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Parisina

PARISINA

Melodramma.

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Libretto di Felice ROMANI.
Musica di Gaetano DONIZETTI.

Prima esecuzione: 17 marzo 1833, Firenze.


Personaggi:

AZZO signor di Ferrara

baritono

PARISINA sua moglie

soprano

UGO che poi si scopre figlio d'Azzo

tenore

ERNESTO ministro d'Azzo

basso

IMELDA damigella di Parisina

mezzosoprano


Cori e comparse: Cortigiani, Cavalieri, Damigelle, Gondolieri e Soldati.

La scena è in Belvedere, isola di delizia sul Po dei principi Estensi e parte in Ferrara. L'epoca è il XIV secolo.

Avvertimento

Il soggetto è tolto da un poemetto di lord Byron; né fondamento istorico ha desso, che poche parole del Gibbon. Forse esisterà qualche cronaca della famiglia Estense, in cui sarà parlato più chiaramente e di Parisina, e del principe sotto il cui regno avvenne la tragedia. Io non l'ho rinvenuta, e mi sono creduto in diritto d'inventare ciò ch'io credeva necessario al mio dramma, e probabile ai tempi in cui governava Ferrara, non Azzo come lo chiama il Byron, ma il principe di cui Gibbon favella. Ed ecco l'antifatto della mia favola.

Il signor di Carrara scacciato da' suoi domini dalla fazion ghibellina cerca ricovero per la sua figlia Parisina in corte d'Azzo, principe amico, e del partito dei guelfi. Parisina è quivi cresciuta insieme ad un orfanello raccolto da un vecchio ministro del duca, e da questi educato fra i suoi paggi, ignaro esser desso un suo figlio naturale avuto da una donna da lui bandita per sospetto d'infedeltà, e miseramente perita.

S'innamora segretamente del paggio, così chiamasi Ugo, ed Ugo di lei. Ma richiesta in isposa da Azzo, il quale si obbliga in ricompensa a ricuperare al padre i perduti stati, è costretta ad obbedire alluno e all'altro, e diviene moglie del signor di Ferrara. Da quel punto gli amanti sono infelicissimi. Come l'amor loro è scoperto e crudelmente punito, forma l'orditura della mia azione come quella di Byron, tranne alcuna diversità inevitabile, poiché diverso è il poema che racconta, dal poema che rappresenta. Costretto qual fui da imperiose necessità a comporre un dramma alla spezzata, e in pochi giorni, e senza aver modo di rivederlo e correggerlo, se non mi è lecito invocare indulgenza pe' suoi difetti, mi sia concesso almeno di deplorare la trista circostanza di non poter offrire alla italiana Atene un lavoro meno indegno di essa, ed oso dirlo, meno indegno di me medesimo.

Felice Romani

Atto primo
Scena prima

Sala nel palazzo del duca in Belvedere.
Paggi, Scudieri, Cortigiani, indi Ernesto.

ERNESTO

(entrando)

È desto il duca?

CORO

È desto.

Dorme lung'ora ei forse?

Torbido all'alba sorse

come corcossi ier.

Ma sì, per tempo. O Ernesto

tu d Ferrara uscito!

Forse del duca invito

ti chiama a Belveder?

ERNESTO

Inaspettato e pure

giunger qui grato io spero.

CORO

Grato se di venture

è il tuo venir foriero.

D'uopo n'abbiam: qui tutto:

spira mestizia e lutto,

afflitto più che mai

turbato d'Azzo è il cor.

ERNESTO

Afflitto!

CORO

Ah tu ben sai

il suo geloso amor.

ERNESTO

Lo so... Ma la duchessa

sospetta è sempre a lui?

CORO

Egra, languente è dessa:

fugge il consorte e altrui.

Non mai sorriso spunta

su quella fronte smunta,

o sviene appena è nato,

quel languido balen.

ERNESTO

E il duca?

CORO

Si distrugge

d'ira e d'amore insieme

or la ricerca, or fugge,

or la lusinga, or freme.

Ansio la notte e il giorno

sembra spiar d'intorno,

quasi un rival celato

tema alla reggia in sen.

ERNESTO

Oh, doloroso stato!

CORO

Sì, ma silenzio.

TUTTI

Ei vien.

Scena seconda

Azzo, e detti.

(tutti gli fan luogo: guarda esso d'intorno e si accorge d'Ernesto)

AZZO

Che mi rechi?

ERNESTO

Lieti eventi.

AZZO

Lieti a me?

ERNESTO

Lo spero.

AZZO

E quali?

ERNESTO

Dopo lunghi e rii cimenti

Padoa tolta è a tuoi rivali:

e per l'arme di Ferrara,

fortunato il pro Carrara,

vinta l'ira ghibellina

sul suo trono alfin sedè.

AZZO

Ei mi diede Parisina;

poco è un trono a lui mercé.

ERNESTO

Nuova è questa, ond'abbia anch'essa

a gioir del tuo contento.

AZZO

(a parte ad Ernesto)

Annunziate alla duchessa

l'improvviso e lieto evento.

Per veder su quel bel viso

il balen d'un sol sorriso;

non che Italia, aver vorrei

terra e cielo, e dargli a lei;

rapirei del sole i rai

per donarle il suo splendor.

Non sa il mondo e tu non sai

qual m'accende e quanto amor!

ERNESTO

Lieta al par de' tuoi desiri

la farà sì gran ventura.

AZZO

Ne ho fidanza: tutto spiri

gioia e pompa in queste mura.

Tutti.

ERNESTO E CORO

Noi primieri al ciel diam lodi

che ha compito i voti tuoi,

che il valor de' Guelfi eroi

secondò col suo favor.

Spenti alfin gli sdegni e gli odi,

lieta Italia al mondo attesti,

che la pace a lei tu desti,

che a te deve e gioia e onor.

AZZO

(Dall'Eridano si stende

fino al mar la mia bandiera,

il leon dell'Adria altiera

piega il capo al mio valor;

solo un cor col mio contende,

sdegno e amor del par l'irrita.

Io darei corona e vita

per poter domar quel cor!)

Con giostre, e con tornei

si festeggi in Ferrara il lieto evento;

cento navigli e cento

covrano in gara del superbo fiume

ambo le rive, ed alla vinta guerra

applaudano del par l'onde e la terra.

Ite...

(parte il corteggio)

Scena terza

Ernesto ed Azzo.

ERNESTO

Mi è dolce, o duca,

questa vittoria tua, non sol perch'alto

leva il tuo nome, ma perché ti reca

gioia, che dal tuo cor parea bandita.

AZZO

Gioia!... È di già sparita.

Starsi meco non può.

ERNESTO

Signor di tante

ricche province, e glorioso, e adorno

di nuove palme e di recente onore,

a te che manca?

AZZO

Il maggior bene ~ amore.

È mio destino, Ernesto,

destin tremendo, che le furie sempre

d'amore io provi, e le dolcezze mai.

Tradito un giorno... e il sai

dall'infedel Matilde, ancor tradito

da Parisina io sono.

ERNESTO

I tuoi sospetti

han perduto Matilde; or Parisina

i tuoi sospetti perderan del pari.

AZZO

Ah! Dannommi Matilde, a giorni amari.

È sua vendetta forse

la perpetua mia guerra, i miei timori...

deggio dirtelo, Ernesto?... A me rivale

mi dipingon perfino il giovin Ugo

che orfano raccogliesti, e ch'io qui crebbi

fra paggi miei, qual se ti fosse ei figlio.

ERNESTO

(Cielo!)

AZZO

E gli diedi esilio

dalla mia corte, e di Carrara al campo

fingea spedirlo... e buon consiglio parmi

onde all'armi avvezzarlo.

ERNESTO

Or posa han l'armi;

ei tornerà.

AZZO

Contezza

hai tu di lui?

ERNESTO

Nulla contezza.

AZZO

Audace

non fia così per riveder Ferrara

senza un mio cenno. Or vanne: e dove incauto

tornato ei fosse, in nome mio gli intima

che por non osi in queste mura il piede,

finché no 'l chiamo al mio cospetto io stesso.

ERNESTO

Mi è legge il cenno.

(Azzo parte)

Scena quarta

Ernesto, ed Ugo.

ERNESTO

Oh! Chi mai veggio? È desso.

UGO

Sì, son io, m'abbraccia, Ernesto.

ERNESTO

Ugo! (Oh ciel!)

UGO

Che guati intorno?

ERNESTO

Taci incauto, e a che sì presto

fai dal campo a noi ritorno?

Vieni meco, o sciagurato,

non ti vegga il tuo signor.

UGO

Di che temi? E sì turbato

sei per me? Qual feci error?

ERNESTO

Il più grave.

UGO

Oh dio! Ti spiega.

ERNESTO

Il ritorno è a te conteso.

UGO

Con qual dritto? Chi me 'l nega?

ERNESTO

Chi può tutto ~ il duca offeso.

UGO

Ed è noto alla duchessa?...

Parla, o padre, è noto ad essa?

ERNESTO

Quale inchiesta! E qual pensiero

in te d'essa, e in lei di te?

Tremi?... Di'... Saria pur vero?...

UGO

Ah! Pietà... leggesti in me.

(gettandosi nelle sue braccia)

Io l'amai fin da quell'ora

che fra noi fanciulla venne:

l'amai pure, e l'amo ancora

poiché sposa altr'uom l'ottenne.

Né timor né lontananza

né dolor né disperanza

han potuto dal mio core

questo amore ~ cancellar.

ERNESTO

Che mai sento? Ahi taci, insano...

Tanto osasti alzar la mente?

Non seguir... Il tristo arcano

non sia noto ad uom vivente.

A me stesso, o sventurato,

ei dovea restar celato...

T'era d'uopo un tal dolore

al mio core ~ risparmiar.

Or che badi?... Un rio sospetto

già del duca in mente è desto.

UGO

La mia vita è in questo tetto...

Morte altrove... Io resto, io resto.

ERNESTO

Forsennato! E la ruina

farai tu di Parisina?

Non sai tu del duca amante

l'implacabil rigor?

UGO

Partirò; ma un solo istante

pria vederla ho fermo in cor.

Per le cure, per le pene

che quest'orfano ti costa,

mi concedi un tanto bene,

la mia vita è in lui riposta.

Un suo sguardo, un solo sguardo

temprerà la fiamma ond'ardo.

Prenderò da lei forza

di partire, e non morir.

ERNESTO

Vieni, vieni invan tu speri

ch'io consenta a tanto errore.

Qui de' passi e dei pensieri

è ciascuno esploratore...

Qui le mura, i sassi, i venti

hanno orecchio ed hanno accenti...

Qui neppure il suol profondo

ti potria da lui coprir.

(lo tragge seco; escono entrambi velocemente)

Scena quinta

Giardino nel palazzo ducale. In fondo scorre il Po.
Parisina, Imelda, e Damigelle.

PARISINA

Qui... qui posiamo; ombroso

ameno è il loco.

DAMIGELLE

Aura soave spira

di questi faggi al rezzo,

e reca a te l'olezzo

rapito all'erbe, e ai fior.

IMELDA

Oggi più lieta

esser déi tu.

DAMIGELLE

Giorno ridente è questo

ad amorosa figlia

che della sua famiglia

festeggia lo splendor.

PARISINA

Sì, ne' suoi stati

ritorna il genitore.

Oh! Voglia il ciel pietoso

che men gli pesi il ricovrato serto

di quel ch'ei diemmi... Oh! Più di me infelice

la pastorella, che non ha corona

se non di fiori!

IMELDA

E a tua mestizia torni,

torni ai sospir?

DAMIGELLE

Deh! Parla, onde cotanto

in te dolore?

PARISINA

È in me natura il pianto.

Forse un destin che intendere

dato ai celesti è solo,

quaggiù mi elesse a piangere,

nascer mi fece al duolo;

come colomba a gemere

come aura a sospirar.

Parmi talor, che l'anima

stanca di tante pene,

aneli al ciel più limpido

aspiri a ignoto bene

come favilla all'etere,

come ruscello al mar.

DAMIGELLE

Lassa! E te stessa affliggere

sempre così vorrai?

PARISINA

Cessar non mi è possibile.

DAMIGELLE

Né mai tu speri.

PARISINA

Mai.

(musica guerriera)

TUTTE

Qual suon! Guerrier drappello

move festoso a te.

PARISINA

(O tu, che invano appello,

tu sol non vieni a me.)

(le damigelle escono)

Scena sesta

Cavalieri armati di tutt'arme: alcuni con visiera calata. Scudieri che portano le lance e gli scudi.
Parisina, e Imelda.

CAVALIERI

Alle giostre, ai tornei che prepara

esultante e devota Ferrara,

te presente sospira ogni prode,

che a contender la palma se n' va.

Da te data più dolce la lode,

la corona più bella sarà.

PARISINA

Cavalier, forse il duca v'invia?

CAVALIERI

S'ei non fosse, chi osato l'avria?

Per suo cenno, cotanto favore

nobil donna, imploriamo da te.

PARISINA

Dalle feste rifugge il mio core.

Ei lo sa, non vi è gioia per me.

(V'era un dì quando l'alma innocente

tinto in rosa vedea l'avvenir.

Quando ancora sul mio labbro ridente

non suonava d'amore il sospir.

Ma ti vidi, o fatal giovinetto,

io ti vidi, e la gioia sparì.

Tinto in lutto mi sembra ogni oggetto,

è funebre la luce del dì.)

UGO

(cavaliere)

Nobil donna, ha confine il martire:

non nutrire ~ i tuoi mali così.

PARISINA

La mia repulsa, o prodi,

donate ad egro cor. Ite, e fortuna

venga con voi nel glorioso agone

al par de' voti miei.

(i cavalieri partono. Uno solo rimane. Parisina se ne accorge, mentre si muove per uscire)

Né tu parti, o guerrier? Chi sei? Che vuoi?

UGO

(cavaliere)

Un solo istante, o donna

in segreto mi ascolta.

PARISINA

(Oh ciel! Qual voce!)

(ad Imelda)

T'allontana per poco, e al cenno mio

ad accorrer sii pronta.

(Imelda parte)

Scena settima

Ugo si toglie la visiera; Parisina lo riconosce.

UGO

Ugo son io.

PARISINA

Ciel tu in Ferrara! E ignoro?

E furtivo? E tremante?

UGO

O Parisina!

Me ne bandisce il duca.

PARISINA

E al duca osasti

disobbedir?

UGO

Il mio ritorno ignora.

Ma girne in bando ancora

poteva io mai, senza vederti almeno

l'ultima volta, senza udir per solo

conforto mio, che dall'ingiusto esilio

tu pietosa ti dolga, ed un sospiro

ti costi il pianto, cui dannato al mondo

sarà de' tuoi primi anni il fido amico.

PARISINA

Ah! Sì me n' duole... E a te piangendo il dico.

Ma che ti giova udirlo? E quale speme

nutrir puoi tu? Per tuo riposo e mio

cancellar dal pensier dessi perfino

la rimembranza dell'età fuggita.

UGO

Ah! Di mia stanca vita

sostegno è dessa. Se il presente è lutto,

tenebre l'avvenir, mi resti almeno

il raggio del passato... Allor non t'era

quest'orfano infelice, amar conteso...

d'amor fraterno.

PARISINA

Né conteso è adesso.

Ora va'... Te solo oppresso

non creder qui. V'è chi di te più geme,

chi più di te si strugge, e sente il peso

della catena che quaggiù trascina.

Vanne, vanne, te n' prego...

UGO

O Parisina!

Un sol momento ancora,

un sol momento. Ah se tu pure in terra

orfana fossi, o di men nobil sangue

venuta al dì, forse mi avresti amato

d'amor più che fraterno.

PARISINA

Oh, che mai dici?

Che pensi tu?

UGO

Sì, tu mi avresti amato

come io t'amai, come tutt'ora t'amo

oltre misura, angiol celeste e santo...

PARISINA

Cessa...

UGO

Ah! Dillo...

PARISINA

Deh! cessa. (Oh accento... oh incanto...)

UGO

Dillo... Io te 'l chieggo in merito

della mia lunga guerra,

dillo, e beato rendimi

solo una volta in terra:

mi seguirà dovunque

il suon di questi accenti,

l'intenderò nei venti,

nell'onde ancor l'udrò.

PARISINA

Ah! Tu mi chiedi, o barbaro,

trista e fatal parola,

non dée, non dée strapparmela

fuor che la morte sola.

Rendimi prima, ah rendimi

di nostra infanzia i giorni

fa' che innocente io torni,

e t'amo, allor, dirò.

UGO

È vero, è ver... Non dirmelo,

sarei più sventurato.

PARISINA

Addio, sfidiamo intrepidi

ambi il rigor del fato.

UGO

Addio, ma deh concedimi

una memoria almeno.

PARISINA

Una memoria... Prendila

il pianto mio ti do.

(gli porge il fazzoletto)

Insieme

UGO

Quando più grave e orribile

fia di mia vita il peso

quando de' mali al culmine

esser ti sembri asceso,

pensando di che lagrime

bagnato è questo vel.

Ah non dirai che barbaro

è con me solo il ciel.

PARISINA

Quando più grave e orribile

fia di tua vita il peso

quando de' mali al culmine

esser mi sembri asceso,

pensando di che lagrime

bagnato è questo vel.

Ah non dirò che barbaro

è con te solo il ciel.

Scena ottava

Imelda e le Damigelle frettolose. Indi Azzo, Ernesto, e Sèguito.

IMELDA E DAMIGELLE

Giunge il duca.

UGO

Il duca!

PARISINA

Ah! Misero!

Fuggi.

UGO

Invano.

AZZO

Chi vegg'io?

ERNESTO

(È perduto. Io tremo, e palpito.)

AZZO

(ad Ernesto)

Sì compiuto è il cenno mio!

(breve silenzio)

(ad Ugo)

Parla tu, perché tornasti,

perché il campo abbandonasti?

D'onde avvien che sì segreto

tu ti aggiri in Belveder?

UGO

Di tornar mi concedea

di nostr'armi il condottiero.

Io bramavo, e fermo avea

di offerirmi a te primiero,

sol poc'anzi il tuo divieto

mi fu dato di saper.

AZZO

Né partisti?

PARISINA

(Oh istante!)

ERNESTO

(Io gelo.)

AZZO

Perché innanzi alla duchessa

tanto osasti? Parla.

UGO

Oh cielo!

AZZO

Qual ragion ti guida ad essa?

PARISINA

Ei, signor, percosso, afflitto...

dal severo estremo editto,

ignorando quale errore

si mertava il tuo rigore,

umil prece a me porgea

d'impetrar la tua bontà.

AZZO

Egli... E tu...

PARISINA

Lo promettea.

AZZO

Fu soverchia in te pietà.

PARISINA

Ah! Tu sai che insiem con esso

di tua corte io crebbi in seno:

implorar mi sia concesso

che scolparsi ei possa almeno.

D'alcun fallo io reo no 'l credo,

tale a te si mostrerà.

Questa grazia ch'io ti chiedo

è giustizia e non pietà.

UGO

Io sperai la sua preghiera

a placarti almen possente:

che implorarla eccesso egli era

né un sospetto io m'ebbi in mente:

s'egli è tal ch'io sol sia segno

della tua severità.

Ma con lei saria lo sdegno

forse troppa crudeltà.

AZZO

(Il difende, e in sua difesa

tanto adopra ardore e zelo.

All'amor che ti palesa

di pietade invan fa velo.

In mia mano avrò le prove

della lor malvagità.

Simuliam, veggiam fin dove

la rea coppia giungerà.)

ERNESTO

(Lasso me! Sì ria sventura

prevenir non ho potuto.

Simular invan procura

l'imprudente si è perduto...

Tace il duca, ma nel seno

il furor covando va...

Ah! Foriera del baleno,

è la sua tranquillità.)

Scena nona

Coro lontano di Battellieri sul Po.

BATTELLIERI

Voga, voga, qual lago stagnante

ferma il Po le veloci correnti.

Di Ferrara le sponde ridenti

par ch'ei voglia più a lungo baciar.

GUERRIERI

Affrettate: del popol festante

dalle rive c'invitan le voci

già s'appressan le prore veloci

che al torneo denno i prodi recar.

(la scena si riempie di soldati e di popolo, e le rive di eleganti navicelle)

ERNESTO

Deh! In tal dì mentre tutto festeggia

non sia core che afflitto si veggia,

io pur prego, se lice, o signore,

de' tuoi servi al più antico, pregar.

AZZO

Ugo resti... Cotanto splendore

tanta gioia, non voglio turbar.

PARISINA E UGO

(Oh contento!)

CORO

Partiamo, voliamo.

BATTELLIERI

A Ferrara.

AZZO

(a Parisina)

E tu sol rimarrai?

Mentre io cedo, tu pur non vorrai

né a preghiera, né a voto, piegar?

PARISINA

Io vi seguo... Ah potessi qual bramo

sì bel giorno con voi festeggiar.

Tutti.

AZZO, UGO, ERNESTO E GUERRIERI

Vieni, vieni, e in sereno sembiante,

alla pompa presiedi qual diva.

Un tuo sguardo di luce più viva,

questo cielo farà scintillar.

PARISINA

Sì quest'alma respira un istante,

s'apre a gioia non prima sentita,

alla festa ove gloria v'invita,

calma, io spero, conforto trovar.

Insieme

AZZO, UGO, ERNESTO

(Ma divoro nel core tremante

un furor che non posso frenar.)

PARISINA

(Ma divoro nel core tremante

un timor che non posso frenar.)

BATTELLIERI

Voga, voga, qual lago stagnante

ferma il Po le veloci correnti;

di Ferrara le sponde ridenti

par ch'ei voglia più a lungo baciar.

GUERRIERI

Affrettate del popol festante

i bei voti corriamo a colmar.

(s'imbarcano)

Atto secondo
Scena prima

Gabinetto di Parisina. Alcova chiusa da seriche cortine.
È notte. Il luogo è illuminato da due candelabri.
Imelda, e Damigelle.

IMELDA

Lieta era dessa, e tanto?

DAMIGELLE

Oltre ogni tuo pensiero.

Al vincitor guerriero

sorrise, e il coronò.

IMELDA

E il duca?

DAMIGELLE

Ad essa accanto,

fiso in lei sola e intento,

gioia del suo contento,

e il suo gioir mostrò.

IMELDA

E alle danze in corte

presente pur fia dessa?

DAMIGELLE

Né la pregò il consorte:

ella ne fe' promessa...

Tu inchiesta aggiungi a inchiesta;

qual meraviglia in te?

IMELDA

Non meraviglia è questa...

Estrema gioia ell'è.

DAMIGELLE

Fra i manti suoi di porpora,

fra i suoi gemmati serti,

siano i più ricchi e splendidi

alla sua scelta offerti,

brilli serena e bella

come soave stella,

e in ogni cor diffonda

speme, letizia, amor.

IMELDA

(La pena mia si asconda,

si celi il mio timor.)

DAMIGELLE

Ella si appressa.

Scena seconda

Parisina, e dette.

PARISINA

Un seggio, Imelda... io sono

stanca del mio gioir.

IMELDA

Non usa a queste

sì clamorose feste,

uopo di posa hai tu.

PARISINA

De' miei primi anni

oggi mi parve respirar l'aurora

d'un dì sereno... Alla paterna corte

io mi credetti fra le pompe e i ludi

de' miei fratelli... E qual fraterna gloria,

mi fu d'Ugo il trionfo... Oh come lieta,

col giovin prode nell'arringo i' corsi!

E lieta il premio del valor gli porsi!

IMELDA

(Ciel! Non si avveri, io prego,

il mio sospetto.)

PARISINA

Ma fugace lampo

sarà la mia letizia, e il sol domani

torbido forse sorgerà pur anco...

Stanche le membra, e stanco

ben più lo spirto io già risento... Oh lungi

riponi i serti, e la gioconda vesta.

IMELDA

Né alla notturna festa,

irne vuoi tu?

PARISINA

Ma, non poss'io. Sollievo

mi fia migliore il sonno.

IMELDA

Ah! Sì lo spero,

è innocente sollievo...

PARISINA

È vero, è vero.

Sogno talor di correre

entro incantato albergo:

volo in balia de' zeffiri,

oltre le nubi io m'ergo,

nuoto in sereno spazio,

qual cigno nel ruscel.

Dolce, come arpa eolia

voce mi chiama, e dice:

«vieni, e del mondo immemore

resta quassù, felice...

a combattuto spirito

porto soltanto è il ciel».

Oh cari sogni! Oh, all'anima

illusion gradita!

IMELDA E CORO

Prendi da lor presagio

di più tranquilla vita.

Vanne, e più bella ancora

sorgi alla nuova aurora,

come è più bello un fiore

dopo il notturno gel.

PARISINA

Addio. L'augurio accetto...

Pace dal sonno aspetto...

(A combattuto core

porto soltanto è il ciel.

(si danno un addio. Imelda e l'ancelle partono.

Parisina si ritira nell'alcova. La scena rimane vuota per alcuni momenti)

Scena terza

Azzo e Parisina.

(Azzo passeggia guardingo la scena. Rimuove alcun poco le cortine dell'alcova, e le cala di nuovo. Parisina è addormentata)

AZZO

Sì: non mentir le ancelle...

Ella riposa... Riposar potrebbe

se rea foss'ella? Non hai, tu rimorso,

più voce alcuna? Più paure o larve,

non hai, tu notte, per colpevol alma?

No, non è rea, s'ella riposa in calma.

(silenzio)

Ma pur... Con qual desio

Ugo seguia!... Come parea lanciarsi

dietro al corsier, che lo rapia pe 'l campo!

Come arrossiva a un tratto, e impallidia...

Oh! Quanti ha gelosia

occhi di lince avessi, ond'un istante

vederle in cor! Arte avess'io d'incanto

per far che ignudo le apparisse in volto

le parlasse sul labbro!...

PARISINA

Oh dio!

AZZO

Che ascolto!

È dessa che favella...

(porge l'orecchio)

O s'inganna il pensier?

PARISINA

Oh dolce istante!

Sì tosto non fuggir.

AZZO

(sottovoce)

Sogna...

PARISINA

Son teco:

restiamo insieme.

AZZO

(tremante)

Insiem? Con chi?

PARISINA

Mi segui,

puro zaffiro è il ciel, muoviamo uniti

quai peregrin augelli a miglior nido...

Mi segui, o tenero Ugo...

AZZO

(prorompendo)

Ugo!

PARISINA

Qual grido!

(esce dall'alcova, pallida, tremante)

PARISINA

Ah! Chi veggio? Tu signore?

AZZO

Sì, qual altro attender puoi?

PARISINA

Io... Null'altro!

AZZO

(Oh mio furore!)

Me sol! Sol me!...

PARISINA

Che dir mi vuoi?

Insieme

AZZO

(Ah potessi un solo istante

del suo fallo dubitar!)

PARISINA

(Oh qual ira in quel sembiante

gli occhi a lui non oso alzar.)

AZZO

Fissa i tuoi negli occhi miei:

nulla in essi hai letto ancora?

PARISINA

Oh! Che hai tu? Turbato sei,

ch'io ti lasci!...

AZZO

No, dimora.

Insieme

AZZO

(Ah! Così tradito io fui

sempre, sempre in ogni amor.)

PARISINA

(Ah! Non so fuggir da lui,

qui m'annoda il mio terror.)

AZZO

(prorompendo)

Empia donna!

PARISINA

Oh ciel!

AZZO

T'appressa,

di fuggirmi invano tenti.

(l'afferra pe 'l braccio)

PARISINA

Duca! Ah duca!

AZZO

Infida.

PARISINA

Cessa;

quali smanie!

AZZO

Atroci, ardenti!

Sciolto è alfin, caduto è il velo,

tutto è noto, tutto io so

qual favella. (Io tremo, io gelo!)

Che sai tu? (Più cor non ho.)

Tu nel sonno assai parlasti

il tuo fallo è manifesto

PARISINA

Me infelice!

AZZO

Tu invocasti

uom che aborro, che detesto

il tuo labbro... Iniqua, or ora

d'Ugo il nome proferì.

PARISINA

D'Ugo il nome... (e il sonno ancora,

anco il sonno mi tradì!)

AZZO

Parla omai: come ebbe loco

come crebbe il reo tuo foco,

dove giunse? Di che ardire,

di che speme si nutrì...

PARISINA

Ah! D'orrore e di martire...

AZZO

L'ami dunque? L'ami?

PARISINA

(disperatamente)

Sì.

(Azzo pone la mano al pugnale, indi s'arretra)

Insieme

PARISINA

Non pentirti... Mi ferisci:

vibra il ferro, ei fia pietoso:

quest'incendio in me sopisci,

sol per morte avrà riposo.

È delirio l'amor mio...

non ha speme non desio,

è una face che consuma

d'un sepolcro nell'orror.

AZZO

Ch'io ti sveni... e al tuo supplizio

ponga fine una ferita!

Lungo io voglio sacrifizio

non di morte, ma di vita.

Vivi al pianto, vivi al lutto,

l'ira mia vedrai per tutto.

Fian tuoi giorni un giorno solo

di spavento e di terror.

(Azzo si allontana respingendola: essa il segue tremante)

Scena quarta

Galleria nel palazzo ducale, che mette a vari appartamenti illuminati, ove ha luogo la festa. La musica esprime il festeggiare che si fa là dentro. Dame, Cavalieri attraversano la galleria e dalla galleria gli appartamenti.

CORO

È dolce le trombe cambiare co' sistri,

di gioia forieri, de' balli ministri.

È un dolce nell'aure fragranti di fiori

cambiare gli allori co' mirti d'amor.

In lieti banchetti in gaie carole

ci lasci la notte, ci visiti il sole:

subliman le menti le voci d'onore,

le voci d'amore consolano il cor.

(si dividono)

Scena quinta

Ugo solo, indi Ernesto.

(la musica di dentro segue)

UGO

Né ancor vien ella! Cominciar le danze,

i concenti echeggiar... Invan di lei

cercai fra i lieti cori. È mesto il suono,

muta parmi ogni luce, ogni splendore.

L'astro non v'è maggiore,

l'astro dell'alma mia. Vieni, e al tuo raggio

languir ciascuna e impallidir si miri

di Ferrara beltà.

(esce Ernesto)

ERNESTO

Dove t'aggiri?

UGO

Ovunque impresse io credo

l'orme di Parisina, ovunque un'aura

parmi de' suoi sospiri.

ERNESTO

Alle sue stanze

quinci si sale, e tu qui muovi, o stolto?...

Seguimi... Un sordo ascolto

de' cortigiani sussurrar: turbato

più che mai fosse, Azzo aggirarsi io vedo

come leon della sua preda in traccia.

UGO

E di perigli a me far puoi minaccia?

Cessa, la mia letizia

non funestar, oggi fu tal che morte

potria scontarla appena. Or va': soverchio

è in te timor.

ERNESTO

Soverchia è in te fidanza.

UGO

Ella m'ama... Certezza è mia speranza.

Io sentii tremar la mano

che mi cinse al crin la palma:

mi sorrise, e tutta l'alma,

in quel riso scintillò.

Uno spirto, un senso arcano

d'un amor maggior d'amore,

trapassò da core a core,

e di gioia l'inondò.

ERNESTO

Sconsigliato... E a te presente

era il duca, e a lei d'accanto.

UGO

Io no 'l vidi, ed occhi e mente

fur rapiti in lei soltanto.

Ah! Non mai di quel momento

la dolcezza appien dirò.

ERNESTO

Taci, taci... ogni concento

ogni strepito cessò.

Giunge alcun... ~

UGO

Che fia?

Scena sesta

Cavalieri e detti.

CORO

Repente

ne congeda il duca irato.

Svelti i fior, le faci spente

puoi veder per ogni lato.

Già le logge, già le porte

del palagio, della corte,

son rinchiuse, o custodite

da guerrier che a sé chiamò.

(escono gli armigeri)

ARMIGERI

Ugo!

UGO E ERNESTO

Oh cielo!

ARMIGERI

Ne seguite.

UGO

Dove?

ARMIGERI

Al duca.

UGO

A lui! Verrò.

ERNESTO

Io ti seguo.

ARMIGERI

No, non lice.

UGO

Un amplesso.

DAME E CAVALIERI

Qual mistero!

ERNESTO

Figlio, figlio... Oh me infelice!

Fui presago!

UGO

Oh padre, è vero...

ARMIGERI

Vi affrettate il tempo preme

Azzo attendere non sa.

DAME E CAVALIERI

Ah più d'Ugo Ernesto geme,

quale in sen sgomento egli ha!

UGO

(ad Ernesto a parte)

Questo amor doveva in terra

sol di morte aver mercede,

in più pura e santa sede,

ei mercé di vita avrà.

Come alfin di lunga guerra

io sorrido all'ultime ore,

il sospir di questo core

meco in tomba scenderà.

ERNESTO

Ah! con te, con te sotterra

anco Ernesto scenderà.

ARMIGERI

V'affrettate il tempo preme

Azzo attendere non sa.

DAME E CAVALIERI

Ah più d'Ugo Ernesto geme

quale in sen sgomento egli ha!

(Ugo parte fra gli armigeri, Ernesto con le dame e cavalieri)

Scena settima

Vestibolo che mette alle torri del palazzo ducale.
Azzo, e Guardie.

AZZO

Ite, e condotti entrambi

a me fian tosto. ~ Interrogarli insieme

insieme udirli, e investigar vo' pria

quale di loro più colpevol sia.

Che dico? Il son del pari

e del par fian puniti. Oh! Di Matilde

ombra irata, ne esulta: in cor non posso

amor riporre, ch'io fellon no 'l trovi,

né spezzar debba di mia mano istessa.

Scena ottava

Ugo, e Parisina da varie parti fra le Guardie e detto.

PARISINA

Ugo! Oh ciel!

UGO

Parisina! In ferri anch'essa!

AZZO

Eccovi uniti alfine

non qual bramaste, ma qual debbe unirvi

tradito prence: al vostro amore iniquo

è questo il tempio: ara il patibol fia

UGO

Al mio soltanto il sia

se giusto esser vuoi tu. Spirto più puro

non hanno i cieli, di costei che offendi.

AZZO

Ella è rea, ben più rea. Tu la difendi.

PARISINA

Tutti siam rei... Ma solo

noi di desio, tu d'opre. Ah! Pera il giorno

che me all'altare tu traevi ad onta

del pianto mio.

UGO

Deh Parisina...

PARISINA

È vano,

non è per lui più arcano

l'antico amore... io lo svelai dormente:

desta il confermo.

UGO

E dove tu il confessi

indegno io ne sarei, s'anco il tacessi ~

odilo, o duca... Io l'amo

più che la vita, dall'infanzia io l'amo...

AZZO

(durante il discorso di Parisina ed Ugo, è rimasto concentrato: nulla risponde)

Custodi, al carcer loro

sian ricondotti. Fino al dì novello

sien del palagio mio chiuse le porte

a chiunque ei sia.

PARISINA

Morte è tal cenno.

Scena nona

Ernesto, e detti.

ERNESTO

(con un grido)

Morte!

AZZO

A che vieni? E presentarti

non chiamato, ond'hai tu dritto?

ERNESTO

Santo io l'ho, se a risparmiarti

vengo, o duca, un rio delitto.

AZZO

Un delitto a me!

PARISINA E UGO

Che intendo?

ERNESTO

Sì: un delitto atroce, orrendo!

Al mio crin canuto credi

al terrore in cui mi vedi...

Guai se d'Ugo ai giorni attenti...

Guai tre volte, guai per te!

PARISINA E UGO

Qual linguaggio!

AZZO

E quai spaventi

inspirar pretendi a me?

(alle guardie)

Ubbidite.

ERNESTO

Ah! No.

AZZO

T'invola;

tanto ardire omai m'irrita.

UGO

Cessa amico, e ti consola...

Non espor per me tua vita.

ERNESTO

Duca! Ah duca...

AZZO

Olà, l'insano

tratto sia da me lontano.

ERNESTO

Versa dunque il sangue tuo,

tu sei d'Ugo il genitor.

PARISINA

E fia vero?

UGO

Figlio suo!

AZZO

Ei mio figlio! (Un gelo ho in cor.)

ERNESTO

Sì: Matilde abbandonata,

dal tuo talamo scacciata,

me 'l fidava ancora infante,

e moriva di dolor!

Vi abbracciate.

AZZO E ERNESTO

Oh colpo!

PARISINA

Oh istante!

UGO

Padre!

AZZO

Ugo!

UGO E AZZO

(Oh mio terror!)

(per abbracciarsi, si arrestano ambedue appena si avvicinano)

ERNESTO

Che veggo? T'arretri ~ dal figlio ~ dal padre?

PARISINA E UGO

(O fato, è compiuta ~ la nostra sventura.)

AZZO

(Fra noi si solleva, ~ s'oppone la madre.)

ERNESTO

(Ah! Sorda in quell'alma, ~ ah muta è natura!)

PARISINA, AZZO E UGO

Per sempre, per sempre ~ sotterra sepolto

deh! Fosse rimasto ~ l'arcano che ascolto:

foss'egli un delirio ~ dell'egra mia mente,

un'ombra fuggente ~ ai raggi del dì!

Ma lasso è verace, ~ lo provo, lo sento,

al fero sgomento ~ che il cor mi colpì.

ERNESTO

(O vana speranza ~ vent'anni nutrita,

oh! come in un punto ~ al vento sei gita!

Se al nome di padre, ~ se al nome di figlio

asciutto quel ciglio ~ rimane così. ~

Affetto malnato, ~ colpevole amore,

i sensi del cuore ~ più santi sopì.)

AZZO

(ad Ernesto)

Protettor d'un'empia madre,

ve' qual figlio hai tu serbato!

Empio anch'esso...

UGO

Ed empio il padre

da cui nacque...

ERNESTO

Forsennato!

UGO

Sì lo sono... E gonfio il core

d'amarezza, di dolore...

ei la madre mi ha rapita...

ei serbommi a infame vita...

mi restava l'amor mio,

l'amor mio sepolto in me...

Or d'innanzi al mondo, e a dio

questo amor delitto ei fe'!

(Azzo è immobile e pensoso)

PARISINA

Ugo!... Ah cessa...

UGO

Ov'è la scure?...

Tronchi dessa i miei tormenti.

PARISINA

(ad Azzo)

Non udirlo... A sue sventure

dona tu gli amari accenti.

Me cagion di tanta pena

me soltanto opprimi, e svena...

ma il tuo figlio!... Ah! No... Non muoia...

lo risparmia per pietà.

(breve silenzio. Azzo si riscuote)

AZZO

(ad Ernesto)

Teco il traggi. Ei viva.

PARISINA E ERNESTO

(Oh gioia!)

UGO

Viver io!...

PARISINA E ERNESTO

T'affretta... Va'.

Insieme

AZZO

T'allontana fin che in petto

di natura i moti io sento:

sciagurato! Un sol momento

li potrebbe soffocar.

(Ah! Perché son io costretto

mio malgrado a lagrimar!)

UGO

Non è vita, è lunga morte,

pena eterna che mi dai:

le mi smanie tu non sai...

ti farian raccappricciar.

(Ah! Mi lascia, o cruda sorte,

men colpevole spirar.)

PARISINA

Vanne fuggi, è atroce scena

all'Italia si risparmi.

Per pietà di più non farmi

di terror, d'orror gelar.

(Ah! Chi mai morrà di pena

s'io pur seguo a respirar!)

ERNESTO

Vieni fuggi, e atroce scena

all'Italia si risparmi.

Per pietà di più non farmi

di terror, d'orror gelar.

(Ah! Chi mai morrà di pena

s'io pur seguo a respirar!)

(Ernesto strascina seco Ugo. Azzo accenna alle guardie di recar via Parisina)

Scena decima

Azzo, e Guardie.

AZZO

Vada... Si vada: a inorridir non abbia

per me Ferrara. Ella rimane... e basta.

Oh! Quale in me contrasta

folla d'affetti, e tutti orrendi, e tutti

disperati e feroci?

(passeggia alcuni momenti agitatissimo, indi pacatamente)

Olà, guidata

alle ducali stanze un'altra volta

sia Parisina, e qual poc'anzi ell'era

onorata da tutti, ed ubbidita. ~

Non più: son fermo... Appien mia trama è ordita.

(parte)

Atto terzo
Scena prima

Galleria terrena nel ducale palazzo. Da un lato domestica cappella. In fondo gotici finestroni chiusi.
Damigelle di Parisina e Cavalieri.

(escono lentamente dalla cappella)

CORO

Muta, insensibile,

se non in quanto

dagli occhi turgidi

le sgorga il pianto,

l'afflitta giace

dell'ara al piè.

Pregar lasciamola

non la turbiamo:

calmar quell'anima

noi non possiamo:

per lei più pace

quaggiù non c'è.

(si ritirano)

Scena seconda

Parisina indi Imelda.

PARISINA

No, più salir non ponno

miei preghi al ciel... Pur più straziato core

mai non ricorse a lui come il cor mio.

Imelda!...

IMELDA

A te son io

nunzia d'alcuna speme. In suo perdono

par fermo il duca, e congedò tranquillo

il generoso Ernesto

a cui guidar lontano Ugo è concesso.

PARISINA

Ugo!... Ei dunque partì?

IMELDA

Parla sommesso...

Un foglio suo ti reco...

Prendi.

PARISINA

Un suo foglio!... E chi te 'l diè?

IMELDA

Poc'anzi

un giovine scudier furtivamente

nell'atrio che conduce a queste stanze.

PARISINA

Incauto! E quali ancor nutre speranze!

(legge il foglio)

«D'Azzo non ti fidar: non può del mostro

esser la calma, e la pietà sincera.

Quando la squilla del vicino chiostro

dell'alba annunzierà l'ora primiera,

da tal condutto che il periglio nostro

mosse a pietade, e che salvarci spera

a te per via segreta»...

(si arresta)

IMELDA

Oh! Ciel! Prosegui,

a che ti turbi?

PARISINA

Osa sperar l'insano:

ch'io con lui fugga!...

IMELDA

Oh! Non lo speri invano:

io te 'l confesso, io pure

più che d'Azzo il furor, temo la calma...

Io conobbi Matilde...

PARISINA

(con gli occhi sul foglio)

In sen del padre

condurmi ei vuole... E s'io ricuso, ei giura

di sua mano svenarsi in queste soglie.

IMELDA

Ei n'è capace.

(lontano l'orologio suona un'ora)

PARISINA

Ahi! Qual tremor mi coglie!

È questa l'ora!

IMELDA

È questa...

Che risolvi?

PARISINA

Io... Non so ~ segreta voce

mi dice che quest'ora

l'ultima è di mia vita.

IMELDA

Oh! Ti conforta...

Disgombra il tuo terror...

PARISINA

Non odi intorno

un gemer fioco!... Di sinistri augelli

uno strido non senti!... Errar non vedi

vicino un'ombra!...

IMELDA

Il duol t'inganna, il credi.

PARISINA

Ciel sei tu che in tal momento

mi sgomenti, e m'empi il core

di quel tremito d'orrore

che è presago di morir.

Supplicarti invano io tento,

io ti sporgo invan le braccia.

Sulle labbra mi si agghiaccia

la preghiera, ed il sospir.

(odesi flebile musica)

Silenzio, un suon lugùbre

lontano echeggia.

IMELDA

È vero... È ver.

PARISINA

Che fia?

CORO

(canto lontano)

Da te, signor non sia

come quaggiù dannato;

ascenda perdonato

del tuo gran soglio al piè...

PARISINA

De' moribondi

questa è la prece. Al suol mi annoda, e affligge

invisibil poter.

Scena terza

Damigelle, e dette.

DAMIGELLE

Ora funesta!

Sottratti al duca. Ei vien...

IMELDA

(trascinando Parisina)

Fuggasi.

Scena ultima

Azzo con Sèguito, e detti.

AZZO

Arresta.

PARISINA

In quegli occhi, in quel sembiante...

la vendetta io leggo espressa.

AZZO

Ben vi leggi. E in questo istante

piena è omai, sfogata è dessa.

PARISINA

Parla... oh! Ciel... Di lui che festi?

Ugo... Ov'è?

AZZO

Tu l'attendesti:

empia donna a te lo svela

in tal guisa il mio furor.

(si aprono i veroni del fondo, e vedesi nel cortile il cadavere d'Ugo)

PARISINA

Ugo!... Io moro.

(si abbandona sulle damigelle)

CORO

Ah no, li cela

lo spettacolo d'orror.

PARISINA

(fuori di sé)

Ugo!... È spento! A me si renda

la sua fredda esangue salma!...

Che sovr'esso io spiri l'alma,

l'alma oppressa dal dolor.

Scenda indegno, ah! Su te scenda

il suo sangue infin che vivi,

ei del sol, del ciel ti privi

ti ricolmi di squallor.

(ricade)

CORO

Ella manca...

AZZO

Il ciel previene

la sua pena...

IMELDA E CORO

Ahi! spira! Ahi! muor!

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/05/2016
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena ultima