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Orlando furioso

ORLANDO FURIOSO

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Grazio BRACCIOLI.
Musica di Antonio Lucio VIVALDI.

Prima esecuzione: 10 novembre 1727, Venezia.


Attori:

ORLANDO innamorato d'Angelica

soprano

ANGELICA amante poi sposa di Medoro

soprano

ALCINA maga innamorata di Ruggiero

soprano

BRADAMANTE sposa di Ruggiero, poi in abito da uomo sotto nome di Alderico

contralto

MEDORO amante poi sposo di Angelica

tenore

RUGGIERO sposo di Bradamante

baritono

ASTOLFO innamorato di Alcina

basso






Argomento

È nota abbastanza la favola d'Orlando sopra la quale l'Ariosto ha data un'idea di raro elevatissimo ingegno: da questa è tratto il presente drammatico divertimento, il quale se non ha il pregio della novità, ha il merito almeno d'avere in alcuni tempi incontrato l'universale compatimento, che si spera: e nuovamente s'implora. Le parole fatti, deità ecc. sono uniformi alla favola.

Atto primo
Scena prima

Cortile nel Palazzo d'Alcina.
Angelica ed Alcina.

ALCINA

Bella regina, il tuo poter sovrano

l'India non sol, ma tutto il mondo onora:

al fulgido seren de' gl'occhi tuoi

ogni rara beltà cede e s'inchina;

e tu bella, e regina

puoi sospirar? Dà bando al rio martoro

e rasserena il ciglio.

ANGELICA

(Oh dio! Medoro!)

(ad Alcina)

Alcina; poiché al quanto

disarcerba il suo duolo un'alma amante

narrando i mali suoi,

sappi, che mille strali

vibrò da queste or languide pupille

il faretrato arciero:

feraci Sacripante, Orlando, e mille

famosi in arme, e coronati in soglio

arser tutti d'amor per questi lumi.

Io con la speme sola

tutti allettai; ma per alcun d'amore

le pene io non sentii: sdegnossi al fine

il possente signor, e del mio core

prese vendetta: innanzi a gl'occhi miei

venne il leggiadro amabile Medoro;

e appena il rimirai,

ch'arsi, Alcina, d'amore, e sospirai.

ALCINA

E per questo sospiri? Il tuo Medoro,

dimmi, t'ama fedel?

ANGELICA

Quant'io l'adoro.

ALCINA

E tu sospiri? Un corrisposto amore

è la gioia del core.

ANGELICA

Ma del perduto ben maggior la pena

allora è più, quanto più il bene è caro.

Senti, meco il guidava a' regni miei,

quando mi siegue innamorato Orlando:

io che conosco il fiero cor, fuggiamo

dico al caro amator, tosto...

ALCINA

Fuggire?

Mancan lusinghe, e vezzi

per ammolir d'amante cor gli sdegni?

ANGELICA

Il tenero mio amore

non suggerirmi altra guardia sicura,

sola in braccio al timore

m'abbandonai, fuggii misera, oh dio,

ma nel fuggir perdei

il mio tesoro, il sol de' gl'occhi miei.

ALCINA

Fa cor, te 'l renderò: potrai qui meco

di lui lieta godere,

e accordar la tua gioia al mio piacere.

ANGELICA

Un raggio di speme

il cor rasserena

e l'alma consola;

ma s'alza un vapore

di nero timore,

che il dolce sereno

dal seno m'invola.

Scena seconda

Alcina, poi Orlando con visiera calcata combattente con Astolfo, ed incalzandolo.

ALCINA

Quanta pietà mi desta il suo cordoglio!

ORLANDO

Ch'io ti ceda fellon?

ASTOLFO

Sei forte invano.

ALCINA

O là guerrier l'orgoglio abbassa, e 'l brando.

ORLANDO

Sì di legger non ubbidisce Orlando.

ASTOLFO

Orlando?

(va ad abbracciarlo)

ALCINA

A tempo ei giunge.

(Si lusinghi, e si acquisti

il temuto guerrier contro l'insane

turbe di Logistilla.) Oh, rinomato

valoroso campione, oh, invitto e grande

sopra di quanti mai

corresser asta, o mai ruotasser spada

permetti al labro mio, che riverente

su la invitta tua destra

bacio d'ossequio umilmente imprima.

ORLANDO

No, gran diva, che tale

creder ti deggio, e 'l mio pensier non erra,

poiché sì rara, e tanta

beltà non vantò mai donna mortale

a me tocca efferire in bacio umile

su la bianca tua mano in voto il core.

ALCINA

(Ah! Si accendesse almeno?)

ASTOLFO

(Aita amore?)

(ad Orlando)

Scusa l'error, le ignote insegne incolpa.

ORLANDO

Per la vezzosa tua bella regina

meno oprar, tu non déi. Tal potess'io,

ma lo potrò, d'Angelica il mio bene,

anco a costo del sangue,

anco a rischio di vita

vagheggiar la beltà, servir la brama,

che il sangue spargerei,

la vita lascerei...

ALCINA

Ella a' miei regni

aggiunse un nuovo sol col suo bel volto.

Tu nuova gloria aggiungi

(te n' priego) in restar meco a' regni miei.

ORLANDO

Arbitra omai del mio voler tu sei.

ALCINA

Vibra per me possente dio d'amore

contro l'altero cor tua face, e 'l dardo.

ASTOLFO

(L'ingrata non mi dà neppure un guardo.)

ALCINA

Alza in quegl'occhi

amore l'impero;

ma il sguardo guerriero,

che spande terrore,

il cor mi spaventa.

E benché la speme

all'alma dubbiosa

or rechi conforto

risorge il timore,

che l'alma tormenta.

Scena terza

Orlando ed Astolfo.

ORLANDO

Della bella negl'occhi

vidi per te, che favellava amore.

ASTOLFO

Orlando mio, tu non conosci Alcina?

ORLANDO

Alcina?

ASTOLFO

Alcina è questa.

ORLANDO

Quella, che a suo voler volge l'inferno?

ASTOLFO

Il suo potere eterno

ora sarà, poiché acquistato ha l'urna,

che del saggio Merlino il cener chiude,

e a custodirla ha tratto l'immortale

Aronte invulnerabile.

ORLANDO

Il fatale

d'un demone concetto, e d'una maga?

ASTOLFO

Invincibil possente

di ferrea mazza, e di gran core armato.

ORLANDO

L'alto trionfo a me riserba il fato.

Costanza dal mio core, Astolfo, impara.

Ti racconsola: ai rai di poca speme

già mi par di goder ore serene.

ASTOLFO

Costanza tu m'insegni, e vuoi ch'io speri,

ma quegl'occhi superbi, e severi

non danno alle mie pene un guardo solo.

Pascendo di speranza i miei pensieri

pur tal volta sospiro, e mi consolo.

Scena quarta

Orlando, poi Bradamante.

ORLANDO

Pietoso dio d'amor, poiché a te piacque

trarmi dentro a tuoi lacci

in dolce servitù, vibra nel core

d'Angelica la bella

uno stral sì cocente

onde per me s'accenda, e m'ami al fine.

BRADAMANTE

Adorato Ruggier... Qui Orlando?

Orlando!

ORLANDO

Bradamante!

Come tu qui?

BRADAMANTE

Del mio Ruggier in traccia.

ORLANDO

Ei la destra, e la fede

di sposo non ti diè?

BRADAMANTE

Sorte rubella

per disusata via poi me 'l ritolse.

ORLANDO

Sventurata.

BRADAMANTE

La saggia incantatrice

Melissa, a me predisse,

ch'arder qui dée il mio bene

per magico poter d'Alcina al foco.

ORLANDO

Consolati cugina.

Se il possente indovino oggi non mente

lieti sarem: ma tu, come d'Alcina

osasti nella reggia entrar nei tuoi

cotanto noti arnesi, e sola?

BRADAMANTE

È meco

la possente Melissa,

e in questo anel contro gl'incanti e l'arti

de la maga infedel ho vali d'arme.

ORLANDO

Ora t'intendo; è questo

il prezioso anel, che da ogni incanto

serba illeso chi il porta.

BRADAMANTE

E lo nasconde,

se tra la labbra il chiude, agl'occhi altrui.

ORLANDO

Potrà però il guerriero usato arnese,

e l'onorata tua famosa spada

render sempre più vano il tuo periglio.

BRADAMANTE

Generoso è 'l consiglio

ma alla maga crudele

nasconderò il mio nome,

né mostrerò quest'aria mia guerriera.

Tanto men Bradamante

rassembrerò a costei, quanto men fiera.

Asconderò il mio sdegno

al nero core indegno,

sin tanto che al mio amor torni lo sposo.

Ma se mi toglie (oh dio)

l'indegna l'idol mio

il braccio proverà fiero, e sdegnoso.

Scena quinta

Orlando solo.

Insolito coraggio ora in quest'alma

portan dal mago illustre

i fatidici sensi: egli del nume

ebbro, e ripieno, in me lo sguardo fisse,

e nel sagro furor così mi disse:

«Orlando, allora il ciel per te dispose

le fortune d'amor, quando ad Alcina

involerai le ceneri famose,

che involser di Merlin l'alma divina.

Spera, coglier potrai le gloriose

palme, che il fato al tuo poter destina:

per te sia l'immortal custode estinto,

e 'l poter della maga oppresso e vinto.»

Amorose mie brame

non più duol e timor: speriam ben tosto

sarem, io glorioso, e voi contente:

l'indovino il promise, egli non mente.

Nel profondo

cieco mondo

si precipiti la sorte

già spietata a questo cor.

Vincerà l'amor più forte

con l'aita del valor.

Scena sesta

Giardino delizioso in cui si vedono le due fonti, una delle quali estinge, l'altra accendente l'amore.
Mare tempestoso in lontano.
Angelica, poi Medoro ferito che viene dal mare.

ANGELICA

Quanto somigli tempestoso mare

al fluttuar di questa anima amante!

L'onda che il flutto incalza

e la voglia amorosa,

ch'incalza il fiero duol della mia pena:

or si discopre la profonda arena,

or l'onda inferocita

sale tumida al ciel...

MEDORO

Soccorso. Aita.

ANGELICA

Misero! Ahimè, che veggio? Un picciol legno

quasi dall'onde assorto

vicino a naufragar? Stranier, fa core,

respingi pur l'onda nemica: in salvo

già lo vegg'io dal fier Nettun irato!

MEDORO

Pur ritorno a mirarti idolo amato!

ANGELICA

Che veggio! Ah mio tesor: di braccio a morte

t'involaro i miei voti!

Pur ti riveggo, e pur ti stringo al seno.

Qual sangue? Ahi me infelice!

MEDORO

Io vengo meno.

ANGELICA

Qui ti siedi cor mio.

MEDORO

Vedo la morte

stender sovra di me squallidi i vanni.

Ecco i freddi sudori:

dall'aperto mio fianco esce già l'alma;

ma dolce mi è il morir, or che la sorte

fra le tue braccia il mio morir destina.

ANGELICA

Pietosi dèi, chi mi soccorre?

Scena settima

Alcina e detti.

ALCINA

Alcina.

(intanto che Angelica è smaniosa, Alcina con magici accenti sana Medoro dalla ferite)

ANGELICA

Alcina. Ah, tal mi rendi il mio tesoro?

Vedi il giglio d'amor langue, e rugiade...

Ma da qual cielo, oh dio! rugiade attendo?

Il mio pianto, il mio sangue

Alcina basterà per ravvivarlo.

ALCINA

Bastò già il mio potere.

MEDORO

Chi mi richiama in vita?

ANGELICA

Aperti ha i lumi.

(ad Alcina)

Riveggo, o sogno, i rai celesti?

ALCINA

E in loro

vedi un'opra volgar della mia possa.

ANGELICA

(ad Alcina)

Che di eterno dovere a te mi stringe.

(a Medoro)

Pur respiri alma mia!

MEDORO

Ripieno ho il petto

di gioia e di contento,

poiché ti stringo al sen, cor del mio core.

ALCINA

Narran i casi tuoi, che dopo il pianto

egli è soave il rammentarli in gioia.

MEDORO

Te perduta, te cerco e giunto al mare

legno di Logistilla

mi accoglie: sciolto abbiam le vele appena,

che da navi nemiche intorno cinti

siam combattuti, e vinti.

Ferito io resto, e prigionier: si adira

Nettuno, ed il naufragio a noi minaccia;

sgravansi per sottrarsi ai di lui sdegni

dalle inutili somme i carchi legni.

Rimango il primo absorto,

e sepolto nell'onde in pria che morto:

l'onda qua, e la m'incalza,

e sovra il mar m'innalza.

Il ciel riveggo, e m'innalza agl'occhi miei

l'instabil flutto un picciol legno adduce;

tosto l'afferro; e mentre chiedo aita,

quando morte io temea trovo la vita.

Scena ottava

Orlando e suddetti.

ORLANDO

Non godrai sempre in pace,

lieto del tuo gioir, rivale audace.

ALCINA

Orlando?

ANGELICA

(Ahimè!)

MEDORO

(Io son perduto.)

ORLANDO

Rendi pur grazie al ciel, ch'inerme sei.

Col tuo sangue vorrei...

ANGELICA

Che far vorresti?

ALCINA

(piano a Medoro)

Deh, non temer.

ANGELICA

Lusinghe or siate meco.

MEDORO

Oh, fugaci contenti!

ORLANDO

(ad Angelica)

Impallidisci

tigre di crudeltà, sfinge d'inganni.

ALCINA

Tu non conosci, Orlando,

chi sia il garzon, di cui geloso or sei:

d'Angelica la bella egl' è il germano.

MEDORO

Ormai respiro, oh dèi!

ANGELICA

Così ingrato m'insulti, e così temi

del mio sincero amor, della mia fede!

ORLANDO

Ove trascorsi!

ALCINA

Oh come scaltra or finge!

ORLANDO

Senti, senti mio ben.

ANGELICA

Sono una sfinge,

una tigre: vi aggiungi,

per caparra d'amor, qualch'altra offesa.

Io tigre mentitor? Tu a me lo sei

con questo vano tuo timor geloso.

ORLANDO

(a Medoro)

Tu m'impetra il perdono...

MEDORO

Non lo potrei, se il tuo rival già sono.

ANGELICA

Poveri affetti miei! Questa vi rende

amorosa mercede il core ingrato!

(finge di piangere)

ORLANDO

Per questa bella man, che umile io stringo.

MEDORO

(piano ad Angelica)

Cara, piangi per lui?

ANGELICA

(piano a Medoro)

Non piango, io fingo.

ALCINA

(ad Angelica)

S'egli t'offese a me l'offesa or dona.

Vedilo, che pentito

te ne chiede perdon.

ORLANDO

Bella, perdona.

ANGELICA

Temesti di mia fede, e ancor non sai,

che tuo è 'l mio cor, che tu sei l'idol mio?

ORLANDO

O bellissima destra!

ANGELICA

Ella ti è pegno

di mia candida fede.

MEDORO

(piano ad Angelica)

Angelica...

ANGELICA

Ti accheta.

MEDORO

(piano ad Alcina)

Finge pur!

ALCINA

Non lo vedi?

MEDORO

Ahi che tormento!

ORLANDO

(ad Angelica)

I begl'occhi onde amor vibra le faci...

ANGELICA

Per te, se belli son, son belli.

MEDORO

Oh dio!

ANGELICA

Sei tu geloso ancor?

ORLANDO

No.

ANGELICA

Dunque taci.

Tu sei degl'occhi miei

tu sei di questo sen;

(a Medoro)

soffri, tu sei 'l mio ben

l'oggetto amato.

Geloso non ti bramo

credimi sì ch'io t'amo

son tua, si tua son io

idolo del cor mio

nume adorato.

Scena nona

Orlando, Medoro ed Alcina.

ORLANDO

Ahi crudel gelosia,

tiranna degl'affetti

quasi presso al mio ben reo mi rendesti.

(ad Alcina)

Tu pietosa togliesti

Alcina dal mio sen il rio timore.

(a Medoro)

Perdona amico, è sempre cieco amore.

Troppo è fiero, il nume arciero,

quando in sen di chi ben ama

d'una fredda gelosia

il velen spargendo va.

Ma consola l'alma mia

il pensier, che il mio timore

già nel core

del mio ben destò pietà.

Scena decima

Alcina e Medoro.

ALCINA

Medoro, il ciglio abbassi, e stai dolente?

Lascia di sospirar.

MEDORO

Cieli! Chi mai

creduto avria, che in'un momento solo

Angelica potesse,

mostrando ad altri amor, farsi incostante?

ALCINA

L'arti ancora non sai d'un core amante.

MEDORO

Eh, d'arti non ha d'uopo,

chi nel seno racchiude un cor sincero.

S'altri adora il mio bene,

io soffrir lo dovrò, dovrò tacere?

ALCINA

E soffrire, e tacer: questo è amor vero.

MEDORO

Se tacendo, se soffrendo

io togliessi ogn'altro affetto

dal pensier dell'idol mio

bella allora io soffrirei;

ma in'amando e sospirando

mi tormenta il sol sospetto

che tradisca il destin rio

gl'innocenti affetti miei.

Scena undicesima

Alcina poi Ruggiero.

ALCINA

Innocente garzon, tu ancor non sai

con quanti strali amor ferisca un core.

Verrà, verrà per te quel giorno ancora,

che pensier cangerai.

Se avessi un solo amante,

fra le donne, sarei donna volgare.

Ma qual ventura è questa!

Da un destriero volante

veggio, che scende armato cavaliere.

A questa parte ei volge il più: che sia?

RUGGIERO

Grazie al ciel pure al fine calchi Ruggiero

il suol, se suolo è questo

che del felice Eliso

il bel soggiorno a me rassembra.

ALCINA

(È vago!)

Poiché per mia gran sorte,

sceso dal cielo onori i regni miei,

cavaliero gentil, dimmi chi sei?

RUGGIERO

Ruggiero io son; giunto cred'io nel cielo

che tutto spira qui beltà celeste.

ALCINA

Qui dove io son reina

valoroso Ruggiero

signor tu sei.

RUGGIERO

Troppo mi onori.

ALCINA

Alcina, tanto deve al tuo nome

(e al suo sembiante).

RUGGIERO

(Sol la mia Bradamante

può far confronto a sua gentil bellezza.)

ALCINA

Fisso mi guarda e poi fra sé favella.

Nuova preda ei farà degl'occhi miei.

RUGGIERO

(Eh, la mia Bradamante è più bella.)

ALCINA

Meco all'ombra t'assidi.

(siede fra le due fonti)

Il fianco tuo riposa, e ti ristora

in quest'onda tranquilla.

RUGGIERO

Come chiara zampilla!

ALCINA

Assaggia meco

il limpido cristallo.

(Il prendo all'esca!)

RUGGIERO

Onda giammai più fresca

non assaggiai.

ALCINA

(S'egli nel petto avea

qualche foco d'amore,

l'onda ne spense già tutto l'ardore.)

(a Ruggiero)

Questo umor si leggero

caro, della tua sete estinse il foco.

(Il colgo nella rete a poco a poco.)

RUGGIERO

È vero Alcina, è vero.

Par che libero il cor respiri, e goda.

ALCINA

Ma questa è più soave.

(Ora ei cade nel laccio.)

RUGGIERO

Ambrosia è questa

o nettare di Giove?

ALCINA

Incendio desta

l'onda fatal per me nel di lui core,

e d'ogn'altra bellezza

adorata da lui l'idea cancella.

RUGGIERO

Quanto cortese sei donna gentile.

Niun altra a te simile

vider questi occhi miei,

e forse non vedran grazia più bella.

A l'ardir mio perdona.

ALCINA

Il doppio sol de tuoi begl'occhi è quello,

che co' suoi raggi il volto mio fa bello.

Scena dodicesima

Bradamante, e suddetti.

BRADAMANTE

Vo cercando Ruggiero, e 'l trovo involto

ne i lacci della maga. Oh me infelice!

Or qui gelosa, e inosservata ascolto.

RUGGIERO

(ad Alcina)

Veggio ne tuoi bei lumi

scintillar quella fiamma

che accenderà l'innamorato core.

BRADAMANTE

Misera!

ALCINA

Oh! fosse amore,

quello, che dal tuo labbro a me favella.

BRADAMANTE

Ahi, donna ingannatrice!

ALCINA

Ei già sospira.

RUGGIERO

Mira oh bella, deh mira

il poter de tuoi lumi,

che costringe il mio core ad adorarti.

Reo s'io t'adoro, oh cara,

di temerario ardir non mi dirai.

ALCINA

Dirò, ch'io pria t'amai

e giurerò, caro, d'amarti sempre.

BRADAMANTE

(Perfida!)

RUGGIERO

(ad Alcina)

Sei pur bella!

BRADAMANTE

(a Ruggiero)

Ah traditore!

Questa è la fé, che mi giurasti, e questo

è il promesso tuo amore?

ALCINA

(a Ruggiero)

E chi è costei?

RUGGIERO

(ad Alcina)

Non la conosco.

BRADAMANTE

(Ove trascorsi, oh dèi.)

Olimpia io son (mentasi il nome) e quello

il perfido Bireno.

Egli il giglio più bel su questo seno

sfrondò con fé di sposo,

poscia m'abbandonò: s'egli sospira,

son mentiti i sospiri.

ALCINA

(a Ruggiero)

Di Bireno che parla?

RUGGIERO

(ad Alcina)

Ella delira.

ALCINA

Olimpia de' tuoi casi

mi pesa il reo tenor; ma tu vedrai,

che Bireno non è.

BRADAMANTE

(Pur troppo è vero.)

RUGGIERO

Bella dà tregua al duolo, io son Ruggiero.

BRADAMANTE

(Non mi ravvisa, o finge.) Empio tu menti;

io conobbi Ruggiero

amoroso, e costante.

RUGGIERO

Ella nel suo furore

e Bireno, e Ruggier confonde insieme.

Lasciamla a le sue smanie: andiam mio core.

ALCINA

Sarò teco mia vita.

BRADAMANTE

Ah traditore!

RUGGIERO

Sol per te mio dolce amore

questo core

avrà pace avrà conforto.

Le tue vaghe luci belle

son le stelle,

onde amor m'addita il porto.

Scena tredicesima

Alcina e Bradamante.

BRADAMANTE

Ah inumano, ah crudele!

ALCINA

Guarda ben, che t'inganni.

BRADAMANTE

E l'infedele

che mi promise affetto,

che si giurò ben mille volte, e mille

a queste mie pupille

il più leale amante,

che portasse d'amor fiamme nel seno.

ALCINA

Bella, tu prendi error, non è Bireno.

BRADAMANTE

Non ti credo, no, no: seguir lo voglio:

non sempre riderai del mio cordoglio

(parte)

ALCINA

Se lo crede Bireno, ella s'inganna,

e se Ruggiero il crede

in van spera da lui costanza, e fede.

Ei già di questi rai cede all'impero;

lo siegua, il cor non teme, e mio Ruggiero.

Amorose ai rai del sole

son le rose, e le viole,

ed il sol col raggio ardente

pur talor languir le fa.

Benché senta il mio diletto

nuovo fuoco dentro il petto,

amerà sempre costante

la mia bella fedeltà.

Atto secondo
Scena prima

Boschetto delizioso con ritiri di verdura.
Alcina ed Astolfo.

ALCINA

Tant'è l'amor per variar d'oggetto

fa più dolce il gioire

nel fortunato ardor di nuovo affetto.

ASTOLFO

Tal che Alcina egli è ver: tocca a penare

al povero mio cor quand'altri gode.

ALCINA

Fonte perenne è il sol della sua luce,

e il sol della bellezza

perenne è di sue gioie, e s'un ne gode

ad altri non invola

il soave piacer del godimento.

ASTOLFO

Una donna incostante è un gran tormento!

Non ho più cor da sofferir quest'arti,

con cui dividi amor.

ALCINA

Povero Astolfo!

Non hai più cor da sofferirle? Parti.

ASTOLFO

Ch'io mi parta da te? Troppo tenaci

le mie ritorte son.

ALCINA

Resta, ma taci.

ASTOLFO

Ahi qual barbara legge imponi al core?

Dovrò vederti, infida,

né il povero mio amor potrà lagnarsi?

ALCINA

Questa è la strada Astolfo

per meritar gl'affetti miei. La sola

sofferenza può un dì farti felice.

ASTOLFO

Comincia molto mal la mia fortuna!

Io t'amo, e t'amo, o bella

col più tenero amor, col più costante,

che accendesse giammai altr'alma amante.

E tu donna crudele...

ALCINA

Al vento spargi omai le tue querele.

Vorresti amor da me?

L'avrai, l'avrai;

ma non sperar, che mai

al solo solo foco

de' tuoi languenti rai

arda il mio cor.

T'inganni se lo credi,

sei cieco, se non vedi,

ch'io contenta non son

d'un solo amor.

Scena seconda

Astolfo, poi Bradamante.

ASTOLFO

Per qual donna incostante,

crudele amore m'incatenasti il core.

Barbara ancor d' infedeltà ti vanti?

E questa è la mercede

che doni in ricompensa alla mia fede?

BRADAMANTE

Forte campion, non ti vergogni ancora,

che una perfida donna ingannatrice

te pur tenga d'amor ne i lacci involto?

Scuoti il giogo crudel, vinci te stesso.

ASTOLFO

Veggio il mio danno espresso

nel doppio infido cor d'Alcina ingrata.

BRADAMANTE

È una maga spietata,

che con occulta infame forza (oh dio)

anco del mio Ruggier l'amor mi tolse,

ma vendicar saprò l'oltraggio mio.

ASTOLFO

Protegga il cielo i tuoi disegni, e sia

la tua vendetta ancor vendetta mia.

Benché nasconda

la serpe in seno

spietata, e immonda

il rio veleno,

è men crudele

dell'infedele

che t'ingannò.

È pien di frodi

il regno infido,

e in altro lido

io fuggirò.

Scena terza

Bradamante, Ruggiero, poi Orlando.

BRADAMANTE

Qui viene il mio Ruggier: resisti o core.

RUGGIERO

Stella d'amor, che il mattutino albore

precedi, e messaggera

sei del notturno orror tornando in cielo,

dimmi, sotto uman velo,

vedesti mai maggior fede, e beltà

di quella, onde il mio bene adorno va?

BRADAMANTE

Del tuo non vidi mai cuor più infedele.

RUGGIERO

(Qui Olimpia delirante!)

Lascia o bella i sospiri, e le querele.

BRADAMANTE

Tempo già fu, che anch'io bella, e vezzosa

sembrava a l'empio cor, che chiudi in seno.

RUGGIERO

Te le ridico ancor, non son Bireno.

BRADAMANTE

Guarda un poco questi occhi.

Li conosci fellon?

RUGGIERO

Bella...

BRADAMANTE

No, dimmi,

conosci, traditor, questi occhi miei?

RUGGIERO

Credi...

BRADAMANTE

Nel loro ardor di Bradamante

vedi l'irato cor? Guardali bene:

guardali traditor.

RUGGIERO

Non mi sovviene.

ORLANDO

(a Ruggiero)

Non ti sovvien la fé, mal cavaliero,

che le giurasti.

RUGGIERO

(ad Orlando)

Ahimè!

BRADAMANTE

(a Ruggiero dandogli l'anello fatale, che passato in di lui mano scioglie l'incanto, per il quale egli non conoscea Bradamante)

L'aurato cerchio

quest'è, che di tue fé mi desti in pegno.

Miralo.

RUGGIERO

Oh ciel! Qual velo

mi si squarcia dagl'occhi?

Oh Bradamante, oh sposa?

ORLANDO

Il sacro anello

sciolse l'incanto, onde l'idea nascosa

le rimaneva infin del tuo bel volto.

RUGGIERO

Mie dilette pupille, occhi sdegnosi,

stelle irate d'amor, ah fulminate...

BRADAMANTE

Torna con quell' anello,

Ruggiero, a rimirar d'Alcina il bello;

e se allora da te vien riamata

ti perdono, e mi parto invendicata.

RUGGIERO

Deh, cor mio, deh, mia vita.

BRADAMANTE

Taci non ti lagnar:

taci non mi pregar.

Disperdi i pianti all'aure,

i prieghi al vento.

Bugiardo infido cor,

e menzognero ancor

nel pentimento.

Scena quarta

Ruggiero ed Orlando.

RUGGIERO

Qual terra ignota al suol, qual antro cieco

mi asconde ai miei rimorsi? Io t'ho tradita

Bradamante mia vita.

Tornate al core o lagrime, e lavate

la macchia del mio errore.

ORLANDO

Macchia forzata

d'involontario error non passa al core.

RUGGIERO

Segna il volto però d'un gran rossore.

ORLANDO

Che d'ira generosa, illustre figlio,

l'altra virtù di nobil alma addita.

Meco vieni o Ruggier: come si vede

dopo turbine rio,

splender più chiara in ciel stella serena,

così quell'alma irata

tosto vedrai, da sdegni suoi placata.

Sorge l'irato nembo,

e la fatal tempesta,

col sussurrar dell'onde,

ed agita, e confonde,

e cielo e mare.

Ma fugge in un baleno

l'orrida nube infesta,

e 'l placido sereno

in cielo appare.

Scena quinta

Montuosa alpestre con alta, e scoscesa rupe.
Angelica, Medoro.

MEDORO

Da questi sassi?

ANGELICA

Sì, da questi sassi,

scintillar deve il foco, onde la face

accenderà Imeneo

a far delle nostr'alme una sol alma.

MEDORO

Ma Orlando, o ciel!

ANGELICA

Non paventar, che Orlando

non ne vedrà la fiamma: in me confida,

e lasciami qui sola

a terminar del nostro amor la sorte.

MEDORO

Perde, o bella, ogni lume

la gloria di ubbidirti,

or che m'imponi, ch'io ti lasci.

ANGELICA

I pochi fortunati momenti

che lunge a me starai saranno eterni,

al tuo core, al mio cor, caro, i contenti.

MEDORO

Ah, che in partir timido e mesto il core,

è costretto a penar lungi al suo bello,

tra speranza, e timore.

Qual candido fiore

che sorge nel prato

rinasce nel core

la bella mia speme,

poi torna a perir.

Son troppo felice

se amarti mi lice;

ma l'anima amante

fedele e costante

lontan dal suo bene

si sente languir.

Scena sesta

Angelica, poi Orlando.

ANGELICA

Né giunge Orlando ancor? Con la sua morte

assicurar vuò la mia pace. Alcina

della rupe l'incanto

sola non userà... (Qui l'importuno!

Cauta alma mia, se vuoi goder.)

ORLANDO

Mia bella

eccomi: sospirosa

m'accogli ancor? Favella:

a qual rispetto omai per te si bada?

V'ha periglio? Vi son mostri, o giganti?

Ho core, ho braccio, ho spada

da vincerli per te.

ANGELICA

M'inorridisco

al sol pensarvi: troppo

mi costeria costando un tuo periglio

la capricciosa mia brama importuna.

(Traggo, se il colgo al laccio,

Medoro di periglio, e me d'impaccio.)

ORLANDO

Dunque m'invidieresti il glorioso

dolce morir per te?

ANGELICA

Tu lasciarmi e morir? Tua bella fede

nel funesto pensier l'alma non vede.

Chiara al pari di lucida stella

scintillando tua candida fede

prometteva mercede al mio amor.

Ma il pensier di lasciarmi crudele

fa temer, che non sia sempre bella

la facella, onde avvampa il mio cor.

(finge di partire)

ORLANDO

Questa è amorosa fé, quello è un bel core.

Chi vide mai più fortunato amore!

Dove, dove fuggisti, anima mia!

Torna, deh torna o cara

e, o svelami tua brama?

O mi vedrai ora al tuo piede estinto.

ANGELICA

Ingegnoso crudel, perfine hai vinto.

Sulla rupe che vedi argenteo vaso

serba l'acque fatali,

onde Medea del già cadente Esone

fe' rifiorir l'etade: io le vorrei.

ORLANDO

E valea i tuoi sospir sì lieve brama?

ANGELICA

Vigile sempre a lor custodia è intento

orribil mostro, e indomito dimora.

ORLANDO

Io il domerò.

ANGELICA

Noi fortunati allora

potrem, durando sempre in fior d'etade

rendere eterni i nostri dolci affetti.

ORLANDO

Oh, soave sperar quanto m'alletti!

ANGELICA

Oh, dio! T'amo e pavento...

ORLANDO

Un sì forte vigore

infonde nel mio sen, cara, il tuo amore,

ch'ogni periglio io sfido:

la rupe io saglio, e il fiero mostro uccido.

(va per salire la rupe)

Scena settima

Astolfo, e detti.

ASTOLFO

Orlando, dove Orlando? Arresta i passi.

ANGELICA

(Ah! Son scoperta!)

ASTOLFO

(ad Orlando)

A certa morte vassi

per l'infausto sentier.

ORLANDO

(ad Astolfo)

Tema al mio core?

ASTOLFO

(ad Orlando)

Se certa è morte, allor virtù è 'l timore.

Tu bella, che lo puoi, tu lo distorna.

ANGELICA

(piano ad Astolfo)

Parlava appunto...

ASTOLFO

(piano ad Angelica)

A favellar li torna.

ANGELICA

(piano ad Orlando)

Egli t'invidia il glorioso acquisto.

ORLANDO

Odimi Astolfo: io veggo

dove tolga di mira il tuo disegno.

Non provocarmi a sdegno: il mio gioire

è il trovar sempre nuovi, e nuovi mostri,

onde il valor del mio gran core io mostri.

ASTOLFO

(piano ad Angelica a parte)

Che di mostri favella?

ANGELICA

Non so: confusa io sono.

ASTOLFO

(ad Orlando che torna ad incamminarsi a salire la rupe)

Il passo arresta.

ORLANDO

(ad Astolfo)

Tant'osi?

ANGELICA

(piano ad Astolfo)

Egli si adira: io dall'insana

impresa il distorrò, vanne.

ASTOLFO

(piano ad Angelica)

Confido in quel poter,

che sovra il voler suoi

ha il fulgido seren degl'occhi tuoi.

(parte)

Scena ottava

Orlando ed Angelica.

ORLANDO

L'importuno partì.

ANGELICA

Vedesti, aspira

a l'impresa, che dée farne felici.

ORLANDO

(salendo la rupe)

Già saglio.

ANGELICA

È pur scoscesa.

ORLANDO

L'ale mi presta amor.

ANGELICA

(Vicina al porto

già sei giunta o mia frode!)

ORLANDO

Mostro crudele... i sibili ne ascolto.

ANGELICA

(Il credulo ch'egl'è! Per fin l'ho colto.)

ORLANDO

Mostro ove sei? Che sia?

Scena nona

Si precipita la rupe trasformandosi in una orrida caverna della quale in nessuna parte si vede l'uscita.
Orlando solo nella caverna.

ORLANDO

Precipizio che altrui morte saria

raddoppia il mio vigor: mostro ove sei?

Ti sfido, esci, paventi

uscirmi a fronte? A te la vita lascio;

né dell'orrido teschio ornar pretendo;

né dell'irsute cuoia i miei trionfi.

L'acque mi addita o questo orribil speco

di te covile io struggerò, e rapina

farò di lor.

VOCE DI DENTRO

Sei prigionier d'Alcina.

ORLANDO

Prigioniero! Chi parla? Ho al fianco il brando,

né l'insano tuo dir sgomenta Orlando.

(guarda attorno, e non vede esservi uscita)

Qui dove uscir non scorgo;

sassi orgogliosi intendo

il muto favellar del vostro orrore.

Son tradito, il vedo, il so,

ma al destin non cederò.

(tenta di svellere i sassi)

Dure selci cedete:

invano resistete

alla scossa del mio braccio possente.

(svelle un sasso)

Un marmo ho già divelto: incerta luce

nella cupa spelonca ora traluce.

(fa nuovi sforzi)

Ingratissima Angelica, il mio core

presa lena maggior da sdegni suoi

giusto furor traspira.

Uscirò infida, ed il tuo nuovo amore

calpesterò tutto dispetto, ed ira.

All'estrema mia possa

altro sasso già cede: aperto è il passo.

Esce da tua prigione, Alcina, Orlando,

dell'infame tuo regno

a far scempio crudele, e memorando.

Scena decima

Bradamante e Ruggiero.

BRADAMANTE

Hai vinto alfine o mio pudico amore:

Ruggier mercé del prezioso anello

vide il deforme aspetto,

che nella iniqua maga

a forza d'arti ignote altrui par bello.

RUGGIERO

Rimani a le tue cacce e a' tuoi piaceri

perfidissima Alcina.

Vanne, inganna altro cor trova altro amore,

ch'io già riscossa ho l'alma

dall'indegno servaggio.

BRADAMANTE

E ben Ruggiero,

la bellissima Alcina,

la novella, e vezzosa

deità del tuo cor, come ti aggrada?

RUGGIERO

Quanto, oh quanto al tuo amore,

quanto alla tua pietà deggio o mia bella!

BRADAMANTE

Vanne, vanne ad Alcina, io non son quella.

RUGGIERO

Forza crudel d'incanto

discolpa è del mio error, e mi difende.

BRADAMANTE

Va' gentil cavaliero, ella ti attende.

RUGGIERO

Non ti basta il cordoglio

che mi tormenta il sen?

BRADAMANTE

Vendetta io voglio.

RUGGIERO

Ecco il dardo ecco il petto,

ove amor già ferì cogl'occhi tuoi:

ora con la tua man morte ferisca.

Oh felice morir, se m'è concesso

per te...

BRADAMANTE

Mori crudel, ma in questo amplesso.

RUGGIERO

Che bel morirti in sen,

mio dolce amato ben

gioia dell'alma.

Amo gli sdegni tuoi

se al cor ritorna poi

sì bella calma.

BRADAMANTE

Narrate i miei contenti

piante, frondi, erbe, fiori, antri, aure e venti.

Vinto ha già l'alma mia:

il mio fido Ruggier tornò qual pria.

Se cresce un torrente

con torbida piena

e rompe la sponda,

altera si spande

nei campi quell'onda,

e freno non ha.

La gioia è si grande

che l'anima sente

che il cor si risente

e dentro sé stesso

l'estremo piacere

racchiuder non sa.

Scena undicesima

Campagna a' piedi d'un colle con boschetto alle parti, all'ombra dei quali vedesi apparecchio di vasellami, e la tazza nuziale di Angelica, e Medoro.
Angelica, Medoro, Alcina, Coro.

CORO

Al fragor de' corni audaci

s'oda il colle ad echeggiar;

e in veder sì casti laci

venga Amore a trionfar.

MEDORO

Qui dove dolce Zeffiretto spira

e per l'amata auretta innamorato,

sussurrando sospira,

fra tazze coronate i nostri affetti

sospireran di gioia.

ANGELICA

Ah vedi come

la pampinosa vite

stringe in nodi d'amor l'olmo marito!

Tal quest'alma al tuo core

stringerà amor d'indissolubil nodo.

MEDORO

Qui Alcina.

ALCINA

(No 'l ritrovo.)

Il mio Ruggiero

me 'l sapresti additar?

ANGELICA

No 'l vidi.

MEDORO

Forse

per poco te 'l rapii desio di preda.

ALCINA

Par, che lo spirito un rio destin preveda.

ANGELICA

Eh, dà pace al tuo cor.

MEDORO

Tregua ai martiri.

ALCINA

Benché l'alma in sua doglia egra sospiri

pure a vostri imenei

pronuba qual promisi esser degg'io.

MEDORO, ANGELICA

Gioie non mi uccidete.

ALCINA

A questa nuzial tazza amorosa

bevi sposo tu pria, tu poscia o sposa.

(un paggio presenta la tazza a Medoro)

MEDORO

Te gran diva di Cipro alta, e possente,

te faretrato amor, bevendo invoco,

e te Bromio festivo

perché lieto, e giulivo

per Angelica sempre arda il mio foco.

(beve poi presenta la tazza ad Angelica)

CORO

Gran madre Venere

gran nume Tespio

gran padre Libero

odi i suoi voti.

ALCINA

Così da questi dèi

si udisser per Ruggiero i voti miei.

ANGELICA

Te Citerea vezzosa,

te dolcissimo amore!

te libero amoroso

la tazza nuzial vuotando invoco.

Quale è il dolce liquore

tal sia, ma eterno sia

per Medoro a me in sen

mai sempre amore.

CORO

Diva dell'Espero

fanciullo Idalio

nume Semeleo

odi i suoi voti.

ALCINA

Così da questi dèi

si udisser per Ruggiero i voti miei.

Alme felici io parto: ah, perdonate

al mio timor, all'amor mio, se parto.

Mirate: anco in partir dispiega a voi

l'infelice cor mio gl'auguri suoi.

(addita le iscrizioni)

Vivan sempre amorosi

Angelica, e Medoro amanti, e sposi.

Così potessi anch'io

goder coll'idol mio

la pace, che trovar non può 'l mio cor.

Ma unito alla mia stella,

e perfida, e rubella

sol tormenti minaccia il dio d'amor.

Scena dodicesima

Angelica, e Medoro.

MEDORO

M'ha commosso a pietà.

ANGELICA

Lasciamo a lei

de suoi martir le pene,

e in queste verdi pianticelle amene

verghiamo noi le nostre gioie, o caro.

MEDORO

Si crescano le tenere cortecce,

e in loro il testimon del nostro ardore.

ANGELICA

E in ogni cor gentil, servo d'amore

brilli per noi lo spirto

io vergo questo alloro.

MEDORO

Io questo mirto.

(vergano con i dardi le cortecce degl'alberi)

ANGELICA E MEDORO

Belle pianticelle

crescete, verdeggiate,

e il nostro lieto amore

in voi serbate

ANGELICA

Leggi nel verde alloro.

MEDORO

(legge)

«Angelica qui fu sposa a Medoro.»

Leggi il mirto amoroso.

ANGELICA

(legge)

«Medoro qui d'Angelica fu sposo.»

Sei mia fiamma, e sei mio bene

sei mio sole, e sei mio cor

in sue amabili catene

ne restringa eterno amor.

MEDORO

Sei mia gioia, sei mia pace

sei mia stella, e sei mio ben:

quanto amabile è la face

che mi accende il core in sen.

Scena tredicesima

Orlando, che giunge e vede partire Angelica e Medoro.

ORLANDO

Ah sleale, ah spergiura,

donna ingrata infedel, cor traditore;

del tuo mal nato ardore

vengo a smorzar... oh ciel,

che leggo (ahi lasso).

«Vivan sempre amorosi,

Angelica, e Medoro amanti, e sposi.»

Angelica, e Medoro amanti, e sposi?

Questa, questa è la scure,

ahimè, che il capo tronca alla mia speme.

Di Medoro il mio bene?

Sgorgate, o lagrime

a fonti, a rive.

ORLANDO

No, ch'è poco, a torrenti, a fiumi, a mari.

Arde Orlando, che Orlando?

Eh, Orlando è morto.

La sua donna ingratissima l'ha ucciso.

Io son lo spirto suo da lui diviso,

e son con l'ombra mia, che sola avanza

esempio a chi in amor pone speranza.

(legge sopra l'alloro)

«Angelica qui fu sposa a Medoro.»

Chi segnò quest'alloro!

Lo vergò di sua man la mia tiranna,

v'impresse di sua mano il mio martoro.

Amanti e sposi? oh dio! Sposa a Medoro!

Vendetta, sì vendetta incontro amore

or n'ho trovato il modo,

per cacciarmel dal sen trarrommi il core.

Io ti getto elmo, ed usbergo:

ite o piastre, e maglie al suolo.

(legge nel mirto segnato da Medoro)

«Medoro qui d'Angelica fu sposo.»

A te mirto orgoglioso

vuò sfrondarti, schiantarti

sino all'ultimo bronco,

ed estirpar dalla radice il tronco.

Ho cento vanni al piede

ho duecent'occhi in fronte,

e nel furor che ho in sen

m'adiro almeno almen

con mille cuori.

Sopra quei vanni io m'ergo

volo dal piano al monte

quelle pupille io miro

con tutti i cuor

nel mio furor

m'adiro.

Occhi, vanni, furor, cuori, oh martoro!

Amanti, e sposi Angelica, e Medoro!

Atto terzo
Scena prima

Vestibulo avanti il tempio d'Ecate Inferna con un muro d'acciaio in prospetto che chiude il tempio medesimo.
Astolfo e Ruggiero.

RUGGIERO

Morto Orlando tu credi?

ASTOLFO

E sol desio

l'onor del rogo all'onorata salma,

e alle ceneri illustri urna condegna.

RUGGIERO

A penetrar nell'erto della rupe

già nel profondo speco

l'alato mio destrier ti serva all'uopo.

ASTOLFO

Sì, contro Alcina alla vendetta

accingiamoci, o Ruggier: Melissa puote

quelle mura d'acciaro

a nostri passi aprir; se meco sei,

se l'amazzone nostra a noi s'unisce

nulla temo il poter de' Stigi dèi.

Dove il valor combatte

nulla il vigor potrà

d'inferno irato.

Se l'empietà s'abbatte,

contro del suo rigor

congiura il fato.

Scena seconda

Ruggiero, poi Bradamante in abito di uomo.

RUGGIERO

Vendetta, sì, cor mio.

BRADAMANTE

La tenti invano.

RUGGIERO

Non può mancar ciò che negl'astri è fisso:

sitibondo di sangue a darne aita

tu al fianco pur riappendesti il brando.

BRADAMANTE

Ma perché sola io voglio

l'onor del colpo, e sola averlo io posso:

colà dentro racchiusa è la fatale

urna, che eterno fa il poter de l'empia.

RUGGIERO

La rapirem...

BRADAMANTE

Melissa, infin Melissa

come rapirla ignora, e chiusa, il vedi,

d'acciar la soglia, ed immortale è il fiero

custode delle ceneri famose.

RUGGIERO

Ritiriamci, se n' viene Alcina al tempio.

BRADAMANTE

Vedrai per me della crudel lo scempio.

Scena terza

Alcina e detti in disparte.

ALCINA

L'arco vuò frangerti,

la face spegnerti

tiranno barbaro,

nume d'amor.

Ma invan minaccio amor, ride il superbo

dell'ire insane mie: te se non posso,

atterrirò di Flegetonte i dèi.

BRADAMANTE

(a Ruggiero)

Il poter di Melissa è in fin mia difesa.

RUGGIERO

Incerto è il fin.

BRADAMANTE

Certo Melissa il rende.

ALCINA

Numi orrendi d'Averno

sin dal profondo inferno

l'orride piume a i miei comandi ergete.

Volate, che tardate a cenni miei?

Che sì pigri, che sì...

BRADAMANTE

Dormon di Lete

per lei già su le sponde.

ALCINA

Iniqui, e rei.

Vuò saper di Ruggiero, o d'Acheronte

verrò a predare il regno:

miseri voi, se cresce più il mio sdegno.

RUGGIERO

Orgogliosa.

BRADAMANTE

Ma invano.

ALCINA

Lassa! Sordo l'inferno,

sordo il ciel, che far degg'io?

Del gran saggio Merlin parli lo spirto.

Aprite, o mura, il varco

alla vostra reina.

Si spezza in due parti il muro d'acciaro e si scopre il tempio d'Ecate Inferna, vedesi nel tempio la statua del famoso mago Merlino appoggiata ad un'urna entro cui stanno le di lui ceneri; d'interno è chiusa da balaustri di ferro, e vi sta alla custodia l'inviolabile Aronte con mazza impugnata; da una parte ara d'Ecate.

RUGGIERO

O portento!

BRADAMANTE

O stupor!

ALCINA

Se mai d'Alcina

spirto celeste i prieghi udisti, e i pianti

t'impietosiro il ciel dove risiedi,

i di lei prieghi ascolta,

i di lei pianti or vedi,

e del mesto suo cor pietà ti prenda.

RUGGIERO

Ti assista amor.

BRADAMANTE

(forte da sé mostrando, entra in scena)

Benché tu l'ale stenda

per l'aere fellon...

ALCINA

Qual voce!

BRADAMANTE

Alcina

saprà arrestar della tua fugga il volo.

(ad Alcina)

Bellissima reina il reo Ruggiero

sovra alato destriero

agl'amor tuoi, a' sdegni miei si è tolto.

RUGGIERO

(Che finge?)

ALCINA

(a Bradamante)

Avrà ch'il segua.

(Oh che bel volto?

Di leggiadro guerrier, come ti appelli?)

BRADAMANTE

Ardalico son io. Ruggiero infido

d'una germana mia

il credulo bel cor trasse ad amore,

poscia ingrato, e incostante

l'abbandonò. Per cancellar quest'onta

sieguo in Ruggier la mia vendetta, il trovo,

ma in van, ch'ei spiegaratto all'aure i vanti

minacciando a me morte, a te ruina.

ALCINA

Oh folle, eterno è il gran poter d'Alcina!

RUGGIERO

(Superba!)

BRADAMANTE

(Altera!)

ALCINA

Crede

forse per lui che disperarmi io deggia?

Come raggio di sol non manca a stella,

non manca a donna bella

mai gentile amator.

RUGGIERO

(La intendo.)

BRADAMANTE

Oh cieco!

Ai rai del tuo bellissimo sembiante!

ALCINA

Lieto cor mio, ch'ai ritrovato amante,

Ardalico il mio volto

per te qualunque ei sia...

Scena quarta

Orlando, e detti.

ORLANDO

Cortese Ifigenia

il furibondo Oreste

se n' viene a te, che della Grecia è in bando.

BRADAMANTE

(Misero!)

RUGGIERO

(Che mai vedo?)

ALCINA

Ignudo Orlando?

ORLANDO

(a Bradamante)

Ah, ah, che vedo mai?

Questa spada è rubata, ella è di Marte

eccolo là, nel centro della Luna

contro le donne a rivoltar le carte.

BRADAMANTE

(S'anco mi scopre, è folle.)

ORLANDO

(ad Alcina)

Per te c'è poi di brutto,

cadrà se non rimedi,

in precipizio ed in ruina il tutto.

ALCINA

Perché?

RUGGIERO

(Che dirà mai?)

ORLANDO

(ad Alcina)

Senti.

BRADAMANTE

(Che spera!)

ORLANDO

Senti, senti, e compiangi

la storia miserabile, ma vera.

Il mio povero amore, una bellezza

avea invitato al ballo, allora quando

la nera crudeltà col reo rigore

nemici giuratissimi d'amore,

fecero il bel desire (ahi, cruda sorte!)

fecero il bel desir riuscire invano.

RUGGIERO

(Così guida empia sorte!)

ALCINA

(a Bradamante)

È affatto insano.

ORLANDO

All'invito gentil, che amor le fa,

la fiera crudeltà,

con guardo torvo e minaccioso aspetto

disse così si fa! No, che non voglio;

ed il rigor, presa beltà per mano,

lascio con passo grave e cera brutta,

il mio povero amore a bocca asciutta.

Deh, appaghi ella il mio amor meco danzando.

Danziam signora la follia d'Orlando.

Suonate che fatte?

(in atto di danzare)

La la là la ra la.

RUGGIERO

(Il compiango.)

ORLANDO

(ad Alcina, prendendola per mano)

Signora a chi dich'io?

ALCINA

(ad Orlando)

Tanto audace con me!

BRADAMANTE

(ad Alcina)

Deh, spegni o bella,

l'ira, che t'arde in cor.

ALCINA

Legge è il tuo cenno.

RUGGIERO

L'alto eroe come mai perduto ha il senno!

ORLANDO

Vola vola vola vola vola:

che vola? Amor che fugge, e Apollo,

vedete dietro a lui montato in furia,

per l'altissima ingiuria

fatta all'onesta sua Dafne pudica

mettendo nel bordello il casto alloro,

quando Angelica fu sposa a Medoro.

Scena quinta

Angelica e detti.

ANGELICA

Come purpureo fior languendo muore,

che il vomere al passar tagliato lassa...

ALCINA

Qual voce?

ORLANDO

Zitto zitto.

ANGELICA

...così langue, in un seno amante, core

se lungi dal suo ben la vita passa.

RUGGIERO

(È la donna crudel.)

ORLANDO

Oh l'incostante

ingannatrice amante,

che di stirpe si vanta d'Anfione,

canta per suo diporto una canzone.

Canta tu pur, che te ne priego.

BRADAMANTE

(È folle.)

(ad Alcina)

Rendi contento, o bella, il suo desire.

ALCINA

Si appaghi la sua brama.

ORLANDO

Canterà?

ALCINA

Canterò.

ORLANDO

Lodato il cielo.

(si ritira)

ALCINA

Che dolce più, che più giocondo stato,

v'è mai qua giù d'un amoroso core,

che viver più felice, e fortunato

quanto il trovarsi in servitù d'amore?

Ma se lungi è il suo ben qual più doglioso

stato v'è mai d'un cor che sia amoroso.

(Orlando fa cenno ad Alcina e Bradamante che tacciano, prende d'improvviso Angelica)

ORLANDO

Prender la voglio.

(ad Angelica)

Affé t'ho colta!

ANGELICA

Aita.

ORLANDO

So che cortese non si sdegnerà,

signora crudeltà...

ANGELICA

Cieli, chi veggio mai.

ORLANDO

(ad Alcina)

L'abbiam prigion. Deh, renda il tuo rigore

al povero mio amore

la rapita beltà.

ANGELICA

(ridendo)

Strana follia!

ORLANDO

Come dunque tu ridi?

Ah, me la pagherai:

irriterò contro i tuoi sciocchi errori

le donne i cavalier, l'arme, e gl'amori.

ALCINA

Amor dove il guidasti!

BRADAMANTE

(guardando Angelica e Ruggiero)

(Alma di fera!)

RUGGIERO

Dispietato core!

ANGELICA

(ad Orlando)

Renderà il mio rigore,

la rapita beltà. Medoro, oh dio!

BRADAMANTE

Troppo fosti spietata.

ANGELICA

Ebbi sempre pietà de' suoi tormenti.

ORLANDO

Menti, sentisti l'eco.

L'ingiuriato mio povero amore,

da cui la speme ha già tolto congedo

ti dice, facend'eco al mio dolore,

menti, barbara donna, io non ti credo.

ANGELICA

Poveri affetti miei, siete innocenti.

Ma ingiusto è quel timor,

che al vostro bel candor,

il pregio toglie.

Ingrato io ti direi, t'inganni e menti;

ma no, che la mia fé

oltraggi per mercé

in pace accoglie.

Scena sesta

Orlando, Alcina, Bradamante e Ruggiero in disparte.

ORLANDO

Ella parte. Mirate

la menzogna è con lei: ch'orridi mostri!

Nelle diverse sue facce deformi

molti sembrano, è vero, Endimioni,

ma basilischi son, serpi, e dragoni.

Gli seguirò,

gli atterrerò,

gli struggerò,

gl'annienterò.

(ad Aronte)

Vai dicendo di no?

Resta qui, Alcide, alla tua Iole appresso,

e n'averai la nuova adesso adesso.

(parte)

RUGGIERO

(Quanto mi fa pietà.)

BRADAMANTE

(ad Alcina, additando Aronte)

Chi è il minaccioso?

ALCINA

Aronte, egl'è guerriero

feroce, invulnerabile, e fatale,

finché sostien la forte mazza in pugno.

BRADAMANTE

E di ferrea catena

alla destra l'annoda.

ALCINA

Or venga l'empio

Ruggiero, e provi di sua spada il taglio.

Quella catena a far mia possa eterna

con la spuma di Cerbero, lo stesso

tartareo re temprò d'Averno al foco.

BRADAMANTE

L'arcano m'ha scoperto a poco a poco.

ALCINA

Vanne Aldarico, e là dove tu miri

rider più verde il suol colà mi attendi.

BRADAMANTE

Qui lasciarò Ruggiero? Parto, ma peno.

Vedi fuor del mio petto uscir sospiri,

figli di quell'amor, che m'arde in seno.

Io son ne' lacci tuoi,

e ti promette il cor

fede, e costanza.

Vado: riposo in te;

sovvengati che sei

la mia speranza.

RUGGIERO

Parte il mio bene: amor che far degg'io?

ALCINA

(guardando dietro a Bradamante)

Che bellezza! Che brio!

Son pur felice: Amor per me non chiude

i suoi tesori, e manda a questo core,

perché sia lieto un'amator novello.

Più dell'empio Ruggier leggiadro, e bello.

Non è felice un'alma,

che amando un sol oggetto

trovi del cor la calma,

e sia contenta.

Spesso cangiando amore

più fortunato è un core.

Non dà, non dà diletto,

un solo, solo affetto;

ma torbido talor

l'alma tormenta.

Scena settima

Ruggiero solo, poi Medoro.

RUGGIERO

Gloria, che mi ragioni? Onor, che parli?

Voi col fatal custode il mio coraggio

invitate al cimento, e il più bel raggio

promettete al mio crin di vostra luce.

Ma se poi fisso io miro

cogl'occhi del pensiero alla mia bella

e vedo il suo periglio,

d'amore, e di pietà gl'inviti io sieguo.

MEDORO

Oh Ruggier! Menzognera

dunque la fama fu di tua incostanza!

RUGGIERO

D'incostanza che parli?

MEDORO

Fuggire i primi desiati lacci

dell'amorosa Alcina,

spegner nel cor, che prima ardea le faci.

RUGGIERO

Si fuggon a ragion lacci inonesti,

e spengonsi a dovere impure faci.

MEDORO

Talché dunque egli è vero...

RUGGIERO

Che se il pria amato error poscia si aborre,

costanza è allora il variar pensiero.

Scena ottava

Angelica, e detti.

ANGELICA

Costanza è allora il variar pensiero!

MEDORO

Con tanto ardor chi si difende è reo.

ANGELICA

(Di chi mai si favella!)

RUGGIERO

Allor sarei

colpevole, se te reo non punissi!

(mette la mano sulla spada, poi si ferma)

Ma non degna Ruggiero

contro il molle tuo sen stringer la spada.

ANGELICA

(Al maggior uopo io giunsi.)

MEDORO

Entro al molle mio seno alberga un core,

che al tuo ceder non sa.

ANGELICA

(Vezzoso ardire.)

RUGGIERO

Eh taci, e va di tua bellezza armato

a far preda de' cuori.

MEDORO

(snudando la spada)

Il brando stringi.

ANGELICA

(È tempo ch'io mi scopra.)

RUGGIERO

(strappando la spada di mano a Medoro)

È mio il tuo ferro.

ANGELICA

E se brami vendetta, è tuo il mio petto.

RUGGIERO

Quello è un campo da te, prendi il tuo brando.

E tu donna crudele

porta altrove il tuo amor, per te va insano

il fiore degl'eroi.

ANGELICA

Se vago volto

il genio alletta e il cor: senti Ruggiero:

costanza è allora il variar pensiero.

RUGGIERO

Come l'onda

con voragine orrenda, e profonda

agitata da venti, e procelle,

fremendo, stridendo,

là nel seno del mare se n' va.

Il tuo core

combattuto da fiero timore,

turbato, agitato,

sospira, s'adira,

e sdegnoso

ritrovar più riposo non sa.

Scena nona

Angelica e Medoro.

ANGELICA

Partir convien da questo cielo.

MEDORO

Oh dio!

Tradirono il cor mio

la destra ed il vigor e deggio intanto

l'onta soffrir d'ingiuriosi insulti.

ANGELICA

Disdicono, mio sposo

alla molle tua destra

e al tenero tuo sen spada e furore.

Son bellezza ed'amore

l'armi tue, il tuo vigor, e questo seno

il campo, ove tu déi dell'amor mio

aver dolci ripulse,

che finiranno in coniugali amplessi.

MEDORO

Oh conforte, oh speranza!

ANGELICA

Varcherem l'oceano, e a regni miei

felici approderem.

MEDORO

Paventi il vedo.

La sorte mia: deh, poni in calma, oh, cara

quel bel core, che il core a me rapì,

perché tanto timore?

ANGELICA

Nasce il timor dal mio soverchio amore.

MEDORO

Pena il mio bene, non meno io peno, e provo

(meraviglia d'amor) dolci le pene

ma nel timor dell'adorato bene

la pace, che vorrei, lasso, non trovo.

Vorrebbe amando il cor

riposo, e pace;

ma sempre teme amor

sempre paventa.

E poi sperando va

che forse un dì sarà

l'alma contenta.

Scena decima

Orlando solo.

No, no, ti dico, no. Forse pretendi

ombra squallida e nera

di spaventarmi! No, no, no, non è morta:

morta credea la crudeltà Nerone.

E sorto d'Acheronte

volea ch'io le cantassi una canzone;

ma morta so ben io ch'ella non è,

che mi lacera il cor: fuggi da me.

Scendi nel tartaro

per farti vindice

contro una furia

bella, e crudel.

Furia bella, e crudel? Sono ben tutte,

furie le donne brutte,

ma Angelica è una furia, e pure è bella.

Angelica? Sì, Angelica, che già

tanto fedel mi protestava amore.

(vede la statua di Merlino, e se la figura Angelica)

Ma che vedo? Ella è d'essa, il cor s'arrabbia.

Angelica, mio bene...

(ad Aronte)

In faccia mia

donde ardisci, fellon tenerla in gabbia?

(va per rompere i balaustri, Aronte se li oppone in atto di combattere)

Romperò questi ferri: e che pretendi?

Combattere! Hai ragion. Via ti difendi.

(combatte con Aronte, né può ferirlo)

(Dell'Idra ha il cuoio addosso.

Anima mia! Pianger la sento!)

(ad Aronte)

Ah, crudo,

non reggerai contro il mio cor irato.

(combatte di nuovo, e taglia la catena, che tiene la mazza legata al braccio d'Aronte, gliela strappa di mano, ed egli si mette a lottare)

Oh, oh, l'ho disarmato.

Vanne: minacci ancor? La tua pazzia

più non merta, o fellon, la pietà mia.

Sgorga il sangue

il furor langue,

già caduto, è morto al suol.

(rompe i balaustri con la mazza di Aronte)

Con le stesse armi sue vi spezzo, o ferri.

(abbracciando la statua)

Sospirata mia bella oh, quanto è dura!

(levando la statua)

Intiriciata è certo di paura.

Non temer, no, cor mio:

ti stringe Orlando al sen: quanto fracasso.

Mossa la statua dal luogo resta l'isola deserta tutta balze, e dirupi, con albero a cui in un trofeo sono appese le arme d'Orlando.

ORLANDO

Cos'è, treman le mura infin dal fondo?

Volan per l'aria i tetti,

traballa il suol! Forse ruina il mondo!

Son pur stanco! Pur lasso!

Or che tratto ho il mio ben dal ferreo laccio,

vuò chiuder gl'occhi al sonno,

tal Borea riposò d'Oritia in braccio.

(si addormenta)

Scena undicesima

Alcina, Orlando, che dorme, poi Bradamante e Ruggiero.

ALCINA

Infelice! Ove fuggo! Ove mi ascondo.

Son vinta e vilipesa. Ingiusto cielo!

Immortal mi facesti, ed il tuo dono

rende la fiera mia sciagura eterna,

perché immortal sarà meco il mio duolo.

(vede Orlando che dorme)

Il feroce nemico in braccio al sonno!

Cielo, giusto or dirò, che a mia vendetta

apri pietoso il varco.

(snuda un pugnale)

Cado da grande, or che la mia ruina

meco ti opprime.

(si avventa ad Orlando)

RUGGIERO

(trattenendola)

Ferma.

BRADAMANTE

Ah, iniqua Alcina!

ALCINA

Ruggier! che vedo?

RUGGIERO

In me non più Ruggiero,

ma vedi il tuo persecutor più fiero.

ALCINA

(a Bradamante)

Ardalico, amor mio.

BRADAMANTE

In me ravvisa, Bradamante,

la tua più gran nemica.

Scena dodicesima

Angelica e Medoro fuggitivi e detti.

ANGELICA

Salviamci.

MEDORO

E dove, o bella?

BRADAMANTE

(arrestando Angelica)

Arresta il piede!

MEDORO

Che fia!

ANGELICA

Cieli!

BRADAMANTE

(a Ruggiero)

Ecco lei, che ingannatrice

trasse alla rupe Orlando,

per lei va folle errando.

ALCINA

(ad Angelica)

Amica, non è persa ogni speranza.

ANGELICA

Ma veggio, ahimè, l'ultima tua ruina.

Scena ultima

Astolfo con Soldati di Logistilla, uno di quali porta una face accesa e detti.

ASTOLFO

Angelica si arresti, e pera Alcina.

BRADAMANTE

Astolfo!

ALCINA

(Ahimè!)

RUGGIERO

(ad Astolfo additando Alcina)

Dove sinor? Ti piansi

vittima sfortunata

al furor di colei.

ASTOLFO

Nulla può in me,

che ho in mia difesa i dèi!

BRADAMANTE

Ma Orlando!

RUGGIERO

Insano ei scorre...

ASTOLFO

Io so l'alato

tuo destrier contumace

su cui credea trar dallo speco Orlando,

nulla la man, nulla temendo il morso,

mi porta a sua balia, talché varcata

la region dell'aere, là giunsi

ove non arde eterno il foco, e spande

dalla sfera una voce alta e celeste.

Prendi, prendi mi dice,

in questa face, lo smarrito lume

della mente d'Orlando,

riporta, Astolfo; egli è voler divino,

della ragione il lume al paladino.

BRADAMANTE

(scuotendolo)

Orlando!

RUGGIERO

(scuotendolo)

Orlando!

ALCINA

Oh, mio tormento!

ORLANDO

(svegliandosi)

Orlando

d'Angelica è nel sen.

(vedendo la face)

Qual lume! Oh dio?

Sovra la ignuda terra ignudo Orlando!

Misero! Dove sono?

Chi son? Chi cerco? Oh, dèi!

Ahi, che in mirar me stesso,

me non ravviso in me, sol la mia colpa.

BRADAMANTE

Del nostro cuor umana colpa è errore.

RUGGIERO

Ma saggia emenda è di prudenza merto.

ASTOLFO

Rivesti l'arme, o prode.

ALCINA

O, ingiusti numi! O fati! Oh avverse stelle,

troppo fiero è 'l mio duolo, e l'onta mia!

Ti perdo, empio Ruggiero, e già riveggo,

in Alderico ancor la mia rivale!

Tutto per me è fatale.

Torna il senno ad Orlando

e senza forza è in fin la mia magia.

Oh ingiusti numi! O fati! O avverse stelle!

Anderò, chiamerò dal profondo

l'empie furie del baratro immondo.

Chiederò negl'abissi vendetta

dell'offeso e tradito mio amor.

BRADAMANTE

(ad Orlando additandole Alcina)

Vedi, ch'è tuo trionfo

l'eccidio della rea.

ORLANDO

Gran mago ora i tuoi detti omai comprendo:

dopo distrutta Alcina,

le fortune in amor mi serba il cielo

con tormelo dal cor.

ANGELICA

O mio rossore!

ORLANDO

Godi, o bella, il tuo sposo, e tu garzone

la tua consorte in pace. Il ciel v'ha uniti,

in dolce amico nodo:

egli sia eterno, e nol rallenti mai,

non che lo sciolga, invida sorte amara.

ASTOLFO

Saggio, chi dal fallir prudente impara.

CORO

Vien dal cielo in noi l'amore

ma il desio del nostro core

spirto reo talor lo fa.

S'ami sì, ma s'ami il bello,

perché immagine di quello,

ch'è l'autor della beltà.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
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