PARIDE E ELENA
Dramma per musica.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto di Ranieri DE' CALZABIGI.
Musica di Christoph Willibald GLUCK.
Prima esecuzione: 3 novembre 1770, Vienna.
Personaggi:
ELENA regina di Sparta |
soprano |
PARIDE figlio di Priamo |
soprano |
AMORE sotto nome di Erasto, confidente di Elena |
soprano |
PALLADE |
soprano |
UN TROIANO |
soprano |
Cori:
di Troiani con Paride,
di Spartani, e Spartane atleti,
di Seguaci di Pallade.
La scena è prima nelle vicinanze di Sparta, poi in Sparta nel palazzo reale.
Argomento
Sulla nota favola di Paride, ed Elena variano molto gli antichi scrittori. Omero suppone, che Elena sposa di Menelao re di Sparta fosse rapita da Paride. Suppone Euripide, che Paride ingannato da Venere non conducesse in Troia che una fantasma somigliante ad Elena, e che la vera Elena fosse dalla stessa dèa trasportata in Egitto. Crede Erodoto che Paride navigando colla rapita Elena a Troia fosse da' venti contrari trasportato in Egitto, ove Proteo allora re di Menfi, gli tolse questa principessa, e poi la restituì a Menelao. In tanta diversità di opinioni, mi sono io presa la libertà di supporre Elena regina di Sparta, e non moglie, ma promessa sposa a Menelao.
Lido di mare terminato dalla veduta della vicina città di Sparta.
Navi in lontananza, e battelli alla riva.
Sul lido padiglioni troiani. Nel mezzo della scena, sotto un pergolato di rose, formato a guisa di tempietto, statua di Venere.
Paride, suoi Seguaci, e Marinari troiani coronati di fiori in atto di fare un sacrificio alla dèa.
Le offerte son presentate sull'ara: si fanno ardere i profumi; intanto, alternato dal ballo si canta il seguente coro:
Non sdegnare, o bella Venere
queste rose, e questi fior:
e al tuo giudice, al tuo Paride
non negare il tuo favor.
UNA VOCE
Come consuma l'avida fiamma
ch'arde sul tripode l'arabo odor;
così per Elena tutto s'infiamma
si sente struggere il suo bel cor.
CORO
Non negargli, o bella Venere
il tuo nume, il tuo favor.
UNA VOCE
Su queste sponde sfavilli un tremulo
soave raggio del tuo splendor:
nude vi scherzino teco le grazie,
e le sue fiaccole v'accenda Amor.
CORO
Non negargli, o bella Venere
il tuo nume, il tuo favor.
PARIDE
Oh del mio dolce ardor bramato oggetto!
L'aure che tu respiri, alfin respiro.
Ovunque il guardo io giro
le tue vaghe sembianze
Amore a me dipinge:
il mio pensier si finge
le più liete speranze;
e nel desio che così m'empie il petto
cerco te, chiamo te, spero, e sospiro.
Oh del mio dolce ardor bramato oggetto!
L'aure che tu respiri alfin respiro.
UNA VOCE
Dall'aurea sua stella
colombe amorose
di Venere bella,
co' freni di rose
il volo spiegate:
e lei che al piacere
infiamma i viventi,
battendo su' venti
le penne leggere
qui lieta guidate.
PARIDE
Spiagge amate, ove talora
l'idol mio lieto s'aggira:
ruscelletti ove si mira
quando infiora o il crine, o il sen;
chiare fonti ove si bagna,
erbe in cui posa le piante;
voi pietose a un cuore amante,
dite voi, che fa il mio ben.
UN TROIANO
Principe a te se n' viene
di Sparta un messaggier.
PARIDE
Compagni, amici
ad incontrarlo andate,
conducetelo a me.
Parte il ballo: rimangono pochi troiani in disparte.
PARIDE
Con lui si taccia
il grande acquisto ove ho la mente intesa,
ma si cominci a preparar l'impresa.
Amore in abito spartano, sotto nome d'Erasto, con Séguito spartano, che rimane in disparte, e detto.
AMORE
Stranier, la mia regina
a te m'invia: richiede
chi sei, donde venisti; e qual ti guidi
o fortuna, o consiglio a questi lidi.
PARIDE
Al venerato impero
ubbidirò. Paride io son: non cerco
tesori, o regno; al Simoenta in riva
ha scettro il genitor. Giove mi scelse
giudice alla gran lite
del primo vanto di beltà che tutto
sconvolse il ciel; che non trovò fra' numi
nella gara divisi, arbitro alcuno:
conteser Citerea, Pallade e Giuno.
Vidi, stupii, pensai, decisi: ottenne
il superbo trionfo
d'Amor la madre. Intanto
garrula fama a noi recò, che ingiusto
era il decreto, e un tanto onor dovuto
a spartana beltà. M'accese allora
nobil desio che qui a veder mi trasse
se le vinte rivali
la vostra Elena oscuri; e se di quella
che per me trionfò sia pur più bella.
AMORE
Dunque pace ci rechi: al mirto aspiri,
non vuoi mietere allori. E se l'impresa
che ti guida fra noi, nascondi ad arte,
quest'impresa è d'amore, e non di Marte.
PARIDE
(Che ascolto!)
AMORE
Io già conobbi
che le tue pompe, i preziosi arredi,
il tuo volto, i tuoi sguardi
non eran di guerrier. Scenda nel campo
chi non ha quel sembiante, e quell'accorto
dolce parlar: chi agli amorosi inviti
grazia, bellezza, e gioventù non chiama;
tu Paride gentil sospira, ed ama.
PARIDE
(Che dirò? Mi confondo!...
Tradito son!)
AMORE
Mi guardi!...
Non parli!... Impallidisci!
PARIDE
Ah qual mistero
celano i detti tuoi!... Lasciami, o dio! ~
nell'estrema sorpresa...
spazio di respirar... fra poco al piede
della bella regina
verrò con te. ~ Ma!... Chi sei tu che tanto
di me, de' miei pensieri
penetri, sai?
AMORE
Non ti turbar se tutto
quel che ascondi nel sen scopro, e rimiro:
forse io son che ti guido, io che t'inspiro.
PARIDE
Ma chi sei?... Ma come intendi
i segreti del mio cor?
AMORE
Sconsigliato! E che pretendi,
che un segreto sia l'amor?
PARIDE
Mi sorprendi; e non so come...
di scusarmi, di sdegnarmi...
io con te non ho l'ardir.
AMORE
Di sedurmi, d'ingannarmi
non sperar; d'Elena al nome
t'ho veduto impallidir.
PARIDE
Dunque sai...
AMORE
Sì, che l'adori;
che celarlo invan credevi.
PARIDE
Dunque pensi...
AMORE
Che dovevi
tacer più, meno arrossir.
PARIDE
Se schernir così mi vuoi,
non tradire il mio disegno;
ah ti basti il mio rossor!
AMORE
Fida in me gli affetti tuoi:
ti prometto il mio sostegno
che può farti vincitor.
PARIDE
(partendo, e subito ritornando)
Ma chi sei?... Ma come intendi
i segreti del mio cor?
AMORE
Sei pur semplice! E pretendi
che un segreto sia l'amor?
(parte co' troiani)
Amore solo.
Felice te! Che possessor sarai
di sì rara beltà. Con finte spoglie
in mentite sembianze al grande acquisto
in tuo soccorso un nume
prevenne il tuo cammin. Godi, trionfa
Elena è tua. Tutto congiura il cielo
a' tuoi contenti: hai protettrice, amica
d'Amor la madre; hai teco Amor. ~ Ma tanto
dunque incauto è costui: tanto presume
di sua beltà, che in questi lidi accolto,
che scoperto in tal guisa
non vede l'arti mie, me non ravvisa!
Nell'idea ch'ei volge in mente
io l'inspiro, io lo consiglio:
non mi vede, e son presente;
non lo pensa, e seco è Amor.
Io gli muovo il labbro, e il ciglio;
per lui parlo, in lui ragiono:
e da me diretti sono
tutti i moti del suo cor.
Parte Amore per dove entrò Paride. Il Séguito spartano resta ad ammirare le ricchezze, ed il lusso asiatico. Escono allora i Troiani, e vanno disponendo i doni da Paride ad Elena destinati. Fattesi incontro ardite alcune Spartane accorse a veder la gente, e la pompa straniera; allettate dalle accoglienze de' Troiani s'adattano a divertirsi con loro ballando, mentre si prepara Paride per presentarsi ad Elena.
Sala del real palazzo di Sparta con trono da una parte.
Elena con Séguito, e Amore, e Guardie.
ELENA
(ad una guardia)
(siede sul trono)
Si presenti: mi vegga
di Priamo il figlio.
AMORE
Un così bel sembiante
fra noi non v'è. Gli occhi ha brillanti, e neri;
lunghi, e biondi i capelli,
rosee le labbra: un dolce
vibrar di sguardi, un ragionar soave,
un modesto arrossir. Tale, o regina
è forse il giovanetto
che in Ida alle sue mense
Giove rapì: tal fingerebbe Amore
un industre pennello
in sembianze mortali
senz'ali, senza benda, e senza strali.
ELENA
Troppo sei pronto Erasto
a vantare, a stupir.
AMORE
Serbata a lui
oh, se t'avesse il ciel! Qual più bel nodo
stretto avrebbe Imeneo! Qual vi sarebbe
altra di te più fortunata, e lieta
nell'impero d'Amore!
ELENA
Ei vien: t'accheta.
Paride con numeroso séguito di Troiani, e di Schiavi, che portano i doni ad Elena destinati, e detti.
PARIDE
Regina...
(avanzandosi ardito)
(Oh dèi!)
(resta stupido)
ELENA
(Che miro!)
PARIDE
(Che beltà!)
ELENA
(Che sembiante!)
PARIDE
(Ah, qual m'assale
stupidezza crudel, timor molesto!)
AMORE
(parla a Paride)
Parla; non ti smarrir.
ELENA
(Che incontro è questo!)
PARIDE
Se in mirarti, o regina, ardisco appena...
fissare in te gli sguardi, il dolce lume
soffrir de' tuoi... scioglier gli accenti, e i moti
che mi turbano il cor farti palesi...
maraviglia non è. Quando improvviso
delle altere rivali agli occhi miei
tutto s'offerse lo splendor, smarrito
non fui così. Forse perché, o regina
le bellezze celesti
che divise fra loro eran bastanti
per animarle alla superba lite
in te ritrovo, in un compendio unite.
ELENA
(Come accorto lusinga!)
AMORE
(parla ad Elena)
E ben, son io
facile ad ammirar?
ELENA
(parla ad Amore)
No: questa volta
hai ragion di stupir; ma taci, e ascolta.
PARIDE
Errai, lo so, non mi discolpo: imploro
grazia, e pietà: l'involontario errore
pentito emenderò. Saprà la terra,
che rivoco il decreto, e che indecisa
fra te, bella regina, e Citerea
pende la lite ancor. Que' pochi doni
che di Troia recai provo rossore
di presentare a te. L'oro, le gemme
sembrano al mio pensiero
per celeste beltà vili tributi:
son gli altari, e gl'incensi a te dovuti.
ELENA
Co' detti lusinghieri,
principe assai finora
arrossir mi facesti. Io non m'innalzo
sopra il mortal: non è per me la palma
che ottenne Citerea: nelle sue glorie
per invidia non ho l'anima offesa;
né in beltà colle dèe vengo a contesa.
Benché dell'Asia il fasto
si disprezzi fra noi, que' tuoi tesori
perché offerti da te cari mi sono;
il donator mi fa gradire il dono.
(s'alza in piedi)
Il principe di Frigia, il fortunato
giudice delle dèe, quanto gli piaccia
a Sparta soggiornar, meco dimori;
e la mia reggia, e il regno mio l'onori.
(scende per partire)
PARIDE
(con impeto)
Come! Già t'allontani? E puoi, regina
così presto privarmi
del piacer di mirarti
che mi trasse animoso a queste sponde
scherno di tanti venti, e di tant'onde!
ELENA
(parla ad Amore)
Senti: costui non ha rossor.
AMORE
(parla ad Elena)
Ne incolpa
la tua bellezza.
ELENA
(Il fasto suo deriso
vegga, e impari a frenarlo.) Ospite illustre,
e ritiro, e riposo
chiede il lungo soggiorno
che facesti sul mar.
PARIDE
Riposo, e pace
perdei, non spero più.
ELENA
Del suol natio
della paterna reggia
le memorie, il costume
oblia, prence, fra noi. Dell'umil Sparta
gradisci l'accoglienze; e almen per poco
sgombra da' tuoi pensieri
le bellezze dell'Asia, e i suoi piaceri.
Forse più d'una beltà
or per te sospira, e piange:
e se irato il mar si frange
geme, trema, e non ha pace,
e co' voti assorda il ciel.
PARIDE
(parla ad Amore)
Mi deride.
AMORE
(parla a Paride)
E ti dispiace!
ELENA
(Avvilito è già l'audace.)
AMORE
(parla a Paride)
In que' scherni odio io non credo,
e non vedo crudeltà.
ELENA
Forse più d'una beltà
mesta or corre a' lidi intorno;
di te chiede, e te rammenta:
ma si lagna, e si sgomenta,
che ti finge al tuo ritorno
o più ingrato, o più crudel.
AMORE
(parla a Paride)
Ti conosce.
PARIDE
(parla ad Amore)
Ah taci!
ELENA
(E tanto
me disprezza, e in sé confida!)
PARIDE
(parla ad Amore)
Mi prometti aita, e guida,
poi tu ancor ti fai tiranno!
ELENA
È ben giusto il loro affanno;
che chi va così per l'onda
passeggier di sponda in sponda
si fa gioco usar l'inganno;
e diventa a poco a poco
incostante, ed infedel.
(parte, e seco Amore e tutto il séguito spartano)
Paride e suo Séguito.
PARIDE
Tutto qui mi sorprende. Il piede appena
imprimo in questo lido, e v'è palese
il mio disegno: baldanzoso, audace
nella reggia m'inoltro, e il primo incontro
dell'amata regina
turbato, irresoluto,
muto mi rende... Ah, già di me comincio
timido a diffidare! Sol la promessa
di Citerea va dissipando ancora
con lontane lusinghe i dubbi miei;
onde in lei spero, e m'abbandono a lei.
Le belle immagini d'un dolce amore
veggo fra' palpiti del mio timore
tutte disperdersi, tutte sparir.
Che se nell'anima lieta speranza
fa poi risorgere la mia costanza,
solo da Venere mi vien l'ardir.
(parte col séguito)
Gran cortile del palazzo reale di Sparta circondato da portici, e logge ad uso d'esercizi ginnastici. Luogo eminente a forma di tribuna per il trono da una parte.
Al suono di marcia guerriera, preceduti da personaggi Spartani, da Troiani, da Popolo e Guardie, e da Atleti, ed altri Combattenti ne' giochi, uomini e donne all'uso di Sparta.
Elena, Paride, e Amore.
ELENA
Prence, la tua presenza
il popolo di Sparta
è accinto a festeggiar. Germe d'eroi,
nato al diadema, acceso
di bella gloria, e nel vigor degli anni;
negli atletici giochi
i travagli di Marte
pago sarai di ravvisar. Di questa,
eletta gioventù, qual nell'arena
la forza sia, l'arte, e l'ardire; assiso
al fianco mio, nel mio paterno soglio,
giudice, e spettator meco ti voglio.
PARIDE
Il più vago, o regina
spettacolo al mio sguardo
tu stessa sei. Un altro uguale in cielo
lo so, non l'hanno i numi. In questo solo
m'appago, e mi compiaccio:
ma tu lo vuoi, servo al tuo cenno, e taccio.
(va in trono, e seco Paride)
CORO D'ATLETI
Dalla reggia rilucente
scendi a noi, bel dio di Delo;
tu che al mondo, agli astri, al cielo
vita dài, moto e splendor.
Tu di luce ampia sorgente
col vigore de' tuoi rai
a vicenda nascer fai
l'aurea messe, il frutto, e il fior.
PARTE DEL CORO
Negli strali, nell'arco possente
tu di Delo, fatidico nume:
tu di Pindo armonioso, eloquente;
coronato di luce, e d'allor.
Vieni, assisti alla nobil palestra
biondo Apollo, e c'inspira nell'alma
bella brama di gloria, e di palma,
e d'Alcide la forza, e il valor.
CORO
Vieni, assisti alla nobil palestra
biondo Apollo, e c'inspira nell'alma
bella brama di gloria, e di palma,
e d'Alcide la forza, e il valor.
Seguono i giochi eseguiti da' Ballerini.
ELENA
Non più: l'eroe troiano, illustri atleti
il vigor vostro, e la destrezza ammira
ne' ginnici studi. Ei che da' numi
fu fra tutti prescelto
giudice di beltà, sarà fra noi
giudice di valor. Del vostro merto
dunque ei decida, e a suo voler dispensi
de' nobili sudori
il premio, e la corona a' vincitori.
(vengono portate a Paride le corone, e da lui distribuite a' vincitori, mentre si canta il coro)
PARTE DEL CORO
Lodi al nume nell'arco possente,
dio di Delfo che legge nel fato:
dio di Pindo armonioso, eloquente,
coronato di raggi, e d'allor.
CORO
Lodi al nume nell'arco possente,
dio di Delfo che legge nel fato:
dio di Pindo armonioso, eloquente,
coronato di raggi, e d'allor.
PARTE DEL CORO
Che di luce inesausta sorgente,
misurando l'immenso sentiere,
alla terra, alle stelle, alle sfere
dà la vita, dà moto, e splendor.
(scendendo Elena e Paride dal trono partono, rimanendo solamente Elena, Paride, e Amore)
CORO
Che di luce inesausta sorgente,
misurando l'immenso sentiere,
alla terra, alle stelle, alle sfere
dà la vita, dà moto, e splendor.
ELENA
Per te signor, sin da' primi anni avvezzo
alle dolci dell'Asia
delicate armonie, saran le nostre
rozze, e noiose, aspro ed ingrato il canto:
or se teco di tanto
lusingarmi poss'io, della tua lira,
colla maestra mano
tempra le argute corde, e al dolce suono
delle tremule note unisci ancora
la modulata tua voce canora.
PARIDE
È mia gloria ubbidirti.
(a una guardia che ricevuto l'ordine parte)
Olà... Recate
la cetra a me. (Questo felice incontro
la mia fiamma palesi,
mi sveli a lei.) Regina, io non aspiro
dell'arte al primo onor, se avessi il dono
di muovere gli affetti
pago sarei.
AMORE
Vano il desio non credo
per chi unisce all'incanto
dell'armonia quel tuo leggiadro aspetto,
le grazie, i vezzi tuoi.
PARIDE
L'augurio accetto.
(prendendo la cetra dalla guardia che la porta, e dandola a Paride)
AMORE
Prendi.
PARIDE
Troppo m'onora
la tua cura gentile. (Ah voglia il cielo
che il mio canto addormenti
la ritrosa virtù del suo bel core!)
ELENA
Siedi; t'ascolto.
AMORE
(E ne' suoi labbri è Amore.)
PARIDE
(con passione ad Elena)
Quegli occhi belli
quegli occhi neri,
perché severi
volgi così?
Ah, che se in quelli
scopre rigore
si sdegna Amore
che gli abbellì!
ELENA
(Che ascolto!... Ah, me ne avvidi,
m'ama l'audace; e al primo
favorevol momento
a' suoi folli pensieri ei s'abbandona!)
(parla ad Amore)
Parla con me?
AMORE
(parla ad Elena)
Teco, cred'io ragiona.
PARIDE
(con passione ad Elena)
È sua la luce
che in lor s'accende:
solo ei ne prende
cura, e pensier.
Ei la conduce;
la sa sfuggire,
fissar, languire
a suo piacer.
ELENA
(Troppo s'inoltra; e tali
preveggo i sensi suoi, che non dovrei
fermarmi ad ascoltarli.)
(parla ad Amore)
Ma... parla meco?
AMORE
(parla ad Elena)
E con chi vuoi che parli?
PARIDE
(con più passione)
Vi pose i chiari
raggi tremanti,
vezzi brillanti
della beltà.
V'accese i cari
lumi languenti,
segni eloquenti
della pietà.
ELENA
Basta così.
(s'alza come per partire)
AMORE
(parla ad Elena e trattenendola)
Se vuoi,
silenzio gl'imporrò. Ferma.
ELENA
No: parto.
Non lice al mio decoro
far più lunga dimora.
(in atto di partire)
PARIDE
Elena, ah per pietà! Sentimi ancora.
(s'alza con impeto, e la trattiene; e tornano a sedere)
(con somma passione)
Chi guarda alquanto
quel dolce fuoco,
tutto fra poco
l'avrà nel sen...
ELENA
Non più.
(s'alza risoluta)
PARIDE
Misero!... Ahimè!
ELENA
Che fu?
AMORE
Che avvenne?
PARIDE
Un affanno crudele... Un improvviso
turbamento molesto... soccorso...
(sviene)
ELENA
Ah, vola Erasto!
AMORE
(Il tempo è questo.)
(parte con fretta)
ELENA
Che fo!... Che penso!... Ah quale
di sconosciuti affetti
forza crudel qui mi trattiene!... Appena
me riconosco... Articolar gli accenti
non so, non posso... A mio dispetto in seno
nascer sento i sospiri... e mi riempie
di lagrime le ciglia un'inusata
tenerezza, o pietà...
PARIDE
(senza rinvenire)
Barbara!... Ingrata!
ELENA
Lode al cielo! Ei ripiglia
l'uso de' sensi... Io partirò.
(in atto di partire e si ferma)
Ma... come...
l'abbandono così!... No, che farebbe
fierezza, tirannia... Restiam... ma... questa
qualunque sia soverchia cura, offende
la mia gloria, il mio nome... Eh andiam... ma il mondo
a ragion poi dirà, che qui non regna
né umanità, né gentilezza... Oh stelle!...
(guardando per la scena)
Giungesse almeno Erasto
al suo soccorso... e al mio!... Io da me sola
che risolver non so... Restar... non voglio:
partir... non posso; e intanto
mille opposti pensieri
formo, e distruggo...
(guardando dentro la scena)
E ancora
non viene Erasto!... Ah forse
ei scoperse, e seconda
le debolezze mie!... Ah, questa guerra
di dubbi, di rimorsi, e di tormenti
si finisca una volta...
(risoluta, e s'incammina)
PARIDE
Ah ferma!... Ah senti!
(s'alza con impeto, la ferma, e se le inginocchia avanti)
Fingere più non so...
vedi languisco, e moro.
T'amo... Ma no, t'adoro.
Sciolsi dal patrio lido,
scorsi sul mare infido,
venni, idol mio, per te.
ELENA
(Dove io mi sia non so!
Un tanto ardir m'è nuovo;
gli sdegni miei non trovo,
solo è stupore in me.)
(dopo averlo guardato)
Sorgi...
PARIDE
Ma parla... Oh pena!
(s'alza)
ELENA
(Che dissi!)
PARIDE
Almen rispondi.
ELENA
Senti... (Ah parlar vorrei,
ma timorosa, e stupida
mi rende il mio rossor.)
PARIDE
Lo so, tacer dovrei,
ma il mio rispetto affrena,
e vuol che parli Amor.
ELENA
(Mi perdo!)
PARIDE
Ah, perché ascondi
quegli occhi agli occhi miei!
Guardami.
ELENA
(In qual cimento
sono, se più l'ascolto!)
PARIDE
Mi leggerai nel volto
il barbaro tormento
che mi sconvolge il cor.
ELENA
(Ardir...)
(con maestà)
Da me che vuoi?
Che temerari aspetti!
Taci: non voglio affetti.
Parti. Pretendi invano,
ch'a un finto amore, o insano
tutti i trionfi suoi
ceda la mia virtù.
PARIDE
E il mio dolore?
ELENA
È vano.
PARIDE
E il pianto mio?
ELENA
M'irrita.
La mia presenza evita,
non mi parlar mai più.
(con sdegno, e parte)
PARIDE
Mi fugge spietata!...
Mi sdegna tiranna!...
E Venere ingrata
m'inganna così!
Mio solo ristoro
è adesso la morte,
se il ciel, se la sorte,
se Amor mi tradì.
Con numeroso concorso di Spettatori troiani, e spartani tornano gli Atleti coronati d'ulivo a festeggiare i loro compagni Vincitori.
Gabinetti.
Elena con una tavoletta in mano piegata a forma di lettera.
Temerario! E non basta
il rigore, il rifiuto
a raffrenar gl'impeti suoi! Non pago
di palesarsi, in uno scritto aggiunge
più gravi offese all'onor mio!
(legge)
«Mi guida
Venere al gran disegno... A me promessa
in premio sei... Regno, virtù, tesori
posposi a te... L'Asia t'aspetta... È questo
povero lido, orrido suolo indegno
delle bellezze tue... Fremo di sdegno...
Eh, vada infranta a terra
la cera infame, e sia
sua risposta il disprezzo!...»
(in atto di gettar la lettera, poi si trattiene)
E non potrebbe
interpretar l'audace
a suo favor la mia prudenza!... Ah quando
giunge a schernire un mio divieto espresso;
poca pena è il silenzio a tanto eccesso!
(legge)
«Non contrastar col fato...
Non opporti agli dèi... Pronte nel porto
son le mie navi... O meco
alla patria verrai, o qui sepolto
esule io resterò... Così risolvo;
l'impone Amor...» No, più tacer non giova;
troppo estremo è il periglio. A lui risponda
l'oltraggiata mia gloria, e lo confonda.
(siede ad un tavolino, e scrive)
«Ignoto qui giungesti... ospite accolto
seduttor ti dichiari... All'onor mio
prepari insidie, e ardisci
degli uomini, e de' numi
vilipender le leggi, ed i costumi...
Venere a te promesse
le nozze mie!... Sì, veramente il cielo
prende cura de' tuoi
amorosi deliri... Io la mia mano
ad un altro impegnai... Cambiar non voglio...
Sdegno gli affetti tuoi... Non posso amarti,
lo tenti invan... Cerca altri amori, e parti.»
Olà... Dissi abbastanza;
intendermi dovrà.
(chiude la lettera)
Amore, ed Elena, poi Paride.
AMORE
Vengo, o regina
a' cenni tuoi.
ELENA
(gli dà la lettera)
Prendi: e di Priamo al figlio
reca questo mio scritto.
AMORE
Io!
ELENA
Sì.
AMORE
Ma tanto
inoltrarmi non bramo
ne' segreti de' re.
ELENA
Perché?
AMORE
Potrei,
forse indegna mercede
ritrarne un dì.
ELENA
Meco il tuo dubbio è ingiusto.
Eseguisci.
AMORE
(s'avvede che sopravviene Paride)
(Opportuno
s'avanza il prence.)
PARIDE
(Ah, dove
sconsigliato m'inoltro!)
AMORE
Il tuo comando
adempirò...
(finge voler partire)
ELENA
Va'.
AMORE
Ma... lui stesso... appunto...
(finge vedere allora Paride)
ELENA
(Oh dèi!)
PARIDE
(L'ultimo sforzo
d'un disperato amore il ciel secondi!)
AMORE
Elena scrisse a te: leggi; rispondi.
(dà la lettera a Paride)
ELENA
(Ah lo veggo! Ad ingannarmi
lusinghier costui congiura:
è infedele, è traditor.)
PARIDE
(leggendo, dopo avere frettolosamente aperta la lettera)
(Ah che leggo! A tormentarmi
mille colpe in me figura;
reo mi finge, e mentitor.)
AMORE
(Vane sono e l'arti, e l'armi
in cui fida, e s'assicura
contro il cielo, e contro Amor.)
(parte)
ELENA E PARIDE
(Non lontana esser già parmi
qualche mia fatal sventura;
n'è presago il mesto cor.)
Elena, e Paride.
PARIDE
(dopo breve pausa, e con sdegno)
Sì, spietata: s'accende
già il fulmine per me. Sorte funesta
minaccia i giorni miei: n'è tua la colpa;
pompa ne fai. Tutta comprendo adesso
la barbarie di questa
inospita contrada
che t'educò, dove nascesti!... E vanti
d'esser figlia di Giove! Ah, quando un nume
un'anima formò d'amor nemica,
tiranna di pietà che il più sincero,
il più tenero amante
sdegna, insulta, ricusa,
odia, aborre, vuol morto!
ELENA
(E ancor m'accusa!)
PARIDE
Che tardi! A che sospendi
le furie tue! Di sangue hai sete?... Appaga
il feroce desio...
(snuda un pugnale, e vuol darlo a Elena)
Prendi: trafiggi;
svenami... A chi languendo
vive infelice è sospirato acquisto
il termine de' mali.
ELENA
(Ah non resisto!)
Ma che brami da me?
PARIDE
Voglio il tuo core,
la tua man, le tue nozze.
ELENA
A un altro, il sai,
promessa io son.
PARIDE
L'ami!
ELENA
Rispetto in lui
il consiglio, il comando
del genitor. L'amarlo
se mia scelta non fu, già mi si rende
virtù, dover, necessità.
PARIDE
Non t'ama
al par di me. Chi greco nacque, avvezzo
nella dura dell'armi
barbara scuola; il pregio
o non cura, o non vede
delle bellezze tue.
ELENA
Giurai.
PARIDE
Son vani,
se non li detta il core,
delle donzelle i giuramenti.
ELENA
Offesa,
la Grecia che dirà?
PARIDE
Dirà che sei
saggia, e incostante. Ah sa la Grecia ancora
che van di rado insieme
la bellezza, e il rigor.
ELENA
N'abbia un esempio
illustre in me.
PARIDE
Quel vanto
non ottenne la madre: alla sua gloria
è rimprovero, è offesa
della figlia il pensier.
ELENA
Scusa la madre
la sua semplicità: l'accorto inganno
dei maggiori degli dèi che la sorprese
che la tradì colle mentite piume:
non ha la figlia in sua discolpa un nume.
PARIDE
Sì, l'amor che m'accende
opra è d'un nume, è dono suo. T'amai
che ignoto ancor m'era il tuo volto. Appena
(e men bello del vero) alla mia mente
Citerea lo dipinse: appena offerse
il caro acquisto al mio pensier; che ogni altro
mio più tenero affetto
posi in oblio: che il padre,
e la patria, e i congiunti
abbandonai: che spinsi
il legno al mar, che venni a te. Ma quanto
è maggior della fama
la tua beltà, tanto mi crebbe in seno
al primo incontro tuo, al primo sguardo,
la dolce fiamma onde mi struggo, ed ardo.
ELENA
Ah, s'è vero che m'ami
con tant'arti, e tant'armi
la pace mia deh non turbar! Contenta
vissi finor; da che giungesti, ho tutti
in tumulto gli affetti. Il mio decoro
rispetta, e il mio dolor. Torna a' tuoi regni:
cerca altro oggetto all'amor tuo. La scelta
fra mille avrai che brameranno a gara
esser teco felici. Un mio comando
questo non è: supplice adesso imploro
grazia dal tuo bel cor.
PARIDE
No: prima io voglio
spirar sugli occhi tuoi, che a quell'ingiusta
legge ubbidir che a me, crudel prescrivi!
ELENA
Prence... (Oh dio!) Per pietà!... Scordami, e vivi.
PARIDE
Di te scordarmi, e vivere!...
facile a me lo credi!...
Ma guardati!... Ma vedi
il tuo sembiante!
La tua celeste immagine
è il solo mio pensier;
è l'unico piacer
del core amante.
Fissa l'avrò nell'anima
così, finché vivrò:
fra l'ombre ancor l'avrò
sempre davante.
Di te scordarmi! Oh dio!
Questo, crudel mi chiedi!
Ma guardati!... Ma vedi
il tuo sembiante!
Elena sola.
Lo temei: non mi sento
in faccia a lui valor che basti. Appena
frenar mi seppi. Ero ridotta al punto
d'aprirgli, di svelargli
tutta l'anima mia... Ah la possiede,
vi regna, n'è tiranno; e lo conobbe
il barbaro, n'abusa!... Ove m'inoltro!
In qual pensier vaneggio,
in qual misero error! Si lasci omai
alla sola ragion tutto l'impero
che seco ha nel mio core Amor diviso:
lo potrò: così voglio: ho già deciso.
Lo potrò!... Ma frattanto, oh infelice!
Odio, ed amo; risolvo, e mi pento:
pietà, sdegno, timore, contento
a vicenda mi fanno penar.
Così voglio!... Sì mentre è lontano
il tiranno che i ceppi mi diede;
ma se prega, se piange al mio piede
non so più che tacere, e tremar.
Lo potrò: così voglio: ho deciso!...
Ah così mi consolo, e lusingo!
Ma il mio core agitato, e diviso,
quel che penso, che sogno, che fingo
co' suoi moti mi viene a turbar.
Deliziosa.
Amore, poi Elena.
AMORE
Elena a me s'asconde! Il prence evita,
e l'affretta a partire! Eh, che le giova!
se tutte ha già in seno
le smanie mie. La sua virtù s'offende,
s'irrita il suo dover; ma la contesa
breve sarà. L'inganno
che a lei preparo, avvamperà quel foco
che tiene oppresso in seno...
(guardando nella scena)
Eccola... Oh come
quel superbo suo fasto
umiliato vedrò!...
(mesto)
Regina...
ELENA
Erasto!...
Perché mesto così?
AMORE
Perché non sono
privo d'umanità: perché non credo
virtù, l'esser tiranno
agli altri, a me. Non so qual forza ignota
al principe di Frigia
m'unì per sempre; e nel vederlo accinto
i venti, e le procelle
di nuovo ad incontrar; frenar non seppi
il pianto, e la pietà.
ELENA
Del caro amico
agli ultimi congedi,
hai tempo ancora.
AMORE
A questi
teneri uffici ho già compito... Appunto
scioglie le vele.
ELENA
(Ahimè, che sento!)
AMORE
Al petto
mille volte mi strinse,
e in tal guisa s'espresse: amato Erasto,
Venere mi tradì. La tua regina
impon ch'io parta: ubbidirò con pena.
Ma pure ubbidirò. Fuggo, soggiunse,
questo barbaro suolo;
alla patria ritorno, e mi consolo.
ELENA
Come! Partì l'indegno!...
AMORE
Aura seconda...
già l'allontana...
ELENA
Onnipotenti numi!
Oh frode! Oh tradimento!
Oh nera infedeltà! Quanto mi disse!
Quanto giurò! Lo veddi
pallido, semivivo,
languente, immerso in pianto!... Amor si finge
dunque così! Dunque così per gioco
si trasforma il sembiante,
si mentisce il dolor!... Sugli occhi miei,
l'empio! Non venne meno!
Non tentò di svenarsi!
Non mi chiese una morte!... E poi!... Che inganno!
Che perfidia! Che orror! Mi svelle appena
un pietoso conforto: appena intende
che negli affari suoi m'affanno anch'io;
fugge!... Mi lascia!... E non mi parla!... Oh dio!
Donzelle semplici
no, non credete,
a quelle lagrime
che voi vedrete,
sugli occhi spargersi
del traditor.
Più che son flebili
i suoi sospiri:
più par che s'agiti,
e che deliri;
meno quel perfido
commosso ha il cor.
Ah, per difendervi
contro quell'empio,
donzelle semplici
vi sian d'esempio,
e le mie smanie,
e il mio rossor!
AMORE
Consòlati, o regina: il ciel non manca
de' spergiuri alla pena; a lui confida
le tue vendette.
ELENA
A lui!... Dunque tu ancora
congiuri a' danni miei!... No, non ti credo
sì perverso il costume... Andiam: si segua,
si raggiunga il superbo. Ardano i legni;
ed i laceri avanzi
ludibrio sian del vasto mar. Lui stesso,
lui naufrago, e spirante
pietà domandi, e non l'ottenga. I numi
prendano pure altre vendette: io stessa
questa sarò; questa risolvo, e eleggo...
(in atto di partire)
AMORE
Non ti sdegnar, Paride è qui.
ELENA
(Che veggo!)
Paride, e detti.
AMORE
Opportuno giungesti. Elena t'ama,
prence, felice sei.
ELENA
Perfido servo!
M'hai tradita, e sedotta. Agli occhi miei
involati per sempre.
AMORE
È vano, è ingiusto
meco, bella regina, il tuo furore:
Erasto non son io.
ELENA E PARIDE
Chi dunque!
AMORE
Amore!
(parte)
ELENA
Stelle! Oh portento!
PARIDE
Ah, ti conosco a questo
sovrumano soccorso
Venere amica! In van sperasti, o cara
opporti a lei, negarti a me. Lo vedi;
m'assiste il ciel. Rispetta
i suoi decreti: accogli
gli affetti miei; seconda
i moti del tuo cor... Sospiri! Oh dio!
Ah, piuttosto rispondi!
Termina il mio penar. Da te dipende,
dal tuo labbro adorato
il viver mio, e il mio morir. Mi credi
con tanto amor di possederti indegno?
ELENA
Ah vincesti! Son tua. Prendine il pegno.
(in atto che Elena porge la mano a Paride si sente un tuono)
ELENA
Or qual tuono improvviso!
PARIDE
Onde s'oscura
a un tratto il giorno!
ELENA
Osserva...
Pallade in quella nube.
PARIDE
E ben, ti vegga
quella superba, e n'abbia
nuovo rossor.
ELENA
Minaccia!
Torva ci guarda!
PARIDE
Il nostro amor l'offende
forse, e invidia la muove.
ELENA
E che pretende?
Pallade in nuvola; i suoi Seguaci che ingombrano la scena, e detti.
(Elena e Paride si ritirano sbigottiti uno da un lato, uno dall'altro della scena)
PALLADE
T'inganni: il tuo destino
folle garzon, giudice iniquo è degno
di pietà non d'invidia. Il premio ingiusto,
onde vai tanto altero è la sorgente
della mia pena, e della mia vendetta.
Il gran giorno t'aspetta
de' sdegni miei. Non sono
vani gli auguri, io li pronunzio. A questo
giorno fatal l'offese mie riserbo:
evitarlo non puoi; trema, o superbo.
PALLADE
Va' coll'amata in seno;
torna al paterno regno:
dietro al fatal tuo legno
il mio furor verrà.
Godi del caro acquisto:
spiegane altero il vanto;
presto cambiato in pianto
il tuo piacer farà.
CORO
Presto cambiato in pianto
il tuo piacer sarà.
PALLADE
Oh, da quante eccelse vele
adombrar veggo Anfitrite!
Sotto mille prore unite
l'onda infranta fremerà.
Che a spezzar coll'infedele
le funeste tue catene,
tutto d'Argo, e Sparta, e Atene
il poter congiurerà.
CORO
Presto cambiato in pianto
il tuo piacer sarà.
PALLADE
La città d'Asia reina
vasto incendio avvampa, e involve:
fra faville, e fumo, e polve
greca fiamma striderà.
Sulla vasta sua ruina
fra la turba ignuda, estinta;
serva madre a' figli avvinta
scarmigliata piangerà.
CORO
Presto cambiato in pianto
il tuo piacer sarà.
(parte la nuvolosa con Pallade, e seco tutti i suoi seguaci)
Paride, e Elena; indi Amore.
ELENA
(Che udii!)
PARIDE
(Che presagì!)
ELENA
(Dunque sia vero
l'oracolo crudel che mi dichiara
di discordie, e di sangue
la misera cagion!)
PARIDE
(Dunque son io,
come Cassandra al genitor predisse,
la face, onde fra poco
l'Asia arderà!)
ELENA
(Ma che risolvo adesso!)
PARIDE
(Che delibero intanto!)
ELENA
(Abbandonarlo!...
Ah, non ho cor!)
PARIDE
(Lasciarla!...
Non sarà mai.)
ELENA
(L'amo.)
PARIDE
(L'adoro.)
ELENA E PARIDE
(E seco,
a qualunque cimento
voglia espormi il destin, non mi sgomento.)
AMORE
Le vostre gioie avventurosi amanti,
lo so, Pallade venne
a disturbar. Soffrite
che con vani clamori
sfoghi gli sdegni suoi. S'ella è nemica,
io vi difendo: io che per mille prove
do leggi a' numi, e non la cedo a Giove.
Venite, io v'accompagno. Ho già disposto
quanto è d'uopo al cammino. È cheto il mare,
placido il vento, ed a goder vi chiamo.
(Amore prende le mani ad ambedue, e le unisce insieme)
PARIDE
Mia vita...
ELENA
Mio tesoro...
PARIDE
Andiamo.
ELENA
Andiamo.
PARIDE
Sempre a te sarò fedele.
ELENA
Tua sarò per sempre anch'io.
ELENA E PARIDE
Te lo giuro idolo mio,
dolce affanno del mio cor.
Sorte placida, o crudele...
PARIDE
Non sarà che un altro oggetto...
ELENA
Non sarà che un altro affetto...
ELENA E PARIDE
Mai dia legge a questo cor.
ELENA, PARIDE E AMORE
Quella face che nell'anima
AMORE
Vi destò sì vivo ardor...
PARIDE E ELENA
Ci destò sì vivo ardor...
AMORE
Chiara ognor farà risplendere...
ELENA E PARIDE
Chiara ognor faccia risplendere...
ELENA, PARIDE E AMORE
Fra' contenti amico Amor.
Seno di mare contiguo al recinto del real palazzo di Sparta. Sul mare navi troiane illuminate; alla riva diversi battelli. Notte.
Al suono di allegra sinfonia entrano ballando Marinai troiani, e Domestici di Paride, e d'Elena, e dopo breve introduzione Elena, Paride, e Amore; quali appena entrati s'intona il seguente coro:
(vanno Elena, e Paride ad allogarsi davanti in un luogo distinto, mentre tutto si dispone per l'imbarco)
CORO
Vieni al mar, tranquilla è l'onda
fortunato predator:
muove i legni aura seconda,
e nocchier vien teco Amor.
PARTE DEL CORO
Altri mai da ignota sponda
non recò tanto tesor.
Rose, e mirti al crin circonda;
lascia ad altri il vano allor.
CORO
Vieni al mar, tranquilla è l'onda
fortunato predator.
AMORE
Presto fugge
la beltà:
la distrugge
breve età;
seco vola
ogni contento.
Di negletta
gioventù
che s'affretta,
né vien più;
non consola
il pentimento.
(avvisati d'esser tutto pronto s'alzano)
PARIDE
Sempre a te sarò fedele...
ELENA
Sarò a te fedele anch'io...
PARIDE
Mia speranza...
ELENA
Idolo mio...
ELENA E PARIDE
Dolce affanno del mio cor.
(s'incamminano ad imbarcarsi con Amore)
TUTTI
Vieni al mar, tranquilla è l'onda
fortunato predator:
muove i legni aura seconda
e nocchier vien teco Amor.
Ripigliandosi il ballo, finisce correndo tutti ad imbarcarsi, il che termina lo spettacolo.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 06/01/2017
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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