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Gli sciti

GLI SCITI

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Gaetano ROSSI.
Musica di Johann Simon MAYR.

Prima esecuzione: 21 febbraio 1800, Venezia.


Interlocutori:

ERMODANO capo d'una popolazione dei sciti

basso

INDATIRO suo figlio, destinato sposo ad Obeida

tenore

ATAMARO re della Persia, amante di Obeida

soprano

OBEIDA figlia di

soprano

SOZAME supremo generale de' persiani, emigrato nella Scizia

tenore

ZULMA amica di Obeida

soprano

IRCANO confidente d'Atamaro

tenore


Gran sacerdote scita, Sacerdoti sciti. Coro di Sciti, Guerrieri sciti, Guerrieri persiani, Donzelle scite, Popolo scita.

La scena è in una parte della Scizia, alle falde dell'Immaro, confinante alla Persia.

Atto primo
Scena prima

Valle ombrosa. In un lato tempietto. Qualche capanna sparsa, e il fiume Osso in lontananza.
Molti Sciti, ch'escono dal tempio giulivi, poi Indatiro, e Sozame presi per mano, indi Ermodano.

CORO

La gioia, ed il piacere

respiri d'ogn'intorno:

un sì felice giorno

è sacro al dio d'amor.

Fra d'anime guerriere

un puro, e dolce affetto,

accende, e accresce in petto

di gloria il vivo ardor.

INDATIRO

D'amor la bella imago,

la figlia tua vezzosa,

oggi sarà mia sposa!

Felice alfin sarò.

SOZAME

Di questo cor gli oggetti

tu, e la mia figlia siete:

se lieti voi sarete,

figli, con voi godrò.

(abbracciandosi)

Insieme

INDATIRO

Ah se a me padre sei

se figlio a te son io:

son paghi i voti miei,

che più bramar non so.

SOZAME

Ah se a me figlio sei

se padre a te son io:

son paghi i voti miei,

che più bramar non so.

(il coro ripete; in questo:)

ERMODANO

Figlio! Amici! Gran nuove!

Temerari stranieri, dell'Immaro

superaro i dirupi, e all'Osso in riva

di scender par, che abbian pensier.

SOZAME

(turbato)

Stranieri!

Chi fieno mai?

ERMODANO

Fra noi

alcun guerrier, che i loro campi vide,

che son persi assicura.

SOZAME

(agitato)

Persi!... Oh dèi!

Sorte crudel! Temerli ancor dovrei?

INDATIRO

De' persi il nome ti turbò? Che temi?

Calmati: qui sicuro sei: che importa

a noi l'arrivo di costoro? Un core

abbiam, che non li teme, e a questo in seno

sciogliamo a pura, amica gioia il freno.

Vieni, Sozame, a offrire questa destra,

che per te pugnerà: destra felice

ad Obeida promessa,

fedele a te, guidata dal valore,

e de' nemici tuoi scempio, e terrore.

SOZAME

Vengo ~ son teco: andiamo

SOZAME E INDATIRO

Poi questi audaci a debellar vogliamo.

ERMODANO, SOZAME, INDATIRO E CORO

Se a cimentarci vengono,

questi superbi tremino:

del lor ardir si pentano:

nel scempio lor conoscano

dei Sciti il braccio, e il cor.

(partono Indatiro, e Sozame)

Scena seconda

Ermodano, e Sciti.

ERMODANO

Sciti; parte di voi

nel maggior tempio la gran pompa appresti.

Altri i sparsi compagni

a raccorre, e ad armar voli, e s'affretti:

veggano i persi arditi

tanti guerrieri, quanti sono i sciti.

(parte coi sciti)

Scena terza

Interno della capanna di Sozame. Essa è formata di giunchi, e vincigli vagamente connessi.
Obeida (ella dimostra una profonda tristezza), poi Zulma.

OBEIDA

Calma, tormenti miei;

pace, tiranno amore:

pietà del mio dolore,

di questo cor pietà.

Ah! Tutto, oh dio! perdei...

più speme non mi resta:

la sorte mia funesta

più guai per me non ha.

Misera Obeida!

(s'abbandona concentrata su d'un sedile di vincigli)

ZULMA

(entra, vede Obeida sì concentrata: la compiange, poi accostandosele)

E sempre

nel duolo immersa ti vedrò? Né fia,

che un dì men triste, Obeida, ti rimiri?

Sì concentrata ognor? Sempre in sospiri?

OBEIDA

(con sentimento)

Amica! ~ Oh dio! Costume

si fe' in me la tristezza ~ Oh Zulma! Zulma!

ZULMA

Oggi, che ad Indatiro...

OBEIDA

(alzandosi con forza)

Ah taci. Il core

mi trafiggi così: oggi ~ per sempre,

più sventurata ancora,

s'è possibile mai,

io diverrò: ~ Questo mio cor ~ non sai! ~

Ah! compagnimi, amica!

Sappi, che un dì ~ nella mia patria... ~ Ah! Il padre...

(osservando)

E chi è seco? Indatiro? Ah forse è questo

il momento terribile, e funesto.

Scena quarta

Indatiro, Sozame, Obeida, e Zulma.

SOZAME

(presentandole Indatiro)

Ecco, figlia, il tuo sposo.

INDATIRO

Co' la mia destra, Obeida mia diletta,

un puro core, un vivo amore accetta.

Ah! Ben lieto sarò, se dal tuo labbro

udrò la mia felicità! Di', Obeida,

ami, hai caro Indatiro?

OBEIDA

Il tuo valor, le tue virtude ammiro.

INDATIRO

Sposo m'accetti?

OBEIDA

Al padre, che ti scelse,

obbedirò. Al mio dovere adempio.

SOZAME

(Non è quel cor tranquillo.)

INDATIRO

Adunque al tempio:

tu mi precedi. Incontro i Persi intanto

io vo, e son teco.

OBEIDA

(scossa)

Oh ciel! Che dici? I persi?

INDATIRO

Inorridisci!

(osservandola, essa è inquietissima)

SOZAME

(Incauto! ~ Oh mio timore!)

INDATIRO

(accostandosele)

Che vuol dir quel pallore ~ Obeida!

OBEIDA

(abbandonandosi a Zulma)

Ah! Zulma!

INDATIRO

Agitata tu sei?...

OBEIDA

(riavendosi)

No: ~ breve istante

in libertà mi lascia...

SOZAME

(marcato)

Obeida!

OBEIDA

(Oh affanno!)

INDATIRO

Sì, ~ ma al tempio verrai?

OBEIDA

Verrò.

INDATIRO

La mia felicità sarai.

(con trasporto baciandole una mano, che Obeida che gli lascia fremendo)

Oh destra adorata,

se alfin ti possiedo,

non avvi non credo

contento maggior.

OBEIDA

La destra ~ (oh dolore!)

se brami ~ l'avrai. ~

(Ma amarti giammai

saprà questo cor.)

SOZAME

Oh figli! D'amore

la face già brilla...

(Ma l'alma tranquilla

la figlia non ha.)

Insieme

INDATIRO

Quai teneri affetti

nell'anima io sento?

Frenare il contento

quest'alma non sa.

OBEIDA

Quai barbari affetti

nell'anima io sento?

Frenare il tormento

quest'alma non sa.

SOZAME

Quai fieri sospetti

nell'anima io sento?

Frenare il tormento

quell'alma non sa.

(Obeida va lentamente, e affatto oppressa ritirandosi da una parte; Sozame, nell'uscire con Indatiro, le dà un'occhiata espressiva; Obeida sospira, ed entra)

Scena quinta

Zulma sola.

Ah, d'Obeida l'affanno

ha profonde radici: e qual ne fia

la segreta cagion? Per Indatiro

stima in lei scorgo, e non amor. Ah, forse,

(e lei misera allora!)

ad un primiero, e disperato affetto

quell'infelice cor arde nel petto.

(parte)

Scena sesta

Scoscesa montagna; è mezza ingombrata da' boschi. Vi si veggono delle capanne sparse.
Atamaro si vede discendere dall'alto della montagna con Ircano, e col suo Séguito. Alcuni de' suoi seguaci vi restano sopra: poi Indatiro con Sciti.

ATAMARO

Questa è dunque la Scizia?

E qui Obeida respira! ~ In sen di queste

terribili foreste! ~

(sempre discendendo, e seco Ircano)

Fra tai selvagge, abbandonate sponde!

tanta beltà, tanta virtù s'asconde! ~

Obeida! Idolo mio! ~ Oh tu, cui sempre

tutti impegnarti i puri affetti miei,

vedi, ~ ascolta Atamaro ~ Ah! Dove sei?

Ah! Che all'aure i mesti accenti

vo spargendo, sventurato!

L'eco sol quel nome amato!

S'ode intorno a replicar... ~

Come mai violento in petto

sento il core a palpitar!

Ah t'intendo! Al caro oggetto

tu vorresti, oh dio! Volar.

Ma una voce lusinghiera

dolce al cor mi scende, e dice,

che alla fin sarò felice,

che son presso a respirar.

Sì, ~ si vada.

(incamminandosi)

IRCANO

Signor, dove t'inoltri?

ATAMARO

Vo d'Obeida a cercar; frenar non posso

più l'impazienza mia...

(incamminandosi)

IRCANO

Resta: turba di sciti a noi s'avvia.

Indatiro esce con molti Sciti: tutti hanno un ramo d'ulivo in mano: gli osserva, poi volgendosi ad Atamaro:

A te, stranier, cui l'oro,

e le gemme distinguono dagli altri,

parla, di'! Che pretendi in questi luoghi?

Vieni tu a riguardarci

come uomini, ed amici? O ad insultarci?

ATAMARO

(Quanto ardir! Quale orgoglio!)

Le frontiere venuti

a visitare del persiano impero

vago desio ci prese

un popol di veder sì valoroso,

e pe' costumi suoi tanto famoso.

INDATIRO

Se questo sol desio

nella Scizia vi trasse, ebben restate:

in libertà girate

per le nostre contrade: amico sempre

lo scita è d'amistà.

ATAMARO

Noi la cerchiamo.

INDATIRO

E l'avrete da noi: più che amistade

alla vostra nazion caro legame

oggi mi stringerà.

ATAMARO

(sorpreso)

Come? Che dici?

INDATIRO

Saper ti basti, ch'io fra i più felici

oggi sarò: che dalla Persia viene

la mia felicità! ~ Ti turbi!... Forse?...

Lunge i sospetti; te leal cred'io:

rammenta sol, che se insultarci mai

tentasse un'alma ardita

vedria di che capace è il cor d'una scita.

Paventi un core ingrato,

che l'amistà tradisce:

chi cimentarci ardisce

vinto da noi cadrà.

CORO

Chi cimentarci ardisce

vinto da noi cadrà.

INDATIRO

A te la destra intanto,

offro di pace in segno:

ed a voi tutti un segno

sia questo d'amistà.

(egli, ed i suoi compagni presentano il ramo d'olivo ai persiani)

CORO

Ed a voi tutti un segno

sia questo d'amistà.

INDATIRO

(Ah qual mai dubbio in petto

mi turba a mio dispetto?)

Ma in campo formidabile

lo scita ognor sarà.

(parte co' suoi)

Scena settima

Boschetto.
Zulma, indi Ircano.

ZULMA

Si vada al tempio: è questa

l'ora della gran festa: ah sia felice

per Obeida! Una volta

che possa respirar...

(per partire in questo)

IRCANO

(uscendo)

Ferma: m'ascolta

donna gentil...

ZULMA

Che vuoi?

IRCANO

Dirmi sapresti

ove il perso sovrano ha il suo soggiorno?

ZULMA

Or non lo troveresti: co' la figlia

pe 'l gran nodo è nel tempio: se hai desio

pur di vederla, vieni al tempio: addio.

(parte)

IRCANO

Pe 'l gran nodo Che fia? ~ S'avverta il prence.

Vegga al tempio il suo ben: propizio amore

gli arrida alfine, e gli consoli il core.

(parte)

Scena ottava

Gran tempio de' sciti. Ara accesa nel mezzo.
Sciti, e Scite. Gran sacerdote con nappo nuziale, molti altri Sacerdoti intorno all'ara.

CORO

D'Imene la face

serena risplenda,

quell'anime accenda

un tenero ardor.

E provino pace,

piaceri innocenti

gli sposi contenti

nel seno d'amor.

(al finire del coro escono Ermodano, Indatiro, Sozame, Obeida, e Zulma, poi Atamaro, e Ircano)

OBEIDA

(Vittima miserabile

d'un avverso destino, del dovere,

povero cor, ad immolarti io vengo.)

ERMODANO

Figli: ecco l'ara. I vostri

solenni giuramenti,

giusta il sacro costume

offerite sinceri al sommo nume.

SOZAME

Dalla paterna mano,

figlia, lo sposo tuo ricevi.

OBEIDA

(Oh pene!

Fiero istante per me!)

INDATIRO

Vieni, mio bene.

(s'accosta all'ara)

Alla mia patria, ai genitori, ai numi,

a me medesmo, al caro oggetto io giuro.

(prende il nappo)

(E veleno mi sia questo liquore,

se dal mio labbro va disgiunto il core.)

Sposo sarò ad Obeida:

e sempre acceso più, sempre più fido

ne' dolci affetti miei

vivrò, combatterò, morrò per lei.

(beve, e rende il nappo al gran sacerdote: Obeida rimane immobile. Breve silenzio)

ERMODANO

E tu non giuri, Obeida?

SOZAME

Figlia!...

INDATIRO

Sposa!

OBEIDA

Eccomi: (oh dio!) Io pur la fronte, o dèi,

(riavendosi)

piego alle vostre auguste leggi, e sacre...

e ad Indatiro... (ohimè!) Fede...

(ah non reggo...) eterna giù...

(mentr'è per prendere la tazza, Atamaro si fa largo fra i sciti, e s'avanza)

ATAMARO

Qual festa!...

(Obeida lo riconosce, e lasciandosi cadere il nappo sviene quasi tra le donzelle scite)

OBEIDA

Oh dèi! Che veggo!

TUTTI

(fuorché Obeida, in analoghe attitudini, e sentimento)

Ah! Che avvenne? Qual terrore

l'infelice opprime, e assale!

Qual ferale altro pallore!

Che vuol dire? Che sarà?

INDATIRO

Obeida! Obeida mia! ~

SOZAME

(Terribile momento!)

ATAMARO

(ad Ircano)

Obeida è quella:

è d'essa... è lei...

IRCANO

Ti frena, e pensa almeno

al luogo dove sei.

ATAMARO

Ah non vedo, non sento altro, che lei.

ERMODANO

Quanti pensier! ~ sarebbe mai! ~ Potrebbe! ~

SOZAME

Figlia! Mia cara figlia!

ZULMA

Amica!

INDATIRO

Obeida!

OBEIDA

(Misera me!)

ATAMARO

(ad Ermodano, Indatiro, che non gli abbadano)

Di', che le avvenne? ~ Questa...

(ad Obeida)

Ti rinfranca ~ che fu?

OBEIDA

(Voce funesta!)

(riavendosi)

Oh padre! Oh padre mio! ~

(espressivamente)

Doglia improvvisa

m'oppresse il cor: una crudele idea

di passate sciagure. ~ Or però sento,

che cessando mi va.

(ad Indatiro fingendo calma)

Io sono adesso,

vedi, tranquilla. ~ (Ah disperata invece.)

Ah perché in tal momento

perché, spietati dèi!

Accrescer, rinnovar gli affanni miei?

Fredda man mi stringe il core...

di terrore ho ingombro il seno...

ah venisse morte almeno

le mie pene a terminar.

(affettando ilarità)

No, per me non v'affannate...

(al padre)

Frena il duolo.

(ad Indatiro)

Il cor serena.

È cessata la mia pena,

son vicina a respirar.

CORO

Mostra l'alma invan serena,

vuol l'affanno, invan celar.

SOZAME

Figlia incauta!

OBEIDA

(sottovoce con arte)

(con passione)

Ah genitore! ~

(poi con sorriso forzato)

Indatir!...

INDATIRO

Mio ben!... Fa' core...

OBEIDA

(gira gli occhi, e veggendo Atamaro che se le accosta)

Atamar!...

ATAMARO

Sei fida ancora?

OBEIDA

(sottovoce con arte)

Ah mi sento oh dio! mancar.

(s'appoggia alle donzelle scite)

SOZAME, INDATIRO E ATAMARO

Ah, non so, che mai pensar.

OBEIDA

Ah l'eccesso di mie pene

mi trasporta a delirar.

Insoffribil mi diviene

più la vita sopportar.

Ah venisse morta almeno

tanti affanni a terminar.

CORO

Mostra l'alma invan serena

vuol l'affanno invan mostrar.

(parte con desolazione tra le donzelle scite)

Scena nona

Indatiro, Ermodano, Atamaro, Sozame. Ircano, dopo breve pausa.

ATAMARO

(ad Ircano)

Vieni, voglio seguirla.

IRCANO

Ah pensa, ~ ah senti... ~

ATAMARO

Taci, che invan trattenermi tenti.

(parte, e seco Ircano)

INDATIRO

Padre! ~ Sozame! ~ Oh dèi!

(in tono cupo)

Qual sospetto crudel! Padre, consiglio ~

se tradito foss'io!

ERMODANO

Vieni, mio figlio...

(parte con Indatiro)

SOZAME

Ah più dubbio non v'ha. La mia sciagura

è giunta al colmo omai.

D'Atamaro l'arrivo ~ quel momento! ~

Indatiro! ~ Ermodano! ~ I lor sospetti! ~

Atamaro! ~ La figlia! ~

Che risolver? Che far? ~ Chi mi consiglia?

Dèi, che nel cor leggete

d'un padre sventurato

in sì tremendo stato

reggete questo cor.

Se è rea la figlia tremi,

davanti il Perso indegno:

di questo cor lo sdegno

sì piomberà su lor.

(parte)

Scena decima

Veduta delle capanne degli sciti.
Atamaro, ed Ircano, e Persiani.

ATAMARO

E non saprò più di così? Degg'io

dunque vivere in questa

incertezza funesta?

IRCANO

Calma, frena

gl'impeti di quel core...

ATAMARO

Ch'io mi freni? ~

Ma di'? Vedesti Obeida? ~ Ella mi vide,

mi riconobbe.

IRCANO

E la tua vista appunto

fu, che sì la turbò.

ATAMARO

Ah! Fosse vero!

Sperar potrei. Ma quella pompa! ~ Io fremo

a un orribil pensier... ~ Se mai! ~ Se lei! ~

Ah qui invano venuto io non sarei.

È suo padre.

IRCANO

T'accheta: alcun s'appressa.

ATAMARO

È Sozame.

IRCANO

Oh qual mostra anima oppressa.

Scena undicesima

Sozame con Sciti, e detti.

ATAMARO

Oh Sozame!

(andandogli incontro)

SOZAME

(fiero)

Atamaro!

E sei pur tu? ~ A che vieni? Che ricerchi

in questi asili di riposo, e pace? ~

Ad insultarmi ancora,

ad insidiar la figlia mia ritorni?

Per salvarla qui son: per tua cagione

è il capo mio dal padre tuo proscritto:

vieni tu stesso forse

a ricercarlo in Scizia? ~ Sciagurato!

Eccolo, è pronto il mio: Ma ti rammenta,

che sei fra sciti, e per il tuo paventa.

ATAMARO

Il padre mio, che più non è, fu ingiusto,

fu barbaro con te. T'offesi io pure;

ma perdona, Sozame. ~ A riparare

qui vengo i torti tuoi. L'aure natie

ritorna a respirar. Ne' primi onori

degnati rientrar: de' miei tesori,

della grandezza mia,

vieni, a parte ti chiamo:

formar la tua felicità sol bramo.

SOZAME

Atamaro, t'intendo. Ivan t'adopri

onde sedurmi. Dentro al cor ti leggo.

ATAMARO

Dunque?

SOZAME

(sempre fiero)

Parti.

ATAMARO

E ricusi

le offese mie?

SOZAME

Sì.

ATAMARO

Forse che non credi

sincero questo cor.

SOZAME

Lasciami...

ATAMARO

Ah cedi

almeno al pianto mio.

SOZAME

Tu no 'l versi per me. ~ M'intendi. Addio.

(per partire)

ATAMARO

Inflessibil! La tua vendetta eccede!

Ah senti, ~ Obeida!

SOZAME

(ritornando, e in tono feroce)

Audace!

E nominarla ardisci ancora?... Obeida

or più per te non è: scordarla déi.

Vanne.

ATAMARO

Lo speri invan: fu Obeida il primo,

e il solo affetto mio: l'offersi, è vero:

ma fu colpa d'amor: ma sempre in seno

quella celeste idea portai scolpita:

sempre l'amai, l'amerò sempre ~ Ah, come

io scordarla potrei?

Ah! Se il volessi ancor, no: no 'l potrei.

Io lasciar l'amato oggetto?

Io scordare il mio tesoro?

Ah che troppo oh dio! l'adoro,

il dolor m'ucciderà.

No: non temo il tuo rigore:

non paventa un fido amore:

questo cor non cangia affetto,

e costante ognor sarà.

(Sozame va fremendo)

Non ti sdegnar: perdona

dell'ardor mio l'eccesso:

son dal dolore oppresso,

e merito pietà.

Sì quest'alma ognor fedele

al suo primo, e dolce affetto:

tremi pur con me, crudele!

adorarla ognor saprà.

(parte coi persiani)

SOZAME

Ah! Che pace sperar più non poss'io!

Quel cor violento, intraprendente, acceso

di cieco, e vivo ardore

mi fa tremare: orrore

mi destan mille idee, mille perigli.

La più fatal sciagura

il torbido pensier sol si figura.

(parte)

Scena dodicesima

Obeida, e Zulma; poi Atamaro, poi Indatiro, e Sozame, e detti.

OBEIDA

Che feci? Che giurai? Qual nodo strinsi

sacro, eh indissolubile?

(s'abbandona su d'un sasso)

ZULMA

Misera! Ti compiango!

OBEIDA

Ad uno scita,

ora, Obeida orgogliosa,

dunque sei fatta sposa! Ed hai per sempre

rinunziato! Ah pensiero! Oh quale avversa,

crudel fatalità qui ti condusse!

In qual funesto istante

troppo infelice, e troppo caro amante!

ZULMA

Amica sventurata!

ATAMARO

(esce dal fondo del teatro)

Ah dove mai,

(guardando attorno)

dove la troverò?

ZULMA

Chi a noi s'appressa?

OBEIDA

(volgendosi)

Stelle! Atamar!

ATAMARO

(vedendola)

È quella. Obeida! Ah è dessa!

(con trasporto verso di lei)

OBEIDA

Qual cimento! S'eviti.

(s'alza, e va per entrare nella sua capanna)

ATAMARO

(con passione)

Tu mi fuggi! T'arresta: Obeida!

OBEIDA

(senza guardarlo)

(Oh dio!)

ATAMARO

Nemmen mi guardi? Ingrata!

OBEIDA

Mi lascia, o mio fatale

persecutor. Tu mi ritorni innanzi

per isvellermi il core.

(per partire)

ATAMARO

Odi, senti Atamar...

OBEIDA

(con passione)

Barbaro! In questo

crudo stato funesto e che puoi dirmi?

(sostenuta)

Va'... non posso ascoltarti, e no 'l degg'io.

ATAMARO

Eccomi a' piedi tuoi, bell'idol mio.

Pietade almen, se non amor, spietata!

Ti disarmi, e commova. Forse i climi,

in cui vivi, il tuo cuor reser feroce!

O cor, sol nato per amar, non puoi

tu fuorché odiar?

(tenerissimo)

De' nostri numi imago

non sai fuorché punir?

(con tutto sentimento)

I numi sanno,

Obeida, perdonar, e tu?

OBEIDA

(agitatissima)

(Che affanno!)

ATAMARO

(con tutto sentimento)

E non parli?... Ma Obeida!

OBEIDA

Ah sappi...

ATAMARO

Segui.

OBEIDA

(tremando)

Un destino tiranno...

del genitor la scelta...

un momento crudele...

ATAMARO

(ansioso)

Ebben... Parla...

OBEIDA

Indatiro... uno Scita... la mia mano...

là... nel tempio... fremendo...

ATAMARO

Taci, crudel non proseguir: t'intendo.

ATAMARO

E tradir potesti, infida!

Quell'amor, che a me giurasti!

Così, ingrata! Mi serbasti

la tua man, la fedeltà?

OBEIDA

Ah! non ero adunque ancora

abbastanza sventurata!

Non chiamarmi infida, ingrata,

no, tradito il cor non t'ha.

Insieme

ATAMARO

Ah! da quanti affetti il core

agitato, oppresso io sento!

Ma il maggior, più fier tormento

è che mia più non sarà.

OBEIDA

Ah! da quanti affetti il core

agitato, oppresso io sento!

Ma il maggior, più fier tormento

è che mio più non sarà.

(rimangono dolenti alcun poco, in questo escono Indatiro e Sozame, il primo fremendo addita Obeida a Sozame)

INDATIRO

Mira la figlia indegna...

SOZAME

Stelle! Atamar con lei!

SOZAME E INDATIRO

Ah tanto oltraggio, o dèi!

soffrire il cor non sa.

Perfidi!

(avanzandosi)

OBEIDA

Il padre!

ATAMARO

Oh cielo!

SOZAME E INDATIRO

Audaci!

ATAMARO

Io fremo...

OBEIDA

Io gelo.

SOZAME, OBEIDA, INDATIRO E ATAMARO

Istante più funesto

di questo non si dà.

INDATIRO

(ad Obeida)

Perfida! Tu m'inganni!

(ad Atamaro)

Tu la seduci, indegno!

Tremate del mio sdegno,

temete il mio furor.

OBEIDA

(ad Indatiro)

Ah che innocente io sono...

deponi un cieco errore:

ingiusto è il tuo furore,

fedele è questo cor.

SOZAME

(ad Atamaro)

D'una famiglia oppressa

persecutore audace!

Vanne: ci lascia in pace,

fuggi: mi desti orror.

ATAMARO

(a Sozame)

Barbaro! Tu lo sai

qual ben per te perdei!

De' nostri guai tu sei,

spietato! il solo autor.

INDATIRO

(ad Atamaro)

Trema...

ATAMARO

Ti sprezzo...

SOZAME E OBEIDA

Arrestati.

(il primo ad Atamaro, e Obeida ad Indatiro)

INDATIRO E ATAMARO

(volendo assalirsi)

Ah! Il mio furor...

SOZAME E OBEIDA

(come sopra)

(il primo ad Atamaro, e Obeida ad Indatiro)

Deh placati!

INDATIRO E ATAMARO

Morte... vendetta!...

SOZAME E OBEIDA

Ah! Barbari!...

Insieme

SOZAME E OBEIDA

Vi plachi il mio dolor.

INDATIRO E ATAMARO

M'irrita il suo dolor.

Insieme

SOZAME E OBEIDA

Quante smanie! Quanti affetti!

Quanti affanni! Quai sospetti!

Dall'amore dal furore

vacillando il cor mi va.

INDATIRO E ATAMARO

Quante smanie! Quanti affetti!

Quanti affanni! Quai sospetti!

Dall'amore dal dolore

vacillando il cor mi va.

CORO

I

Quante smanie! Quanti affetti!

Quanti affanni! Quai sospetti!

Ah! Amore, ed il furore

vacillar quell'alme fa.

CORO

II

Quante smanie! Quanti affetti!

Quanti affanni! Quai sospetti!

Ah! Amore, ed il dolore

vacillar quell'alme fa.

(Sozame prende per mano Obeida, e la conduce nella capanna; Indatiro la segue; Atamaro fremendo va per altra parte, il coro si disperde in varie attitudini)

Atto secondo
Scena prima

Valle ombrosa.
Coro di Sciti, ed Ermodano.

CORO

Minaccia il perso audace,

all'armi, o sciti,

se turba a noi la pace

pugniamo arditi,

mostriam valor.

ERMODANO

Prodi sciti: in tal giorno

l'armi da tanto tempo infra le selve

avvezze solo a sterminar le belve,

no 'l voglia il ciel, fia d'uopo oprar: se insano,

se perfido il persiano

guerra cerca, e desia.

Di guerra il segno a lui di morte sia.

CORO

Se tradimenti medita;

mano agli strali:

se cimentarci ardiscono,

piombin fatali

sui traditor.

(parte Ermodano con coro)

Scena seconda

Indatiro, indi Atamaro con Ircano.

INDATIRO

(esce, guarda d'intorno, poi)

Né venne ancor? Forse sì vil? Temesse

colui l'incontro mio? Mi deludesse?

Di venire promise?

Attendiamo.

(si getta a sedere su di un sasso)

ATAMARO

(ad Ircano)

(dal fondo della scena)

Egli è solo: e solo anch'io,

vanne, restar desio.

IRCANO

Né temi?...

ATAMARO

Pronte

tien le mie schiere.

IRCANO

E qui dovrei lasciarti?

ATAMARO

Sempre ho meco il mio cor: lasciami, e parti.

(parte Ircano)

(si avanza verso Indatiro)

Indatir!...

INDATIRO

(levandosi con impazienza)

Sei pur qui? Snuda quel ferro.

ATAMARO

(sorpreso)

Perché?

INDATIRO

(fiero)

Non ami Obeida tu?

ATAMARO

L'adoro.

INDATIRO

Ebben: saprai, che Obeida destinata

m'è dal padre in isposa: tu l'adori:

io rivali non soffro: un sol di noi

dée possederla. L'armi

decideran fra noi,

chi tal bene otterrà.

ATAMARO

Dunque tu vuoi...

INDATIRO

Trucidarti, o perir. Ti turbi? Temi

forse la morte tu?

ATAMARO

No: non la temo:

ma sento ben d'umanità le voci.

V'è sempre tempo per versar del sangue.

INDATIRO

Dunque?

ATAMARO

Più giusto giudice,

che la forza, e l'acciaro,

Indatiro, scegliamo.

INDATIRO

E quale?

ATAMARO

Obeida.

INDATIRO

(sorpreso)

Obeida?

ATAMARO

Sì... non ha compito affatto

il fatal giuramento,

che la legava a te. Libera ancora

sposo scelga fra noi quel, che più adora.

INDATIRO

(dopo breve riflessione)

Ebbene: accetto: Obeida

verrà al tempio fra poco.

ATAMARO

Là il gran destin dei nostri amor decida.

ATAMARO E INDATIRO

A' voti miei pietoso amore arrida.

Insieme

INDATIRO

Ti vedrò confuso, audace!

Dal disprezzo, e dal rossore:

t'avvedrai ch'è mio quel core,

che la speme t'ingannò.

ATAMARO

Non chiamarmi tanto audace,

forse tuo sarà il rossore:

la vedrem di noi qual core

nella speme s'ingannò.

ATAMARO E INDATIRO

Ah che celar invano

io cerco il mio sospetto:

mi va serpendo in petto

un barbaro timor.

INDATIRO

Del tuo ardir ti pentirai.

ATAMARO

Tu deluso, fremerai.

INDATIRO

Ella m'ama...

ATAMARO

Obeida è mia...

INDATIRO

Che si tarda?...

ATAMARO

Al tempio...

ATAMARO E INDATIRO

Andiamo:

là m'attende il mio contento:

là felice alfin sarò.

Vieni ~ andiamo ~ al gran momento

là so se trionferò.

(partono insieme)

Scena terza

Interno della capanna di Sozame.
Obeida. Ella è immersa in profondo pensiero. Sozame: egli entra, la vede, l'osserva, poi accostandosele in tono severo.

SOZAME

Obeida! Ebben! Che interpretar degg'io,

quel pianto? Quel dolor?...

OBEIDA

(con sentimento)

Ah padre mio!

SOZAME

Figlia! ~ Se mai ~ m'intendi. Se Atamaro

lusingarsi ei potria? ~ Creder dovrei. ~

Saresti tu?...

OBEIDA

Disposta ~

ad ubbidirti, o padre.

SOZAME

Il sol tuo sposo

è Indatiro.

OBEIDA

(con sospiro soppresso)

Lo so: ~ Purtroppo.

SOZAME

Al tempio

i giuramenti tuoi

vieni a compire. ~ Impallidisci?... Tremi?

Ma Obeida!

OBEIDA

Ah padre!

(piangendo)

SOZAME

(fiero)

Sciagurata!

OBEIDA

(incomponendosi)

Frena

gli amari detti, i tuoi sospetti: ~ quando

mi sposo ad Indatiro,

che pretendi di più? Qual d'ubbidienza

chiedi prova maggiore?

(con espressione)

Poss'io di più sacrificar del core?

SOZAME

Il tuo dover. ~

OBEIDA

Del mio dover comprendo

tutta la forza ~ al pari

della miseria mia: nulla tu puoi

rinfacciarmi a ragion.

SOZAME

Non più: nel tempio

io ti precedo: là t'attendo. Pensa

a chi figlia tu sei, al voler mio.

Rammenta chi è Atamar. M'intendi. Addio.

Pensa a' miei detti, e trema:

paventa il mio furor.

(Ma pur nel cor si scema

l'ira, e mi parla amor.)

Va': se resisti indegna

tutto temer dovrai:

a me cagion sarai

d'affanno, e di rossor.

(parte)

Scena quarta

Obeida, e Zulma.

OBEIDA

(rimane alcun poco pensosa, poi siede)

Sì, si trafigga questo debil core,

ma si serva al dovere, al genitore.

(per partire in questo)

ZULMA

E dove Obeida?

OBEIDA

Al tempio ~ a compier vado

il mio destino ~ ho fatto

di tutto sacrificio.

ZULMA

Come? E a quale partito

partito (oh cielo!) t'appigliasti?

OBEIDA

A quello

d'un disperato cor. Vieni, e 'l vedrai.

(parte)

ZULMA

Che di fatal vuol esser questo mai?

(parte)

Scena quinta

Gran tempio.
Gran Sacerdote scita, Sacerdoti, Sciti, Donzelle scite, Sozame, Ermodano; si canta il seguente:

CORO

Della Scizia gloria, e amore

il terrore de' nemici...

(viene Indatiro con Atamaro)

Serbate in Indatiro,

o numi amici,

piaceri, diletti,

quell'alma inondate:

quel cor consolate

delizie d'amor.

Di bellezza vaga imago

nostro pregio, ed ornamento.

(ad Obeida che viene con Zulma e donzelle)

Tu il cor del nostro eroe

rendi contento.

L'amore v'appresti

soavi contenti:

beati momenti

di tenero ardor.

ATAMARO

(ad Indatiro)

Ecco Obeida: la tua parola attieni.

INDATIRO

Uno scita non manca.

SOZAME

(prendendo per mano Obeida e conducendola verso l'ara)

Obeida, vieni.

E ad Indatir...

INDATIRO

Sospendi

odimi, Obeida, e apprendi

quanto di scita è grande il cor. Mia sposa

ti scelse il padre. Io punto non reclamo

la fé, che qui tu mi giuravi. Io voglio

libera appieno del tuo cor la scelta.

Ardisce questo perso

dritti vantar sopra il tuo cor: decidi:

e scegli pur fra noi,

chi più ti è caro, chi ti piace, e vuoi.

OBEIDA

(sorpresa ad Atamaro)

Tu? Che dici? E degg'io?

ATAMARO

Sceglier senza timor.

OBEIDA

(ad Indatiro)

Ma tu?

INDATIRO

La scelta,

qualunque sia, rispetterò.

OBEIDA

(Oh cimento

terribile, e crudele!)

ZULMA

(Quale momento!)

ATAMARO

(con passione)

Obeida! Obeida mia!

Se un rival generoso

ne' dritti suoi libero cor ti lascia,

ah? non tardar: rammenta

il primo amor, le tenerezze antiche,

le soavi speranze, la mia fede,

di quest'alma l'ardore: ah! giacché il puoi,

dolce, e cara mia vita,

la mia felicità rendi compita.

INDATIRO

Preci! Pianti! Sospiri! ~ O molle perso!

ERMODANO

Chi sceglierà?

ZULMA

(Che fia?)

SOZAME

(piano ma fiero ad Obeida)

(Ancora esiterai?)

INDATIRO

(grave)

Ebbene?

ATAMARO

(amoroso)

Obeida!

OBEIDA

(Trionfa, o mia virtù!) Scelsi lo sposo,

cui accordò ~ la destra,

(ah no 'l so profferir) quel ~ ch'io prescelgo

cui sacrifico ~ tutto ~

(povero cor!) In... datiro, tu sei...

INDATIRO

Io? ~ Oh mio trionfo!

ATAMARO

(sorpreso)

Ah! Che dicesti, oh dèi!

SOZAME

Oh mia figlia!

(abbracciandola)

ZULMA

(Oh virtù!)

ERMODANO

Oh scelta!

ATAMARO

(con passione, e sdegno)

Ingrata!

Mi tradisci così? Scusa, difendi

la leggerezza tua, la tua incostanza:

va' conobbi abbastanza. ~

INDATIRO

(con forza interrompendolo)

Ed abbastanza

io ti soffrii finor: qui più non hai

che pretender, che far: vattene omai:

sgombra la Scizia. In Persia riedi, e guarda

di più tornare audace!

In questi asili d'innocenza, e pace.

OBEIDA

(Come reggi, o mio cor!)

ATAMARO

(con amara ironia)

Vado. Gioite

in sen d'amore...

OBEIDA

(Oh dio!)

ATAMARO

Siate felici! Alla vendetta! Addio.

(parte)

OBEIDA

(Povero prence!)

SOZAME

Udisti,

che amaro favellar!

ERMODANO

Che fieri sguardi!

INDATIRO

Frema a suo senno: a noi che importa? Un perso

potrà farci tremar? ~ Oh qual mi sento

più vivo ardor nel sen or che di nuovo,

e sì caro trionfo altero io vado!

Obeida, a te serbato

di rendermi felice aveva il fato.

Più soave, e dolce istante

no, di questo io non provai:

sì felice tu mi fai,

tu consoli questo cor.

Ah! Il diletto, che brillami in petto,

va destandomi un tenero affetto,

delizioso m'accende un ardor.

Frema il fato, minacci la sorte:

non paventa quest'anima forte:

nuovo ardire mi presta l'amor.

(parte con Obeida, e seco tutti)

Scena sesta

Esterni della capanna di Sozame: molte altre, bosco vicino.
Atamaro, Ircano, e Sciti.

IRCANO

Ah! Mio prence, che tenti?

ATAMARO

Tutto, purché sia mia...

IRCANO

Dunque hai deciso?...

ATAMARO

Di salvarla, o perire... Obeida m'ama...

Sforzata fu la scelta sua: fu effetto

del paterno rigore,

d'un tiranno comando. I Persi ascosi

tieni al mio cenno, e vanne.

IRCANO

T'ubbidirò.

(entra nel bosco)

ATAMARO

Ah chi viene?

Il rival! Seco Obeida! Ecco il momento.

Scena settima

Indatiro con Obeida, e pochi Sciti, e detti; poi Ircano.

INDATIRO

(senza veder Atamaro)

Oh sposa! Il mio contento! ~ Ancor qui sei?

Non partisti? Perché?

OBEIDA

(con forza veggendo Atamaro)

(Che incontro, oh dèi!)

ATAMARO

Perché? Perché non parto

senza un bene, ch'è mio, che tu m'involi.

OBEIDA

(Misera me!)

INDATIRO

(fiero)

T'intendo io bene?...

ATAMARO

Obeida...

INDATIRO

Va' ardito perso, va', non cimentarmi...

ATAMARO

Ah trema tu d'un disperato amore.

(snuda il ferro; alla chiamata esce Ircano co' persi, che assalgono gli sciti)

ATAMARO

Compagni, all'armi...

OBEIDA

Oh numi!

(sviene su d'un sasso)

INDATIRO

Ah! Traditore!

(difendendosi, e incoraggiando i suoi si perde sopraffatto dal numero de' persi tra le scene)

ATAMARO

Ircano, la soccorri.

Ed in salvo l'adduci.

(parte inseguendo gli sciti coi suoi)

IRCANO

Obeida!... Oppressi

sono gli spirti suoi: lunge si tragga;

quel sopor favorisce il gran disegno.

(mentre si dispone co' pochi persi a levarla, escono)

Scena ottava

Sozame, ed Ermodano con Sciti, e detti, poi Atamaro.

SOZAME

Fermati, sciagurato!

ERMODANO

Arresta, indegno!

IRCANO

Qual sorpresa! Oh destino!...

(i suoi fuggono, ed egli ferito da Sozame va a cadere dentro la scena)

SOZAME

Cadano i traditori!

ERMODANO

S'inseguano i felloni.

(partono per dove fuggono i persi)

OBEIDA

(rinvenendo)

Ah! Che m'avvenne!

(alzandosi)

Sciagurato Atamar!... Stelle! Che miro?

È lui?

(Atamaro entra senza cimiero con ferro nudo, e smarrito)

ATAMARO

Barbaro ciel! Dove m'aggiro?

(vede Obeida)

Spietata!

(con passione, e sdegno)

OBEIDA

(agitata)

Ah di'! Che fu?

ATAMARO

Vinto son io.

Disfatti uccisi i miei...

Godi crudel, per te tutto perdei.

OBEIDA

(atterrita)

Misero te! Dei sciti

se mai cadi in poter! Ah vieni...

(prendendolo per mano)

ATAMARO

Dove?

OBEIDA

(inquieta)

Per un'ignota via...

ATAMARO

Come?

OBEIDA

(inquieta)

T'affretta:

un istante puol esserti funesto.

(conducendolo)

ATAMARO

Son teco: andiam: che infausto giorno è questo!

(via con Obeida)

Scena nona

Indatiro, Sozame, Ermodano, e Sciti vittoriosi.

INDATIRO

Vincemmo, amici eroi: il perso infido

è già vinto, e distrutto.

SOZAME

Ed Atamaro!

INDATIRO

Ah sol del traditore

il sangue manca alla vittoria.

ERMODANO

Amici,

dividiamci.

SOZAME

S'insegua.

INDATIRO

Si ritrovi.

INDATIRO, SOZAME E ERMODANO

Cada: s'uccida, e l'ire nostre ei provi.

(via da parti opposte)

Scena decima

Vastissime grotte: nel fondo vi si vede un foro in un lato, per cui si va al fiume.
Obeida, che conduce Atamaro.

ATAMARO

Qual tremendo sentier! Quale di morte

spaventevol soggiorno! E dove in questi

cupi massi funesti, rovinosi,

dove guidi, crudele! i passi miei?

OBEIDA

Vien: non temer: già quasi in salvo sei.

Vedi quel foro? Il fiume è là: ~ lungh'esso

inosservato al Tauro,

indi in Persia sarai; ~ salvati: vanne.

ATAMARO

Senza di te?

OBEIDA

(con passione)

Atamaro!...

appartenerti omai

più non poss'io: lo sai.

ATAMARO

(con forza)

Perché il volesti.

OBEIDA

Ingiusto! Nel mio caso, in que' momenti,

che mi restava a far?

ATAMARO

Morir: ma mai

ceder l'amato ben, viverne privo.

OBEIDA

Io feci assai di più: t'ho perso, e vivo.

Parti: l'estrema volta

quest'è che si veggiam. ~ Vanne...

ATAMARO

Ed hai core

di lasciarmi così?

OBEIDA

Vacilla, o caro,

la mia virtù.

ATAMARO

Ma almen...

OBEIDA

Parti...

OBEIDA E ATAMARO

Oh tormento!

ATAMARO

(con tutto sentimento)

Oh mia Obeida!

OBEIDA

Atamar.

OBEIDA E ATAMARO

Morir mi sento.

Insieme

OBEIDA

Ah! Non so dirti, addio:

mi trema il labbro, e il cor.

Parti, mi lascia, oh dio!

che sventurato amor!

ATAMARO

Ah! Non so dirti, addio:

mi trema il labbro, e il cor.

Parto, ti lascio, oh dio!

che sventurato amor!

ATAMARO

Quando lontan sarò,

ricordati di me:

rammenta la mia fé,

pensa ch'io morirò.

OBEIDA

Taci, mi fai languir,

caro, non dir così,

vivi felici i dì:

debbo sol io morir!

Insieme

OBEIDA

Parti, mi lascia, oh dio!

che sventurato amor!

Ah! che lasciarti, e vivere

quest'anima non sa.

ATAMARO

Parto, ti lascio, oh dio!

che sventurato amor!

Ah! che lasciarti, e vivere

quest'anima non sa.

(si dividono con tutto il dolore: Atamaro giunto al fondo della scena si rivolge, e vede Obeida, che immobile lo guarda a partire, sospira, e arrivato con tutto il dolore fino all'imboccatura della grotta, odesi una improvvisa marcia guerriera, che viene sempre accostandosi, e ritorna agitatissimo)

ATAMARO

Numi! Di là qual suono!

OBEIDA

(che riconosce gl'istrumenti sciti, spaventata)

Miseri noi! Gli sciti!

ATAMARO

Ah! Che perduto io sono!

OBEIDA

(presta)

Vien: fuggiamo...

Per quel sentier... fra que' dirupi ascosi...

ATAMARO

Barbaro ciel!

(s'avviano verso dove vennero, e udendo un calpestio, indi scorgendo del chiarore)

OBEIDA

T'affretta...

ATAMARO

Ah! Qual rumore!...

OBEIDA

Stelle! Quale splendore!...

ATAMARO

(agitato)

Di qua gente vien pure...

OBEIDA

(come sopra)

Ah s'avanza...

ATAMARO

S'accresce...

OBEIDA E ATAMARO

Qual periglio!...

OBEIDA

Che far?...

ATAMARO

Dove fuggir!...

OBEIDA E ATAMARO

Numi! Consiglio!

(mentre cercano nascondersi, dal foro entra Indatiro co' sciti, e dalla parte, ove si celavano entra Sozame con sciti, e faci: sorpresa, e analoghe attitudini)

Scena undicesima

Sozame, Indatiro, e detti, e Sciti.

SOZAME E INDATIRO

Atamar! Che scopro!

OBEIDA E ATAMARO

Me infelice! Oh colpo! (Oh dèi!)

Insieme

OBEIDA E ATAMARO

Qual sorpresa! Qual orrore!...

Son di gel!... Respiro appena...

Giusto ciel che mai sarà!

INDATIRO E SOZAME

Scellerati!... Oh mio furore!

Smanio... fremo... il credo appena...

più frenarsi il cor non sa.

INDATIRO

Ah! quel perfido uccidete...

Quell'acciar deponi, e cedi.

(gli sciti s'avventano contro Atamaro, che snuda il ferro in atto di difesa)

ATAMARO

Quest'acciaro invan mi chiedi

co' la vita il deporrò.

(a un cenno d'Indatiro gli Sciti vanno per assalire Atamaro)

OBEIDA

(si pone davanti ad Atamaro)

Ah! fermate, trafiggete.

Questo core prima almeno...

SOZAME

Va': ti scosta: io nel tuo seno

quel fellon trafiggerò...

Insieme

INDATIRO

Sposa rea!...

SOZAME

Figlia rea!...

Insieme

OBEIDA

Sono innocente...

ATAMARO

Ah, ch'è innocente...

INDATIRO E SOZAME

(ad Atamaro)

Traditore!

Insieme

OBEIDA

È sventurato!

Ah di lui pietà, crudeli!

ATAMARO

Son sventurato!

Ah di lei pietà, crudeli!

INDATIRO E SOZAME

Non ve n'ha per gl'infedeli.

Insieme

OBEIDA E ATAMARO

Tanto fier quel vostro core

con due miseri sarà?

INDATIRO E SOZAME

Sempre fiero questo core

con due perfidi sarà.

SOZAME

L'empio cada...

INDATIRO

L'uccidete...

ATAMARO

Del mio sangue se hai tal sete

vien, tu sol versar lo déi...

INDATIRO

(con derisione)

Va': no 'l merti...

ATAMARO

(con forza)

Ah! Un vil tu sei.

INDATIRO

(fiero)

Questo è troppo.

ATAMARO

Vien...

INDATIRO

Verrò.

SOZAME E CORO

Va': punisci quell'indegno...

OBEIDA

Deh! Frenate quello sdegno...

INDATIRO E CORO

Vien t'aspetta già il tuo fato

ATAMARO

Temi tu d'un disperato.

TUTTI

Qual infausto orrendo giorno

di tormento, e di terrore!

Odio, orror, vendetta, amore

questo cor straziando va.

(Indatiro e Atamaro vanno pe 'l foro; Obeida li vuol seguire: Sozame la respinge biecamente, e li segue. Obeida desolata ritorna per donde venne)

Scena dodicesima

Boschetto.
Zulma, indi Ermodano.

ZULMA

Giusti dèi, che sarà! Quai di sciagure

serie funesta aduna

sopra di noi la più crudel fortuna?

ERMODANO

Zulma, vedesti figlio mio?

ZULMA

No 'l vidi;

ERMODANO

Lo cerco invano: ahi dove mai lo trasse

di quell'alma l'ardor? ~ E Obeida? ~

ZULMA

In traccia

di lei son io.

ERMODANO

Ah! Quest'Obeida! Zulma!

Se un forzato voler... Se un primo amore!...

Tremi ~ de' sciti il core...

ZULMA

Ah! Che mai dici?

In Obeida rispetta

di virtude un imago: in lei compiangi

del rigor d'un destin sempre ostinato

un innocente oggetto, e sventurato.

Tu di quel cor non sai

gli affanni, e le vicende:

il tuo timor l'offende,

giusta ragion non ha.

La patria, il suo dovere,

l'amore, il genitore

combattono quel core,

e merita pietà.

(parte da un lato, ed Ermodano dall'altro)

Scena tredicesima

Obeida, poi Sozame, poi coro di Sciti.

OBEIDA

E quanto ancora in questa

incertezza funesta

oh dio! restar dovrò? ~ Sposo, ed amante

a perdere vicina! ~

OBEIDA

Ah il padre! ~ Vieni...

dimmi, signor...

SOZAME

(Misera figlia!)

OBEIDA

Ah narra

della pugna il destin...

SOZAME

Tremane...

OBEIDA

(vivamente)

Parla;

squarciami pure il core.

SOZAME

Sappi ~ Lo sciagurato!...

OBEIDA

(con terrore)

Ah no no ~ Ferma...

Taci: non proseguir: troppo pavento

quello d'udir, che il cor già mi predice.

SOZAME

Ah, purtroppo il saprai, figlia infelice.

(parte)

OBEIDA

E mi lascia così? ~ Che vide mai,

chi provò della mia

vicenda più crudel? Sorte più ria? ~

Chi cesso avrà? Forse Atamar? ~ D'orrore

gelo al pensier. Sarà Indatiro? ~ Ah tremo

per l'uccisor ~ Ma, dèi, forse abbastanza

io non penai finora?

Sciagure da soffrir vi sono ancora?

Se m'avete destinata,

sventurata! A nuovi affanni

sospendete, o dèi tiranni,

questo cor non reggerà.

Vi placate...

(s'odono delle voci dolenti, che avvicinandosi sempre esclamano)

CORO

Sventurato!

OBEIDA

(agitata)

Ah! Quai voci!

CORO

Oh tristo fato!

(escono molti sciti con segno di dolore)

OBEIDA

(ai sciti)

Ah qual scossa all'alma! ~ Ah dite...

CORO

Infelice!...

(compiangendola, e volendo partire)

OBEIDA

Ah! Non partite...

CORO

Tu non sai?...

(compiangendola, e volendo partire)

OBEIDA

Parlate omai.

CORO

Ah più sposo tu non hai...

OBEIDA

Più non è?... Che sento!... Ohimè!

(s'abbandona su d'un sasso in tutta la desolazione)

CORO

Al colpo orribile

non regge, misera!

Nel cor più barbaro

faria pietà.

(Obeida inquietissima si volge, e chiede ai sciti)

OBEIDA

E Atamar!... (Mi trema il core.)

S'involò? Di lui che fia?

CORO

Arrestato il traditore

oggi il sangue verserà.

OBEIDA

(confusa)

Arrestato!

CORO

Sì, arrestato.

Ti consola.

OBEIDA

(Qual orrore!)

E morrà?

CORO

Sì, morirà.

OBEIDA

(con tutta la espressione del dolore, e del sentimento)

Qual orrendo è questo

di sciagure, e di tormenti!

Dèi spietati, ed inclementi!...

Non resisto... Sono oppressa!

Tutti aborro, odio me stessa,

e la vita orror mi fa.

(parte col coro desolatissima)

Scena quattordicesima

Ermodano, e Sciti; poi Zulma.

ERMODANO

Vendetta, amici: giacché in nostra mano

è l'indegno assassin del figlio mio,

ite: sia tratto al fatal bosco, e sacro:

colà Obeida si guidi, e delle auguste

nostre leggi vetuste il traditore

provi tutto il rigore: altri voi

ritorni al fiume in riva, ove sommerso

il figlio mio cadde per man del perso.

L'esangue spoglia ricercate: e fiero

se fu l'oltraggio, e il mio dolor, lo sia

fiera egualmente la vendetta mia.

(partono gli sciti)

All'idea della sua morte:

al pensier di mia vendetta,

questo core, che l'aspetta,

già si sente a consolar.

Cada vittima quell'empio

del più giusto, e atroce scempio:

e quel fulmine l'opprima,

che già vide a lampeggiar.

(mentre è per partire, esce)

ZULMA

Ermodano! Di'! È vero? Obeida deve...

ERMODANO

Alla legge adempir.

ZULMA

(Numi!) E Atamaro?...

ERMODANO

Vendicherà col sangue il figlio mio,

e pagherà de' suoi delitti il fio.

(parte)

ZULMA

Come Obeida farà? ~ Nel cor di lei

forza, e costanza ah voi ispirate, o dèi.

(parte)

Scena quindicesima

Bosco sacro destinato ai sacrifici. Simulacro della vendetta nel mezzo. Ara nel mezzo, e coltello confitto su dessa.
Gran sacerdote, Sacerdoti, e Popolo, Ermodano è alla sinistra dell'ara, il Gran sacerdote alla destra. Sozame da un lato.

Si canta da tutti il seguente:

CORO

Diva terribile ~ che qui presiedi,

ombra diletta ~ che sangue chiedi:

la vostra vittima ~ s'immolerà.

Cada quel perfido ~ in su quell'ara:

quell'ombra cara ~ paga sarà:

lieta agli elisi ~ discenderà.

(sul finire del coro viene da un lato condotto Atamaro incatenato fra sciti)

ATAMARO

Dove tratto son io?

Qual luogo è questo? E quale

apparato ferale?...

(esce Obeida fra due sciti dal lato opposto)

OBEIDA

(vedendo Atamaro)

Numi! Atamaro!

ATAMARO

(la vede e con trasporto)

Obeida! Adunque ancora

rivederti poss'io prima che mora?

OBEIDA

(Questo ancor mi restava?)

ERMODANO

(ad Obeida)

Vedova sventurata,

assassin di mio figlio...

(ad Atamaro)

Udite quale

è della Scizia inviolabil legge,

di colui, che il consorte,

(empio!) le trasse a morte, il sangue deve

la vedova versare innanzi a questa

alla vendetta sacra ara funesta.

OBEIDA

Misera me! Legge crudel! Spietati!

(con raccapriccio)

ATAMARO

(lieto)

Morir per la tua man dunque degg'io?

OBEIDA

(con sentimento)

Oh padre! O padre mio!

SOZAME

Trema, o mia figlia,

di ricusare. Ei già per altra mano

dovria perir: tu senza onor vivrai.

ERMODANO

Trema dall'esitar...

OBEIDA

(risoluta)

No, non fia mai.

(con passione)

Atamaro!

ATAMARO

Cor mio!

(tutti e due con tenerezza estrema)

OBEIDA

Dunque?...

ATAMARO

Costanza,

caro mio ben...

OBEIDA

Tu déi...

ATAMARO

Morire.

OBEIDA

Ed io?

ATAMARO

Versare il sangue mio.

OBEIDA

(desolatissima)

Io?... Tu?... Questa mia man? Ah!

ATAMARO

Cor, mia vita.

Discaccia ogni timor: con alma ardita

prendi, impugna quel ferro, e la tua destra,

che rendermi doveva un dì felice,

di mia morte or ministra, mi trafigga.

Intrepida ferisci, e il tuo bel nome

impresso in questo core,

anima mia, vedrai per man d'amore.

Non t'affanni la mia sorte,

no, per me non sospirar;

se mi vien da te la morte,

mi fia dolce lo spirar.

(ai sciti)

Paghi, barbari! Sarete...

Vado a morte... ma non temo:

mi vedrete al punto estremo

l'ire vostre a disprezzar.

(ad Obeida)

Ah! Il destino vuol ch'io mora,

t'ho per sempre da lasciar!

Qualche lagrima talora,

un sospir non mi negar.

Sì, contento io moro ancora

se a te caro io morirò.

CORO

Ti prepara, sciagurato

il tuo fato ad incontrar.

ATAMARO

Caro ben!...

OBEIDA

(Ah! Quale ambascia!)

ATAMARO

Io ti perdo?...

(prendendole la mano)

SOZAME

(fiero)

Omai la lascia.

ATAMARO

Ah! Non reggo in questo stato,

sento il core a vacillar,

qualche...

CORO

Ti prepara.

(viene dai Sciti condotto ad incoronarsi di cipresso)

Scena sedicesima

Obeida, Sozame, Ermodano, Zulma, Sciti, poi Atamaro.
Obeida resterà concentrata, e pensosa.

SOZAME

Ebbene? Che risolvi?

ERMODANO

Ti senti il cor capace

colui di trucidar?

OBEIDA

(in tono cupo)

Dunque, è pur d'uopo,

ch'io vi dia questa vittima?

ERMODANO

Lo devi.

OBEIDA

A placar l'ombra d'Indatiro basta

una vittima?

ERMODANO

Basta.

OBEIDA

Ebben... l'avrete.

ERMODANO

Sì? Lo giuri?

OBEIDA

Lo giuro: e voi dovete

pur giurar, che una vittima vi basta.

ERMODANO

(guardando attorno gli sciti)

Tutti giuriam.

OBEIDA

(ad Ermodano)

Vuoi vendetta? L'avrai.

Sangue umano, crudel, scorrer vedrai.

A me tosto Atamar.

(dei sciti vanno a prenderlo, ed ella va all'ara)

ZULMA

(Che istante, o dèi.)

SOZAME

(Non mi credea tanta fortezza in lei.)

ATAMARO

(uscendo intrepido)

Eccomi.

OBEIDA

(Ancor per poco

reggi, o mio cor.) T'avanza, o sventurato!

(Atamaro s'accosta all'ara)

OBEIDA

Sciti inumani, o voi

nutrite di barbarie umane belve,

tutto sappiate omai. ~ Quest'infelice ~

egli è il vero mio prence ~ è l'idol mio.

Lui solo sempre amai:

ed in quest'ebbro core,

che si strugge d'amore, amore accresce

questo stesso momento

nell'eccesso maggior.

ATAMARO

(con trasporto)

Moro contento!

OBEIDA

Sangue chiede Indatir: tu mi giurasti,

che una vittima basta ~ Ebben ti basti:

eccola. ~ Io ve la sveno.

(alza il coltello fra lei, ed Atamaro)

D'Atamaro

sien salvi i giorni ~ amor pon fine a' miei.

(mentre invece di ferire Atamaro drizza il colpo al suo petto, Indatiro, che si fa largo, ed apre la folla attonita, grida)

Scena ultima

Indatiro, e detti.

INDATIRO

Ferma ~ Obeida, che fai?

(le leva il coltello)

TUTTI

Indatiro ~ oh dèi!

OBEIDA

Tu vivi?

ATAMARO

Tu respiri?

ERMODANO

Oh figlio mio!

INDATIRO

Giunsi in tempo: il previdi, e tu quel ferro

perché al tuo sen, non d'Atamar drizzavi?

OBEIDA

Io moriva per lui.

INDATIRO

Tanto l'amavi?

E me scegliesti?

OBEIDA

Oh dio!

Fu di figlia dover.

INDATIRO

(sorpreso)

Come?

ATAMARO

(ad Indatiro amaramente)

Comprendi?

Quanta virtù!

INDATIRO

(dopo breve pausa)

Non più. Tu pure apprendi

che neppure in virtù. Soffre uno Scita

d'esser vinto da alcuno ~ Obeida è mia:

dritto su lei mi diè la scelta sua.

Virtù vinca virtù: prendila: è tua.

ATAMARO

(sorpreso)

Tanto tu fai?

OBEIDA

Oh me infelice!

SOZAME

Oh eroe!

ERMODANO

Ma come vivi?

INDATIRO

A nuoto

vi basti intanto di saper, dall'onde

io mi potei salvar, e... ma si taccia

sì funesta avventura:

siate felici: e legge sì fatale

resti sempre abolita:

tacciato di crudel non sia lo scita.

M'abbracciate: s'è sospirato assai,

tutto pace, ed amor respiri omai.

TUTTI

Non s'odano d'intorno,

che accenti di contenti.

Non vegga un sì bel giorno,

che oggetti di piacer...

E in così bei momenti

ci brilli il cor nel petto:

s'inebri al suo diletto,

non pensi, che a goder.

Fine del libretto.

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