PARISINA
Melodramma.
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Libretto di Felice ROMANI.
Musica di Gaetano DONIZETTI.
Prima esecuzione: 17 marzo 1833, Firenze.
Personaggi:
AZZO signor di Ferrara |
baritono |
PARISINA sua moglie |
soprano |
UGO che poi si scopre figlio d'Azzo |
tenore |
ERNESTO ministro d'Azzo |
basso |
IMELDA damigella di Parisina |
mezzosoprano |
Cori e comparse:
Cortigiani, Cavalieri, Damigelle, Gondolieri e Soldati.
La scena è in Belvedere, isola di delizia sul Po dei principi Estensi e parte in Ferrara.
L'epoca è il XIV secolo.
Avvertimento
Il soggetto è tolto da un poemetto di lord Byron; né fondamento istorico ha desso, che poche parole del Gibbon. Forse esisterà qualche cronaca della famiglia Estense, in cui sarà parlato più chiaramente e di Parisina, e del principe sotto il cui regno avvenne la tragedia. Io non l'ho rinvenuta, e mi sono creduto in diritto d'inventare ciò ch'io credeva necessario al mio dramma, e probabile ai tempi in cui governava Ferrara, non Azzo come lo chiama il Byron, ma il principe di cui Gibbon favella. Ed ecco l'antifatto della mia favola.
Il signor di Carrara scacciato da' suoi domini dalla fazion ghibellina cerca ricovero per la sua figlia Parisina in corte d'Azzo, principe amico, e del partito dei guelfi. Parisina è quivi cresciuta insieme ad un orfanello raccolto da un vecchio ministro del duca, e da questi educato fra i suoi paggi, ignaro esser desso un suo figlio naturale avuto da una donna da lui bandita per sospetto d'infedeltà, e miseramente perita.
S'innamora segretamente del paggio, così chiamasi Ugo, ed Ugo di lei. Ma richiesta in isposa da Azzo, il quale si obbliga in ricompensa a ricuperare al padre i perduti stati, è costretta ad obbedire alluno e all'altro, e diviene moglie del signor di Ferrara. Da quel punto gli amanti sono infelicissimi. Come l'amor loro è scoperto e crudelmente punito, forma l'orditura della mia azione come quella di Byron, tranne alcuna diversità inevitabile, poiché diverso è il poema che racconta, dal poema che rappresenta. Costretto qual fui da imperiose necessità a comporre un dramma alla spezzata, e in pochi giorni, e senza aver modo di rivederlo e correggerlo, se non mi è lecito invocare indulgenza pe' suoi difetti, mi sia concesso almeno di deplorare la trista circostanza di non poter offrire alla italiana Atene un lavoro meno indegno di essa, ed oso dirlo, meno indegno di me medesimo.
Felice Romani
Sala nel palazzo del duca in Belvedere.
Paggi, Scudieri, Cortigiani, indi Ernesto.
ERNESTO
(entrando)
È desto il duca?
CORO
È desto.
Dorme lung'ora ei forse?
Torbido all'alba sorse
come corcossi ier.
Ma sì, per tempo. O Ernesto
tu d Ferrara uscito!
Forse del duca invito
ti chiama a Belveder?
ERNESTO
Inaspettato e pure
giunger qui grato io spero.
CORO
Grato se di venture
è il tuo venir foriero.
D'uopo n'abbiam: qui tutto:
spira mestizia e lutto,
afflitto più che mai
turbato d'Azzo è il cor.
ERNESTO
Afflitto!
CORO
Ah tu ben sai
il suo geloso amor.
ERNESTO
Lo so... Ma la duchessa
sospetta è sempre a lui?
CORO
Egra, languente è dessa:
fugge il consorte e altrui.
Non mai sorriso spunta
su quella fronte smunta,
o sviene appena è nato,
quel languido balen.
ERNESTO
E il duca?
CORO
Si distrugge
d'ira e d'amore insieme
or la ricerca, or fugge,
or la lusinga, or freme.
Ansio la notte e il giorno
sembra spiar d'intorno,
quasi un rival celato
tema alla reggia in sen.
ERNESTO
Oh, doloroso stato!
CORO
Sì, ma silenzio.
TUTTI
Ei vien.
Azzo, e detti.
(tutti gli fan luogo: guarda esso d'intorno e si accorge d'Ernesto)
AZZO
ERNESTO
Lieti eventi.
AZZO
ERNESTO
Lo spero.
AZZO
ERNESTO
Dopo lunghi e rii cimenti
Padoa tolta è a tuoi rivali:
e per l'arme di Ferrara,
fortunato il pro Carrara,
vinta l'ira ghibellina
sul suo trono alfin sedè.
AZZO
ERNESTO
Nuova è questa, ond'abbia anch'essa
a gioir del tuo contento.
AZZO
ERNESTO
Lieta al par de' tuoi desiri
la farà sì gran ventura.
AZZO
Tutti.
ERNESTO E CORO
Noi primieri al ciel diam lodi
che ha compito i voti tuoi,
che il valor de' Guelfi eroi
secondò col suo favor.
Spenti alfin gli sdegni e gli odi,
lieta Italia al mondo attesti,
che la pace a lei tu desti,
che a te deve e gioia e onor.
AZZO
(parte il corteggio)
Ernesto ed Azzo.
ERNESTO
Mi è dolce, o duca,
questa vittoria tua, non sol perch'alto
leva il tuo nome, ma perché ti reca
gioia, che dal tuo cor parea bandita.
AZZO
ERNESTO
Signor di tante
ricche province, e glorioso, e adorno
di nuove palme e di recente onore,
a te che manca?
AZZO
ERNESTO
I tuoi sospetti
han perduto Matilde; or Parisina
i tuoi sospetti perderan del pari.
AZZO
ERNESTO
(Cielo!)
AZZO
ERNESTO
Or posa han l'armi;
ei tornerà.
AZZO
ERNESTO
Nulla contezza.
AZZO
ERNESTO
Mi è legge il cenno.
(Azzo parte)
Ernesto, ed Ugo.
ERNESTO
Oh! Chi mai veggio? È desso.
UGO
Sì, son io, m'abbraccia, Ernesto.
ERNESTO
Ugo! (Oh ciel!)
UGO
Che guati intorno?
ERNESTO
Taci incauto, e a che sì presto
fai dal campo a noi ritorno?
Vieni meco, o sciagurato,
non ti vegga il tuo signor.
UGO
Di che temi? E sì turbato
sei per me? Qual feci error?
ERNESTO
Il più grave.
UGO
Oh dio! Ti spiega.
ERNESTO
Il ritorno è a te conteso.
UGO
Con qual dritto? Chi me 'l nega?
ERNESTO
Chi può tutto ~ il duca offeso.
UGO
Ed è noto alla duchessa?...
Parla, o padre, è noto ad essa?
ERNESTO
Quale inchiesta! E qual pensiero
in te d'essa, e in lei di te?
Tremi?... Di'... Saria pur vero?...
UGO
Ah! Pietà... leggesti in me.
(gettandosi nelle sue braccia)
Io l'amai fin da quell'ora
che fra noi fanciulla venne:
l'amai pure, e l'amo ancora
poiché sposa altr'uom l'ottenne.
Né timor né lontananza
né dolor né disperanza
han potuto dal mio core
questo amore ~ cancellar.
ERNESTO
Che mai sento? Ahi taci, insano...
Tanto osasti alzar la mente?
Non seguir... Il tristo arcano
non sia noto ad uom vivente.
A me stesso, o sventurato,
ei dovea restar celato...
T'era d'uopo un tal dolore
al mio core ~ risparmiar.
Or che badi?... Un rio sospetto
già del duca in mente è desto.
UGO
La mia vita è in questo tetto...
Morte altrove... Io resto, io resto.
ERNESTO
Forsennato! E la ruina
farai tu di Parisina?
Non sai tu del duca amante
l'implacabil rigor?
UGO
Partirò; ma un solo istante
pria vederla ho fermo in cor.
Per le cure, per le pene
che quest'orfano ti costa,
mi concedi un tanto bene,
la mia vita è in lui riposta.
Un suo sguardo, un solo sguardo
temprerà la fiamma ond'ardo.
Prenderò da lei forza
di partire, e non morir.
ERNESTO
Vieni, vieni invan tu speri
ch'io consenta a tanto errore.
Qui de' passi e dei pensieri
è ciascuno esploratore...
Qui le mura, i sassi, i venti
hanno orecchio ed hanno accenti...
Qui neppure il suol profondo
ti potria da lui coprir.
(lo tragge seco; escono entrambi velocemente)
Giardino nel palazzo ducale. In fondo scorre il Po.
Parisina, Imelda, e Damigelle.
PARISINA
Qui... qui posiamo; ombroso
ameno è il loco.
DAMIGELLE
Aura soave spira
di questi faggi al rezzo,
e reca a te l'olezzo
rapito all'erbe, e ai fior.
IMELDA
Oggi più lieta
esser déi tu.
DAMIGELLE
Giorno ridente è questo
ad amorosa figlia
che della sua famiglia
festeggia lo splendor.
PARISINA
Sì, ne' suoi stati
ritorna il genitore.
Oh! Voglia il ciel pietoso
che men gli pesi il ricovrato serto
di quel ch'ei diemmi... Oh! Più di me infelice
la pastorella, che non ha corona
se non di fiori!
IMELDA
E a tua mestizia torni,
torni ai sospir?
DAMIGELLE
Deh! Parla, onde cotanto
in te dolore?
PARISINA
È in me natura il pianto.
Forse un destin che intendere
dato ai celesti è solo,
quaggiù mi elesse a piangere,
nascer mi fece al duolo;
come colomba a gemere
come aura a sospirar.
Parmi talor, che l'anima
stanca di tante pene,
aneli al ciel più limpido
aspiri a ignoto bene
come favilla all'etere,
come ruscello al mar.
DAMIGELLE
Lassa! E te stessa affliggere
sempre così vorrai?
PARISINA
Cessar non mi è possibile.
DAMIGELLE
Né mai tu speri.
PARISINA
Mai.
(musica guerriera)
TUTTE
Qual suon! Guerrier drappello
move festoso a te.
PARISINA
(O tu, che invano appello,
tu sol non vieni a me.)
(le damigelle escono)
Cavalieri armati di tutt'arme: alcuni con visiera calata. Scudieri che portano le lance e gli scudi.
Parisina, e Imelda.
CAVALIERI
Alle giostre, ai tornei che prepara
esultante e devota Ferrara,
te presente sospira ogni prode,
che a contender la palma se n' va.
Da te data più dolce la lode,
la corona più bella sarà.
PARISINA
Cavalier, forse il duca v'invia?
CAVALIERI
S'ei non fosse, chi osato l'avria?
Per suo cenno, cotanto favore
nobil donna, imploriamo da te.
PARISINA
Dalle feste rifugge il mio core.
Ei lo sa, non vi è gioia per me.
(V'era un dì quando l'alma innocente
tinto in rosa vedea l'avvenir.
Quando ancora sul mio labbro ridente
non suonava d'amore il sospir.
Ma ti vidi, o fatal giovinetto,
io ti vidi, e la gioia sparì.
Tinto in lutto mi sembra ogni oggetto,
è funebre la luce del dì.)
UGO
(cavaliere)
Nobil donna, ha confine il martire:
non nutrire ~ i tuoi mali così.
PARISINA
La mia repulsa, o prodi,
donate ad egro cor. Ite, e fortuna
venga con voi nel glorioso agone
al par de' voti miei.
(i cavalieri partono. Uno solo rimane. Parisina se ne accorge, mentre si muove per uscire)
Né tu parti, o guerrier? Chi sei? Che vuoi?
UGO
(cavaliere)
Un solo istante, o donna
in segreto mi ascolta.
PARISINA
(Oh ciel! Qual voce!)
(ad Imelda)
T'allontana per poco, e al cenno mio
ad accorrer sii pronta.
(Imelda parte)
Ugo si toglie la visiera; Parisina lo riconosce.
UGO
Ugo son io.
PARISINA
Ciel tu in Ferrara! E ignoro?
E furtivo? E tremante?
UGO
O Parisina!
Me ne bandisce il duca.
PARISINA
E al duca osasti
disobbedir?
UGO
Il mio ritorno ignora.
Ma girne in bando ancora
poteva io mai, senza vederti almeno
l'ultima volta, senza udir per solo
conforto mio, che dall'ingiusto esilio
tu pietosa ti dolga, ed un sospiro
ti costi il pianto, cui dannato al mondo
sarà de' tuoi primi anni il fido amico.
PARISINA
Ah! Sì me n' duole... E a te piangendo il dico.
Ma che ti giova udirlo? E quale speme
nutrir puoi tu? Per tuo riposo e mio
cancellar dal pensier dessi perfino
la rimembranza dell'età fuggita.
UGO
Ah! Di mia stanca vita
sostegno è dessa. Se il presente è lutto,
tenebre l'avvenir, mi resti almeno
il raggio del passato... Allor non t'era
quest'orfano infelice, amar conteso...
d'amor fraterno.
PARISINA
Né conteso è adesso.
Ora va'... Te solo oppresso
non creder qui. V'è chi di te più geme,
chi più di te si strugge, e sente il peso
della catena che quaggiù trascina.
Vanne, vanne, te n' prego...
UGO
O Parisina!
Un sol momento ancora,
un sol momento. Ah se tu pure in terra
orfana fossi, o di men nobil sangue
venuta al dì, forse mi avresti amato
d'amor più che fraterno.
PARISINA
Oh, che mai dici?
Che pensi tu?
UGO
Sì, tu mi avresti amato
come io t'amai, come tutt'ora t'amo
oltre misura, angiol celeste e santo...
PARISINA
Cessa...
UGO
Ah! Dillo...
PARISINA
Deh! cessa. (Oh accento... oh incanto...)
UGO
Dillo... Io te 'l chieggo in merito
della mia lunga guerra,
dillo, e beato rendimi
solo una volta in terra:
mi seguirà dovunque
il suon di questi accenti,
l'intenderò nei venti,
nell'onde ancor l'udrò.
PARISINA
Ah! Tu mi chiedi, o barbaro,
trista e fatal parola,
non dée, non dée strapparmela
fuor che la morte sola.
Rendimi prima, ah rendimi
di nostra infanzia i giorni
fa' che innocente io torni,
e t'amo, allor, dirò.
UGO
È vero, è ver... Non dirmelo,
sarei più sventurato.
PARISINA
Addio, sfidiamo intrepidi
ambi il rigor del fato.
UGO
Addio, ma deh concedimi
una memoria almeno.
PARISINA
Una memoria... Prendila
il pianto mio ti do.
(gli porge il fazzoletto)
Insieme
UGO
Quando più grave e orribile
fia di mia vita il peso
quando de' mali al culmine
esser ti sembri asceso,
pensando di che lagrime
bagnato è questo vel.
Ah non dirai che barbaro
è con me solo il ciel.
PARISINA
Quando più grave e orribile
fia di tua vita il peso
quando de' mali al culmine
esser mi sembri asceso,
pensando di che lagrime
bagnato è questo vel.
Ah non dirò che barbaro
è con te solo il ciel.
Imelda e le Damigelle frettolose. Indi Azzo, Ernesto, e Sèguito.
IMELDA E DAMIGELLE
Giunge il duca.
UGO
Il duca!
PARISINA
Ah! Misero!
Fuggi.
UGO
Invano.
AZZO
ERNESTO
(È perduto. Io tremo, e palpito.)
AZZO
UGO
Di tornar mi concedea
di nostr'armi il condottiero.
Io bramavo, e fermo avea
di offerirmi a te primiero,
sol poc'anzi il tuo divieto
mi fu dato di saper.
AZZO
PARISINA
(Oh istante!)
ERNESTO
(Io gelo.)
AZZO
UGO
Oh cielo!
AZZO
PARISINA
Ei, signor, percosso, afflitto...
dal severo estremo editto,
ignorando quale errore
si mertava il tuo rigore,
umil prece a me porgea
d'impetrar la tua bontà.
AZZO
PARISINA
Lo promettea.
AZZO
PARISINA
Ah! Tu sai che insiem con esso
di tua corte io crebbi in seno:
implorar mi sia concesso
che scolparsi ei possa almeno.
D'alcun fallo io reo no 'l credo,
tale a te si mostrerà.
Questa grazia ch'io ti chiedo
è giustizia e non pietà.
UGO
Io sperai la sua preghiera
a placarti almen possente:
che implorarla eccesso egli era
né un sospetto io m'ebbi in mente:
s'egli è tal ch'io sol sia segno
della tua severità.
Ma con lei saria lo sdegno
forse troppa crudeltà.
AZZO
ERNESTO
(Lasso me! Sì ria sventura
prevenir non ho potuto.
Simular invan procura
l'imprudente si è perduto...
Tace il duca, ma nel seno
il furor covando va...
Ah! Foriera del baleno,
è la sua tranquillità.)
Coro lontano di Battellieri sul Po.
BATTELLIERI
Voga, voga, qual lago stagnante
ferma il Po le veloci correnti.
Di Ferrara le sponde ridenti
par ch'ei voglia più a lungo baciar.
GUERRIERI
Affrettate: del popol festante
dalle rive c'invitan le voci
già s'appressan le prore veloci
che al torneo denno i prodi recar.
(la scena si riempie di soldati e di popolo, e le rive di eleganti navicelle)
ERNESTO
Deh! In tal dì mentre tutto festeggia
non sia core che afflitto si veggia,
io pur prego, se lice, o signore,
de' tuoi servi al più antico, pregar.
AZZO
PARISINA E UGO
(Oh contento!)
CORO
Partiamo, voliamo.
BATTELLIERI
A Ferrara.
AZZO
PARISINA
Io vi seguo... Ah potessi qual bramo
sì bel giorno con voi festeggiar.
Tutti.
AZZO, UGO, ERNESTO E GUERRIERI
Vieni, vieni, e in sereno sembiante,
alla pompa presiedi qual diva.
Un tuo sguardo di luce più viva,
questo cielo farà scintillar.
PARISINA
Sì quest'alma respira un istante,
s'apre a gioia non prima sentita,
alla festa ove gloria v'invita,
calma, io spero, conforto trovar.
Insieme
AZZO, UGO, ERNESTO
(Ma divoro nel core tremante
un furor che non posso frenar.)
PARISINA
(Ma divoro nel core tremante
un timor che non posso frenar.)
BATTELLIERI
Voga, voga, qual lago stagnante
ferma il Po le veloci correnti;
di Ferrara le sponde ridenti
par ch'ei voglia più a lungo baciar.
GUERRIERI
Affrettate del popol festante
i bei voti corriamo a colmar.
(s'imbarcano)
Gabinetto di Parisina. Alcova chiusa da seriche cortine.
È notte. Il luogo è illuminato da due candelabri.
Imelda, e Damigelle.
IMELDA
Lieta era dessa, e tanto?
DAMIGELLE
Oltre ogni tuo pensiero.
Al vincitor guerriero
sorrise, e il coronò.
IMELDA
E il duca?
DAMIGELLE
Ad essa accanto,
fiso in lei sola e intento,
gioia del suo contento,
e il suo gioir mostrò.
IMELDA
E alle danze in corte
presente pur fia dessa?
DAMIGELLE
Né la pregò il consorte:
ella ne fe' promessa...
Tu inchiesta aggiungi a inchiesta;
qual meraviglia in te?
IMELDA
Non meraviglia è questa...
Estrema gioia ell'è.
DAMIGELLE
Fra i manti suoi di porpora,
fra i suoi gemmati serti,
siano i più ricchi e splendidi
alla sua scelta offerti,
brilli serena e bella
come soave stella,
e in ogni cor diffonda
speme, letizia, amor.
IMELDA
(La pena mia si asconda,
si celi il mio timor.)
DAMIGELLE
Ella si appressa.
Parisina, e dette.
PARISINA
Un seggio, Imelda... io sono
stanca del mio gioir.
IMELDA
Non usa a queste
sì clamorose feste,
uopo di posa hai tu.
PARISINA
De' miei primi anni
oggi mi parve respirar l'aurora
d'un dì sereno... Alla paterna corte
io mi credetti fra le pompe e i ludi
de' miei fratelli... E qual fraterna gloria,
mi fu d'Ugo il trionfo... Oh come lieta,
col giovin prode nell'arringo i' corsi!
E lieta il premio del valor gli porsi!
IMELDA
(Ciel! Non si avveri, io prego,
il mio sospetto.)
PARISINA
Ma fugace lampo
sarà la mia letizia, e il sol domani
torbido forse sorgerà pur anco...
Stanche le membra, e stanco
ben più lo spirto io già risento... Oh lungi
riponi i serti, e la gioconda vesta.
IMELDA
Né alla notturna festa,
irne vuoi tu?
PARISINA
Ma, non poss'io. Sollievo
mi fia migliore il sonno.
IMELDA
Ah! Sì lo spero,
è innocente sollievo...
PARISINA
È vero, è vero.
Sogno talor di correre
entro incantato albergo:
volo in balia de' zeffiri,
oltre le nubi io m'ergo,
nuoto in sereno spazio,
qual cigno nel ruscel.
Dolce, come arpa eolia
voce mi chiama, e dice:
«vieni, e del mondo immemore
resta quassù, felice...
a combattuto spirito
porto soltanto è il ciel».
Oh cari sogni! Oh, all'anima
illusion gradita!
IMELDA E CORO
Prendi da lor presagio
di più tranquilla vita.
Vanne, e più bella ancora
sorgi alla nuova aurora,
come è più bello un fiore
dopo il notturno gel.
PARISINA
Addio. L'augurio accetto...
Pace dal sonno aspetto...
(A combattuto core
porto soltanto è il ciel.
(si danno un addio. Imelda e l'ancelle partono.
Parisina si ritira nell'alcova. La scena rimane vuota per alcuni momenti)
Azzo e Parisina.
(Azzo passeggia guardingo la scena. Rimuove alcun poco le cortine dell'alcova, e le cala di nuovo. Parisina è addormentata)
AZZO
PARISINA
Oh dio!
AZZO
PARISINA
Oh dolce istante!
Sì tosto non fuggir.
AZZO
PARISINA
Son teco:
restiamo insieme.
AZZO
PARISINA
Mi segui,
puro zaffiro è il ciel, muoviamo uniti
quai peregrin augelli a miglior nido...
Mi segui, o tenero Ugo...
AZZO
PARISINA
Qual grido!
(esce dall'alcova, pallida, tremante)
PARISINA
Ah! Chi veggio? Tu signore?
AZZO
PARISINA
Io... Null'altro!
AZZO
PARISINA
Che dir mi vuoi?
Insieme
AZZO
PARISINA
(Oh qual ira in quel sembiante
gli occhi a lui non oso alzar.)
AZZO
PARISINA
Oh! Che hai tu? Turbato sei,
ch'io ti lasci!...
AZZO
Insieme
AZZO
PARISINA
(Ah! Non so fuggir da lui,
qui m'annoda il mio terror.)
AZZO
PARISINA
Oh ciel!
AZZO
PARISINA
Duca! Ah duca!
AZZO
PARISINA
Cessa;
quali smanie!
AZZO
PARISINA
Me infelice!
AZZO
PARISINA
D'Ugo il nome... (e il sonno ancora,
anco il sonno mi tradì!)
AZZO
PARISINA
Ah! D'orrore e di martire...
AZZO
PARISINA
(disperatamente)
Sì.
(Azzo pone la mano al pugnale, indi s'arretra)
Insieme
PARISINA
Non pentirti... Mi ferisci:
vibra il ferro, ei fia pietoso:
quest'incendio in me sopisci,
sol per morte avrà riposo.
È delirio l'amor mio...
non ha speme non desio,
è una face che consuma
d'un sepolcro nell'orror.
AZZO
(Azzo si allontana respingendola: essa il segue tremante)
Galleria nel palazzo ducale, che mette a vari appartamenti illuminati, ove ha luogo la festa. La musica esprime il festeggiare che si fa là dentro. Dame, Cavalieri attraversano la galleria e dalla galleria gli appartamenti.
CORO
È dolce le trombe cambiare co' sistri,
di gioia forieri, de' balli ministri.
È un dolce nell'aure fragranti di fiori
cambiare gli allori co' mirti d'amor.
In lieti banchetti in gaie carole
ci lasci la notte, ci visiti il sole:
subliman le menti le voci d'onore,
le voci d'amore consolano il cor.
(si dividono)
Ugo solo, indi Ernesto.
(la musica di dentro segue)
UGO
Né ancor vien ella! Cominciar le danze,
i concenti echeggiar... Invan di lei
cercai fra i lieti cori. È mesto il suono,
muta parmi ogni luce, ogni splendore.
L'astro non v'è maggiore,
l'astro dell'alma mia. Vieni, e al tuo raggio
languir ciascuna e impallidir si miri
di Ferrara beltà.
(esce Ernesto)
ERNESTO
Dove t'aggiri?
UGO
Ovunque impresse io credo
l'orme di Parisina, ovunque un'aura
parmi de' suoi sospiri.
ERNESTO
Alle sue stanze
quinci si sale, e tu qui muovi, o stolto?...
Seguimi... Un sordo ascolto
de' cortigiani sussurrar: turbato
più che mai fosse, Azzo aggirarsi io vedo
come leon della sua preda in traccia.
UGO
E di perigli a me far puoi minaccia?
Cessa, la mia letizia
non funestar, oggi fu tal che morte
potria scontarla appena. Or va': soverchio
è in te timor.
ERNESTO
Soverchia è in te fidanza.
UGO
Ella m'ama... Certezza è mia speranza.
Io sentii tremar la mano
che mi cinse al crin la palma:
mi sorrise, e tutta l'alma,
in quel riso scintillò.
Uno spirto, un senso arcano
d'un amor maggior d'amore,
trapassò da core a core,
e di gioia l'inondò.
ERNESTO
Sconsigliato... E a te presente
era il duca, e a lei d'accanto.
UGO
Io no 'l vidi, ed occhi e mente
fur rapiti in lei soltanto.
Ah! Non mai di quel momento
la dolcezza appien dirò.
ERNESTO
Taci, taci... ogni concento
ogni strepito cessò.
Giunge alcun... ~
UGO
Che fia?
Cavalieri e detti.
CORO
Repente
ne congeda il duca irato.
Svelti i fior, le faci spente
puoi veder per ogni lato.
Già le logge, già le porte
del palagio, della corte,
son rinchiuse, o custodite
da guerrier che a sé chiamò.
(escono gli armigeri)
ARMIGERI
Ugo!
UGO E ERNESTO
Oh cielo!
ARMIGERI
Ne seguite.
UGO
Dove?
ARMIGERI
Al duca.
UGO
A lui! Verrò.
ERNESTO
Io ti seguo.
ARMIGERI
No, non lice.
UGO
Un amplesso.
DAME E CAVALIERI
Qual mistero!
ERNESTO
Figlio, figlio... Oh me infelice!
Fui presago!
UGO
Oh padre, è vero...
ARMIGERI
Vi affrettate il tempo preme
Azzo attendere non sa.
DAME E CAVALIERI
Ah più d'Ugo Ernesto geme,
quale in sen sgomento egli ha!
UGO
(ad Ernesto a parte)
Questo amor doveva in terra
sol di morte aver mercede,
in più pura e santa sede,
ei mercé di vita avrà.
Come alfin di lunga guerra
io sorrido all'ultime ore,
il sospir di questo core
meco in tomba scenderà.
ERNESTO
Ah! con te, con te sotterra
anco Ernesto scenderà.
ARMIGERI
V'affrettate il tempo preme
Azzo attendere non sa.
DAME E CAVALIERI
Ah più d'Ugo Ernesto geme
quale in sen sgomento egli ha!
(Ugo parte fra gli armigeri, Ernesto con le dame e cavalieri)
Vestibolo che mette alle torri del palazzo ducale.
Azzo, e Guardie.
AZZO
Ugo, e Parisina da varie parti fra le Guardie e detto.
PARISINA
Ugo! Oh ciel!
UGO
Parisina! In ferri anch'essa!
AZZO
UGO
Al mio soltanto il sia
se giusto esser vuoi tu. Spirto più puro
non hanno i cieli, di costei che offendi.
AZZO
PARISINA
Tutti siam rei... Ma solo
noi di desio, tu d'opre. Ah! Pera il giorno
che me all'altare tu traevi ad onta
del pianto mio.
UGO
Deh Parisina...
PARISINA
È vano,
non è per lui più arcano
l'antico amore... io lo svelai dormente:
desta il confermo.
UGO
E dove tu il confessi
indegno io ne sarei, s'anco il tacessi ~
odilo, o duca... Io l'amo
più che la vita, dall'infanzia io l'amo...
AZZO
PARISINA
Morte è tal cenno.
Ernesto, e detti.
ERNESTO
(con un grido)
Morte!
AZZO
ERNESTO
Santo io l'ho, se a risparmiarti
vengo, o duca, un rio delitto.
AZZO
PARISINA E UGO
Che intendo?
ERNESTO
Sì: un delitto atroce, orrendo!
Al mio crin canuto credi
al terrore in cui mi vedi...
Guai se d'Ugo ai giorni attenti...
Guai tre volte, guai per te!
PARISINA E UGO
Qual linguaggio!
AZZO
ERNESTO
Ah! No.
AZZO
UGO
Cessa amico, e ti consola...
Non espor per me tua vita.
ERNESTO
Duca! Ah duca...
AZZO
ERNESTO
Versa dunque il sangue tuo,
tu sei d'Ugo il genitor.
PARISINA
E fia vero?
UGO
Figlio suo!
AZZO
ERNESTO
Sì: Matilde abbandonata,
dal tuo talamo scacciata,
me 'l fidava ancora infante,
e moriva di dolor!
Vi abbracciate.
AZZO E ERNESTO
Oh colpo!
PARISINA
Oh istante!
UGO
Padre!
AZZO
UGO E AZZO
(Oh mio terror!)
(per abbracciarsi, si arrestano ambedue appena si avvicinano)
ERNESTO
Che veggo? T'arretri ~ dal figlio ~ dal padre?
PARISINA E UGO
(O fato, è compiuta ~ la nostra sventura.)
AZZO
ERNESTO
(Ah! Sorda in quell'alma, ~ ah muta è natura!)
PARISINA, AZZO E UGO
Per sempre, per sempre ~ sotterra sepolto
deh! Fosse rimasto ~ l'arcano che ascolto:
foss'egli un delirio ~ dell'egra mia mente,
un'ombra fuggente ~ ai raggi del dì!
Ma lasso è verace, ~ lo provo, lo sento,
al fero sgomento ~ che il cor mi colpì.
ERNESTO
(O vana speranza ~ vent'anni nutrita,
oh! come in un punto ~ al vento sei gita!
Se al nome di padre, ~ se al nome di figlio
asciutto quel ciglio ~ rimane così. ~
Affetto malnato, ~ colpevole amore,
i sensi del cuore ~ più santi sopì.)
AZZO
UGO
Ed empio il padre
da cui nacque...
ERNESTO
Forsennato!
UGO
Sì lo sono... E gonfio il core
d'amarezza, di dolore...
ei la madre mi ha rapita...
ei serbommi a infame vita...
mi restava l'amor mio,
l'amor mio sepolto in me...
Or d'innanzi al mondo, e a dio
questo amor delitto ei fe'!
(Azzo è immobile e pensoso)
PARISINA
Ugo!... Ah cessa...
UGO
Ov'è la scure?...
Tronchi dessa i miei tormenti.
PARISINA
(ad Azzo)
Non udirlo... A sue sventure
dona tu gli amari accenti.
Me cagion di tanta pena
me soltanto opprimi, e svena...
ma il tuo figlio!... Ah! No... Non muoia...
lo risparmia per pietà.
(breve silenzio. Azzo si riscuote)
AZZO
PARISINA E ERNESTO
(Oh gioia!)
UGO
Viver io!...
PARISINA E ERNESTO
T'affretta... Va'.
Insieme
AZZO
UGO
Non è vita, è lunga morte,
pena eterna che mi dai:
le mi smanie tu non sai...
ti farian raccappricciar.
(Ah! Mi lascia, o cruda sorte,
men colpevole spirar.)
PARISINA
Vanne fuggi, è atroce scena
all'Italia si risparmi.
Per pietà di più non farmi
di terror, d'orror gelar.
(Ah! Chi mai morrà di pena
s'io pur seguo a respirar!)
ERNESTO
Vieni fuggi, e atroce scena
all'Italia si risparmi.
Per pietà di più non farmi
di terror, d'orror gelar.
(Ah! Chi mai morrà di pena
s'io pur seguo a respirar!)
(Ernesto strascina seco Ugo. Azzo accenna alle guardie di recar via Parisina)
Azzo, e Guardie.
AZZO
Galleria terrena nel ducale palazzo. Da un lato domestica cappella. In fondo gotici finestroni chiusi.
Damigelle di Parisina e Cavalieri.
(escono lentamente dalla cappella)
CORO
Muta, insensibile,
se non in quanto
dagli occhi turgidi
le sgorga il pianto,
l'afflitta giace
dell'ara al piè.
Pregar lasciamola
non la turbiamo:
calmar quell'anima
noi non possiamo:
per lei più pace
quaggiù non c'è.
(si ritirano)
Parisina indi Imelda.
PARISINA
No, più salir non ponno
miei preghi al ciel... Pur più straziato core
mai non ricorse a lui come il cor mio.
Imelda!...
IMELDA
A te son io
nunzia d'alcuna speme. In suo perdono
par fermo il duca, e congedò tranquillo
il generoso Ernesto
a cui guidar lontano Ugo è concesso.
PARISINA
Ugo!... Ei dunque partì?
IMELDA
Parla sommesso...
Un foglio suo ti reco...
Prendi.
PARISINA
Un suo foglio!... E chi te 'l diè?
IMELDA
Poc'anzi
un giovine scudier furtivamente
nell'atrio che conduce a queste stanze.
PARISINA
Incauto! E quali ancor nutre speranze!
(legge il foglio)
«D'Azzo non ti fidar: non può del mostro
esser la calma, e la pietà sincera.
Quando la squilla del vicino chiostro
dell'alba annunzierà l'ora primiera,
da tal condutto che il periglio nostro
mosse a pietade, e che salvarci spera
a te per via segreta»...
(si arresta)
IMELDA
Oh! Ciel! Prosegui,
a che ti turbi?
PARISINA
Osa sperar l'insano:
ch'io con lui fugga!...
IMELDA
Oh! Non lo speri invano:
io te 'l confesso, io pure
più che d'Azzo il furor, temo la calma...
Io conobbi Matilde...
PARISINA
(con gli occhi sul foglio)
In sen del padre
condurmi ei vuole... E s'io ricuso, ei giura
di sua mano svenarsi in queste soglie.
IMELDA
Ei n'è capace.
(lontano l'orologio suona un'ora)
PARISINA
Ahi! Qual tremor mi coglie!
È questa l'ora!
IMELDA
È questa...
Che risolvi?
PARISINA
Io... Non so ~ segreta voce
mi dice che quest'ora
l'ultima è di mia vita.
IMELDA
Oh! Ti conforta...
Disgombra il tuo terror...
PARISINA
Non odi intorno
un gemer fioco!... Di sinistri augelli
uno strido non senti!... Errar non vedi
vicino un'ombra!...
IMELDA
Il duol t'inganna, il credi.
PARISINA
Ciel sei tu che in tal momento
mi sgomenti, e m'empi il core
di quel tremito d'orrore
che è presago di morir.
Supplicarti invano io tento,
io ti sporgo invan le braccia.
Sulle labbra mi si agghiaccia
la preghiera, ed il sospir.
(odesi flebile musica)
Silenzio, un suon lugùbre
lontano echeggia.
IMELDA
È vero... È ver.
PARISINA
Che fia?
CORO
(canto lontano)
Da te, signor non sia
come quaggiù dannato;
ascenda perdonato
del tuo gran soglio al piè...
PARISINA
De' moribondi
questa è la prece. Al suol mi annoda, e affligge
invisibil poter.
Damigelle, e dette.
DAMIGELLE
Ora funesta!
Sottratti al duca. Ei vien...
IMELDA
(trascinando Parisina)
Fuggasi.
Azzo con Sèguito, e detti.
AZZO
PARISINA
In quegli occhi, in quel sembiante...
la vendetta io leggo espressa.
AZZO
PARISINA
Parla... oh! Ciel... Di lui che festi?
Ugo... Ov'è?
AZZO
(si aprono i veroni del fondo, e vedesi nel cortile il cadavere d'Ugo)
PARISINA
Ugo!... Io moro.
(si abbandona sulle damigelle)
CORO
Ah no, li cela
lo spettacolo d'orror.
PARISINA
(fuori di sé)
Ugo!... È spento! A me si renda
la sua fredda esangue salma!...
Che sovr'esso io spiri l'alma,
l'alma oppressa dal dolor.
Scenda indegno, ah! Su te scenda
il suo sangue infin che vivi,
ei del sol, del ciel ti privi
ti ricolmi di squallor.
(ricade)
CORO
Ella manca...
AZZO
IMELDA E CORO
Ahi! spira! Ahi! muor!
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/05/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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