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Sardanapalo

SARDANAPALO

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Carlo MADERNI.
Musica di Domenico FRESCHI.

Prima esecuzione: 23 gennaio 1679, Venezia.


Personaggi:

SARDANAPALO re degli Assiri

soprano

ARMISIA principessa amante d'Arbace

soprano

NICEA favorita di Sardanapalo

soprano

ARBACE generale amante d'Armisia

tenore

BELESO amante di Nicea

soprano

DIRCE vecchia nutrice di Nicea

contralto

TERSITE schiavo moro servo d'Arbace

tenore


Due Amorini.

Coro di
Dame favorite di Sardanapalo, Arcieri di Sardanapalo, Guerrieri d'Arbace,
Soldati di Beleso, Paggi di Sardanapalo.

La scena si rappresenta in Babilonia.

Illustrissimo...

sig. mio sig. colendiss.

Se rinascesse Sardanapalo per vivere, non m'arrischierei di presentarlo a v. s. illustrissima, per non macchiare la di lei bontà con le di lui lascivie; ma essendo partorito da una penna, per farlo volare sovra una scena attorno il lume de' spettatori, onde poscia ritorni alle sue ceneri, né di lui altra memoria rimanga, che la rappresentazione armonica delle di lui folli peripezie; in questa parte ardisco supplicare v. s. illustrissima di cortesemente accoglierlo affinché la poesia, e la musica, che dolcemente cuoprono le di lui colpe, non cadano con queste sotto la sferza degli Aristarchi. Basterà adunque, ch'ella n'intraprenda la protezione, perché si chiudano le trifauci a questi cerberi dell'ignoranza, mentre più, che dalla clava d'Alcide, dal lampo delle di lei glorie, e dovizie resteranno vinti, ed abbattuti.

Accolga dunque benignamente v. s. illustrissima questa dedicazione, accompagnata da un ossequio, che di gran tempo ispecchiandosi nei retaggi di sua illustre famiglia, negli Agnati Camauri, e nelle proprie doti, che la rendono eguale a più regii soggetti dell'orbe, ha sospirato una simile occasione di farmi ascrivere nel numero di quelli, che fortunatamente si vantano

di s. s. illustrissima divotiss. umilissimo, riverentissimo, servitore

Francesco Santorini

Argomento

Di quello si ha dall'istoria.

Sardanapalo ultimo re degli Assiri fu un mostro il più lascivo di sfrenata libidine, che vivesse al suo tempo. Non si vergognò di lasciarsi pubblicamente vedere in gonna femminile filar fra due donzelle le porpore, e trattar dissolutezze d'amore.

Non potendo gli Assiri tollerar più l'azioni d'un monarca sì indegno, sotto il capo, e guida d'Arbace generale de' Medi, ch'a favor suo militava, e di Beleso duce assiro amico d'Arbace, si ribellarono al suo scettro. Vedutosi Sardanapalo vinto, e circondato dall'armi, de' congiurati ribelli, disperando la propria salute, si racchiuse dentro una stanza reale, dove fatto un rogo de' più preziosi tesori, si gettò coraggiosamente tra le fiamme, e morendo abbrucciato seppellì tra le proprie ceneri le lascivissime fiamme del suo cor dissoluto. Per lo che usurpata la monarchia degli Assiri fu dal medesimo Arbace in Media trasportata. Ita Giust. Hist.

Di quello si finge.

Che Sardanapalo fatta rapire Armisia nobilissima donzella d'Assiria, la violasse con promessa di farla sua sposa e regina.

Che Arbace già amante d'Armisia dopo il ratto della medesima vivesse lontano dalla corte, in un suo delizioso palazzo in villa procurando temprar l'amorose sue doglie col diletto della caccia.

Che Nicea favorita di Sardanapalo tentasse tutte l'arte possibili per divenire sua sposa, e regina ad esclusione d'Armisia.

Che di Nicea vivesse invaghito Beleso duce Assiro amico d'Arbace.

Su la base di questi supposti verosimili vien stabilito l'intreccio del dramma, a cui porge il nome Sardanapalo.

Al lettore

Mira leggi compatisci se ti diletta se ti piace, se scrivi. Bensi t'assicuro, che ad ogni difetto, che potesse essere nel dramma supplirà in tutto la virtù del molto reverendo sig. d. Domenico Freschi, il quale con la dolcezza delle sue note supererà ogni aspettazione.

Atto primo
Scena prima

Guardaroba regio.
Sardanapalo, che tra un coro d'assire Donzelle ricama.

SARDANAPALO

Veggo Amor, che di me ride

ma se Alcide

per un volto anco filò

ogni amante dir ben può

che tiranna è la beltà

per amor, che non si fa.

Ma già depongo e l'aureo velo, e l'ago

al regnator possente (gettando l'ago)

della vasta Babele

cessate omai, di tesser manti o belle.

Porpore assai più fine

di quelle che tessete

vaghe mie dèe, sui vostri labbri avete.

Su quegli ostri sì vivaci

mille baci

io vi vuò dar.

Per bear

un'alma, e un cuore

non si prova

in amor piacer maggiore,

che baciato ribaciar.

Su quegli ostri sì vivaci

mille baci

io vi vuò dar.

Scena seconda

Armisia, Sardanapalo, Dirce.

ARMISIA

Chi bacerai? Chi?

SARDANAPALO

Armisia.

DIRCE

O che sagace.

ARMISIA

Mio re, come ad Armisia

pensar mai puoi, se tra lascivi arnesi

qui tra assire donzelle

or ti ritrovo all'amor mio rubelle!

SARDANAPALO

Io rubelle al tuo amor? Bella t'inganni

con queste io scherzo, e te davvero adoro.

DIRCE

È ver tu sola sei

la sua vita, il suo ben, il suo tesoro.

ARMISIA

Crudel sovvengati,

che mi rapisti

il più bel fior,

ma ben raccordati,

che mi giurasti

costanza, e amor.

Crudel sovvengati,

che mi rapisti

il più bel fior.

DIRCE

Semplicetta è colei (teco non parlo)

che perdendo l'onor pensa acquistarlo.

SARDANAPALO

Mia sposa oggi sarai

donami un bacio.

ARMISIA

O questo no.

DIRCE

Che fai?

Lascia baciarti.

ARMISIA

Il bacio, è spurio, e reo,

dove non è Imeneo.

SARDANAPALO

Oggi ti stringerò sposa al mio petto.

ARMISIA

Oggi mio re baciarti anch'io prometto.

Scena terza

Nicea, Sardanapalo, Armisia, Dirce.

NICEA

Tu il mio nume baciar?

ARMISIA

Questi tuo nume!

Che favelli impudica?

Tuo nume è il dio della magione oscura

parti, che l'idol mio

olocausto non vuol d'alma impura.

NICEA

Temeraria, che si...

ARMISIA

Chiudi quel labbro...

DIRCE

Amor di queste è fabbro...

NICEA

Tu leggi a me...

ARMISIA

Sì audace... sì...

DIRCE

Che gare!

SARDANAPALO

Acquetatevi o care.

Insieme

NICEA

Mio sol deh volgi

a quest'anima esangue un guardo pio.

ARMISIA

Mio re deh volgi

a questo cor che langue un guardo pio.

NICEA

Vita.

ARMISIA

Sposo.

NICEA E ARMISIA

Mio re, idolo mio.

SARDANAPALO

Belle quanto io v'adori

chiedetelo al mio cor ch'avvampa, ed arde.

Ambe v'accolgo, ed amo

ambe care mi siete, ambe vi bramo.

ARMISIA

Non è questa o re la fede

che giurasti tu al mio amor

folle è ben colei, che crede

ai sospiri del tuo cor.

Non è questa o re la fede

che giurasti tu al mio amor.

Non è questo il dolce foco,

che mostrasti aver in sen

d'ogni bel ti prendi gioco

cangi affetti in un balen.

Non è questo il dolce foco,

che mostrasti aver in sen.

Scena quarta

Sardanapalo, Nicea, Dirce.

SARDANAPALO

Nicea mio sol non ti turbar.

DIRCE

Sta lieta.

Credimi ch'ei ti brama a tutte ore

e se Armisia ha sul labbro, ha te nel core.

SARDANAPALO

(piano a Dirce)

Dirce.

DIRCE

Signor.

SARDANAPALO

Tra l'ombre

della notte vicina

scorta Armisia a miei tetti.

DIRCE

Intesi.

SARDANAPALO

Io voglio

sulle piume del letto

l'ira placar, che la mia diva ha in petto.

(si volge a Nicea, e la vede col fazzoletto agli occhi qual finge di piangere)

Nicea tu piangi?

NICEA

Oh dio.

SARDANAPALO

Che ti affligge mio ben?

NICEA

Scorgo ben io,

che nel tuo petto o sire

manca l'amor, né quella viva fiamma

che già t'ardea più nel tuo cor s'aduna

pazienza così vuol la mi sfortuna.

SARDANAPALO

Bella non lacrimar: sana il dolore

altre hanno i baci, e tu possiedi il core.

Scherzerò con milla vaghe,

ma te sola adorerò.

Cento strali, e cento piaghe

nel mio sen portar non so.

Scherzerò con milla vaghe,

ma te sola adorerò.

Scena quinta

Nicea, Dirce.

NICEA

Va': lusingami pur con l'arti mie

superar ben saprò le tue bugie.

Ma tu mi svela.

DIRCE

E che?

NICEA

Ciò che in disparte

ti disse il re poc'anzi.

DIRCE

Ohimè!

NICEA

Favella.

DIRCE

Mi giurò che Nicea

gli aggradisse assai più d'ogni altra bella.

NICEA

Non è vero. Parla tosto.

DIRCE

M'impose

(ah le bugie non ponno star ascose).

NICEA

E che t'impose di'.

DIRCE

Ch'in questa notte

ai real gabinetti

io guidi Armisia.

NICEA

Intesi il tutto a pieno

questo è l'ardor ch'ei per me nutre in seno?

DIRCE

Dal volubile suo core

dimmi tu che puoi sperar?

D'ogni bella s'innamora

e vorria poter ogn'ora

cento belle al dì cangiar.

Scena sesta

Nicea.

Per arrivar di Babilonia al trono

col re lascivo io fingo

dolci affetti amorosi, e al sen lo stringo.

Ma vittima al mio sdegno

cadrà colei che con audace orgoglio

tenta involami e le speranze, e il soglio.

Quante frodi insegna Amore

tutte, tutte adoprerò,

ma se vincer non potrò

risvegliar ira, e furore

nel mio petto io ben saprò.

Quante frodi insegna Amore

tutte, tutte adoprerò.

Scena settima

Palazzo d'Arbace in villa circondato da ameno boschetto.
Arbace.

Bei smeraldi, che di flora

ricamate il grembo ameno,

ad un cor, che fida ancora

accrescete la speme in seno,

ma se fisso poi ve miro

è che il guardo in voi si perde

presagite, ond'io sospiro

la mia speme ridotta al verde.

Misero? Che più spero?

Fatta è Armisia d'altrui. Deh omai t'arresta

e più non vaneggiar folle pensiero.

Misero? E che più spero?

Sardanapalo iniquo

le tue lascivie, o regnator indegno

trarran con giusto sdegno

il fulmine di Giove in sul tuo crine.

Per innalzarmi al trono

base un dì mi saran le tue rovine.

Scena ottava

Tersite. Arbace con asta alla mano.

TERSITE

Signor, signor.

ARBACE

Tersite.

TERSITE

Star tuto in pruntu, ognuno ti aspettar

per caccia cominciar.

ARBACE

Ah che invan col diletto

della caccia io procuro

quella fiamma temprar, che m'arde in petto.

TERSITE

Allegru ti star

non tantu pensar

a questo tu amur

se prender pensier

si morto cader

per troppo dolur

tua piaga sanar.

Allegru ti star.

ARBACE

Ah mi sforza un bel volto a sospirar?

TERSITE

A caccia venir

così divertir

affanni del sen

chi Amure seguir

star sempre in sospir

né mai aver ben

ma sempre languir.

A caccia venir.

ARBACE

Ma chi è costui, che coi lumi affissi

sopra un foglio e col pensier sospeso

ver noi se n' viene.

TERSITE

A me parer Beleso.

ARBACE

E desso sì d'amor tiranno anch'egli

tormentato è nel cor ben lo comprendo.

TERSITE

Sia maledetto Amur.

ARBACE

Parti, e m'arresta

l'arco, e gli stral, va' ch'io qui t'attendo.

TERSITE

Pruntu ubidir, mi qua tornar correndo.

Scena nona

Beleso con un foglio piegato nella mani. Arbace.

BELESO

Che dite o pensieri

che mai risolvete

se a note melate

di donna incostante

così in un istante

voi fede prestate

di troppo leggeri

tacciati sarete.

Che dite o pensieri?

ARBACE

Beleso amico.

BELESO

Invito Arbace? O come

opportun qui ti trovo.

ARBACE

E perché mai

sì sospeso ti miro!

BELESO

Io mentre al bosco

alla caccia mi porto

per temprar teco unito il mio cordoglio

ricevo, o dio, della mia vaga un foglio.

ARBACE

Nicea ti scrive.

BELESO

Sì, deh senti amico.

(legge)

«Beleso idolo mio

alla reggia ritorna. Io più non amo

Sardanapalo infido

di stringer al mio sen te solo io bramo.»

ARBACE

Felice te che corrisposto almeno

qualche speme d'amor nutri nel seno.

Io da quel giorno in cui

del bel seno d'Armisia

colse il fior più pregiato il re lascivo

più non la vidi, ah dispietato io vivo.

BELESO

Non disperar, chissà

che fida anco in amor

per te non serbi il cor

la vaga tua beltà.

Non disperar, chissà

che fida anco in amor

per te non serbi il cor

la vaga tua beltà.

ARBACE

Io più sperar non so

senza l'amato ben

non ho più speme in sen

se altrui me l'involò.

Io più sperar non so

senza l'amato ben.

Scena decima

Tersite con l'arco, e gli strali d'Arbace. Arbace. Beleso.

TERSITE

Prestu prender signur con multe belle

in abitu di ninfe

esser giuntu nel boscu

Sardanapala.

BELESO

Chi?

ARBACE

Il re lascivo?

TERSITE

Sì.

ARBACE

S'io non miro colei

per cui de' giorni miei

con incessanti sospir l'ore misuro

io di veder altra beltà non curo.

TERSITE

Sù venir a cacciar

così re commandar.

ARBACE

A caccia di cori

Cupido anco va.

Da un crine egli prende

le reti, e le tende

vezzosa beltà.

A caccia di cori

Cupido anco va.

Scena undicesima

Tersite.

S'amur de cori

a caccia andar

mio non pigliar

mi scherzar con donne tutte

belle e brutte

senza mai mi innamorar.

Ma veder un cinghial, che qua venir

se poter uccidir.

Scena dodicesima

Armisia che esce in abito da cacciatrice.

ARMISIA

Già sfida la tromba

a guerra ogni belva

a suon di bellona

ogn'antro risuona,

ed eco rimbomba

in seno alla selva.

Già sfida la tromba

a guerra ogni belva.

TERSITE

Succursu ohimè fuggir

se nu voler murir

(Armisia combatte col cinghiale)

ARMISIA

Con l'adunco tuo dente

scheggiami mil dardo pur belva feroce

non temo no.

TERSITE

Corraggiu

bella mi ti aiutar.

ARMISIA

Cedemi l'asta

io ben che donna ho tanto cor che basta.

(lascia il dardo fra i denti del cinghiale, e prende l'asta dalla mani di Tersite)

Scena tredicesima

Arbace. Armisia. Tersite.

ARBACE

Che miro o ciel! Da questa destra arciera

fulminata cadrà l'ispida fera.

(saetta con un dardo il cinghiale)

TERSITE

Ah, ah, star pur uccisu.

ARBACE

A te lo dono.

TERSITE

Mi in palagiu portar, e voler tostu

mezo alessu mangiar, e mezo arrostu.

(parte strascinando nel palazzo d'Arbace il cinghiale)

Scena quattordicesima

Arbace. Armisia.

ARBACE

Armisia.

ARMISIA

Arbace.

ARBACE

E qual propizia stella

qui ti conduce?

ARMISIA

Ai lumi del tiranno

io m'involai sol per trovarti o caro.

Quando? Io nel raggirarmi

per questa ombrosa selva,

d'improvviso incontrai l'orrida belva.

ARBACE

Ah bella, io ti conosco!

Più cruda sei di quante fere ha il bosco.

Ma perché piangi?

ARMISIA

In lacrime stillate

mando il cor a' tuoi piedi,

acciò per pena d'un sforzato errore,

conservo in rio tu mi calpesti il core.

ARBACE

Qual cor! Quel, che non hai!

ARMISIA

Perché a te lo donai.

ARBACE

Sardanapalo il gode.

ARMISIA

Ei non l'ebbe già mai,

sotto gl'insulti del tiran lascivo

caduta a forza, Giove,

che non lo fulminò dissi impotente

delle miserie mie

chiamai l'abisso autor, complice il fato:

e allor ch'il re spietato

quel bel fior mi rapì, ch'a te serbavo,

tramortita cadei, priva di senso.

ARBACE

Spada a ferir l'onor, solo, è il consenso

l'affetto a chi conservi?

ARMISIA

Ad Arbace, e tuo cuore?

ARBACE

Ad Armisia.

ARMISIA

Son lieta. Io fortunato

se da te son amato

begli occhi, labbri cari

lasciate, o dio, ch'in voi a bearmi impari.

(s'accosta per baciarla, lei lo respinge)

Ferma Arbace. Il cor, l'alma, e la fede

bastino a te dell'empio

Sardanapalo è il resto.

ARBACE

Ah mi schernisci.

ARMISIA

No mio ben già te 'l dissi a me conviene,

nell'assiro monarca esser consorte

o trofeo della morte

peggior mal che mai provò?

Te sol amo.

ARMISIA E ARBACE

Te sol bramo

ma baciarsi non si può.

Peggior mal che mai provò?

(qui sopraggiunge Sardanapalo non osservato)

Scena quindicesima

Sardanapalo. Armisia. Arbace.

SARDANAPALO

Su baciate o cari

non vi arrossite no

se volete ch'io parta io partirò.

ARMISIA

Sire.

ARBACE

Mio re.

SARDANAPALO

Che dir saprete audaci?

ARBACE

Signor son innocente.

SARDANAPALO

Dirai tu che non l'ami?

ARBACE

Dirò. Che già l'amai: ma quando intesi,

che per te la scegliesti

lasciai l'amor, la riverenza presi.

SARDANAPALO

Quel sangue che spargesti

più volte a pro di mia regal corona

o reo, o innocente, a te la vita or dona

togliti all'ira mia.

ARBACE

Parto. (Ma il core

d'intorno a sì bel lume

volerà sempre a incenerir le piume.)

Scena sedicesima

Sardanapalo. Armisia.

SARDANAPALO

Ma tu perché ritrosa

ricusi a un re donar i baci tuoi

e ad Arbace ne dai quanti dar puoi?

ARMISIA

Scusami o sire equivoco il tuo guardo

nel seguir una fera io qua trascorsi;

altri da queste labbra

sol che Sardanapalo

dolci baci d'amor mai non avrà.

SARDANAPALO

Lascia dunque baciar la tua beltà.

ARMISIA

(lo respinge)

Ferma signor, fa' pria,

che risplendan festose

del promesso imeneo le regal faci,

e allora poi ti sazierò di baci.

SARDANAPALO

A tuo dispetto

ti bacerò

allor ch'ascoso

nel mar ondoso

fia il dio del lume

tra molli piume

ti condurrò.

A tuo dispetto

ti bacerò.

ARMISIA

Bacio rapito

non dà piacer

labbro, ch'è avaro

non fu mai caro

quando la bocca

baci non scocca

pena è il goder.

Bacio rapito

non dà piacer.

Scena diciassettesima

Appartamenti deliziosi di Nicea nella reggia con porta nel prospetto, ch'introduce nel bagno.
Dirce. Nicea.

DIRCE

E perché non seguisti

il re alla caccia? Di', bella Nicea.

NICEA

Ch'io con Armisia unita

mi conduca ai piacer? Ah non ho core

atto a soffrir rivalità in amore.

DIRCE

Affé hai ragion. Sei tu in amor prudente

s'ei t'offre il cor, fa' ch'il dia tutto, o niente.

NICEA

Odimi, allor che riede

in corte il re s'egli di me ti chiede

digli, che dentro il bagno

fra i tremoli cristalli

di chiara fonte il nudo seno immergo

s'egli tenta l'ingresso, e tu sagace

fingi d'opporti al suo voler, ma poi

mostra ceder forzata ai desiri suoi.

DIRCE

Nella scuola d'amor sei molto scaltra

tu ne sei più d'ogni altra.

NICEA

Vuò, ch'ignuda nel bagno

ei mi vagheggi, e de' miei guardi ai lampi

d'ardor lascivo anco tra l'acque avvampi.

Mira, ch'ei giunge.

Io partirò? Tu intanto

sappi accorta adempir i cenni miei.

DIRCE

Non dubitar. O quanto scaltra sei!

NICEA

Se basta a farsi amar

d'astuzie armar la fronte,

avrò mill'arti pronte

per farlo innamorar.

Scena diciottesima

Sardanapalo. Dirce.

SARDANAPALO

Donne belle mi piacete

voglio tutte accarezzarvi

la beltà ch'in voi risplende

nel mio cor tal fiamma accende

che mi forza ad adorarvi.

Donne belle mi piacete

voglio tutte accarezzarvi.

DIRCE

Signor.

SARDANAPALO

Che fa Nicea?

DIRCE

Nel bagno

scesa è ignuda a lavar le bianche membra

qual Diana novella

in un ciel di cristal sembra una stella.

Le sue poppe son due scogli

flagellati da un mar di latte.

Bacia l'onda co' suoi gorgogli

del bel sen le nevi intatte.

Le sue poppe son due scogli

flagellati da un mar di latte.

SARDANAPALO

Basta non più, rimanti a dio.

DIRCE

Deh ferma

dove corri o signor?

SARDANAPALO

Tanto il mio core

del tuo dir si compiacque

ch'a vagheggiar, vo' il mio bel sol tra l'acque.

DIRCE

No no scusami, o re, là entrar non puoi.

SARDANAPALO

Perché! Nicea m'impose

che delle poma, che nel sen lei porta,

qual drago io stia, qui a custodir la porta.

Osi, folle d'opporti

ad un regio voler?

DIRCE

(È nella rete.)

SARDANAPALO

Resta, ch'io parto.

DIRCE

Io cedo, o me infelice?

SARDANAPALO

Al monarca d'Assiria il tutto lice.

Scena diciannovesima

Beleso. Sardanapalo e Dirce.

BELESO

Sire, signor.

SARDANAPALO

Che chiedi?

BELESO

Ah corri.

SARDANAPALO

E dove?

BELESO

A raffrenar col tuo regal aspetto

il cieco ardir d'un popolar tumulto

che con sussurro indegno

par ch'orgoglioso aspiri

muoversi a' danni tuoi.

SARDANAPALO

(parte)

Va' che deliri.

BELESO

Così' sprezzi o signor il regno e 'l soglio

SARDANAPALO

(nell'entrar)

Trova Arbace. Ei reprima un tanto orgoglio.

Scena ventesima

Beleso. Dirce.

BELESO

Così parti, e non curi

effeminato re l'alto periglio

che sovrasta al tuo crin? Ma dove o Dirce

si conduce il lascivo?

DIRCE

Entro del bagno

qual ape innamorata,

nel seno di Nicea

di sue bellezze al fiore

vola a raccor il dolce mel d'amore.

BELESO

L'ama dunque Nicea?

DIRCE

Se l'ama! Sappi

che d'Armisia gelosa

fa ognor sul suo sembiante

mille follie d'appassionata amante.

BELESO

E ciò fia ver?

DIRCE

Non mento.

BELESO

Oh dèi, che ascolto?

DIRCE

Che sì che di Nicea tu vivi acceso?

Confessalo signor.

BELESO

Ah troppo ho inteso!

DIRCE

Se posso a te giovar

parla, ch'io lo farò

mi sento intenerir

quando veggo languir

alcun, ch'amor piagò.

Se posso a te giovar

parla, ch'io lo farò.

Scena ventunesima

Beleso.

Incostante Nicea, donna mendace

dimmi o cruda, son queste

le promesse, e la fede?

Quanto è folle colui, cha donna crede!

S'io spezzo i lacci un dì

della mia servitù

se m'innamorerò più

ch'eterne pene

provi l'anima mia sempre in catene

s'un ciglio, ch'è seren

col vago suo splendor

mai più m'accende il cor,

che fiera Aletto

con le serpi del crin sferzi il mio petto.

Scena ventiduesima

Dirce che ferma diverse Damigelle che fuggono dal bagno.

DIRCE

Dove fuggite stolte

semplici non sapete,

che per un fragil fiore

che si dona ad un re sovente il frutto

s'acquista d'un tesoro

innocenza mendica io ti deploro.

Infin, che belle siete

non disprezzate amor

che quando imbianca il crine

eh delle vostre brine

aborrirà il rigor.

Qui le Damigelle uscite dal bagno formano il ballo.

Atto secondo
Scena prima

Bagno reale.
Nicea spogliata, coperta d'una ricca romana qual finge sdegnosa di voler fuggire dal Re. Sardanapalo. Dirce.

NICEA

Lascia o re.

SARDANAPALO

Placa lo sdegno o bella.

(la prende per la romana trattenendola)

Non fuggir da chi t'adora

tempra, o cara, il tuo rigor.

Quel tuo crin, che m'innamora

sempre più mi lega il cor.

Non fuggir da chi t'adora

tempra, o cara, il tuo rigor.

NICEA

Con questi finti vezzi

vanne ad Armisia, e a lusingarle impara.

SARDANAPALO

M'è d'Armisia, Nicea molto più cara.

NICEA

Eh s'io cara a te fossi,

non daresti al mio cor gelose pene.

DIRCE

(Come sa finger bene.)

SARDANAPALO

Sin, ch'io vivo

t'adorerò.

Le catene, che m'allacciano

le quadrella che m'impiagano,

sul tuo volto bacerò.

Sin, ch'io vivo

t'adorerò.

NICEA

Signor so, che tu scherzi ad altra diva

ardi gl'incensi, e forse

a più degna beltà sacrata hai l'alma.

SARDANAPALO

No: tra le belle ha sol Nicea la palma.

Son tuo mio ben.

NICEA

Conoscerò, se il core

corrisponde alla lingua, allor, ch'asconde

il biondo auriga i raggi d'or fra l'onde

verrò a tuoi tetti, io sulle regie piume

questa notte desio

nel tuo seno posar, già che sei mio.

(qui esce Armisia)

Scena seconda

Armisia, Nicea, Sardanapalo, Dirce.

ARMISIA

Tu nel sen del mio sposo è tanto ascolto.

DIRCE

Sire.

SARDANAPALO

(rivolto ad Armisia)

Armisia.

(rivolto a Nicea)

Nicea.

DIRCE

Signor t'ha colto.

ARMISIA

Lascia quest'empia.

SARDANAPALO

O dèi!

(tentando di trarla seco)

NICEA

Vieni meco, o signor, se mio tu sei.

(tentando anch'ella di trarlo seco)

ARMISIA

Per una Frine indegna

tu lasciar mi vorresti.

SARDANAPALO

No cara.

NICEA

Ah ingrato!

Questo è l'amor!

ARMISIA

Dov'è la fede!

SARDANAPALO

O stelle

mi combattono il cor due troppo belle.

ARMISIA

Vieni o nume adorato, e attendi al regno;

in grembo a lusso indegno

non ti perder signor.

SARDANAPALO

Vengo.

NICEA

Ah no: ferma

o dell'anima mia dolce ristoro

se m'abbandoni io moro.

ARMISIA

Seguimi: non dar fede

a sue scaltre lusinghe, a un vezzo finto.

SARDANAPALO

Soffri in pace Nicea, ch'Armisia ha vinto.

(parte con Armisia per la mano)

Scena terza

Nicea, Dirce.

NICEA

Vanne perfida, va' con strani modi

tua sorte turberò, non vo', che godi.

DIRCE

A che tanto ti sdegni! A che t'affliggi!

Sei pur prudente, hai pur ingegno scaltro,

se il re ti sprezza, attendi o bella a un altro.

NICEA

Incostante in amor vuoi, ch'io mi renda?

DIRCE

Che costanza?

Son chimere

star mai sempre in un parere.

Non v'è nel mondo

più bel mestiero,

che cangiar voglie, e variar pensiero.

Scena quarta

Nicea.

Dal mio foglio avvisato

può tardar poco a comparir Beleso,

se l'amorosa fiamma

nel petto suo ver me fedel conserva,

farò ben io, ch'alle mie brame ei serva.

Per regnar tutto farò

ora placida, or severa

saprò fingermi in amor.

Ferirò sagace arciera

or col vezzo, or col rigor.

La rivale ucciderò.

Per regnar tutto farò

ora placida, or severa

saprò fingermi in amor.

Scena quinta

Beleso. Nicea.

BELESO

Nicea.

NICEA

Beleso (a tempo giunge).

M'ami o Beleso!

BELESO

E ciò mi chiedi?

NICEA

All'opre

conoscerò dell'alma tua gli affetti.

BELESO

Imponi pur, e ne vedrai gli effetti.

NICEA

Odi se pria, ch'in cielo

apra l'uscio del dì la nuova aurora,

farai ch'Armisia mora.

Giuro, tra queste braccia

renderti o mio bel sol contento a pieno:

anco ad onta del re m'avrai nel seno.

BELESO

(confuso e sospeso)

Ch'Armisia mora!

NICEA

Sì.

BELESO

Oh dio! Che brami!

NICEA

Ciò ricusi indefel! No, che non m'ami.

BELESO

Ferma: non ti sdegnar: senti mia dèa.

(finge d'involarsi agl'occhi suoi sdegnosa)

Cadrà Armisia trafitta,

pur, ch'io goda Nicea.

NICEA

Prometto a te il mio amore.

S'estinta ella cadrà,

quest'alma, e questo core

fedel t'adorerà.

Su quelle tue pupille

ond'io avvampando vo,

i baci a mille, a mille

mio ben imprimerò.

Scena sesta

Beleso.

Misero, che promisi!

Io trafigger Armisia!

L'adorata da un re, la dèa d'Arbace!

Eh cedan pure

i rispetti, e il timor ardir sta meco:

svenerò Armisia, e vinca Amor, ch'è cieco.

È troppo vezzoso

quel volto amoroso,

ch'il cor mi ferì!

S'avrò alcuna colpa,

dirò in mia discolpa,

ch'Amor vuol così!

È troppo vezzoso

quel volto amoroso,

ch'il cor mi ferì!

A un crine, che biondo

catena è del mondo,

resista chi può.

Se il nume d'ardori

tiranno è dei cori

scusar mi saprò.

A un crine, che biondo

catena è del mondo,

resista chi può.

Scena settima

Piazza di Babilonia.
Arbace circondato da schiera di numerosi Guerrieri. Tersite, che tiene prigionieri tra catene alcuni Capi sediziosi della plebe. Sardanapalo assiso con Armisia coronata di rose sopra un carro dorato tirato da stuolo di Femmine lascive. Coro di Amori sopra un arco trionfale, che al passaggio di Sardanapalo con Armisia le spargono molti fiori nel seno, poi volano altrove per l'aria.

ARBACE

Stelle! Numi, che scorgo! O pompe indegne

d'un assiro monarca!

TERSITE

In ogni parta

voler Sardanapala

esser campion d'amur più, che di Marta.

SARDANAPALO

Occhi belli, occhi adorati

non mi fate più languir,

vaghi lumi idolatrati

serenatevi al mio gioir.

Occhi belli, occhi adorati

non mi fate più languir.

ARMISIA

Gioie care gioie ridenti

consolate questo cor

date bando a miei tormenti

e risplenda sereno Amor.

Gioie care gioie ridenti

consolate questo cor.

SARDANAPALO

Di rose coronata

per la Venere mia ciascun t'ammira,

e ognun devoto adora

quella bellezza onde il mio cor sospira.

ARMISIA

O quando mai verrà

quel sospirato dì?

SARDANAPALO

Presto alla tua beltà

risplenderà, sì, sì.

ARMISIA

Lieta allora sarò.

ARBACE

(Lasso allor io morirò.)

SARDANAPALO

Arbace.

ARMISIA

Alto signor.

SARDANAPALO

(giunto col carro presso Arbace)

Alla tua spada

molto tenuto io sono,

m'è il tuo valor, e feudo, e base al trono.

ARBACE

Il ciel che ti protegge

per impiegar l'umanità a servirti,

dà sconosciuta forza agl'altrui spirti.

TERSITE

Signur incatenati

star qui rubelli, e non poter fuggir.

Sù fai tutti morir.

ARBACE

Un'effimera sol di fellonia,

che termina in poch'ore,

un'eclisse di fede

fu di costoro il temerario errore:

perdonali signore.

SARDANAPALO

No, no cadan svenati, e la lor morte

serva agl'altri d'esempio.

TERSITE

Or, se voler,

signor, senza tardar

mi il capo a tutti ad uno ad un troncar.

SARDANAPALO

Muoiano sì.

(qui Tersite snuda la sabla per volerli uccidere, ma Armisia lo trattiene)

ARMISIA

Ferma o Tersite, sire

tempra nel nobil cor voglie sì crude

la pietade in chi regna è gran virtude.

SARDANAPALO

Vivi li brami?

ARMISIA

Umile il cor ti prega.

SARDANAPALO

Per compiacerti o cara

rubo alla fantasia l'ingiuriose

fantasme, e in preda a cieco oblio le dono;

vivan lieti mio ben, ch'io li perdono!

ARMISIA

(a Tersite)

Sciogli ai miseri tosto il ferreo laccio.

TERSITE

Lodato il ciel! Star fuor d'un grande impaccio.

Scena ottava

Dirce, Sardanapalo, Armisia, Arbace, Tersite.

DIRCE

Sire, soccorso aita

Nicea more

per amore

per te sol perde la vita

vieni corri signor, prestali aita.

SARDANAPALO

Muor Nicea!

DIRCE

Sì.

SARDANAPALO

Che narri?

ARMISIA

Ah veglia accorta.

DIRCE

E se troppo ritardi

pigro a partir la troverai tu morta

nel giardin real stesa fra l'erbe

par, che l'alma dal sen languida esali

esagerando le sue doglie acerbe.

SARDANAPALO

Arbace serverai

ad Armisia di scorta entro la reggia.

ARBACE

(O sorte.) Obbedirò.

SARDANAPALO

Tu bella intanto

s'io qui ti lascio, il mio partir condona,

che s'io volo a Nicea

è pietà, non amor, ch'il piè mi sprona.

DIRCE

Sire affretta il partir.

(or monta sul carro)

ARMISIA

Empia mezzana.

TERSITE

(a Dirce)

Ti sembianza tener di gran ruffiana.

DIRCE

Da che nacqui ebbi ognor tal aria addosso

l'arte mia è di gioir a ognun, che posso.

Scena nona

Armisia. Arbace. Tersite.

ARMISIA

Arbace.

ARBACE

Armisia, or vedi

a chi doni gli affetti, a chi consacri

la fedeltà del core.

ARMISIA

A un infido, a un lascivo, a un traditore.

ARBACE

Ma se tanto l'aborri, e perché il segui!

ARMISIA

Perché m'obbliga a ciò legge d'onore.

TERSITE

Signor ti non aver sorte in amore.

ARBACE

Sebben nacqui sfortunato

bella mia ti voglio amar

più ch'io son da te sprezzato,

più mi sento il cor piagar.

Sebben nacqui sfortunato

bella mia ti voglio amar.

ARMISIA

Se nascesti sfortunato

del tuo mal non ti lagnar

sei tu l'idolo adorato

benché l'empio io deggio amar.

Se nascesti sfortunato

del tuo mal non ti lagnar.

Scena decima

Tersite.

Sfortunato signor.

Mi a tue doglie doler:

ma se ti non aver

con femine fortuna

esser follia voler amarne alcuna.

Star la donna capricciusa

nel seguir orme d'amur:

non ferir a ognuna il cor

occhio arcier, guancia di rosa.

Star la donna capricciusa

nel seguir orme d'amur.

Mille umori stravaganti

aver sempre nel cervel,

brutto viso e naso bel

spesso far piaga amorosa.

Star la donna capricciusa

nel seguir orme d'amur.

Scena undicesima

Appartamenti d'Armisia corrispondenti nel giardino reale.
Nicea.

NICEA

Empia rival tu non andrai altera

di mie cadute no folle, che sei

con mille vezzi miei

abbatterò le tue speranze e voglio

sulle ruine tue portarmi al soglio.

Voglio vincerla s'io credessi

di spirar l'alma dal sen

con inganni, e vezzi spessi

turberò alla rival il tuo seren.

Voglio vincerla s'io credessi

di spirar l'alma dal sen.

Ma giunge il re tra l'erbe

(conforme concertai con Dirce astuta)

io qui dal duol mi fingerò svenuta.

(s'adatta tra l'erbe aspettando il Re)

Scena dodicesima

Dirce. Sardanapalo. Nicea, che si finge tra l'erbe svenuta.

DIRCE

Eccola.

SARDANAPALO

Ohimè, che scorgo!

Forse spirò?

DIRCE

(fingendo toccar il petto a Nicea)

Non palpitante ha il core.

SARDANAPALO

(appressatosi a Nicea)

Nicea, mio ben, mia ardore.

DIRCE

Vedi se t'ama.

SARDANAPALO

Anima mia, mia speme.

(qui Nicea finge a poco a poco tornar in sé stessa dallo svenimento)

DIRCE

Consolati signor: ella rinviene.

NICEA

(fingendo languida la voce)

Ancor vivo? Ancor spiro!

SARDANAPALO

Mio bel sol? Mio respiro?

NICEA

Sei tu mio re?

SARDANAPALO

Sì gioia mia gradita.

NICEA

Erri o signor; riserba

titoli sì amorosi

alla tua Armisia.

SARDANAPALO

Oh dio taci mia vita.

Seco trasse il mio piè, ma non quest'alma,

a tuoi spirti turbati

render saprò dolce amor mio la calma.

NICEA

Creder ti deggio!

SARDANAPALO

E perché no?

DIRCE

(sorgendo in piedi)

(Che accorta.)

NICEA

Se m'inganni, son morta.

SARDANAPALO

(prende Nicea per la mano)

Non sa finger questo cor

vieni o bella in questo sen,

e tu avrai dolce mio ben

mille prove del mio amor.

Non sa finger questo cor

vieni o bella in questo sen.

NICEA

Pien di giubilo il cor sarà

darò bando a' miei sospiri.

Se degl'aspri miei martiri

tu ti muovi un dì a pietà.

Pien di giubilo il cor sarà

darò bando a' miei sospiri.

Scena tredicesima

Dirce.

Nell'amorosa scola

quanto scaltra è costei! Donne imparate.

Sol fole! Sa gioire,

chi sagace in amor sa più mentire.

Oggidì così va

chi ha più lusinghe, e frodi

i cori in mille modi

imprigionando va.

Oggidì così va

chi ha più lusinghe, e frodi.

Val più in amor un vezzo

ch'un raggio di beltà.

Oggidì così va.

(qui comincia l'aria ad oscurarsi, e farsi notte)

Scena quattordicesima

Notte.
Beleso.

Sorge la notte, e sotto il vel dell'ombre

io qui d'intorno attendo

Armisia al varco, a così fier delitto.

Par, ch'il sangue si geli, e il cor mi manchi:

ma che vaneggio o stolto!

Se crudel non mi rendo,

non bacerò quel volto,

dove amor con le grazie ha dolce nido;

fugga il timor, e vinca pur Cupido.

Per goder l'amata Venere

novo Marte io diverrò

la rivale ucciderò

e il mio foco entro quel cenere

sempre vivo io nutrirò.

Ma ohimè, gente qua vien con face accesa

tra queste folte piante

cauto mi celerò, pronto all'impresa.

Scena quindicesima

Arbace. Armisia. Tersite con torcia accesa nelle sue mani.

ARBACE

Con quel lume o Tersite

allontanati.

TERSITE

Intendo

voler solo all'oscuro

con Armisia restar.

ARBACE

Parti ti dico.

TERSITE

Mi andar lontan non voler altro intrico.

ARMISIA

Perché il lume allontani?

ARBACE

Io già t'ho scorta

bella alla reggia, ed è follia tra l'ombre

portar accesa face

dove risplende il guardo tuo vivace.

ARMISIA

T'intendo sì; ma invano

tenti la mia costanza. Arbace addio.

ARBACE

Dove fuggi o mio cor.

(trattenendola)

ARMISIA

Vado a miei tetti.

ARBACE

Arresta il piè.

ARMISIA

Che vuoi?

ARBACE

Donami un solo almen de baci tuoi.

ARMISIA

Ch'io ti baci? O questo no

mi son cari i tuoi favori

con sinceri, e onesti amori

le tue grazie premierò.

Ma baciarti? O questo no.

ARBACE

Tu d'amarmi ti vanti?

ARMISIA

Sì.

ARBACE

Spietata

mi schernisci.

ARMISIA

No.

ARBACE

Menti,

dalle tue rigidezze io me n'avvedo.

ARMISIA

T'amo quanto me stessa.

ARBACE

Io non ti credo.

Non mi dir mai più d'amarmi

ch'io non so più darti fé.

Non dovresti tu al mio duolo,

mentre io chiedo un bacio solo

denegar questa mercé.

Non mi dir mai più d'amarmi

ch'io non so più darti fé.

(parte sdegnoso)

ARMISIA

Ferma, senti.

Scena sedicesima

Beleso con stilo nudo alla mano. Armisia.

BELESO

Or è il tempo.

(s'avventa contro Armisia per ferirla)

Mori!

ARMISIA

Crudo che tenti,

lascia codesto acciar empio inumano.

(Armisia stimandolo Arbace gli leva coraggiosamente lo stilo di mano restando leggermente ferita in un braccio)

BELESO

(Ah, ch'io perdo il vigor, trema la mano

a un tanto eccesso?)

ARMISIA

Olà gente soccorso.

(alle voci di Armisia si vede uscir dal giardino Sardanapalo dalle stanze, ov'era andato con Nicea, qual viene accompagnato da due paggi con torci accesi, o da alquanti soldati della guardia reale)

Scena diciassettesima

Sardanapalo. Beleso ascoso dietro una pianta. Armisia. Due Paggi con torci accesi. Soldati della guardia reale.

BELESO

Questa è Armisia alla voce.

(vedendo a comparir il Re)

Qui il re m'involo agl'occhi suoi veloce.

(fugge inosservato)

ARMISIA

(Perfido Arbace, a chi ti diede il core

tenti il seno svenar! Ah ben tu sei

d'ogni pietade ignudo!

Ma pur amor m'impone

ch'io taccia, e copra, il tuo misfatto, o crudo.)

SARDANAPALO

(accostatosi ad Armisia e vedendola ferita)

Che miro oh dio? Ferita Armisia!

ARMISIA

(confusa)

(O cieli.

Che mai dirò!)

SARDANAPALO

Su presti

seguite il reo, l'empio fellon s'arresti.

(qui partono alquanti soldati della guardia e Sardanapalo si rivolge ad Armisia)

SARDANAPALO

Qual Diomede inumano

a Venere sì bella

trafisse il braccio, e insanguinò la mano?

ARMISIA

Signor ecco la rea

carnefice a me stessa,

io sol da te delusa

per Nicea abbandonata,

afflitta, e disperata

qui uccidermi tentai ma dove il core

mancò alla man, supplisca il tuo rigore.

SARDANAPALO

Che facesti o mio nume!

S'io là sulle tue piume

Nicea guidai.

ARMISIA

(Che ascolto.)

SARDANAPALO

Fu pietà, lo confesso,

che quest'anima indusse

a ristorarle il cor dal duolo oppresso.

ARMISIA

(Intesi), e vieni poi

qua a lusingarmi o re co' vezzi tuoi.

SARDANAPALO

In grembo a dolce oblio

sepolta or la lasciai,

e alle tue voci o cara,

rapido a te volai.

ARMISIA

Pensi schernirmi ancor!

SARDANAPALO

No: mia pupilla,

ti giuro, e ti prometto

ribellarmi al suo affetto.

Sarò ai sospiri suoi del mar più sordo,

d'Armisia son, già di Nicea mi scordo,

qual farfalla m'aggiro a tuoi splendori.

ARMISIA

Ed io creder dovrò, che tu m'adori?

SARDANAPALO

S'io t'adoro, Amor lo sa

qual bambin, cha poco a poco

de tuoi lumi al dolce foco

distemprando il cor mi va.

ARMISIA

Se tu m'ami, io lo saprò

quell'ardor che vanti in seno

dal tuo core in un baleno

a sparir io non vedrò.

Scena diciottesima

Tersite arrestato da alquanti Soldati della guardia reale.

TERSITE

Nu voler fastidi no

solo bachu mi adorar

che così mi star in ton

e tabacu mi fumar

de brasila del più bon.

Mi saver che in far così

sempre allegro il cor avrò.

Mi d'Arbace servo star,

libertade a mi donar;

ch'armi adosso non aver,

sol tener

pippa e tabacco;

se voler

questa mi dar:

libertade a mi donar.

(qui li soldati tolta a Tersite la pipa del tabacco lo lasciano in libertade)

Or che libero star voler fuggir:

mai più di notte in corte mi venir.

Qui i Soldati accendendo ad una loro lanterna la pipa del tabacco danzando ad uno ad uno la prendono col prestarsi vicendevolmente la medesima pipa.

Atto terzo
Scena prima

Scena degli appartamenti d'Armisia.
Sardanapalo assiso appresso d'Armisia, sopra un tappeto con cuscini alla turchesca.

SARDANAPALO

Spunta il dì, ma da' tuoi lumi

mai non parte bella il sol

l'ore omai da te bramate

delle nozze sospirate

spiegan già con Febo il vol.

Spunta il dì, ma da' tuoi lumi

mai non parte bella il sol.

Più non teme, già avvinto

da indissolubil modo

sol nel tuo seno io godo,

(qui le appoggia il capo nel seno)

venir meno e languir del tuo bel crine

son gloriosi pregi

tirarsi dietro incatenati i regi.

ARMISIA

Io non ti credo ancor

so, che tu porti o re

nel cangiar voglie, e fé

troppo volubil il cor.

Io non ti credo ancor.

SARDANAPALO

Tu mi lusinghi il so

sin, che mi porti in sen

prometti a me quel ben

che giunger mai vedrò.

Tu mi lusinghi il so.

Scena seconda

Dirce. Sardanapalo. Armisia.

DIRCE

(viene correndo in fretta)

Sire, signor?

SARDANAPALO

Che arrechi!

Parla.

DIRCE

Nicea svegliata

penetrò, che tu scherzi

qui tra gioie amorose

con Armisia nel sen tutta sdegnosa

temo, che qua si porti

furia gelosa, a vendicar suoi torti.

SARDANAPALO

(sorge in piedi con Armisia prendendola per mano)

Partiam mio ben.

ARMISIA

Che pene?

DIRCE

Eccola affé che viene.

ARMISIA

Anco qui mi persegue

questa Circe de' cori.

SARDANAPALO

Armisia non temer, che tra suoi lacci

l'alma mia più trabocchi.

Venga per non mirarla io copro gl'occhi.

(si pone la mano agl'occhi)

ARMISIA

Per non veder questa medusa, anch'io

volgerò altrove il guardo.

SARDANAPALO

Troverà nel mio petto un cor di scoglio.

Non dubitar.

DIRCE

Preveggo un bell'imbroglio.

(all'arrivo di Nicea Sardanapalo torna a mettersi la mano agl'occhi, ed Armisia le volge le spalle)

Scena terza

Nicea. Sardanapalo con la mano agli occhi, Armisia con le spalle rivolte a Nicea.

NICEA

(prostrandosi ai piedi di Sardanapalo)

Signor ecco prostrata

alle regie tue piante

un'infelice, e moribonda amante

spirerò (già già che 'l brami)

l'alma afflitta a' tuoi piedi, e qui sommerso

cadrà il mio cor in mar di pianto amaro.

ARMISIA

(a Sardanapalo)

Deh non mirarla o caro.

NICEA

Mi uccideran su questo suol le pene.

ARMISIA

(a Sardanapalo)

Non le creder mio bene.

NICEA

Se impotente è il mio duolo

a involarmi la vita

caderò incenerita

dalla fiamma d'amor, ond'io tutt'ardo:

ma di' o crudel, perché mi neghi un guardo?

(Sardanapalo si leva la mano dagli occhi e si volge col guardo a Nicea)

SARDANAPALO

Nicea parti. Non più. Con le tue voci

troppo o dio mi tormenti, e 'l cor m'accendi.

ARMISIA

(a Sardanapalo)

E sì tosto signor vinto ti rendi?

SARDANAPALO

(rivolto ad Armisia)

Deh perdonami o bella, acciò tu veggia,

che quest'alma t'adora,

mira a Nicea nego il mio guardo ancora.

(torna a coprirsi gl'occhi con la mano)

NICEA

Già che crudel mi neghi

delle tue luci i rai

parto da te, né mi vedrai più mai,

fra le scitiche rupi

volgerò il piede in solitaria arena

gli angui, le fere i mostri

saran di te men crudi,

se sbranan domi il seno,

daran l'ultimo fine al mio martire:

resta barbaro cor. Vado a morire.

(parte furiosa)

SARDANAPALO

No, no ferma dove fuggi o mia speranza!

(parte dietro Nicea)

ARMISIA

Ah re infedele! Questa è la tua costanza?

DIRCE

Figlia mia

già te l'ho detto

ch'è follia

prestar fede a un giovinetto.

Figlia mia

già te l'ho detto.

Ne vorrebbe

cento al giorno

né sarebbe

sazio mai d'averle intorno.

Ne vorrebbe

cento al giorno.

Scena quarta

Armisia.

Speranze ingannatrici

sparite dal mio sen, già vi do bando

non spero più d'aver fortuna amando.

Mi ribello al dio Cupido

più non credo a un bel sembiante

è volubile, ed infido.

Mi ribello al dio Cupido.

Dono pace alle mie pene,

sano in petto il duolo amaro,

e a serbar più cauta imparo

sciolto il cor fuor di catene.

Dono pace alle mie pene.

Scena quinta

Tersite. Armisia.

TERSITE

Armisia, Armisia.

ARMISIA

Olà, chi Armisia appella?

TERSITE

Mi chiamar, nu pelar.

ARMISIA

Da me, che chiedi?

TERSITE

Arbace a ti venir

per voler riverir.

ARMISIA

Arbace.

TERSITE

Sì.

ARMISIA

Tant'osa ancor l'indegno!

TERSITE

Di ciò ti prender sdegno.

ARMISIA

Di' al crudel, che lontano

fugga da queste luci.

TERSITE

E perché mai

ti mio signor odiar.

ARMISIA

Parti, non più.

TERSITE

Mi il tutto a lu narrar.

ARMISIA

Fermati ascolta digli

che venga.

TERSITE

O ben.

ARMISIA

Io scoprirò al fellone

l'alta e giusta cagion de' sdegni miei.

L'attendo, va'.

TERSITE

Star bell'umor costei.

(parte)

ARMISIA

Armati di fierezza,

o mio costante cor

un raggio di bellezza

non stempri il tuo rigor.

Armati di fierezza,

o mio costante cor.

Scena sesta

Arbace. Armisia. Tersite.

ARBACE

Or ch'io so, che lontano

da queste soglie il re segue Nicea

movo a inchinarti il piè vaga mia dèa.

ARMISIA

Anco ardisci o spietato

comparir al mio aspetto.

ARBACE

Idolo mio condona

l'ingiurie, e il cieco sdegno

di chi t'adora.

ARMISIA

Ah indegno!

Tu mi adori!

ARBACE

Sì.

ARMISIA

Menti

amar mi puoi, mentre svenar mi tenti?

ARBACE

Che vaneggi io svenarti! E quando mai

tal barbarie tentai.

ARMISIA

Nel giardino real, dimmi fra l'ombre

chi m'assalì con questo ferro ignudo!

ARBACE

Cieli ch'ascolto!

ARMISIA

Prendi

delle tue colpe un testimonio o crudo.

(gli porge sdegnosa la daga tolta a Beleso)

ARBACE

Io reo di tal eccesso!

Mio questo ferro.

ARMISIA

E ciò tu neghi o ardito?

TERSITE

No suo non star! Prender ti error.

ARBACE

T'acqueta.

(Arbace nell'osservar la daga le vede sopra intagliato il nome di Beleso)

Bella t'inganni ah leggi

qual nome o dio sta nell'acciar scolpito.

(restituisce lo stilo ad Armisia, qual stupida vi legge sopra il nome di Beleso)

ARMISIA

Beleso!

TERSITE

Che?

ARMISIA

Beleso.

TERSITE

(ad Arbace)

Tuo amico!

ARBACE

Sì l'amante di Nicea.

ARMISIA

Che ascolto! Arbace, o dio

perdona i miei sospetti: orben comprendo

chi fu l'assalitor, qual sia la rea.

Io del tiranno

più gl'affetti non curo,

le sue lascivie aborro,

odio la sua incostanza

troppo avvezza a ingannarmi

seco in regio imeneo sdegno accoppiarmi.

ARBACE

Ah se fida prometti a questo core

volger i rai di tua beltà divina,

oggi Armisia sarai sposa, e reina.

ARMISIA

Come sposa, e reina? Io non t'intendo.

ARBACE

Presto il saprai: ma intanto

dell'innocenza mia paga ti rendi.

TERSITE

Star pace fatta.

ARMISIA

Vincesti alfin vincesti

l'alma t'adorerà

per me non caderà la tua speranza

resta preda il mio cor della costanza.

Scena settima

Arbace. Tersite.

TERSITE

Più sdegno non tener

con ti Armisia signor.

ARBACE

No, no, nel seno mio volò il suo amor.

Tersite oggi vedrai

pria, che Febo trabocchi al piè d'Atlante

ciò, che sa oprar un risoluto amante.

TERSITE

Signor mi non bramar

stragi guerra, o tenzon,

de mi ti non fidar,

perché star gran poltron.

ARBACE

Speranze lusinghiere

se voi non mi tradite,

felice un dì vivrò.

Con l'idolo adorato

in regio trono aurato

sul crin diadema avrò.

Speranze lusinghiere

se voi non mi tradite,

felice un dì vivrò.

Scena ottava

Logge reali.
Dirce. Beleso.

DIRCE

Consolati Beleso

parla, che pensi far

cor, che tace il suo mal non so sanar.

Conosco affé il tuo duol

tenti che parlo invan

l'affanno ch'hai nel cor

è sol fiamma d'amor

né 'l foco tuo è lontan.

BELESO

Ardo, peno, e sospiro

per bella che non cura i miei tormenti

invan dunque, che tento

raddolcir del mio cor gl'aspri martiri

che d'aspe più crudele

Nicea sorda si rende a' miei sospiri.

Parmi, che la speranza

il core m'alimenti

spero con la costanza

fugar i miei tormenti

ama Nicea crudel

un core ch'è infedel perché non crede

che vittima d'amor fia la mia fede.

Scena nona

Sardanapalo. Nicea. Dirce.

DIRCE

(a Sardanapalo)

Non tanto sdegno o cara

si placherà.

NICEA

Voglio partir.

SARDANAPALO

T'arresta

fulgido mio tesoro

deh non partir, che se tu parti, io moro.

NICEA

Io tuo tesor? Tu per me vivi in pene!

Son Nicea, non Armisia: ella è il tuo bene.

SARDANAPALO

Queste gare amorose

la fortuna ch'è cieca

farò, ch'oggi decida.

NICEA

E come!

SARDANAPALO

Ascolta.

Tu con Armisia unita

oggi a mensa regal meco verrai.

NICEA

Tanto merto io non ho.

SARDANAPALO

L'hai quando io così vo'!

Terminata la mensa io d'ambe il nome

chiuderò in picciol urna

Dirce poscia estrarrà: colei che prima

per la sua destra uscir farà la sorte,

scelta sarà per mia regal consorte.

NICEA

Son contenta.

DIRCE

Sta' lieta,

né aver più tema alcuna,

ch'io predico al tuo bel questa fortuna.

SARDANAPALO

Parte il piè, ma resta il core

prigionier del tuo bel crin

su quei labbri lascivetti,

in quegli occhi amorosetti,

splende o bella il mio destin.

Parte il piè, ma resta il core

prigionier del tuo bel crin.

Scena decima

Dirce. Nicea.

DIRCE

Nicea, che pensi!

NICEA

Amica

dalla tua fé dipende

il rendermi felice.

DIRCE

Intendo: vuoi,

ch'io con arte m'ingegni

a estrarti prima.

NICEA

No fino che vive

la mia rival, giammai

potrò lieta goder giorni sereni.

DIRCE

Ma, che vorresti? Dillo.

NICEA

Vo', ch'Armisia al convito oggi avveleni.

DIRCE

Come! Tanta empietà!

NICEA

Non più, or, che noto

t'è il mio pensier, pronta eseguir lo devi

o farò che tu stessa il velen bevi.

DIRCE

No, no: viva pur Dirce, e Armisia mora.

T'obbedirò signora.

NICEA

Per regnar non cesserò

di tentar ogni empietà

s'io do morte alla rivale,

sovra l'ale

della speme

il mio cor giunger non teme

alla sua felicità.

Per regnar non cesserò

di tentar ogni empietà.

Scena undicesima

Beleso. Nicea.

BELESO

Nicea.

NICEA

Beleso e così ben svenasti

colei che tu giurasti

sacrificar all'ira mia rispondi.

BELESO

Tentai mio ben, ma dir non so qual nume,

o pur qual forza ignota

sulla furia maggiore

mi frenò il braccio, e m'involò il vigore.

NICEA

Sei codardo io non ti voglio

vanne pur lungi da me.

Mi mancasti tu di fé

a ragion teco mi doglio.

Sei codardo io non ti voglio

vanne pur lungi da me.

BELESO

Così a torto o crudele

la mia fé tu calpesti,

e sdegnosa detesti

l'amor mio, ch'è costante!

O felice quel cor che non è amante!

Eh che mi vien da ridere

se credete ch'io m'innamori

s'anco avessi mille cori

non potrebbe un colpo infido

questo sen giammai trafiggere.

Eh che mi vien da ridere

se credete ch'io m'innamori.

Questo amor non fa per me

io fo voto al dio d'amore

di fuggir donna incostante

siasi pur chi vuole amante

ch'ogni laccio io so recidere.

Scena dodicesima

Arbace. Beleso.

ARBACE

O strano incontro.

BELESO

Amico.

ARBACE

Amico eh! In questa guisa

opran gli amici!

BELESO

(Ohimè.) Che parli! È

d'amicizia alle leggi

teco mancai! Palesalo, nel petto

credi forse, ch'io chiuda alma nemica.

ARBACE

Prendi o Beleso, e quest'acciar te 'l dica

(restituisce a Beleso la sua daga)

BELESO

(Misero! Io son scoperto.) Arbace, amico

teco errai lo confesso.

Prendi, e per pena del mio error trafiggi,

svenami il sen con questo ferro istesso

per legge di Nicea

da cieco amor guidato

svenar tentai la tua diletta, è vero:

ma al primo colpo istupidito il braccio

perdé il vigor, e ravveduto il core

pianse pentito il temerario errore.

ARBACE

Beleso, amor tiranno

scusa in parte il tuo error; non per ciò lodo

il tuo cieco ardimento.

BELESO

Laverà le mie macchie il pentimento.

Ma vien colei, del cui feroce sdegno

io colpevole sono.

ARBACE

Va' non temer, t'impetrerò il perdono.

BELESO

Donna, all'oblio l'offesa

d'un cor, che cieco errò,

ch'io dalle vene sangue

fedel in ogni impresa

sparger per te saprò.

Donna, all'oblio l'offesa

d'un cor, che cieco errò.

Scena tredicesima

Armisia. Arbace.

ARMISIA

Arbace.

ARBACE

Anima mia per qual ragione

sì turbata, e anelante!

ARMISIA

Sol per trovarti io qua girai le piante.

ARBACE

Che fia!

ARMISIA

So che tu fosti

oggi a mensa regal dal re invitato

deh non v'andar, se la tua vita apprezzi

con mortifero tosco

so, ch'ei tenta involarti

l'alma dal seno.

ARBACE

Ah iniquo!

Prevenirò l'offese,

cadrà il fellone, e quella plebe istessa

ch'io già placai, sveglierò all'ire, all'armi.

Ben saprò vendicarmi:

sotto il lampo di mia spada,

che i tiranni abbatter sa

fulminato,

lacerato

l'empio mostro caderà.

Cingerai bella quel serto,

ch'al tuo merto

la fortuna in ciel destina:

oggi Armisia sarà sposa, e reina.

Scena quattordicesima

Armisia.

Or le voci d'Arbace intendo appieno,

ei dell'Assiria il soglio

spera occupar, e avermi sposa in seno

stelle voi secondate i suoi disegni,

e faccia Amor, che l'idol mio qui regni.

Vuò in due lumi in due labbra in un volto

cercar quel fanciullo, che vola disciolto

e se in quelli scoprirlo potrò

coi lacci del crine legarlo saprò.

Se nell'aria nel foco, e nell'onda

vo' cercar dove l'empio s'asconda

e se in quelli scoprir lo potrò

stringendolo al seno languir lo farò.

Scena quindicesima

Salone con apparato di mensa reale.
Tersite. Dirce.

TERSITE

(esce stupendosi dell'apparato reale)

Bella star chista sala!

DIRCE

Che ti par!

TERSITE

Gran ricchezze

Sardanapalo aver.

DIRCE

Vedrai Tersite,

quanto la terra e il mar di buon dispensa

tutto in breve apparir su questa mensa.

TERSITE

Star qui sicuro!

DIRCE

E perché no!

TERSITE

Temer

che ti in collera andar,

DIRCE

Perché?

TERSITE

Mi ricordar

ch'a ti aver dito che tener sembianza

di gran ruffiana.

DIRCE

È ver tu lo dicesti

non per ciò m'offendesti

se in amor l'alme unisco

con maniere leggiadre

quest'arte io fo, che fece ancor mia madre.

TERSITE

Star brutto impiego.

DIRCE

Taci.

Non dir mai più così

che per entrar ad ogni grande in grazia,

questo il mezzo miglior, è d'oggi dì.

Ma il re qua giunge.

TERSITE

Addio: voler partir.

DIRCE

Perché?

TERSITE

Con lu venir

quei, che là nel giardin,

mi preso aver, e incatenato stretto:

nu voler più veder altro banchetto.

Scena sedicesima

Sardanapalo che tiene Armisia, e Nicea per la mano. Dirce.

SARDANAPALO

Chi è di voi più fortunata,

oggi avrà per sposo un re

chi schernisca dalla spene

non mi ottiene,

della sorte si dolga, e non di me.

Chi è di voi più fortunata,

oggi avrà per sposo un re.

ARMISIA

(Empio t'aborrirò fino alla morte.)

NICEA

(Esser fabbra saprò della mia sorte.)

SARDANAPALO

(ad Armisia)

Arbace ancor non vien! Sì poco apprezza

il mio regio favor, la grazia mia?

ARMISIA

L'aspettarlo signor è una follia.

SARDANAPALO

S'imbandisca la mensa.

(qui gli eunuchi portano in tavola)

Dirce.

DIRCE

Signor.

SARDANAPALO

Va' a prender l'urna

con piè veloce.

NICEA

(piano a Dirce)

Ed il veleno?

DIRCE

Eh lascia

di ciò a Dirce il pensiero.

(nel partire)

(Stolta sei ben se credi

ch'io racchiuda nel petto un cor sì fiero.)

SARDANAPALO

(torna a prendere Nicea per la mano)

Mie dive adorate

venite, e invocate

la sorte ciascuna,

che d'ambe sol una

contenta esser può.

ARMISIA E NICEA

Se vuol la fortuna

felice io sarò.

ARMISIA

Dio Cupido he mai sarà

tante angosce al cor portai

tante volte sospirai

né potrò trovar pietà.

Sedete, o bella mensa e fuga intanto

dal seno il duol, e da begl'occhi il pianto.

(mentre il Re con Armisia, e Nicea sta assiso alla mensa, s'ode rimbombar d'intorno la reggia strepitoso suono guerriero di trombe)

Scena diciassettesima

Sardanapalo. Armisia. Nicea. Voce di popolo di dentro. Dirce che turbata ritorna alla presenza del Re.

SARDANAPALO

Ma qual di fiera tromba

insolito fragor odo in quest'ora!

POPOLO

Sardanapalo mora.

SARDANAPALO

Quai voci ascolto! Ahimè!

(e Nicea sorge turbata dalla mensa insieme con Armisia)

DIRCE

Fuggi salvati o re

Arbace a te rubello

col fier Beleso unito

dal popolo seguito

movì a' tuoi danni il piè

fuggi salvati o re.

SARDANAPALO

Ah traditor fellone

tu al mio scettro ribelle!

Insieme

ARMISIA

Voi mi tradite o stelle!

NICEA

Proteggetelo o stelle!

SARDANAPALO

Prevenuto, ha l'indegno

il mio pigro disegno:

ma nel regal mio petto,

non sortirà all'iniquo

l'insanguinar l'infame destra, amici

qui s'appresti una pira,

le mie gioie, i tesori

qua recate a momenti.

Su via di fiamme ardenti

sfavilli il rogo: io già con l'alma forte

mi preparo alla morte.

DIRCE

Sire, che fai!

SARDANAPALO

Lungi da me ti porta

femmina vil.

(le dà un calcio e la getta a terra)

DIRCE

Ohimè son mezza morta.

SARDANAPALO

(ad Armisia e a Nicea)

Belle vi lascio addio

sovra il cenere mio

lagrime almen spargete

né siate voi di tal pietade avare.

Venite in ombra ad adorarvi o care.

(qui si getta coraggiosamente tra le fiamme e s'abbrucia)

NICEA

Sfortunato monarca, a che tu arrivi!

ARMISIA

Questo è il fin de' tiranni, e de' lascivi.

Scena ultima

Arbace seguìto dal Popolo, e Guerrieri assiri. Beleso. Armisia. Nicea, e poi Tersite.

ARBACE

Sardanapalo mora.

ARMISIA

Eccolo estinto

in mezzo a queste fiamme.

BELESO

Amico hai vinto.

ARBACE

Spettacolo gradito.

ARMISIA

(a Beleso)

Come tu per amico

osi Arbace appellar!

ARBACE

Bella, pentito

dell'error suo.

NICEA

(Che intendo!)

ARBACE

Fido meco s'unì nell'alta impresa.

A Beleso, e a Nicea

deh condonar ti prego oggi ogni offesa.

ARMISIA

Facciasi quanto chiedi.

ARBACE

E tu Nicea

per pena del tuo errore,

stringi Beleso al sen.

NICEA

Dolce castigo

al mio cieco furore.

Scusa Armisia i miei falli:

ciò, ch'io tentai contro di te sì ardita

fu per regnar? ma alfin restai schernita.

DIRCE

(a Nicea)

Buon per me, ch'io cangiai

in sonnifero dolce il mio veleno.

Affé, ch'ero spedita,

s'il tuo strano liquor l'entrava in seno.

ARBACE

Porgi Armisia la destra.

ARMISIA

Eccola.

ARBACE

Ad onta

del mio fiero destin son pur tuo sposo.

ARMISIA

Giubila il cor idolo mio vezzoso.

ARBACE

Quel diadema real, ch'or la fortuna

mi porge al crin, a sorte tua s'ascriva.

TERSITE

(esce qui con bandiere spiegate nelle mani)

Viva Arbace. Viva viva.

ARBACE

Io colà nella Media a me dimora,

che già fida m'attende, e mi sospira

trasporterò l'alta potenza assira.

ARMISIA

Con la scorta del nume di Cnido

un core, ch'è fido

sol giunge a goder

il suo dardo, e la sua face

reca alfin, e gioia e pace

che d'amor figlio è il piacer.

Con la scorta del nume di Gnido

un core, ch'è fido

sol giunge a goder.

Fine del libretto.

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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ventesima Scena ventunesima Scena ventiduesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena ultima