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I pagliacci

I PAGLIACCI

Dramma in un prologo e due atti.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto e musica di Ruggero LEONCAVALLO.
Prima esecuzione: 21 maggio 1892, Milano.


Personaggi:

NEDDA attrice da fiera, moglie di Canio (nella commedia Colombina)

soprano

CANIO capo della compagnia (nella commedia Pagliaccio)

tenore

TONIO lo scemo (nella commedia Taddeo), commediante

baritono

PEPPE (nella commedia Arlecchino), commediante

tenore

SILVIO campagnuolo

baritono


Contadini e Contadine.

La scena si passa in Calabria presso Montalto, il giorno della festa di mezz'agosto. Epoca presente, fra il 1865 e il 1870.

Prologo

Introduzione orchestrale

Scena unica

Tonio, in costume da Taddeo come nella commedia, passando a traverso al telone.

Si può?...

(poi salutando)

Signore! Signori!... Scusatemi

se da sol me presento. Io sono il prologo:

poiché in iscena ancor le antiche maschere

mette l'autore, in parte ei vuol riprendere

le vecchie usanze, e a voi di nuovo inviami.

Ma non per dirvi come pria: «Le lagrime

che noi versiam son false! Degli spasimi

e de' nostri martir non allarmatevi!»

No. L'autore ha cercato invece pingervi

uno squarcio di vita. Egli ha per massima

sol che l'artista è un uomo e che per gli uomini

scrivere ei deve. Ed al vero ispiravasi.

Un nido di memorie in fondo a l'anima

cantava un giorno, ed ei con vere lagrime

scrisse, e i singhiozzi il tempo gli battevano!

Dunque, vedrete amar sì come s'amano

gli esseri umani; vedrete de l'odio

i tristi frutti. Del dolor gli spasimi,

urli di rabbia, udrete, e risa ciniche!

E voi, piuttosto che le nostre povere

gabbane d'istrioni, le nostr'anime

considerate, poiché noi siam uomini

di carne e d'ossa, e che di quest'orfano

mondo al pari di voi spiriamo l'aere!

Il concetto vi dissi... Or ascoltate

com'egli è svolto.

(gridando verso la scena)

Andiam. Incominciate!

Rientra e la tela si leva.

Atto primo
Scena prima

La scena rappresenta un bivio di strada in campagna, all'entrata di un villaggio. A sinistra una strada che si perde tra le quinte, fa gomito nel centro della scena e continua in un viale circondato da alberi che va verso la destra in prospettiva. In fondo al viale si scorgeranno, fra gli alberi, due o tre casette.
Al punto ove la strada fa gomito, nel terreno scosceso, un grosso albero; dietro di esso una scorciatoia, sentiero praticabile che parte dal viale verso le piante delle quinte a sinistra.
Quasi dinanzi all'albero, sulla via, è piantata una rozza pertica, in cima alla quale sventola una bandiera, come si usa per le feste popolari; e più in giù, in fondo al viale, si vedono due o tre file di lampioncini di carta colorata sospesi attraverso la via da un albero all'altro.
La destra del teatro è quasi tutta occupata obliquamente da un teatro di fiera. Il siparo è calato. E su di uno dei lati della prospettiva è appiccicato un gran cartello sul quale è scritto rozzamente imitando la stampa: «Quest'ogi gran rappresettazione». Poi a lettere cubitali: PAGLIACCIO, indi delle linee illeggibili. Il sipario è rozzamente attaccato a due alberi, che si trovano disposti obliquamente sul davanti.
L'ingresso alle scene è, dal lato destro in faccia alla spettatore, nascosto da una rozza tela. Indi un muretto che, partendo di dietro al teatro, si perde dietro la prima quinta a destra ed indica che il sentiero scoscende ancora, poiché si vedono al disopra di esso, le cime degli alberi di una fitta boscaglia.
All'alzarsi della tela si sentono squilli di tromba stonata alternantisi con dei colpi di cassa, ed insieme risate, grida allegre, fischi di monelli e vociare che vanno appressandosi.
Attirati dal suono e dal frastuono i Contadini di ambo i sessi, in abito da festa, accorrono a frotte dal viale, mentre Tonio lo scemo, va a guardare verso la strada a sinistra, poi, annoiato dalla folla che arriva, si sdraia, dinanzi al teatro.
Son tre ore dopo mezzogiorno; il sole di agosto splende cocente.

Coro d'introduzione

CORO

di Contadini e Contadine

(arrivando a poco a poco)

Son qua!

Ritornano...

Pagliaccio è là!

Tutti lo seguono,

grandi e ragazzi,

e ognuno applaude

ai motti, ai lazzi.

In aria gittano

i lor cappelli

fra strida e sibili

tutti i monelli.

Ed egli serio

saluta e passa

e torna a battere

sulla gran cassa.

RAGAZZI

(di dentro)

Ehi, sferza l'asino,

bravo arlecchino!

CANIO

(di dentro)

Itene al diavolo!

PEPPE

(di dentro)

To'! birichino!

Un gruppo di Monelli entra, correndo, in iscena dalla sinistra.

LA FOLLA

Ecco il carretto...

Indietro... Arrivano...

Che diavolerio!

Dio benedetto!

Arriva una pittoresca carretta dipinta a vari colori e tirata da un asino che Peppe, in abito da Arlecchino, guida a mano camminando, mentre co' lo scudiscio allontana i Ragazzi.

Sulla carretta sul davanti è sdraiata Nedda in un costume tra la zingara e l'acrobata. Dietro ad essa è piazzata la gran cassa.

Sul di dietro della carretta è Canio in piedi, in costume di Pagliaccio, tenendo nella destra una tromba e nella sinistra la mazza della gran cassa.

(i contadini e le contadine attorniano festosamente la carretta)

LA FOLLA

Evviva! il principe

se' dei pagliacci!

I guai discacci

tu col lieto umore!

Ognun applaude a' motti, ai lazzi...

ed ei, ei serio saluta e passa...

Evviva!

CANIO

Grazie!

LA FOLLA

Bravo!

CANIO

Vorrei...

LA FOLLA

E lo spettacolo?

CANIO

(picchiando forte e ripetutamente sulla cassa per dominar le voci)

Signori miei!

LA FOLLA

(scostandosi e turandosi le orecchie)

Uh! ci assorda! Finiscila!

CANIO

(affettando cortesia e togliendosi il berretto con un gesto comico)

Mi accordan di parlar?

LA FOLLA

(ridendo)

Con lui si dée cedere,

tacere ed ascoltar!

CANIO

Un grande spettacolo

a ventitré ore

prepara il vostr'umile

e buon servitore!

(riverenza)

Vedrete le smanie

del bravo Pagliaccio;

e com'ei si vendica

e tende un bel laccio...

Vedrete di Tonio

tremar la carcassa,

e quale matassa

d'intrighi ordirà.

Venite, onorateci

signori e signore.

A ventitré ore!

A ventitré ore!

Tonio si avanza per aiutar Nedda a discendere dal carretto, ma Canio, che è già saltato giù, gli dà un ceffone dicendo:

Via di lì!

Poi prende fra le braccia Nedda e la depone a terra.

CONTADINE

(ridendo, a Tonio)

Prendi questo, bel galante!

RAGAZZI

(fischiando)

Con salute!

Tonio mostra il pugno ai Monelli che scappano, poi si allontana brontolando e scompare sotto la tenda a destra del teatro.

TONIO

(a parte)

La pagherai! brigante!

(intanto Peppe conduce l'asino col carretto dietro al teatro.)

UN CONTADINO

(a Canio)

Di', con noi vuoi tu bevere

un buon bicchiere sulla crocevia?

CANIO

Con piacere.

PEPPE

(ricompare di dietro al teatro; getta la frusta, che ha ancora in mano, dinanzi alla scena e dice)

Aspettatemi...

anch'io ci sto!

(poi entra dall'altro lato del teatro per cambiar costume)

CANIO

(gridando verso il fondo)

Di', Tonio, vieni via?

TONIO

(di dentro)

Io netto il somarello. Precedetemi.

UN ALTRO CONTADINO

(ridendo)

Bada, Pagliaccio, ei solo vuol restare

per far la corte a Nedda!

CANIO

(ghignando, ma con cipiglio)

Eh! Eh! Vi pare?

Un tal gioco, credetemi, è meglio non giocarlo

con me, miei cari; e a Tonio... e un poco a tutti or parlo!

Il teatro e la vita non son la stessa cosa.

E se lassù Pagliaccio sorprende la sua sposa

col bel galante in camera, fa un comico sermone,

poi si calma od arrendesi ai colpi di bastone!...

Ed il pubblico applaude, ridendo allegramente!

Ma se Nedda sul serio sorprendessi... altramente

finirebbe la storia, com'è ver che vi parlo!...

Un tal gioco, credetemi, è meglio non giocarlo!

NEDDA

(a parte)

Confusa io son!

CONTADINI

Sul serio

pigli dunque la cosa?

CANIO

(un po' commosso)

Io!?... Vi pare! Scusatemi!...

Adoro la mia sposa!

(va a baciar Nedda in fronte)

Scena e coro delle campane

Un suono di cornamusa si fa sentire all'interno; tutti si precipitano verso la sinistra, guardando fra le quinte.

MONELLI

(gridando)

I zampognari! I zampognari!

CONTADINI

Verso la chiesa vanno i compari.

Le campane suonano a vespero da lontano.

CONTADINI

Essi accompagnano la comitiva

che a coppie al vespero se n' va giuliva.

CONTADINE

Ah! Andiam.

La campana

ci appella al signore!

CANIO

Ma poi... ricordatevi!

A ventitré ore!

I Zampognari arrivano dalla sinistra in abito da festa con nastri dai colori vivaci e fiori ai cappelli acuminati.

Li seguono una frotta di Contadini e Contadine anch'essi parati a festa.

Il Coro, che è sulla scena, scambia con questi saluti e sorrisi, poi tutti si dispongono a coppie ed a gruppi, si uniscono alla comitiva e si allontanano, cantando, pe 'l viale del fondo, dietro al teatro.

CORO

Din don, suona vespero,

ragazze e garzon,

a coppie affrettiamoci

al tempio ~ din don...

Il sol diggià i culmini,

din don, vuol baciar.

Le mamme ci adocchiano,

attenti, compar!

Din don, tutto irradiasi

di luce e d'amor!

Ma i vecchi sorvegliano

gli arditi amador!

Din don, suona vespero,

ragazze e garzon,

le squille ci appellano

al tempio ~ din don...

Durante il coro, Canio entra dietro al teatro e va a lasciar la sua giubba da Pagliaccio, poi ritorna, e dopo aver fatto, sorridendo, un cenno d'addio a Nedda, parte con Peppe e cinque o sei Contadini per la sinistra.

Scena seconda

Nedda resta sola.

(pensierosa)

Qual fiamma avea nel guardo!

Gli occhi abbassai per tema ch'ei leggesse

il mio pensier segreto!

Oh! s'ei mi sorprendesse...

brutale come egli è! Ma basti, orvia.

Son questi sogni paurosi e fole!

O che bel sole

di mezz'agosto! Io son piena di vita,

e, tutta illanguidita

per arcano desìo, non so che bramo!

(guardando in cielo)

Oh! che volo d'augelli, e quante strida!

Che chiedon? dove van? Chissà! La mamma

mia, che la buona ventura annunciava,

comprendeva il lor canto e a me bambina

così cantava:

«Hui! Stridono lassù, liberamente

lanciati a vol come frecce, gli augel.

Disfidano le nubi e 'l sol cocente,

e vanno, e vanno per le vie del ciel.

Lasciateli vagar per l'atmosfera,

questi assetati d'azzurro e di splendor:

seguono anch'essi un sogno, una chimera,

e vanno, e vanno fra le nubi d'or!

Che incalzi il vento e latri la tempesta,

con l'ali aperte san tutto sfidar;

la pioggia i lampi, nulla mai li arresta,

e vanno, e vanno sugli abissi e i mar.

Vanno laggiù verso un paese strano

che sognan forse e che cercano in van.

Ma i boemi del ciel, seguon l'arcano poter

che li sospinge... e vanno... e van!»

(Tonio durante la canzone sarà uscito di dietro al teatro e sarà ito ad appoggiarsi all'albero, ascoltando beato.

Nedda, finito il canto, fa per rientrare e lo scorge)

(bruscamente contrariata)

Sei là? credea che te ne fossi andato!

TONIO

(con dolcezza)

(ridiscendendo)

È colpa del tuo canto. Affascinato

io mi beava!

NEDDA

(ridendo con scherno)

Ah! ah! Quanta poesia!...

TONIO

Non rider, Nedda!

NEDDA

Va', va' all'osteria!

TONIO

So ben che difforme, contorto son io;

che desto soltanto lo scherno o l'orror.

Eppure ha 'l pensiero un sogno, un desìo,

e un palpito il cor!

Allor che sdegnosa mi passi d'accanto,

non sai tu che pianto mi spreme il dolor!

Perché, mio malgrado, subito ho l'incanto,

m'ha vinto l'amor!

(appressandosi)

Oh! lasciami, lasciami

or dirti...

NEDDA

(interrompendolo e beffeggiandolo)

...che m'ami?

Hai tempo a ridirmelo

stasera, se brami!

Facendo le smorfie

colà, sulla scena!

Intanto risparmiati

per ora la pena.

TONIO

Non rider, Nedda!

(delirante con impeto)

No, è qui che voglio dirtelo,

e tu m'ascolterai,

che t'amo e ti desidero,

e che tu mia sarai!

NEDDA

(seria ed insolente)

Eh! dite, mastro Tonio!

La schiena oggi vi prude,

o una tirata

d'orecchi

è necessaria

al vostro ardor?!

TONIO

Ti beffi?!

Sciagurata!

Per la croce di dio!

Bada che puoi

pagarla cara!

NEDDA

Tu minacci? Vuoi

che vada a chiamar Canio?

TONIO

(muovendo verso di lei)

Non prima ch'io ti baci!

NEDDA

(retrocedendo)

Bada!

TONIO

(s'avanza ancora aprendo le braccia per ghermirla)

Oh, tosto

sarai mia!

NEDDA

(sale retrocedendo verso il teatrino, vede la frusta lasciata da Peppe, l'afferra e dà un colpo in faccia a Tonio, dicendo)

Miserabile!

TONIO

(dà un urlo e retrocede)

Per la vergin pia di mezz'agosto,

Nedda, lo giuro... me la pagherai!

(esce minacciando dalla sinistra)

NEDDA

(immobile guardandolo allontanarsi)

Aspide! Va'! Ti sei svelato ormai...

Tonio lo scemo! Hai l'animo

siccome il corpo tuo difforme... lurido!...

Scena terza

Silvio, Nedda, e poi Tonio.

SILVIO

(sporgendo la metà dei corpo arrampicandosi dal muretto a destra, e chiama a bassa voce)

Nedda!

NEDDA

(affrettandosi verso di lui)

Silvio! a quest'ora... che imprudenza!

SILVIO

(saltando allegramente e venendo verso di lui)

Ah bah! Sapea che io non rischiavo nulla.

Canio e Peppe da lunge a la taverna,

a la taverna ho scorto!... Ma prudente

per la macchia a me nota qui ne venni.

NEDDA

E ancora un poco in Tonio t'imbattevi!

SILVIO

(ridendo)

Oh! Tonio il gobbo!

NEDDA

Il gobbo è da temersi!

M'ama... Ora qui me 'l disse... e nel bestiale

delirio suo, baci chiedendo, ardia

correr su me!

SILVIO

Per dio!

NEDDA

Ma con la frusta

del cane immondo la foga calmai!

SILVIO

E fra quest'ansie in eterno vivrai?!

Decidi il mio destin,

Nedda! Nedda, rimani!

Tu il sai, la festa ha fin

e parte ognun dimani.

Nedda! Nedda!

E quando tu di qui sarai partita,

che addiverrà di me... de la mia vita?!

NEDDA

(commossa)

Silvio!

SILVIO

Nedda, rispondimi:

s'è ver che Canio non amasti mai,

s'è ver che t'è in odio

il ramingar e 'l mestier che tu fai,

se l'immenso amor tuo

una fola non è

questa notte partiam!

Fuggi, fuggi con me!

NEDDA

Non mi tentar! Vuoi tu perder la vita mia?

Taci Silvio, non più... È delirio, è follia!

Io mi confido a te, a te cui diedi il cor!

Non abusar di me, del mio febbrile amor!

Non mi tentar! E poi... Chissà!... meglio è partir.

Sta il destin contro noi, è vano il nostro dir!

Eppure dal mio cor strapparti non poss'io,

vivrò sol de l'amor ch'hai destato al cor mio!

Tonio appare dal fondo a sinistra.

SILVIO

No, più non m'ami!

TONIO

(scorgendoli)

(Ah! T'ascolta, sgualdrina!)

(fugge dal sentiero minacciando)

NEDDA

Sì, t'amo! t'amo!

SILVIO

E parti domattina?

(amorosamente, cercando ammaliarla)

E allor perché, di', tu m'hai stregato

se vuoi lasciarmi senza pietà?!

Quel bacio tuo perché me l'hai dato

fra spasmi ardenti di voluttà?!

Se tu scordasti l'ore fugaci,

io non lo posso, e voglio ancor,

que' spasmi ardenti, que' caldi baci,

che tanta febbre m'han messo in cor!

NEDDA

(vinta e smarrita)

Nulla scordai... sconvolta e turbata

m'ha questo amor che ne 'l guardo ti sfavilla!

Viver voglio a te avvinta, affascinata,

una vita d'amor calma e tranquilla!

A te mi dono; su me solo impera.

Ed io ti prendo e m'abbandono intera!

SILVIO

(stringendola fra le braccia)

Verrai?

NEDDA

Sì... Baciami!

SILVIO

Tutto scordiamo.

NEDDA

Negli occhi guardami!

SILVIO

Sì, ti guardo e ti bacio! t'amo, t'amo.

Scena quarta

Mentre Silvio e Nedda s'avviano parlando verso il muricciuolo, arrivano, camminando furtivamente dalla scorciatoia, Canio e Tonio.

TONIO

(ritenendo Canio)

Cammina adagio e li sorprenderai!

Canio s'avanza cautamente sempre ritenuto da Tonio, non potendo vedere, dal punto ove si trova, Silvio che scavalca il muricciuolo.

SILVIO

(che ha già la metà del corpo dall'altro lato ritenendosi al muro)

Ad alta notte laggiù mi terrò.

Cauta discendi e mi ritroverai.

Silvio scompare e Canio si appressa all'angolo del teatro.

NEDDA

(a Silvio che sarà scomparso di sotto)

A stanotte e per sempre tua sarò.

CANIO

(che dal punto ove si trova ode queste parole, dà un urlo)

Oh!

NEDDA

(si volge spaventata e grida verso il muro)

Fuggi!

D'un balzo Canio arriva anch'esso al muro; Nedda gli si para dinante, ma dopo breve lotta egli la spinge da un canto, scavalca il muro e scompare.

Tonio resta a sinistra guardando Nedda, che come inchiodata presso il muro cerca sentire se si ode rumore di lotta mormorando.

NEDDA

Aitalo,

signor!

CANIO

(di dentro)

Vile! t'ascondi!

TONIO

(ridendo cinicamente)

Ah! ah! ah!

NEDDA

(al riso di Tonio si è voltata e dice con disprezzo fissandolo)

Bravo!

Bravo il mio Tonio!

TONIO

Fo quel che posso!

NEDDA

È quello che pensavo!

TONIO

Ma di far assai meglio non dispero!

NEDDA

Mi fai schifo e ribrezzo!

TONIO

Oh non sai come

lieto ne sono!

Canio, intanto scavalca di nuovo il muro e ritorna in scena pallido, asciugando il sudore con un fazzoletto di colore oscuro.

CANIO

(con rabbia concentrata)

Derisione e scherno!

Nulla! Ei ben lo conosce quel sentier.

Fa lo stesso; poiché del drudo il nome

or mi dirai.

NEDDA

(volgendosi turbata)

Chi?

CANIO

(furente)

Tu, pe 'l padre eterno!...

(cavando dalla cinta lo stiletto)

E se in questo momento qui scannata

non t'ho già gli è perché pria di lordarla

nel tuo fetido sangue, o svergognata,

codesta lama, io vo' il suo nome!... Parla!

NEDDA

Vano è l'insulto. È muto il labbro mio.

CANIO

(urlando)

Il nome, il nome, non tardare, o donna!

NEDDA

No! No, no 'l dirò giammai!

CANIO

(slanciandosi furente col pugnale alzato)

Per la madonna!

Peppe, che sarà entrato dalla sinistra, sulla risposta di Nedda corre a Canio e gli strappa il pugnale che getta via tra gli alberi.

PEPPE

Padron! che fate! Per l'amor di dio!

La gente esce di chiesa e a lo spettacolo

qui muove!... Andiamo... via, calmatevi!...

CANIO

(dibattendosi)

Lasciami Peppe! Il nome! Il nome!

PEPPE

Tonio,

vieni a tenerlo! Andiamo, arriva il pubblico!

(Tonio prende Canio per la mano mentre Peppe si volge a Nedda)

Vi spiegherete! E voi di lì tiratevi.

Andatevi a vestir... Sapete... Canio

è violento, ma buono!

(spinge Nedda sotto la tenda e scompare con essa)

CANIO

(stringendo il capo fra le mani)

Infamia! Infamia!

TONIO

(piano a Canio, spingendolo sul davanti della scena)

Calmatevi padrone... È meglio fingere;

il ganzo tornerà. Di me fidatevi!

(Canio ha un gesto disperato, ma Tonio spingendolo col gomito prosegue piano)

Io la sorveglio. Ora facciam la recita.

Chissà ch'egli non venga a lo spettacolo

e si tradisca! Or via. Bisogna fingere

per riuscir!

PEPPE

(uscendo dalle scene)

Andiamo, via, vestitevi

padrone. E tu batti la cassa, Tonio!

(Tonio va di dietro al teatro e Peppe anch'esso ritorna all'interno, mentre Canio accasciato si avvia lentamente verso la cortina)

CANIO

Recitar! Mentre preso dal delirio

non so più quel che dico e quel che faccio!

Eppur è d'uopo... sforzati!

Bah! sei tu forse un uom? Tu se' Pagliaccio!

Vesti la giubba e la faccia infarina.

La gente paga e rider vuole qua.

E se Arlecchin t'invola Colombina,

ridi, Pagliaccio... e ognun applaudirà!

Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto;

in una smorfia il singhiozzo e 'l dolor...

Ridi, Pagliaccio, sul tuo amore infranto!

Ridi del duol che t'avvelena il cor!

Entra commosso sotto la tenda, mentre la tela cade lentamente.

Atto secondo

Intermezzo sinfonico

Scena prima

La stessa scena dell'atto primo.

Tonio compare dall'altro lato del teatro colla gran cassa; era a piazzarsi sull'angolo sinistro del proscenio del teatrino.

Intanto la Gente arriva da tutte le parti per lo spettacolo e Peppe viene a mettere nei banchi per le Donne.

CONTADINI E CONTADINE

(arrivando)

Presto affrettiamoci,

svelto, compare!

CONTADINE

Ché lo spettacolo

dée cominciare.

Cerchiam di metterci

ben sul davanti.

(Silvio arriva dal fondo e va a pigliar posto sul davanti a sinistra salutando gli amici)

TONIO

Si dà principio,

avanti, avanti!

CONTADINI

Ve', come corrono

le bricconcelle!

Accomodatevi

comari belle!

CONTADINE

Oh dio che correre

per giunger tosto.

TONIO

Si dà principio,

avanti, avanti!

LA FOLLA

Via su spicciatevi,

incominciate.

Perché tardate mai?

perché tardate?

Siam tutti là!

CONTADINE

(cercando sedersi, spingendosi)

Ma non pigiatevi,

fa caldo tanto!

Su, Peppe, aiutaci!

V'è posto accanto.

Nedda esce vestita da Colombina col piatto per incassare posti.

Peppe cerca di mettere a posto le Donne.

Tonio rientra nel teatro portando via la gran cassa.

Insieme

CONTADINI, SILVIO E NEDDA

Contadini

Ve'! s'accapigliano! chiamano aiuto!

Sedete, via, senza gridar!

Silvio

Nedda!

Nedda

Sii cauto!

Non t'ha veduto!

Silvio

Verrò ad attenderti.

Non obliar!

LA FOLLA E PEPPE

La folla

Suvvia, spicciatevi!

Incominciate!

Perché tardate?

Perché indugiate?

Peppe

Che furia! Diavolo!

Prima pagate,

Nedda incassate!

La folla

Di qua! Di qua!

Nedda dopo aver lasciato Silvio riceve ancora il prezzo della sedie da Altri, e poi rientra anch'essa nel teatro con Peppe.

LA FOLLA

(volendo pagare nello stesso tempo)

Incominciate!

Perché tardate?

Facciam strepito,

facciam rumore!

Ventitré ore suonaron già!

Allo spettacolo

ognun anela!

(si ode una lunga e forte scampanellata)

Ah! S'alza la tela!

Silenzio! Olà!

Le Donne sono parte sedute sui banchi, situati obliquamente, volgendo la faccia alla scena del teatrino; parte in piedi formano gruppo cogli Uomini sul rialzo di terra ov'è il grosso albero.

Altri Uomini in piedi lungo le prime quinte a sinistra.

Silvio è innanzi ad essi.

Scena seconda

Commedia.

La tela del teatrino si alza.

La scena, mal dipinta, rappresenta una stanzetta con due porte laterali ed una finestra praticabile in fondo.

Un tavolo e due sedie rozze di paglia sono sulla destra del teatrino.

Nedda in costume da Colombina passeggia ansiosa.

NEDDA

COLOMBINA

Pagliaccio mio marito

a tarda notte sol ritornerà...

E quello scimunito

di Taddeo perché mai non è ancor qua?

(si ode un pizzicar di chitarra all'interno;

Colombina corre alla finestra e dà segni d'amorosa impazienza)

PEPPE

(di dentro)

O Colombina, il tenero

fido Arlecchin

è a te vicin!

Ver te chiamando,

e sospirando aspetta il poverin...

La tua faccetta mostrami,

ch'io vo' baciar

senza tardar

la tua boccuccia.

Amor mi cruccia e mi sta a tormentar!

Ah! e mi sta a tormentar!

O Colombina, schiudimi

il finestrin,

che a te vicin

ver te chiamando,

e sospirando è il povero Arlecchin!

NEDDA

COLOMBINA

(ritornando ansiosa sul davanti)

Di fare il segno convenuto appressa

l'istante, ed Arlecchino aspetta!

(siede ansiosa volgendo le spalle alla porta di destra.

Questa si apre e Tonio entra sotto le spoglie del servo Taddeo, con un paniere infilato al braccio sinistro.

Egli si arresta a contemplare Nedda con aria esageratamente tragica)

TONIO

TADDEO

È dessa!

(poi levando bruscamente al cielo le mani ed il paniere)

Dèi, come è bella!

LA FOLLA

(ridendo)

Ah! ah! ah!

TONIO

TADDEO

Se a la rubella

io disvelassi

l'amor mio che commuove fino i sassi!

Lungi è lo sposo.

Perché non oso?

Soli noi siamo

e senza alcun sospetto! Orsù... Proviamo!

(sospirando lungo, esagerato)

Ah!

(il pubblico ride)

NEDDA

COLOMBINA

(volgendosi)

Sei tu, bestia?

TONIO

TADDEO

(immobile)

Quell'io son, sì!

NEDDA

COLOMBINA

E Pagliaccio è partito?

TONIO

TADDEO

(come sopra)

Egli partì!

NEDDA

COLOMBINA

Che fai così impalato?

Il pollo hai tu comprato?

TONIO

TADDEO

Eccolo, vergin divina!

(precipitandosi in ginocchio, offrendo colle due mani il paniere a Colombina che si appressa)

TONIO

TADDEO

Ed anzi, eccoci entrambi ai piedi tuoi!

Poiché l'ora è suonata, o Colombina,

di svelarti il mio cor! Di', udirmi vuoi?

Dal dì...

(Colombina va alla finestra la schiude e fa un segno; poi va verso Taddeo)

NEDDA

COLOMBINA

(strappandogli il paniere)

Quanto spendesti dal trattore?

TONIO

TADDEO

Una e cinquanta. Da quel dì il mio core...

NEDDA

COLOMBINA

(presso alla tavola)

Non seccarmi Taddeo!

(Arlecchino scavalca la finestra, depone a terra una bottiglia che ha sotto il braccio,

e poi va verso Taddeo mentre questi finge non vederlo)

TONIO

(a Colombina, con intenzione)

So che sei pura!

e casta al par di neve! e ben che dura

ti mostri, ad obliarti non riesco!

(lo piglia per l'orecchio dandogli un calcio e lo obbliga a levarsi)

PEPPE

ARLECCHINO

Va a pigliar fresco!

(il pubblico ride)

TONIO

TADDEO

(retrocedendo comicamente verso la porta a destra)

Numi! S'aman!

(ad Arlecchino)

M'arrendo ai detti tuoi.

Vi benedico! Là veglio su voi!

(Taddeo esce. Il pubblico ride ed applaude)

NEDDA

COLOMBINA

Arlecchin!

PEPPE

ARLECCHINO

(con affetto esagerato)

Colombina! Alfin s'arrenda

ai nostri prieghi amor!

NEDDA

COLOMBINA

Facciam merenda.

(Colombina prende dal tiretto due posate e due coltelli.

Arlecchino va a prender la bottiglia, poi entrambi siedono a tavola uno in faccia all'altro)

NEDDA

COLOMBINA

Guarda, amor mio, che splendida

cenetta preparai!

PEPPE

ARLECCHINO

Guarda, amor mio, che nettare

divino t'apportai!

NEDDA E PEPPE

COLOMBINA e ARLECCHINO

L'amore ama gli effluvii

del vin, de la cucina!

PEPPE

ARLECCHINO

Mia ghiotta Colombina!

NEDDA

COLOMBINA

Amabile beon!

PEPPE

ARLECCHINO

(prendendo un'ampolletta che ha nella tunica)

Prendi questo narcotico;

dallo a Pagliaccio pria che s'addormenti,

e poi fuggiamo insiem!

NEDDA

COLOMBINA

Sì, porgi!

TONIO

TADDEO

(spalanca la porta a destra e traversa la scena tremando esageratamente)

Attenti!

Pagliaccio... è là... tutto stravolto... ed armi

cerca!... Ei sa tutto... Io corro a barricarmi!

(entra precipitoso a sinistra e chiude la porta. Il pubblico ride)

NEDDA

COLOMBINA (ad Arlecchino)

Via!

PEPPE

ARLECCHINO

(scavalcando la finestra)

Versa il filtro ne la tazza sua!

(Scompare)

(Canio in costume da Pagliaccio, compare sulla porta a destra)

NEDDA

COLOMBINA

(alla finestra)

A stanotte... E per sempre io sarò tua!

CANIO

(porta la mano al cuore e mormora a parte)

Nome di dio!... quelle stesse parole!

(avanzandosi per dir la sua parte)

Coraggio!

(forte)

Un uomo era con te!

NEDDA

Che fole!

Sei briaco?

CANIO

(fissandola)

Briaco! sì... da un'ora!

NEDDA

(riprendendo la commedia)

Tornasti presto.

CANIO

(con intenzione)

Ma in tempo! T'accora,

dolce sposina!

(riprende la commedia)

Ah! sola io ti credea

(mostrando la tavola)

e due posti son là!

NEDDA

Con me sedea

Taddeo, che là si chiuse per paura!

(verso la porta a sinistra)

Orsù... parla!

TONIO

(di dentro, fingendo tremare ma con intenzione)

Credetela! Essa è pura!

E aborre dal mentir quel labbro pio!

LA FOLLA

(ridendo)

Ah! ah! ah! ah!

CANIO

(rabbioso al pubblico)

Per la morte!

(poi a Nedda sordamente)

Smettiamo! Ho dritto anch'io

d'agir come ogn'altr'uomo. Il nome suo...

NEDDA

(fredda e sorridente)

Di chi?

CANIO

Vo' il nome de l'amante tuo,

del drudo infame a cui ti desti in braccio,

o turpe donna!

NEDDA

(sempre recitando la commedia)

Pagliaccio! Pagliaccio!

CANIO

No! Pagliaccio non son! Se il viso è pallido,

è di vergogna, e smania di vendetta!

L'uom riprende i suoi dritti, e 'l cor che sanguina

vuol sangue a lavar l'onta, o maledetta!

No, Pagliaccio non son! Son quei che stolido

ti raccolse orfanella in su la via

quasi morta di fame, e un nome offriati,

ed un amor ch'era febbre e follia!

(cade come affranto sulla seggiola)

CONTADINE

Comare, mi fa piangere!

Par vera questa scena!

CONTADINI

Zitte laggiù! Che diamine!

SILVIO

(Io mi ritengo appena!)

CANIO

(riprendendosi ed animandosi a poco a poco)

Sperai, tanto il delirio

acciecato m'aveva,

se non amor, pietà... mercé!

Ed ogni sacrifizio

al cor lieto, imponeva,

e fidente credeva

più che in dio stesso, in te!

Ma il vizio alberga sol ne l'alma tua negletta;

tu viscere non hai... sol legge è 'l senso a te!

Va', non merti il mio duol, o meretrice abbietta,

vo' ne lo sprezzo mio schiacciarti sotto i piè!

LA FOLLA

(entusiasta)

Bravo!

NEDDA

(fredda, ma seria)

Ebben! Se mi giudichi

di te indegna, mi scaccia in questo istante.

CANIO

(sogghignando)

Ah! ah! Di meglio chiedere

non déi che correr tosto al caro amante.

Sei furba! No! per dio! Tu resterai...

e il nome del tuo ganzo mi dirai!

NEDDA

(cercando riprendere la commedia sorridendo forzatamente)

Suvvia, così terribile davver non ti credeo!

Qui nulla v'ha di tragico.

(verso la porta a sinistra)

Vieni a dirgli o Taddeo,

che l'uom seduto or dianzi, a me vicino

era... il pauroso ed innocuo Arlecchino!

(risa tosta represse dall'attitudine di Canio)

CANIO

(terribile)

Ah! tu mi sfidi! E ancor non l'hai capita

ch'io non ti cedo!... Il nome, o la tua vita!

Insieme

NEDDA

(prorompendo)

No, per mia madre! Indegna esser poss'io...

quello che vuoi, ma vil non son, per dio!

Di quel tuo sdegno è l'amor mio più forte!

Non parlerò! No! A costo de la morte!

CONTADINI E CONTADINE

Fanno davvero? Sembrami seria la cosa, e scura!

SILVIO

(Oh la strana commedia! Io non resisto più!)

(Peppe vuol uscire dalla porta a sinistra, ma Tonio lo ritiene)

PEPPE

Bisogna uscire, Tonio.

TONIO

Taci sciocco!

PEPPE

Ho paura!...

CANIO

(urlando dà di piglio a un coltello sul tavolo)

Il nome! il nome!

NEDDA

(sfidandolo)

No!

SILVIO

(snudando il pugnale)

Santo diavolo!

Fa davvero...

(Peppe cerca svincolarsi da Tonio)

Le Donne che indietreggiano spaventate, rovesciano i banchi ed impediscono agli Uomini di avanzare, ciò che obbliga Silvio a lottare per arrivare alla scena.

Intanto Canio al parossismo della collera, ha afferrata Nedda in un attimo e la colpisce per di dietro mentre essa cerca di correre verso il pubblico.

CANIO

(a Nedda)

Di morte negli spasimi

lo dirai!

LA FOLLA E PEPPE

Ferma!

CANIO

(a Nedda)

A te!

NEDDA

(cadendo agonizzando)

Soccorso! Silvio!

SILVIO

(che è quasi arrivato alla scena)

Nedda!

Alla voce di Silvio, Canio si volge come una belva, balza presso di lui e in un attimo lo ferisce, dicendo:

CANIO

Ah!... sei tu? Ben venga!

Silvio cade come fulminato.

LA FOLLA

(urlando)

Aita!

Arresta! Gesummaria!

Mentre parecchi si precipitano verso Canio per disarmarlo ed arrestarlo, egli, immobile, istupidito lascia cadere il coltello dicendo:

La commedia è finita!

La tela cade.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
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Locandina Prologo Scena unica Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Atto secondo Scena prima Scena seconda