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La sposa fedele

LA SPOSA FEDELE

Dramma giocoso per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Pietro CHIARI.
Musica di Pietro Alessandro GUGLIELMI.

Prima esecuzione: Carnevale 1767, Venezia.


Attori:

ROSINELLA sposa promessa, salvata dal naufragio

soprano

PASQUALINO sposo promesso, salvato dal naufragio

tenore

MARCHESE di Vento-Ponente

basso

CAMILLA nipote del Marchese

soprano

CONTE LELIO amico del Marchese

tenore

LAURETTA serva del Marchese

contralto

VALERIO maggiordomo

basso


Servi, e Lacché del Marchese che non parlano. Cacciatori che non parlano.

La scena si finge in una isola feudo del Marchese.

Atto primo
Scena prima

Appartamenti del Marchese con tavolini sopra de' quali vi stanno alcuni abbigliamenti di suo servizio.
Il Marchese, Valerio, Lauretta, ed altri Servitori, che servono il Marchese.

MARCHESE

Mi si portino qui avanti

gli orologi, i miei brillanti,

la mia spada gioiellata,

quella d'oro, la dorata,

il bastone tempestato,

il cappello gallonato,

quel con piume, quel da viaggio:

venga avanti, venga il paggio:

porterò quel che mi piace

or che vado a passeggiar.

LAURETTA E VALERIO

(Tutto quanto il guardaroba

si fa or ora qui portar.)

MARCHESE

(a Valerio)

Guarda un poco questa spada.

VALERIO

La migliore non si dà.

MARCHESE

(a Lauretta)

Guarda un poco questo anello.

LAURETTA

Bello, bello in verità.

MARCHESE

Or che son così vestito,

osservate un pochettino...

LAURETTA E VALERIO

Un famoso paladino

ciaschedun vi crederà.

LAURETTA, MARCHESE E VALERIO

Già il grande Marchese

di Vento-Ponente

in ogni paese

suonare si sente:

la fama rimbomba,

e co' la sua tromba

risuona qua, e là.

MARCHESE

Dov'è nostra nipote?

LAURETTA

Innanzi giorno

oggi dal letto alzata

dal Conte accompagnata andò alla caccia,

e fin al mezzogiorno,

per quanto disse a me, non fa ritorno.

MARCHESE

Vada pur: si diverta

in compagnia del cavalier servente,

non me ne importa niente.

Ehi dico: fa all'amore?

LAURETTA

Io non capisco

se lo faccia per burla, oppur davvero.

MARCHESE

Anche di ciò non me ne importa un zero.

Faccia quel che vuol, io tutto approvo

quando vuol maritarsi

basta che me lo dica,

ch'io la dote darò senza fatica.

Che avete maggiordomo?

VALERIO

I conti miei

rassegnar io vorrei...

MARCHESE

Che conti! Andate,

che ve l'ho detto ancora,

deve questa mia mente

pensar solo alla gloria, ed occuparsi

in cose eroiche, e belle

e non perdersi in queste bagatelle.

Or chi vo a passeggiar, mi vengan dietro

sei lacchè, sei staffieri,

e sei palafrenieri

co' palafreni a mano,

e due corrieri avanti

suonando il corno avvisino il paese

che a passeggiar si trova il gran Marchese.

(parte co' servitori)

Scena seconda

Lauretta, e Valerio.

LAURETTA

Evviva, evviva il matto!

VALERIO

Evviva pur. Ma i fatti nostri intanto

noi mia cara facciam dal nostro canto.

LAURETTA

Questo è vero. In un anno,

che sono in questa casa

mi son fatta la dote, e generosa.

VALERIO

Seguita pur, ché un dì sarai mia sposa.

Anch'io vo accumulando

ciascheduna giornata,

tanto che in breve io viverò d'entrata.

LAURETTA

Mi vuoi poi ben Valerio?

VALERIO

E non lo sai?

LAURETTA

Davver mi sposerai?

VALERIO

Sì, mia Lauretta.

Tu sei la mia diletta,

la mia cara, il mio bene,

e perché ti assicuri

dell'amor che ti giuro, e ti professo,

se tu dici di sì: ti sposo adesso.

LAURETTA

Qua su due piedi?

VALERIO

Oh, su due piedi! Basta!

Pensa tu ai casi tuoi,

ch'io per me farò ben quello che vuoi.

È ver che mi fu detto,

che le femmine sono

tante mandole amare inzuccherate,

di fuori dolci, e care,

dentro cattive, e amare,

ma pur voglio provar: che forse un giorno

gustando il dolce, e caro,

gusterò volentieri anche l'amaro.

LAURETTA

Povere donne! Ciascun dì un proverbio

si ritrova per noi

e degli uomini poi

che cosa s'ha da dir? Oh quanti, e quanti.

Dicono tutto il mal del nostro sesso,

e poi stanno alle donne ognor d'appresso.

Dite pur quel che volete,

siamo dolci, o siamo amare,

noi vi siamo sempre care,

senza noi non si può star.

D'esser donna io son contenta,

che un sol dì degli anni miei

esser uomo non vorrei

e non credo di fallar!

(parte)

VALERIO

Dica quello che vuol non mi confondo,

di donne a chi ne vuol, ripieno è il mondo.

(parte)

Scena terza

Bosco.
Rosinella.

Timorosa avanzo il piede

qui soletta, e senza scorta:

qua la speme mi conforta,

là mi abbatte il mio timor.

Resto? Vado? Torno indietro?...

Vo' seguir il mio sentiero,

non diffido, non dispero

di trovar pietade ancor.

Povera, Rosinella!

Fatta d'amore ardita

son di casa fuggita

con il mio Pasqualino;

ma seco per fuggire al mar esposta

ecco la fuga mia quanto mi costa.

Rotta la nave, io non so come ancora,

un marinar così tra viva, e morta

m'abbia al lido portata.

Ma sola mi ritrovo, e abbandonata.

E del mio Pasqualino

che cosa mai sarà? Gito al profondo,

poverin già passato è all'altro mondo!

Misero Pasqualin! Ma io qui intanto

sola, piena d'affanno, e di disagio

che mai farò? Gente?... Pietosa gente?...

Ah! Qui nessun mi sente...

Piano, che sentir parmi un calpestio...

Ma in questo bosco (oh dio!)

che fosser malandrin? Ebben: per questo

non voglio spaventarmi:

già quello che non ho non pon rubarmi

osserverò in disparte.

(si ritira in lontano)

Scena quarta

Conte Lelio, Camilla, séguito di Cacciatori, Rosinella in disparte.

CONTE LELIO

Per secondar il vostro

eccessivo trasporto per la caccia

mi fate girar tanto

il monte, il bosco, il prato,

che son tutto sudato, e affaticato.

Non posso più davvero.

CAMILLA

Che bravo cavaliero!

D'una giovane dama

vi ritrovate al fianco

e così presto dite: io sono stanco?

CONTE LELIO

Sediamo per un poco

s'un di que' sassi almeno.

CAMILLA

Sediam per compiacervi.

(siedono)

ROSINELLA

(All'aria, ed ai vestiti,

che quei sian cavalieri or certo parmi

voglio farmi coraggio, ed avanzarmi.)

CAMILLA

Vi siete riposato?

CONTE LELIO

Oh no. Vi prego,

di farmi alzar di qua, non v'affrettate.

ROSINELLA

(Ho timor... Mi vedranno

così malconcia: e invece

d'aver di me pietà mi scacceranno.

Vuol la necessitade

ch'io trovi un'invenzione

sperando di trovar più compassione.)

Signori, in cortesia...

CONTE LELIO

Chi è qua?

(s'alza)

CAMILLA

(Che veggo?)

(s'alza)

Così bella ragazza in questo bosco?

Che fate qui? Chi siete voi? Parlate.

CONTE LELIO

Da noi cosa cercate?

ROSINELLA

Ben presto appagherò le vostre brame.

Una dama son io (morta di fame).

CAMILLA

Una dama? Ma come

in sì poveri arnesi?

ROSINELLA

Tutti i miei casi or vi farò palesi.

Son italiana, a Genova son nata:

sposa fui designata

a un baron forestiere.

(Pasqualino faceva il caffettiere.)

Fatte le nozze, il mio baron volendo

condurmi al suo paese, entrati in mare,

una fiera burrasca

ruppe il nostro vascello, e non so come

due giorno sono già, che quasi estinta

restai dall'onde al vicin lido spinta.

CAMILLA

Veramente di voi sento pietade.

Ma essendo qui arrivata,

chiamar non vi potete

sventurata del tutto.

Appresso d'un mio zio, che abbonda d'oro

troverete ristoro,

e in nostra compagnia

vivrete contenta in allegria.

ROSINELLA

Vi renda il ciel mercede.

CONTE LELIO

Ma del vostro sposino, o gentil dama,

sapete che ne sia?

ROSINELLA

Dall'onde assorto,

ahi! da pianger mi vien... meschino è morto.

CAMILLA

Consolatevi, amica:

qualch'altro cavaliere

non può mancarvi. In grazia, il nome vostro

di sapere desio.

ROSINELLA

Donna Aurora del Campo è il nome mio.

CAMILLA

Conte Lelio, ben tosto

si conduca alla terra. E se pur anco

vi ritrovate stanco,

a vostr'agio verrete. Amica, andiamo:

seguitemi, e vedrete,

che sventurata affatto ora non siete.

Non v'è donna che non sia

amorosa, e di buon core.

Io per me son tutta amore

tenerina son di cor.

Di ciascuno pur mi degno,

e son buona a questo segno,

che sovente tutto il mio,

io darei per solo amor.

(parte coi cacciatori)

ROSINELLA

(Rosinella felice

s'è vero quel che dice,

corro intanto veloce al dolce invito

per ristorare almeno il mio appetito.)

(parte)

Scena quinta

Il Conte, poi Pasqualino.

CONTE LELIO

Davvero al volto, al brio,

che dama quella sia, credo ancor io.

Oh come van le cose!...

Ma quest'ombre, il freschetto

del dolce Zeffiretto

m'invitano a godere un altro poco

di placido riposo.

Torno a seder sotto quel faggio ombroso.

(siede)

PASQUALINO

Infelice Pasqualino,

quanto mai sei sventurato!

Senza avere un sol quattrino

vo ramingo, e disperato:

e già sento dallo stento,

che comincio, oh dio, mancar!

Zitto, che vedo gente...

Oh ringraziato il ciel! Dopo due giorni,

che per questi contorni errando vado

qualchedun trovo alfin... Ma della bella

cara mia Rosinella

che cosa sarà mai?

Misera sventurata!

Ah, purtroppo nel mar restò annegata!

Ed io benché salvato

se qui non trovo aiuto

dalla fame morrò... Signor cortese,

ora che riposate

se vi vengo a sturbar, deh, perdonate.

CONTE LELIO

(s'alza con impeto)

Olà: che vuoi? Chi sei?

Quali son le tue brame?

Che fai qui? Che cos'hai?

PASQUALINO

Fame, e poi fame.

CONTE LELIO

Va' a lavorar, birbante.

Vergogna! Tu sei giovine, sei sano,

e soltanto per mala volontà

vai cercando così la carità.

PASQUALINO

Ah, signor, se sapeste i casi miei,

pietà vi desterei.

Son povero figliuolo,

che co' la sposa mia nel mare entrato,

un vento infuriato

romper fece la nave a un duro scoglio;

e di tanti che fummo, io per gran sorte

tutto perdei, ma pur scampai la morte.

CONTE LELIO

E la tua sposa?

PASQUALINO

Oh povera meschina!

Misera Rosinella,

preda restò del mar nella procella.

Non avea ancor vent'anni,

bella come una rosa,

tutta grazia, amorosa,

fedele, di buon core...

Ah, da pianger mi vien dal gran dolore.

CONTE LELIO

Tu mi fai compassion. Ma dimmi: certa

donna Aurora del Campo

era nel tuo vascello?

PASQUALINO

Tal nome mi è novello.

CONTE LELIO

(In altra nave

convien dunque che fosse.)

Sai far alcun mestiere?

PASQUALINO

Al caso saprei fare il cameriere.

CONTE LELIO

Bene: voglio impiegarti.

Seguimi, e troverai da disfamarti.

Io ti darò un padrone,

che il miglior non si dà tra le persone.

Basta, che tu gli accordi

le massime stravolte ch'egli ha in testa

che per altro starai mai sempre in festa.

PASQUALINO

Io son pronto: son qua. Di tutto core

vi ringrazio, signore;

ma vi prego insegnarmi

di qual umore ei sia per regolarmi.

CONTE LELIO

Il cervello ha già sconvolto

per lettura di romanzi,

niun si crede che l'avanzi

di valore, e nobiltà.

Or si crede esser Orlando

ed impugna feudo, e brando,

monta in sella, va qua, e là.

Or si crede altro guerriero,

e facendo un tal mestiero,

bastonate, colpi fieri

ai staffieri, ai camerieri

già credendo guerreggiar.

Ma alla presta, la tempesta

passa, e torna in buon cervello

questo, e quello a regalar.

Hai tu sentito

quest'è la regola,

abbi giudizio,

non dubitar.

(parte con Pasqualino)

Scena sesta

Appartamento del Marchese.
Il Marchese, e Camilla, poi Rosinella con vestito nobile. Servitori.

MARCHESE

Venga, venga, nipote,

la dama naufragata,

che sarà ben veduta, e ben trattata.

CAMILLA

Vedrete un visino,

che merita pietà.

MARCHESE

Ben, tanto meglio,

fatela presto entrar.

CAMILLA

Vado da lei,

che nella stanza mia di miglior veste,

ch'io le feci portar, si sta adornando.

Signor zio, al vostro cor la raccomando.

(parte)

MARCHESE

Con questa forestiera

s'accrescerà la nostra compagnia:

maggior corteggio avrà

la nostra nobiltà. Presto, serventi,

ad alzar la portiera state attenti;

e due sedie ben presto apparecchiate.

Eccola qui da ver. Presto, che fate...

(ai servi, che portano le sedie)

ROSINELLA

A un cavalier sì nobile,

d'origine antichissima,

ecco una dama incognita

si fa serva umilissima.

MARCHESE

(Complimenta assai ben.)

ROSINELLA

(Sono imbrogliata.)

MARCHESE

Vi prego di seder.

ROSINELLA

Molto obbligata.

(siedono tutti due)

I casi miei terribili

non so se vi sian cogniti:

perdei lo sposo, e i mobili

del mar nelle voragini.

MARCHESE

Dama, i purgati termini

mi rendono incantato.

Di voi la mia nipote

appieno m'ha informato.

(Com'è bella, e gentil!)

ROSINELLA

(Mi guarda attento.

Non vorrei che scoprisse

da' miei lineamenti,

ch'erano calzolari i miei parenti.)

MARCHESE

Veggo, e con ragione,

che state pensierosa

perché vedova siete appena sposa,

ma poiché la tempesta

a sì lontana spiaggia ora v'ha tratta,

non temete, voi siete

dove pregio si fan di venir tanti

siano pur dame, o cavalieri erranti.

ROSINELLA

Già fin ne' miei paesi

di voi parlare intesi;

e so che siete il fiore

di tutti i cavalier di gran valore.

MARCHESE

(Fortunata per me, cara tempesta,

che trasse alla mia terra

dama così gentile!)

ROSINELLA

(Come mi guarda! Affé sarebbe bella,

ch'io gli piacessi.)

MARCHESE

Dama voi non parlate?

ROSINELLA

Cavalier, voi tacete?

MARCHESE

Vi guardo.

ROSINELLA

Anch'io.

MARCHESE

In me cosa vedete?

ROSINELLA

Un cavalier amabile.

MARCHESE

Ed in voi sta osservando

la dama più gentil, la più cortese

il sempre-vostro-ammirator Marchese.

ROSINELLA

Troppa, troppa bontà.

(s'alza, indi subito il Marchese)

MARCHESE

Restate... E come?

Volete voi partir?

ROSINELLA

Restando ancora...

MARCHESE

Dite, vi prego...

ROSINELLA

Ahimè!... Troppo direi,

e volendo parlare arrossirei.

Ben capirmi voi potete

senza farmi più parlar...

Ah, se voi non m'intendete,

più non state a ricercar.

Parlan troppo gli occhi miei...

son modesta, e non vorrei...

ah, furbetto, sì capite,

che vi veggo a sospirar.

Quel caro sospiro,

quel languido occhietto,

il core nel petto

mi fa palpitar.

(parte)

Scena settima

Il Marchese, poi il Conte Lelio con Pasqualino.

MARCHESE

Oh mio core magnanimo,

già ti senti infiammar?... Piano, Marchese,

precipitar così?... Non è già solo

infra gli eroi il mio esempio. Il dice il Tasso:

«vista la faccia bella,

non scese, no, precipitò di sella».

CONTE LELIO

Oh amico, oh cavaliero

famoso, e rinomato!

Ecco vi raccomando un disperato,

questi, meschino, in mare

ha perduta la sposa, ed ogni avere;

ma sa far il mestier del cameriere.

(Parlagli come ho detto.)

PASQUALINO

Oh illustrissimo, ed anzi

valoroso signor, di cui i tesori

la nobiltade, ed il saper profondo

van per grido anche fuor del mappamondo;

alla vostra pietà mi raccomando.

(Non vorrei ch'or credesse esser Orlando.)

MARCHESE

Di qual paese sei?

PASQUALINO

Sono italiano.

MARCHESE

(Ed italiana è pure

la bella dama che il mio core accende.)

Giacché qui ti condusse la fortuna,

ti prendo al mio servizio.

(vengono due servitori)

MARCHESE

Olà: qual si conviene

alla grandezza nostra, abbia costui

un vestito pomposo; e purché intorno

della mia nobiltà l'eco risuoni,

l'oro profonderò anche a milioni.

PASQUALINO

Grazie a vostra eccellenza.

MARCHESE

Sarà la tua incombenza

di servir per gran sorte

una dama venuta alla mia corte;

una dama sì bella,

che Angelica, Isabella,

Erminia, Fiordiligi, e Bradamante

cedono al paragon di quel sembiante;

una dama, di cui l'alme pupille

farian vinti cader Ettore, e Achille.

Vedrete in due bei lumi

il poter del dio d'amore;

ma guardate il vostro core,

che non arda, e si consumi

nel mirar tanta beltà.

Io che ho d'eroe quest'anima

quando la miro in viso,

m'urta, mi scuote, e pizzica,

e da me ancor diviso

quasi restar mi fa.

(parte)

Scena ottava

Il Conte, e Pasqualino.

CONTE LELIO

Senti a qual segno arriva

la tua fortuna? Va', che sei felice,

mentre servir dovrai

donna gentil, che ha sì vezzosi rai.

Ma tu mesto mi sembri, ora che appunto

rallegrar ti dovresti? Orsù; a che pensi?

PASQUALINO

Misero me! Sentendo

a nominar donna sì vaga, e bella

io penso a Rosinella.

Oh quanto pagherei,

che qui meco a servir fosse ancor lei!

CONTE LELIO

Chissà se fosse viva, ed in sua vece

tu fossi morto, se di te a quest'ora,

si ricordasse più. Le donne tutte,

nulla più facilmente

si scordan di un marito

quando già all'altro mondo ei se n'è gito.

PASQUALINO

Ah, signor, Rosinella

m'era troppo fedel, troppo mi amava

ogni giorno mi dava

prove d'amor sincero, ed ogni dì

quand'io stava con lei, dicea così.

«Pasqualino» mi diceva,

«Pasqualin mio dolce amor»,

poi la mano mi stringeva

tutta affetto, e tutta ardor.

Co' gli occhietti languidetti

qualche occhiata poi mi dava,

poi ridea con quei labbretti,

e i dentini mi mostrava,

che piacer mi dava al cor...

Non ridete, non scherzate,

quel che dico è verità.

Padron mio, voi mi seccate,

questa è poca civiltà.

(parte)

CONTE LELIO

Costui, saria un esempio

dell'amor più costante

se durasse così.

Ma passati tre dì, come fan tanti

le lagrime si scorda,

fa di nuovo all'amore, e già si sposa;

ma passati che sono altri tre giorni

colla nuova consorte,

pianger di questa ancor vorria la morte.

(parte)

Scena nona

Rosinella, Valerio, e Lauretta, poi Pasqualino con altro vestito.

ROSINELLA

Basta, basta; non fate

più cerimonie.

VALERIO

Il maggiordomo io sono,

e comanda il padrone,

che tutta l'attenzione

io debba avere per vossignoria.

LAURETTA

Ed io, signora mia,

cameriera di casa,

ordine ho d'ubbidire

ogni di lei comando;

onde alla grazia sua mi raccomando.

VALERIO

Si degni comandarmi.

LAURETTA

Da cenni suoi dipendo.

ROSINELLA

Che mi vogliate ben per ora intendo.

VALERIO

Sua bontà.

LAURETTA

Troppo onore.

Il nuovo servitore

già destinato per suo cameriere

mi sembra di vedere.

(verso la quinta)

Ehi, amico? Venite

della vostra padrona alla presenza,

venite a farle omaggio, e riverenza.

PASQUALINO

Con tutta l'umiltà, tutto il rispetto

vengo... (Che faccia è quella!)

ROSINELLA

(Pasqualino...

Non fallo... Oh ciel!...)

LAURETTA

(a Pasqualino)

Seguite.

PASQUALINO

Vengo, nobil signora...

(Son ubriaco, o son nel mare ancora?)

ROSINELLA

(Come mi batte il core!

Poverin! Sta dubbioso.)

VALERIO

(a Pasqualino)

Finite il complimento.

PASQUALINO

Vengo... (Il mio core a palpitar io sento!)

Non posso andar più avanti...

(Son quei di Rosinella i bei sembianti.)

ROSINELLA

(Qua ripiego ci vuol.) Veggo costui

ch'è timido, e confuso. Andate voi,

andate pur altrove, e tu qui resta.

PASQUALINO

(Di Rosinella pur la voce è questa.)

VALERIO

Vado, e starò attendendo

di servirvi l'onore.

(parte)

LAURETTA

(Uno sciocco mi par quel servitore.)

(parte)

Scena decima

Rosinella, e Pasqualino.

PASQUALINO

(volendo accostarsi si trattiene)

(Eh, ch'è dessa senz'altro...

Mah...)

ROSINELLA

(Possibile ancora

che possa dubitar?)

PASQUALINO

(Possibil mai

che non mi riconosca?)

ROSINELLA

(E può star tanto

a parlare con me?)

PASQUALINO

(Le braccia al collo

non corre ella a gettarmi?)

ROSINELLA

(Mi guarda, e ancor non viene ad abbracciarmi?)

PASQUALINO

Senz'altro, Rosinella?

ROSINELLA

Pasqualino?

PASQUALINO

Mio ben!

ROSINELLA

Idolo mio!

Tu qui salvo?

PASQUALINO

Tu viva?

ROSINELLA

Sì un bravo marinaro

a riva mi condusse.

PASQUALINO

Ed io caduto in mare,

m'hanno due pescatori

in sul lido vicino

tirato su per un vitel marino,

ROSINELLA

Oh che gioia!

PASQUALINO

Oh diletto!

ROSINELLA E PASQUALINO

Evviva! Evviva!

PASQUALINO

Ma dico, Rosinella?

Come qui? In questi arnesi?

E da dama trattata?

ROSINELLA

Senti, mio Pasqualin: fra me pensando

trovar più compassione

tra nobili persone

col fingermi ancor io dama di conto,

per tale mi spacciai con un racconto.

L'invenzione ebbe effetto,

ritrovai qui ricetto,

son da tutti onorata,

e più ch'altri al Marchese io sono grata.

PASQUALINO

Mi spiace questa cosa.

Lo sai pur che tu devi esser mia sposa?

Che per questo fuggiti...

ROSINELLA

Io so ben tutto.

Son la tua Rosinella.

Tu sei il mio Pasqualin: sposi saremo,

ma conviene per ora

seguitar la finzion. Se ci scopriamo

discacciati sarem come birbanti.

Sai quanti miglia, e quanti

siam d'Italia lontani. Or vedi bene,

approfittar dell'occasion conviene.

PASQUALINO

Ma però onestamente?

ROSINELLA

Ci s'intende.

PASQUALINO

Avverti soprattutto

non darmi gelosia.

ROSINELLA

Lo so ch'hai tal pazzia,

ma tu sai chi son io,

né puoi mai dubitar dell'amor mio.

Se l'amor mio ti piace,

se credi alla mia fé,

osserva tutto in pace,

e lascia fare a me.

PASQUALINO

Cara, starò osservando,

geloso non sarò.

A te mi raccomando,

e dubitar non vo'.

ROSINELLA

Quando c'è alcun presente

attendi al tuo dover.

PASQUALINO

Ma quando non c'è gente

non son più camerier.

ROSINELLA

Restando noi soletti

potremo i nostri affetti

trattar con libertà.

ROSINELLA E PASQUALINO

Così va ben, benissimo.

Contento, contentissimo

questo mio cor sarà.

Scena undicesima

Camilla, e detti.

CAMILLA

Cara amica, ad abbracciarvi

io ritorno di buon cor.

ROSINELLA

Voi volete incomodarvi,

voi mi fate troppo onor.

(s'abbracciano)

PASQUALINO

(Abbracciate allegramente,

che di ciò non ho dolor.)

CAMILLA

Vo' parlarvi di premura.

ROSINELLA

(a Pasqualino)

Ehi: due sedie presto qua.

PASQUALINO

Sono leste...

ROSINELLA E CAMILLA

Accomodatevi.

(ricusando ciascuna di seder per la prima; Pasqualino va in disparte)

ROSINELLA E CAMILLA

Cerimonia non si fa.

(siedono)

CAMILLA

Son messaggera

d'un core amante,

che delirante

per voi se n' sta.

PASQUALINO

(Come! Che sento!

Vo' star attento

come che va.)

CAMILLA

Il vostro merito

il core accese

del zio marchese,

pace non ha.

PASQUALINO

(forte)

Che vada al diavolo!

ROSINELLA E CAMILLA

(alzandosi)

Che cosa c'è?

PASQUALINO

Parlo, scusatemi

parlo fra me.

(tornano a sedere)

ROSINELLA

Se vostro zio

ha per me affetto,

è tutto effetto

di sua bontà.

CAMILLA

Ecco il Marchese,

eccolo qua.

(si alzano)

ROSINELLA

Ehi cameriere?

PASQUALINO

Sono al servizio.

(accostandosi a Rosinella)

ROSINELLA E PASQUALINO

(Abbi giudizio

per carità.)

Scena dodicesima

Il Marchese, e detti.

MARCHESE

Ecco qua mia baronessa

di quel volto al bel splendore

come cede il mio valore,

né lo posso simular.

ROSINELLA

Cameriere, un'altra sedia.

PASQUALINO

(Questa cosa assai m'attedia.)

(porta la sedia lontana dalla altre due)

MARCHESE

Più vicina deve star.

PASQUALINO

Più vicina?

ROSINELLA

Un altro poco.

PASQUALINO

Sentirete troppo foco

con il troppo avvicinar.

(a Rosinella nel partire)

Ah tristaccia!

ROSINELLA

(Abbi cervello.)

MARCHESE

Cameriere, va' a bel bello

là di fuori a passeggiar.

PASQUALINO

(Questa volta già m'accorgo,

che colei mi fa crepar.)

(finge di partire)

CAMILLA

Signor zio che cosa avete?

MARCHESE

Caldo grande! Caldo grande!

(a Rosinella)

Voi cogli occhi mi accendete.

ROSINELLA

Ah Marchese, cosa dite?

Custodite il vostro cor.

PASQUALINO

(Maledetto! Lo fa apposta!

Sempre più colui s'accosta!

Crepo già se aspetto ancor!)

MARCHESE

Questa mano delicata

deh, la lasciate accarezzar.

(piglia la mano di Rosinella)

PASQUALINO

Maledetto! Disgraziata!

(forte, poi si ritira subito)

ROSINELLA

Ah signor, non state a far.

MARCHESE

Così buona, e modestina

tanto più m'ardete il sen.

(pigliandole di nuovo la mano)

PASQUALINO

Faccio or ora una rovina.

(forte, poi si ritira subito)

ROSINELLA

Questa smania non convien.

MARCHESE

Baronessa, mia gentile,

per pigliare l'aria fresca,

ch'ora andiam non v'incresca

la campagna a vagheggiar.

ROSINELLA

Non ricuso tal onore,

vederemo i bei fioretti,

sentiremo gli augelletti

tra le piante a gorgheggiar.

(s'alzano per partire, e il Marchese dà braccio a Rosinella)

PASQUALINO

Ah, non posso più star saldo!

Oh che smania! Oh che gran caldo!

ROSINELLA, MARCHESE E PASQUALINO

Che cos'hai? Che vieni a far?

PASQUALINO

Ascoltate, miei padroni.

Ho veduto dai balconi

uno sposo poverello,

che le piume sul cappello

gli vorrebbon far portar.

Ed intanto Pasqualino

stava in pace ad osservar.

CAMILLA E MARCHESE

Dal balcone qua vicino

voglio un poco anch'io guardar.

(vanno ad affacciarsi ad una finestra)

PASQUALINO

Assassina, trista, ingrata!

Così fai sugli occhi miei?

Morirò per tua ragion.

ROSINELLA

Vanne via, che pazzo sei.

Mi tormenti, sventurata.

Senza un'ombra di ragion.

PASQUALINO

Quella mano in faccia mia?

ROSINELLA

Quella è tutta pulizia

ROSINELLA E PASQUALINO

Tu mi vuoi precipitar.

MARCHESE

Questi è pazzo: non c'è niente.

CAMILLA

Costui sogna stando desto.

CAMILLA E MARCHESE

Parla, stolto, parla presto.

Cosa vieni ad inventar?

ROSINELLA

La paura avuta in mare

lo fa adesso vaneggiar.

PASQUALINO

Sì son pazzo, lo confesso:

non capisco più me stesso

già mi sento vacillar.

ROSINELLA, MARCHESE E PASQUALINO

Se sei pazzo vanne via,

non ti voglio sopportar.

PASQUALINO

O che fiera gelosia!

Io mi sento a lacerar!

Atto secondo
Scena prima

Logge corrispondenti al giardino.
Il Marchese, e Valerio.

MARCHESE

Quel camerier novello

m'avea quasi, quasi impaurito

con quella inaspettata sua pazzia.

Ora che fa colui?

VALERIO

Si è rimesso in cervello.

MARCHESE

Io scacciarlo voleva,

ma poiché l'adorata baronessa

mi prega di lasciarlo al suo servizio,

contraddirla non oso.

Che dici tu Valerio

di questa dama insigne?

VALERIO

Io veramente

dico che ha molto merito.

MARCHESE

Tu molto? Io dico tutto. Orlando ancora

Ruggero, Rodomonte, e infin Gradasso

resterebbe per lei conquiso, e lasso.

Credi tu che l'antiche dame erranti

fossero come lei? Oh!... Va' a vedere

nella mia galleria tutti i ritratti,

niuna in beltà s'appressa

alla cara, e gentil mia baronessa.

VALERIO

Questo lo credo anch'io.

MARCHESE

Ma tu che dici

al presente di me?

VALERIO

(Non so che dire.)

MARCHESE

Che ti pare?

VALERIO

Di che?

MARCHESE

Del tuo barone.

Via parla: in me che vedi?

VALERIO

Il mio padrone.

MARCHESE

E non vedi, ignorante,

che or più non son quel cavalier sì fiero,

che avea tra i paladin l'onor primiero?

E non vedi che amore

mansueto mi rende, e sa scordarmi

l'usato suo valor, le scienze, e l'armi?

VALERIO

È vero: sì signore.

MARCHESE

E cosa credi

che ne succederà?

VALERIO

(Sian maledette

queste interrogazioni!)

MARCHESE

E non rispondi?

VALERIO

Io credo... signor mio...

MARCHESE

Tu ti confondi.

VALERIO

Seguirà se amor v'accende

quel che segue a ogn'altro amante.

Sospirare, mangiar poco,

star inquieto, e delirante,

e all'oggetto del suo foco

star pensando notte, e dì.

Perdonate mio signore,

perché anch'io, che provo amore

mi conviene far così.

(parte)

Scena seconda

Il Marchese, poi Camilla, e Lauretta.

MARCHESE

Che gente senza spirito! Eh, vogl'io

rinnovar la mia corte,

e voglio che chi viene al mio servizio

per capo principale

abbia avuta la laurea dottorale.

CAMILLA

Signor zio, qua vi trovo?

MARCHESE

Voi pure al fresco? E chi vuol dir nipote,

che il vostro fido Conte

non è con voi? Ma invece

avete in compagnia la cameriera?

CAMILLA

Perché alla forestiera

sta a far conversazione.

MARCHESE

Come? Alla baronessa?

CAMILLA

Sì signore.

MARCHESE

Oh signor Conte mio, voi la sbagliate.

E voi giacché l'amate,

sposatelo una volta, e sia finita.

Ma vado io; ma corro...

Ma no: se sta con lei farò avvisarlo

coi dovuti riguardi,

ch'io la cerco, che venga, e che non tardi.

(parte)

Scena terza

Camilla, e Lauretta, poi il Conte.

CAMILLA

Tu stessa mi assicuri,

che lo vedesti andar?

LAURETTA

Dopo la tavola

entrar certo lo vidi

nelle stanze di lei; né fin ad ora

si è veduto tornar... Eccolo appunto,

ecco signora mia, da quella parte

qui se ne vien.

CAMILLA

Sì, venga:

voglio farmi sentir.

CONTE LELIO

Per ritrovarvi

su, o giù tutto il palazzo

finora ho ricercato.

CAMILLA

Bravo! Ritorni ove sin ora è stato.

CONTE LELIO

Spiegatevi.

CAMILLA

Oh innocente!

CONTE LELIO

(a Lauretta)

Dove crede ch'io fossi?

LAURETTA

Io non so niente.

CAMILLA

Ve lo spiegherò io.

Voi dalla baronessa

foste, amico, sin ora. E perché appunto

celarmelo tentate,

sospettar con ragion di voi mi fate.

Signorin, signorino...

se solo d'un tantino

me ne accorgessi ancora...

basta: non so quel che facessi allora.

Una donna, che si sdegna

sempre, sempre è da temer,

fa tremar quando s'impegna

di volerla far veder.

È colomba quand'è amante

mansueta, e tenerina,

ma sdegnata in un istante

si fa uccello di rapina,

che si avventa, che spaventa

chi s'oppone al suo voler.

(parte)

Scena quarta

Lauretta, e il Conte.

LAURETTA

Signor, avete inteso?

Lei stessa vi ha veduto

cogli occhi propri andar.

CONTE LELIO

Oppur tu fosti,

che gliel'hai raccontato?

Con lei, te 'l giuro, io non ho ancor parlato.

Va', Lauretta, a Camilla,

fa' tu le scuse mie,

chiedi per me perdono,

e dille pur, che a lei fedele io sono.

LAURETTA

Io lo farò... ma poi...

CONTE LELIO

Se tu fai bene

puoi sperare un regalo.

LAURETTA

Soltanto ch'io lo, speri?

Vado, ma lo farò mal volentieri.

(parte)

CONTE LELIO

Purtroppo amor m'invoglia

di parlar con la vaga baronessa,

ma dorme, o sta occupata

in camera serrata.

Non so come per lei

io mi senta infiammar. Cara Camilla,

questa volta perdona,

non incolpar il povero mio core.

Così spesso di noi fa gioco amore.

La costanza è bella, e buona

se in amore pur si dà,

ma è destin d'ogni persona

il bramar quel che non ha.

Amo anch'io la mia Camilla,

son sicuro del suo affetto,

ma se trovo un bel visetto

sospirare amor mi fa.

Scena quinta

Camera di Rosinella.
Rosinella, e Pasqualino.

ROSINELLA

No, no, credimi pure,

che tu sei pazzo, ed io con pazzi alfine

impazzir non vorrei.

PASQUALINO

Pazzo mi dici,

ma non puoi dirmi cieco.

ROSINELLA

E cosa vedi?

PASQUALINO

Vedo quello che basta.

Accarezzarci, stringerci la mano,

favellarti all'orecchio, e sospirare.

E pretendi che in pace io stia a guardare?

ROSINELLA

E perché stai presente?

Quando viene il Marchese

vattene in altra stanza.

PASQUALINO

Ecco ti piace

dunque lasciarlo far? Trista! Assassina!

Farò per tua cagion qualche rovina.

ROSINELLA

Finiamola una volta. Io sono stanca

delle tue gelosie. Siamo promessi.

Ma sposati non siamo. Indegno sei,

ch'io seguiti ad amarti.

Finiamola tra noi: lasciami, e parti.

PASQUALINO

Ti sdegni?... Non sdegnarti... Alfin tu vedi

che l'amor troppo grande...

ROSINELLA

Eh, non è amore,

ma piuttosto pazzia.

PASQUALINO

Il mio temperamento...

ROSINELLA

Orsù, va' via.

PASQUALINO

Mi discacci davvero? Ah no: perdona...

Io morirò se più non m'ami.

ROSINELLA

E pensi

colle tue gelosie ch'io possa amarti?

PASQUALINO

Più non sarò geloso.

ROSINELLA

Non ti credo.

PASQUALINO

Te 'l prometto.

ROSINELLA

Mai più?

PASQUALINO

No: t'assicuro.

ROSINELLA

Giura se vuoi ch'io creda.

PASQUALINO

Ecco lo giuro.

PASQUALINO

Se mai più sarò geloso

mi punisca il sacro nume.

Un allocco con le piume

possa farmi diventar.

ROSINELLA

Se costante a te non sono,

se infedele io mai divento,

una rana in quel momento

ancor io mi possa far.

PASQUALINO

Non avrò più gelosia.

(Ma però vo ' star attento.)

ROSINELLA

Sarò sempre a te fedele.

(Poco credo al giuramento.)

ROSINELLA E PASQUALINO

Oh mio core! Oh gioia mia!

Non più risse, né querele,

sempre lieti, sempre in pace

tra di noi s'abbiam d'amar.

PASQUALINO

Adesso sei placata?

ROSINELLA

Attendi bene

di non farti spergiuro. In avvenire

mai più non tormentarmi.

PASQUALINO

Sempre, sempre di te voglio fidarmi.

Scena sesta

Il Marchese con libro in mano, e detti.

MARCHESE

Ecco, benché occupato alla lettura

il cor guida il mio piede a quell'oggetto,

da cui non può staccarsi.

PASQUALINO

(Lo avesse almen guidato ad accopparsi!)

ROSINELLA

Qual bel libro, Marchese,

avete per le mani?

MARCHESE

Un libro di galanti poesie,

che mi diletta assai.

ROSINELLA

Piacere ho anch'io

di leggerne sovente.

MARCHESE

Un madrigale

voglio farvi sentir. Ma s'io lo leggo,

perdo il piacer soave

di vagheggiar frattanto i vostri rai.

Cameriere?

PASQUALINO

Signor.

MARCHESE

Porta due sedie.

Presto.

PASQUALINO

(Sia maledetto

il mio temperamento!

Sono queste due sedie il mio tormento.)

MARCHESE

Sedete, Baronessa. E tu frattanto

prendi, e leggi.

(dà il libro a Pasqualino)

(siedono)

PASQUALINO

Ch'io legga?

MARCHESE

E non sai leggere?

PASQUALINO

Sì signor, da piccino

a legger m'insegnava un ciabattino.

MARCHESE

Comincia dov'è il segno.

PASQUALINO

(Mi dispiace trovarmi in questo impegno.)

(leggendo)

«Fra due si sta Nigella;»

(mentre legge si ferma ad osservare i gesti del Marchese con Rosinella, ed a poco, a poco s'infuria)

«l'adora questo, e quello:

l'un d'oro abbonda, e l'altro è un meschinello.»

(Par questo il caso mio.)

ROSINELLA

Segui.

PASQUALINO

«Presso alla bella

sta il ricco, che sospira, e la man stende

alle candide guance...»

MARCHESE

Seguita pur.

PASQUALINO

Con il gestir con lei

gli occhi girar mi fate.

Se deggio seguitar, voi tralasciate...

«...se ne offende

l'altro misero amante,

che per necessità star deve in pace;

e Nigella frattanto, e gode, e tace.»

Ah, vatti a far squartar!

(getta il libro a terra)

MARCHESE

Che fu?

ROSINELLA

Cos'hai?

(si alzano)

PASQUALINO

Ho che finora ho tollerato assai:

che non posso più star: Che Rosinella

con i capricci suoi

mi vuol far crepar dinnanzi a voi.

ROSINELLA

(con rabbia)

Pasqualino sta' cheto.

MARCHESE

Via, scordati una volta

d'una che già morì.

PASQUALINO

La sposa mia

non è morta: ella è qui.

MARCHESE

La baronessa?

Oh che pazzo!

ROSINELLA

Vacilla.

PASQUALINO

Io vacillo? Ma come...

ROSINELLA

La paura

gli ha il cervello sconvolto.

PASQUALINO

Io pazzo!

MARCHESE

Sì, di molto.

PASQUALINO

Oh me meschino! Adunque

non son io Pasqualino?

Tu non sei Rosinella?

Anzi, di più, crudel, pazzo mi chiamo?

Ora conosco alfin, che più non m'ami...

Che fo? Che mai risolvo? Ah sì, si mora...

Ma che sarà di me se poi m'uccido?

L'empio Marchese infido

si godrà Rosinella... Al sol pensiero,

al solo immaginarlo par che sia

nella mia fantasia torva, e meschina

di Vulcano i Ciclopi, e la fucina...

Che sento? Ah, parmi udir, giunto là abbasso

de' pesanti martelli il gran fracasso.

Che veggo? Ohimè!... Quel soffia nei carboni,

quel ravviva i tizzoni, e quel si move

a preparar le gran saette a Giove...

Lasciatemi fuggir, genti arrabbiate,

se più resto fra voi m'assassinate.

Diavolo, con chi parlo? E dove sono?

Delirante così, stolto ragiono...

Coraggio: alfin si mora con onore.

Voi aurette soavi,

voi verdi piante, e voi lascivi fiori

dite in vostra favella

alla mia Rosinella, all'idol mio,

che costante, e fedel morto son io.

Già divento freddo, freddo,

già son pallido, e tremante.

Guarda bene il mio sembiante

se lo puoi più ravvisar.

(al Marchese)

Resti a voi la sposa infida:

voi quel pianto rasciugate...

che dal pianger d'una donna

non mi lascio lusingar.

Ma se il pianto fosse amore,

che per me sentisse al core?

Qua mi perdo, e mi confondo

fra il morire, e star al mondo;

e il pensarci un altro poco

sarà meglio in verità.

(parte)

Scena settima

Rosinella, ed il Marchese.

ROSINELLA

(Ah, di doppio tormento

colui mi fa morir!)

MARCHESE

Non vi agitate,

cara mia baronessa

per cagion di quel pazzo,

ch'io lo farò legar. Olà...

ROSINELLA

Signore,

no, tralasciate.

MARCHESE

E come?

Baronessa, piangete?

Son di colui le smanie

che fan di pianto inumidirvi il ciglio?

Dite: tanto per lui

siete di cor pietoso?

ROSINELLA

Penso, Marchese, al mio perduto sposo.

L'amor di Pasqualino

per la sua Rosinella

immaginar mi fa d'esser io quella.

Pari al suo il mio barone

per me sentiva amore:

di Rosinella al pari

io l'amava di cor... Ah, non stupite

s'io dunque piango adesso,

perché siamo ambedue nel caso istesso.

MARCHESE

Ecco per consolarvi

quel che sa fare un cavalier par mio.

Vostro sposo son io

se voi non mi sdegnate;

di venti mille feudi

di contradote un istromento io scrivo,

lasciate il morto, ed or pensate al vivo.

ROSINELLA

Io vostra sposa!... Piano:

saria la vostra mano

al merto mio, signor, troppo alto dono.

Io di sì grande onor degna non sono.

Se perciò in sul momento io non l'accetto

lo vuole il mio rispetto,

grata però mi chiamo a un tal favore

e tempo chieggo a discoprirvi il core.

MARCHESE

Capisco, sì, capisco

baronessa adorata,

che vedova restata,

che non sono due giorni

volete per modestia, e per rispetto

aspettar qualche tempo. Io son contento.

Lascio la scelta a voi di quel momento!

Cara, pensate almeno,

che son per voi nel foco.

Vorrei che quel labbretto

dicesse, che il mio affetto

premiato un dì sarà.

Ma se tardate un poco,

sento che vengo meno,

e questo cor che ho in seno

in cenere se ne va.

(parte)

Scena ottava

Rosinella, e poi Pasqualino.

ROSINELLA

E dirai, Pasqualino,

ch'io non t'amo così? Ma chi sa mai

quel che risolto avrà quel furibondo?

Sta il mio core in tormenti...

Voglio cercar di lui: vo' che conosca

quanto s'offende a torto...

Ah che saria di me se fosse morto!

PASQUALINO

Possibil, che mi trovi

una morte a mio modo!

ROSINELLA

Pasqualino?

PASQUALINO

Ah, sei qui? Vieni a tempo

per vedermi a morir.

ROSINELLA

Se tu sei pazzo,

mori alla fine, e lascia

di tormentarmi più.

PASQUALINO

Trista che sei

morirò.

ROSINELLA

Ma non sai,

o saperlo non vuoi quant'io t'adoro?

PASQUALINO

Non m'ami, no: per tua cagione io moro.

ROSINELLA

Via, mori dunque. Addio.

PASQUALINO

Ecco un coltello

ammazzami tu stessa.

Fallo per carità,

non tardare un momento,

che morendo così, moro contento.

ROSINELLA

Pasqualino, ti prego...

Per carità, t'accheta... Ascolta un poco...

(ricusando di pigliar il coltello)

PASQUALINO

No, prendilo: finisci

con una morte sola

di darmi mille morti.

ROSINELLA

Ah, che stanca son io de' tuoi trasporti.

Dammi qua quel coltello.

PASQUALINO

Lo vuoi.

ROSINELLA

Sì.

PASQUALINO

Per far che?

ROSINELLA

Per terminare

tanti tormenti. Ingrato,

tristo, spergiuro! Ancora

non ti basta vedermi.

Per amor tuo di casa mia fuggita,

esposta la mia vita

ai perigli del mar, e quasi morta?

Dimmi: non ti ricordi i giuramenti?

E li osservi così? Così tu menti?

Per amor tuo ricuso

del Marchese la mano;

e quel che ho fatto, e quel che faccio è invano?

Ah, che dell'amor mio, della mia fede

troppo, ingrato, mi rendi empia mercede.

Rosinella sventurata,

troppo fida, troppo amante

dell'affetto più costante

bell'esempio ognor sarà.

Ma tu pensi Pasqualino?

Volgi gli occhi un poco in qua.

Ah, crudel, non vedi, oh dio,

come sgorga il pianto mio...

sventurata, singhiozzando...

disperata... andrò cercando

chi di me avrà pietà.

(parte)

Scena nona

Pasqualino, poi Valerio.

PASQUALINO

Rosinella... vien qua... fermati ti dico...

Ecco siamo da capo...

Io non vo' più morir. Che dolce incanto

è a questo cor di Rosinella il pianto!

VALERIO

Amico, cosa fate?

Che cosa qui aspettate?

Sappiate che la sera è qui l'usanza,

che cena ciaschedun nella sua stanza.

PASQUALINO

Cenino pur. Buon pro.

VALERIO

La baronessa

va però col Marchese

che la fece invitar per polizia

a mangiar la zuppa in compagnia.

PASQUALINO

Corro, quand'è così, corro da lei.

VALERIO

Ohibò: l'ordine è dato,

ch'entrar voi non dobbiate.

PASQUALINO

Come? Cosa? Perché? Non devo entrare?

VALERIO

Perché non vuol con pazzi aver che fare.

PASQUALINO

Ohimè! L'ultimo colpo

è questo all'alma mia. Non c'è più caso,

più rimedio non c'è. Morir conviene;

e così finiran tante mie pene.

(parte)

VALERIO

È pazzo certamente. Ecco costui

fa al contrario di tutti.

Perdono gli altri il loro buon giudizio

quando prendono moglie;

ed a costui frulla il cervello in testa

quando per buon destin vedovo resta.

(parte)

Scena decima

Sala con quattro porte praticabili.
Camilla, Lauretta con lume in mano; poi il Conte sulla sua porta; indi Rosinella, ed il Marchese preceduti da un servitore con lume.

CAMILLA

Ah sì, Lauretta, quella forestiera

è venuta a turbar il mio riposo.

Non basta, che amoroso

ne sia il zio divenuto in poche ore,

ché al Conte ancora arde per lei d'amore.

LAURETTA

Signora, ve l'ho detto tante volte:

fate presto, sposatevi.

Il tirar troppo avanti

fa gli uomini incostanti.

Basta: andate a dormir: cercate adesso

di lasciar i pensieri. Andate...

CAMILLA

E pensi

ch'io potrò riposar? No, no. Va' pure,

ti lascio in libertà.

LAURETTA

Ma non volete,

che io vi venga a spogliar?

CAMILLA

No, non mi occorre.

Addio. (Mi sento il core

in tanta agitazione,

che vo' star tutta notte in attenzione.)

(entra nella sua stanza)

LAURETTA

Felice notte... Oh si spicciasse almeno

ancor la forestiera!

CONTE LELIO

Vorrei parlare con la baronessa,

ma là veggo Lauretta, e non vorrei

farmi veder da lei

perché sicuramente

lo direbbe a Camilla.

LAURETTA

Parmi sentir, che movansi le sedie,

s'alzeranno, e verrà. Non veggo l'ora

di star in libertà col mio Valerio

come che star sogliamo.

Quando dormono gli altri, e noi vegliamo.

ROSINELLA

(nel sortire dalla stanza del Marchese)

Non più: basta, Marchese,

basta sin qui.

MARCHESE

Lasciate

che nella vostra stanza io v'accompagni.

ROSINELLA

Permettete, non voglio.

MARCHESE

Faccio il vostro piacer. La man vi bacio.

Notte felice...

ROSINELLA

Riposate bene.

MARCHESE

Riposar non potrò fra tante pene.

(entra col servitore nella sua camera)

LAURETTA

Eccomi per servirvi.

ROSINELLA

Io voglio, amica

lasciarti in libertà.

LAURETTA

No: permettete

ch'io vi venga a servir.

ROSINELLA

Va' pur, ti dico,

troppo staresti in piè. Ci vuol del tempo.

Pria ch'io vada a dormir. Dammi qua il lume,

e tu va' a riposar. (Potessi almeno

riveder Pasqualino.

Ma per non dar sospetto

aspetterò che sia ciascuno a letto.)

(piglia il lume di Lauretta e parte)

LAURETTA

Ed io resto all'oscuro...

(va camminando tentoni per la sala)

CONTE LELIO

Meglio è aspettar che ognun vada al riposo

per non farmi osservare.

Ritornerò fra poco

per tentar di spiegarle il mio gran foco.

(si ritira)

LAURETTA

Lodato il cielo. Credo,

che la scala sia qua. Sarà un prodigio

camminando all'oscuro

s'io non vo' dar la testa in qualche muro.

(parte)

Scena undicesima

Pasqualino, poi Camilla dalla sua porta.

PASQUALINO

Infra l'ombre vado errando,

vo la morte ricercando;

e ho pensato alla più corta

di morir sulla sua porta

perché s'abbia a spaventar.

Ma pian piano... Chetamente...

s'apre l'uscio... Sento gente

voglio stare ad osservar.

CAMILLA

Oh che fiera gelosia!

Chi sa il Conte dove sia?

Non vorrei che l'infedele

l'amorose sue querele

or andasse a conferir.

CAMILLA E PASQUALINO

Pian pianino vo' accostarmi.

Voglio un poco assicurarmi.

S'ora veglia, o sta a dormir

CAMILLA

Qui c'è gente...

PASQUALINO

Gente io sento...

CAMILLA

Gli ho toccate le sue vesti...

PASQUALINO

I suoi panni sono questi...

CAMILLA

Uomo...

PASQUALINO

Donna...

Insieme

CAMILLA

È l'infedele,

che l'amica va a trovar.

PASQUALINO

È l'infedele,

che l'amico va a trovar.

CAMILLA

Vo' provare...

PASQUALINO

Vo' far scena.

Ehm, ehm?

CAMILLA

Ehm, ehm...

CAMILLA E PASQUALINO

Questo è il segno.

PASQUALINO

(Assassina!)

CAMILLA

(Tristo indegno!)

CAMILLA E PASQUALINO

(Io mi sento lacerar!)

CAMILLA

Siete voi mio caro Conte?

PASQUALINO

(Anche il Conte?) Sì son io.

(Maledetta!)... Idolo mio,

senza voi non posso star.

CAMILLA

Date pure a me la mano,

e seguitemi pian piano.

CAMILLA E PASQUALINO

(Quando siamo nella stanza,

pugni, e calci in abbondanza,

che ti voglio sconquassar!)

(entrano)

Scena dodicesima

Rosinella, poi il Conte.

ROSINELLA

Chi non vede questo core,

ah, non sa che cosa è amore.

Se non trovo Pasqualino,

non ho pace, non ho ben.

CONTE LELIO

Questa è l'ora più opportuna

di tentar la mia fortuna,

di spiegar gli affetti miei

a colei, che m'arde il sen...

ROSINELLA

Sento alcun... Vo' in qua tirarmi...

CONTE LELIO

Sento gente andar di là...

Insieme

ROSINELLA

Zitta voglio starmi:

non vo' movermi di qua.

CONTE LELIO

Zitto voglio starmi:

non vo' movermi di qua.

CONTE LELIO

Se il Marchese fosse questo,

che all'oscuro andasse a lei?

ROSINELLA

Se mai fosse Pasqualino,

discoprirmi a lui vorrei.

CONTE LELIO

Alla porta ora m'accosto

per vedere come sta.

(va pian piano alla porta di Rosinella)

ROSINELLA

Ma se fallo a discoprirmi

farei troppo sospettar.

CONTE LELIO

L'uscio aperto?... V'è il concerto.

Anch'io franco voglio entrar.

(entra)

ROSINELLA

Ho pensato che sia meglio

di volermi ritirar.

(entra)

Scena tredicesima

Il Marchese, poi Pasqualino con Camilla, indi Rosinella col Conte.

MARCHESE

Se mi metto sul cuscino

sono proprio fra le spine,

se mi metto al tavolino,

peggio ancora, star non so.

Voglio andar dalla mia bella,

vo' tentar che mi permetta

di star seco un'altra oretta,

che a dormir poi tornerò.

PASQUALINO

Ah, mia signora, aiuto! Aiuto!

Deh, non mi state più a rovinar.

CAMILLA

Briccone, indegno, tu sei venuto,

con intenzione di corbellar.

MARCHESE

(Che cosa sento? Che vuol dir questo?...)

ROSINELLA

Signor, partite, deh fate presto,

prima che alcuno possa osservar.

MARCHESE

(Oh cospettone! Adesso, adesso.)

(corre, e torna subito con lume)

CONTE LELIO

Fui temerario, ve lo confesso;

ma solo amore s'ha da incolpar.

MARCHESE

Oh questa è buona! Oh questa è bella!

La mia nipote con Pasqualino!

La baronessa con il contino!

Che cosa devesi di voi pensar?

CAMILLA, ROSINELLA, CONTE LELIO E PASQUALINO

Che sorpresa! Che accidente!

Come intenderla non so.

Mi ritiro chetamente,

e pian piano me ne vo.

MARCHESE

Alto, alto miei signori,

tutto, tutto vo' scoprir.

Insieme

CAMILLA

Son venuta qua di fuori

io di più non so che dir.

CONTE LELIO

Son venuto qua di fuori

io di più non so che dir.

PASQUALINO

Io Pasqualino ho ricercato,

e Marforio ho ritrovato.

ROSINELLA

Io dirò: sono innocente...

trovo questo, e veggo quello...

Si confonde il mio cervello,

e di più capir non sa.

MARCHESE

Oh che imbroglio maledetto!

Oh che notte è qua!

Ma tu parla...

PASQUALINO

Già l'ho detto.

MARCHESE

Ma voi dite...

CAMILLA

Non so niente.

MARCHESE

Dite voi...

ROSINELLA

Sono innocente.

CONTE LELIO

Io non so che raccontar.

MARCHESE

Tutti, tutti adesso, adesso

io vi mando a far squartar.

TUTTI

Che scena è mai questa!

Che fiero sospetto!

Cospetto! Cospetto!

Non posso più star.

MARCHESE

Finiamo una volta

silenzio, silenzio...

CAMILLA, ROSINELLA, CONTE LELIO E PASQUALINO

Ascolti chi ascolta,

io voglio gridare,

e quanto mi pare

sussurro vo' far.

Atto terzo
Scena prima

Camera, ovvero sala.
Camilla, Lauretta, poi il Conte.

CAMILLA

Che ne dici Lauretta?

LAURETTA

Di che signora mia?

CAMILLA

Della dama selvatica,

che si spacciò fra noi

per una baronessa forestiera,

e non è che una bella avventuriera.

LAURETTA

Che sento!

CAMILLA

Un accidente

fece scoprir la cosa.

Quella di Pasqualino è l'amorosa.

LAURETTA

Di Pasqualino?

CAMILLA

Certo. E il signor Conte

meco si fe' incostante

per sì nobile amante. Or che se n' viene

voglio con il mostrar di non curarlo

vendicarmi di lui.

LAURETTA

Anzi a forza d'ingiurie

sfogate pur con esso il vostro sdegno.

CONTE LELIO

(Non posso più a Camilla

negar la mia incostanza,

ma dopo tutto quel che si è scoperto

me ne duole, e vorrei

procurar di tornare in grazia a lei.)

CAMILLA

Perché non vi avanzate?

CONTE LELIO

Per rispetto, signora.

LAURETTA

Dite perché sapete il vostro merito.

CONTE LELIO

Cara Camilla...

CAMILLA

Cara a me? Sbagliate.

CONTE LELIO

È stato il mio un capriccio.

Non mai per rinunziare al vostro affetto...

CAMILLA

E per capriccio anch'io,

voglio donar altrui l'affetto mio.

CONTE LELIO

Ma non è ancor donato?

CAMILLA

A tutti il donerò fuorché a un ingrato.

CONTE LELIO

Perdono ve ne chieggo. In contraccambio,

se d'esser vostro sposo

avvien che la fortuna un dì mi tocchi,

qualche volta ancor io chiuderò gli occhi.

CAMILLA

(con ironia)

Eh, pensate per ora

ad amar donna Aurora,

che per ogni riguardo

io mai non ardirei,

di contrastar la preminenza a lei.

Alla sua bella

sia pur costante

che io cedo a quella

così bel cor.

Lo rendo a patti

senza sdegnarmi

per vendicarmi

d'un mancator.

(parte)

Scena seconda

Lauretta, ed il Conte.

LAURETTA

Si può dir molto buona

quella mia padroncina.

CONTE LELIO

Io la trovo al contrario anzi ostinata.

LAURETTA

Guai a voi se Camilla io fossi stata.

CONTE LELIO

Che vuol dir?

LAURETTA

Le parole

non sarebbono sole:

per sfogar l'ira mia quand'ho ragione

adoprerei le mani, ed il bastone.

Ma quella forestiera

voglio intanto cercar; e voglio almeno

dirle tante insolenze

quanti inchini le ho fatti, e riverenze.

(parte)

CONTE LELIO

Faremo pace sì; non passa un'ora,

che ritorna placata.

So che di me Camilla è innamorata...

Venir veggo il Marchese a questa parte,

egli è meco sdegnato:

potria rimproverarmi;

voglio per or fuggirlo, e ritirarmi.

(parte)

Scena terza

Il Marchese, Valerio, poi Rosinella.

MARCHESE

(Oh che smania! Oh che rabbia!)

VALERIO

(Oh che cattivo tempo.)

MARCHESE

Maggiordomo?

VALERIO

Signor...

MARCHESE

(Mi sento il core

in troppa agitazione!)

VALERIO

Sono a' comandi suoi.

MARCHESE

Sentite: Rosinella

attendo qui. Di Pasqualino intanto

a ricercar andate.

Conducetelo voi nelle mie stanze;

ed infin ch'io non venga

non si lasci partire.

VALERIO

Vado tosto il comando ad ubbidire.

(parte)

MARCHESE

Oh amor di questi colpi

tu fai nel petto mio!... No, non importa

che Rosinella sia nobile, o vile:

è sempre agli occhi miei bella, e gentile.

ROSINELLA

Signor, col cor tremante...

MARCHESE

Accostatevi pur.

ROSINELLA

Chiedo perdono

se con una finzione

ebbi l'ardir...

MARCHESE

Tacete. Esser voi donna

forse bastar potria

per farvi perdonare una bugia.

Ma l'esservi abusata

dell'amor mio sì grande,

delle mie tenerezze,

de' benefici miei, troppo mi pesa.

ROSINELLA

Perdonate, signor, l'amor, la fede

che ho a Pasqualin giurata...

MARCHESE

Non vi pentite ancor d'essermi ingrata?

Sentite, Rosinella,

se millantar voleste

il titolo di dama; dama infatti

vi renderà l'amor d'un cavaliere.

Dal vostro cor scacciate Pasqualino,

ed all'affetto mio grata, e pietosa

non ricusate più d'esser mia sposa.

ROSINELLA

Vostra sposa?... Di nuovo

con bontà inaudita

sento la vostra man a me esibita?...

Son confusa, mi perdo;

vi ringrazio di core...

ma ricusar io devo un tanto onore.

Vuole il mio amor costante

ch'io non diventi infida al primo amante.

MARCHESE

Basta, ingrata, così: non più. Fra poco

trovar il modo io spero,

che vi faccia alla fin cangiar pensiero.

Già sento il furore,

che all'armi mi chiama...

ma no, dice amore,

che ho ancor da soffrir,

amor che s'asconde

in quel bel visetto...

ma no: che se aspetto

mi sento morir.

(parte)

ROSINELLA

Ecco la mia costanza

fin a qual segno arriva.

Segua pur qual che vuole

non vo' farmi spergiura.

Voglio andar a cercar di Pasqualino;

e pria ch'altro risolva

il Marchese geloso,

voglio senza tardar farlo mio sposo.

(parte)

Scena quarta

Appartamento del Marchese.
Pasqualino, poi il Marchese.

PASQUALINO

Qua si vuole che aspetti il mio padrone.

Sono in agitazione,

e non vorrei, poiché scoperto è il tutto,

che sopra le mie spalle

sfogasse la sua bile,

oppur fosse un pretesto

il farmi aspettar qua

per star con Rosinella in libertà.

MARCHESE

Sei qui?

PASQUALINO

Son qui signore.

MARCHESE

Dimmi: sai tu ch'io sia?

PASQUALINO

Per quel che intesi a dir dalle persone,

un marchese voi siete, un signorone.

MARCHESE

Vedi fin a qual segno

voglio esser generoso. Ecco una borsa

con cento doppie. A te voglio donarla

perché tosto ritorni al tuo paese...

Non vo' ringraziamenti:

non lo dire nemmeno a chi si sia,

ma senza ritardar vattene via.

PASQUALINO

Datela pur, che siate benedetto!

Vo a pigliar Rosinella,

e non perdo un momento,

ma volo al par del vento.

MARCHESE

Che dici? Rosinella! A lei nemmeno

non ardir di pensar.

PASQUALINO

Come! Dovrei

solo andarmene via?

Oh, non posso, e non voglio. Io l'amo troppo,

e di più fra di noi

una promessa abbiam di matrimonio.

MARCHESE

Ed io vo' che tu parta

senza di Rosinella.

PASQUALINO

In tutto il resto

vi ubbidirò, ma non signore in questo.

MARCHESE

Così dunque, birbante, ad un par mio

di contraddir ardisci! Ascolta, e trema.

O scrivi che rinunzi

alla di lei promessa, ed al suo amore,

o che all'uscir di qua

ammazzato sarai senza pietà.

(parte)

Scena quinta

Pasqualino, poi Rosinella.

PASQUALINO

Come?... Signor, sentite... Oh sventurato!...

O lasciar Rosinella, o trucidato?...

Io scriver che rinunzio a Rosinella!

Oh no: morir piuttosto.

Già tanto, e tanto di dolore morrei

se dovessi restar senza di lei...

Ma se ammazzar mi lascio,

Rosinella chissà,

se nemmen lo saprà?

E poi quando son morto,

tanto, e tanto è perduta... Animo dunque,

risolvi Pasqualin... Finché si vive

sempre v'è la speranza.

Scriverò per sortir da questa stanza.

(Pasqualino va al tavolino, e siede in atto di pensare. Rosinella pian piano va dietro la sedia per osservare quello che vuol scrivere)

PASQUALINO

Rosinella, amato bene,

più non sei di Pasqualino;

il crudele mio destino

vuol ch'io t'abbia da lasciar.

ROSINELLA

Tu mi lasci, mi abbandoni,

più non pensi al nostro amore!

Come mai ti soffre il core,

di potermi abbandonar!

(Pasqualino si alza)

PASQUALINO

Ti dirò...

ROSINELLA

Che dir potrai?

PASQUALINO

I miei casi tu non sai.

ROSINELLA

Non ti puoi giammai scusar.

ROSINELLA E PASQUALINO

(Ah, che in questo gran cimento

troppo grande è il mio tormento!

Troppo fiero il mio penar!)

PASQUALINO

Che risolvo?...

ROSINELLA

Pensa bene...

PASQUALINO

Rosinella... scriverò.

(va a sedere)

ROSINELLA

Scrivi dunque, scrivi ingrato,

che lo stesso anch'io farò.

(va a sedere ad un altro tavolino)

PASQUALINO

Io dichiaro... (Ancor non voglio

la mia sposa rilasciar...)

ROSINELLA

Mi protesto in questo foglio...

(Pasqualin non sa che far.)

PASQUALINO

Non va bene.

ROSINELLA

Non conviene.

Insieme

ROSINELLA

Io son degna di perdono

così vuole il mio destin.

PASQUALINO

Io son degno di perdono

così vuole il mio destin.

PASQUALINO

Rosinella?...

ROSINELLA

Pasqualino...

ROSINELLA E PASQUALINO

Qua pensiamoci un pochino.

PASQUALINO

Esser fido a te vorrei,

e la vita ancor salvar.

ROSINELLA

Un amante ch'è costante

non si lascia spaventar.

PASQUALINO

Dici bene: straccio il foglio.

(piglia la sua carta)

ROSINELLA

Ecco qua, lo straccio anch'io.

(fa lo stesso)

PASQUALINO

Straccia, via.

ROSINELLA

Tu cosa fai?

PASQUALINO

Sto a veder quel che fai tu.

Tu comincia.

ROSINELLA

Tu sia il primo.

PASQUALINO

Non vorrei...

ROSINELLA

Non voglio più.

(rimettono il foglio sul tavolino)

PASQUALINO

Su coraggio: più non stimo

né il Marchese, né la morte.

(lo ripiglia)

ROSINELLA

Non temer, compagna anch'io

sarò ognor della tua sorte.

(fa lo stesso)

ROSINELLA E PASQUALINO

Ecco qui, stracciato è già.

(lo stracciano)

PASQUALINO

Mia Rosinella ~ non più timore

la mano, il core ~ ti voglio dar.

ROSINELLA

Sì Pasqualino ~ sì mio carino ~

sempre costante ~ ti voglio amar.

PASQUALINO

La tua manina?

ROSINELLA

Eccola qua.

ROSINELLA E PASQUALINO

Cara carina ~ non dubitar.

Che dolce affetto! ~ che bel diletto!

Il cor di giubilo ~ sento mancar!

(mentre finiscono entra il Marchese)

Scena sesta

Il Marchese, e detti.

MARCHESE

Come? Che veggo qua! Voi in questa stanza!

Come venuta, ed a far che? Parlate.

ROSINELLA

A trovar son venuta il mio marito.

MARCHESE

Come marito? E tu come eseguisti

l'ordine che ti ho dato?

PASQUALINO

Ho scritto il foglio, e poi l'ho lacerato.

MARCHESE

Ah, indegni tutti due! Dell'ira mia

vi ridete così?

ROSINELLA

Signor, perdono,

pietade... O se volete

qualcheduno punir per tal cagione,

ora che Pasqualino è mio consorte

Rosinella punite.

MARCHESE

Oh mio schernito amor! Anteponeste

un meschinello un vile

ad un ricco signor, ad un marchese?

ROSINELLA

Ah, mio signor cortese,

Pasqualin per mio amore

tutto aveva perduto. A lui soltanto

non restava altro ben che Rosinella.

Togliergli ancor la sposa, non saria

crudeltà senza esempio, e tirannia?

PASQUALINO

Or ora piango da consolazione.

MARCHESE

Ceda, ceda il mio amore alla ragione.

I vostri sentimenti

lodo stimo l'affetto,

e quel core fedel, che avete in petto.

Sentite... Ma vogl'io

che siano testimoni

dell'atto generoso

mia nipote, l'amico, e tutti gli altri

che già vengono a noi.

Scena ultima

Tutti.

CAMILLA

Eccomi signor zio, sono da voi.

CONTE LELIO

Son qua, amico, ancor io.

VALERIO

(Ciò che segue vediamo.)

LAURETTA

(Davver ne son curiosa.)

MARCHESE

Di quel ch'è già passato

fra noi più non si parli.

Rosinella è sposata a Pasqualino;

ed io che già l'amai, d'amore in segno

mille doppie di dote ora le assegno.

ROSINELLA

Oh signor generoso!

PASQUALINO

Oh me felice sposo.

CAMILLA

Giacché tutto, signor, voi perdonate,

perdono al Conte anch'io;

e quando fia contento

per mio sposo l'accetto.

MARCHESE

Io v'accontento.

CONTE LELIO

Contentissimo io sono.

MARCHESE

Si sposi pur chi vuole.

Mi sposerò ancor io

quando trovi un'amante,

ch'abbia di Rosinella il cor costante.

CORO

Costanza in amore

è il pregio più raro

che un cor può vantar.

Chi 'l trova in un core,

se 'l tenga ben caro,

ch'è assai da stimar.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40 (W)

Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena ultima