www.librettidopera.it

La Salustia

LA SALUSTIA

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

Da qui accedi alla versione estesa del libretto.
Da qui accedi alla versione in PDF del libretto.

Codice QR per arrivare a questa pagina:
QR code

Libretto di Sebastiano MORELLI, Apostolo ZENO.
Musica di Giovanni Battista PERGOLESI.

Prima esecuzione: gennaio 1732, Napoli.


Personaggi:

MARZIANO general dell'armi di Alessandro

soprano

SALUSTIA sua figlia, imperatrice moglie di Alessandro

soprano

GIULIA Mammea, imperatrice madre

contralto

ALESSANDRO imperatore, suo figliolo

soprano

ALBINA nobile romana, in abito d'uomo, amante di Claudio

contralto

CLAUDIO cavalier romano, amico di Marzano

tenore






Eccellentissima signora

Porto per tributo del mio ossequio a' piedi dell'eccellenza vostra il presente dramma, da cui spero sarà benignamente accolto, e generosamente compatito: la supplico a volerlo qualificare col suo valevole patrocinio, e renderlo piacevole agli occhi altrui, con l'onore del suo compiacimento in sentirlo rappresentare; mentre io persuaso della particolar bontà del suo animo verso di me, con il maggiore e più profondo rispetto, resto inchinandomi all'eccellenza vostra.

Di vostra eccellenza umilissimo, devotissimo ed ossequiosissimo servitore

Sebastiano Morelli

Argomento

L'unica lodevole azione, che facesse l'imperadore Eliogabalo, fu il dichiarar cesare Alessandro Severo, figliuolo di Giulia Mammea, donna di grande autorità nell'impero e che avea affinità col sangue degli Antonini, e con lo stesso Eliogabalo. Si pentì poco dopo questo tiranno di aver degenerato dal suo costume, e procurò in più maniere di far morire il giovinetto Alessandro, il quale assistito dalla vigilanza materna, dopo la morte di Eliogabalo pervenne finalmente al supremo governo della monarchia in età di tredici anni, sotto la tutela di Giulia sua madre che gli diede in isposa una vergine di sangue patrizio, nominata (come si ha dalle medaglie) Salustia Barbia Orbina. In breve tempo innamoratosi Alessandro delle rare qualità della moglie la dichiarò Augusta, con farle parte di tutti quegli onori, che prima la madre sola godeva. Onde questa ingelosita e sdegnata contra Salustia operò che il figliuolo a forza la ripudiasse. Marziano padre di Salustia, uomo potente nell'esercito, non potendo tollerare l'ingiuria fatta al suo sangue si sollevò contro Giulia. Ciò che ne seguitasse si raccoglie da Erodiano e da Lampradio. Nella favola si è seguitato il verisimile più che il vero. Le acclamazioni fatte ad Alessandro, la guerra da lui mossa contro i Parti, la sua totale dipendenza dalla madre e le nuove terme da lui erette, sono tutte cose fondate su la verità della storia. Il tempo in cui si finge l'azione del dramma è il giorno anniversario in cui Alessandro era salito all'impero.

Le parole fato, destino, deità, adorare e simili sono ornamenti poetici, e non già sentimenti de l'autore che si pregia di esser vero cattolico.

Atto primo
Scena prima

Luogo magnifico avanti al Campidoglio con trono, carro trionfale preceduto da bellici strumenti militari, dove assisi staranno Alessandro, Salustia, Marziano e Claudio. Popolo spettatore.

CORO

Viva viva il nostro augusto,

viva il cesare di Roma.

(vanno a sedere sul trono Alessandro e Salustia; a piè del quale Marziano e Claudio)

MARZIANO

Il giorno fortunato, in cui l'impero

con gli applausi di Roma il ciel ti diede,

ecco, fausto ritorna:

piaccia agli dèi, serbarci un sì gran bene,

e serbarcelo eterno.

ALESSANDRO

Ne' vostri voti il vostro amor discerno.

Salustia!

SALUSTIA

Amato sposo,

quanto alle glorie tue giubila il core.

ALESSANDRO

Tu delle glorie mie sei la maggiore.

Romani, il sangue illustre, i fregi eccelsi,

l'amor mio, la sua fé, l'augusta figlia

Marziano fan degno,

che 'l vostro imperator gli dia l'impero

sull'armi nostre.

MARZIANO

A me signore?

SALUSTIA

Al padre!

ALESSANDRO

Ti accosta.

MARZIANO

(s'inginocchia a piè del trono, e bacia la mano ad Alessandro)

Ossequioso

bacio la man che regge

il grand'orbe terreno.

ALESSANDRO

(gli dà il bastone in segno del grado conferitogli)

Al militar comando

ti scelgo o prode: il campo

te duce, al nuovo giorno

contra 'l parto feroce,

spieghi l'aquile altere.

MARZIANO

Saprò con lauri augusti

intrecciar sul tuo crin palme guerriere.

CLAUDIO

Nunzio del re de' Parti or giunse al Tebro

e chiede espor...

ALESSANDRO

S'ascolti.

Ma la madre a me vien.

CLAUDIO

L'incontri il figlio.

SALUSTIA

(Par che sdegnata sia.)

MARZIANO

(Turbato ha il ciglio.)

Scena seconda

Giulia e suddetti.

GIULIA

Della pubblica gioia

venga anche Giulia a parte.

ALESSANDRO

(in atto di scendere dal trono)

Oh madre, il trono...

GIULIA

No no l'empie abbastanza

l'inclita sposa: a te la diedi, e godo,

ch'un suo sguardo mi onori,

dall'altezza sublime ov'io la posi.

SALUSTIA

(Simulato parlar.)

MARZIANO

(Sensi dubbiosi.)

GIULIA

Io tra la bassa plebe,

qual femmina volgar confusa e mista

udirò con piacere i vostri applausi,

e sarà il vostro amore il mio diletto.

SALUSTIA

(Intempestivo amor.)

MARZIANO

(Mentito affetto.)

GIULIA

Voi senza me risponderete al parto,

voi senza me darete

all'Ausonia, alla terra,

il destin della pace e della guerra.

ALESSANDRO

(Alessandro e Salustia discendono dal trono)

Marziano, del parto

vanne i sensi ad udire.

MARZIANO

Il regio cenno

eseguirò. Salustia, ti sovvenga

che quegli, ove ascendesti eccelso trono,

della gran madre d'Alessandro è un dono.

GIULIA

(Presto ne scenderà.)

MARZIANO

(Finger conviene.)

SALUSTIA

Umile e rispettosa

i suoi voleri adoro e i cenni suoi.

MARZIANO

Così mi piace; così dir ti puoi

parte del sangue mio; così richiede

quella, che dalla cuna

sempre meco serbai candida fede

a pro d'Augusto, e che costante ognora

giuro portar sino alla tomba ancora.

Al real piede ognora

protesta ossequio e fede:

l'alta pietade adora

che serto al crin ti diede;

(ma temi il suo furor).

Del tenero suo core

godi il sublime onore

(ma non fidarti ancor).

Scena terza

Salustia, Giulia, ed Alessandro.

ALESSANDRO

Inclita madre, i teneri tuoi sensi

m'empiono di piacer: ma nel tuo volto

un certo non so che vi miro impresso

che turba la mia mente.

GIULIA

Tutto saprai, ma non è tempo adesso.

SALUSTIA

Se l'esser io presente

trattiene, Augusta, in sul tuo labbro i detti,

ch'io da qui volga altrove il piè, permetti.

GIULIA

(sdegnata senza mirarla)

Questo sol manca, che sul labbro a Giulia

tu fermassi gli accenti.

SALUSTIA

L'ascolti? Ah tu che sai

tutto il mio cor, tu dimmi in che mancai?

ALESSANDRO

Madre, tal cangiamento

da me mal si comprende.

GIULIA

Lo saprai con tua pena: elle m'intende.

ALESSANDRO

(s'insospettisce)

(Con mia pena?)

SALUSTIA

(a Giulia)

(Io l'intendo?)

Come? In più chiari sensi...

GIULIA

Taci.

SALUSTIA

(smarrita)

Deh amato sposo,

tu fa' che chiara sia

o la mia colpa o l'innocenza mia.

ALESSANDRO

Della madre lo sdegno

mi turba, mi confonde.

SALUSTIA

Come? Così risponde

Alessandro a Salustia? In dubbio sei

forse, cor mio, de' dolci affetti miei?

Parla! Né men d'un guardo

mi degni più? Regina!... (Altrove il ciglio

ella pur volge?) Oddio,

m'odia la madre, ed è turbato il figlio?

(a Giulia)

Tu volgi altrove il ciglio;

(ad Alessandro)

tu fissi al suolo i rai;

(a Giulia)

deh in che t'offesi mai?

(ad Alessandro)

Deh quale è 'l fallo mio?

Sposo! Regina! Oddio, ditelo per pietà.

(a Giulia)

Ah, se t'offesi il figlio;

(ad Alessandro)

ah, se la madre offesi,

qui un fulmine palesi

o l'altrui falsa accusa

o la mia fedeltà.

Scena quarta

Giulia, Alessandro, poi Claudio.

ALESSANDRO

Io non saprei qual mai...

GIULIA

Figlio t'accheta:

in altro tempo, a miglior luogo i miei

giusti voti udirai.

ALESSANDRO

Ma intanto se ti piace...

CLAUDIO

Signor, del parto audace

già Marziano i voti udì. S'attende

dal tuo cenno real l'alta risposta.

ALESSANDRO

Vengo. Vado l'araldo

del nemico a spedir.

GIULIA

T'assista il cielo.

ALESSANDRO

Mi scorre per le vene un freddo gelo.

A un lampo di timore

l'innamorato core

mi palpita nel sen.

E già confusa l'alma

della sua dolce calma

non scorge il bel seren.

Scena quinta

Giulia sola.

Giulia più non son io, non sono augusta,

s'oggi dal crine altero

a Salustia non svelgo

il diadema reale, e lo calpesto.

Oggi vedrai, superba,

vedrai se domerò la tua follia,

e s'avrà più possanza

o l'amor d'Alessandro o l'ira mia.

De la superba in seno

franger saprò l'orgoglio:

farò, che in un baleno

perda lo sposo e il soglio

quel baldanzoso cor.

Goda così quest'alma

la calma sua primiera;

e torni quell'altera,

torni a temermi ancor.

Scena sesta

Gabinetto imperiale.
Claudio ed Albina.

CLAUDIO

Tu Albina? Eh non è ver.

ALBINA

Beltà che amasti

così presto obliasti?

CLAUDIO

D'Albina le sembianze

vivono nel mio cuor, ma tu non l'hai.

ALBINA

Mira attento il mio volto,

che se non l'ha trasfigurato il duolo,

l'orme ancor ci vedrai de' tuoi sospiri.

CLAUDIO

Altre chiome, altre luci avea la bella.

Altro aspetto, altre grazie, eh non sei quella.

ALBINA

Quella non son, t'intendo,

incostante, spergiuro,

altra fiamma hai nel petto.

CLAUDIO

T'inganni: Albina sol fu 'l mio diletto.

ALBINA

Perché dunque sprezzar chi sì ti piacque?

CLAUDIO

Chi vuol gloria acquistar scuota d'amore

il tirannico giogo. Io gloria cerco.

ALBINA

E ti par gloria, iniquo,

mancar di fé, di semplici donzelle

sedur gli affetti, e poi schernirli? Questi

son del Tebro gli eroi?

son queste le tue glorie e i fasti tuoi?

CLAUDIO

D'amor la saetta

già svelsi dal core,

né più si soggetta

al nume d'amore

mio spirto guerrier.

Portò il tuo bel volto

di me la vittoria:

or son già disciolto

e solo di gloria

si nutre il pensier.

Scena settima

Albina e poi Salustia.

ALBINA

Così l'empio mi lascia? E così deggio

mirar gl'affronti miei?

Ma qui Salustia: a lei

ch'io ricorra conviene.

O dell'alta tua sorte

ben degna sposa: ecco al tuo piè s'inchina...

SALUSTIA

Qual sembiante! Qual voce!

ALBINA

La sventurata, a te ben nota Albina.

SALUSTIA

Albina amica, e quando in Roma? E come

sotto ammanto viril?

ALBINA

T'apro il mio core:

in quell'etade in cui sovente amore

le giovanette troppo incaute inganna,

vidi Claudio, e l'amai.

SALUSTIA

Claudio m'è noto

tra' cesarei ministri.

ALBINA

Ei pur m'amò; fede giurommi; il padre

della Sicilia eletto

fu proconsole. Intanto a me convenne

seguitarlo; colà dal genitore

mi fu scelto altro sposo; all'imeneo

non trovando altro scampo,

lo cercai colla fuga; al Tebro giungo,

e Claudio trovo, ma infedel; prostesa

cerco d'Augusta al piè la mia difesa.

SALUSTIA

D'altra ei s'accese?

ALBINA

Il nega, e sol mi dice

che di non so qual gloria

gl'infiamma il cor più nobile desio.

SALUSTIA

Spera, ch'il favor mio

t'assisterà; fra lacci

tornerà prigionier; facile acquisto

sarà quel cor disciolto

alla pura tua fede, al tuo bel volto.

ALBINA

Soleva il traditore

dirmi: «Bell'idol mio,

se mai più cangio amore

m'incenerisca il ciel.»

Poi credo ch'altro oggetto

gli accese il cor nel petto,

e pose me in oblio

quell'anima infedel.

Scena ottava

Salustia, Alessandro, indi Giulia.

SALUSTIA

Potremo amato sposo

or liberi parlar. Se Giulia...

ALESSANDRO

Taci

ch'ella a me vien.

SALUSTIA

D'accorgimento o caro

armar ti déi.

ALESSANDRO

Ma come te presente...

SALUSTIA

Io qui in disparte,

se ti piace, di lei

udirò la gran mente.

(si pone in disparte)

ALESSANDRO

Sì vanne pur: voi m'assistete o dèi

protettori del giusto.

GIULIA

Da un benefico augusto,

e da un figlio amoroso,

anche tenera madre

può sperar grazie, ed implorar mercede.

ALESSANDRO

La madre le comanda, e non le chiede.

SALUSTIA

(Sospettosa umiltade.)

GIULIA

In questo foglio espressi

i sensi del mio core.

ALESSANDRO

Saran giusti se tuoi,

e se tuoi, sempre cari...

Vado a segnarlo.

(va a sedere al tavolino per sottoscrivere il foglio)

SALUSTIA

Ah che mai far tu vuoi?

(piano ad Alessandro)

Pria lo leggi...

GIULIA

Già diede

il colpo al segno...

ALESSANDRO

Oddio!

GIULIA

Figlio... Ma tu sospeso

ancor no 'l segni? Questa

tua dubbiezza m'offende. Ah più non voglio

grazie, ingrato, da te, rendimi il foglio.

ALESSANDRO

No madre... Io...

GIULIA

Non più. Già veggo espresso

il poco amor...

SALUSTIA

(ad Alessandro)

Che pena!

ALESSANDRO

Il segno adesso.

(siede)

(fra di loro)

SALUSTIA

Ferma o sposo la man...

ALESSANDRO

Che far poss'io?

SALUSTIA

Quest'è un inganno...

ALESSANDRO

Il foglio

ecco segnai.

SALUSTIA

(Son morta.)

GIULIA

(prendendo il foglio)

Figlio, con questo nome

comincio a rammentarti

ciò che mi devi. Cesare, anche questo

titolo è mio favor. Tal non saresti,

s'io non era tua madre:

Eliogabalo, il mostro

coronato di Roma

cesare ti creò, perché mio figlio:

non basta. Io dall'insidie

del tiranno crudel sai quante volte

ti preservai; cadde il crudel; tu regni,

quest'è pur opra mia, s'ama il tuo nome,

il tuo impero s'esalta, e tutto, o figlio,

fu di Giulia finor legge e consiglio.

ALESSANDRO

Il più tacesti o madre:

fra' benefici tuoi la cara sposa...

GIULIA

Io te la diedi, il so: ma sol la diedi

al marital tuo letto,

non al regio mio trono, e lei mi piacque

tua consorte veder, non mia sovrana,

tutto, tutto si regge

co' voti della moglie,

il monarca e l'impero: ah figlio, figlio,

se vuoi solo regnar, regna; io ne godo,

ma che un'altra m'usurpi il grado mio

no 'l soffrirò...

SALUSTIA

(Parlar potessi oddio!)

ALESSANDRO

Eccelsa genitrice, invan tu accendi

contro Salustia il tuo...

GIULIA

No no, Alessandro,

io vo' l'empia punita:

dal talamo, e dal soglio,

vada lungi colei,

che ti sedusse...

SALUSTIA

(E lo soffrite o dèi.)

GIULIA

L'amasti col tuo cor, l'odia col mio.

ALESSANDRO

Odiar la sposa? Oddio!

GIULIA

Sposa più non la dir: repudi il figlio

chi è nemica alla madre.

ALESSANDRO

Ah! se il tuo core

ebbe per me giammai

scintilla di pietà, madre ti prego...

GIULIA

Poi l'udirò. Risolvi.

ALESSANDRO

No, pria m'ascolta.

GIULIA

Eh scrivi.

ALESSANDRO

Io dunque...

GIULIA

Sì, ubbidisci.

ALESSANDRO

Dovrò...

GIULIA

Che tardi?

ALESSANDRO

Ah! Madre,

se tu vedessi il mio dolor.

GIULIA

L'apprendo.

ALESSANDRO

Scrivo.

SALUSTIA

Scoprirmi è d'uopo.

ALESSANDRO

(scrive e poi si ferma)

Sa... lustia... più... non sei...

GIULIA

Moglie, né augusta,

scrivi pur...

(Salustia si fa avanti, e prendendo il foglio con impeto dal tavolino)

SALUSTIA

No che augusto

dovrà tutto alla madre;

ma non già la viltà d'essere ingiusto.

GIULIA

Qual ardir?...

SALUSTIA

Qual delitto

mai Salustia commise

che merti ciò, ch'in questo foglio è scritto?

GIULIA

Temeraria!

SALUSTIA

Alessandro,

perdona i miei trasporti;

sono innocente, e tu lo sai; non posso

tollerar che m'opprima una tiranna;

eccomi, s'io son rea, tu mi condanna.

GIULIA

Vedi della superba

ove giunge l'orgoglio?

ALESSANDRO

Egli è giusto però: lacero il foglio.

(Alessandro prendendo il foglio di mano a Salustia lo lacera)

GIULIA

Il foglio lacerasti;

ma il ripudio che neghi,

vedilo, ad onta tua già lo segnasti.

ALESSANDRO

Io? Come? O dèi!

SALUSTIA

Già 'l dissi

ch'era un inganno.

GIULIA

Tu scrivesti...

ALESSANDRO

Io scrissi,

ma non l'approvo.

SALUSTIA

Ah cieli!

GIULIA

L'approverai quando il senato e Roma...

SALUSTIA

Vedrà Roma e 'l senato

la tua frode punita:

chi tu sei vedrà 'l mondo, ed io chi sono.

Mi sosterran sul trono

il dover, la ragione,

la mia innocenza, i numi,

che degli oppressi han cura:

né della mia sciagura

godran l'inganni tuoi. Così di Roma

trattano l'eroine? In questa guisa

s'inganna un figlio? E tu sei madre? e 'l cielo

può così tollerare un'inumana?

Ed Augusta tu sei? Tu sei sovrana?

Ah! se a me libertà fosse concessa...

GIULIA

Olà: Giulia son io, torna in te stessa.

Or che dal regio trono,

superba, scenderai,

conoscerai, ch'io sono

la tua sovrana ancor.

Quando pensavi, ingrata,

rendermi a te soggetta,

misera, abbandonata

pianger dovrai negletta

l'orgoglio del tuo cor.

Scena nona

Salustia, Alessandro.

SALUSTIA

Vedi sposo, cor mio, dove mi trasse

l'altrui superba, inesorabil voglia.

ALESSANDRO

Ah perché non m'uccide

or questa mia sì acerba estrema doglia?

SALUSTIA

Piace così al destin, così alla madre.

Vorrei, che così ancora

piacesse a te per non lasciarti oh dio,

colmo del tuo dolor, colmo del mio.

ALESSANDRO

Quando il senato e Roma

assentiranno alla materna frode,

il serto, il regno, il trono

lascerò in abbandono.

SALUSTIA

Ah no raffrena o caro

l'impeto del dolore.

ALESSANDRO

Ramingo e solo andrò dove mi tragge

forza di cruda inevitabil sorte

ad incontrar senza timor la morte.

Andrò ramingo e solo

come per la campagna

va il misero usignuolo

privo della compagna

spiegando il suo dolor.

Ma pien d'amor, di fede,

dovunque volga il piede

ti porterò mia vita

scolpita in mezzo al cor.

Scena decima

Salustia, indi Marziano.

SALUSTIA

Ahi dolce mio conforto

chi da te mi divide:

deh perché non m'uccide oggi il tormento?

MARZIANO

Di Giulia il cangiamento

agita il mio pensier... ma qui Salustia!

Figlia, qual ti lasciai, qual ti ritrovo!

SALUSTIA

Ah genitor. Regina

mi lasciasti, or mi trovi

serva della più rea fatal rovina.

MARZIANO

Come?

SALUSTIA

Giulia... qui sola

esser teco vorrei.

MARZIANO

(alle guardie)

Si ritiri ciascun.

SALUSTIA

Siedi.

MARZIANO

Che avvenne?

SALUSTIA

Ah che in ridirlo, in seno

mi trema il cor. Sediam.

MARZIANO

Che sarà mai?

SALUSTIA

Giulia, Giulia, quel mostro,

quella furia crudel, resa gelosa

del mio grado regal, con frode e inganno

soscriver fece ad Alessandro un foglio

del mio ingiusto ripudio.

Che mai farò? Dal trono

che innocente calcai, qual rea discendo.

Spogliata a te mi rendo

del regio serto, e priva

del caro sposo. Oh dio.

Signor deh per pietà tu mi consiglia.

Pensa che padre sei, ch'io ti son figlia.

MARZIANO

Salustia, figlia, ascolta.

Negli aspri casi e duri

son gli estremi rimedi i più sicuri.

SALUSTIA

Ebben...

MARZIANO

Render tu brami

vana di Giulia l'esecrabil frode?

SALUSTIA

Eh se 'l potessi, aspetto

cangeria la mia sorte.

MARZIANO

Brami col tuo consorte

e vivere, e regnar?

SALUSTIA

Questi è il mio voto.

MARZIANO

Farai per tua salvezza

quanto io dirò?

SALUSTIA

Il tuo voler m'è legge.

MARZIANO

Or se tu 'l vuoi, se 'l brami

può tutto in un balen cangiare immago.

Pensar déi, che l'orribile tempesta

che te percuote o figlia, in duro scoglio

tragge me ancor, che offeso

al par di te son io,

e che maggior del tuo, l'affronto è mio.

SALUSTIA

Dunque?

MARZIANO

Quell'alma rea

vegga l'ultimo dì.

SALUSTIA

Come?

MARZIANO

Dal mondo

toglier convien chi te spogliar procura

del talamo e del trono.

SALUSTIA

Ah, genitor! della tua voce il suono

fa tremar la mia fede,

vacillar la virtude.

MARZIANO

Allor che offende

la virtù non s'approva.

SALUSTIA

Ma 'l delitto?

MARZIANO

E virtude allor che giova?

SALUSTIA

Virtù fiera e crudel, sensi fallaci,

da cui sedur...

MARZIANO

Salustia!

Quando il padre favella ascolta, e taci.

SALUSTIA

Sì tacerò, ma pria rifletti o padre

che Giulia...

MARZIANO

È una tiranna.

SALUSTIA

È un'empia è ver, ma del mio sposo è madre.

MARZIANO

È tua nemica, e la mia gloria oscura.

SALUSTIA

Hanno i numi sol cura

d'opprimere i tiranni, e punir gl'empi.

MARZIANO

Eh, che vivono ancora i grandi esempi.

SALUSTIA

Lo so. Da Sciti e Traci

solo si può...

MARZIANO

Salustia!

Quando il padre favella ascolta, e taci.

SALUSTIA

Ubbidirò, ma sol...

MARZIANO

Non più, t'accheta.

SALUSTIA

Solo dirò...

MARZIANO

Di nuovo!

SALUSTIA

Che 'l dover...

MARZIANO

Non t'ascolto.

SALUSTIA

Che i dèi...

MARZIANO

Chiudi quel labbro,

e di un padre che parla i sensi adora.

SALUSTIA

Ma è dovere, che 'l padre

quando parla la figlia ascolti ancora.

MARZIANO

È dover, che la figlia

quando un padre consiglia ascolti, e taccia.

SALUSTIA

No, quando un padre un'empietà consiglia.

MARZIANO

Olà!

(s'alza)

SALUSTIA

Signor, permetti

che risponda una volta anche la figlia.

MARZIANO

Parla, che dir mi vuoi?

(siede di nuovo)

SALUSTIA

Dirò, che non son questi

sensi, che da tiranno;

mi tolga Giulia il trono,

la corona, lo sposo;

stimolo più geloso

è la mia gloria in me. Ho in petto un core

che i tradimenti aborre; e se mai fia

che un sol delitto, un tradimento solo

mi dia lo sposo, e mi conservi il soglio,

sposo non curo più, trono non voglio.

MARZIANO

Rimarrà dunque invendicato il torto

che a me si fa? Tu vile il soffri? Ah pria

morte si elegga.

SALUSTIA

E come?

MARZIANO

In questo punto

io di mia man della crudel tiranna

vo' trafiggere il seno.

SALUSTIA

Ah padre...

MARZIANO

Lasciami.

SALUSTIA

Che tenti.

MARZIANO

Colla mia e colla sua morte

oggi riporti al soglio.

SALUSTIA

Pensa...

MARZIANO

Di già pensai.

SALUSTIA

Che io sono...

MARZIANO

Un'empia figlia!

SALUSTIA

Che 'l tuo furore...

MARZIANO

È giusto.

SALUSTIA

Ch'io rimarrò...

MARZIANO

Del tuo destino in preda.

SALUSTIA

Senti...

MARZIANO

Più non t'ascolto.

SALUSTIA

E risolvi morir?

MARZIANO

Son già perduto.

SALUSTIA

Fermati per pietade.

MARZIANO

Ho risoluto.

Per trucidar la perfida

che oscura i giorni miei,

perdasi pur la vita...

Ma che? Tu sei smarrita!

Tu impallidisci in volto?

Vanne, più non t'ascolto,

più figlia mia non sei,

non son tuo genitor.

Vedrai di me lo scempio:

ma di mia morte acerba,

ne piangerà superba

il barbaro tuo cor.

Scena undicesima

Salustia sola.

Perché tanto furore, eterni numi!

Perché tant'ira in me? Perdo lo sposo;

d'una fiera tiranna

provo l'ingiusto sdegno;

del genitor sdegnato

miro il furor, che porta

nel sen di Giulia il ferro.

Ovunque io giro il guardo

veggio il mio mal, veggio le mie rovine.

Già mi svelgon dal crine

il diadema real, e di più ancora

mi si toglie il consorte;

oh padre, oh sposo; oh ingiusta Giulia; oh morte!

Sento un acerbo duolo

che il viver mio recide:

ah! dove mai si vide,

donna real più barbara!

figlia di me più misera!

più fiero genitor!

Morte potrebbe solo

dar fine a' mali miei:

e pur la morte, o dèi!

si nega al mio dolor.

Atto secondo
Scena prima

Logge imperiali.
Marziano, Claudio, indi Giulia.

MARZIANO

Vedi amico ove giunge

di rea donna, e crudel, l'empio desire?

CLAUDIO

Dovrà dunque soffrire

Salustia un sì gran torto? E Marziano

non lo vendicherà?

MARZIANO

Questi è l'arcano,

che a te svelar vogl'io.

CLAUDIO

Parla: mi unisce

a te lunga amistà.

MARZIANO

Mi sei fedele?

CLAUDIO

Richiesta che m'offende.

MARZIANO

Or saper déi, che all'empia Giulia, a quella...

CLAUDIO

Taci, ch'ella a noi vien: mutiam favella.

(viene Giulia)

MARZIANO

Augusta, onor del Tebro, amor di Roma.

GIULIA

Duce, non sei nel campo? In Roma forse

ti richiama la figlia?

MARZIANO

Non è più figlia mia, chi a te fu ingrata.

Rispettar la superba in te dovea

la sua benefattrice e la sua Augusta.

La man che la punisce è troppo giusta.

GIULIA

O degno genitor di miglior figlia!

Se dell'ingrata in seno

un'alma si chiudesse a te simile,

or non sarei costretta

a deporla dal grado ov'io la posi,

a toglierli dal crin l'aureo diadema;

ed in grado servil far, che il Tarpeo

ove Augusta imperò la vegga ancella.

E più farei, ma il padre...

MARZIANO

Eh! più che padre,

son io fedel vassallo!

E lieve a me rassembra

ogni più acerba pena, a un sì gran fallo.

GIULIA

O degno, d'Alessandro

più che suddito, amico! Ove si vide,

chi fin la propria figlia

per non mancare al suo dover, condanni?

Duce troppo fedel!

CLAUDIO

(Quanto t'inganni.)

GIULIA

Vorrei del figlio al fianco

così tutti mirar, vassalli e amici.

MARZIANO

Contro i Parti nemici

andrò duce e guerriero,

pur che l'augusta Giulia

del mio Cesare al voto aggiunga il suo.

CLAUDIO

Me pur Cesare elesse

duce de' suoi custodi:

il grado io non accetto,

se d'Augusta il voler non vi concorre.

GIULIA

Ambo mi siete amici: ambo confermo

nel meritato onore;

ma per te Marziano

distinto in me sarà sempre l'amore.

Odio di figlia altera

l'ambizioso core;

amo del genitore

la bella fedeltà.

Per lei sdegnata e fiera,

per te son tutt'affetto:

perché tu serbi in petto

quel cor, che lei non ha!

Scena seconda

Marziano, Claudio e poi Albina in disparte.

MARZIANO

Qual m'infinsi vedesti?

CLAUDIO

E ne stupii.

ALBINA

(Qui l'infedel!)

MARZIANO

Per più celar le trame

tradii me stesso, e condannai la figlia.

ALBINA

(Vo' sorprenderlo solo.)

CLAUDIO

Sul labbro a Marziano

Giulia trovò l'eroe, ma non il padre.

Svelami or ciò, che per la gran vendetta

hai nel pensiero accolto.

MARZIANO

Tutto or ti scopro.

ALBINA

(Ed io qui tutto ascolto.)

MARZIANO

Sul tramontar del giorno

forte stuolo d'armati

per via secreta introdurrò. Le stanze

occuperò di Giulia:

tu a cui commessa è la custodia interna,

con tuoi m'assisti.

CLAUDIO

E ben sperar lo puoi:

dal favor di Salustia ottenni il grado.

L'altera Giulia aborro,

donna odiosa al popolo, al Senato.

ALBINA

(Trame funeste!)

CLAUDIO

E pria che cada il giorno,

ella forse cadrà, senza che n'abbia

il tuo braccio l'onor.

MARZIANO

Come?

CLAUDIO

Valerio,

il primier fra' ministri

della mensa real, ne' primi sorsi

le porgerà il veleno.

MARZIANO

E sei sicuro

della sua fé?

CLAUDIO

Non dubitar.

MARZIANO

Pavento:

chi sa? Costui scoprisse il tradimento!

CLAUDIO

Egli anche Giulia aborre.

Ma se al gran colpo mai,

si opponesse il destin; se mai tradito

da Valerio fuss'io;

tu non temer: sovra di me la pena

tutta farò cader.

MARZIANO

Ch'io tema o Claudio!

Non ha per me la morte,

non ha se ancor no 'l sai

orror che mi spaventi!

E sempre in me vedrai,

o estinto o vendicato,

d'un'eroica fortezza il petto armato.

Talor di fiume altero

torbida cresce l'onda;

radendo poi la sponda

va lento e chiaro al mar;

ma nel suo variar

sempr'è l'istesso!

Così se vendicato

sarò, se in braccio a morte,

sempre in quest'alma forte,

l'istesso eroe vedrai

che vedi adesso!

Scena terza

Claudio ed Albina.

CLAUDIO

Amistà che non puoi!

ALBINA

Claudio, mi riconosci?

CLAUDIO

O che importuna!

ALBINA

Son quella, oppur di nuovo

ti scordasti l'idea del mio sembiante?

CLAUDIO

Lasciami in pace Albina.

ALBINA

Il mio tradito amor non lo consente.

CLAUDIO

Fuor di tempo ei ti guida.

ALBINA

Voglio che tu risolva anima infida;

dimmi se nuovo affetto

spense la fiamma antica;

ma sappi che se amante

mi sprezzerai, mi troverai nemica.

CLAUDIO

Nemica?

ALBINA

Sì, nemica, ti confondi?

CLAUDIO

E che far mi potrai,

folle che sei?

ALBINA

Tanto non so: rispondi!

CLAUDIO

Vuoi ch'io di te paventi?

ALBINA

Un'altra volta?

Rispondi pur.

CLAUDIO

Vuoi ch'io rispondi? Ascolta.

Claudio nel suo pensier fisso e costante,

non ti teme nemica, e t'odia amante.

A dir più non mi resta.

Albina addio: la mia risposta è questa.

Scena quarta

Albina.

Va' pur; so le tue trame.

Ho in man la mia vendetta;

sei perduto se parlo; e parlar deggio,

vilipesa e schernita.

Giulia il saprà... Che penso?

Io di Salustia il padre esporre a morte?

No, no; ad essa si scopra il tradimento.

Ella ne avrà contento,

ed io vantaggio. A mio dispetto ancora

amo l'ingannator. Sorte crudele!

Deh! perché non lo rendi a me fedele?

Se tu accendessi Amore

di nuovo il primo foco

in quell'infido core,

per te sarebbe poco,

molto saria per me.

Ma tu con me crudele,

godi in mirar tradita

quest'alma mia fedele,

schernita la mia fé.

Scena quinta

Sala apparecchiata per convito.
Salustia in abito servile con séguito di Ministri che vanno imbandendo la mensa. Poi Albina.

SALUSTIA

Servi, alla ricca mensa in vasi d'oro

recate i cibi eletti:

coronate le tazze, e ardete intorno

odorosi profumi.

Eccomi a voi compagna, ove poc'anzi

sedea sovrana, eppur lo soffro in pace.

ALBINA

Mia Salustia, talor che l'innocenza

dispera aver conforto, allora il trova.

SALUSTIA

Ah! qual poter v'è mai, che sia più forte

di Giulia e del suo sdegno?

ALBINA

Amore e morte.

SALUSTIA

Qual morte? Qual amor?

ALBINA

Quello del padre

che tutto porrà in opra, e tosco e ferro.

SALUSTIA

Tosco e ferro! Che fia? Mi trema in petto

gelida l'alma! Parla.

Dimmi a chi si prepara

il ferro e 'l tosco? A Cesare?

ALBINA

Da questa

turba servile allontaniamci o cara,

onde alcun non ci ascolti.

SALUSTIA

Oh stelle! O dèi!

Ponno crescere ancor gli affanni miei?

(si ritirano in disparte, indi parte Albina)

Scena sesta

Giulia, Alessandro, Marziano, Claudio e Salustia in disparte.

GIULIA

Vieni o figlio alla mensa; i gravi affari

sien lungi, e ilarità condisca i cibi.

ALESSANDRO

I miei laverà il pianto.

GIULIA

Duce, Claudio, qui accanto a noi sedete.

MARZIANO

Al sublime favor chino la fronte.

CLAUDIO

Benché no 'l merti, il grande onore abbraccio.

MARZIANO

Com'è lieta, la vedi?

CLAUDIO

Io veggo, e taccio.

GIULIA

Ma Salustia ritrosa,

al ministero imposto io qui non veggo.

SALUSTIA

Ecco pronta Salustia. Eccola: osserva,

come per te si cangia

la regina di Roma in umil serva!

GIULIA

Nel presente tuo stato

è vano il rammentar chi fosti allora.

ALESSANDRO

E questo, questo ancora

deggio soffrir? Deh ti rammenta o madre

che Salustia fu sposa

del Cesare latino.

GIULIA

Eh! Che non è più quella: or questa sorte

abbracciar gli conviene.

CLAUDIO

(E tu la morte.)

GIULIA

A me del gran Lieo l'umor più grato

si rechi, onde dal seno

certa ne sgombri incognita amarezza.

MARZIANO

(Or punita vedrem la sua fierezza.)

SALUSTIA

Eccomi al gran cimento.

GIULIA

(prende la tazza)

Figlio; lungi da te, dall'alma mia

ogni pena, ogni duolo

per sempre sia...

(qui vuol bere, e Salustia prende la tazza e la getta in terra)

SALUSTIA

Vada la tazza al suolo.

GIULIA

Olà! Così d'Alessandro

la mensa si rispetta?

ALESSANDRO

Qual furor!

MARZIANO

(Figlia incauta!)

CLAUDIO

(Addio vendetta.)

GIULIA

Alessandro che pensi?

ALESSANDRO

Ah! Che facesti?

SALUSTIA

Quel che dovea. Da morte

tolsi costei perché tua madre. Il tosco

ella in quell'aureo nappo

bever dovea.

GIULIA

Che ascolto!

CLAUDIO

(Ah! Come il seppe?)

GIULIA

A me tosco! A me morte! Ah! da qual mano

esce il colpo crudel? Tu che mi salvi,

svelami il traditor: da un'altra morte,

che il timor mi cagiona or mi difendi;

se il reo m'occulti, il beneficio offendi.

SALUSTIA

(Or che Giulia salvai, salvisi il padre.)

GIULIA

Parla Salustia, e attendi

da me, ciò che più brami.

SALUSTIA

Ciò che più bramo è che nel cor sepolto

mi resti il grand'arcano.

Parlai, non chiesta: tacerò costretta.

E il mio forte silenzio

sarà giustizia, e 'l crederai vendetta.

GIULIA

Non aspettar ch'io scenda

dopo il comando alla viltà de' preghi.

A forza parlerai.

SALUSTIA

M'insulti ancora? Ti lusinghi forse

che fu pietà la mia

il salvarti, o crudel? Fu di me stessa

un estremo dover. Che s'io potessi

senza oscurar la gloria mia svenarti,

invendicati ora gli affronti miei

forse non mirerei.

GIULIA

Come? Tanta baldanza?

MARZIANO

Così rispondi, temeraria, ingrata!

a chi ti fe' regina? A chi compagna

d'Alessandro ti rese?

SALUSTIA

Pria mi beneficò, ma poi m'offese.

MARZIANO

Mai non offende Augusta:

ma sia, che ti offendesse,

rammentarti tu déi, che mille furo

i benefizi ed una sol l'offesa.

SALUSTIA

Solo una colpa in alma eccelsa e grande

copre d'eterno oblio

mille d'alta virtude opre ammirande!

GIULIA

Dunque degli alti onori

che da me ricevesti

più non serbi memoria?

SALUSTIA

La memoria

de' più gran benefici

si disperde, e cancella

fra l'orror d'una offesa,

che cangia una regina in vile ancella.

ALESSANDRO

Ah! cessino le gare.

Parla Salustia, e salvami la madre.

SALUSTIA

La madre ti salvai, più dir non posso.

GIULIA

O silenzio protervo!

Tutto per te si fa mio rischio; io temo

de' miei più cari; temo

de' ministri e custodi

e Marziano, e quanto penso e miro;

che più? Nel mio periglio

m'è oggetto di spavento ancora il figlio!

MARZIANO

Su favella ostinata,

mia vergogna e rossor, che fai? Che tardi?

e taci ancor? Né parli? A che mi guardi?

SALUSTIA

Ah! padre! Ah genitor! Troppo pretendi

oggi da me! Sono innocente, e vuole

il mio fiero destin ch'io sembri rea!

È delitto il silenzio: il grande arcano

lo sanno i numi se poss'io svelarlo,

onde pensa ch'io sono

delinquente se taccio, e rea se parlo!

GIULIA

Morrai dunque superba.

SALUSTIA

Io non pavento

il tuo furor, donna crudel. Lo sposo

mi togliesti; la vita

toglimi ancora or ch'io salvai la tua;

trionfa pur sovra la mia ruina,

che tu sempre sarai

di Roma la tiranna, io l'eroina!

ALESSANDRO

Salustia, al mio cospetto,

piacciati con la madre

parlar con men d'orgoglio e più rispetto.

SALUSTIA

Con più rispetto a Giulia io favellava

allorché Giulia fu pietosa e giusta,

pien d'orgoglio or favello a Giulia ingiusta.

GIULIA

Figlio, questo è soverchio; alle mie stanze

conducetela o fidi; ivi dal petto

a forza ti trarrò l'alma o l'arcano.

SALUSTIA

Quello il poi far; questo lo speri invano.

MARZIANO

Avrai pena condegna

all'ostinato tuo silenzio, indegna.

SALUSTIA

Tu m'insulti? Non pavento.

Tu mi sgridi? Non m'affanna.

Padre ingiusto, empia tiranna,

chiedo sdegno e non pietà.

Chi mi serba al mio tormento

no, con me non è pietoso:

tutto spero il mio riposo

dalla vostra crudeltà.

Scena settima

Giulia, Alessandro, Marziano e Claudio.

GIULIA

Ah! figlio! Udisti? Io dunque

mi vedrò da costei

vilipesa e schernita?

MARZIANO

S'ella non scopre il reo, perda la vita.

GIULIA

Marziano, ora è tempo

che d'Alessandro alla tradita madre

porga la tua gran fé soccorso e aita.

Scordati d'esser padre:

t'attendo alle mie stanze, ivi dall'empia

sia tua cura ritrar del tradimento

l'infame autor.

MARZIANO

Se l'opra mia non basta

a far ch'ella discopra il traditore,

io di mia man, dal seno

gli trarrò l'empio core!

In me t'affida eccelsa Augusta, e spera.

GIULIA

Tema in alma real quanto sei fiera!

ALESSANDRO

Ah! Claudio, ah Marziano!

Per riacquistar la sposa

ecco aperta la via. Parli Salustia.

Si placherà la madre, e lieto io sono.

CLAUDIO

Io tutto m'abbandono

per salvar l'onor mio

alla paterna autorità, che parli

alfine io sperar voglio.

MARZIANO

Non parlerà; Salustia è più che scoglio

dal mar battuto, e più che rupe al vento.

ALESSANDRO

Numi eterni, pietà del mio tormento.

Giacché gl'affanni miei

mirar vi piace, o dèi,

non mi affliggete almeno

con tanta crudeltà.

Che l'alma mia nel seno

per tanta tirannia

non ha più sofferenza,

virtude più non ha.

Scena ottava

Marziano, Claudio, indi Albina.

MARZIANO

Ci fu avversa la sorte

nel primo colpo!

CLAUDIO

E come

a Salustia fu noto il mio disegno?

MARZIANO

Amico, io non saprei.

Segua il resto dell'opra; in poter nostro

abbiam Giulia e la reggia;

io verrò ad assalirla.

CLAUDIO

Io da ogni parte

le chiuderò lo scampo e la difesa.

MARZIANO

Regga il destin la ben guidata impresa.

CLAUDIO

Sapessi almen chi svela

l'infelici mie trame!

ALBINA

Claudio! Qual turbamento

ti veggo in fronte?

CLAUDIO

Il sol vedere Albina

me n'empie il seno, e me ne ingombra il volto.

ALBINA

Eh! con occhio sì avverso

so che tu non mi guardi. Alfin non sono

donna odiosa al popolo e al senato,

che col ferro m'insidi o col veleno.

CLAUDIO

(Qual favellar.)

ALBINA

Del mio infelice amore

a Claudio io più non parlo. Al degno amante

della gloria e di Roma,

al nemico di Giulia

opre grandi rammento e illustri imprese.

CLAUDIO

(Ah! purtroppo a costei tutto è palese.)

ALBINA

Misero! Sei tradito.

CLAUDIO

Cieli! E da chi?

ALBINA

Brami saperlo?

CLAUDIO

Albina,

deh! Se pur m'ami...

ALBINA

Or quell'amore invochi

che tu tradisti? E quell'Albina or preghi,

che ti colma d'orror solo in vederla?

CLAUDIO

I rimproveri tuoi son giusti o bella:

ma dimmi il traditor.

ALBINA

Di Giulia al trono

ei portava l'accusa, io lo trattenni.

CLAUDIO

Quanto ti deggio!

ALBINA

Or più farò: al tuo aspetto

condurrò l'infedele, e alla sua pena.

CLAUDIO

Ed io farò ch'ei cada

sotto la mia vendicatrice spada:

Albina, a te dovrò la mia vendetta.

ALBINA

Vanne all'auguste terme, e là mi aspetta.

(parte)

Scena nona

Claudio.

Cieli! qual turbamento

m'agita, mi confonde! Ah! se scoverto

è il tradimento, il precipizio è certo.

Per l'amico già immerso

entro immensa vorago, io già mi veggo!

Che farò? Che risolvo? Ah! sommi dèi,

voi l'alta impresa per pietà guidate,

voi, che vincere il tutto avete in uso,

ch'io già mi veggo in mia ragion confuso.

Parmi, che il cielo

d'oscuro velo

per me si copra!

Che la gran frode

omai si scopra!

Ah! già in me sento

del tradimento

tutto l'orror!

Abbandonato

nel gran successo

son dal mio fato:

son tutt'oppresso

dal mio dolor.

Scena decima

Sala regia con trono.
Giulia, poi Marziano ed Alessandro.

GIULIA

Numi, le di cui leggi

osservar sempre, e venerar mi piacque,

voi nel misero stato e nel periglio

in cui mi veggo, aita

pietosi a me porgete, o almen consiglio!

MARZIANO

(Ecco l'empia tiranna!

Questi è il tempo: qui solo e inosservato

qual miglior luogo a vendicarmi aspetto?)

(cava la spada)

Ora l'alma dal petto

con questo brando...

ALESSANDRO

Duce!

a qual uso quel ferro?

MARZIANO

Appunto o sire,

giungesti a rimirar la mia fortezza!

GIULIA

Numi, che fia!

MARZIANO

Già che d'un'empia figlia

l'ostinato tacer, nel cor d'augusta

rende sospetta la mia pura fede,

voglio al real suo piede

l'alma spirar: perché nel suo periglio

abbia meno un oggetto

di cui temer.

GIULIA

Prence ti ferma; al fianco

riponi il brando; troppo

la tua fede m'è nota

perch'io possa temerne. Ah! figlio, prega

alti numi immortali

che tutti i tuoi vassalli

sien nella fede a Marziano eguali.

ALESSANDRO

A me troppo è palese

il suo zelo, il suo amor.

MARZIANO

Fedel mi rese

sempre la tua virtù! Come finora

vissi, signor, vorrei morire ancora.

GIULIA

No, senza la tua vita

mal sicura è la mia. Qui, del tuo zelo

esiger vo' l'ultima prova.

(ad una guardia)

Olà!

Venga Salustia.

GIULIA

Figlio: Marziano,

benché padre, vogl'io

che qui davanti a noi

interroghi la figlia; ond'è che celi

il traditor, che la mia vita insidia:

con preghi, con minacce e con lusinghe

d'indurla procuriam che parli; e quando

di svelar non risolva

il traditor, lui la condanni o assolva.

MARZIANO

Augusta, ah come...

GIULIA

Taci.

Ella già vien.

(vanno a sedere sul trono Alessandro e Giulia)

MARZIANO

(Giorno per me funesto!)

ALESSANDRO

Parlasse oddio!

MARZIANO

(Che gran cimento è questo!)

(va a sedere accanto al trono)

Scena undicesima

Salustia e detti.

SALUSTIA

(Cieli che veggo!) L'empia

nel trono ov'io regnai, siede fastosa!

E di giudice in atto

rimiro il padre! Ahi vista tormentosa!

(qui s'avanza verso il trono)

Dalla liberatrice

della madre d'augusto

che mai si chiede?

GIULIA

Che del suo gran core

renda l'opra compita:

che scopra il traditore

che m'insidia la vita.

(additando Marziano)

Ecco: vedi a qual giudice

augusta si rimette.

SALUSTIA

Al padre!

GIULIA

Al padre.

SALUSTIA

(Gelo d'orror!)

MARZIANO

Salustia!

Alza que' lumi; guardami, e ravvisa

chi ti parla! A chi parli!

Tu, del velen di cui

celi l'autor, sei già creduta rea;

parla dunque ostinata, e dall'infamia

purga il mio sangue e l'onor mio. Che tardi?

Nuova colpa diventa ogni dimora.

Parla! L'impone un padre!

Ma prima di parlar, guardami ancora!

GIULIA

(a Marziano)

Eppur segue a tacer!

ALESSANDRO

(Quel voto oddio

mi svelle il cor dal seno.)

MARZIANO

Parla!

SALUSTIA

Dirò, come di quel veleno

son io creduta rea,

se m'opposi alla morte

che in quello Giulia omai bever dovea?

Qual giustizia sper'io

da questo tribunal, dove alla cieca

si prende il difensor per delinquente,

e qual rea si condanna una innocente?

Son rea, perché salvai

forse la mia nemica?

MARZIANO

È Giulia tua nemica?

SALUSTIA

Ancor no 'l sai?

MARZIANO

Se dunque è tua nemica

a che salvarla? Il gran pensier mi spiega.

SALUSTIA

Perché quella virtude che s'impiega

a favor de' nemici è più sublime!

Perché stimai mia gloria

dalla morte sottrar, chi più m'offende.

Così al giudice e padre

questa figlia non rea risposta rende.

MARZIANO

Ma tu di questa illustre tua virtude

par che già sei pentita:

perché celando il reo, brami e consenti

che d'Augusta la vita

sempre in periglio stia. Chi tace il reo,

approva il tradimento! Il tuo silenzio

qual discolpa ritrova?

SALUSTIA

Ciò che già oprai di mia innocenza è prova.

Non scopro il reo, perché mi chiude il labbro

un tiranno dovere:

m'opposi al suo morir, perché non sono

empia con chi m'offende.

Così al giudice e padre

questa figlia non rea discolpa rende.

MARZIANO

Colla tua morte o barbara

sarà punito il tuo silenzio.

SALUSTIA

A questa

volentier m'abbandono

come rea già convinta, e rea non sono.

GIULIA

(S'avanza il mio periglio!)

Odi Salustia; è di tua mano un dono

oggi la vita mia: lo veggo, e grata

esser teco vogl'io. Ecco, al cospetto

del tuo sposo real giuro e prometto

di renderti al mio amor. Da questa sede

ecco, ch'io per te scendo,

(scende dal trono con Alessandro)

e fra le braccia

qual amica ti stringo.

Che più? di lacerar quel foglio giuro

che del regno ti priva e dello sposo;

e renderti allo sposo, al regno, al soglio:

svelami il mio nemico, altro non voglio.

MARZIANO

(Forte è l'assalto.)

ALESSANDRO

Sposa, idolo mio,

non ostinarti più; svela gl'inganni:

parla una volta, e togli

da periglio la madre, e me d'affanni.

MARZIANO

Figlia, già che d'un padre

non curasti finor minacce e preghi,

d'un monarca che t'ama

piacciati più non irritar la madre.

SALUSTIA

E il padre insiste ancor, ch'io parli?

MARZIANO

Il padre!

Parla. Non più dimora,

ma pria mi guarda un'altra volta ancora.

SALUSTIA

Ahi sposo! Ahi Giulia! Ahi padre!

La tua man, l'amor tuo, le tue premure

tutte fanno al mio cor qualche violenza

perch'io favelli. A voi

ostinata rassembro; il so, lo veggio;

ma più di quel che dissi, io dir non deggio.

GIULIA

Dunque forza non hanno

a rimoverti, ingrata,

d'Augusta i doni e i preghi d'un regnante?

ALESSANDRO

(Sposa troppo crudel!)

MARZIANO

(Figlia costante!)

GIULIA

E taci ancor? Figlio, non più dimora:

s'ella non scopre il reo, si sveni, e mora.

ALESSANDRO

Ah! Madre...

SALUSTIA

No Alessandro,

giusto è lo sdegno suo; ma la mia sorte

vuol ch'io non parli, e vada incontro a morte.

GIULIA

E morte avrai, superba.

MARZIANO

Io di mia mano

ti trarrò il cor dal seno.

SALUSTIA

Ah! genitore!

Deh non combatter più la mia costanza.

ALESSANDRO

Ah! no, parla ben mio.

SALUSTIA

Dissi abbastanza.

ALESSANDRO

E abbandonar mi vuoi?

Vuoi morir? Vuoi lasciarmi?

Ah! d'un cor che t'adora...

SALUSTIA

Oddio! non tormentarmi:

sposo, vuole il destin ch'io taccia e mora.

SALUSTIA

(ad Alessandro)

Vado a morir ben mio.

ALESSANDRO

No, parla, e vivi o cara.

SALUSTIA

Ah! Che non posso oddio!

MARZIANO

A morte ti prepara.

SALUSTIA

Padre, da me che vuoi?

GIULIA

Deh: placa i sdegni tuoi,

svelami il traditore.

SALUSTIA

Ah! Che non deggio.

MARZIANO

Perfida.

SALUSTIA

Barbaro genitore.

MARZIANO

(a Giulia, a parte)

Provi quell'alma audace

il giusto tuo furor.

ALESSANDRO

Sposa...

SALUSTIA

Mi lascia in pace.

ALESSANDRO

(Sveller mi sento il cor.)

GIULIA

Senti...

SALUSTIA

Si taccia, e mora.

GIULIA

(Vorrei strapparti il cor.)

SALUSTIA

(Ah! Chi sofferse ancora

più barbaro dolor!)

ALESSANDRO

Se tu non parli, solo

io morirò.

SALUSTIA

(Che pena!)

GIULIA

Di barbara catena

cinta sarai.

SALUSTIA

(Che duolo!)

MARZIANO

Ti lascio alla tua sorte,

figlia crudel!

SALUSTIA

(Che morte!)

GIULIA E ALESSANDRO

(Più cresce il mio timor.)

MARZIANO

Mi fa il mirarti orror!

SALUSTIA

Cieli! Eppur vivo ancor?

Atto terzo
Scena prima

Terme imperiali.
Claudio ed Albina.

CLAUDIO

Presso le regie terme

gran tempo è ch'io m'aggiro.

ALBINA

Ben sollecito fosti.

CLAUDIO

Ov'è l'iniquo?

ALBINA

Hai teco l'ire tue?

CLAUDIO

(cava la spada)

L'ire e la spada.

Né vi sarà per lui scampo o perdono.

Ov'è?

ALBINA

L'hai già presente, e quello io sono.

CLAUDIO

Quello tu sei?

ALBINA

Spietato, in questo seno

della congiura tua svena l'arcano.

Che tardi? Grave affar forse ti chiama

nelle stanze d'Augusta, ove Marziano

t'attende, e i tuoi custodi?

CLAUDIO

E come, o dèi!

Tutto è noto a costei?

ALBINA

Dimmi, offesa e tradita

vendicar mi potea

se al tribunal della feroce Augusta

accusava il tuo fallo?

Ma il rimirarti estinto

sotto un'infame scure

non era gloria mia né mio riposo.

Al mio ferro, al mio sdegno

la tua morte serbai: così richiede

l'oltraggiato amor mio, la fé negletta.

Difenditi se puoi, voglio vendetta.

CLAUDIO

Vendica pure o bella i torti tuoi:

in vita mi serbasti,

uccidimi se vuoi.

ALBINA

Nulla mi devi.

Stringi quel ferro, o il petto

ti passerò, spietato.

CLAUDIO

Io no 'l difendo,

e a chi vita mi diè, morte non rendo.

O bella; il dirò ancora, amata Albina,

viver non seppi tuo; tuo saprò almeno

morir; piaga, trafiggi; eccoti il seno.

ALBINA

Quest'era la vendetta

ch'io volea dal tuo core,

morte non già, ma pentimento e amore.

CLAUDIO

Rendimi l'amor tuo dopo il perdono.

ALBINA

L'amor? Risolverò. L'alma sì tosto

i suoi sdegni non cede.

Voglio prova maggior della tua fede.

Voglio dal tuo dolore

prove di forte amore,

e poi risolverò.

A nuovo tradimento

fa invito e dà fomento,

chi facile dà fede

a un cor che l'ingannò.

Scena seconda

Claudio.

Qual beltà, qual costanza

tradiste, affetti miei! Ah, se la bella

disprezzata ti segue,

tradita ti perdona,

vilipesa ti brama,

renditi a tanta fede, ama chi t'ama.

Benché sia forte il cor

contro i tuoi colpi amor

non ho più scampo.

Se già per la beltà,

che pene al cor mi dà

d'amore avvampo.

Scena terza

Portici corrispondenti all'appartamento reale.
Giulia, indi Salustia.

GIULIA

Dove misera me! dove raggiro

il piè tremante! In questa

ben custodita soglia,

parmi che sol rimiri ombre ed orrori!

Ed una voce udir, che dica: «mori».

Me infelice! Pavento! Mi contristo!

Vorrei... ma non so che. M'agito, fremo:

e in un sol traditor, mille ne temo.

Ma sento le pupille

da grave sonno oppresse.

(s'asside)

Qui per breve momento

all'agitato mio pensier, vorrei

dar qualche pace. Alla custodia mia

voi per pietà vegliate, o sommi dèi!

(s'addormenta)

SALUSTIA

Il vacillante piede

sollecita qui trassi,

per Augusta salvar dal padre irato,

che svenarla procura:

eccola! Oh! Mia ventura!

Augusta!... In cheto sonno

tiene immerse le luci. Ah! Come puoi,

real donna del Tebro,

pace goder col tradimento al fianco?

Da quante spade or ora

trucidata sarai: già de' ribelli

parmi una voce udir che dica: «mori».

GIULIA

Quali voci funeste! Ah scellerata

macchini contro la mia vita?

Scena quarta

Marziano colla spada nuda alla mano, parlando a' suoi Soldati.

MARZIANO

A tutti

si divieti l'ingresso.

GIULIA

Ah! Perfida trionfa.

MARZIANO

Augusta, il tempo è questo

di vendetta o di morte. E che? Pensavi

che stupido io potessi

i miei torti soffrir? Tal è il mio sangue,

che se all'onor del trono

tu l'innalzasti ei n'era degno, e appena

n'era lontano un grado. Or che l'ascese,

non è più in tuo poter far che ne cada

senza gravi ruine!

Era augusta la figlia

uguale a te nel grado e nella sorte.

Or questa abbia il ripudio, e tu la morte.

GIULIA

Se con la morte mia render tu pensi

a Salustia lo sposo ed il comando,

superbia e fellonia mal ti consiglia:

per cesare, qui giuro

morte a te, morte a' tuoi, morte alla figlia.

SALUSTIA

Morte alla figlia? E quale

nuova colpa è la mia furia spietata?

Del genitore armata

giustamente è la destra

contro di te, che fosti

sempre nemica mia. Ma che? Tiranna!

Dell'ira mia feroce,

in questi casi estremi

così oppressa qual son, paventa e temi:

che se del padre il barbaro attentato

tu in me punir pretendi, io nel tuo figlio

punir saprò la tua fierezza ancora;

sì, farò ben ch'ei mora;

e pria ch'io perda il padre,

per gli alti dèi qui giuro

morte a lui, morte a' suoi, morte alla madre.

MARZIANO

Or sì, che figlia sei

degna di me! Sì sì, tutto perisca

ma Giulia ne preceda ombra non vile.

E a me l'onor del primo colpo...

SALUSTIA

Ah! Padre!

Chi più offesa di me? Chi più oltraggiata?

Stanca da tante ingiurie

è la mia sofferenza: anche a me un ferro

per aver parte anch'io nella vendetta.

A me l'offese mie punir s'aspetta.

GIULIA

Tanto si tarda a dar la morte a un solo?

SALUSTIA

Padre, un acciar, te 'l chiede

l'ira insieme e l'amor.

(Marziano dà la spada a Salustia e ne prende un'altra da una guardia)

MARZIANO

Prenditi il mio

o magnanima figlia. A me non manca

di che armare il mio braccio.

SALUSTIA

(a Giulia)

Or tu vedrai

qual sia Salustia. Quella

condannata al ripudio:

quella, già imperatrice, e poi vil serva

alla mensa, all'aspetto

di Roma tutta. Sì, con tuo rossore

vedrai, benché oltraggiata

qual sia colei che tanto odiasti, ingrata!

MARZIANO

Mori o donna superba: alcun non veggio

riparo al tuo destin.

SALUSTIA

Ben lo vegg'io,

che del seno d'augusta è scudo il mio.

(si volta colla spada verso Marziano in atto di voler difender Giulia)

MARZIANO

Figlia, che fai?

SALUSTIA

Ciò che virtù m'impone.

MARZIANO

Quel seno che difendi

bolle d'odio per te.

SALUSTIA

Ma quello è il seno

che diè vita al mio sposo.

MARZIANO

Lo sposo ella ti toglie.

SALUSTIA

Ella me 'l diede.

MARZIANO

E con esso, d'impero ella ti priva.

SALUSTIA

Mi faccia anche morir. Tutte le offese

non uguagliano il prezzo

del suo gran dono.

GIULIA

(Io son di sasso.)

MARZIANO

Eh! Mora.

SALUSTIA

Le ferite e la morte

passeranno al mio cor, prima che al suo.

MARZIANO

Ah! figlia ingrata! Or via

ferisci questo seno.

SALUSTIA

Quel d'augusta difendo,

e non minaccio il tuo.

MARZIANO

Ma che? D'inciampo

sarà fanciulla imbelle

al mio braccio guerriero? Un colpo solo

il mal fidato acciar mi getti al piede.

(con un colpo fa cader la spada di mano a Salustia, e va poi verso Giulia)

E tu mori, superba.

SALUSTIA

Augusta, prendi.

(si cava un stile dal seno e lo porge a Giulia)

E con la mia, la vita tua difendi.

MARZIANO

Oh! Dèi!

GIULIA

Perfido, indietro.

Odio d'esser crudel, ma se costretta

vi sarò, da quel cieco

furor, che qui ti trasse,

ti ucciderò sugli occhi

la figlia, e poi me stessa.

SALUSTIA

Eccoti il seno.

Squarcialo pur, che tardi? Al suo furore

sia vittima il mio core:

troppo illustre sarà, benché inumana,

la sua vendetta, se costar gli deve

il sangue d'una figlia. Ecco, ferisci,

impiaga pur. Con ciglio asciutto, o perfido

padre crudel, rimira

l'innocente mia morte;

ch'io per nulla doverti

in questo colpo orrendo

la vita, che mi desti, ecco ti rendo.

MARZIANO

Ferma: pria nel mio seno.

GIULIA

Scostati traditore, o qui la sveno.

Ho in pugno la vendetta e la difesa.

MARZIANO

Quella e questa or mi manca

che risolver non so. Sì, vegga il mondo

cader col genitor la figlia imbelle.

Scena quinta

Alessandro con Guardie e detti.

ALESSANDRO

Fermati o traditor.

MARZIANO

(Perfide stelle.)

ALESSANDRO

Olà! Fra lacci avvinto

sia quell'indegno.

MARZIANO

Iniquo fato hai vinto.

ALESSANDRO

Empio! Quest'è la fé, quest'è l'amore

che serbi al tuo monarca?

SALUSTIA

Ah! Genitore!

GIULIA

Che genitor! Furia crudel, spergiuro

chiamalo pur. Tiranno

di me, del sangue suo, del suo regnante.

ALESSANDRO

L'empio di mostri e fiere

si esponga al rio furor.

SALUSTIA

Ferma, o tiranno,

tu il padre a me condanni?

ALESSANDRO

Io lo condanno.

SALUSTIA

Ah no sposo, pietà.

ALESSANDRO

Pietà non merta.

MARZIANO

E chi la chiede? E chi da te la brama?

D'una barbara donna

che oltraggiò il sangue mio, nemico io sono,

né pietà, né perdono

né da te, né da lei bramo; che giusti

son i miei sdegni e l'ire.

SALUSTIA

Augusta, o dio!

GIULIA

Non più: vada a morire.

MARZIANO

Sì, tiranna, fra dure ritorte

lieto vado, che questo mio petto

fiero aspetto di barbara sorte

né tua rabbia temere non sa.

Vendicar ben sapranno le furie

tante ingiurie, svenato, sbranato

il tuo core inumano sarà.

Scena sesta

Giulia, Salustia e Alessandro.

SALUSTIA

Ebbene? Augusta è questi

il premio di mia fede?

Questa o sposo crudele è la mercede

che all'amor mio tu rendi? A te la madre

io tolgo dal furor de' suoi tiranni,

e tu a me ingrato, il genitor condanni?

ALESSANDRO

Salustia, il tuo dolore

è uno stral che recide il viver mio:

ma dell'augusta madre

non è ingiusto il rigor, che far poss'io?

SALUSTIA

Dunque la tua pietà...

GIULIA

Dissi abbastanza.

SALUSTIA

La tua virtù...

ALESSANDRO

Non giova.

SALUSTIA

Rammentarti tu déi...

GIULIA

Non più, deve morir.

SALUSTIA

Barbari dèi!

Per queste amare lagrime

figlie del mio dolore,

si doni al genitore

la vita per pietade,

o a me la morte.

(a Giulia)

O premio un padre sia

di quanto oprai per te,

o cingano il mio piè

le sue ritorte.

Scena settima

Alessandro, Giulia.

ALESSANDRO

Madre pietà!

GIULIA

Come? Per un indegno?

Per un suddito infido!

Per un'anima vil, che la mia morte

già due volte tentò! Per un nemico

del sangue suo, grazie Alessandro implora?

No no figlio. S'esegua

il tuo cenno real, convien che mora.

ALESSANDRO

Né della tanto a te fedel Salustia

ti commove il martir?

GIULIA

Lo sdegno mio

cresce al par del suo duolo:

ma placarmi non so, se del fellone

sparte non mirerò le membra al suolo.

Se all'ultimo suo fato

tratto non è l'indegno,

mai del mio cor lo sdegno

placato si vedrà.

Vanne; sua morte affretta;

parlami di vendetta,

non chiedermi pietà.

Scena ottava

Alessandro solo.

O misera de' reggi acerba sorte,

allor che duro fato

agita i lor pensieri e gli confonde!

Che far degg'io? Lo sdegno

di genitrice offesa

vincer non so! La pena

d'innocente consorte

placar non posso: e intanto,

numi troppo tiranni,

veggo crescer ognora,

al par dell'ira vostra, in me gli affanni.

In mar turbato e nero

del ciel, del vento all'ira

il cor s'adira e freme,

l'alma agitata teme,

risolvermi non so.

Volgono il mio pensiero

la madre e la consorte.

Quella mi chiede morte,

questa pietà sospira,

cieli, che far dovrò?

Scena nona

Grande anfiteatro, nel di cui piano si vedranno varie fiere racchiuse per la morte di Marziano: numero grande di Spettatori ne' palchi di esso. Luogo magnifico, dove sedere dovranno Alessandro, Giulia, Claudio e Albina.
Giulia, Claudio, Albina.

CLAUDIO

Sublime eccelsa augusta, i cui gran fregi

adora il mondo, e Roma

non coprirà giammai di fosco oblio!

Per quella in te sì rara

magnanima pietade...

GIULIA

Albina, Claudio;

abbastanza sinora e voti e preghi

a pro di Marziano

meco adopraste; Cesare

impunito il delitto

lasciar non vuole; in queste infauste arene

ordinò la sua morte.

ALBINA

Egli già viene.

Scena decima

Alessandro e li già detti.

ALESSANDRO

Inclita madre: qui del rio fellone,

che sovra la tua vita

osò portare i suoi pensieri, io vengo

a rimirar la morte.

Ma dell'afflitta mia,

a te fedel, consorte

degnati prima udir gli ultimi preghi.

GIULIA

Nulla a te sia ch'io neghi.

Venga: ma se del padre

la vita ella richiede,

parlerà invano.

ALBINA

Ella qui volge il piede.

Scena undicesima

Salustia in atto piangente e detti.

CLAUDIO

Ahi! vista!

ALESSANDRO

Ahi! duol!

ALBINA

Mi fa pietade!

ALESSANDRO

Ahi come

si oscurò di quel volto il bel sereno!

CLAUDIO

Io manco in rimirarla!

ALESSANDRO

Io vengo meno.

SALUSTIA

Inclita madre, alle tue piante umile,

ecco la più dolente,

la più misera, afflitta e sventurata

donna real, che vide il Tebro...

(piange)

GIULIA

Amica,

alzati: a me già noti

son del tuo core i voti, il genitore...

SALUSTIA

Deve morir, lo so! Grave è il suo fallo!

Giusta la pena! Ei mora.

Ma se mai spenta ancora

non è per me la tua pietà, se vive

ancor per me del mio consorte in seno,

deh! si conceda almeno

alla mia fede, al mio dolor, che il misero,

non alla rabbia intera

di tutte queste orrende

formidabili fiere, esposto sia:

una solo l'assalga; e se da quella

fatto in brani sarà, la tua vendetta

resta adempita. Ma se mai la sorte

pietosa del mio duol, per non mirarmi

d'ogni conforto priva

farà mai ch'egli abbatta

il suo furore, a me si doni e viva.

ALESSANDRO

Madre.

(Giulia resta pensosa)

CLAUDIO

Augusta.

ALBINA

Al suo amore.

CLAUDIO

Alla sua fede.

ALESSANDRO

Questa a me non si neghi

estrema grazia.

ALBINA

E misera mercede.

GIULIA

Figlio, della tua sposa

m'intenerisce il duol: quanto ella chiese,

già che Alessandro prega

tutto Giulia concede, e nulla nega.

Sia qui tratto l'iniquo.

(va a sedere nel palco)

ALESSANDRO

I numi o cara

l'assisteranno.

(va a sedere nel palco)

ALBINA

Io così spero.

CLAUDIO

I dèi

ascoltino i miei preghi.

SALUSTIA

E i voti miei.

(vanno tutti a sedere sul palco)

Scena dodicesima

Al suono di orribil sinfonia, sarà introdotto Marziano nudo nell'arena.

MARZIANO

Implacabili dèi! Dell'ira vostra,

ecco, in me riguardate

il più fermo bersaglio! Ecco di Roma

il più temuto difensore, esposto

alla rabbia crudel d'orride fiere;

sol per voler d'ingrata figlia...

(s'accorge della figlia)

Ahi! Vista

l'inumana pur qui, dell'empia strage

spettatrice dimora?

(a Salustia)

Ah! dispietata figlia!

Vieni a goder della mia morte ancora?

SALUSTIA

No genitor; coraggio: alla tua destra

una sol fiera si destina. Al suolo

fa' ch'ella cada, e tu vivrai...

GIULIA

Si taccia.

Egli morrà, che i numi

impunito d'un empio

non lasceranno il fier misfatto orrendo.

Olà!

MARZIANO

Sì, diasi il segno: io morte attendo.

SALUSTIA

Padre...

MARZIANO

Non più.

GIULIA

Disserrisi la fiera.

SALUSTIA

(Cieli pietà!) Padre, combatti e spera.

MARZIANO

Mostro crudele, orrendo!

Vieni; ch'io fiero e forte

qui attendo il tuo furor.

Vieni; che la mia sorte

vuole, per tormentarmi,

ch'io teco qui, senz'armi

cimenti il mio valor.

(al suon di trombe, segue il combattimento di un leopardo con Marziano, da cui vien superato e ucciso: calano dal palco i spettatori)

CLAUDIO

Cadde l'orrida fiera!

SALUSTIA

Amico ciel!

ALESSANDRO

Da forte

superò il suo furor!

ALBINA

Grazie alla sorte.

MARZIANO

Vengano se vi sono. Io qui gli sfido

a provar del mio braccio

l'alto valor, più fieri mostri ancora.

SALUSTIA

No genitor, d'augusta il cenno adora,

che a te vita concede.

GIULIA

Al tuo merto la dono, e alla tua fede.

ALESSANDRO

E a me Salustia ancora, eccelsa madre

rendimi generosa.

(Giulia prende per la mano Salustia e la porta accanto ad Alessandro)

GIULIA

Ecco la mia difesa, e la tua sposa.

MARZIANO

Or che lo sposo e 'l trono

a te figlia si rende,

del mio fallo il perdono

è a me più caro.

GIULIA

Di Salustia il merto

fu maggior del tuo fallo.

ALESSANDRO

La sua virtude a vivere t'insegni

padre men fiero, e più fedel vassallo.

ALBINA

(a Salustia)

Regina, ti sovvenga

che Claudio...

SALUSTIA

Mi sovvien. Cesare ascolta.

Albina, che qui vedi

in abito virile, il ferro e 'l tosco,

scoprimmi amica: a lei

Claudio in sposo concedi.

ALESSANDRO

Aggiungo alle sue brame i voti miei.

Claudio, Albina sia tua.

CLAUDIO

Con mio piacer, la destra

a lei porgo fedele.

ALBINA

Io più non curo.

CLAUDIO

Eterno amore al tuo bel volto io giuro.

GIULIA

Popoli, dell'impero

ecco il sostegno, unito

all'augusta sua sposa:

voi la vedeste invitta; e voi vedeste

ceder tutto, ad un core

dove con la virtù si unisca amore.

TUTTI

Ritorni al nostro cor

la bella pace.

E in noi del dio d'amor

splenda la face.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 24/02/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40 (W)

Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima