LA STATIRA
Dramma per musica.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
Da qui accedi alla versione estesa del libretto.
Da qui accedi alla versione in PDF del libretto.
Codice QR per arrivare a questa pagina:
Libretto di Pietro OTTOBONI.
Musica di Alessandro SCARLATTI.
Prima esecuzione: 5 gennaio 1690, Roma.
Interlocutori:
Macedoni | |
ALESSANDRO Magno, re dei macedoni |
soprano |
CAMPASPE favorita d'Alessandro |
soprano |
APELLE amante di Campaspe |
tenore |
DEMETRIO general de' Macedoni amante di Campaspe |
basso |
PERINTO servo di corte |
sconosciuto |
Persiani | |
STATIRA figlia di Dario re de' Persiani amante di Oronte poi moglie d' Alessandro |
contralto |
ORONTE principe persiano amante di Statira sotto nome di Elvio mercante armeno |
tenore |
La scena si finge in Damasco.
Alle dame di Roma
Alessandro il Grande; stima più d'ogni suo trionfo il poter comparire alla vostra presenza per darvi di se un trattenimento degno del vostro spirito, e della vostra generosità; Si presenta pertanto in scena prima amante di Campaspe, poi di Statira, sacrifica la prima all'amico, alla seconda sé stesso, ed espone a vostri sguardi le sue piaghe, ed al vostro giudicio i motivi della sua incostanza, che essendo ricoperti di gloria, si assicura, che non potranno dispiacervi non è senza vostro onore, che il più generoso di tutti gli eroi tema del vostro giudicio, ed aspiri alla vostra protezione; confido, che averà ancora questa vittoria, della quale per mezzo delle mie stampe vi supplica il vincitor del mondo.
Argomento
Fra le più celebri vittorie d'Alessandro è famosa quella che riportò di sé stesso, allor che innamoratosi di Campaspe, e facendola dipingere da Apelle con tutte quelle circostanze che racconta Plinio al lib. 35. cap. X vedendo che il pittore si era invaghito dell'originale generosamente glielo donò.
Sul fondamento di questa storia è tessuto il presente dramma nel quale, si rappresenta Alessandro in atto di dar la terza battaglia a Dario, che vi restò e sconfitto, e morto, ed essendosi trovata tra le prede Statira figliola del medesimo Dario ne resta invaghito Alessandro, che viene stimolato a questo Amore da Apelle, e da Demetrio con dispiacer di Campaspe: la quale, aspirando solo all'amore d'Alessandro corrisponde con odio ad Apelle. Statira intanto ottiene in grazia da Alessandro di ritirarsi in un deserto dove viene in sogno ammonita dal padre di tornare alla corte, e prendere il consorte destinatole dal cielo, in esecuzione di che mentre ella si dichiara sposa d'Oronte generale de' Persiani con l'assenso d'Alessandro, che per non mancare alla sua parola, vi condescendeva in pregiudizio del suo amore, sorpreso Oronte dalla generosità d'Alessandro si ritira volontariamente dall'impegno, onde resta (dopo vari accidenti) sposata Statira ad Alessandro, e Campaspe ad Apelle.
Campagna con veduta in lontananza di collinette, e padiglioni, sotto de' quali sta dormendo l'esercito persiano; cielo stellato con luna piena.
Oronte.
Notte notte serena
tesoriera di pace
quante brillano in ciel lucide stelle
son custodi discrete
dalla permessa quiete
ma per me sol non hanno
il solito poter, se il cor amante
non conosce riposo un solo istante.
Ho di selce la costanza
son di marmo fra martiri
mi dà vita la speranza
e respiro con sospiri.
Ho di selce la costanza
son di marmo fra martiri.
Non procuro di gioire
mi son dolci le catene
non ricuso di soffrire
e son grate a me le pene.
Non procuro di gioire
mi son dolci le catene.
Ma qual fiero rimbombo
di bellicose trombe
mi percuote l'udito? Oh ciel che miro?
Il nemico in battaglia; olà guerrieri
apprestate ben tosto elmi, e destrieri.
Si vedono tutte quelle collinette, coperte dall'esercito de' Macedoni, che con lenta marcia sfilano alla volta de' Persiani, Alessandro alla testa de' suoi soldati, Oronte che sveglia il campo di Dario.
Alessandro, e Oronte.
ALESSANDRO
Invitti guerrieri
al suon della tromba
volate a pugnar,
sui vostri cimieri
la fama rimbomba
vi porge l'acciar.
Invitti guerrieri
al suon della tromba
volate a pugnar.
Già del gran Tauro monte
le radici premete,
e già del perso a fronte
la pugna, e la vittoria in un stringete,
spargon sul vostro crin Marte e Bellona
i verdi lauri, e ve ne fan corona.
Si getta Alessandro in mezzo a' nemici, ed Oronte gli va incontro, onde attaccatisi fierissima zuffa dopo lungo combattimento resta la vittoria alli Macedoni, i quali trovato il bellissimo carro di Dario vi mettono sopra Alessandro corteggiandolo con varie spoglie dei nemici.
ALESSANDRO
Poiché avete vaghe stelle
dato luce al mio valor,
per far chiare opre sì belle
voi cedete al sol, l'onor.
Poiché avete vaghe stelle
dato luce al mio valor,
per far chiare opre sì belle
voi cedete al sol, l'onor.
Poiché Cinzia col suo lume
al trionfo mi guidò
si nascose, e al biondo nume
le mie pompe consegnò.
Poiché Cinzia col suo lume
al trionfo mi guidò
si nascose, e al biondo nume
le mie pompe consegnò.
Alessandro parte sopra il carro tirato da Mori col seguito di molti Prigionieri persiani.
Oronte solo.
Crudo cielo, empio fato, inique stelle,
voi fabbre di ruine
colme d'odi, e furori
i trionfali allori
toglieste dal mio crine
rotando a' danni miei sempre rubelle.
Crudo cielo, empio fato, ingrate stelle,
re trafitto, onor perduto
son le furie del cor mio;
ma dolor più acerbo, e rio
è lasciare il suo tesoro,
ho perduto Statira, e pur non moro.
Padiglione di Dario con letto, Statira che piange genuflessa accanto al cadavere del padre.
Statira.
Dario mio re, mio genitor mia pena,
tu così m'abbandoni?
Così lasci Statira
e qual tragica scena
per vincer mia costanza
voi mi porgete o numi?
Il regno è già perduto,
esangue il padre, i sudditi svenati.
E, che sperar mi resta
misera principessa
vedova d'ogni ben, colma di pianto?
Di catene servili
cingerò il piè, saranno
esca le mie bellezze
di lascivo tiranno, ah! fiera sorte
per fine a tanto duol dammi la morte.
Si che la morte invoco,
morte deh vieni a me,
tu sola a tanti guai
il termine darai,
e di fortuna il gioco
vincer saprò con te.
Si che la morte invoco,
morte deh vieni a me.
Demetrio, e Perinto con Soldati, e Statira in atto melanconico.
Demetrio, Perinto, Statira.
PERINTO
Io non son di quei campioni
tanto pazzi per l'onor,
mi dilettano i borsoni,
son nemico del rumor.
Io non son di quei campioni
tanto pazzi per l'onor.
Mira signor che nobil giovinetta
quella è preda per te più bella assai
della vaga Campaspe a me rassembra.
DEMETRIO
Il volto di Campaspe
è del sole l'imago,
unico in mezzo agl'astri, ed il più vago
con soavi catene
amici il nobil piede
solleciti stringete,
e sì bella cattiva
al domator del mondo oggi porgete.
Consolati non piangere,
che frangere
potrai l'aspro destin,
per vincere ogni cor
l'arco del dio Amor
si forma col tuo crin.
Consolati non piangere,
che frangere
potrai l'aspro destin.
STATIRA
Al duol si è reso immobile
il nobile
benché trafitto sen,
con perfide ritorte
non sa perversa sorte
far l'alma venir men.
Al duol si è reso immobile
il nobile
benché trafitto sen.
Duce acconsenti almeno
che insepolto alle fiere
quivi non resti il genitore amato
che non è gloria tua l'esser spietato.
DEMETRIO
È Dario forse.
STATIRA
Un sì gran prence
merta ogni ossequio, e tu real signora
scusa s'io non disciolgo
il piè dalle catene.
A me eseguir, a te soffrir conviene.
PERINTO
Son di genio allegro, e raro
né fo torto a gioventù,
seguo il dolce e non l'amaro
cerco quel che alletta più.
Son di genio allegro, e raro
né fo torto a gioventù.
Sala regia.
Campaspe sola.
Quivi il grande Alessandro
carico di vittorie
suol posar sul mio grembo il capo altero,
quivi il Marte guerriero,
con placido riposo
chiama il genio amoroso
giunge amor, e lo punge
egli si duole, e mentre
dell'audace fanciul tenta il castigo
se n' vola altrove il faretrato dio.
Sì che vinto si piomba in seno mio.
Beltà che piace
a cor di gelo
comparte ardor,
di questa face
ardon nel cielo
i numi ancor.
Beltà che piace
a cor di gelo
comparte ardor.
Volto, che alletta
dal ciglio arciero
vibra lo stral,
dolce saetta,
colpo severo,
piaga mortal.
Volto, che alletta
dal ciglio arciero
vibra lo stral.
Apelle, ed Oronte travestito d'armeno.
APELLE
Compatisco il tuo caso Elvio innocente
ma non temo.
ORONTE
La sorte
mi spinse ver Damasco.
Mentre Alessandro il vincitor del mondo
Dario sconfisse, e appena
salvai la vita.
APELLE
Mia sarà la cura
di tua salute.
ORONTE
Ancora.
APELLE
Che!
ORONTE
Sospiro.
APELLE
La libertà.
ORONTE
Non questo.
APELLE
Le perdute ricchezze?
ORONTE
Esser ammesso
ad inchinar Statira
perciò quest'alma mia solo sospira.
APELLE
Difficile è l'impresa.
ORONTE
E chi te 'l vieta?
APELLE
D'Alessandro la cura
mentre già fatto di Statira amante
sua sposa, e sua regina
oggi far la destina.
CAMPASPE
Che reina, che sposa?
APELLE
Scusa bella Campaspe
l'error del guardo.
CAMPASPE
Omai
svelami qual reina
qual sposa si destina al seno d'Alessandro.
APELLE
Opra fu questa
del sagace pensier, che te desia,
innalzai le bellezze
della vaga straniera,
e con felice evento
al nuovo foco intento
Statira a lui, Campaspe a me.
CAMPASPE
Che ascolto?
Empio son questi i segni
dell'amor, della fé, che mi giurasti?
ORONTE
(Discordie fortunate.)
APELLE
Anzi perché t'adoro
opro in tal guisa.
CAMPASPE
Ascolta
da me, da questo core
vendetta aspetta, e non sperar amore.
APELLE
Perché?
CAMPASPE
Già son di scoglio
a chi mi toglie, e la corona e il soglio.
APELLE
D'Alessandro alle piante
tornerò supplicante
parlerò di Campaspe
rigetterò Statira.
ORONTE
(Innamorato cor omai respira.)
CAMPASPE
Vanne, che questo solo
può frenar il mio sdegno
e vincer il rigor, ch'in me s'aduna
spera sol con virtù, tempo, e fortuna.
Spezza l'arco cieco dio
se non hai d'oro lo strale
nel mio petto
vile affetto
non può far colpo fatale.
Spezza l'arco cieco dio
se non hai d'oro lo strale.
Oronte, Apelle.
ORONTE
A me confida il tutto
e se giunger mi fai
di Statira all'aspetto
di renderti felice io ti prometto.
APELLE
Che puoi far.
ORONTE
Quanto brami.
APELLE
Eh nulla spero.
ORONTE
Imprudente è il pensiero.
APELLE
Palesami in qual modo
mi voi render felice.
ORONTE
Dall'effetto il vedrai, più dir non lice.
Mai non cede saggio cor
al dolor
e trionfa del destin,
quando ride il ciel sereno
gode ancor timido seno,
e sol ha nome di forte
della sorte
chi disprezza il biondo crin.
Mai non cede saggio cor
al dolor
e trionfa del destin.
Apelle solo.
Sperar in che mi resta,
se per vincer Campaspe
devo far, che sia d'altri il mio tesoro?
Al re, mentre la chiedo ella si sdegna
la perdo col tacere, onde l'offendo,
e parlando, e tacendo,
1
Mi consiglio col mio core
ed il cor dubbioso sta.
Non ho certo, che il dolore
dell'oppressa libertà.
Mi consiglio col mio core
ed il cor dubbioso sta.
2
Cerco invano dal pensiere
il ripiego per gioir
s'il parlare, ed il tacere
mi condannano a soffrir.
Cerco invano dal pensiere
il ripiego per gioir.
Carcere nella quale si vede il cadavere di Dario con una catena al piede, numero grande de' Soldati persiani d'intorno fra ceppi, Statira con un abito nero in atto lagrimosa.
Statira sola.
Così si tratta un re cieli, e pur siete
gli stessi, ch'altre volte
libraste sovra il capo de' tiranni
nembi di giusti affanni
questa è la pompa? E queste,
oltraggiose catene
compongono l'esequie
al monarca persiano?
Alessandro inumano
crudel Demetrio, e assai di voi più crudo
crudelissimo fato.
Chi v'insegnò tiranneggiar gl'estinti,
e stringere tra lacci
chi per fuggir da voi l'alma disciolse
voi numi eterni invoco.
Al castigo degl'empi, e solo io spero
render col pianto mio Giove severo.
Gran tonante s'il regio splendore
porta un lampo di tua maestà
quell'affronto, che Dario riceve
dal tuo braccio punire si deve;
e sia giusto destare il rigore,
con chi teco ribelle si fa.
Gran tonante s'il regio splendore
porta un lampo di tua maestà
quell'affronto, che Dario riceve
dal tuo braccio punire si deve.
Alessandro, Demetrio, Perinto, e Statira.
PERINTO
Signor quanto m'impose
Demetrio il tuo gran duce
prontamente eseguii le fredde membra
ecco di Dario, ed ivi
mira la figlia, e le reliquie vili
de' persiani guerrieri
vedi quivi d'intorno
languir in servitù.
ALESSANDRO
Troppo rigore.
DEMETRIO
A tanto orgoglio, a tanto fasto eguale
parmi gran re la pena.
ALESSANDRO
In me prevale
la clemenza, non l'ira,
che il più vago diadema
di cui va un crin trionfatore accinto
è la pietà del vincitore al vinto.
La clemenza nel cor d'un regnante
è di Febo l'imago verace,
che non brucia né fiori, né piante,
ma le scalda con placida face.
La clemenza nel cor d'un regnante
è di Febo l'imago verace.
Regio fiume con pompa quieta
va mordendo le verdi sue sponde,
e se gonfio trapassa la meta
nel suo danno le rende feconde.
Regio fiume con pompa quieta
va mordendo le verdi sue sponde.
STATIRA
Se due salme reali
una dal duol, l'altra dal ferro estinte
ti destano a pietade
deponi al pianto mio la crudeltade.
ALESSANDRO
Scusa o bella Statira
l'involontario errore;
e per mostrar qual core
per te conservo in petto
sciolgo le tue catene
ed a guerrieri tuoi
rendo la libertà:
Perinto ad uno ad uno
fa' scior da' ceppi.
PERINTO
Amici allegramente
che volete di più,
quando vi credevate
morir in servitù
potete camminar liberamente.
Amici allegramente
che volete di più?
STATIRA
A tante grazie, e tante
attonita la mente
teco esprimer non sa sensi bastanti,
però s'a te non pesa
corrisponder benigno a chi ti prega
questa Alessandro a me grazia non nega.
In remota foresta
ove raggio di Febo
mai giunge a fugar l'ombre,
unita al genitore
bramo passar piangendo i giorni, e l'ore.
ALESSANDRO
Troppo al duol t'abbandoni.
STATIRA
È questo il mio desire.
ALESSANDRO
Talor vincer sé stessa
è virtù.
STATIRA
Non espressa
da lamenti la pena
vera pena non è, che s'ella preme
un cor, ch'ha senso ei ne sospira, e geme.
ALESSANDRO
Compiacerti risolvo
e ti darà consiglio
tua virtù nel schernir tempo, e fortuna.
STATIRA
Così mostri Alessandro
quanto giusti al tuo crin siano gli allori,
se acquisti al tuo gran soglio
col brando i regni, e con le grazie i cori.
Preparatevi miei lumi
tutti lieti a lagrimar
sola sola piangerò
né saprò
che nel duol respirar.
Preparatevi miei lumi
tutti lieti a lagrimar.
(parte)
Alessandro, Demetrio, Perinto.
ALESSANDRO
Dell'Eufrate alle sponde
s'alza monte romito,
(verso Demetrio)
Demetrio ivi destino
a Statira la stanza.
DEMETRIO
E vorrai secondare
sì strana voglia o sire?
Rammenta, che deforme
sembra il tuo letto omai privo di sposa?
PERINTO
Risolviti signore
a prenderla per moglie
che non puoi tu sperar più vago aspetto?
DEMETRIO
Sarà vittoria il cedere all'affetto.
ALESSANDRO
Quanto impongo eseguite
di me sarà la cura
in provveder la successione al regno
con nodo a voi gradito, e di me degno.
(partono Demetrio, e Perinto)
Ancor non so risolvere
legar mia volontà,
so vincer ogn'assalto
e porto il sen di smalto
contro della beltà.
Ancor non so risolvere
legar mia volontà.
Ancor vorrei resistere
ai nodi d'un bel crin,
mi par ch'ingiusto sia
conceder l'alma mia
per scherno al dio bambin.
Ancor vorrei resistere
ai nodi d'un bel crin.
Cortile con alcuni Soldati persiani.
Demetrio, Perinto.
DEMETRIO
Indarno m'affatico
d'invogliar per Statira il regio core,
e la vana speranza
d'ottener in tal guisa
l'adorata Campaspe
par che altrove se n' voli.
PERINTO
Ancor non devi
disperarne l'evento,
vestiremo l'Armeno
da silvestre pastore,
e la straniera
principessa Statira
nel solitario speco
esorterà bramare il regio nodo
sì, che rieda alla corte
ed Alessandro col suo volto alletti,
che te ne par?
DEMETRIO
Non sprezzo
il prudente consiglio, in te confido
Perinto di provar dolce Cupido.
Voglio sperare
dal dio d'amore
qualche mercé,
che lagrimare
fido amatore
sempre non dé.
Voglio sperare
dal dio d'amore
qualche mercé.
Perinto.
Persiani ancor tardate
a provar vostra sorte
su gioite, godete,
lasciate le ritorte.
Bisogna piangere men che si può
che troppo labile se n' fugge il dì,
e quando il giubilo da noi sparì,
che sia retrogrado no 'l crederò.
Bisogna piangere men che si può
che troppo labile se n' fugge il dì.
Segue il ballo dei Soldati persiani.
Stanza di pitture con li ritratti di Statira, e Campaspe.
Alessandro, Apelle.
ALESSANDRO
(verso il ritratto di Statira)
Vidi o Apelle Statira
la vidi, e sì conforme
porta il vago sembiante, a questa imago
che fra due volti, un finto, e l'altro vero
distinguere non so qual sia il più vago.
APELLE
Bella al certo è costei,
ma lo sguardo reale
avvezzo di Campaspe al più bel lume
conferma saggiamente
la più bella del mondo al più potente.
ALESSANDRO
Mi piacque un dì.
APELLE
Che forse
più non la curi?
ALESSANDRO
Omai di giusto foco
è d'uopo, che s'accenda il petto mio,
APELLE
Signor...
ALESSANDRO
Che brami?
APELLE
Io temo,
che face più dovuta al tuo gran core
tolta Campaspe non accenda amore.
ALESSANDRO
Molto l'esalti.
APELLE
Eh sire
il vero espongo.
ALESSANDRO
Eguale
nel sembiante è Statira,
ma coi natali suoi molto prevale.
APELLE
Dunque scusa signor di far che pensi?
ALESSANDRO
Già risoluto io sono
ergerla meco alla corona, e al trono.
APELLE
Di quest'altra che fia?
ALESSANDRO
Sarà tua sposa.
APELLE
Resta ancor nel gioir l'alma dubbiosa
APELLE
Se t'offendo mi perdona
cara gioia del mio cor,
ALESSANDRO E APELLE
Incolpa quel crudo
fanciullo d'amor
che armato, ed ignudo
mi porge dolor.
APELLE
Se t'offendo mi perdona
cara gioia del mio cor.
Campaspe, Alessandro, Apelle.
CAMPASPE
Da che carco d'allori
con persiane catene
unisti altri reami al tuo gran soglio
signor fuor dell'usato
tardo a me riedi, forse
il tuo gran core immerso
è così ne' trionfi, che disprezza
questa un dì sospirata mia bellezza.
Dovrò per mia rivale
odiar la tua virtù
se fa che il cor reale
a me non torni più.
Dovrò per mia rivale
odiar la tua virtù.
Si rendon mie sventure
le tue vittorie ancor
se con feroci cure
Marte disprezza amor.
Si rendon mie sventure
le tue vittorie ancor.
ALESSANDRO
Vincer armato in campo
le nemiche falangi è mio costume.
Né per compir mia gloria
resta, che di me stesso aver vittoria.
CAMPASPE
Che pensi dir?
ALESSANDRO
Che in questo
duro assalto d'amore
col tardo rivederti ha vinto il core.
CAMPASPE
Ah mio re se finora
nelle vittorie tue
ogni labbro t'onora
con avverso rimbombo
se ti rendi un tiranno
le tue palme, e gl'allori
della barbarie tua lingue saranno.
ALESSANDRO
È prudenza non colpa
vincer talor la volontà rubelle.
APELLE
Rubelle non si rende
quel genio, che ne spinge
a gradire in un core amor, e fede
anzi ingiusto è colui, che non gli cede.
Esser potrai crudele
a chi langue per te?
Che giova esser fedele
senza ottener pietà,
senza sperar mercé?
La crudeltà
con chi ti dona il cor virtù non è.
(parte)
Alessandro, Campaspe, Statira.
STATIRA
L'aver sciolti da ceppi
i miei guerrieri o sire,
dal genitor estinto
lasciarmi il caro pegno
conservarmi la vita, e del mio pianto
sentir pietà, fur opre
degne di te, ma questa
di permetter, ch'io possa
entro romita stanza
goder giorni quieti ogn'altra avanza.
Tu rimanti alle palme,
e se lingua sepolta entro all'oblio
non dà fiato alla fama
farò, che nelle selve
sentan le glorie tue pastori, e belve.
ALESSANDRO
Prencipessa sol temo
nel seguire tua voglia
esercitar atto tiranno.
CAMPASPE
È dolce
quel dolor, che si brama
e se chiesto s'ottien, grazia si chiama.
STATIRA
Bella del grato ufficio
molto ti devo.
CAMPASPE
Ancora
il pensier non risolve, e s'abbandona?
ALESSANDRO
Statira a te si deve
ogni favor, ma...
CAMPASPE
Come
vuoi mancarle di fé?
ALESSANDRO
Pria morir voglio.
STATIRA
Parto.
ALESSANDRO
Non ancor.
STATIRA
Perché?
ALESSANDRO
Mi dài cordoglio.
Ma resista questo core
né si doni al vile amor.
STATIRA
Parto adunque.
ALESSANDRO
Non ancor.
Che puoi far meno
per questo seno
di non partir.
CAMPASPE
Tiranna gelosia mi fai morir.
STATIRA
Spergiuro ti dimostri
se più resisti.
ALESSANDRO
Hai vinto.
Soffrirò tanto dolore
per difender l'onor.
Ma resista questo core
né si doni a vile amor.
Statira, Campaspe.
STATIRA
Senza di te Campaspe
non avrei mai goduto
del sospirato assenso.
CAMPASPE
Statira più ch'io penso
a quella fé spergiura
che Alessandro ha nel core
più m'accendo di sdegno e di furore.
STATIRA
Forse di te fu vago?
CAMPASPE
Eccone il segno.
(mostra il proprio ritratto)
Questa imago che vedi
opra del detto Apelle
ne' più grandi conflitti
seco portar solea
ed allor che sconfitti
erano gli inimici
a questo sen ritorno
facea di palme, e di corone adorno.
STATIRA
Ma pur la mia qui scorgo.
CAMPASPE
A nuovo affetto
verso la tua beltà consegna il petto.
STATIRA
Saran vane le prove,
e se con sciolto passo
da suoi sguardi m'involo
avrà la tomba questa fiamma in fasce
se manca l'alimento in cui si pasce.
CAMPASPE
Questa tela insensata
mi farà guerra ancora.
STATIRA
In tuo poter è l'avversario, e puoi
vendicar senza indugio i torti tuoi.
CAMPASPE
Incauta ancor non sai
gl'inganni d'un infido
né provasti il velen del dio di Gnido.
Son menzogneri, e instabili
gl'amanti d'oggidì
danno, e ritogliono
a mille il cor,
e sempre vogliono
cangiar amor,
perché stiman
variabili
di più goder così.
Son menzogneri, e instabili
gl'amanti d'oggidì.
Statira, Oronte.
STATIRA
Qual sembiante a me noto
sotto spoglie straniere
allo sguardo s'appressa.
ORONTE
A voi m'inchino
luci adorate, e sole
tramontane del core
disarmato, e confuso
alla reina sua, china la fronte
il fido amante, e sventurato Oronte.
STATIRA
Prencipe a tempo giungi
per far doppio contento a questo senp,
mentre vivo ti miro
quando più l'opra tua bramo, e sospiro.
ORONTE
Imponi.
STATIRA
Quel ritratto,
che dal mio volto i lineamenti ha presi
teco portar lo devi
e sottrarlo dal guardo
dell'acceso regnante.
ORONTE
O vago intreccio.
Sappi bella Statira,
che disperse, e fugate
le persiane falangi in picciol legno
in sembiante d'armeno
salvai la vita, e non so come Apelle
m'accolse, e ni difese
onde grato il mio core a lui si rese,
m'offersi a compiacerlo, egli sapendo,
che a te ben ero noto
brama, ch'io t'allontani
dall'amor d'Alessandro.
STATIRA
E che gli cale?
ORONTE
Con nobil desir Campaspe adora,
ella al trono pretende
onde la maggior cura
di questo fido amante
è di render contento il suo tesoro.
STATIRA
Ci porge la fortuna un tempo giusto
di seguir la virtù, molto all'amico
tu devi, ed io Campaspe
bramo far lieta.
ORONTE
Intanto
involerò la tela
per troncar ogni indugio.
(stacca il quadro, e lo nasconde sotto il manto)
STATIRA
Colà tra monti alpestri
ove scorre l'Eufrate
vado a goder romita
d'un innocente vita
ivi presto t'attendo, e tu sarai
l'unico mio conforto in tanti guai.
Giusto nume quest'anima accende
di cui fatto seguace è il pensier
so schernire
chi tradire,
la costanza del seno contende
con l'incanto di molle piacer.
Giusto nume quest'anima accende
di cui fatto seguace è il pensier.
Oronte solo.
Fra le sciagure mie
pur qualche mite raggio
godo d'astro benigno,
molto Apelle ti devo,
e se tu sei cagione
che veder possa il mio adorato nume
quanto chiudo in me stesso
consacro al tuo volere,
che la vita men val d'un tal piacere.
Son felice tra martiri
purché miri
la cagion delle mie pene.
Cieco dio
nel mio seno ti desio
stringi ognor le mie catene.
Son felice tra martiri
purché miri
la cagion delle mie pene.
Sala regia.
Alessandro, Apelle, e Campaspe.
CAMPASPE
Resista chi può
al dardo d'amore,
non cura beltà
chi seno non ha,
ma chi la mirò
le dona il suo core.
Resista chi può
al dardo d'amore.
Torna Alessandro
agl'affetti primieri
riedi al sen di chi t'ama,
e se la tua grand'alma
gode sol fra trionfi, anch'io di Flora
nel stringere il sembiante
ti voglio far trionfator, e amante.
ALESSANDRO
Quanto vaga mi sembra
geloso questo nume
temerà de' suoi voti.
CAMPASPE
Maestà, vezzo, e amore
hanno il trono in quel volto,
e par, che più potente
sembri ne' lumi suoi l'arcier di Gnido.
APELLE
Perché signor tu non le sei più fido?
Se t'appaga quel sembiante
perché seco usi rigor?
Per te sospira
e solo aspira
a goderti in seno amante
e destar l'estinto ardor.
Se t'appaga quel sembiante
perché seco usi rigor?
ALESSANDRO
No 'l so negare bella...
APELLE
Degna dell'amor tuo...
ALESSANDRO
D'ogni fortuna...
APELLE
E tardi ancor Campaspe
a cingerti di palme il biondo crine?
Già l'avversario hai vinto.
CAMPASPE
Ed è pur vero
ingratissimo core,
che a me ritorni? È vero
che richiami la fede
resa mendace a' tuoi novelli amori.
Ah sì vieni, che ogn'ora
di tua crudel dimora
un secolo di pene anco è ineguale.
A quel dolor, che nel mio sen prevale.
Punir ti voglio ingrato
già so quel ch'ho da far,
le smanie ti dirò,
che questo sen provò,
e se non sei spietato
dovrai ben lagrimar.
Punir ti voglio ingrato
già so quel ch'ho da far.
ALESSANDRO
Di regia sposa il nodo
stringer risolvo.
APELLE
E quale
più giusto, né più vago
può formar imeneo?
CAMPASPE
Sarò qual più t'aggrada.
Sposa in sen, serva al fianco, arciera in campo
porgerò in un istante
al talamo gl'amplessi, ossequi al trono
né temerò di marte irato il suono.
ALESSANDRO
E d'Apelle la fede
vorrai schernir così?
Così lasciar pretendi
chi te più, che la vita ama, e desia?
CAMPASPE
Brama Alessandro sol l'anima mia.
ALESSANDRO
E tu se tanto adori
quella bella tiranna
perché con forte laccio
di me la brami eternamente in braccio?
APELLE
Purché regni il mio bene
non ricuso la morte,
ciò mi detta l'affetto,
che ho verso lei nel petto;
ALESSANDRO
Il tuo genio sincero
merita si consoli
ti consegno Campaspe.
CAMPASPE E APELLE
Ah non sia vero
ALESSANDRO
Campaspe, e tanto ardisci.
Un cor regnante
è grazia aver amico, e non amante.
Chi a volo tropp'alto
dispiega le piume
s'espone a cader,
con umile assalto
le stelle è costume
che vinca il pensier.
Chi a volo tropp'alto
dispiega le piume
s'espone a cader.
(parte)
Campaspe, Apelle.
CAMPASPE
Ma tu per cui m'è forza
soffrir scherno sì fiero
vanne va' tanto lungi
dal mio furor baccante,
che mai più ti rivegga.
APELLE
Alle tue piante.
CAMPASPE
Ancor.
APELLE
Morir risolvo
CAMPASPE
Sarà troppo la morte
pigra in rapire
l'odiata vita
né soffrirti più voglio.
Parti.
APELLE
Vado a morir: core di scoglio.
Questo è il premio, che si deve
all'amor, alla mia fé,
sì tiranna morirò,
e darò
l'alma in preda ad aura lieve
perché giri intorno a te.
Questo è il premio, che si deve
all'amor, alla mia fé.
(parte piangendo)
Campaspe, Demetrio, Perinto
DEMETRIO
Mio nume.
CAMPASPE
Mio conforto.
DEMETRIO
(Quai grazie.)
CAMPASPE
(Alla vendetta
così giunger pretendo.)
DEMETRIO
Se crudele già fosti ora soffrendo
parmi d'averti resa
verso di me pietosa.
CAMPASPE
Son tua, se tu mi brami,
ma...
DEMETRIO
Che m'imponi?
CAMPASPE
Premio del tuo valore, e di tua fede
saran gl'amplessi miei.
DEMETRIO
Se la speranza sola
di posseder quel ben, che tanto bramo
mi porgerà gli strali
contro chi ti sdegnò saran mortali.
PERINTO
Stiamo a sentir qualche bizzarra legge
al misero Demetrio.
CAMPASPE
Giunta appena
Statira a questa corte
Alessandro di lei vago si rende,
la brama per consorte,
e me dispregia, e offende,
io piango, e l'assicuro
del duol, che mi tormenta,
egli ogn'ora più duro
resiste a miei lamenti, emi consegna
sposa ad Apelle.
DEMETRIO
E non rompesti il nodo?
CAMPASPE
Sai pur, che regia mano
quando impalma due destre
per decreto fatal di questo regno
non si disgiungon più.
DEMETRIO
Corso è l'impegno.
CAMPASPE
Altro, che morte eguale
d'Apelle, e di Statira
può scioglier questo laccio,
e te levar di pene, e me d'impaccio;
risolvi, ed eseguisci.
DEMETRIO
Il brando impugno.
CAMPASPE
Ed io t'attendo o caro
tutta accesa nel sen di dolce amore
se consegno a te solo il mio furore.
Sdegnato mio seno
preparati all'armi,
voi furie d'Averno
unitevi a me,
e già che discerno
tradita mia fé
il vostro veleno
venite a prestarmi.
Sdegnato mio seno
preparati all'armi.
Demetrio, Perinto.
PERINTO
Mi par che sia poco
quello, che devi far, pensaci bene
che le donne ben spesso
con stravolto giudizio
tirano, chi le segue al precipizio.
DEMETRIO
Ogni legge d'amore
benché sembri talor dubbia, e fallace
ad un acceso cor mai non dispiace.
A voi domando il cor
belve più fiere,
insegnatemi,
mostratemi
il velen,
che celate nel sen
se per seguire amor
armarsi di furor
deve il pensiere.
A voi domando il cor
belve più fiere.
Gruppo di monti con l'eremo di Statira, e mausoleo di Dario.
Statira sola.
Or che lungi dal fasto
solo per venerar la tua bell'alma
premo romite balze
padre, padre deh senti
i miei duri lamenti
ascolta il pianto, ed il desir consola,
che alfin poco t'invola
de' beati soggiorni un sol momento
che vorrai consacrare al mio contento.
Ma dolce sonno invita
i sensi oppressi a lusinghiera pace
vi cedo sì vi cedo
larve gradite, e spero
che in ombra, e in sogno almeno
guidiate il padre a rallegrarmi il seno.
Quei sospir che sparsi al vento
fatta grave han l'aria intorno
prendan forma dal tormento,
ed a me faccian ritorno.
Quei sospir che sparsi al vento
fatta grave han l'aria intorno.
Così vedrò nel condensato duolo
il caro genitor le squadre estinte,
che gioie alfin saranno ancor che finte.
Demetrio, e Statira, che dorme.
DEMETRIO
Eccola appunto arride
a' miei disegni il fato,
su coraggio all'impresa
destati, o crudeltà.
Ma chi mi toglie il core?
STATIRA
Con me tanto rigore?
DEMETRIO
Sognando parla, ardire
vile mia destra.
STATIRA
Ah crudo
Tricerbero, e voi tutte
furie del cieco regno,
e perché v'opponete al mio disegno?
DEMETRIO
Parla d'Averno appunto, e già prevede
il colpo destinato
Campaspe al volto tuo vago, e sereno
la vittima consacro, ecco la sveno.
Misero, e come mai
fuggir potrò d'irato ciel lo sdegno?
Fugge Demetrio, e con fulmini, lampi, e tuoni segue fierissimo terremoto.
Ballo di Ninfe nel bosco.
Sala regia.
Alessandro solo.
Tiranno, e che pretendi
domar quest'alma ancor?
No no, non vincerai,
che fulmine non hai
d'abbatter il mio cor.
Solo otterrà la palma
la gloria di quest'alma
tutti i vezzi d'amor mi prendo in ira.
Ah Campaspe, ah Statira
in qual per voi mi trovo
confuso labirinto?
Il vincitor del mondo avete vinto.
Vinto sono, e del nume bendato
bacio l'arco, e adoro gli strali,
che temprati nel volto adorato
di Statira fan piaghe mortali.
Vinto sono, e del nume bendato
bacio l'arco, e adoro gli strali.
Caverna sotterranea.
Apelle solo.
Ti lusinghi, e speri invano
trionfar di mia costanza
o tiranno dio d'amor,
già di ferro armo la mano.
Né di morte la sembianza
mi cagiona ombra d'orror.
Ti lusinghi, e speri invano
trionfar di mia costanza.
Amai Campaspe, e l'amo
né d'altro foco acceso
era il fido mio seno,
che di quel vago lume
con cui virtù le dava forza, e lena.
Ma già che vuol così,
già che vuol la mia pena,
il cielo, il mondo, e l'idolo che adoro
del ciel del mondo, e del mio ben l'impero
eseguisca ver me colpo severo.
(vuol uccidersi e vien trattenuto da Oronte)
Oronte, Apelle.
ORONTE
Amico, e qual sciagura
ti guida a sì gran duolo?
APELLE
Obbedir mi conviene.
ORONTE
A chi?
APELLE
Al destino.
ORONTE
Talor il saggio al fato
porge regola.
APELLE
È vero,
ma non sente ragioni un disperato.
Lasciami.
ORONTE
Che pretendi?
APELLE
Terminar le sciagure
ORONTE
Deh ritorna in te stesso.
APELLE
Altro non fai che prolungarmi il duolo.
ORONTE
Il tempo dà consiglio.
APELLE
La fortuna mi sprezza.
ORONTE
Tua virtù non paventa
gl'urti d'avverso caso.
Resisti alla sventura, e la tua vita
serba ad uso miglior!
CAMPASPE
(di dentro)
Soccorso aita.
ORONTE
Voce di donna è questa.
APELLE
Ancor non si distingue
onde ne venga il suono.
ORONTE
Il piè si muova.
APELLE
E dove?
ORONTE
In questa, o in quella parte
fin che venga distinta
la cagion del lamento.
CAMPASPE
(di dentro)
Omai son vinta.
Esce Campaspe schermendosi dalle zanne d'un leone ed al suo arrivo Apelle, ed Oronte sono addosso alla fiera, e finalmente l'uccidono.
Campaspe, Apelle, Oronte.
APELLE
E tu, ma come oh dio
Campaspe idolo mio
come qui sola, e come
inseguita da fiere
solitaria fra boschi
e di spelonche amica.
CAMPASPE
L'oltraggiato tuo core
mirerà con disprezzo
del mio volto pentito
il lagrimoso segno
ma se regna pietade
nel tuo saggio pensiero
d'ottenerne il perdono io non dispero.
T'offesi ben mio,
or chiedi pietà
qual fui più non sono
ma cerco il perdono
di mia crudeltà.
APELLE
Mi schernisci di più?
CAMPASPE
No ch'io non mento
dopo l'aspra sentenza
fulminata da me per la tua morte
di Statira l'imago
mano rapace l'involò di corte
seppi, che tu per questo
oprasti a mio favore, onde confusa
da tua virtù, dal mio dolor trafitta
errando senza guida alla sua traccia
quivi mi spinse incognita virtute
per far te mia difesa, io tua salute.
ORONTE
Ecco il ritratto, io sono
reo del furto.
CAMPASPE
Non adunque
l'impose Apelle?
ORONTE
Io dell'amico attento
a soddisfar le voglie
ed avversa Statira
agl'amor del re, con senso eguale
fu rapita la tela.
CAMPASPE
E pure sono
quell'ingrata, quell'empia,
che la vita d'Apelle, e di Statira
odiai cotanto? In grave
rischio di morte giace per mia colpa
l'innocente straniera, Elvio spedito
muovi ver lei le piante
ad impedir l'eccesso.
ORONTE
O dèi che sento.
Per difender Statira i vanni al piede
tolti al fianco d'amor, mi dà la fede.
Deh sospendi il ferro acuto
Cloto fiera a sì bel stame
e rivolgi a crin canuto
i tuoi sdegni, e le tue brame.
Deh sospendi il ferro acuto
Cloto fiera a sì bel stame.
CAMPASPE
Non tentar ingiusto fato
di rapir sì vago fiore
e con cibo meno grato
alimenta il tuo furore.
Non tentar ingiusto fato
di rapir sì vago fiore.
Campaspe, Apelle.
APELLE
Devo crederti o cara
e bandir dal mio petto
ogni timor?
CAMPASPE
Sicura
la tua mente riposi
di te sola sarò.
APELLE
Ma il re.
CAMPASPE
Non curo.
APELLE
Il trono?
CAMPASPE
Non si deve
premer da me, più giusto
a Statira s'innalzi.
APELLE
E chi ti diede
senso di consolarmi?
CAMPASPE
La tua fede.
Sì sì caro tua sarò
ti darò con nodo stretto
il possesso del mio petto,
né mai più ti lascerò.
Sì sì caro tua sarò.
APELLE
Sì sì bella vieni a me
e compensa tante pene
col donar a me quel bene
per cui giuro eterna fé.
Sì sì bella vieni a me.
Bosco che discende dall'eremo di Statira in una valle.
Perinto con Soldati.
PERINTO
Il geloso regnante
con bel pretesto a custodir invia
la sua vaga Statira,
non già perché paventi
d'insidioso agguato, al suo bel nume
solo perché devoti
altri seguaci non le porgan voti
ma se sapesse poi
a qual opra crudel Demetrio aspira
allora sì che guarderia Statira.
Non v'è rimedio
chi segue amore
non ha mai ben
geloso tedio
toglie dal core
ogni sen.
Non v'è rimedio
chi segue amore.
Statira, ed Oronte, e Perinto da parte.
STATIRA
Nulla posso capir.
ORONTE
Sommo periglio
di violento fato
sovrastar al tuo capo
mi confessò Campaspe.
STATIRA
E chi lo tenta?
ORONTE
Questo non m'è palese.
PERINTO
(Lo so ben io, che son qui del paese.)
STATIRA
Il ciel ravveda il core
dell'empio traditore
e tu prencipe Oronte
se ancora il reo di ritrovar t'è dato
oblia lo sdegno, e cedi la vendetta
al tonante del cielo, a cui s'aspetta.
PERINTO
(Inaudita pietà.)
ORONTE
Somma clemenza
ma signora, che gente,
in bellicosa forma
custodiscono il bosco.
STATIRA
Olà qual guida
quivi vi porta amici?
PERINTO
Per render più sicura
il re la tua dimora
quest'arcieri t'invia.
STATIRA
Troppo m'onora
vanne al re, di' che seco
bramo di favellare.
Statira, Oronte, poi Demetrio.
STATIRA
Ancor prence rifletto al tuo discorso.
ORONTE
È certo.
STATIRA
Ma qual colpa
Campaspe vede in me degna di morte?
ORONTE
Gelosia, d'Alessandro un dì la spinse
ed or piange il suo fallo.
STATIRA
Ignoto al mondo
sarà dunque per sempre
l'uccisor di Statira?
DEMETRIO
Io non mi ascondo
alle giuste ire tue real signora
eccoti l'inimico
l'uccisor di Statira
quella furia, quel mostro
al cui barbaro ardire
crollò il cielo, la terra, e 'l fosco regno
sì quell'io son d'ogni pietade indegno.
Gran cimento al tuo gran core
ti cagiona il mio fallir
la clemenza, ed il rigore
lo vorrebbero rapir.
Gran cimento al tuo gran core
ti cagiona il mio fallir.
STATIRA
Sorgi, e palesa tosto
chi la remora fu del tuo delitto
e chi la man ritenne
dal colpo ingiusto.
DEMETRIO
Il cielo
s'armò per tuo favor, allor ch'immersa
in dolce sonno, e sovra un sasso assisa
eri signora, io dall'agguato uscito
alzai l'orribil colpo, ed a un momento
fugato il sol con fremiti d'inferno
mi sgridavan le nubi, il monte, il piano.
Si videro di sdegno
scuoter il dorso, ond'io confuso e lasso
conobbi il grave error piansi la colpa.
ORONTE
Demetrio il tuo perdono
se Statira v'assente
in suo nome pronunzio.
STATIRA
A te si deve
amico ogni favor, né da te sia
lungi la voglia mia.
Punir co' favori
è bella vendetta
d'un'alma real
per vincer i cori
sì dolce saetta
ogn'altra preval.
Punir co' favori
è bella vendetta
d'un'alma real.
Gran piazza con archi trionfali, e palazzo regio in prospetto.
Alessandro, Apelle.
ALESSANDRO
Campaspe a te si rese
pietosa adunque.
APELLE
Altro non resta o sire,
che il tuo consenso.
ALESSANDRO
Appunto
oggi nel tempio eccelso
li sponsali farai.
APELLE
Grazie ti rendo.
ALESSANDRO
Anch'io benigno amor vado scorgendo.
Dai colpi d'un guardo
sol nasce l'amore.
Né incognito dardo
mai penetra il core
chi porta nel petto
d'amore la piaga
per darle ricetto
la vide esser vaga.
APELLE
Chi ti rapporta o sire
sì grati avvisi del tuo vago nume.
ALESSANDRO
Perinto è quivi appunto
l'arrivo attendo.
APELLE
Al tempio
vorrei per mio consiglio,
e non in questo loco
fosse accolta da te.
ALESSANDRO
Non intendo perché.
APELLE
Ivi il nume gl'altari
i sacerdoti, il sacrificio in pronto
alle tue brame o sire
servon di fondamento, e se men dura
questa bella ritrovi ogni dimora
tronca al nodo fatal.
ALESSANDRO
Saggio è il pensiero
vanne colà ed imponi
di Diana ai ministri
pompa mai più veduta
di vittime, e d'incensi.
APELLE
In sì bel giorno
in cui trionfa il faretrato dio,
di giubilo ripieno è il seno mio.
Vago raggio di speranza
dà sembranza
di contento al mio dolor
son gioie le pene
ed han perso ogni rigor
le catene
che mi porge il cieco amor.
Vago raggio di speranza
dà sembranza
di contento al mio dolor.
Alessandro, Perinto correndo.
PERINTO
Signor, signor, vicina
è già la principessa, ecco veloci
la precorrono i servi.
ALESSANDRO
Al tempio invia
Statira, ove l'attendo.
PERINTO
Ubbidirò, t'intendo.
(da sé parte)
ALESSANDRO
Se mio nume è quel bel volto
a cui sveno ognor il core,
gradirà nel tempio accolto
della vittima l'ardore.
Se mio nume è quel bel volto
a cui sveno ognor il core,
gradirà nel tempio accolto
della vittima l'ardore.
Perinto, Campaspe.
PERINTO
Questa è la volta affé
che Campaspe non è
più regina.
CAMPASPE
Che parli?
Il regno più non stimo
sol d'Apelle la fede
gradisco.
PERINTO
Saggiamente
quel ch'aver non potete
mostrate disprezzar modestamente,
ma Demetrio?
CAMPASPE
Detesto.
PERINTO
Pur di lui vi servite
per bravo ne' bisogni.
CAMPASPE
Un mezzo giusto
quando sembra, che guidi al porto amato
i seguaci delude, e serve al fato.
PERINTO
Ma cresce ognor la calca al tempio.
Sempre più s'affolla gente, e la comitiva di Statira.
PERINTO
Al tempio
indirizzatevi amici
colà v'attende il re.
CAMPASPE
Bramo alle piante anch'io
di Statira la bella
pianger il fallo mio.
PERINTO
Di cor dolce, e benigno,
la troverai più avvezza
a gradir le preghiere
che a punire gl'errori.
CAMPASPE
Dunque posso sperar.
PERINTO
Più che non brami.
CAMPASPE
Ver lei m'invio.
PERINTO
Non dubitar.
CAMPASPE
Confido.
Oronte, Statira, Perinto, Campaspe.
STATIRA
Olà fermate il passo
ed il mio arrivo sia
notificato al re.
PERINTO
Nel tempio attendo
le tue grazie o signora.
STATIRA
E per qual causa grave
egli colà dimora?
PERINTO
Non ti so dir, vedrai
vittime eccelse, e insoliti profumi
quasi voglia ebbriar di voti i numi.
STATIRA
Si solleciti il passo.
CAMPASPE
E di Campaspe
il grave error sospeso
sarà senza perdono?
STATIRA
Sorgi amica ed oblia
le passate sciagure
per te sarò sì pronta
nel cercar i vantaggi
quanto te stessa.
CAMPASPE
O grazie
che incatenano il core.
ORONTE
Altro non resta
per te bella Campaspe
che con eterno nodo
goder felice l'adorato bene
ma solo a me di non sperar conviene.
STATIRA
Non sai che sorte ancora
prencipessa ti sovrasti
spera tanto ti basti.
De' tuoi dolori
porto nel seno
degno costante
a' tuoi martori
parte il sereno
dal mio sembiante.
De' tuoi dolori
porto nel seno
degno costante.
Demetrio.
Da che lungi agl'amori
volgo sciolte le piante
con insolita pace
godo di libertà l'aura gradita
s'il viver d'un amante
è morir ad ognor restando in vita.
Casta dèa fo voto, e giuro
di mai più seguire amor
l'arco tuo più giusto, e puro
per diletto vo' nel cor.
Casta dèa fo voto, e giuro
di mai più seguire amor.
Apelle, Demetrio, Perinto, Alessandro.
ALESSANDRO
Parmi di maggior luce
oggi il sole vestito.
DEMETRIO
Con giubilo festivo
le tue nozze reali
applaudono le sfere.
ALESSANDRO
Incerto ancora
è il voler di Statira.
PERINTO
(Io giocherei che ad altro sposo aspira.)
APELLE
Se non giuro di Vesta
seguir le caste insegne
dubbio non ho del tuo trionfo o sire.
ALESSANDRO
Impaziente è il desire.
Statira, Oronte, Alessandro, Demetrio, Apelle, Perinto.
STATIRA
Al tuo sovrano aspetto
Statira umil s'inchina.
ALESSANDRO
Donna da cui virtude
l'anima di Alessandro
forz'è, che ceda vinta, io non ho cosa
in mio poter, che sia
lungi dal tuo voler.
STATIRA
Strano comando
del genitor mi sprona
a chiederti lo sposo, egli m'apparve
in sogno, e sì mi disse
lascia l'eremo o figlia
lascia di pianger più, vanne alla corte,
ove nobil consorte
con puro ardor discaccerà dal core
queste funeste larve.
Lo vuole il ciel, ed in ciò dir disparve.
ALESSANDRO
La persona prefisse, e pur ti diede
il genio per legame.
STATIRA
Il genio appunto
mi guida, e mi consiglia.
ALESSANDRO
Esponi adunque
chi brami nel tuo sen?
STATIRA
Ma tu signore
ricuserai di consolarmi?
ALESSANDRO
Impegno
la parola real.
STATIRA
Ancor che fosse
poco da te gradito
il nodo stabilito.
APELLE
Pur con sagace, e nobile pretesto
dolcemente tormenta
il sospetto regnante.
DEMETRIO
E fa più dolce
la ferita del core.
PERINTO
Stiam a veder.
ALESSANDRO
Risolvi,
bella né più sospesa
resti tua volontà.
STATIRA
Di te mi fido.
ALESSANDRO
Non dubitar.
STATIRA
Già la parola.
ALESSANDRO
È legge.
PERINTO
Per celebrar le nozze
li ministri del tempio
han le vittime pronte.
ALESSANDRO
Che più tardi?
STATIRA
Ubbidisco, e sposo Oronte.
APELLE E DEMETRIO
Inaspettato evento.
ORONTE
Troppo m'innalzi.
STATIRA
Il re n'è già contento.
Quella fé che mi giurasti
e che mai tradita fu
quella al core
desta amore
se per sempre il cor legasti
col valor di tua virtù.
Quella fé che mi giurasti
e che mai tradita fu
quella al core
desta amore.
Sotto mentite spoglie
signor costui di Persia, è il prence Oronte
egli dal fianco mio
per lungi non vagar si finse Armeno
onde se gl'apro il seno
riguardo a quell'amor che mi professa
poco le dono ancor dando me stessa.
ORONTE
Scusa monarca invitto
s'al tuo guardo celai
patria, nome, e pensiero
ed incolpa di tutto il nume arciero.
STATIRA
Il nodo è già formato
e resta che tu solo
lo confermi signore.
ALESSANDRO
Acciò che sia
nota la voglia mia
sovra candido foglio
leggere i miei sensi.
DEMETRIO
Sembra turbato il re.
APELLE
Forse non molto
gradisce di Statira
il genio non creduto.
PERINTO
E chi lo tiene
quando l'ami davvero
faralla ben per forza esser sua sposa?
ORONTE
L'alma un tanto piacer sperar non osa.
Cor avvezzo a pianger sempre
mai non crede di gioir
benché vede
da sua fede
alla sorte cangiar sempre
tiene ancor vivo il martir.
Cor avvezzo a pianger sempre
mai non crede di gioir.
ALESSANDRO
Ecco vergato il foglio
godi lieta Statira
del tuo sposo fedele.
STATIRA E ORONTE
A tante grazie
confuso è il senso mio.
ALESSANDRO
Necessità mi guida altrove, addio.
STATIRA
Il re parte così.
Alessandro, Statira, Oronte, Apelle, Demetrio, Perinto, e Campaspe.
CAMPASPE
Ferma le piante
riverito regnante.
ALESSANDRO
Con chi parli?
CAMPASPE
Con te.
ALESSANDRO
Più re non sono
se nel seno d'Oronte
ho ceduto Statira, e seco il regno.
STATIRA E ORONTE
O confuso mio cor.
ALESSANDRO
Crudele impegno.
STATIRA
Si legga il foglio, e delle note al suono
veggasi qual decreto il re ne porge
già che sposa si dona
ad Oronte Statira
quest'alma, che non spira
nel veder disprezzata la sua fede,
al rivale la cede
anzi per dimostrar quanto l'adora
con Statira rinunzia il regno ancora.
ORONTE
Non sia mai vero.
CAMPASPE
Esempio
d'inaudita virtù.
ORONTE
Fuggo Statira
sprezzo l'arco d'amor.
STATIRA
Così mi sprezzi?
ORONTE
T'amo, ma più m'alletta
perder me stesso, ed innalzarti al soglio
ch'uccisor d'un regnante esser non voglio.
DEMETRIO
Consolati signore in tuo potere
riede Statira.
APELLE
Un sì bel giorno è degno
di tue nozze reali.
ALESSANDRO
E tu non parli
crudel tu sola aspiri
a dar morte al mio core?
STATIRA
Mi dono a tua virtù cedo al tuo amore.
(dà la mano ad Alessandro)
APELLE
Anch'io se lo permette
la tua clemenza o sire
Campaspe al sen mi stringo.
ALESSANDRO
Il tuo soffrire
merta sì degno premio.
STATIRA
Or lieti unite
vostri petti, vostr'alme, e siano eterni
gl'amor fra voi.
CAMPASPE
Vaghi trionfi
che la virtù per nostra gioia aduna
stringendo col suo imper, tempo, e fortuna.
Se mi comparte il cielo
ore serene
pianger più non vo'
che non conviene
con indiscreto zelo
nutrire quelle pene
ch'egli non destinò.
Se mi comparte il cielo
ore serene
pianger più non vo'.
STATIRA
Adesso a' tuoi voleri
Alessandro son io vieni ed invola
dal seno ogni dolor.
ALESSANDRO
Vivo in te sola.
Sicché vivo sol per te
già credei perder me stesso
al mio duol cedendo oppresso
col mancar la speme in me.
Sicché vivo sol per te
già credei perder me stesso.
APELLE
Sicché spiro per te sol
già il destin mi vuol felice
e sperare non disdice
che trionfi del mio duol.
Sicché che spiro per te sol
già il destin mi vuol felice.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
(W)