STATIRA
Dramma per musica.
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Libretto di Apostolo ZENO, Pietro PARIATI.
Musica di Francesco GASPARINI.
Prima esecuzione: 2 febbraio 1705, Venezia.
Personaggi:
Nel campo de' persiani | |
STATIRA figliuola di Artaserse già re della Persia, destinata sposa ad Arsace |
soprano |
BARSINA figliuola di Ciro altro re della Persia, amante in segreto di Arsace |
soprano |
DARIO general de' persiani, amante di Barsina |
sconosciuto |
ARSACE uno de' grandi e capitani del regno, amante di Statira |
tenore |
ORIBASIO uno pur de' grandi e capitani del regno, amante di Barsina |
sconosciuto |
Nel campo degli sciti | |
ORONTE re di Scitia |
tenore |
Idreno, principe d'Issedon nella Scitia, sotto nome d' IDASPE |
basso |
La scena si rappresenta nella città o nelle vicinanze di Tauris, poste a' confini della Persia e della Scitia.
Eccellenza
Uscendo dalla pubblica vista il presente nostro dramma, ci addomanda che almeno rimanga felicitata la sua comparsa con alcun fregio che ne asconda le imperfezioni, ed impegni la censura a diventare compatimento. Stando noi in questo pensiero, ci vien suggerito dal nostro comune ossequio il nome di vostra eccellenza, ed essendo questo per tanti capi incomparabile, e' ci pare l'unico mezzo per conseguire il fine desiderato; essendo cosa certa, che rapita la mente di ognuno dall'ammirazione dovuta alle vostre onorate prerogative, o crederà che il libro sia degno di lode, perché da voi favorito lo vede, o in grazia del vostro patrocinio ci assolverà da quel biasimo che meritano i suoi difetti. Per singolar ventura di quest'ingegnoso interesse sappiamo che fra le altre cospicue doti, che adornano l'e. v. risplende in particolare una magnanima benignità, la quale può considerare come voto di umilissima speranza ciò che presso all'altre sarebbe giustamente stimato per un atto di temerario ardimento. E per verità, tralasciando le ragioni della vostra grandezza, ed i fasti antichissimi del vostro chiarissimo sangue, non è che una presunzione il consacrare un componimento a Voi, che con tanto decoro del vostro sesso, e con tanta invidia del nostro, non solo possedete le scienze, e l'arti più nobili, ma col possesso vantate pur anche l'autorità di darne sicuro giudicio sovra l'altrui talento. Voi, madama, oltre l'esser lo stupore, e la pompa della vostra patria, giungeste ad esser la meraviglia del mondo erudito, qualificando le più fiorite accademie, e specialmente quella degli arcadi, nella quale si propongono, come norme ed esemplari all'ingegno degli altri, i parti del vostro; e dove per avervi compagna sotto il nome di Nosside Ecalia, tanti Letterati di primo grido hanno il loro principale ornamento. Questi sono gli argomenti che potrieno spaventare la nostra intrapresa, se non ci fosse noto che uguale al sapere avete il zelo di promuover le belle lettere, onde quando appunto vi confessiamo, che non vi è proporzione tra la debolezza di questa nostra offerta, e la forza sublime del vostro spirito, supplichiamo l'e. v. a voler accoglierla cortesemente, affinché da un così gran beneficio, qual è quello del vostro gradimento, conosca il mondo che per nostro vantaggio abbiamo saputo ben consacrar questo dramma, se per nostra confusione non abbiamo saputo ben comporlo. Degnatevi, così vi supplica il nostro rispetto, che unita a tale speranza ne sia lecito di umiliarvi quella venerazione con la quale in voi si onora da tutti la viva tutela della virtù, e con profonda riverenza ci protestiamo,
di vostra eccellenza,
Venezia li 2 febbraio 1705
Umilissimi, devotissimi ed obbligatissimi servitori
N. N.
Argomento
Arsace, il primo della illustre famiglia degli Arsacidi che giungesse ad esser re nella Persia, pervenne a questa grandezza, portatovi dalla sua virtù, vie più che dalla sua nascita: Vir, sicut incerta originis, ita virtutis experta, così ce 'l descrisse Giustino (L. XLI. c.4) Da questo dramma si ha, ch'egli fosse destinato in sposo a STATIRA, unica erede del regno, da Artaserse re di Persia, e padre di questa principessa; ma che le nozze gliene fossero frastornate e da Barsina, figliuola di Ciro già re parimente, ma crudelissimo di questo impero, e però scacciatone da' suoi sudditi, e da ORONTE re della Scitia, il quale avendo richiesta in moglie Statira al re Artaserse, per la negativa che gliene fu data, mossegli la guerra, ed in una battaglia lo uccise. Questa morte diede motivo ad una guerra civil nella Persia, sostenendovi altri le ragioni di Statira, altri quelle di Barsina per la successione reale, conforme apparirà chiaramente dalla lettura di questo dramma.
Campo de' persiani.
Statira con Séguito di armati, e Barsina pure con altro Séguito.
BARSINA
A me figlia di Ciro, a me di tanti
gloriosi monarchi unica erede
v'è chi 'l trono contenda?
STATIRA
A te figlia di Ciro,
io figlia di Artaserse, io lo contendo.
BARSINA
Statira, il re mio padre,
prima del tuo cinse il diadema.
STATIRA
E i vizi
tolsero a lui ciò che gli diede il sangue.
BARSINA
Ei nacque re.
STATIRA
Ma da tiranno è morto.
BARSINA
Re non nacque Artaserse.
STATIRA
Chi re muore, è più re di chi vi nasce.
BARSINA
I diritti sovrani
né orgogli tuo, né altrui livor può tormi.
STATIRA
Già te li tolse... Eh! Queste
sono inutili gare. Abbiam conteso
da femmine finor, non da regine.
Le ragioni al comando
più che sul labbro, hanno vigor sul brando.
Oribasio, poi Arsace, e le suddette.
ORIBASIO
Scioperato e codardo
saria, Barsina, l'amor mio, quand'egli
non ti recasse al maggior uopo aita.
BARSINA
Assicura già il cielo
teco, invitto Oribasio, i miei trionfi.
ARSACE
Statira, orché si tratta
la tua causa con l'armi, anch'io ne vengo,
teco a pugnar.
BARSINA
Cieli, a' miei danni Arsace?
STATIRA
E vincerò; che dove
combatte Arsace, al suo valor si gloria
ubbidir la fortuna e la vittoria.
ARSACE
Fuor della mischia il piè ritira, o bella.
Da' tuoi lumi abbastanza
già tutte appresi del ferir le vie.
ORIBASIO
Tu pure esci del campo, e ugual prometto
il coraggio all'affetto.
STATIRA
(Se Arsace è mio campion, regina io sono.)
BARSINA
(Se Arsace è mio nemico, io perdo il trono.)
Dario, e li suddetti.
DARIO
Qual nume avverso oggi cospira a' danni
del perso impero? Onde tant'ire? È
d'odi privati il miglior tempo? A fronte questo
abbiam quel, che va tinto
del regio sangue, il fiero Scita, Oronte.
Là s'impieghi l'acciaro, e là trionfi.
Diasi e per voi, gran donne,
alle risse funeste
tregua almen, se non fine.
Siate di voi, pria che di altrui regine.
STATIRA
Dario, gran duce, il cielo
vede, e l'ombra paterna
con quale orror gli odi civili io scerna.
Ma costei troppo altera
vuole usurpar ciò che a giustizia è mio.
No 'l soffrirò.
BARSINA
Statira,
per non soffrirlo ho le mie furie anch'io.
STATIRA
Ne sia giudice il popolo, e 'l senato.
BARSINA
L'acquisto di un diadema
non vuol dimore.
DARIO
Or che tanta di stragi
sete ti accende, all'armi
commettasi, o Barsina, il dubbio evento.
Ma non si sveni al tuo furor privato
la comune salute
forte guerriero ambe scegliete. In chiuso
campo fra lor si pugni;
e sia della vittoria
prezzo ad una lo scettro, ad un la gloria.
STATIRA
Statira applaude.
BARSINA
Anch'io vi assento.
DARIO
Omai
non si tardi la scelta.
BARSINA
Facciasi tosto.
STATIRA
Arsace
sia mio campione.
BARSINA
(O numi!) Al tuo valore
la mia ragion, forte Oribasio, affido.
DARIO
Pari è l'incontro: ambo d'invitti han grido.
ARSACE
Non mai, bella Statira,
avrò vibrato in miglior uso il brando,
che a tuo favor pugnando.
ORIBASIO
Or che son tuo guerrier, cara Barsina,
nuovo insolito ardore
sento in seno avvamparmi.
Vado a dispor l'ire alla pugna, e l'armi.
(parte)
ARSACE
Parto, o bella, e già son certo,
che pugnando io vincerò.
Alma e destra ho più robusta:
se la parte or son più giusta,
la più forte ancor sarò.
Parto, o bella, e già son certo,
che pugnando io vincerò.
Statira, Barsina, Dario.
DARIO
Artaserse insepolto
senza l'onor del rogo ancor se n' giace.
L'estremo ufficio differir non lice.
Tutto è in Tauris disposto; e sol la vostra
pietà ci manca.
BARSINA
Io verrò in breve.
STATIRA
Oh quanto
mi costi, incauta ambizion! Già sono
ria con l'amante, empia col padre. L'uno
metto in rischio di vita, e niego all'altro
la pace del sepolcro. Andiamo, o duce.
Empia figlia, ingrata amante,
niego il rogo al padre estinto:
mando a morte il caro bene.
Già ti sdegno, amor di regno,
che sai solo ad un istante
le mie colpe, e le mie pene.
Empia figlia, ingrata amante,
niego il rogo al padre estinto:
mando a morte il caro bene.
Dario, Barsina.
DARIO
Per te, mia principessa,
qui mi richiama, e mi trattiene amore.
BARSINA
Chi non serve al mio cor, Dario, non mi ama.
DARIO
Al tuo cor servirò, quanto richiede
onor, giustizia, e fede.
BARSINA
Non ha tanti riguardi di amor ch'è cieco.
DARIO
La tua beltà vuol ch'io fedel ti adori.
La mia virtù non vuol ch'io viva ingiusto.
BARSINA
Ed ingiusto saresti
a sostener le mie pretese al soglio?
DARIO
Giudicarne non dée chi nacque servo.
BARSINA
Ma chi dée giudicarne?
DARIO
Il ciel, e l'armi.
BARSINA
Va', ed amami regina, o non amarmi.
DARIO
Sei regina
del mio core:
servo sono
al tuo sembiante.
Questo è 'l trono,
in cui t'inchina
giusto amore,
e degno amante.
Sei regina
del mio core:
servo sono
al tuo sembiante.
Barsina.
Mi contende Statira,
la superba rival, regno ed Arsace?
Non gli otterrà. Ciò che può ingegno e forza,
tutto userò, core, a' consigli, all'arti.
Per regnar, per goder, tutto alfin lice,
e la colpa è virtù, quando è felice.
Scettro che tanto bramo,
beltà che tanto adoro,
sarete il mio piacer.
Or peno, perché v'amo:
ma diverrà 'l martoro
oggetto di diletto
nell'uso del goder.
Scettro che tanto bramo,
che tanto adoro,
sarete il mio piacer.
Padiglione reale all'uso degli Sciti.
Oronte, e Guerrieri.
ORONTE
Sin che i Persi divisi
tiene in guerra civil l'odio feroce,
non si perda, o miei duci,
una certa vittoria. Ite, e là dove
da sé pria che da voi vinto è 'l nemico,
abbattete i ripari, empiete il campo
di stragi, e sol vi resti
in fiero al petto un solitario orrore,
funesto al guardo, e spaventoso al core.
Ite la morte
con braccio forte,
anime intrepide,
a popolar.
Sì certa e facile
v'è la vittoria,
che senza gloria
fia 'l trionfar.
Idaspe, ed Oronte.
IDASPE
Mio sire invitto.
ORONTE
Idaspe,
tua libertade in breve
delle vittorie mie dovea esser frutto.
Chi prevenne i miei voti? E chi ti tolse
alle perse catene?
IDASPE
Beltà che in questo foglio il cor ti espone.
ORONTE
Che fia?
IDASPE
(Se non ti sveno,
barbaro re, non son felice appieno.)
ORONTE
(legge)
«In te benché nemico,
regal donzella, eccelso re, confida.
La paterna corona
s'insidia a lei. Suo difensor tu vieni.
Vien generoso. A te non far ch'esposti
abbia suoi voti invano
chi suo appoggio ti vuole, o suo sovrano.»
Idaspe, a piè del foglio
sta di Barsina il nome.
IDASPE
Ed ella appunto
mi tolse a' ceppi, e a te recar m'impose...
ORONTE
(straccia il foglio)
Inutile ricorso
per Statira è 'l mio cor. Lei chiedo in moglie.
Mi si niega. Al rifiuto
furie desto, armi impugno.
Vinco la Persia, ed Artaserse uccido.
L'ira sinor si è soddisfatta. Or pure
si soddisfi il desio. Statira io voglio,
prima e sola cagion di mia vittoria.
Volerla è impegno, e conquistarla è gloria.
IDASPE
Ardua impresa. Il suo affetto
è un trionfo di Arsace:
di Arsace, a cui morendo
il genitor la dichiarò consorte.
ORONTE
Di un padre estinto è un vincitor più forte.
IDASPE
Più beltà, più virtude
splende in Barsina...
ORONTE
Io vo' Statira. Omai
nuovo invito guerriero
dieno le trombe. La città si assalga,
si combatta, si espugni; e in dì sì lieto
cingan la regia fronte
mirti ed allori al bellicoso Oronte.
Mi si sveglia nel seno un affetto,
che né fallo, né tema esser può.
Non è speme, non pena, o diletto;
non è amore, che alberga nel core,
s'ei per gli occhi nel cor non entrò.
Mi si sveglia nel seno un affetto,
che né fallo, né tema esser può.
Idaspe.
Idaspe... Ah! No. Ti svegli
a più giusti furori
il rammentar qual sei, non qual ti fingi.
Idreno sfortunato,
sai ben qual sia l'iniquo Oronte? Il crudo
ti uccise il padre. Ti rapì 'l superbo
d'Issedon la corona, e vai per esso
ramingo e vil, mentito il nome e 'l grado.
Una giusta vendetta,
cieli, vi chieggio alfine.
Per mia man cada l'empio; e se avrò morte
sul cadavere suo, morrò da forte.
Di un barbaro, di un empio
vo' far vendetta e scempio:
lungi da me pietà.
Da un'anima feroce
s'impari crudeltà.
Di un barbaro, di un empio
vo' far vendetta e scempio:
lungi da me pietà.
Cortile chiuso a foggia di steccato dinanzi al palazzo reale.
Arsace, e poi Statira.
ARSACE
Entro in campo, o dio d'amore,
tuo guerriero, e stringo l'armi.
Tu sostienmi e braccio e core;
e in mercede al tuo gran nume
si alzeranno e bronzi e marmi.
Entro in campo, o dio d'amore
tuo guerriero, e stringo l'armi.
Questo è 'l luogo...
STATIRA
Ove, o duce,
Statira la crudel, mossa da cieca
avidità d'impero,
al difficil cimento, o dio! ti espone.
Lingua rubella, ah! Come,
come del core in onta
profferir mai potesti il dolce nome?
ARSACE
Amabile idol mio, combatte Arsace,
e combatte per te. Son meco al fianco
l'amor tuo, la mia fede:
mi stimola beltà: ragion mi regge:
sicuro è 'l mio trionfo:
certa la tua grandezza; e tu paventi?
Sì debole son io? Tu così ingiusta?
STATIRA
Ingiusta è mai la tema in un'amante?
Caro Arsace, non sempre
vince il più forte. Il caso
anche ha le sue vittorie;
e nemica a virtù spasso è fortuna.
ARSACE
Tolga il cielo gli auguri;
ma morire per te che bel morire
STATIRA
Se solo a sì gran costo
si dée regnar, scettro, corona, addio
voi siete il mio terror, non il mio voto;
che per vita sì illustre
non è prezzo condegno
il trono della Persia, e quel del mondo.
ARSACE
Mia regina, il tuo amore
leggo nel tuo timor. Cari perigli!
Pur consolati, e parti. Il tempo è questo,
in cui più che pugnar, vincer degg'io.
STATIRA
Ma sovvengati, Arsace,
ch'io vivo nel tuo seno, e tu nel mio.
Difenditi, mia vita,
almeno per pietà
di chi ti adora.
Ogni crudel ferita,
che nel tuo sen cadrà,
ad impiagar verrà
quest'alma ancora.
Difenditi, mia vita,
almeno per pietà
di chi ti adora.
Arsace, Oribasio.
ORIBASIO
Arsace, al breve indugio
tu dèi del viver tuo gli ultimi avanzi.
ARSACE
Non è sì lieve impresa,
Oribasio, qual pensi, il tuo trionfo.
ORIBASIO
Mi sostiene il valor.
ARSACE
Non la ragione.
ORIBASIO
Dée Barsina regnar.
ARSACE
Tanto ti giova
che le pretese sue perda Statira?
ORIBASIO
All'armi, all'armi: ogni contesa è vana.
ARSACE
Già 'l ferro è sulla destra.
ORIBASIO
I nostri acciari
bevan l'ultimo sangue.
ARSACE
E pronto io sono.
ORIBASIO
E pietà qui non s'usi, e non perdono.
Dario, e li suddetti.
DARIO
Cessino l'ire. Alle nostr'armi, amici,
la fortuna de' Sciti
minaccia i fati estremi.
ORIBASIO
È vinto il campo?
DARIO
Né basta. Per le vie
della cittade oppressa
corron le stragi ad inondar la reggia.
ARSACE
Statira... O dio!...
DARIO
Già di Barsina al seno,
di Statira alla fronte
le porpore e 'l diadema usurpa Oronte.
ARSACE
Vado: sarò al mio bene,
se non per sua difesa, avversi numi,
per sua vittima almeno.
La vittoria, o la morte
dirà, s'io sono amante, o s'io son forte.
Al mio braccio ed al mio brando
la mia fé dà più valor.
E se pur cadrò pugnando,
morto ancor sarò d'inciampo
al superbo vincitor.
Al mio braccio ed al mio brando
la mia fé dà più valor.
Dario, Oribasio, poi Oronte, Statira, Barsina, e Idaspe.
DARIO
Noi pure al fier torrente
facciam col nostro petto argine e sponda;
e si contrasti almeno
al nemico furor l'ultima gloria.
ORIBASIO
Andiamo, e si difenda
nel viver di Barsina
della mia speme e l'interesse e 'l merto.
ORONTE
Vano è l'ardir. L'armi cedete, o prodi.
Cessi con la vittoria
e la nemistade, e 'l vostro rischio.
E voi, belle nemiche,
rasserenate il ciglio. Al perso impero
di man cadde l'acciar; ma non vi cadde
per diventar catena. A sì vil uso
non sa servir le sue conquiste Oronte.
Illesa fu la fronte
la maestà vi resti.
STATIRA
Stendi pur la vittoria
a tuo piacer sin dove puoi. Sol sappi,
che l'alma di Statira è 'l suo confine.
ORONTE
(Fiera beltà!)
BARSINA
Barsina
del vincitor cortese
umil risponde a' doni.
ORIBASIO
Ingegnoso rispetto.
DARIO
Accorta frode.
ORONTE
So dar freno alla sorte. Idaspe, vanne
l'ire a frenar de' miei guerrieri, e 'l fasto.
Cessin le stragi.
IDASPE
Io vado, e alla tua gloria
la pietà fregi accresca, e la vittoria.
DARIO
Generoso nemico!
ORONTE
Delle vostre contese
arbitro io m'offro. Alla mia guerra, o belle,
vo' che tutta si debba
la vostra pace. A chi di voi più giusta
assista la ragion, consegno il trono;
e più che vincitor, giudice sono.
STATIRA
Dal voto di un nemico
pender non sa Statira; e non le piace
quell'onor che le costi un atto indegno.
Van le mie pari al regno,
senza che man straniera
serva lor di appoggio. I miei natali
fanno del grado mio tutta la legge.
Non scelga un re de' Sciti
chi regna sovra i Persi. In te la sorte
un vincitore, un re vuol ch'io rispetti.
Nulla di più. Giudica i tuoi. Mi basta
saper qual io sia. Se poi l'orgoglio
a contender del soglio ora mi sfida,
ha la Persia un senato. Esso decida.
ORONTE
(Ben di regnar quel brio feroce è degno;
e già sovra il mio cor comincia il regno.)
BARSINA
Chi ricusa i giudici,
di sua ragion diffida.
STATIRA
Ha la Persia un senato. Esso decida.
No, che regnar non vo',
se de' vassalli il cor
col braccio del valor
non m'alza al trono.
E 'l trono crederò
indegno del mio piè,
se da un nemico re
l'ottengo in dono.
Oronte, Barsina, Dario, Oribasio.
ORONTE
Negli affari di un regno
per suo giudice un re sdegna Statira?
BARSINA
Signor, al suo rifiuto
alterigia la muove, odio la sprona;
e 'l ricusar, che tu l'innanzi al soglio,
è timor di cader sotto al tuo voto.
Io non sospiro, o sire,
che 'l viver mio. Di tua sentenza al cenno
chino la fronte. Vuoi che oppressa e vile
la Persia estrema abbia i miei giorni? Gli abbia.
Vuoi che umile io ti siegua
mio vincitor? Ti sieguo. Il tuo volere
faccia pur le mie leggi, e 'l mio piacere.
ORIBASIO
(Saggia lusinga!)
DARIO
(Industrioso inganno!)
ORONTE
Va'. Per esser felice
tua legge e tuo piacer sia ciò che lice.
BARSINA
Sei mia speme, mio ristoro;
ed onoro nel tuo volto
il mio giudice, il mio re.
Vo' che l'alma a te s'aggiri,
e in sospiri il cuor disciolto
baci l'orma del tuo piè.
Sei mia speme, mio ristoro;
ed onoro nel tuo volto
il mio giudice, il mio re.
Oronte, Dario, Oribasio.
ORONTE
Al senato rimette
la sua ragion Statira.
DARIO
A lui, che de' suoi regi
bilancia il merto, e la virtù compensa.
ORIBASIO
(Barsina, or datti pace.)
ORONTE
Egli si unisca.
Amo Statira. Amore
di sé stesso diffida, ancorché saggio.
Risolvano i vassalli
la lor felicitade. Al lor decreto
pago di mia vittoria anch'io mi accheto.
Tu vincesti, o cor guerriero,
ma dai rai d'un bel sembiante
vinto resti, e déi penar.
È tuo fasto un grande impero,
ma di te già fatto amante
la beltà sa trionfar.
Tu vincesti, o cor guerriero,
ma dai rai d'un bel sembiante
vinto resti, e déi penar.
Dario, ed Oribasio.
DARIO
Quel guardo amico, onde si fissa Oronte
sul volto di Statira,
Oribasio, pavento,
che un fulmine fatal sia per Barsina.
ORIBASIO
Vano timor. N'è giudice il senato.
DARIO
Ma del senato i voti
la legge avran da un vincitor ch'è amante.
ORIBASIO
Vedrò dunque Statira
sul trono della Persia?
DARIO
Essa n'è erede.
ORIBASIO
Il mio amor vi si oppone, e la mia fede.
DARIO
Ma 'l dover? La ragione?
ORIBASIO
Non voglio altro dover,
che quello di piacer
a chi m'alletta il cor.
La mia ragion più bella,
credimi, è solo quella
con cui favella amor.
Non voglio altro dover,
che quello di piacer
a chi m'alletta il cor.
Dario.
Ami Oribasio, e per regnar sia ingiusto.
Dario ami pur, ma legge
sia del suo amor quella virtù che il regge.
Se innocente spieghi il volo,
pura e bella tortorella,
senti l'aura, che ti affida,
e ti guida a riposar.
Se l'umor comparte ai fiori
quel ruscello chiaro e bello,
sente l'aura che gli dice:
va' felice insino al mar.
Gabinetto reale con porta segreta.
Statira, poi Arsace.
STATIRA
Di quest'alma, o cielo, a' prieghi
regno, e amor serbar dovresti.
Se un dì questi a me tu nieghi,
il mio bene almen mi resti.
Di quest'alma, o cielo, a' prieghi
regno, e amor serbar dovresti.
ARSACE
Regina, a fati avversi
non mi restò che un solo colpo. Un solo,
ch'è 'l mio morir.
STATIRA
Questo si tolga, e lieta
di tutto il loro sdegno assolvo i numi.
ARSACE
Ch'io viva, or che m'è tolta
la speme di vederti in trono assisa,
mercé del mio valor? Lascia o Statira,
al mio braccio, al mio cor gli ultimi sforzi.
STATIRA
Che pensi?
ARSACE
A questo cimento,
che mi dovea Oribasio,
chiamar pretendo il vincitor superbo.
STATIRA
Cotanto ardir?
ARSACE
Le tue sciagure, o bella,
tanto mi fanno audace.
O risorga Statira, o cada Arsace.
STATIRA
Ferma. Ci vinse Oronte,
ma pien della sua gloria altro non cura.
Non mi vedrai le sue catene al piede.
ARSACE
Forse ei le serba al core.
STATIRA
Mi vide; ma non lessi
ne' guardi suoi pur un affetto. Il labbro
composto in maestà nulla mi disse
che fosse tuo timore; e la vittoria
si contenne modesta
tutta nel sol piacer dell'aver vinto.
ARSACE
Tanto applauso a un nemico?
Idaspe, e li suddetti.
IDASPE
Chiede, Oronte, o regina,
la libertà di qui vederti.
STATIRA
Venga
a sua balia. La sorte
gli dà questo poter, più che il mio cenno.
IDASPE
Ma dal tuo cenno ei brama,
meglio che dalla sorte, il suo contento.
(parte)
ARSACE
(Ah! Che di gelosia languir mi sento.)
A te se n' viene Oronte,
e poderoso, e vincitor se n' viene.
STATIRA
Deh! Non temer, mio bene.
Venga qual vuol: mi troverà Statira.
ARSACE
Timido il cor sospira.
STATIRA
Se ne offende il mio amor. Là ti nascondi,
testimonio vicin della mia fede.
ARSACE
Stelle! Ma s'ei ti chiede...
STATIRA
Non più dentro al mio cor, nel mio sembiante,
ei vedrà la nemica, e tu l'amante.
ARSACE
Ti bacio, o cara mano,
perché da te si stenda
il bacio sino al cor.
Il cor egli ti accenda
col mio pudico ardor;
e poscia lo difenda
contro un nemico amor.
Ti bacio, o cara mano,
perché da te si stenda
il bacio sino al cor.
(si ritira nel gabinetto)
Oronte, e Statira.
ORONTE
Si perdoni ad Oronte
un desio ch'è tua gloria.
STATIRA
Il grado e la vittoria
serve a te di ragione.
ORONTE
Perché beltà si pieghi,
anch'io lo so, son armi degne i prieghi.
STATIRA
(Di linguaggio cangiò.) Prieghi non usa
chi trionfò d'un regno.
ORONTE
Eh! Manca al mio trionfo,
regina, il maggior fregio. Or siedi, e ascolta.
Se amor...
STATIRA
Pria dimmi, e attendi.
Sai qual io sia?
ORONTE
Statira, eccelso germe
del perso impero.
STATIRA
Aggiungi,
e figlia di Artaserse.
ORONTE
Vergine illustre, e bella...
STATIRA
Taci le lodi a me nemiche. Or segui.
ORONTE
(Vezzoso ardir.) È vero:
vinsi, ma non è questa
mia pompa, no. Dalla fortuna io sdegno
trar la ragion del merto.
Tu sai, qual freno impose
al mio furor la mia pietà.
STATIRA
Mi è noto.
ORONTE
Sai che della tua man posi lo scettro
in libero piacer de' tuoi vassalli,
quando giusta il potea stringer la mia.
STATIRA
Magnanimo rifiuto.
ORONTE
Sai...
STATIRA
Tutto so; ma so pur anche il lutto
di questo impero, e quanto sangue e pianto
e dagli occhi de' Persi, e dalle vene
bevè il ferro de' Sciti.
Ma più d'ogni altro affanno
l'offesa mia stammi sul core. Al padre
svenato dal tuo acciaro eterna l'ira
figlia, e figlia real, deve Statira.
ORONTE
L'armi usai provocato
non offensore ingiurioso: è reo
delle perdite tue l'incerto Marte,
più che 'l mio braccio. Pure
se a me lo ascrivi, in questa man ti rendo
per un re padre un re marito.
STATIRA
E si offre
per marito un nemico?
ORONTE
Perì con Artaserse
tutto il mio sdegno, o bella.
STATIRA
Ma seco non perì la mia vendetta.
ORONTE
Pensa, che vincitor...
STATIRA
T'intendo: è questo
l'uso di tua vittoria?
ORONTE
O 'l nemico, o l'amante ecco in Oronte.
STATIRA
Piace il nome del primo alla mia gloria.
ORONTE
Chi t'insegnò questi rigori? Arsace?
STATIRA
(Ei si confonda.) Arsace; e in esso onoro
il comando del padre.
ORONTE
Ma più del cor servi all'affetto?
STATIRA
È vero.
Amando il suo valore
servo al ciel, servo al padre, e servo al core.
ORONTE
Tanto ad Oronte ancor'armato? Or resta
dal tuo Arsace difesa. Egli rimanga
dal tuo amor custodito.
Mi contenda il tuo cor: vada fastoso
di possederlo. Intanto,
qual l'ira sia del provocato Oronte,
Artaserse ad Arsace,
ad un'amante un genitor il dica.
STATIRA
Tu mi fai più costante, e più nemica.
ORONTE
Parlerò con la vendetta
allo sdegno, all'ardimento
di un'ingrata, e di un rivale.
E qual rapida saetta,
al tuo amor sarò spavento
al tuo cor sarò mortale.
Parlerò con la vendetta
allo sdegno, all'ardimento
di un'ingrata, e di un rivale.
Arsace, e Statira.
ARSACE
Questo, Statira, è 'l generoso? È questa
la maestà del labbro,
che nulla disse, onde ne tema Arsace?
STATIRA
Purtroppo e' disse, o dio! Né mi spaventa
il suo desir: nel tuo periglio io temo.
ARSACE
Qual periglio? Il morir? Per te mi è caro.
STATIRA
No no: viver tu déi. Sia la tua vita
del barbaro la pena. A lui t'invola.
ARSACE
Viver potrò, se sola
ti lascio in suo poter? Fuggo dal ferro;
ma la pietà del tuo timor mi svena.
STATIRA
E me 'l timor di tua pietade uccide.
Salvati, Arsace. Ogni momento è rischio.
ARSACE
Rischio maggior or fora il lasciarti. Duolmi
duolmi che l'amor mio sia tua sventura.
STATIRA
E sventura peggior mi è la tua fede.
Io te ne assolvo. Vanne.
ARSACE
Hai per me tanto zelo?
STATIRA
Ho per te tanto amore.
ARSACE
Ah! No, cor mio.
Sia 'l periglio comun, comun lo scampo.
STATIRA
Come?
ARSACE
Già cade il sol. Tosto che l'ombre
succedano più dense,
il favor se ne goda.
Andiam.
STATIRA
Fuggire io teco?
ARSACE
Il comando del padre
salva la tua onestade.
STATIRA
Che diran i vassalli?
ARSACE
Godran di tua salvezza.
STATIRA
Mi accuserà Barsina.
ARSACE
È tua nemica.
STATIRA
Deh! Vanne solo: vanne.
ARSACE
Né so, né vo' partir, se tu qui resti.
Vuoi ch'io mora? Morrò.
STATIRA
Tu mi vincesti.
ARSACE
E meco vinse amore.
Alle logge reali
n'andrai.
STATIRA
Quivi, non lungi
riposa Oronte.
ARSACE
Unico è 'l varco. Sia
il silenzio tua scorta; e là compagno
mi troverai.
STATIRA
Propizio il ciel ne arrida.
ARSACE
E l'ardire e l'amor sien nostra guida.
Parto... o dio! Partir non so.
Resto... No: che non si può.
Parto, mio bene.
Quell'amor che affretta il piè,
è l'istesso che con te
qui mi trattiene.
Parto... o dio! Partir non so.
Resto... No: che non si può.
Statira.
Numi, voi, che scorgete
l'onesta vampa e chiara,
che nutro in sen, la difendete. All'onte
sottraggo l'onor mio, non la mia vita.
Perdo le mie grandezze,
ma senza duol. Più fortunato e degno
sul cor di Arsace amor mi addita un regno.
Vi perdono,
se col trono
mi levate,
stelle ingrate,
e vassalli e dignità.
Più mi alletta,
che soggetta
mi lasciate
del mio ben la fedeltà.
Vi perdono,
se col trono
mi levate,
stelle ingrate,
e vassalli e dignità.
Notte.
Logge con lume, corrispondenti a vari appartamenti reali.
Barsina, Idaspe.
IDASPE
Tanto egli fece. Il foglio
lesse, squarciò; né di Barsina il merto
all'affetto prevalse, ond'egli avvampa.
BARSINA
Ama anche Oronte?
IDASPE
Il nome di Statira
in lui destò qualche scintilla; e questa,
dacch'ei la vide, alzò la vampa, e crebbe.
BARSINA
(Speranze di Barsina,
voi siete in rischio. Alla rival superba
giova un amor che ne sarà 'l sostegno;
e verrà a tormi un Scita
sin dal Caucaso suo diadema e regno?)
Idaspe, ah! Se in te vive
grato dover, tu 'l mio furor sostieni,
tu le vendette mie. Tolgasi questo
formidabil nemico,
e un colpo generoso
faccia la tua fortuna, e 'l mio riposo.
IDASPE
L'odio, che in sen mi bolle
contro l'iniquo re, sproni rifiuta.
Più di te son offeso, e dée lo sdegno,
perdonami, o regina,
ad Idaspe servir, non a Barsina.
BARSINA
Tu cerca i mezzi, ond'egli pera. Io pure
tenterò i miei. Qual odio,
vedrem, sia più ingegnoso.
Dari e Oribasio tosto
vengano alle mie stanze. Idaspe, sia,
se lo sdegno è comun, comun la fede.
IDASPE
Tradir non so, chi libertà mi diede.
BARSINA
I più diletti
teneri affetti,
a chi sa vendicarmi.
Amante serberò,
in questo core
fiamme d'amore,
chi serve al mio furore,
accendermi sol può.
I più diletti
teneri affetti,
a chi sa vendicarmi.
Idaspe.
Un'illustre vendetta
fidi solo a sé stessa i suoi disegni.
Ecco alla mia l'ora opportuna. Oronte
colà riposa. A lui
ho facile l'ingresso. Il sonno e l'ombre
mi assicurano il colpo,
e per l'uscio segreto
posso involarmi ad ogni rischio. Idaspe,
il braccio e 'l petto arma di ferro e d'ire;
e a chi serve ragion, non manchi ardire.
Di questo barbaro
vendetta orribile,
cor mio, farò.
E quanto perfido
con me fu l'empio,
tant'io implacabile
con lui sarò.
Di questo barbaro
vendetta orribile,
cor mio, farò.
Arsace, poi Statira.
ARSACE
Ombre tacite,
che agli amori amiche siete,
anche il mio, deh! Proteggete.
STATIRA
Arsace.
ARSACE
Anima mia...
STATIRA
Tremante il passo...
ARSACE
Di che temer, quand'io son teco?
STATIRA
Appunto
de' miei spaventi il più crudel tu sei.
ARSACE
Eh! cara, andiam. La fuga...
Oronte, e li suddetti, poi Idaspe.
ORONTE
(di dentro)
Custodi, olà, sono tradito.
STATIRA
O dèi!
ARSACE
Che fia?
(dà di mano al ferro)
STATIRA
Quai voci?
ORONTE
(veduto Arsace col ferro in mano)
Ah! Traditor.
STATIRA
Rie stelle!
ARSACE
Io traditor? Oronte,
basti per mia difesa, e per tua pace,
sì, ti basti il saper ch'io sono Arsace.
ORONTE
Come? Arsace? Tu qui? Fra l'ombre? Armato
di acciar la destra? E con Statira al fianco?
Rival nemico intendo,
qual odio qui ti trasse, e qual furore.
Sol perché Arsace sei, sei traditore.
STATIRA
Tu menti.
ARSACE
E questa spada
te 'l sosterrà.
ORONTE
Giudice re non viene
a cimento col reo. Chiamisi Idaspe.
ARSACE
Nel tuo sangue, o crudel...
STATIRA
Fermati, o caro.
L'ardir qui è rischio. Al tuo destino or cedi.
ARSACE
Eh! Lascia...
STATIRA
No, se m'ami.
IDASPE
Eccomi al cenno.
ORONTE
Idaspe, io son tradito, e questo sangue
n'è chiara prova. Là fra l'ombre e 'l sonno
perfida man tenta svenarmi. Il brando
impugno, e mi difendo.
Chiedo aita, egli fugge. Esco, e qui trovo
costui col ferro.
STATIRA
Egli è innocente...
ARSACE
E colpa...
ORONTE
Si arresti, e poi tra ceppi
conto mi renderai di tua innocenza.
IDASPE
(Mi tradisti, o destino.)
STATIRA
Oronte, io ti favello, e sul mio labbro
non parla amor: ragion ti parla. Ascolta.
Arsace è prence; e la virtù sostiene
l'onor de' suoi natali.
Un mio cenno qui 'l trasse.
Alle tue stanze egli non venne. A l'ora
il braccio armò, che le tue voci intese.
Ti esposi il ver, più dir non posso.
ARSACE
E troppo
dicesti ancor.
ORONTE
Ma chi fu 'l reo?
STATIRA
Mi è ignoto.
ORONTE
Di qui fuggì?
STATIRA
No 'l vidi.
ORONTE
Ma donde uscì?
STATIRA
Là forse chiuso ancora
il traditor si asconde.
ORONTE
E là si cerchi.
Idaspe, va'. Ti attendo impaziente.
IDASPE
(E la disgrazia altrui mi fa innocente.)
(entra nelle stanze di Oronte)
ARSACE
A che tante difese? A te ben nota
è l'innocenza mia, cara Statira.
Rivalità m'incolpa,
e un amor, ch'è mia gloria, è sol mia colpa.
STATIRA
Purtroppo il so...
IDASPE
Le stanze
cauto cercai, né alcun rinvenni, o sire.
ORONTE
Che saprai dir?
STATIRA
Sono infelice.
ORONTE
Arsace,
cedi quel ferro;
(ad Idaspe)
alla prigion tu 'l guida.
ARSACE
Se morir deggio...
STATIRA
No, cor mio. Riserba
la mia nella tua vita.
ARSACE
Amor, quanto mi costi!
ORONTE
Non più dimore.
ARSACE
Prendi,
barbaro, prendi, e del tuo sangue il mira
sitibondo bensì, non tinto ancora.
Tempo verrà... Statira, io vado, e forse
solo per ubbidirti io vado a morte.
STATIRA
Mi scoppia 'l cor.
ARSACE
Ricevi
questo tenero addio con più costanza,
e l'innocenza mia sia tua speranza.
Empio, nella mia morte
satolla il tuo furor.
Anima mia, tu forte
conservami il tuo cor.
Saprò morir costante
ad onta del rigor.
Di un barbaro regnante
mi vendichi l'amor.
Empio, nella mia morte
satolla il tuo furor.
Oronte, e Statira.
ORONTE
Venga Barsina.
STATIRA
Ancor permetti, Oronte,
che in Arsace io difenda
la gloria tua.
ORONTE
Ma forse
non saria gloria tua la sua innocenza?
STATIRA
Come?
ORONTE
Teco fra l'ombre...
Basta. Sinché il nemico
in lui condanno, in te l'amante assolvo.
STATIRA
Qual favellar?
ORONTE
Ti giovi
la reità di Arsace.
Vien Barsina. Io vo' 'l giusto, e datti pace.
Barsina, Dario, Oribasio, e li suddetti.
BARSINA
Con Statira qui Oronte?
ORONTE
Principessa,
insultare a un monarca
sin fra' trionfi il tradimento ardisce.
A te ne faccia fede
questa ferita. Il reo n'è Arsace, e questi
si dée punir.
DARIO
(Che sento?)
BARSINA
Mi si condoni, o sire.
Creder non so capace
quel magnanimo eroe di un tradimento.
ORONTE
Amor talora alla virtù prevale,
e sovente l'eroe cede al rivale.
ORIBASIO
Strano successo!
STATIRA
Io testimon...
ORONTE
No: taci
le inutili discolpe. Oronte offeso,
e Oronte vincitor tutte aver puote
le ragioni sul reo;
ma non dia leggi, ov'ei ricusa il trono.
Principesse, di voi
una è la sua regina. Ambe segnate
la morte sua del suo delitto in pena.
Dario ne avvisi il reo prigione. Rechi
a me Oribasio la fatal sentenza.
BARSINA
(Fiero decreto!)
STATIRA
(Misera innocenza!)
ORONTE
Dal vizio punito
la vostra grand'alma
cominci a regnar.
Un re, ch'è tradito,
giustizia vi chiede
del soglio l'erede
mi dée vendicar.
Dal vizio punito
la vostra grand'alma
cominci a regnar.
Statira, Barsina, Dario, Oribasio.
STATIRA
(Io che soscriva il foglio?)
BARSINA
(Io che a tal prezzo
la via m'apra al comando?)
STATIRA
Arsace.
BARSINA
Arsace.
ORIBASIO
Eccovi il foglio. A piede
scrivasi il regio nome.
Così vuole chi può.
DARIO
No, principesse.
Temasi un'ingiustizia, e più guardinga
sia la destra in punir. Qualche riguardo
diasi al merto di Arsace.
Me n' vado a lui. Frattanto
si pesi il giusto, e si maturi il vero,
né tradisca il dover desio d'impero.
Sia di un regno la base e 'l sostegno
giustizia e pietà.
In chi regge, se ingiusta è la legge,
l'orgoglio del soglio
fermezza non ha.
Sia di un regno la base e 'l sostegno
giustizia e pietà.
Statira, Barsina, Oribasio.
BARSINA
All'amor di Statira
è una legge crudel, che mora Arsace.
Pur conviene ubbidir. Tu che risolvi?
STATIRA
Arsace, e non Barsina,
qual sia 'l mio cor, dalle mie voci intenda.
BARSINA
Alle prigioni andrai?
STATIRA
Colà mi chiama
la mia fede ugualmente, e la sua fama.
Sugli occhi del mio bene
amor risolverà.
Da quegli sguardi amati,
mia sola gioia e spene,
consiglio ei prenderà.
Sugli occhi del mio bene
amor risolverà.
Barsina, Oribasio.
BARSINA
(Dunque io sarò più ingiusta? Io di Statira
meno amante sarò? No, no, Barsina.
Siegui l'amore e la ragione. Andiamo.)
ORIBASIO
Fermati. Alla tua sorte
propizio è il cielo. Già t'innalza al trono
la caduta di Arsace. Alla vendetta
servi di Oronte. La rival si privi
del sostegno miglior. Regina, scrivi.
BARSINA
Ne' gran casi, Oribasio,
può parer crudeltà la troppa fretta.
ORIBASIO
Ma periglio esser puote un troppo indugio.
Scrivi.
BARSINA
Tua sola cura
sia l'amor tuo.
ORIBASIO
Dall'amor mio sol nasce
il consiglio fedel.
BARSINA
Gradisco il zelo.
ORIBASIO
A che non dir l'amor?
BARSINA
Vo', che col core,
più che col labbro a te favelli amore.
A un'amante il dir: Ti adoro:
per te peno, per te moro,
costa poco alla beltà.
Ma se 'l core a te no 'l dice,
la lusinga è traditrice,
e crudele è la pietà.
A un'amante il dir: Ti adoro:
per te peno, per te moro,
costa poco alla beltà.
Oribasio.
Come poss'io Barsina,
il tuo affetti capir, se sia verace?
Il labbro non me 'l dice, e 'l cor me 'l tace.
Almen vorrei che 'l labbro
parlasse a me d'amor.
Bugiardo e mentitor
pur l'amerei.
Saria quel dolce incanto
letargo lusinghier,
se non vero piacer
de' mali miei.
Almen vorrei che 'l labbro
parlasse a me d'amor.
Sotterranea.
Arsace, e Dario.
ARSACE
E l'empie leggi ubbidirà Statira?
DARIO
Temo il comun destino.
ARSACE
E fia mia pena
la colpa altrui?
DARIO
Come?
ARSACE
Il mio ferro, amico,
non si arrossì di un tradimento.
DARIO
E resta
senza discolpa un tanto eroe?
ARSACE
No, Dario.
Mia discolpa è 'l mio nome;
e se lice, il tuo zel sia mia difesa.
DARIO
Difenderò con opportuna aita
le ragioni del regno, e la tua vita.
Si cimenti con la sorte
questo sen, ch'è tua speranza.
Ed impari ad esser forte
dal valor di tua costanza.
Si cimenti con la sorte
questo sen, ch'è tua speranza.
Arsace.
Speranza sventurata!
Non bastano ad Oronte
le furie sue? Vuol che Statira anch'essa
serva lor di strumento?
E lo soffrite, o dèi? Così nemico
è della Persia il vincitor, che toglie
a noi sin la virtù? Vuol che i delitti
sien passi al trono? E che un crudel decreto
sia l'auspicio del regno? Alle regine
tinga gli ostri il mio sangue? E scellerato
empie le fa, pria che felici? Agli astri
niego... Ma taci, Arsace;
e se giova a Statira il tuo morire,
soffrì ch'essa il comandi, e muori in pace.
A quel ben, che voi perdete,
su correte,
amorosi miei sospiri,
e fermatevi al suo piè.
Se vi chiede, che volete,
rispondete:
siamo gli ultimi respiri
di colui che muor per te.
A quel ben, che voi perdete,
su correte,
amorosi miei sospiri,
e fermatevi al suo piè.
Arsace, e Statira.
STATIRA
Al piè? Perché no al core?
ARSACE
In questi estremi
momenti di mia vita, anche i sospiri
più di un amante non son, ma di vassallo.
STATIRA
Così favella?...
ARSACE
Alla regina Arsace.
STATIRA
Io regnar; quando costi
la mia grandezza i tuoi bei giorni? Ah! Caro,
piacque il regno a Statira,
finché innocente era il desio.
ARSACE
Innocente
te 'l conserva il mio voto.
Vanne. Siegui di Oronte
l'ira ch'è tua fortuna. Io te ne assolvo.
STATIRA
Ma non mi assolve amore.
ARSACE
Ceda amore al periglio
del tuo goder. Va'. La mortal sentenza
segni la destra.
STATIRA
Ahi! Che diria quest'alma?
ARSACE
Sol ti chiedo, regina,
che non muova la man l'odio o lo sdegno;
e allor che scritto avrai: condanno Arsace:
volgi un guardo pietoso
alle note funeste; e amor vi aggiunga:
Arsace, il mio più caro, il mio più fido,
quel che da lui pregata, io stessa uccido.
STATIRA
Temo che poco m'ami
chi sì ardito mi perde. Io forze avrei?
Avrei senso? Avrei mente? Avrei pensiero
per legge sì tiranna?
Né l'alma crudele,
né il core infedele
può esser per te.
Credilo all'amor mio:
credilo alla mia fé.
ARSACE
La fé, l'amor...
STATIRA
Se teco no 'l divide,
sdegna Statira il soglio; e se il diadema
porta seco l'orror di una rapina,
ascoltatemi, o dèi; l'abbia Barsina.
Barsina, e li suddetti.
BARSINA
E Barsina l'avrà.
STATIRA
L'abbia, ma senta
il continuo rimorso
di un'ingiusta ragion.
BARSINA
Ragion mi sia
il principiare il regno
col castigo di un reo, di un traditore.
ARSACE
Usa il poter che hai sul mio fato, e lascia
illesa la mia fama.
BARSINA
La ferita di Oronte...
STATIRA
Ei n'è innocente.
BARSINA
Orsù: cessin le accuse, e le difese.
Sai, qual ti penda, Arsace...
STATIRA
Il sa, né teme.
BARSINA
Taci, ed esso risponda. Qual ti penda
grave destin sul capo?
ARSACE
Il so.
BARSINA
Che in mio comando
è 'l viver tuo?
ARSACE
Mi è noto.
BARSINA
Che il tuo giudice estremo
ho in questa mano?
ARSACE
Ed io ne attendo il voto.
BARSINA
Sentilo dunque...
STATIRA
Io già 'l prevedo. Vieni,
qual ministro di Oronte.
BARSINA
No: più bella speranza
dié moto a passi, al core...
ARSACE
Or via: mostra quel foglio,
che segnò il tuo furor. Fa' ch'io rimiri
impressa nel tuo nome
l'autorità del mio morire; e serva
alle grandezze tue la mia ruina.
BARSINA
Eh! Arsace, sì crudel non è Barsina.
STATIRA
(Che pretende costei?)
ARSACE
Segui.
BARSINA
Non leggi
nel mio tacer ciò che ti salva? Ascolta.
Io t'amo, Arsace, io t'amo.
Udisti in pochi accenti
il tuo destin. Tacqui finor, ma tacqui,
perché aver io non vidi
merto dalla beltà per farti amante.
Or che il favor d'un beneficio illustre
fa la scorta al desire,
qui te lo scopro. Eleggi.
Il tuo viver ti reco, o 'l tuo morire.
STATIRA
Così si cerca amor?
BARSINA
Parlo ad Arsace.
Egli risolva, egli risponda.
STATIRA
O audace!
ARSACE
E risolvo, e rispondo. Amo Statira.
BARSINA
A Barsina così?
STATIRA
Così a Barsina.
BARSINA
Or va'. Salva il tuo fido
dall'ire mie, da questi lacci; ed egli
sia tuo campion, per innalzarti al regno.
Tu morrai, come indegno
del mio soccorso insieme, e del mio affetto.
ARSACE
Pria che il soccorso tuo, la morte aspetto.
BARSINA
Vuoi la morte? E morte avrai.
ARSACE
E contento io morirò.
BARSINA
Infelice io ti vedrò.
STATIRA
Ma infedel non lo vedrai.
BARSINA
Vuoi la morte? E morte avrai.
Oronte, e li suddetti.
ORONTE
Indegno è un traditor, ch'io de' miei passi
il suo carcere onori, e 'l suo delitto
ma 'l vostro scempio, e 'l giusto
desio di mie vendette a voi mi trasse.
BARSINA
E le vendette avrai.
ORONTE
Nulla risponde
Statira?
BARSINA
Ella ti nega
col tacer contumace
e la pena di Arsace e 'l suo dovere.
ORONTE
Che? Di segnar ricusa
la tua man la sua morte?
STATIRA
Sien chiari i falli; allor la pena è giusta.
ORONTE
Parla il sangue di un re: parla il tuo ferro.
ARSACE
E 'l mio ferro può dir, quale io mi sia.
ORONTE
Non più... Pensa, o Statira,
che a una cieca pietà sai ceder tutta
la ragion di regnar.
STATIRA
Ceda, ma resti
Statira in libertà della sua gloria.
BARSINA
Di', del tuo amor.
STATIRA
L'amo, già 'l sai; ma l'amo
meno del giusto ancora.
ORONTE
E perché l'ami
non sai punirlo, ed innocente il chiami.
Ma tu, Barsina, e che risolvi?
BARSINA
(ad Arsace)
Pronti
vedi i fulmini miei. Rispondi, e temi
di una donna real la forza e l'ira.
ARSACE
Non la temo, e rispondo. Amo Statira.
BARSINA
(si ferma, e guarda Arsace ad ogni posata)
Or odi, e l'ama. Alle tue offese, o sire,
deve la Persia una vendetta... Ed io
per la Persia te l'offro... Il ciel, la legge
al labbro mio ne detta il voto... E tosto
il segnerà la mano...
(E non si pente ancora?)
Ecco la mia sentenza... Arsace... mora.
STATIRA
Ah! Crudel.
ORONTE
Sì, Barsina
morirà Arsace, e tu sarai regina.
BARSINA
(ad Arsace)
Nel tuo sangue, e nel tuo pianto
due vendette avrò così.
(a Statira)
E vedrò nel laccio infranto,
onde insieme amor vi unì.
(ad Arsace)
Nel tuo sangue, e nel tuo pianto
due vendette avrò così.
Arsace, Oronte, e Statira.
STATIRA
Morirà Arsace?
ARSACE
E tu sarai regina.
STATIRA
Tiranno vincitor!
ARSACE
Empia Barsina!
ORONTE
Io tiranno? Ah Statira,
perdona all'amor mio... Ma non l'amore,
sol la giustizia il suo cader destina.
STATIRA
Morirà Arsace?
ARSACE
E tu sarai regina?
ORONTE
(ad Arsace)
Orsù: tu non morrai.
(a Statira)
Non perderai tu 'l trono
un magnanimo sforzo, un sol tuo guardo
sia tua vita, tuo soglio. A me la cedi,
e vivi in libertade. A me ti dona,
e regna e sovra i Persi, e sovra i Sciti.
STATIRA
Con troppo costo, Oronte,
esso alla vita, e me al comando inviti.
ARSACE
Non valgono i tuoi doni
ch'io sì gran ben ti ceda.
ORONTE
E pur lo cedi
al colpo di un carnefice, s'io 'l voglio.
ARSACE
Facciasi. Allora, o dio!
Me la torrà il morir, non l'incostanza,
e la dono al destin, non a un rivale.
ORONTE
Ad un re generoso
così favella un reo? Vedrem, se possa
più del mio braccio il vostro ardir. Ritorni
e 'l giudice, e 'l nemico
su questo labbro. Udite.
Tu, traditor, morrai. Lungi dal trono
vivrai, donna ostinata. Io vo', che veda
te mia vittima il mondo, e te mia preda.
Quell'ardor, che fu vampa d'amore,
già diventa un incendio di sdegno.
Ed amor, che fa l'ira più acerba,
punirà nel fellon la superba,
punirà nell'ingrata l'indegno.
Quell'ardor, che fu vampa d'amore,
già diventa un incendio di sdegno.
Statira, Arsace.
ARSACE
Ah! Statira, perdona,
se tento la tua fé. Dimmi, ch'io mora.
STATIRA
Io sì barbaro cenno?
ARSACE
Sì basta il dirlo a tranquillar quell'ira,
e basta il farlo a guadagnarti un trono.
STATIRA
E questo è un esser forte?
ARSACE
Deggio cader. Barsina
ne pubblicò il decreto. Il crudo Oronte
me ne fa la minaccia. Ah! Sol tua legge
sia 'l mio morir.
STATIRA
Deh! Taci.
Empia ti sia Barsina, ingiusto Oronte:
ma pietosa e fedel ti sia Statira.
ARSACE
La pietà, ch'è tuo danno,
la fé, ch'è tuo periglio, è mio tormento.
STATIRA
Soffri, che teco io sia infelice. Addio.
Vado a Barsina. Ad ogni prezzo io voglio,
che viva Arsace. In lei tutto si tenti.
Tu grato all'opra amami, e spera.
ARSACE
Ah! Senti.
STATIRA
Sento amor, che sospirando
dice a me, ch'io vivo in te,
e tu sei solo il mio cor.
Così dice, e poi sperando,
dal valor della mia fé
la risposta attende amor.
Sento amor, che sospirando
dice a me, ch'io vivo in te,
e tu sei solo il mio cor.
Arsace.
Cieli! Quella costanza,
ch'esser dovrebbe il mio conforto estremo,
diventa mia minaccia;
e allor che più mi piace, io più la temo.
Vorrei men generosa
quella beltà vezzosa,
quel core o meno forte, o men fedele.
Perché 'l soffrir, che sia
suo duol la pena mia,
e un piacer, è un amor troppo crudele.
Vorrei men generosa
quella beltà vezzosa,
quel core o meno forte, o men fedele.
Galleria di statue negli appartamenti di Barsina.
Barsina, Oribasio.
ORIBASIO
Sì: ti vedrò regina.
Tal ti dichiara Oronte;
tal ti acclama il senato.
Tutto già cede, e insino
servono i tuoi nemici al tuo destino.
BARSINA
Molto ancor manca a stabilirmi. Il merto
ne sia della tua fede.
ORIBASIO
E che far deggio?
BARSINA
Odi, e sia l'amor mio premio dell'opra.
Qui la rival verrà fra poco. Ignota
m'è la cagion. Si ascolti.
Ma quindi uscir poi se le vieti. Occulto
tu attendi il cenno, e in mio poter l'arresta.
ORIBASIO
A così lieve impresa un sì gran dono?
BARSINA
Lieve non è ciò che assicura un trono.
ORIBASIO
Mia cara, ove ti giova,
cimenta la mia fede.
L'amor che ben si prova,
è quel che più si crede.
Mia cara, ove ti giova,
cimenta la mia fede.
Barsina, poi Statira, e poi Oribasio.
BARSINA
Vien la rival. Lice l'inganno. Ceda
all'utile l'onesto;
e serva di ragion forza e pretesto.
STATIRA
Barsina, un vero affetto
in te non sia crudele, o in me superbo.
Nel periglio di Arsace
a te giovi, ch'io l'ami; e a me pur giovi,
che tu per lui ne avvampi.
Serbalo: di sua vita
sia prezzo un regno. Io te lo cedo; e l'uso
te n' dia pietà. Giusta la rende e degna
e la gloria, e l'amor. Serbalo, e regna.
BARSINA
Liberal donatrice,
l'ingegno ammiro del tuo amor. Mi cedi
ciò ch'è già mio: ciò che più aver disperi.
Questa è troppa bontà: voler che un trono,
ch'ora è conquista mia, sembri tuo dono.
STATIRA
T'inganni. Arsace...
BARSINA
Arsace
tanto non ti sia a petto. Io di tua sorte
disporrò col mio voto, e dal tuo core
leggi non prenderà la tua regina.
STATIRA
Qual titolo ti usurpi?
BARSINA
Quel che più a me conviene, e tal m'inchina.
STATIRA
Qual giudizio? Qual voto
per te decise?
BARSINA
Oronte...
STATIRA
Alla Scitia dia leggi.
BARSINA
Il senato.
STATIRA
Ancor pende.
BARSINA
La mia ragion...
STATIRA
Dilla ingiustizia.
BARSINA
I torti
più non deggio soffrir. Statira, adempi
le parti di mia suddita, o Barsina
saprà quelle adempir di tua sovrana.
STATIRA
Rido la cieca speme, e l'ira insana.
BARSINA
Olà: provi i miei sdegni...
STATIRA
Di Artaserse alla figlia
così s'insulta?
ORIBASIO
Impon chi regna. Io servo.
BARSINA
Vedrem, se alfin si pieghi un cor protervo.
Colà si custodisca.
STATIRA
Dove alberga Barsina,
temer d'inganno io più dovea. Ma senti:
con arti ree cerca di aprirti un calle
che ti guidi al comando.
Sia tua spoglia Statira,
e vittima ne sia. Pur non è spenta
la fé ne' miei vassalli.
Vive ancor in Oronte,
vive in Arsace ancor la mia vendetta,
né premerai con piè sicuro il trono.
BARSINA
Vanne, e vedrai, se tua regina io sono.
STATIRA
Prigionia non mi spaventa:
mi tormenta la catena,
ch'è la pena del mio Arsace.
Lui deh! Togli alle ritorte,
empia sorte, e tutti poi
gli odi tuoi soffrirò in pace.
Prigionia non mi spaventa:
mi tormenta la catena,
ch'è la pena del mio Arsace.
Barsina, Oribasio, poi Oronte.
BARSINA
Oribasio, qui meco
restino i tuoi guerrieri.
Tu ad affrettar va' tosto
la scelta mia, ch'è tua fortuna ancora.
ORIBASIO
Amor sia la mercé di chi t'adora.
(parte)
BARSINA
La vita di Statira
salvi il mio ben dal crudo Oronte... Ei viene.
ORONTE
La vendetta, o Barsina,
di offeso re sdegna gl'indugi. Il reo
qui meco trassi; e 'l foglio
che segnò la tua man, diasi ad Oronte.
BARSINA
Diasi: non lo ricuso.
ORONTE
Punir le colpe è 'l primo
dover del regno. Arsace...
BARSINA
Il so: lo accusa
l'ombra, il luogo, l'acciar.
ORONTE
Giusto è ch'ei mora.
BARSINA
Ma seco rea muoia Statira ancora.
ORONTE
Statira?
BARSINA
Ella che mosse
di Arsace il piè, che ne armò il braccio, e l'ire,
condannata da te dèe pur morire.
ORONTE
No, non morrà. Tutto il poter di Oronte
sarà per sua difesa.
BARSINA
E per Arsace
tutto farà ciò che può far Barsina.
ORONTE
Che può col vincitor?
BARSINA
Spesso anche il vinto
ha con che spaventar l'altrui vittoria.
ORONTE
Vediamlo. A me qui Arsace.
BARSINA
A me Statira.
Cieco è 'l tuo amore.
ORONTE
E 'l tuo furor delira.
Oronte, Barsina, Arsace, Statira.
ARSACE
(Empia union!)
ORONTE
Barsina,
che far potrai, se su' tuoi lumi stessi
reca ad Arsace un cenno mio la morte?
BARSINA
(dà di mano ad un ferro, e minaccia sulla vita di Statira)
Che far potrò? Con quest'acciar punirti
di Statira nel sen. Vedi: la sveno.
ORONTE
(fa lo stesso Oronte su quella di Arsace)
Ferma, o di Arsace anch'io lo vibro in seno.
STATIRA
Ah! Barsina.
ARSACE
Deh! Oronte.
STATIRA
Difendi Arsace, e poi morrà Statira.
ARSACE
Salva Statira, e poi trafiggi Arsace.
BARSINA
Che risolvi?
ORONTE
Che pensi?
STATIRA
Empio.
ARSACE
Spietata.
STATIRA
(ad Oronte)
Se ami estinto un nemico, in me lo impiaga.
ARSACE
(a Barsina)
Se una rival vuoi morta, in me l'uccidi.
BARSINA
L'ira mi sprona, e la pietà m'arresta.
ORONTE
La morte d'un rival temo, e vorrei.
STATIRA E ARSACE
Il caro ben voi proteggete, o dèi.
ORONTE
Vedi, Statira: o dammi
la fé di sposa, o qui ti sveno Arsace.
BARSINA
Rimira, Arsace: o fido
pensa di amarmi, o qui Statira uccido.
STATIRA
Ahi! Che farò? Tu mi consiglia, o caro.
ARSACE
Ahi! Che dirò? Reggimi il core, o sposa.
STATIRA
Se mi manchi di fé, pena ho più cruda.
ARSACE
Fato ho più rio, se d'altri sei consorte.
STATIRA E ARSACE
Ma se fedel mi sei, tu sei di morte.
BARSINA
Delibera.
ORONTE
Risolvi.
STATIRA
(a Barsina)
Svenami.
(ad Arsace)
E tu perdona:
t'amo estinto veder, pria che infedele.
ARSACE
Che più soffrir? Qui almeno un ferro...
ORONTE
Invano...
STATIRA
Chetati...
BARSINA
Qui conviene...
ARSACE
Sposa... Barsina... Oronte...
Ahimè! Dir non poss'io: mora il mio bene.
BARSINA
Pur morrà...
ORONTE
Ma non solo...
Idaspe, e li suddetti.
IDASPE
Signor, di Arsace il nome, e di Statira
ti fa nuovi nemici. Ha prese l'armi
il popolo feroce.
Dario lo muove; ed in tumulto è tutto
il senato, e la reggia. Omai si vuole
per regina Statira;
e risuonar fra l'onte
odesi: Arsace viva, e mora Oronte.
ORONTE
Tanto di speme han dunque i vinti? Or abbia,
abbia il fallo e l'ardire il suo castigo.
Cada qui tosto Arsace. A voi, guerrieri.
BARSINA
E Statira pur cada. A voi, miei fidi.
Arsace qui si avventa improvviso ad Idaspe che gli è vicino, e toltagli di fianco la spada assalisce Oronte in cui difesa accorrono le sue Guardie.
ARSACE
No, non cadrà. Già stringo
la sua difesa. Addietro, o vili.
ORONTE
Iniquo,
con questo acciar...
ARSACE
Non temo.
IDASPE
Anima ardita.
STATIRA
(a Barsina)
Ahimè! Ti cedo Arsace, e dagli aita.
BARSINA
Sì... ma tardo...
In questo Oronte con un colpo getta a terra la spada di Arsace, e 'l disarma
ARSACE
Empi fati!
ORONTE
Vinto ancor sei.
ARSACE
Misero son, non vinto.
Saziati.
ORONTE
È troppo onore
farti cader per man di Oronte estinto.
Si deve alle tue colpe
un carnefice vil. Traggasi Idaspe.
Costui, dove raccolto
siede il senato. Io voglio
presente alla sua pena,
chi del mio braccio osa rapirlo all'ira.
STATIRA
O dèi!
BARSINA
Ma di Statira
andrà impunito il fallo?
ORONTE
Seco ella pur si guidi
custodita da' tuoi;
e vedrem con qual ciglio
ella soffra in Arsace il suo periglio.
BARSINA
E vedrem chi le forze abbia più pronte
o voi con Dario, o con Barsina Oronte.
ORONTE
Tu non sai, quanto spietata a Statira
sia per lui la tua pietà.
Tu 'l condanni, perché ingrata,
e 'l tuo amor più reo lo fa.
Tu non sai, quanto spietata
sia per lui la tua pietà.
(parte)
Statira, Arsace, e Idaspe.
IDASPE
(E questi di mie colpe avran la pena?)
ARSACE
Ma, Statira, perché? Perché in que' lumi
così bel pianto? Insuperbirsi io veggio
nel tuo dolor la nostra sorte, e pompa
son dell'empia rivale i tuoi sospiri.
STATIRA
Quel duol, che in me tu miri,
forse è l'ultimo onor, che te presente
rendo al mio genio. Lascia...
ARSACE
No, cor mio.
Tutto ancor non è spento
con la mia libertà l'ardir de' Persi.
Dario è per noi. Per noi saranno i numi
della virtù custodi.
STATIRA
Il tuo coraggio,
diletto Arsace, a me rasciuga il ciglio.
Ma poscia il tuo periglio...
ARSACE
Qual periglio? Costoro,
Idaspe affretta. Andiam. Tu vieni, o cara.
Ogni indugio è un rossor della mia fede.
STATIRA
Vuoi così? Teco è l'alma, e teco è 'l piede.
ARSACE
Tanta fé?
STATIRA
Tanta costanza?
ARSACE
Questo è amor.
STATIRA
Questa è speranza.
ARSACE
Idol mio.
STATIRA
Mio caro.
STATIRA E ARSACE
Sì.
ARSACE
Voi che ardete.
STATIRA
Voi che amate.
STATIRA E ARSACE
Imparate
ad amar ognor così.
ARSACE
Tanta fé?
STATIRA
Tanta costanza?
ARSACE
Questo è amor.
STATIRA
Questa è speranza.
Idaspe.
Io soffrirò, che Arsace, io, che Statira
per me sieno infelici?
No: della mia vendetta
le colpe sfortunate Oronte intenda,
e una giusta virtude ambo difenda.
Datti pace,
brama audace
di vendetta.
Vuol così ragion di onore.
Egli solo
senza duolo
oggi m'affretta
a tradire anche l mio cuore.
Datti pace,
brama audace
di vendetta.
Salone reale.
Oronte, Oribasio, poi Barsina, poi Dario.
ORONTE
Cotanto ardì 'l senato?
ORIBASIO
Per Statira ei decise, e al voto iniquo
serve il popolo ardito e contumace.
ORONTE
Con la testa di Arsace
cadrà tutto l'ardir dal cor de' Persi.
BARSINA
E allor dal tuo potere
gli auspici del suo regno avrà Barsina.
DARIO
Quali auspici? Statira è la regina.
BARSINA
(Infausto annuncio.)
ORIBASIO
(Indegno.)
DARIO
A questi applausi,
signor, non isdegnarti. Alla corona
si vuol Statira. Amor, pietade, e zelo
muovon l'impeto audace, e con quest'armi...
BARSINA
E così Dario mi ama?
DARIO
Amo, ma quanto
lice all'onor. E con quest'armi, o sire,
no, non s'offende, e non s'insulta Oronte.
ORONTE
Rapirmi il reo, lasciarmi invendicato
non è un'offesa? Di': non è un insulto?
DARIO
Troppo è noto alla Persia il cor di Arsace
per crederlo fellone.
ORONTE
Orsù: diasi a Statira
l'arbitrio estremo. Valga
la scelta del senato;
ma stringendo lo scettro
stringa ancora per me di Astrea la spada.
Statira regnerà, ma Arsace cada.
Statira, Arsace, poi Idaspe, e li suddetti.
STATIRA
Non principia Statira
il suo regnar da un'empietà. Rifiuto
de' vassalli il favor...
ARSACE
Deh! Non ti tolga
la tua fede alla Persia.
ORONTE
Risolvi: il primo passo,
che ti porti sul trono, esser dée quello
di perder quest'indegno.
STATIRA
Crudel! Pria che il mio ben, perdasi il regno.
BARSINA
(Ambizione, amor, che far degg'io?)
ARSACE
Di' ch'io mora, e vanne al trono:
ti perdono
questa cara crudeltà.
STATIRA
Io voler che Arsace mora?
(piange)
ARSACE
Chi ti adora,
te 'l dimanda per pietà.
ORONTE
Ingiustissimo pianto! Abbia Barsina
sovra i Persi l'impero, e si punisca
il traditor del pari, e la nemica.
BARSINA
Io condannare Arsace? Amor te 'l dica.
ORONTE
Vile sospir! Vendetta a me si niega?
Guerrieri, a voi. Qui lo uccidete...
IDASPE
Ah! Ferma.
ORONTE
A un'ira coronata, e impaziente
così si oppone Idaspe?
IDASPE
Egli è innocente.
ORONTE
La mia ferita...
IDASPE
Io ne son 'l reo. Riserba
per lui tutto il tuo sdegno.
STATIRA
(Respiro, o stelle.)
ORONTE
A me l'esponi.
IDASPE
Idreno:
egli cui d'Issedon rapisti il regno,
ei del padre svenato
le vendette cercò dentro al tuo seno.
ORONTE
Ov'è il fellon?
IDASPE
Qui 'l vedi.
Io quegli sono. Invano ad altri il chiedi.
ARSACE E DARIO
O magnanima accusa!
STATIRA E BARSINA
E salvo Arsace.
ORIBASIO
(Gelosia, sei pur cruda in cor che tace!)
ORONTE
Udite, o Persi, udite. Anche gli Sciti
hanno i lor fasti, e una virtù straniera
la natia desta in essi. Amai Statira,
e Arsace traditor quasi mi piacque
per punirlo rivale. Or che innocente
e lo trovo, e lo abbraccio, alla mia gloria
cede l'amor. Regni Statira, e teco
divida il soglio, avventuroso amante.
STATIRA E ARSACE
Così gode in amore alma costante.
ORONTE
A te Idreno, cui deggio atto sì giusto,
qui col perdon rendo il comando, bella, a Barsina
china la fronte al tuo destin. Gli affetti
sien tuoi vassalli, e la ragion tuo regno.
STATIRA
No: regni ancor Barsina
oltre l'Eufrate, ed all'amor di Arsace
quel di Dario succeda.
BARSINA
Al suo merto ed al ciel convien ch'io ceda.
ORONTE
Già vinto è 'l vincitore.
STATIRA
E qui a Oronte
giura Statira.
ARSACE
E lo conferma Arsace
STATIRA E ARSACE
Fra la Persia e la Scitia eterna pace.
TUTTI
Disarmato il dio guerriero
qui si arrende al dio d'amor.
E di fiamma più innocente
dolcemente
qui si accende il nostro cor.
Disarmato il dio guerriero
qui si arrende al dio d'amor.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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