver te potere arcano;
credilo all'amor mio. T'amo, lo sai,
e son tuo, tuo per sempre, io te 'l giurai.
ALAIDE
Tenero cor! (Che dico?
Ove trascorro?) va', lasciami, fuggi,
non t'appressar. Insuperabil pose
fra noi barriera il ciel. Deh! Non punirlo
dell'amor suo, gran dio!
Sola io merto soffrir... la rea son io.
ARTURO
Che ascolto? E fia verace
dunque la fama? E tu proscritta, errante,
infamata, avvilita...
ALAIDE
Cessa! Ah cessa! Qual voce hai profferita?
Non io, non io t'avrei
oltraggiato così, se al mio cospetto
accusato ti avesse il mondo intero.
Esci.
ARTURO
Ah! M'odi: io t'offesi, è vero, è vero.
Serba, serba i tuoi segreti;
rispettarli ognor prometto:
ma ch'io t'ami invan mi vieti;
mio destino è questo affetto:
tu sei l'aura ch'io respiro,
sei la luce, il sol ch'io miro:
quanti beni ha il mondo e il cielo
l'amor tuo mi può donar.
ALAIDE
Taci, taci, è l'amor mio
condannato sulla terra;
associarti non poss'io
al destin che mi fa guerra:
segui il tuo, del mio migliore
me cancella dal tuo core...
Ah! Così potessi anch'io,
te dal cuore cancellar.
ARTURO
M'ami dunque? Oh gioia estrema!
M'ami, e speri d'obliarmi?...
ALAIDE
Io lo debbo... Parti, trema...
più infelice almen non farmi.
ARTURO
Te vo' lieta, te felice;
farti tale ancor mi lice.
Da regnanti io son disceso,
posso un serto a te recar.
ALAIDE
Ahi! Funesto, ahi tristo peso!
Qui deserta io vo' spirar.
ARTURO E ALAIDE
Ah! se tu vuoi fuggir
il mondo e il suo splendor,
io ti saprò seguir
in un deserto ancor.
Qualunque sia sentier,
almeno fia con te;
parrà la vita a me
un sogno di piacer.
ALAIDE
Ah! Non ti lusingar!
Ti perde il tuo desir.
Io nacqui per penar,
per fare altrui soffrir.
Si oscura il ciel per me,
per me si attrista il sol;
mi regge appena il suol,
perché coprir mi dé.
(si sente lontano suono di caccia)
ALAIDE
Odi... Qual suon!
ARTURO
Si adunano
i cacciatori intorno.
ALAIDE
Irne déi tu: festeggiano
delle tue nozze il giorno.
ARTURO
Io del castel la vergine
sposata ancor non ho.
ALAIDE
Insano, e me far vuoi
rea dei spergiuri tuoi?
E sempre a far dei miseri
dannata, o ciel, sarò?
Me sciagurata!...
ARTURO
Ah calmati!
ALAIDE
Addio per sempre...
ARTURO
Ah! No!
ALAIDE E ARTURO
Un ultimo addio
ricevi, infelice;
di più non poss'io;
di più non ti lice:
quel pianto mi cela
che il ciglio ti vela...
pregare tu déi,
non pianger per me.
Nell'ore serene
che il ciel ti sorride,
deh! Pensa che in pene
lasciasti Alaide;
e un raggio di calma,
implora ad un'alma
che forse più misera
è fatta per te.
ARTURO
Ch'io possa lasciarti!
Crudel, non ho core:
dovevi mostrarti
men degna d'amore.
Per chi t'ha veduta,
per chi t'ha perduta,
un peso è la vita,
soffribil non è.
Se l'ira ti preme
degli astri tiranni,
ci colgano insieme
ci oppriman gli affanni:
è mia la tua sorte
in vita ed in morte,
o teco sommerso,
o salvo con te.
Foresta nelle vicinanze di Montolino.
Vedesi in distanza la capanna di Alaide.
Odonsi da lontano suoni di corno e grida confuse coi suoni, indizio di rumorosa caccia. Le grida a poco a poco si avvicinano, e suonano distinte: attraversano quindi la scena vari cacciatori: indi Osburgo e Coro.
VOCI
(lontane)
1
Campo ai veltri.
2
Il cervo è uscito.
3
Corre, vola.
4
Si dilegua.
TUTTI
(sortono)
Via pei clivi è già sparito...
giù pe 'l piano ognun l'insegua.
OSBURGO E CORO
Lungo il lago, dove i boschi
son più densi, son più foschi,
un drappel veloce scenda
ogni varco a rinserrar...
Corra un altro e i colli ascenda,
l'ardue cime ad occupar.
(alcuni cacciatori corrono a sinistra della selva; altri salgono di fronte, e si perdono fra i dirupi. Rimane Osburgo e trattiene porzione di cacciatori)
OSBURGO
Questo è il luogo... Là... in quel tetto
la Straniera fa soggiorno.
CORO
Aborrito, orrendo oggetto!
OSBURGO
Di punirla è presso il giorno.
CORO
Sì, punirla.
OSBURGO
Vi frenate;
la promessa rammentate...
TUTTI
Qui non visti ~ qui segreti,
appiattati ~ queti, queti,
esploriam, spiam gl'indegni
suoi pensieri, suoi disegni...
Con qual arte, con che modi
tragge Arturo a vaneggiar.
Scoprirem le inique frodi,
le sapremo vendicar.
(si disperdono)
Valdeburgo e Arturo.
(incontrandosi)
VALDEBURGO
ARTURO
Tu di me in traccia?
VALDEBURGO
ARTURO
Oh! Valdeburgo! A me tu porgi aita.
Io d'Isoletta apprezzo
la candid'alma, la beltà ne ammiro,
il dolce favellar, gli atti soavi;
ma...
VALDEBURGO
ARTURO
Io non l'amo.
VALDEBURGO
ARTURO
O amico! Odila pria di condannarla.
Vuoi tu del cieco volgo
prestar fede alle accuse?
VALDEBURGO
ARTURO
E tu vedi, o crudel, vedi Alaide.
Sì: questa grazia imploro,
Valdeburgo da te... Vedila e poi,
se consigliar mi puoi
che per sempre io la fugga... Io te 'l prometto...
La fuggirò...
VALDEBURGO
Mentre si avviano verso la capanna di Alaide, vedesi ella stessa uscire dalla foresta.
ARTURO
Eccola.
ALAIDE
(veggendo Valdeburgo)
Cielo!
VALDEBURGO
ALAIDE
Taci!
Ah!... Qual gioia...
(si abbandona nelle braccia di Valdeburgo che la stringe)
ARTURO
(guardando entrambi turbato)
(Oh sospetto!)
VALDEBURGO
ARTURO
Te 'l credo.
Poiché la stringi al seno,
ella è scolpata assai: libero io posso
senza rimorso amarla.
(si appressa con trasporto ad Alaide. Valdeburgo lo prende per un braccio e lo allontana)
VALDEBURGO
ARTURO
Io! Che mai dici?...
ALAIDE
Ahi! Misera!
VALDEBURGO
ARTURO
Parla: perché?
VALDEBURGO
ARTURO
È forse colpa in lei?
VALDEBURGO
ARTURO
D'altri amante è forse?
VALDEBURGO
ARTURO
D'altri sposa?
VALDEBURGO
ARTURO
Dunque chi puote opporse?
VALDEBURGO
ALAIDE
Ah! Non dirlo.
ARTURO
(con impeto)
Il so.
Tu sol t'opponi, o perfido...
ormai squarciato è il velo.
(per impugnare la spada)
ALAIDE
Cessa...
VALDEBURGO
ARTURO
Tu mi tradisci.
ALAIDE
Oh! Cielo!
ARTURO
(ad Alaide)
Almen tu parla, e aita
la mente mia smarrita,
pronuncia un solo accento:
di' che rival non ho.
ALAIDE
Deh! M'odi...
ARTURO
Un solo accento.
(con tutto l'impeto della gelosia)
Rival mi è desso?
ALAIDE
Ah! No.
(un momento di silenzio. Alaide si volge come supplichevole a Valdeburgo che la guarda fissamente come in aria di rimprovero. Arturo si avvicina a lui)
VALDEBURGO
ARTURO
Ah! Se non mi è rivale,
che vuol da me costui?
Per qual poter fatale
tremi dinanzi a lui?
Qualunque ei sia, no 'l temo,
il mio potere è amor.
ALAIDE
No: tu non hai rivale...
io più non amo, il sai...
ma se di me ti cale,
lasciami in pace omai.
Per me disastro estremo
è il tuo funesto amor.
VALDEBURGO
ARTURO
(snuda la spada)
Arresta, arresta;
un di noi qui dée cader.
VALDEBURGO
ALAIDE
Ah! Ver non sia...
La tua vita, Arturo, è mia.
ARTURO
Oh! Alaide! Parla, imponi,
qual più vuoi di me disponi.
Tutto, fuor che altrui lasciarti,
tutto Artur per te farà.
ALAIDE
Cedi adunque, ah! Cedi e parti...
ARTURO
Ti vedrò?
ALAIDE
Lo giuro... Va'.
Insieme
ARTURO
Cedo, cedo; a te m'involo,
ma un accento mi conforti.
Dimmi almeno, dimmi solo
che perdoni a' miei trasporti,
che la smania non t'offende,
il tumulto del mio cor.
ALAIDE
Mi vedrai, mia fé n'avesti,
ma deh! Va', se amor mi porti...
tu mi perdi se più resti,
se rinnovi i tuoi trasporti...
da te sol, da te dipende
ogni ben ch'io spero ancor.
VALDEBURGO
(si dividono e partono per diversa via)
Luogo remoto ove è posta la capanna della Straniera, ombreggiata da piante silvestri. Di prospetto s'innalzano alcune rupi, a' piedi delle quali è il lago.
Arturo, indi Osburgo e Cacciatori.
Comincia a poco a poco ad oscurarsi il cielo, e a minacciare tempesta, che nell'ultima scena scoppia con estrema violenza. Arturo rimane lungamente immobile e assorto in profondi pensieri.
ARTURO
Che mai penso? Un dubbio atroce
mi rimane, e il cor mi preme...
Si discacci... Ah! La sua voce
non si acqueta, e ognor più freme...
Rio presagio!... Il ciel s'oscura.
Trista e squallida è natura...
ogni oggetto il lutto veste
di un tradito e morto amor.
Ah! fuggiam... Son larve queste...
Sogni son del mio timor.
(si avvia per partire: esce Osburgo dal lato opposto col coro)
OSBURGO E CORO
Odi, Artur...
ARTURO
Mi lascia.
CORO
Ah! Riedi,
non partir... Tu sei tradito.
ARTURO
(ritorna indietro)
Io? Da chi...
CORO
(circondandolo)
Da chi più credi
fido a te, l'inganno è ordito...
ARTURO
Come? Dove?...
CORO
La Straniera
a cui fé tu presti intera...
Valdeburgo, a cui tu cieco
ti abbandoni e ognora hai teco,
da gran tempo accesi in petto
da segreto e vile affetto,
paventando che il tuo scorno
possa alcuno a te scoprir...
Di nascosto al nuovo giorno
han deciso di fuggir...
ARTURO
Ciel! Che sento!
CORO
Noi nel bosco,
non veduti dagl'indegni,
col favor dell'aer fosco,
tutti udimmo i loro disegni...
hanno entrambi a te celato,
a te finto e nome e stato...
ambidue dai patri liti
fur cacciati, fur banditi...
accusati d'inudite,
di esecrande reità.
ARTURO
Ah! Cessate... Non seguite...
Coppia rea! Tremar dovrà.
CORO
Taci, taci... acqueta l'ire...
fingi ancor, non ti scoprire...
non dar campo ai menzogneri
d'inventar più rei misteri...
ti convinci da te stesso
dove giunga il loro eccesso...
poi prorompi, e sia bandita
ogni voce di pietà...
ARTURO
Oh! perfidia!
CORO
Fia punita.
ARTURO
Oh! Furor!
CORO
Si sfogherà.
(il coro tragge seco Arturo e si disperde)
Alaide e Valdeburgo escono dalla capanna; indi Arturo che si cela.
ALAIDE
Ah! Non partir: già stende
oscura notte il velo:
fosco, nebbioso è il cielo,
non una stella appar.
VALDEBURGO
ALAIDE
Ti rivedrò?
VALDEBURGO
ARTURO
(Ecco gl'indegni insieme.)
ALAIDE
Pensa che a me rimani
unica guida e speme.
ARTURO
(Perfida!)
VALDEBURGO
ALAIDE
Oh! Leopoldo! Io giuro
i passi tuoi seguir.
VALDEBURGO E ALAIDE
Addio per poco! Addio
fino alla nuova aurora!
Saremo uniti allora
per non lasciarci più.
ARTURO
(Empio! L'estremo addio
agl'infedel dai tu.)
Valdeburgo riconduce Alaide alla capanna: quand'essa è rientrata, esce Arturo dal suo nascondiglio.
ARTURO
Leopoldo!
VALDEBURGO
ARTURO
Leopoldo!
VALDEBURGO
ARTURO
Discendi.
VALDEBURGO
ARTURO
(con voce repressa e con tutto l'impeto del furore)
Vendetta.
VALDEBURGO
ARTURO
Mal t'infingi: ti difendi.
VALDEBURGO
ARTURO
Estremo è desso.
VALDEBURGO
ARTURO
Tu... tu stesso.
VALDEBURGO
ARTURO
Sì... Taci e il ferro stringi,
se pur senso è in te d'onor.
VALDEBURGO
(combattono. Valdeburgo retrocede incalzato da Arturo fino alla riva del lago: è ferito, e vacilla)
ARTURO
Mori.
VALDEBURGO
Comparisce dalla capanna Alaide con una face in mano.
ALAIDE
Qual romor!
(s'incontra in Arturo che scende furioso)
Chi vegg'io?
ARTURO
Son vendicato.
ALAIDE
Qual parlar?... Ohimè! Qual sangue?
ARTURO
Del fellon da me svenato...
ALAIDE
Ah! Dov'è?
ARTURO
Nel lago, esangue.
ALAIDE
Che mai festi?
ARTURO
Il tuo tesoro...
Lepoldo... ucciso io l'ho.
ALAIDE
Ah! Il fratel...
ARTURO
(spaventato)
Fratello?
ALAIDE
Io moro.
ARTURO
(dopo un momento di silenzio)
Ti fia reso, o anch'io morrò.
(ascende velocemente alla riva: Alaide lo segue sbigottita)
ALAIDE
Odi... Arresta.
(Arturo si precipita nel lago)
VOCI
(lontane)
Un uom nell'onda!
ALAIDE
Ciel! Soccorso!
(cade in ginocchio nel luogo ove fu ferito Valdeburgo)
VOCI
(più vicine)
Aita, aita!...
Accorrono da varie parti gli abitanti delle rive del lago con fiaccole. Osburgo seguìto da uomini armati si presenta sulla rupe ov'è prostrata Alaide; la vede, la solleva da terra.
CORO
La Straniera!... Sangue gronda.
ALAIDE
Sangue!... O ciel!...
(scende inorridita: tutti la seguono)
CORO
Perché smarrita?
Parla... Parla... Quale eccesso...
Qual misfatto hai tu commesso?
OSBURGO
Questo acciar di sangue intriso
riconosci?
ALAIDE
Ah! Lo ravviso...
Lo ascondete agli occhi miei...
Ch'io no 'l vegga!... Orror mi fa.
CORO
Empia! Forse!...
ALAIDE
(fuori di sé)
Ah sì, son tale...
l'amor mio fu a lui fatale...
io l'uccisi, lo perdei...
per me pena il ciel non ha.
CORO
Tu omicida!... Ah! Sì, lo sei...
Te la scure punirà.
(un momento di silenzio: tuona, lampeggia, fischia il vento nella foresta, Alaide è delirante)
ALAIDE
Un grido io sento...
suonar per l'onda...
egli è un lamento
di lui che muor.
Ciascun si taccia...
nessun risponda...
Ei mi rinfaccia
un empio amor.
Ai suoi lamenti
vi unite, o venti;
prorompi, o tuono,
accusator.
Io l'ho perduto...
io l'ho voluto...
non v'è perdono
a tanto error.
CORO
Paventa, indegna,
il ciel si sdegna;
t'annuncia il folgore
il suo furor.
(la tempesta è al colmo. Osburgo e gli armati la circondano e la traggono seco. Cala il sipario)
Gran sala ove si raduna il tribunale degli Ospitalieri, alla cui giurisdizione è soggetta la provincia: porta in prospetto.
All'alzarsi del sipario, i Giudici sono tutti assisi sui loro scanni, e in mezzo a loro, in seggio più elevato, è il Priore che presiede al tribunale: da un lato, dinanzi ai Giudici, è Osburgo accompagnato dai Terrazzani, che, da lui sedotti, deposero contro Alaide. La sala è circondata di Guardie.
IL PRIORE
Udimmo. Il tuo racconto
avvalora i sospetti. A lei dinante
sosterrai tu quanto hai riferto a noi?
Rifletti ancora.
OSBURGO
E dubitar ne puoi?
Quel che vid'io soltanto, e vider meco
tutti costor, narrai. Piacesse al cielo
ch'ella sgombrar potesse ogni sospetto.
IL PRIORE
L'accusata si guidi al mio cospetto.
OSBURGO
(Ardir. Non puote Arturo
custodito smentirmi, e compro ha l'oro
chi lo trasse dall'onde e a lui soccorse.)
CORO
Eccola.
Alaide in mezzo alle Guardie: essa è coperta da un gran velo: nobile n'è il contegno, e nel tempo istesso modesto. Il Priore l'osserva alcuni momenti, quasi colpito di qualche rimembranza.
IL PRIORE
(E a tanto error costei trascorse?
Ti appressa... e il ver rispondi.
Chi sei tu?
ALAIDE
La Straniera. A me tal nome
diè la sventura, e cancellò per sempre
il nome ch'io portava ai dì ridenti.
Io l'obliai.
IL PRIORE
(Qual voce! E quali accenti!...)
Ieri fu morto, e spinto
Valdeburgo nel lago, e tu sul lido,
di sangue intrisa, e rinvenuta fosti
sbigottita, tremante. Il tuo terrore,
il tuo stesso parlar, ed il mistero
in cui ti avvolgi, son bastanti a farti
comparir delinquente.
Discolparti puoi tu?
ALAIDE
Sono innocente.
IL PRIORE
Fosti di tanto eccesso
tu spettatrice?
ALAIDE
No.
IL PRIORE
Vedesti almeno
la vittima?
ALAIDE
Neppur.
IL PRIORE
Perché dicesti
ch'era all'ucciso l'amor tuo funesto?
ALAIDE
(tace vivamente commossa)
IL PRIORE
Perché? Favella.
ALAIDE
Mio segreto è questo.
IL PRIORE
Sciagurata! Lo svela.
Il segreto ti perde.
CORO
In tua difesa
nulla produr puoi tu?
ALAIDE
Nulla.
IL PRIORE
E non sai
qual t'aspetta destin?
CORO
Morte è sospesa
sul capo mio.
Arturo si precipita nella sala affannoso ed anelante.
ARTURO
Morte cadrà sul mio.
TUTTI
Arturo!
ARTURO
Ella è innocente: il reo son io.
OSBURGO
Giudici, no 'l credete...
Egro ei giacea... Vaneggia ancor... delira.
ARTURO
Ribaldo! E chi t'inspira
sì ria menzogna? Io Valdeburgo uccisi,
lo giuro, o cavalier, io che furente,
e ben lo sa costui,
un mio rival credea punire in lui.
ALAIDE
(Misero!)
OSBURGO
(Ei si è perduto.)
CORO
(E il ver parlò?)
IL PRIORE
Straniera, udisti il Conte
è desso l'uccisor? ~ Tu taci? ~ Assolta
non sei perciò; complice sua creduta
esser tu puoi.
ARTURO
Complice mia!
CORO
La scure
ambidue può colpir nel punto istesso.
Si apre la porta in fondo, e si presenta Valdeburgo pallido, e avvolto in bianco manto.
(sorpresa generale)
VALDEBURGO
TUTTI
(grido generale)
Ah! Valdeburgo!
ALAIDE
(arretrandosi sbigottita)
È desso.
(silenzio e terrore generale)
VALDEBURGO
CORO
Oh! Qual prodigio!
IL PRIORE
E sorgere
te dalla tomba io miro!
VALDEBURGO
TUTTI
Tu vivi?
ARTURO
(per correre a lui)
Ah! Gioia!
VALDEBURGO
ARTURO
Oh! Valdeburgo!
VALDEBURGO
CORO
Odi: partirsi incognita
non può da noi costei.
La legge il vieta: scoprasi.
VALDEBURGO
ALAIDE
(ritira il velo in modo che sia veduta dal solo Priore)
IL PRIORE
(meravigliato)
Ah!
ALAIDE
Taci.
IL PRIORE
(al Coro)
Uscir può libera...
(ad Alaide)
A noi perdona e va'.
(il coro che aveva circondato Alaide e Valdeburgo rispettosamente si scioglie, e lascia libero il passo a Valdeburgo)
CORO
(Tanto confuso il preside!
Così per lei commosso!)
ARTURO
(Me la rapisce il barbaro,
e oppormi a lui non posso!)
CORO
(Mistero inesplicabile:
costei chi mai sarà?)
VALDEBURGO
(Valdeburgo conduce seco Alaide: la porta del fondo si chiude. Il coro rimane meravigliato. Arturo si allontana in atto di estrema desolazione)
Il Priore, Osburgo, Cavalieri e Popolo.
IL PRIORE
Tu che osasti mentir a questo in faccia
augusto tribunal, trema. ~ Se astretto
da possente cagion, lascio per ora
impunito il misfatto, io no 'l perdono.
OSBURGO
Se reo son io, no 'l sono
che di soverchio zel...
IL PRIORE
Alla tua colpa
scuse non ricercar, se investigarne
le cagioni io non cerco. ~ Esci, e presente
abbi al pensiero ognor che i passi tuoi
sono esplorati, e a me fuggir non puoi.
(Osburgo parte col popolo)
Il Priore e i Cavalieri.
IL PRIORE
Voi che presenti foste
a sì mirabil caso, e interrogarmi
non vi attentate, forse un dì potrete
di tanto arcano sollevare il velo.
Per or vi basti, e il cielo
ne chiamo testimon, che la Straniera
giustificata è appien; che donna in terra
non avvi al par di lei scevra di colpa;
che non è cavalier chi ancor l'incolpa.
(parte)
Foresta come alla scena VIII dell'Atto Primo.
Arturo, indi Valdeburgo.
ARTURO
A tempo io giungo... Ei non partì... Qui trasse
la soffrente Alaide. ~ Udirmi, udirmi
dovranno entrambi, o di mia man trafitto
vedermi qui... sulle vietate soglie.
Vadasi tosto. ~ Ahi! Qual timor mi coglie!
Con qual cor, con qual fronte
di Valdeburgo sosterrò l'aspetto,
io sciagurato, io tinto
del sangue dell'amico?... Ebben, vendetta
prenda di me qual vuol, purch'ei m'ascolti,
pur che un istante sol vegga il mio pianto!
(va per entrare: si presenta Valdeburgo)
VALDEBURGO
ARTURO
Deh! Valdeburgo...
VALDEBURGO
ARTURO
Dolor, rimorso,
vergogna, amor tutti gli affetti insieme
che più straziano un cor. Oh! Tu che amico
mi hai stretto al sen, del mio soffrire estremo
tu non avrai pietade? A me per sempre
chiuder vorrai le braccia?
VALDEBURGO
ARTURO
Non andrai... mi uccidi in pria.
(arrestandolo)
VALDEBURGO
ARTURO
Il tuo perdono e quello
dell'offesa Alaide.
VALDEBURGO
ARTURO
Ch'io l'implori da lei...
VALDEBURGO
ARTURO
E chi potria vietarmi
ch'io mi prostri al suo piè?
VALDEBURGO
ARTURO
Ella! Gran dio!
Sgombrami il passo... Io son furente, insano...
VALDEBURGO
ARTURO
Ah! Pietà... Non io favello;
è un amore disperato...
è il dolor d'un cor piagato,
è l'angoscia del morir.
VALDEBURGO
ARTURO
(supplichevole)
A te mi prostro...
ch'io la vegga un solo istante!
VALDEBURGO
ARTURO
Ah! Non più... Così aborrito?...
VALDEBURGO
ARTURO
Oh! Rio martir!
VALDEBURGO
ARTURO
Ah! non sai d'un core ardente
il delirio tormentoso...
Offuscata è la mia mente,
per me il cielo è tenebroso...
Altra luce non vegg'io
che Alaide innanzi a me.
Ah! Morir, morir desio
se più guida a me non è.
VALDEBURGO
ARTURO
Che far debbo? Chi mi regge?
VALDEBURGO
ARTURO
Parla... Parla.
VALDEBURGO
ARTURO
Viva, ah! viva, e sia placata...
il mio cor s'immolerà.
Ma in mercede almen di questo
sacrificio a cui m'appresto...
sia presente in quel momento...
mi sostenga nel cimento...
La virtù ch'io non avrei,
un suo sguardo a me darà.
VALDEBURGO
ARTURO
Lo prometto.
VALDEBURGO
ARTURO
Ah! Se me non vuoi spergiuro,
se a soffrir mi vuoi capace,
non parlarmi del futuro,
non offrirmi un ben fallace...
Quanto io son sventurato,
il tuo core appien lo sa...
la memoria del passato
sol con me morir potrà.
(partono)
Gabinetto d'Isoletta nel castello di Montolino.
Isoletta sola: essa è in abito dimesso, e profondamente addolorata.
ISOLETTA
Né alcun ritorna?... Oh! Cruda,
dolorosa incertezza! ~ Ognun mi lascia
quel che avvenne ignorar ~ Tutto è mistero,
è tristezza, è squallor quanto qui vedo.
Artur m'abbandonò... Che più richiedo?...
(s'abbandona sopra una sedia)
E di mie nozze il giorno
era pur questo!... E sul mio petto ancora
stassi il pegno d'amor, che di sua mano
vi appese l'infedel.
(si stacca dal seno un ritratto)
Eccolo... Ei sembra
di un suo tenero sguardo ancor bearmi...
Sembra, ah! Sembra che ancor giuri d'amarmi!
(sorge e contempla il ritratto, e con esso favella)
Ah! Se non m'ami più,
perché sì dolce amor
sembra parlar d'amor
il tuo sorriso?
Ah! Se non m'ami più,
mi rendi il core almen,
il core che dal sen
tu m'hai diviso.
Ma che parlo? A chi favello?
Lunge è Artur...
Coro di Damigelle, e detta.
CORO
(accorrendo lietamente)
Esulta; ei riede.
ISOLETTA
Che mai dite?...
CORO
È nel castello.
ISOLETTA
A che vien?
CORO
Perdono ei chiede;
te fin d'oggi all'ara ei brama,
e il consente il genitor.
ISOLETTA
E fin ver?
CORO
Ei t'ama, ei t'ama,
è pentito dell'error.
ISOLETTA
Io sua sposa!... Oh! Lieto giorno!
Mi ama ancora!... Oh sommo bene!
Se il dolor tal premio ottiene,
fortunato il mio dolor.
Al mio sguardo un roseo velo
veste il cielo e il suol s'infiora;
ogni oggetto amor colora
della gioia del mio cor.
CORO
Sì, vincesti, esulta alfine;
orna il seno, ingemma il crine,
vagheggiata ~ invidiata
all'altar ti attende amor.
(partono)
Atrio che mette al tempio degli Spedalieri.
Il luogo è occupato dal corteggio nuziale.
Dame e Cavalieri.
CORO
È dolce la vergine
qual luna modesta
che i teneri desta
pensieri del cor.
CAVALIERI
È fervido il giovine
qual sole di maggio
che avviva d'un raggio
la prole dei fior.
DAME
Oh! Quanti costarono
sospiri agli amanti
quegli occhi brillanti
di onesto pudor!
CAVALIERI
Oh! Quante destarono
d'amorose scintille
le ardenti pupille
spiranti valor!
TUTTI
Ma fu di mill'anime
la fiamma negletta:
d'Arturo è Isoletta:
è scelta d'amor.
Tal gode all'anemone
superbo fiorente
viola innocente
unire il cultor.
Il Conte di Montolino, Isoletta e Arturo; indi Valdeburgo e Alaide.
(Isoletta ha in capo una corona di rose)
MONTOLINO
Dolce di un padre al cor suona la voce
che plaude al lieto evento, onde son paghi
dell'Armorica i voti, e il desir mio.
ISOLETTA
(Impallidisce Artur.)
ARTURO
(Dove son io!)
MONTOLINO
Siate presenti al rito,
ed ai paterni auguri unisca i suoi
la sincera amistà, l'amor, la fede.
(esce dalla folla Valdeburgo. Una donna coperta d'un gran velo si presenta da lontano e si nasconde dietro i monumenti dell'atrio, non veduta da alcuno. Arturo si accorge di Valdeburgo e gli corre incontro)
ARTURO
Valdeburgo!
VALDEBURGO
ISOLETTA
Arturo!
ARTURO
(senza badare a Isoletta)
(a Valdeburgo)
Io tremo... Il piede
mi sostiene a fatica.
ISOLETTA
(avvicinandosi a lui)
Artur! Non m'odi?
Né un guardo sol, né un detto
a me rivolgi?...
ARTURO
(scuotendosi)
Io... sì... t'ascolto... Io debbo
a te sola pensar... ed in te sola
sono assorti i miei sensi.
(suona la squilla del tempio il quale s'illumina)
Il Priore con alcuni Cavalieri si presenta alla gran porta.
IL PRIORE
Già dell'altare al piè fuman gl'incensi.
Voi soli attesi siete.
MONTOLINO
Andiam: la destra
porgi alla sposa tua.
ARTURO
(con sommo turbamento)
Va'... Mi precedi...
Tutto all'uopo disponi... Ultimo io chiedo
con lei venire.
MONTOLINO
Al tuo voler io cedo.
(parte)
Arturo, Isoletta, Valdeburgo, e Alaide nascosta.
VALDEBURGO
ARTURO
(Misero!)
ISOLETTA
(osservando Arturo con somma ansietà)
E quale
sul tuo volto pallor? Che volgi in mente?
ARTURO
Non so... Qual uom demente,
non conosco me stesso... Ah! Quel ch'io soffro
immaginar non può pensiero umano.
VALDEBURGO
ARTURO
Ma son tuo... Ecco la mano.
Stringila omai... Ti affretta
pria che tolta ti venga.
(Isoletta stende la mano tremando. Si mostra Alaide: le sfugge un sospiro, e piega il capo su un monumento)
ALAIDE
Ah!
ARTURO
(veggendo Alaide)
Cielo!
ISOLETTA
È fredda...
Fredda come il tuo cor... Oh! Arturo! Arturo!
Perché mi hai lusingata?
Non più imene per me... Non sono amata!
(si copre il volto lagrimando. Valdeburgo la sostiene)
VALDEBURGO
ISOLETTA
No 'l fui giammai.
Dal mio ciglio è il vel caduto.
ARTURO
Oh! Isoletta!... Tu non sai...
ISOLETTA
Io so tutto.
ALAIDE
(Oh! cielo, aiuto!)
Insieme
VALDEBURGO
ISOLETTA, ALAIDE E ARTURO
(Qual sarà dolor che uccide,
s'io resisto al mio dolor!)
ARTURO
Deh! Perdona...
ISOLETTA
Taci, Arturo...
Infelice io non vo' farti:
da' miei mali i tuoi misuro...
Sciolto sei... da me ti parti. ~
Lungi, o rose: a me si addice
trista benda di squallor.
(si strappa la ghirlanda nuziale. Alaide si scuote e si avanza risolutamente)
ALAIDE
Ferma.
VALDEBURGO
ARTURO
(Oh! Me infelice!)
ISOLETTA
A che vieni?
ALAIDE
A farti cor.
(raccoglie la ghirlanda)
ISOLETTA
Chi sei tu, che in tal momento
hai per me cotanto zelo?...
ALAIDE
La Straniera.
ISOLETTA
(attonita)
Oh mio spavento!
ALAIDE
(li prende entrambi per mano)
All'altar vi chiama il cielo:
ubbidite ~ me seguite...
Là comincia il vostro amor.
(Alaide strascina seco nel tempio Arturo e Isoletta, senza dar loro il tempo di riaversi. Valdeburgo li segue)
Dopo alcuni momenti esce dal tempio Alaide: ella è tremante, agitata, e quasi fuori si sé.
ALAIDE
Sono all'ara... Barriera tremenda
fra noi sorge... Ed io stessa l'alzai!
Più non veggo... Ardo, agghiaccio a vicenda...
non l'amore, la speme lasciai.
(s'inginocchia, e stende le mani al cielo pregando)
Ciel pietoso, in sì crudo momento,
al mio labbro perdona un lamento...
È l'estrema favilla d'un foco
che fra poco ~ più vita non ha.
Se i sospiri, se i pianti versati
i tuoi sdegni non hanno placati,
questo almeno ti renda propizio
sacrifizio ~ che il core ti fa.
(odesi musica religiosa nel tempio: un coro intona l'inno nuziale. Alaide sorge sbigottita, e porge l'orecchio)
Insieme
CORO
Pari all'amor degli angioli,
nume, è il lor casto affetto...
Ascenda al tuo cospetto
come d'incensi odor.
ALAIDE
(durante il canto)
Ahimè! Comincia
il rito nuzial!... Fuggiam... Non posso...
vacilla il piè... Tutto vuotar, gran dio,
questo nappo crudel, tutto degg'io.
Insieme
CORO
Stringi le due bell'anime
come i beati in cielo...
Come in un solo stelo
fiore si unisce al fior.
ALAIDE
Ah! Sì... felici
vivano insiem... Mai più non oda Arturo
il mio nome suonar. Udiam...
(cessa la musica)
Silenzio
succede ai canti del devoto coro...
Il giuramento... è proferito... io moro.
(si abbandona ai piedi d'un monumento)
Odesi tumulto dal tempio e gridare di molte voci.
Da lì a poco n'esce Arturo precipitosamente, e come fuori di sé. Alaide si scuote.
CORO
(di dentro)
Vaneggia... Il passo sgombrisi...
Sostengasi Isoletta.
ARTURO
(veggendo Alaide)
Ancor ti trovo.
ALAIDE
Ahi! Misera!
ARTURO
Seguimi... Il passo affretta.
Da me volean dividerti...
Giammai... tu sei con me.
(l'afferra per un braccio)
ALAIDE
Ah! che mai tenti?
ARTURO
O vivere,
o morir teco io tento.
ALAIDE
Lasciami.
ARTURO
Vieni...
ALAIDE
Ah! sentimi...
ARTURO
(strascinandola)
Sol le mie furie io sento.
ALAIDE
Aita! aita!
ARTURO
Invano...
non mi uscirai di mano;
chi primo s'avvicina,
morto cadrammi al piè.
(snuda la spada)
Il Priore degli Spedalieri, Coro, e Popolo: tutti accorrendo.
Poi Valdeburgo.
IL PRIORE
Chi veggio? La regina?
TUTTI
Regina!
ARTURO
(vivamente percosso)
Quale? ov'è?
IL PRIORE
Tu l'hai presente... Mirala:
onora Agnese in lei.
Spenta è Isemberga, e riedere,
regina, al soglio déi.
Mi annunzia il lieto evento
con questo foglio il re.
ARTURO
(si scuote e si precipita innanzi ad Agnese)
Sovra il mio corpo spento
ritorna al soglio.
(si trafigge)
TUTTI
(inorriditi)
Ahimè.
ALAIDE
(per accorrere a lui)
Arturo! Arturo!
VALDEBURGO
TUTTI
Ei muore.
ALAIDE
Muore! D'Agnese è vittima,
del mio funesto amore...
IL PRIORE
Regina!
VALDEBURGO
TUTTI
(confortandola)
Calmati,
riedi, deh! riedi in te.
ALAIDE
(nell'estrema disperazione)
Or sei pago, o ciel tremendo...
or vibrato è il colpo estremo...
Più non piango ~ più non temo
tutto io sfido il tuo furor.
Morte io chiedo, morte attendo;
che più tarda, e in me non piomba?...
Solo il gelo della tomba
spegner puote un tanto amor!
TUTTI
Ah! lo spirito l'abbandona...
ciel perdona ~ un tanto error.
(Alaide si abbandona fra le braccia del coro)
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/05/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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