I PAGLIACCI
Dramma in un prologo e due atti.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto e musica di Ruggero LEONCAVALLO.
Prima esecuzione: 21 maggio 1892, Milano.
Personaggi:
NEDDA attrice da fiera, moglie di Canio (nella commedia Colombina) |
soprano |
CANIO capo della compagnia (nella commedia Pagliaccio) |
tenore |
TONIO lo scemo (nella commedia Taddeo), commediante |
baritono |
PEPPE (nella commedia Arlecchino), commediante |
tenore |
SILVIO campagnuolo |
baritono |
Contadini e Contadine.
La scena si passa in Calabria presso Montalto, il giorno della festa di mezz'agosto.
Epoca presente, fra il 1865 e il 1870.
Introduzione orchestrale
Tonio, in costume da Taddeo come nella commedia, passando a traverso al telone.
Rientra e la tela si leva.
La scena rappresenta un bivio di strada in campagna, all'entrata di un villaggio. A sinistra una strada che si perde tra le quinte, fa gomito nel centro della scena e continua in un viale circondato da alberi che va verso la destra in prospettiva. In fondo al viale si scorgeranno, fra gli alberi, due o tre casette.
Al punto ove la strada fa gomito, nel terreno scosceso, un grosso albero; dietro di esso una scorciatoia, sentiero praticabile che parte dal viale verso le piante delle quinte a sinistra.
Quasi dinanzi all'albero, sulla via, è piantata una rozza pertica, in cima alla quale sventola una bandiera, come si usa per le feste popolari; e più in giù, in fondo al viale, si vedono due o tre file di lampioncini di carta colorata sospesi attraverso la via da un albero all'altro.
La destra del teatro è quasi tutta occupata obliquamente da un teatro di fiera. Il siparo è calato. E su di uno dei lati della prospettiva è appiccicato un gran cartello sul quale è scritto rozzamente imitando la stampa: «Quest'ogi gran rappresettazione». Poi a lettere cubitali: PAGLIACCIO, indi delle linee illeggibili. Il sipario è rozzamente attaccato a due alberi, che si trovano disposti obliquamente sul davanti.
L'ingresso alle scene è, dal lato destro in faccia alla spettatore, nascosto da una rozza tela. Indi un muretto che, partendo di dietro al teatro, si perde dietro la prima quinta a destra ed indica che il sentiero scoscende ancora, poiché si vedono al disopra di esso, le cime degli alberi di una fitta boscaglia.
All'alzarsi della tela si sentono squilli di tromba stonata alternantisi con dei colpi di cassa, ed insieme risate, grida allegre, fischi di monelli e vociare che vanno appressandosi.
Attirati dal suono e dal frastuono i Contadini di ambo i sessi, in abito da festa, accorrono a frotte dal viale, mentre Tonio lo scemo, va a guardare verso la strada a sinistra, poi, annoiato dalla folla che arriva, si sdraia, dinanzi al teatro.
Son tre ore dopo mezzogiorno; il sole di agosto splende cocente.
Coro d'introduzione
CORO
di Contadini e Contadine
(arrivando a poco a poco)
Son qua!
Ritornano...
Pagliaccio è là!
Tutti lo seguono,
grandi e ragazzi,
e ognuno applaude
ai motti, ai lazzi.
In aria gittano
i lor cappelli
fra strida e sibili
tutti i monelli.
Ed egli serio
saluta e passa
e torna a battere
sulla gran cassa.
RAGAZZI
(di dentro)
Ehi, sferza l'asino,
bravo arlecchino!
CANIO
(di dentro)
Itene al diavolo!
PEPPE
(di dentro)
To'! birichino!
Un gruppo di Monelli entra, correndo, in iscena dalla sinistra.
LA FOLLA
Ecco il carretto...
Indietro... Arrivano...
Che diavolerio!
Dio benedetto!
Arriva una pittoresca carretta dipinta a vari colori e tirata da un asino che Peppe, in abito da Arlecchino, guida a mano camminando, mentre co' lo scudiscio allontana i Ragazzi.
Sulla carretta sul davanti è sdraiata Nedda in un costume tra la zingara e l'acrobata. Dietro ad essa è piazzata la gran cassa.
Sul di dietro della carretta è Canio in piedi, in costume di Pagliaccio, tenendo nella destra una tromba e nella sinistra la mazza della gran cassa.
(i contadini e le contadine attorniano festosamente la carretta)
LA FOLLA
Evviva! il principe
se' dei pagliacci!
I guai discacci
tu col lieto umore!
Ognun applaude a' motti, ai lazzi...
ed ei, ei serio saluta e passa...
Evviva!
CANIO
Grazie!
LA FOLLA
Bravo!
CANIO
Vorrei...
LA FOLLA
E lo spettacolo?
CANIO
(picchiando forte e ripetutamente sulla cassa per dominar le voci)
Signori miei!
LA FOLLA
(scostandosi e turandosi le orecchie)
Uh! ci assorda! Finiscila!
CANIO
(affettando cortesia e togliendosi il berretto con un gesto comico)
Mi accordan di parlar?
LA FOLLA
(ridendo)
Con lui si dée cedere,
tacere ed ascoltar!
CANIO
Un grande spettacolo
a ventitré ore
prepara il vostr'umile
e buon servitore!
(riverenza)
Vedrete le smanie
del bravo Pagliaccio;
e com'ei si vendica
e tende un bel laccio...
Vedrete di Tonio
tremar la carcassa,
e quale matassa
d'intrighi ordirà.
Venite, onorateci
signori e signore.
A ventitré ore!
A ventitré ore!
Tonio si avanza per aiutar Nedda a discendere dal carretto, ma Canio, che è già saltato giù, gli dà un ceffone dicendo:
Via di lì!
Poi prende fra le braccia Nedda e la depone a terra.
CONTADINE
(ridendo, a Tonio)
Prendi questo, bel galante!
RAGAZZI
(fischiando)
Con salute!
Tonio mostra il pugno ai Monelli che scappano, poi si allontana brontolando e scompare sotto la tenda a destra del teatro.
TONIO
(intanto Peppe conduce l'asino col carretto dietro al teatro.)
UN CONTADINO
(a Canio)
Di', con noi vuoi tu bevere
un buon bicchiere sulla crocevia?
CANIO
Con piacere.
PEPPE
(ricompare di dietro al teatro; getta la frusta, che ha ancora in mano, dinanzi alla scena e dice)
Aspettatemi...
anch'io ci sto!
(poi entra dall'altro lato del teatro per cambiar costume)
CANIO
(gridando verso il fondo)
Di', Tonio, vieni via?
TONIO
UN ALTRO CONTADINO
(ridendo)
Bada, Pagliaccio, ei solo vuol restare
per far la corte a Nedda!
CANIO
(ghignando, ma con cipiglio)
Eh! Eh! Vi pare?
Un tal gioco, credetemi, è meglio non giocarlo
con me, miei cari; e a Tonio... e un poco a tutti or parlo!
Il teatro e la vita non son la stessa cosa.
E se lassù Pagliaccio sorprende la sua sposa
col bel galante in camera, fa un comico sermone,
poi si calma od arrendesi ai colpi di bastone!...
Ed il pubblico applaude, ridendo allegramente!
Ma se Nedda sul serio sorprendessi... altramente
finirebbe la storia, com'è ver che vi parlo!...
Un tal gioco, credetemi, è meglio non giocarlo!
NEDDA
(a parte)
Confusa io son!
CONTADINI
Sul serio
pigli dunque la cosa?
CANIO
(un po' commosso)
Io!?... Vi pare! Scusatemi!...
Adoro la mia sposa!
(va a baciar Nedda in fronte)
Scena e coro delle campane
Un suono di cornamusa si fa sentire all'interno; tutti si precipitano verso la sinistra, guardando fra le quinte.
MONELLI
(gridando)
I zampognari! I zampognari!
CONTADINI
Verso la chiesa vanno i compari.
Le campane suonano a vespero da lontano.
CONTADINI
Essi accompagnano la comitiva
che a coppie al vespero se n' va giuliva.
CONTADINE
Ah! Andiam.
La campana
ci appella al signore!
CANIO
Ma poi... ricordatevi!
A ventitré ore!
I Zampognari arrivano dalla sinistra in abito da festa con nastri dai colori vivaci e fiori ai cappelli acuminati.
Li seguono una frotta di Contadini e Contadine anch'essi parati a festa.
Il Coro, che è sulla scena, scambia con questi saluti e sorrisi, poi tutti si dispongono a coppie ed a gruppi, si uniscono alla comitiva e si allontanano, cantando, pe 'l viale del fondo, dietro al teatro.
CORO
Din don, suona vespero,
ragazze e garzon,
a coppie affrettiamoci
al tempio ~ din don...
Il sol diggià i culmini,
din don, vuol baciar.
Le mamme ci adocchiano,
attenti, compar!
Din don, tutto irradiasi
di luce e d'amor!
Ma i vecchi sorvegliano
gli arditi amador!
Din don, suona vespero,
ragazze e garzon,
le squille ci appellano
al tempio ~ din don...
Durante il coro, Canio entra dietro al teatro e va a lasciar la sua giubba da Pagliaccio, poi ritorna, e dopo aver fatto, sorridendo, un cenno d'addio a Nedda, parte con Peppe e cinque o sei Contadini per la sinistra.
Nedda resta sola.
(pensierosa)
Qual fiamma avea nel guardo!
Gli occhi abbassai per tema ch'ei leggesse
il mio pensier segreto!
Oh! s'ei mi sorprendesse...
brutale come egli è! Ma basti, orvia.
Son questi sogni paurosi e fole!
O che bel sole
di mezz'agosto! Io son piena di vita,
e, tutta illanguidita
per arcano desìo, non so che bramo!
(guardando in cielo)
Oh! che volo d'augelli, e quante strida!
Che chiedon? dove van? Chissà! La mamma
mia, che la buona ventura annunciava,
comprendeva il lor canto e a me bambina
così cantava:
«Hui! Stridono lassù, liberamente
lanciati a vol come frecce, gli augel.
Disfidano le nubi e 'l sol cocente,
e vanno, e vanno per le vie del ciel.
Lasciateli vagar per l'atmosfera,
questi assetati d'azzurro e di splendor:
seguono anch'essi un sogno, una chimera,
e vanno, e vanno fra le nubi d'or!
Che incalzi il vento e latri la tempesta,
con l'ali aperte san tutto sfidar;
la pioggia i lampi, nulla mai li arresta,
e vanno, e vanno sugli abissi e i mar.
Vanno laggiù verso un paese strano
che sognan forse e che cercano in van.
Ma i boemi del ciel, seguon l'arcano poter
che li sospinge... e vanno... e van!»
(Tonio durante la canzone sarà uscito di dietro al teatro e sarà ito ad appoggiarsi all'albero, ascoltando beato.
Nedda, finito il canto, fa per rientrare e lo scorge)
(bruscamente contrariata)
Sei là? credea che te ne fossi andato!
TONIO
NEDDA
(ridendo con scherno)
Ah! ah! Quanta poesia!...
TONIO
NEDDA
Va', va' all'osteria!
TONIO
NEDDA
(interrompendolo e beffeggiandolo)
...che m'ami?
Hai tempo a ridirmelo
stasera, se brami!
Facendo le smorfie
colà, sulla scena!
Intanto risparmiati
per ora la pena.
TONIO
NEDDA
(seria ed insolente)
Eh! dite, mastro Tonio!
La schiena oggi vi prude,
o una tirata
d'orecchi
è necessaria
al vostro ardor?!
TONIO
NEDDA
Tu minacci? Vuoi
che vada a chiamar Canio?
TONIO
NEDDA
(retrocedendo)
Bada!
TONIO
NEDDA
(sale retrocedendo verso il teatrino, vede la frusta lasciata da Peppe, l'afferra e dà un colpo in faccia a Tonio, dicendo)
Miserabile!
TONIO
NEDDA
(immobile guardandolo allontanarsi)
Aspide! Va'! Ti sei svelato ormai...
Tonio lo scemo! Hai l'animo
siccome il corpo tuo difforme... lurido!...
Silvio, Nedda, e poi Tonio.
SILVIO
NEDDA
(affrettandosi verso di lui)
Silvio! a quest'ora... che imprudenza!
SILVIO
NEDDA
E ancora un poco in Tonio t'imbattevi!
SILVIO
NEDDA
Il gobbo è da temersi!
M'ama... Ora qui me 'l disse... e nel bestiale
delirio suo, baci chiedendo, ardia
correr su me!
SILVIO
NEDDA
Ma con la frusta
del cane immondo la foga calmai!
SILVIO
NEDDA
(commossa)
Silvio!
SILVIO
NEDDA
Non mi tentar! Vuoi tu perder la vita mia?
Taci Silvio, non più... È delirio, è follia!
Io mi confido a te, a te cui diedi il cor!
Non abusar di me, del mio febbrile amor!
Non mi tentar! E poi... Chissà!... meglio è partir.
Sta il destin contro noi, è vano il nostro dir!
Eppure dal mio cor strapparti non poss'io,
vivrò sol de l'amor ch'hai destato al cor mio!
Tonio appare dal fondo a sinistra.
SILVIO
TONIO
NEDDA
Sì, t'amo! t'amo!
SILVIO
NEDDA
(vinta e smarrita)
Nulla scordai... sconvolta e turbata
m'ha questo amor che ne 'l guardo ti sfavilla!
Viver voglio a te avvinta, affascinata,
una vita d'amor calma e tranquilla!
A te mi dono; su me solo impera.
Ed io ti prendo e m'abbandono intera!
SILVIO
NEDDA
Sì... Baciami!
SILVIO
NEDDA
Negli occhi guardami!
SILVIO
Mentre Silvio e Nedda s'avviano parlando verso il muricciuolo, arrivano, camminando furtivamente dalla scorciatoia, Canio e Tonio.
TONIO
Canio s'avanza cautamente sempre ritenuto da Tonio, non potendo vedere, dal punto ove si trova, Silvio che scavalca il muricciuolo.
SILVIO
Silvio scompare e Canio si appressa all'angolo del teatro.
NEDDA
(a Silvio che sarà scomparso di sotto)
A stanotte e per sempre tua sarò.
CANIO
(che dal punto ove si trova ode queste parole, dà un urlo)
Oh!
NEDDA
(si volge spaventata e grida verso il muro)
Fuggi!
D'un balzo Canio arriva anch'esso al muro; Nedda gli si para dinante, ma dopo breve lotta egli la spinge da un canto, scavalca il muro e scompare.
Tonio resta a sinistra guardando Nedda, che come inchiodata presso il muro cerca sentire se si ode rumore di lotta mormorando.
NEDDA
Aitalo,
signor!
CANIO
(di dentro)
Vile! t'ascondi!
TONIO
NEDDA
(al riso di Tonio si è voltata e dice con disprezzo fissandolo)
Bravo!
Bravo il mio Tonio!
TONIO
NEDDA
È quello che pensavo!
TONIO
NEDDA
Mi fai schifo e ribrezzo!
TONIO
Canio, intanto scavalca di nuovo il muro e ritorna in scena pallido, asciugando il sudore con un fazzoletto di colore oscuro.
CANIO
(con rabbia concentrata)
Derisione e scherno!
Nulla! Ei ben lo conosce quel sentier.
Fa lo stesso; poiché del drudo il nome
or mi dirai.
NEDDA
(volgendosi turbata)
Chi?
CANIO
(furente)
Tu, pe 'l padre eterno!...
(cavando dalla cinta lo stiletto)
E se in questo momento qui scannata
non t'ho già gli è perché pria di lordarla
nel tuo fetido sangue, o svergognata,
codesta lama, io vo' il suo nome!... Parla!
NEDDA
Vano è l'insulto. È muto il labbro mio.
CANIO
(urlando)
Il nome, il nome, non tardare, o donna!
NEDDA
No! No, no 'l dirò giammai!
CANIO
(slanciandosi furente col pugnale alzato)
Per la madonna!
Peppe, che sarà entrato dalla sinistra, sulla risposta di Nedda corre a Canio e gli strappa il pugnale che getta via tra gli alberi.
PEPPE
Padron! che fate! Per l'amor di dio!
La gente esce di chiesa e a lo spettacolo
qui muove!... Andiamo... via, calmatevi!...
CANIO
(dibattendosi)
Lasciami Peppe! Il nome! Il nome!
PEPPE
Tonio,
vieni a tenerlo! Andiamo, arriva il pubblico!
(Tonio prende Canio per la mano mentre Peppe si volge a Nedda)
Vi spiegherete! E voi di lì tiratevi.
Andatevi a vestir... Sapete... Canio
è violento, ma buono!
(spinge Nedda sotto la tenda e scompare con essa)
CANIO
(stringendo il capo fra le mani)
Infamia! Infamia!
TONIO
(Canio ha un gesto disperato, ma Tonio spingendolo col gomito prosegue piano)
PEPPE
(uscendo dalle scene)
Andiamo, via, vestitevi
padrone. E tu batti la cassa, Tonio!
(Tonio va di dietro al teatro e Peppe anch'esso ritorna all'interno, mentre Canio accasciato si avvia lentamente verso la cortina)
CANIO
Recitar! Mentre preso dal delirio
non so più quel che dico e quel che faccio!
Eppur è d'uopo... sforzati!
Bah! sei tu forse un uom? Tu se' Pagliaccio!
Vesti la giubba e la faccia infarina.
La gente paga e rider vuole qua.
E se Arlecchin t'invola Colombina,
ridi, Pagliaccio... e ognun applaudirà!
Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto;
in una smorfia il singhiozzo e 'l dolor...
Ridi, Pagliaccio, sul tuo amore infranto!
Ridi del duol che t'avvelena il cor!
Entra commosso sotto la tenda, mentre la tela cade lentamente.
Intermezzo sinfonico
La stessa scena dell'atto primo.
Tonio compare dall'altro lato del teatro colla gran cassa; era a piazzarsi sull'angolo sinistro del proscenio del teatrino.
Intanto la Gente arriva da tutte le parti per lo spettacolo e Peppe viene a mettere nei banchi per le Donne.
CONTADINI E CONTADINE
(arrivando)
Presto affrettiamoci,
svelto, compare!
CONTADINE
Ché lo spettacolo
dée cominciare.
Cerchiam di metterci
ben sul davanti.
(Silvio arriva dal fondo e va a pigliar posto sul davanti a sinistra salutando gli amici)
TONIO
CONTADINI
Ve', come corrono
le bricconcelle!
Accomodatevi
comari belle!
CONTADINE
Oh dio che correre
per giunger tosto.
TONIO
LA FOLLA
Via su spicciatevi,
incominciate.
Perché tardate mai?
perché tardate?
Siam tutti là!
CONTADINE
(cercando sedersi, spingendosi)
Ma non pigiatevi,
fa caldo tanto!
Su, Peppe, aiutaci!
V'è posto accanto.
Nedda esce vestita da Colombina col piatto per incassare posti.
Peppe cerca di mettere a posto le Donne.
Tonio rientra nel teatro portando via la gran cassa.
Insieme
CONTADINI, SILVIO E NEDDA
Contadini
Ve'! s'accapigliano! chiamano aiuto!
Sedete, via, senza gridar!
Silvio
Nedda!
Nedda
Sii cauto!
Non t'ha veduto!
Silvio
Verrò ad attenderti.
Non obliar!
LA FOLLA E PEPPE
La folla
Suvvia, spicciatevi!
Incominciate!
Perché tardate?
Perché indugiate?
Peppe
Che furia! Diavolo!
Prima pagate,
Nedda incassate!
La folla
Di qua! Di qua!
Nedda dopo aver lasciato Silvio riceve ancora il prezzo della sedie da Altri, e poi rientra anch'essa nel teatro con Peppe.
LA FOLLA
(volendo pagare nello stesso tempo)
Incominciate!
Perché tardate?
Facciam strepito,
facciam rumore!
Ventitré ore suonaron già!
Allo spettacolo
ognun anela!
(si ode una lunga e forte scampanellata)
Ah! S'alza la tela!
Silenzio! Olà!
Le Donne sono parte sedute sui banchi, situati obliquamente, volgendo la faccia alla scena del teatrino; parte in piedi formano gruppo cogli Uomini sul rialzo di terra ov'è il grosso albero.
Altri Uomini in piedi lungo le prime quinte a sinistra.
Silvio è innanzi ad essi.
Commedia.
La tela del teatrino si alza.
La scena, mal dipinta, rappresenta una stanzetta con due porte laterali ed una finestra praticabile in fondo.
Un tavolo e due sedie rozze di paglia sono sulla destra del teatrino.
Nedda in costume da Colombina passeggia ansiosa.
NEDDA
COLOMBINA
Pagliaccio mio marito
a tarda notte sol ritornerà...
E quello scimunito
di Taddeo perché mai non è ancor qua?
(si ode un pizzicar di chitarra all'interno;
Colombina corre alla finestra e dà segni d'amorosa impazienza)
PEPPE
(di dentro)
O Colombina, il tenero
fido Arlecchin
è a te vicin!
Ver te chiamando,
e sospirando aspetta il poverin...
La tua faccetta mostrami,
ch'io vo' baciar
senza tardar
la tua boccuccia.
Amor mi cruccia e mi sta a tormentar!
Ah! e mi sta a tormentar!
O Colombina, schiudimi
il finestrin,
che a te vicin
ver te chiamando,
e sospirando è il povero Arlecchin!
NEDDA
COLOMBINA
(ritornando ansiosa sul davanti)
Di fare il segno convenuto appressa
l'istante, ed Arlecchino aspetta!
(siede ansiosa volgendo le spalle alla porta di destra.
Questa si apre e Tonio entra sotto le spoglie del servo Taddeo, con un paniere infilato al braccio sinistro.
Egli si arresta a contemplare Nedda con aria esageratamente tragica)
TONIO
LA FOLLA
(ridendo)
Ah! ah! ah!
TONIO
(il pubblico ride)
NEDDA
COLOMBINA
(volgendosi)
Sei tu, bestia?
TONIO
NEDDA
COLOMBINA
E Pagliaccio è partito?
TONIO
NEDDA
COLOMBINA
Che fai così impalato?
Il pollo hai tu comprato?
TONIO
(precipitandosi in ginocchio, offrendo colle due mani il paniere a Colombina che si appressa)
TONIO
(Colombina va alla finestra la schiude e fa un segno; poi va verso Taddeo)
NEDDA
COLOMBINA
(strappandogli il paniere)
Quanto spendesti dal trattore?
TONIO
NEDDA
COLOMBINA
(presso alla tavola)
Non seccarmi Taddeo!
(Arlecchino scavalca la finestra, depone a terra una bottiglia che ha sotto il braccio,
e poi va verso Taddeo mentre questi finge non vederlo)
TONIO
(lo piglia per l'orecchio dandogli un calcio e lo obbliga a levarsi)
PEPPE
ARLECCHINO
Va a pigliar fresco!
(il pubblico ride)
TONIO
(Taddeo esce. Il pubblico ride ed applaude)
NEDDA
COLOMBINA
Arlecchin!
PEPPE
ARLECCHINO
(con affetto esagerato)
Colombina! Alfin s'arrenda
ai nostri prieghi amor!
NEDDA
COLOMBINA
Facciam merenda.
(Colombina prende dal tiretto due posate e due coltelli.
Arlecchino va a prender la bottiglia, poi entrambi siedono a tavola uno in faccia all'altro)
NEDDA
COLOMBINA
Guarda, amor mio, che splendida
cenetta preparai!
PEPPE
ARLECCHINO
Guarda, amor mio, che nettare
divino t'apportai!
NEDDA E PEPPE
COLOMBINA e ARLECCHINO
L'amore ama gli effluvii
del vin, de la cucina!
PEPPE
ARLECCHINO
Mia ghiotta Colombina!
NEDDA
COLOMBINA
Amabile beon!
PEPPE
ARLECCHINO
(prendendo un'ampolletta che ha nella tunica)
Prendi questo narcotico;
dallo a Pagliaccio pria che s'addormenti,
e poi fuggiamo insiem!
NEDDA
COLOMBINA
Sì, porgi!
TONIO
(entra precipitoso a sinistra e chiude la porta. Il pubblico ride)
NEDDA
COLOMBINA (ad Arlecchino)
Via!
PEPPE
ARLECCHINO
(scavalcando la finestra)
Versa il filtro ne la tazza sua!
(Scompare)
(Canio in costume da Pagliaccio, compare sulla porta a destra)
NEDDA
COLOMBINA
(alla finestra)
A stanotte... E per sempre io sarò tua!
CANIO
(porta la mano al cuore e mormora a parte)
Nome di dio!... quelle stesse parole!
(avanzandosi per dir la sua parte)
Coraggio!
(forte)
Un uomo era con te!
NEDDA
Che fole!
Sei briaco?
CANIO
(fissandola)
Briaco! sì... da un'ora!
NEDDA
(riprendendo la commedia)
Tornasti presto.
CANIO
(con intenzione)
Ma in tempo! T'accora,
dolce sposina!
(riprende la commedia)
Ah! sola io ti credea
(mostrando la tavola)
e due posti son là!
NEDDA
Con me sedea
Taddeo, che là si chiuse per paura!
(verso la porta a sinistra)
Orsù... parla!
TONIO
LA FOLLA
(ridendo)
Ah! ah! ah! ah!
CANIO
(rabbioso al pubblico)
Per la morte!
(poi a Nedda sordamente)
Smettiamo! Ho dritto anch'io
d'agir come ogn'altr'uomo. Il nome suo...
NEDDA
(fredda e sorridente)
Di chi?
CANIO
Vo' il nome de l'amante tuo,
del drudo infame a cui ti desti in braccio,
o turpe donna!
NEDDA
(sempre recitando la commedia)
Pagliaccio! Pagliaccio!
CANIO
No! Pagliaccio non son! Se il viso è pallido,
è di vergogna, e smania di vendetta!
L'uom riprende i suoi dritti, e 'l cor che sanguina
vuol sangue a lavar l'onta, o maledetta!
No, Pagliaccio non son! Son quei che stolido
ti raccolse orfanella in su la via
quasi morta di fame, e un nome offriati,
ed un amor ch'era febbre e follia!
(cade come affranto sulla seggiola)
CONTADINE
Comare, mi fa piangere!
Par vera questa scena!
CONTADINI
Zitte laggiù! Che diamine!
SILVIO
CANIO
(riprendendosi ed animandosi a poco a poco)
Sperai, tanto il delirio
acciecato m'aveva,
se non amor, pietà... mercé!
Ed ogni sacrifizio
al cor lieto, imponeva,
e fidente credeva
più che in dio stesso, in te!
Ma il vizio alberga sol ne l'alma tua negletta;
tu viscere non hai... sol legge è 'l senso a te!
Va', non merti il mio duol, o meretrice abbietta,
vo' ne lo sprezzo mio schiacciarti sotto i piè!
LA FOLLA
(entusiasta)
Bravo!
NEDDA
(fredda, ma seria)
Ebben! Se mi giudichi
di te indegna, mi scaccia in questo istante.
CANIO
(sogghignando)
Ah! ah! Di meglio chiedere
non déi che correr tosto al caro amante.
Sei furba! No! per dio! Tu resterai...
e il nome del tuo ganzo mi dirai!
NEDDA
(cercando riprendere la commedia sorridendo forzatamente)
Suvvia, così terribile davver non ti credeo!
Qui nulla v'ha di tragico.
(verso la porta a sinistra)
Vieni a dirgli o Taddeo,
che l'uom seduto or dianzi, a me vicino
era... il pauroso ed innocuo Arlecchino!
(risa tosta represse dall'attitudine di Canio)
CANIO
(terribile)
Ah! tu mi sfidi! E ancor non l'hai capita
ch'io non ti cedo!... Il nome, o la tua vita!
Insieme
NEDDA
(prorompendo)
No, per mia madre! Indegna esser poss'io...
quello che vuoi, ma vil non son, per dio!
Di quel tuo sdegno è l'amor mio più forte!
Non parlerò! No! A costo de la morte!
CONTADINI E CONTADINE
Fanno davvero? Sembrami seria la cosa, e scura!
SILVIO
(Peppe vuol uscire dalla porta a sinistra, ma Tonio lo ritiene)
PEPPE
Bisogna uscire, Tonio.
TONIO
PEPPE
Ho paura!...
CANIO
(urlando dà di piglio a un coltello sul tavolo)
Il nome! il nome!
NEDDA
(sfidandolo)
No!
SILVIO
(Peppe cerca svincolarsi da Tonio)
Le Donne che indietreggiano spaventate, rovesciano i banchi ed impediscono agli Uomini di avanzare, ciò che obbliga Silvio a lottare per arrivare alla scena.
Intanto Canio al parossismo della collera, ha afferrata Nedda in un attimo e la colpisce per di dietro mentre essa cerca di correre verso il pubblico.
CANIO
(a Nedda)
Di morte negli spasimi
lo dirai!
LA FOLLA E PEPPE
Ferma!
CANIO
(a Nedda)
A te!
NEDDA
(cadendo agonizzando)
Soccorso! Silvio!
SILVIO
Alla voce di Silvio, Canio si volge come una belva, balza presso di lui e in un attimo lo ferisce, dicendo:
CANIO
Ah!... sei tu? Ben venga!
Silvio cade come fulminato.
LA FOLLA
(urlando)
Aita!
Arresta! Gesummaria!
Mentre parecchi si precipitano verso Canio per disarmarlo ed arrestarlo, egli, immobile, istupidito lascia cadere il coltello dicendo:
La commedia è finita!
La tela cade.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
(W)