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La straniera

LA STRANIERA

Melodramma.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Felice ROMANI.
Musica di Vincenzo BELLINI.

Prima esecuzione: 14 febbraio 1829, Milano.


Personaggi:

ALAIDE (la straniera)

soprano

Il signore di MONTOLINO

basso

ISOLETTA di lui figlia, fidanzata a

mezzosoprano

ARTURO conte di Ravenstel

tenore

Il barone di VALDEBURGO

baritono

IL PRIORE degli Spedalieri

basso

OSBURGO confidente di Arturo

tenore


Cori e Comparse. Dame e Cavalieri – Gondolieri e Pescatrici – Spedalieri – Cacciatori – Guardie – Vassalli di Montolino.

L'azione è in Brettagna nel castello di Montolino e nei dintorni. L'epoca è del 1300 circa.

Avvertimento

Sebbene il romanzo da cui tolsi il soggetto del presente melodramma, sia noto abbastanza al più dei lettori, nulladimeno mi sia permesso di presentarne un certo qual sunto per chiarir l'antefatto, il quale avrebbe richiesta una protasi, se non impossibile a farsi, difficilissima certo in un componimento per musica.

Un cortigiano del duca di Pomerania avea promessa alla bella Agnese, figliuola del suo signore, di ottenerle la mano di Filippo Augusto, re di Francia, dov'essa li consegnasse un anello, una ciocca de' suoi capelli e il suo ritratto. L'incauta Agnese prestossi a cotanto raggiro, e in fatti divenne sposa di Filippo, il quale ripudiò Isamberga, principessa di Danimarca, a ciò spinto, dicono gli storici di quei tempi, da inesplicabile avversione: imperocché la notte istessa del suo matrimonio fuggito era dalla stanza nuziale, tutto spaventato e compreso d'orrore. Colpito d'anatema il re di Francia, dovette ripigliare la prima sposa. Agnese, bandita da Parigi, fu rilegata in Brettagna nel castello di Karency, ove Filippo comandava che trattata fosse da regina, anzi vi spediva in segreto Leopoldo, principe di Merania, fratello di lei, per invigilare sulla sua sicurezza, il quale stabilivasi nei dintorni sotto il nome di barone di Valdeburgo. Ma la misera Agnese, noiata della sua pomposa prigione, approfittando del divieto avuto di lasciarsi vedere da chicchessia, lasciò nel castello un'amica che molto le somigliava, e ritirossi in una capanna solitaria presso il lago di Montolino a piangere in libertà la sua colpa e le sue sventure. Quivi pure, perseguitata dal suo tristo destino, non poté trovar pace; imperocchè i rozzi abitanti dei dintorni vistala fuggire ogni consorzio, andar coperta da un velo e gemere nei luoghi più deserti, presero a temerla qual fattucchiera, e a crederla tale: di maniera che invogliarono di conoscerla il conte Arturo di Ravenstel, discendente dagli antichi principi di Brettagna, giovane ardentissimo, il quale s'innamorò perdutamente di lei, e deliberò di sposarla, sebbene già fidanzato ad Isoletta, figliuola del signore di Montolino. Le conseguenze di questo amore formano il nodo dell'azione, e in essa, io spero, appariranno chiaramente, ad onta degli ostacoli che mi si fecero innanzi in un soggetto così fantastico, e più di tutto a malgrado dell'impostami necessità di non troppo discostarmi dall'intenzione del romanziere.

Felice Romani

Atto primo
Scena prima

Atrio del castello di Montolino: di fronte il lago, e al di là del lago, veduta del villaggio illuminato.

(Quanto si vede indica che si sta celebrando una festa. Si festeggia infatti l'anniversario in cui la Brettagna è stata restituita dagl'Inglesi a Filippo Augusto, e il vicino matrimonio d'Isoletta di Montolino con Arturo di Ravenstel.)

Il lago è sparso di navicelle addobbate e illuminate. Odesi da lontano una lieta armonia e festose voci di applauso. A poco a poco si sente distinto il canto; ed ora da una, ora dall'altra navicella, uomini e donne cantano le seguenti strofe a Coro.

CORO

I (di uomini)

Voga, voga, il vento tace,

splendon gli astri in cielo azzurro;

sol col placido sussurro

bacia i lidi il dolce umor.

Voga, voga: è l'alma pace

messaggera dell'amor.

I (di donne)

O castel di Montolino

dell'amor sei già soggiorno;

quando spunti il nuovo giorno

lo sarai d'imene ancor.

Voga, voga: egli è vicino

di due cori a fare un cor.

II (di uomini)

Lievi, lievi in sen del lago

tuffan l'ali amiche aurette;

e la luna vi riflette

il suo placido splendor.

Voga, voga: ell'è l'imago

d'innocente e casto ardor.

II (di donne)

A noi reca un'aura pura

l'olezzar del suol fiorente:

al romor della corrente

mesce il lido il suo romor.

Voga, voga: è la natura

che si desta, e sente amor.

Scena seconda

Valdeburgo e Isoletta.

VALDEBURGO

Trista e pensosa, mentre a te d'intorno

tutto sorride, abbandonar sì tosto,

Isoletta, puoi tu la nobil festa

che delle nozze tue precede il giorno?

ISOLETTA

Col cuor trafitto dalla festa io torno:

sì, Valdeburgo, a te d'Arturo amico,

a te pietoso cor tutto io confido

le segrete mie pene.

Gioia da questo imene

più sperar non poss'io... cambiato è Arturo,

crudelmente cambiato... Un altro oggetto

su quell'anima ardente arbitro impera.

VALDEBURGO

Altro oggetto! E il sai tu?

ISOLETTA

Sì: la Straniera.

VALDEBURGO

Che dici? Ignota donna,

raminga, errante e da ciascun fuggita,

preporre a te, spirto gentile e raggio

d'innocenza e beltà? Deh! Non pensarlo,

vano sospetto ei fia.

ISOLETTA

Fatto, ahi! Fatto è certezza all'alma mia...

(dopo aver guardato intorno, prende Valdeburgo con precauzione, e gli dice)

Io la vidi.

VALDEBURGO

Tu! Che ascolto?

Dove? Quando?

ISOLETTA

Ier, sul lago.

VALDEBURGO

E ti parve?

ISOLETTA

Agli atti, al volto,

non mortal, divina imago...

ma il suo schifo a me d'innante

via sparì com'ombra errante,

e ne usciva un suon dolente,

qual sospir d'un cor morente,

e d'Arturo al nome unita

questa voce di dolor.

Ogni speme è a te rapita

che riponi nell'amor.

VALDEBURGO

Qual mistero!

ISOLETTA

Il più funesto...

Io ne tremo.

VALDEBURGO

E Arturo intanto?...

ISOLETTA

Più no 'l veggo.

VALDEBURGO

Oh! Come presto,

per te sorse il dì del pianto!

Giovin rosa, il vergin seno

schiudi appena al ciel sereno,

e già langui scolorita,

gioco al vento struggitor?

Ah! L'aurora della vita

è l'aurora del dolor!

Ma fa' core: è forse Arturo

meno reo che tu non credi.

ISOLETTA

Mi abbandona lo spergiuro;

e in che istante, oh dio, te 'l vedi.

VALDEBURGO

Spera ah! Spera...

ISOLETTA

Ognor presenti

al pensier ho quegli accenti...

ISOLETTA E VALDEBURGO

Ogni speme è a te rapita

che riponi nell'amor.

Ah! l'aurora della vita

è l'aurora del dolor.

Scena terza

Odonsi grida lontane. Una navicella bruna attraversa il lago: vedesi in essa la Straniera coperta d'un velo nero. Molte barche l'inseguono.

CORO

(in lontano)

La Straniera! La Straniera!

ISOLETTA

(sbigottita riconoscendola)

Cielo! È dessa.

CORO

Ahi! Trista festa,

se l'iniqua fattucchiera

del suo aspetto la funesta!

ISOLETTA

(tremante a Valdeburgo)

Odi! Ahi lassa! È vero, è vero.

VALDEBURGO

Sgombra, ah! sgombra un van timor.

Precidetele il sentiero.

CORO

Si raggiunga.

Scena quarta

Accorrono da varie parti il signor di Montolino, Osburgo, ed altri Cavalieri ecc. Isoletta è tremante appoggiata a Valdeburgo.

MONTOLINO

Qual romor!

(veggendo Isoletta, e accorrendo a lei)

Che mai veggo? Figlia!...

ISOLETTA

Ah padre!

Odi tu? Sciagura a noi.

MONTOLINO E CORO

E tu pur di vili squadre

il terror divider puoi?

ISOLETTA

La Straniera!... Arturo!... Oh! Ambascia!

Trema il cor, né sa perché.

OSBURGO, MONTOLINO E CORO

Lo spavento al volgo lascia;

troppo indegno egli è di te.

(Isoletta si avvicina a Valdeburgo e conducendolo in disparte le dice con somma passione)

ISOLETTA

Oh tu sai gli spasimi

di questo cor piagato,

tu solo puoi comprendere,

se giusto è il mio terror.

Deh! Per pietà, confortami,

conduci a me l'ingrato;

oppur mi assisti a reggere

al peso del dolor.

VALDEBURGO

Nascondi altrui le lagrime,

acqueta il cor turbato;

io spero, io voglio riedere

a te consolator.

Ma se restar tu vittima

dovessi di un ingrato,

un seno dove piangere

nel mio ti resta ancor.

OSBURGO, MONTOLINO E CORO

Ritorna ai giochi, e mostrati

con volto men turbato;

non far che il nostro giubilo

rattristi il tuo timor.

(Isoletta parte con Valdeburgo seguitata dal Coro. A poco a poco la scena rimane vuota)

Scena quinta

Montolino e Osburgo.

MONTOLINO

Osburgo?... Io non divido

la sicurezza tua.

OSBURGO

Tu pur col volgo

temerai la Straniera?

MONTOLINO

Arturo io temo.

Questo disprezzo estremo

d'Isoletta e di me, questo sì strano

de' suoi doveri oblio, d'onde in lui nato?

OSBURGO

Da un cor, ben te 'l diss'io, sempre agitato.

Un inquieto istinto

di tristezza lo pasce, e lo strascina

ove geme l'affanno e la sventura.

Nelle vietate mura,

ove nascosta ad ogni sguardo alberga

la bandita dal trono e dagli altari,

Agnese di Merania, osò l'insano

con suo periglio penetrare un giorno,

saper lo déi.

MONTOLINO

Fama ne corse intorno.

Giusta lo spinse allora

pietà d'Agnese, ché la sua caduta

di stupore colmò l'Europa intiera.

Ma d'ignota Straniera

perché tanto pensier?...

OSBURGO

Pietade istessa

lo guida a lei, perché la credé oppressa.

MONTOLINO

Funesta al suo riposo

indole è questa...

OSBURGO

E la lusinga e nutre

questo stranier, misterioso anch'esso,

che di tanta amistade a lui si è stretto.

MONTOLINO

Ben dici: e aver sospetto

dobbiam di tutti.

OSBURGO

E sovra tutti attento

io veglio quindi. Ad ogni costo, sposo

fia d'Isoletta tua l'unico germe

de' nostri prenci...

MONTOLINO

Me possente a un tempo,

e te ricco farai. Purché si stringa

cotesto nodo, l'avvenir non curo.

OSBURGO

In me riposa. ~ È ne' miei lacci Arturo.

(partono)

Scena sesta

Interno della capanna ov'abita la Straniera.
Arturo entra guardingo, ecc.

È sgombro il loco... Rimaner degg'io,

o non visto partir? ~ Beato albergo,

irresistibil forza

come un magico cerchio in te m'arresta:

l'aura, sì l'aura ch'ella spira è questa.

(s'inoltra ecc.)

Oh! potess'io scoprire,

cara donna, chi sei, scioglier potessi

il velo in cui ti copri anco a te stessa?...

(s'accorge di un ritratto ecc.)

Un ritratto?... Veggiam... È dessa, è dessa.

Ricco manto la copre, il crin le cinge

serto di gemme... Eri tu dunque un tempo

più felice, mio ben. Parla, deh! Parla.

Più felice di pria può farti Arturo,

se confidarti all'amor suo consenti...

(odesi da lontano un suono di liuto)

Qual suon!... Essa è Alaide... Oh cari... accenti!

Una voce canta da lontano.

I

ALAIDE

Sventurato il cor che fida

nel sorriso dell'amor:

brilla e muor qual luce infida

che smarrisce il viator.

ARTURO

È mesta la sua voce,

meste come il suo cor son le sue note.

Voce più vicina.

II

ALAIDE

Infelice il cor che apprezza

alto stato e verde età.

Una larva è la grandezza,

fior caduco è la beltà.

ARTURO

Fortunato chi puote

dar conforto a quell'alma, e far che un riso

torni a brillar su quell'amabil viso!

Voce vicinissima.

III

ALAIDE

Ogni speme, ogni ventura

lunghi dì durar non può.

Solo, ahi! Solo il pianto dura,

e per sempre io piangerò.

Scena settima

Arturo va per uscire: s'incontra in Alaide: essa è vestita di nero.

ARTURO

Alaide!

ALAIDE

Che miro! In queste soglie,

sciagurato, che cerchi?

ARTURO

A te vicino,

un istante di pace.

ALAIDE

È meco il lutto,

la sventura, il dolor.

ARTURO

Divider teco

tutto il peso vogl'io de' mali tuoi.

ALAIDE

Dividere i miei mali? Ah tu no 'l puoi!

Compiangimi soltanto;

altro non ti è concesso.

ARTURO

In tuo soccorso

forse il ciel m'invia. Credilo a questo

che mi spinge ver te potere arcano;

credilo all'amor mio. T'amo, lo sai,

e son tuo, tuo per sempre, io te 'l giurai.

ALAIDE

Tenero cor! (Che dico?

Ove trascorro?) va', lasciami, fuggi,

non t'appressar. Insuperabil pose

fra noi barriera il ciel. Deh! Non punirlo

dell'amor suo, gran dio!

Sola io merto soffrir... la rea son io.

ARTURO

Che ascolto? E fia verace

dunque la fama? E tu proscritta, errante,

infamata, avvilita...

ALAIDE

Cessa! Ah cessa! Qual voce hai profferita?

Non io, non io t'avrei

oltraggiato così, se al mio cospetto

accusato ti avesse il mondo intero.

Esci.

ARTURO

Ah! M'odi: io t'offesi, è vero, è vero.

Serba, serba i tuoi segreti;

rispettarli ognor prometto:

ma ch'io t'ami invan mi vieti;

mio destino è questo affetto:

tu sei l'aura ch'io respiro,

sei la luce, il sol ch'io miro:

quanti beni ha il mondo e il cielo

l'amor tuo mi può donar.

ALAIDE

Taci, taci, è l'amor mio

condannato sulla terra;

associarti non poss'io

al destin che mi fa guerra:

segui il tuo, del mio migliore

me cancella dal tuo core...

Ah! Così potessi anch'io,

te dal cuore cancellar.

ARTURO

M'ami dunque? Oh gioia estrema!

M'ami, e speri d'obliarmi?...

ALAIDE

Io lo debbo... Parti, trema...

più infelice almen non farmi.

ARTURO

Te vo' lieta, te felice;

farti tale ancor mi lice.

Da regnanti io son disceso,

posso un serto a te recar.

ALAIDE

Ahi! Funesto, ahi tristo peso!

Qui deserta io vo' spirar.

ARTURO E ALAIDE

Ah! se tu vuoi fuggir

il mondo e il suo splendor,

io ti saprò seguir

in un deserto ancor.

Qualunque sia sentier,

almeno fia con te;

parrà la vita a me

un sogno di piacer.

ALAIDE

Ah! Non ti lusingar!

Ti perde il tuo desir.

Io nacqui per penar,

per fare altrui soffrir.

Si oscura il ciel per me,

per me si attrista il sol;

mi regge appena il suol,

perché coprir mi dé.

(si sente lontano suono di caccia)

ALAIDE

Odi... Qual suon!

ARTURO

Si adunano

i cacciatori intorno.

ALAIDE

Irne déi tu: festeggiano

delle tue nozze il giorno.

ARTURO

Io del castel la vergine

sposata ancor non ho.

ALAIDE

Insano, e me far vuoi

rea dei spergiuri tuoi?

E sempre a far dei miseri

dannata, o ciel, sarò?

Me sciagurata!...

ARTURO

Ah calmati!

ALAIDE

Addio per sempre...

ARTURO

Ah! No!

ALAIDE E ARTURO

Un ultimo addio

ricevi, infelice;

di più non poss'io;

di più non ti lice:

quel pianto mi cela

che il ciglio ti vela...

pregare tu déi,

non pianger per me.

Nell'ore serene

che il ciel ti sorride,

deh! Pensa che in pene

lasciasti Alaide;

e un raggio di calma,

implora ad un'alma

che forse più misera

è fatta per te.

ARTURO

Ch'io possa lasciarti!

Crudel, non ho core:

dovevi mostrarti

men degna d'amore.

Per chi t'ha veduta,

per chi t'ha perduta,

un peso è la vita,

soffribil non è.

Se l'ira ti preme

degli astri tiranni,

ci colgano insieme

ci oppriman gli affanni:

è mia la tua sorte

in vita ed in morte,

o teco sommerso,

o salvo con te.

Scena ottava

Foresta nelle vicinanze di Montolino.
Vedesi in distanza la capanna di Alaide.
Odonsi da lontano suoni di corno e grida confuse coi suoni, indizio di rumorosa caccia. Le grida a poco a poco si avvicinano, e suonano distinte: attraversano quindi la scena vari cacciatori: indi Osburgo e Coro.

VOCI

(lontane)

1

Campo ai veltri.

2

Il cervo è uscito.

3

Corre, vola.

4

Si dilegua.

TUTTI

(sortono)

Via pei clivi è già sparito...

giù pe 'l piano ognun l'insegua.

OSBURGO E CORO

Lungo il lago, dove i boschi

son più densi, son più foschi,

un drappel veloce scenda

ogni varco a rinserrar...

Corra un altro e i colli ascenda,

l'ardue cime ad occupar.

(alcuni cacciatori corrono a sinistra della selva; altri salgono di fronte, e si perdono fra i dirupi. Rimane Osburgo e trattiene porzione di cacciatori)

OSBURGO

Questo è il luogo... Là... in quel tetto

la Straniera fa soggiorno.

CORO

Aborrito, orrendo oggetto!

OSBURGO

Di punirla è presso il giorno.

CORO

Sì, punirla.

OSBURGO

Vi frenate;

la promessa rammentate...

TUTTI

Qui non visti ~ qui segreti,

appiattati ~ queti, queti,

esploriam, spiam gl'indegni

suoi pensieri, suoi disegni...

Con qual arte, con che modi

tragge Arturo a vaneggiar.

Scoprirem le inique frodi,

le sapremo vendicar.

(si disperdono)

Scena nona

Valdeburgo e Arturo.

(incontrandosi)

VALDEBURGO

Ti trovo alfin.

ARTURO

Tu di me in traccia?

VALDEBURGO

Tutti

sono in traccia di te. Stupisce ognuno

che delle nozze tue fugga tu stesso

il lieto festeggiar; ma un cor ne geme,

un cor non preparato a tal ferita.

ARTURO

Oh! Valdeburgo! A me tu porgi aita.

Io d'Isoletta apprezzo

la candid'alma, la beltà ne ammiro,

il dolce favellar, gli atti soavi;

ma...

VALDEBURGO

Prosegui.

ARTURO

Io non l'amo.

VALDEBURGO

Ah! Tu l'amavi.

Sì, tu l'amavi, Arturo,

pria che i tuoi sensi affascinar sapesse

donna indegna di te, proscritta, oscura,

e infame forse; tal d'intorno è grido,

tal ogni labbro con orror ne parla.

ARTURO

O amico! Odila pria di condannarla.

Vuoi tu del cieco volgo

prestar fede alle accuse?

VALDEBURGO

E tu più cieco

al desio che t'illude? Ah! Squarcia, amico,

squarcia la benda alfin, ricovra in seno

dell'innocenza: ella t'attende ancora,

bella senza prestigi, e a te sorride...

ARTURO

E tu vedi, o crudel, vedi Alaide.

Sì: questa grazia imploro,

Valdeburgo da te... Vedila e poi,

se consigliar mi puoi

che per sempre io la fugga... Io te 'l prometto...

La fuggirò...

VALDEBURGO

La tua promessa accetto.

Scena decima

Mentre si avviano verso la capanna di Alaide, vedesi ella stessa uscire dalla foresta.

ARTURO

Eccola.

ALAIDE

(veggendo Valdeburgo)

Cielo!

VALDEBURGO

(correndo a lei)

Agn...

ALAIDE

Taci!

Ah!... Qual gioia...

(si abbandona nelle braccia di Valdeburgo che la stringe)

ARTURO

(guardando entrambi turbato)

(Oh sospetto!)

VALDEBURGO

(accorgendosi dell'agitazione d'Arturo)

Arturo! Sgombra

i dubbi tuoi: de' miei prim'anni io vedo

la compagna in costei. Credi.

ARTURO

Te 'l credo.

Poiché la stringi al seno,

ella è scolpata assai: libero io posso

senza rimorso amarla.

(si appressa con trasporto ad Alaide. Valdeburgo lo prende per un braccio e lo allontana)

VALDEBURGO

Ah! Fuggi: più che mai tu déi scordarla.

ARTURO

Io! Che mai dici?...

ALAIDE

Ahi! Misera!

VALDEBURGO

Fuggir, fuggir la déi.

ARTURO

Parla: perché?

VALDEBURGO

No 'l chiedere.

ARTURO

È forse colpa in lei?

VALDEBURGO

No.

ARTURO

D'altri amante è forse?

VALDEBURGO

No.

ARTURO

D'altri sposa?

VALDEBURGO

No.

ARTURO

Dunque chi puote opporse?

VALDEBURGO

Tutto...

ALAIDE

Ah! Non dirlo.

ARTURO

(con impeto)

Il so.

Tu sol t'opponi, o perfido...

ormai squarciato è il velo.

(per impugnare la spada)

ALAIDE

Cessa...

VALDEBURGO

Insensato? Ascoltami.

ARTURO

Tu mi tradisci.

ALAIDE

Oh! Cielo!

ARTURO

(ad Alaide)

Almen tu parla, e aita

la mente mia smarrita,

pronuncia un solo accento:

di' che rival non ho.

ALAIDE

Deh! M'odi...

ARTURO

Un solo accento.

(con tutto l'impeto della gelosia)

Rival mi è desso?

ALAIDE

Ah! No.

(un momento di silenzio. Alaide si volge come supplichevole a Valdeburgo che la guarda fissamente come in aria di rimprovero. Arturo si avvicina a lui)

VALDEBURGO

No: non ti son rivale;

non io ti tolgo a lei:

necessità fatale

ti vieta amar costei:

ti arrendi al prego estremo

di chi ti è amico ancor.

ARTURO

Ah! Se non mi è rivale,

che vuol da me costui?

Per qual poter fatale

tremi dinanzi a lui?

Qualunque ei sia, no 'l temo,

il mio potere è amor.

ALAIDE

No: tu non hai rivale...

io più non amo, il sai...

ma se di me ti cale,

lasciami in pace omai.

Per me disastro estremo

è il tuo funesto amor.

VALDEBURGO

(ad Alaide)

Poiché senno in lui non resta,

né virtù di cavalier,

tu mi segui.

ARTURO

(snuda la spada)

Arresta, arresta;

un di noi qui dée cader.

VALDEBURGO

Sconsigliato!

(ponendo la mano sulla spalla)

ALAIDE

Ah! Ver non sia...

La tua vita, Arturo, è mia.

ARTURO

Oh! Alaide! Parla, imponi,

qual più vuoi di me disponi.

Tutto, fuor che altrui lasciarti,

tutto Artur per te farà.

ALAIDE

Cedi adunque, ah! Cedi e parti...

ARTURO

Ti vedrò?

ALAIDE

Lo giuro... Va'.

Insieme

ARTURO

Cedo, cedo; a te m'involo,

ma un accento mi conforti.

Dimmi almeno, dimmi solo

che perdoni a' miei trasporti,

che la smania non t'offende,

il tumulto del mio cor.

ALAIDE

Mi vedrai, mia fé n'avesti,

ma deh! Va', se amor mi porti...

tu mi perdi se più resti,

se rinnovi i tuoi trasporti...

da te sol, da te dipende

ogni ben ch'io spero ancor.

VALDEBURGO

Vanne alfine, o sciagurato,

al dover più non opporti,

arrossir, in te tornato,

tu dovrai de' tuoi trasporti!

Del furore che t'accende

proverai rimorso in cor.

(si dividono e partono per diversa via)

Scena undicesima

Luogo remoto ove è posta la capanna della Straniera, ombreggiata da piante silvestri. Di prospetto s'innalzano alcune rupi, a' piedi delle quali è il lago.
Arturo, indi Osburgo e Cacciatori.
Comincia a poco a poco ad oscurarsi il cielo, e a minacciare tempesta, che nell'ultima scena scoppia con estrema violenza. Arturo rimane lungamente immobile e assorto in profondi pensieri.

ARTURO

Che mai penso? Un dubbio atroce

mi rimane, e il cor mi preme...

Si discacci... Ah! La sua voce

non si acqueta, e ognor più freme...

Rio presagio!... Il ciel s'oscura.

Trista e squallida è natura...

ogni oggetto il lutto veste

di un tradito e morto amor.

Ah! fuggiam... Son larve queste...

Sogni son del mio timor.

(si avvia per partire: esce Osburgo dal lato opposto col coro)

OSBURGO E CORO

Odi, Artur...

ARTURO

Mi lascia.

CORO

Ah! Riedi,

non partir... Tu sei tradito.

ARTURO

(ritorna indietro)

Io? Da chi...

CORO

(circondandolo)

Da chi più credi

fido a te, l'inganno è ordito...

ARTURO

Come? Dove?...

CORO

La Straniera

a cui fé tu presti intera...

Valdeburgo, a cui tu cieco

ti abbandoni e ognora hai teco,

da gran tempo accesi in petto

da segreto e vile affetto,

paventando che il tuo scorno

possa alcuno a te scoprir...

Di nascosto al nuovo giorno

han deciso di fuggir...

ARTURO

Ciel! Che sento!

CORO

Noi nel bosco,

non veduti dagl'indegni,

col favor dell'aer fosco,

tutti udimmo i loro disegni...

hanno entrambi a te celato,

a te finto e nome e stato...

ambidue dai patri liti

fur cacciati, fur banditi...

accusati d'inudite,

di esecrande reità.

ARTURO

Ah! Cessate... Non seguite...

Coppia rea! Tremar dovrà.

CORO

Taci, taci... acqueta l'ire...

fingi ancor, non ti scoprire...

non dar campo ai menzogneri

d'inventar più rei misteri...

ti convinci da te stesso

dove giunga il loro eccesso...

poi prorompi, e sia bandita

ogni voce di pietà...

ARTURO

Oh! perfidia!

CORO

Fia punita.

ARTURO

Oh! Furor!

CORO

Si sfogherà.

(il coro tragge seco Arturo e si disperde)

Scena dodicesima

Alaide e Valdeburgo escono dalla capanna; indi Arturo che si cela.

ALAIDE

Ah! Non partir: già stende

oscura notte il velo:

fosco, nebbioso è il cielo,

non una stella appar.

VALDEBURGO

Finché un sol raggio splende,

e gli elementi han posa,

per la foresta ombrosa

saprò la via trovar.

ALAIDE

Ti rivedrò?

VALDEBURGO

Domani.

ARTURO

(Ecco gl'indegni insieme.)

ALAIDE

Pensa che a me rimani

unica guida e speme.

ARTURO

(Perfida!)

VALDEBURGO

E tu sovvienti

de' sacri giuramenti:

tu déi fuggire Arturo,

tu déi con me partir.

ALAIDE

Oh! Leopoldo! Io giuro

i passi tuoi seguir.

VALDEBURGO E ALAIDE

Addio per poco! Addio

fino alla nuova aurora!

Saremo uniti allora

per non lasciarci più.

ARTURO

(Empio! L'estremo addio

agl'infedel dai tu.)

Scena tredicesima

Valdeburgo riconduce Alaide alla capanna: quand'essa è rientrata, esce Arturo dal suo nascondiglio.

ARTURO

Leopoldo!

VALDEBURGO

(dall'alto)

Oh! ciel! Qual nome!

ARTURO

Leopoldo!

VALDEBURGO

(riconoscendo la voce)

Artur!

ARTURO

Discendi.

VALDEBURGO

Che vuoi tu?

ARTURO

(con voce repressa e con tutto l'impeto del furore)

Vendetta.

VALDEBURGO

Come?

ARTURO

Mal t'infingi: ti difendi.

VALDEBURGO

Qual furor!

ARTURO

Estremo è desso.

VALDEBURGO

Chi lo accende?

ARTURO

Tu... tu stesso.

VALDEBURGO

Io?...

ARTURO

Sì... Taci e il ferro stringi,

se pur senso è in te d'onor.

VALDEBURGO

Sciagurato, a che mi stringi?...

(combattono. Valdeburgo retrocede incalzato da Arturo fino alla riva del lago: è ferito, e vacilla)

ARTURO

Mori.

VALDEBURGO

Oh! Arturo!

(cade nel lago)

Scena quattordicesima

Comparisce dalla capanna Alaide con una face in mano.

ALAIDE

Qual romor!

(s'incontra in Arturo che scende furioso)

Chi vegg'io?

ARTURO

Son vendicato.

ALAIDE

Qual parlar?... Ohimè! Qual sangue?

ARTURO

Del fellon da me svenato...

ALAIDE

Ah! Dov'è?

ARTURO

Nel lago, esangue.

ALAIDE

Che mai festi?

ARTURO

Il tuo tesoro...

Lepoldo... ucciso io l'ho.

ALAIDE

Ah! Il fratel...

ARTURO

(spaventato)

Fratello?

ALAIDE

Io moro.

ARTURO

(dopo un momento di silenzio)

Ti fia reso, o anch'io morrò.

(ascende velocemente alla riva: Alaide lo segue sbigottita)

ALAIDE

Odi... Arresta.

(Arturo si precipita nel lago)

VOCI

(lontane)

Un uom nell'onda!

ALAIDE

Ciel! Soccorso!

(cade in ginocchio nel luogo ove fu ferito Valdeburgo)

VOCI

(più vicine)

Aita, aita!...

Scena quindicesima

Accorrono da varie parti gli abitanti delle rive del lago con fiaccole. Osburgo seguìto da uomini armati si presenta sulla rupe ov'è prostrata Alaide; la vede, la solleva da terra.

CORO

La Straniera!... Sangue gronda.

ALAIDE

Sangue!... O ciel!...

(scende inorridita: tutti la seguono)

CORO

Perché smarrita?

Parla... Parla... Quale eccesso...

Qual misfatto hai tu commesso?

OSBURGO

Questo acciar di sangue intriso

riconosci?

ALAIDE

Ah! Lo ravviso...

Lo ascondete agli occhi miei...

Ch'io no 'l vegga!... Orror mi fa.

CORO

Empia! Forse!...

ALAIDE

(fuori di sé)

Ah sì, son tale...

l'amor mio fu a lui fatale...

io l'uccisi, lo perdei...

per me pena il ciel non ha.

CORO

Tu omicida!... Ah! Sì, lo sei...

Te la scure punirà.

(un momento di silenzio: tuona, lampeggia, fischia il vento nella foresta, Alaide è delirante)

ALAIDE

Un grido io sento...

suonar per l'onda...

egli è un lamento

di lui che muor.

Ciascun si taccia...

nessun risponda...

Ei mi rinfaccia

un empio amor.

Ai suoi lamenti

vi unite, o venti;

prorompi, o tuono,

accusator.

Io l'ho perduto...

io l'ho voluto...

non v'è perdono

a tanto error.

CORO

Paventa, indegna,

il ciel si sdegna;

t'annuncia il folgore

il suo furor.

(la tempesta è al colmo. Osburgo e gli armati la circondano e la traggono seco. Cala il sipario)

Atto secondo
Scena prima

Gran sala ove si raduna il tribunale degli Ospitalieri, alla cui giurisdizione è soggetta la provincia: porta in prospetto.
All'alzarsi del sipario, i Giudici sono tutti assisi sui loro scanni, e in mezzo a loro, in seggio più elevato, è il Priore che presiede al tribunale: da un lato, dinanzi ai Giudici, è Osburgo accompagnato dai Terrazzani, che, da lui sedotti, deposero contro Alaide. La sala è circondata di Guardie.

IL PRIORE

Udimmo. Il tuo racconto

avvalora i sospetti. A lei dinante

sosterrai tu quanto hai riferto a noi?

Rifletti ancora.

OSBURGO

E dubitar ne puoi?

Quel che vid'io soltanto, e vider meco

tutti costor, narrai. Piacesse al cielo

ch'ella sgombrar potesse ogni sospetto.

IL PRIORE

L'accusata si guidi al mio cospetto.

OSBURGO

(Ardir. Non puote Arturo

custodito smentirmi, e compro ha l'oro

chi lo trasse dall'onde e a lui soccorse.)

CORO

Eccola.

Scena seconda

Alaide in mezzo alle Guardie: essa è coperta da un gran velo: nobile n'è il contegno, e nel tempo istesso modesto. Il Priore l'osserva alcuni momenti, quasi colpito di qualche rimembranza.

IL PRIORE

(E a tanto error costei trascorse?

Ti appressa... e il ver rispondi.

Chi sei tu?

ALAIDE

La Straniera. A me tal nome

diè la sventura, e cancellò per sempre

il nome ch'io portava ai dì ridenti.

Io l'obliai.

IL PRIORE

(Qual voce! E quali accenti!...)

Ieri fu morto, e spinto

Valdeburgo nel lago, e tu sul lido,

di sangue intrisa, e rinvenuta fosti

sbigottita, tremante. Il tuo terrore,

il tuo stesso parlar, ed il mistero

in cui ti avvolgi, son bastanti a farti

comparir delinquente.

Discolparti puoi tu?

ALAIDE

Sono innocente.

IL PRIORE

Fosti di tanto eccesso

tu spettatrice?

ALAIDE

No.

IL PRIORE

Vedesti almeno

la vittima?

ALAIDE

Neppur.

IL PRIORE

Perché dicesti

ch'era all'ucciso l'amor tuo funesto?

ALAIDE

(tace vivamente commossa)

IL PRIORE

Perché? Favella.

ALAIDE

Mio segreto è questo.

IL PRIORE

Sciagurata! Lo svela.

Il segreto ti perde.

CORO

In tua difesa

nulla produr puoi tu?

ALAIDE

Nulla.

IL PRIORE

E non sai

qual t'aspetta destin?

CORO

Morte è sospesa

sul capo mio.

Scena terza

Arturo si precipita nella sala affannoso ed anelante.

ARTURO

Morte cadrà sul mio.

TUTTI

Arturo!

ARTURO

Ella è innocente: il reo son io.

OSBURGO

Giudici, no 'l credete...

Egro ei giacea... Vaneggia ancor... delira.

ARTURO

Ribaldo! E chi t'inspira

sì ria menzogna? Io Valdeburgo uccisi,

lo giuro, o cavalier, io che furente,

e ben lo sa costui,

un mio rival credea punire in lui.

ALAIDE

(Misero!)

OSBURGO

(Ei si è perduto.)

CORO

(E il ver parlò?)

IL PRIORE

Straniera, udisti il Conte

è desso l'uccisor? ~ Tu taci? ~ Assolta

non sei perciò; complice sua creduta

esser tu puoi.

ARTURO

Complice mia!

CORO

La scure

ambidue può colpir nel punto istesso.

Scena quarta

Si apre la porta in fondo, e si presenta Valdeburgo pallido, e avvolto in bianco manto.

(sorpresa generale)

VALDEBURGO

Ambi sian sciolti.

TUTTI

(grido generale)

Ah! Valdeburgo!

ALAIDE

(arretrandosi sbigottita)

È desso.

(silenzio e terrore generale)

VALDEBURGO

Sì, li sciogliete, o giudici,

non avvi in lor delitto:

in singolar conflitto

caddi d'Arturo al piè.

CORO

Oh! Qual prodigio!

IL PRIORE

E sorgere

te dalla tomba io miro!

VALDEBURGO

Bando al terror: miratemi:

l'aura vital respiro:

del lago in mezzo ai vortici

un dio soccorse a me.

(Alaide si getta nelle sue braccia)

TUTTI

Tu vivi?

ARTURO

(per correre a lui)

Ah! Gioia!

VALDEBURGO

Scostati:

morto io son per te.

Meco tu vieni, o misera,

lunge da queste porte,

ove celar le lagrime

ti scorgerà la sorte:

tomba ove ignota scendere

la terra a te darà.

(per trarla seco)

ARTURO

Oh! Valdeburgo!

VALDEBURGO

Arrestati:

a me straniero or sei.

CORO

Odi: partirsi incognita

non può da noi costei.

La legge il vieta: scoprasi.

VALDEBURGO

(tornando indietro, prendendo a parte il Priore)

A te si scoprirà.

ALAIDE

(ritira il velo in modo che sia veduta dal solo Priore)

IL PRIORE

(meravigliato)

Ah!

ALAIDE

Taci.

IL PRIORE

(al Coro)

Uscir può libera...

(ad Alaide)

A noi perdona e va'.

(il coro che aveva circondato Alaide e Valdeburgo rispettosamente si scioglie, e lascia libero il passo a Valdeburgo)

CORO

(Tanto confuso il preside!

Così per lei commosso!)

ARTURO

(Me la rapisce il barbaro,

e oppormi a lui non posso!)

CORO

(Mistero inesplicabile:

costei chi mai sarà?)

VALDEBURGO

Ella perdona; ed ultimo,

eterno addio vi dà.

(Valdeburgo conduce seco Alaide: la porta del fondo si chiude. Il coro rimane meravigliato. Arturo si allontana in atto di estrema desolazione)

Scena quinta

Il Priore, Osburgo, Cavalieri e Popolo.

IL PRIORE

Tu che osasti mentir a questo in faccia

augusto tribunal, trema. ~ Se astretto

da possente cagion, lascio per ora

impunito il misfatto, io no 'l perdono.

OSBURGO

Se reo son io, no 'l sono

che di soverchio zel...

IL PRIORE

Alla tua colpa

scuse non ricercar, se investigarne

le cagioni io non cerco. ~ Esci, e presente

abbi al pensiero ognor che i passi tuoi

sono esplorati, e a me fuggir non puoi.

(Osburgo parte col popolo)

Scena sesta

Il Priore e i Cavalieri.

IL PRIORE

Voi che presenti foste

a sì mirabil caso, e interrogarmi

non vi attentate, forse un dì potrete

di tanto arcano sollevare il velo.

Per or vi basti, e il cielo

ne chiamo testimon, che la Straniera

giustificata è appien; che donna in terra

non avvi al par di lei scevra di colpa;

che non è cavalier chi ancor l'incolpa.

(parte)

Scena settima

Foresta come alla scena VIII dell'Atto Primo.
Arturo, indi Valdeburgo.

ARTURO

A tempo io giungo... Ei non partì... Qui trasse

la soffrente Alaide. ~ Udirmi, udirmi

dovranno entrambi, o di mia man trafitto

vedermi qui... sulle vietate soglie.

Vadasi tosto. ~ Ahi! Qual timor mi coglie!

Con qual cor, con qual fronte

di Valdeburgo sosterrò l'aspetto,

io sciagurato, io tinto

del sangue dell'amico?... Ebben, vendetta

prenda di me qual vuol, purch'ei m'ascolti,

pur che un istante sol vegga il mio pianto!

(va per entrare: si presenta Valdeburgo)

VALDEBURGO

Tu qui!...

ARTURO

Deh! Valdeburgo...

VALDEBURGO

E osar puoi tanto?

Chi ti conduce a me?

ARTURO

Dolor, rimorso,

vergogna, amor tutti gli affetti insieme

che più straziano un cor. Oh! Tu che amico

mi hai stretto al sen, del mio soffrire estremo

tu non avrai pietade? A me per sempre

chiuder vorrai le braccia?

VALDEBURGO

Il sangue sparso

fra noi s'innalza, e ci divide, e tronca

ogni legame che nostr'alme unia.

Lasciami.

ARTURO

Non andrai... mi uccidi in pria.

(arrestandolo)

VALDEBURGO

Che vuoi da me? Che ardisci

sperare ancor?

ARTURO

Il tuo perdono e quello

dell'offesa Alaide.

VALDEBURGO

Il mio... s'ei puote

consolarti un istante... io no 'l ricuso;

quel d'Alaide... sol in ciel l'avrai.

ARTURO

Ch'io l'implori da lei...

VALDEBURGO

Da lei! Giammai.

ARTURO

E chi potria vietarmi

ch'io mi prostri al suo piè?

VALDEBURGO

Tu il chiedi? Il vieta

d'Alaide la vita, e la sua pace.

Egra, languendo giace,

priva di sensi quasi...

ARTURO

Ella! Gran dio!

Sgombrami il passo... Io son furente, insano...

VALDEBURGO

Fermati, e un'altra volta arma la mano.

Sulla salma del fratello

t'apri il passo, a lei t'invia:

del mio sen tu sai la via,

non ti resta che ferir.

ARTURO

Ah! Pietà... Non io favello;

è un amore disperato...

è il dolor d'un cor piagato,

è l'angoscia del morir.

VALDEBURGO

Infelice!

ARTURO

(supplichevole)

A te mi prostro...

ch'io la vegga un solo istante!

VALDEBURGO

Vanne dunque, e reca, o mostro,

morte a lei col tuo sembiante...

Leggi in volto alla giacente

il terror di te presente;

da quel labbro scolorito

odi un muto maledir...

ARTURO

Ah! Non più... Così aborrito?...

VALDEBURGO

Tu lo merti...

ARTURO

Oh! Rio martir!

VALDEBURGO

Tu togliesti alla dolente

ogni speme di riposo...

tu tradisti un'innocente

che ti amò, ti elesse a sposo...

Un amico hai tu trafitto...

violato onore e fé...

Qual ti resta a far delitto?

Chi più reo sarà di te?

ARTURO

Ah! non sai d'un core ardente

il delirio tormentoso...

Offuscata è la mia mente,

per me il cielo è tenebroso...

Altra luce non vegg'io

che Alaide innanzi a me.

Ah! Morir, morir desio

se più guida a me non è.

VALDEBURGO

Forsennato! E insisti ancora?

ARTURO

Che far debbo? Chi mi regge?

VALDEBURGO

Alaide all'ultim'ora

ti favella e a te dà legge...

ARTURO

Parla... Parla.

VALDEBURGO

Estingui in petto

un dannato e cieco affetto...

d'Isoletta alfin pietoso,

porgi a lei la man di sposo,

e tranquilla e consolata

Alaide ancor vivrà.

ARTURO

Viva, ah! viva, e sia placata...

il mio cor s'immolerà.

Ma in mercede almen di questo

sacrificio a cui m'appresto...

sia presente in quel momento...

mi sostenga nel cimento...

La virtù ch'io non avrei,

un suo sguardo a me darà.

VALDEBURGO

E obbedir prometti a lei?

ARTURO

Lo prometto.

VALDEBURGO

Ebben verrà.

Tergi il pianto, e vanne omai

a mertar perdono e pace:

del coraggio che non hai

all'altar sarai capace...

Il tuo cor rigenerato,

nuovi sensi acquisterà...

La memoria del passato

come sogno sparirà.

ARTURO

Ah! Se me non vuoi spergiuro,

se a soffrir mi vuoi capace,

non parlarmi del futuro,

non offrirmi un ben fallace...

Quanto io son sventurato,

il tuo core appien lo sa...

la memoria del passato

sol con me morir potrà.

(partono)

Scena ottava

Gabinetto d'Isoletta nel castello di Montolino.
Isoletta sola: essa è in abito dimesso, e profondamente addolorata.

ISOLETTA

Né alcun ritorna?... Oh! Cruda,

dolorosa incertezza! ~ Ognun mi lascia

quel che avvenne ignorar ~ Tutto è mistero,

è tristezza, è squallor quanto qui vedo.

Artur m'abbandonò... Che più richiedo?...

(s'abbandona sopra una sedia)

E di mie nozze il giorno

era pur questo!... E sul mio petto ancora

stassi il pegno d'amor, che di sua mano

vi appese l'infedel.

(si stacca dal seno un ritratto)

Eccolo... Ei sembra

di un suo tenero sguardo ancor bearmi...

Sembra, ah! Sembra che ancor giuri d'amarmi!

(sorge e contempla il ritratto, e con esso favella)

Ah! Se non m'ami più,

perché sì dolce amor

sembra parlar d'amor

il tuo sorriso?

Ah! Se non m'ami più,

mi rendi il core almen,

il core che dal sen

tu m'hai diviso.

Ma che parlo? A chi favello?

Lunge è Artur...

Scena nona

Coro di Damigelle, e detta.

CORO

(accorrendo lietamente)

Esulta; ei riede.

ISOLETTA

Che mai dite?...

CORO

È nel castello.

ISOLETTA

A che vien?

CORO

Perdono ei chiede;

te fin d'oggi all'ara ei brama,

e il consente il genitor.

ISOLETTA

E fin ver?

CORO

Ei t'ama, ei t'ama,

è pentito dell'error.

ISOLETTA

Io sua sposa!... Oh! Lieto giorno!

Mi ama ancora!... Oh sommo bene!

Se il dolor tal premio ottiene,

fortunato il mio dolor.

Al mio sguardo un roseo velo

veste il cielo e il suol s'infiora;

ogni oggetto amor colora

della gioia del mio cor.

CORO

Sì, vincesti, esulta alfine;

orna il seno, ingemma il crine,

vagheggiata ~ invidiata

all'altar ti attende amor.

(partono)

Scena decima

Atrio che mette al tempio degli Spedalieri.
Il luogo è occupato dal corteggio nuziale.
Dame e Cavalieri.

CORO

È dolce la vergine

qual luna modesta

che i teneri desta

pensieri del cor.

CAVALIERI

È fervido il giovine

qual sole di maggio

che avviva d'un raggio

la prole dei fior.

DAME

Oh! Quanti costarono

sospiri agli amanti

quegli occhi brillanti

di onesto pudor!

CAVALIERI

Oh! Quante destarono

d'amorose scintille

le ardenti pupille

spiranti valor!

TUTTI

Ma fu di mill'anime

la fiamma negletta:

d'Arturo è Isoletta:

è scelta d'amor.

Tal gode all'anemone

superbo fiorente

viola innocente

unire il cultor.

Scena undicesima

Il Conte di Montolino, Isoletta e Arturo; indi Valdeburgo e Alaide.

(Isoletta ha in capo una corona di rose)

MONTOLINO

Dolce di un padre al cor suona la voce

che plaude al lieto evento, onde son paghi

dell'Armorica i voti, e il desir mio.

ISOLETTA

(Impallidisce Artur.)

ARTURO

(Dove son io!)

MONTOLINO

Siate presenti al rito,

ed ai paterni auguri unisca i suoi

la sincera amistà, l'amor, la fede.

(esce dalla folla Valdeburgo. Una donna coperta d'un gran velo si presenta da lontano e si nasconde dietro i monumenti dell'atrio, non veduta da alcuno. Arturo si accorge di Valdeburgo e gli corre incontro)

ARTURO

Valdeburgo!

VALDEBURGO

(Coraggio: ella ti vede.)

ISOLETTA

Arturo!

ARTURO

(senza badare a Isoletta)

(a Valdeburgo)

Io tremo... Il piede

mi sostiene a fatica.

ISOLETTA

(avvicinandosi a lui)

Artur! Non m'odi?

Né un guardo sol, né un detto

a me rivolgi?...

ARTURO

(scuotendosi)

Io... sì... t'ascolto... Io debbo

a te sola pensar... ed in te sola

sono assorti i miei sensi.

(suona la squilla del tempio il quale s'illumina)

Scena dodicesima

Il Priore con alcuni Cavalieri si presenta alla gran porta.

IL PRIORE

Già dell'altare al piè fuman gl'incensi.

Voi soli attesi siete.

MONTOLINO

Andiam: la destra

porgi alla sposa tua.

ARTURO

(con sommo turbamento)

Va'... Mi precedi...

Tutto all'uopo disponi... Ultimo io chiedo

con lei venire.

MONTOLINO

Al tuo voler io cedo.

(parte)

Scena tredicesima

Arturo, Isoletta, Valdeburgo, e Alaide nascosta.

VALDEBURGO

(Che far vuoi tu? Rammenta

i giuramenti tuoi.)

ARTURO

(Misero!)

ISOLETTA

(osservando Arturo con somma ansietà)

E quale

sul tuo volto pallor? Che volgi in mente?

ARTURO

Non so... Qual uom demente,

non conosco me stesso... Ah! Quel ch'io soffro

immaginar non può pensiero umano.

VALDEBURGO

(Infedel!)

ARTURO

Ma son tuo... Ecco la mano.

Stringila omai... Ti affretta

pria che tolta ti venga.

(Isoletta stende la mano tremando. Si mostra Alaide: le sfugge un sospiro, e piega il capo su un monumento)

ALAIDE

Ah!

ARTURO

(veggendo Alaide)

Cielo!

ISOLETTA

È fredda...

Fredda come il tuo cor... Oh! Arturo! Arturo!

Perché mi hai lusingata?

Non più imene per me... Non sono amata!

(si copre il volto lagrimando. Valdeburgo la sostiene)

VALDEBURGO

Sì! Tu il sei.

(con fermezza prendendo per un braccio Isoletta, e dando un'occhiata di rimprovero ad Arturo)

ISOLETTA

No 'l fui giammai.

Dal mio ciglio è il vel caduto.

ARTURO

Oh! Isoletta!... Tu non sai...

ISOLETTA

Io so tutto.

ALAIDE

(Oh! cielo, aiuto!)

Insieme

VALDEBURGO

(ad Arturo)

(Sei presente ad Alaide...

ella t'ode, o mancator.)

ISOLETTA, ALAIDE E ARTURO

(Qual sarà dolor che uccide,

s'io resisto al mio dolor!)

ARTURO

Deh! Perdona...

ISOLETTA

Taci, Arturo...

Infelice io non vo' farti:

da' miei mali i tuoi misuro...

Sciolto sei... da me ti parti. ~

Lungi, o rose: a me si addice

trista benda di squallor.

(si strappa la ghirlanda nuziale. Alaide si scuote e si avanza risolutamente)

ALAIDE

Ferma.

VALDEBURGO

(È dessa.)

ARTURO

(Oh! Me infelice!)

ISOLETTA

A che vieni?

ALAIDE

A farti cor.

(raccoglie la ghirlanda)

ISOLETTA

Chi sei tu, che in tal momento

hai per me cotanto zelo?...

ALAIDE

La Straniera.

ISOLETTA

(attonita)

Oh mio spavento!

ALAIDE

(li prende entrambi per mano)

All'altar vi chiama il cielo:

ubbidite ~ me seguite...

Là comincia il vostro amor.

(Alaide strascina seco nel tempio Arturo e Isoletta, senza dar loro il tempo di riaversi. Valdeburgo li segue)

Scena quattordicesima

Dopo alcuni momenti esce dal tempio Alaide: ella è tremante, agitata, e quasi fuori si sé.

ALAIDE

Sono all'ara... Barriera tremenda

fra noi sorge... Ed io stessa l'alzai!

Più non veggo... Ardo, agghiaccio a vicenda...

non l'amore, la speme lasciai.

(s'inginocchia, e stende le mani al cielo pregando)

Ciel pietoso, in sì crudo momento,

al mio labbro perdona un lamento...

È l'estrema favilla d'un foco

che fra poco ~ più vita non ha.

Se i sospiri, se i pianti versati

i tuoi sdegni non hanno placati,

questo almeno ti renda propizio

sacrifizio ~ che il core ti fa.

(odesi musica religiosa nel tempio: un coro intona l'inno nuziale. Alaide sorge sbigottita, e porge l'orecchio)

Insieme

CORO

Pari all'amor degli angioli,

nume, è il lor casto affetto...

Ascenda al tuo cospetto

come d'incensi odor.

ALAIDE

(durante il canto)

Ahimè! Comincia

il rito nuzial!... Fuggiam... Non posso...

vacilla il piè... Tutto vuotar, gran dio,

questo nappo crudel, tutto degg'io.

Insieme

CORO

Stringi le due bell'anime

come i beati in cielo...

Come in un solo stelo

fiore si unisce al fior.

ALAIDE

Ah! Sì... felici

vivano insiem... Mai più non oda Arturo

il mio nome suonar. Udiam...

(cessa la musica)

Silenzio

succede ai canti del devoto coro...

Il giuramento... è proferito... io moro.

(si abbandona ai piedi d'un monumento)

Scena quindicesima

Odesi tumulto dal tempio e gridare di molte voci.
Da lì a poco n'esce Arturo precipitosamente, e come fuori di sé. Alaide si scuote.

CORO

(di dentro)

Vaneggia... Il passo sgombrisi...

Sostengasi Isoletta.

ARTURO

(veggendo Alaide)

Ancor ti trovo.

ALAIDE

Ahi! Misera!

ARTURO

Seguimi... Il passo affretta.

Da me volean dividerti...

Giammai... tu sei con me.

(l'afferra per un braccio)

ALAIDE

Ah! che mai tenti?

ARTURO

O vivere,

o morir teco io tento.

ALAIDE

Lasciami.

ARTURO

Vieni...

ALAIDE

Ah! sentimi...

ARTURO

(strascinandola)

Sol le mie furie io sento.

ALAIDE

Aita! aita!

ARTURO

Invano...

non mi uscirai di mano;

chi primo s'avvicina,

morto cadrammi al piè.

(snuda la spada)

Scena ultima

Il Priore degli Spedalieri, Coro, e Popolo: tutti accorrendo.
Poi Valdeburgo.

IL PRIORE

Chi veggio? La regina?

TUTTI

Regina!

ARTURO

(vivamente percosso)

Quale? ov'è?

IL PRIORE

Tu l'hai presente... Mirala:

onora Agnese in lei.

Spenta è Isemberga, e riedere,

regina, al soglio déi.

Mi annunzia il lieto evento

con questo foglio il re.

ARTURO

(si scuote e si precipita innanzi ad Agnese)

Sovra il mio corpo spento

ritorna al soglio.

(si trafigge)

TUTTI

(inorriditi)

Ahimè.

ALAIDE

(per accorrere a lui)

Arturo! Arturo!

VALDEBURGO

(arrestandola)

Scostati.

Deh! si soccorra.

TUTTI

Ei muore.

ALAIDE

Muore! D'Agnese è vittima,

del mio funesto amore...

IL PRIORE

Regina!

VALDEBURGO

Agnese?

TUTTI

(confortandola)

Calmati,

riedi, deh! riedi in te.

ALAIDE

(nell'estrema disperazione)

Or sei pago, o ciel tremendo...

or vibrato è il colpo estremo...

Più non piango ~ più non temo

tutto io sfido il tuo furor.

Morte io chiedo, morte attendo;

che più tarda, e in me non piomba?...

Solo il gelo della tomba

spegner puote un tanto amor!

TUTTI

Ah! lo spirito l'abbandona...

ciel perdona ~ un tanto error.

(Alaide si abbandona fra le braccia del coro)

Fine del libretto.

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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena ultima