ORLANDO FURIOSO
Dramma per musica.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto di Grazio BRACCIOLI.
Musica di Antonio Lucio VIVALDI.
Prima esecuzione: 10 novembre 1727, Venezia.
Attori:
ORLANDO innamorato d'Angelica |
soprano |
ANGELICA amante poi sposa di Medoro |
soprano |
ALCINA maga innamorata di Ruggiero |
soprano |
BRADAMANTE sposa di Ruggiero, poi in abito da uomo sotto nome di Alderico |
contralto |
MEDORO amante poi sposo di Angelica |
tenore |
RUGGIERO sposo di Bradamante |
baritono |
ASTOLFO innamorato di Alcina |
basso |
Argomento
È nota abbastanza la favola d'Orlando sopra la quale l'Ariosto ha data un'idea di raro elevatissimo ingegno: da questa è tratto il presente drammatico divertimento, il quale se non ha il pregio della novità, ha il merito almeno d'avere in alcuni tempi incontrato l'universale compatimento, che si spera: e nuovamente s'implora. Le parole fatti, deità ecc. sono uniformi alla favola.
Cortile nel Palazzo d'Alcina.
Angelica ed Alcina.
ALCINA
Bella regina, il tuo poter sovrano
l'India non sol, ma tutto il mondo onora:
al fulgido seren de' gl'occhi tuoi
ogni rara beltà cede e s'inchina;
e tu bella, e regina
puoi sospirar? Dà bando al rio martoro
e rasserena il ciglio.
ANGELICA
(Oh dio! Medoro!)
(ad Alcina)
Alcina; poiché al quanto
disarcerba il suo duolo un'alma amante
narrando i mali suoi,
sappi, che mille strali
vibrò da queste or languide pupille
il faretrato arciero:
feraci Sacripante, Orlando, e mille
famosi in arme, e coronati in soglio
arser tutti d'amor per questi lumi.
Io con la speme sola
tutti allettai; ma per alcun d'amore
le pene io non sentii: sdegnossi al fine
il possente signor, e del mio core
prese vendetta: innanzi a gl'occhi miei
venne il leggiadro amabile Medoro;
e appena il rimirai,
ch'arsi, Alcina, d'amore, e sospirai.
ALCINA
E per questo sospiri? Il tuo Medoro,
dimmi, t'ama fedel?
ANGELICA
Quant'io l'adoro.
ALCINA
E tu sospiri? Un corrisposto amore
è la gioia del core.
ANGELICA
Ma del perduto ben maggior la pena
allora è più, quanto più il bene è caro.
Senti, meco il guidava a' regni miei,
quando mi siegue innamorato Orlando:
io che conosco il fiero cor, fuggiamo
dico al caro amator, tosto...
ALCINA
Fuggire?
Mancan lusinghe, e vezzi
per ammolir d'amante cor gli sdegni?
ANGELICA
Il tenero mio amore
non suggerirmi altra guardia sicura,
sola in braccio al timore
m'abbandonai, fuggii misera, oh dio,
ma nel fuggir perdei
il mio tesoro, il sol de' gl'occhi miei.
ALCINA
Fa cor, te 'l renderò: potrai qui meco
di lui lieta godere,
e accordar la tua gioia al mio piacere.
ANGELICA
Un raggio di speme
il cor rasserena
e l'alma consola;
ma s'alza un vapore
di nero timore,
che il dolce sereno
dal seno m'invola.
Alcina, poi Orlando con visiera calcata combattente con Astolfo, ed incalzandolo.
ALCINA
Quanta pietà mi desta il suo cordoglio!
ORLANDO
Ch'io ti ceda fellon?
ASTOLFO
Sei forte invano.
ALCINA
O là guerrier l'orgoglio abbassa, e 'l brando.
ORLANDO
Sì di legger non ubbidisce Orlando.
ASTOLFO
Orlando?
(va ad abbracciarlo)
ALCINA
A tempo ei giunge.
(Si lusinghi, e si acquisti
il temuto guerrier contro l'insane
turbe di Logistilla.) Oh, rinomato
valoroso campione, oh, invitto e grande
sopra di quanti mai
corresser asta, o mai ruotasser spada
permetti al labro mio, che riverente
su la invitta tua destra
bacio d'ossequio umilmente imprima.
ORLANDO
No, gran diva, che tale
creder ti deggio, e 'l mio pensier non erra,
poiché sì rara, e tanta
beltà non vantò mai donna mortale
a me tocca efferire in bacio umile
su la bianca tua mano in voto il core.
ALCINA
(Ah! Si accendesse almeno?)
ASTOLFO
(Aita amore?)
(ad Orlando)
Scusa l'error, le ignote insegne incolpa.
ORLANDO
Per la vezzosa tua bella regina
meno oprar, tu non déi. Tal potess'io,
ma lo potrò, d'Angelica il mio bene,
anco a costo del sangue,
anco a rischio di vita
vagheggiar la beltà, servir la brama,
che il sangue spargerei,
la vita lascerei...
ALCINA
Ella a' miei regni
aggiunse un nuovo sol col suo bel volto.
Tu nuova gloria aggiungi
(te n' priego) in restar meco a' regni miei.
ORLANDO
Arbitra omai del mio voler tu sei.
ALCINA
Vibra per me possente dio d'amore
contro l'altero cor tua face, e 'l dardo.
ASTOLFO
(L'ingrata non mi dà neppure un guardo.)
ALCINA
Alza in quegl'occhi
amore l'impero;
ma il sguardo guerriero,
che spande terrore,
il cor mi spaventa.
E benché la speme
all'alma dubbiosa
or rechi conforto
risorge il timore,
che l'alma tormenta.
Orlando ed Astolfo.
ORLANDO
Della bella negl'occhi
vidi per te, che favellava amore.
ASTOLFO
Orlando mio, tu non conosci Alcina?
ORLANDO
Alcina?
ASTOLFO
Alcina è questa.
ORLANDO
Quella, che a suo voler volge l'inferno?
ASTOLFO
Il suo potere eterno
ora sarà, poiché acquistato ha l'urna,
che del saggio Merlino il cener chiude,
e a custodirla ha tratto l'immortale
Aronte invulnerabile.
ORLANDO
Il fatale
d'un demone concetto, e d'una maga?
ASTOLFO
Invincibil possente
di ferrea mazza, e di gran core armato.
ORLANDO
L'alto trionfo a me riserba il fato.
Costanza dal mio core, Astolfo, impara.
Ti racconsola: ai rai di poca speme
già mi par di goder ore serene.
ASTOLFO
Costanza tu m'insegni, e vuoi ch'io speri,
ma quegl'occhi superbi, e severi
non danno alle mie pene un guardo solo.
Pascendo di speranza i miei pensieri
pur tal volta sospiro, e mi consolo.
Orlando, poi Bradamante.
ORLANDO
Pietoso dio d'amor, poiché a te piacque
trarmi dentro a tuoi lacci
in dolce servitù, vibra nel core
d'Angelica la bella
uno stral sì cocente
onde per me s'accenda, e m'ami al fine.
BRADAMANTE
Adorato Ruggier... Qui Orlando?
Orlando!
ORLANDO
Bradamante!
Come tu qui?
BRADAMANTE
Del mio Ruggier in traccia.
ORLANDO
Ei la destra, e la fede
di sposo non ti diè?
BRADAMANTE
Sorte rubella
per disusata via poi me 'l ritolse.
ORLANDO
Sventurata.
BRADAMANTE
La saggia incantatrice
Melissa, a me predisse,
ch'arder qui dée il mio bene
per magico poter d'Alcina al foco.
ORLANDO
Consolati cugina.
Se il possente indovino oggi non mente
lieti sarem: ma tu, come d'Alcina
osasti nella reggia entrar nei tuoi
cotanto noti arnesi, e sola?
BRADAMANTE
È meco
la possente Melissa,
e in questo anel contro gl'incanti e l'arti
de la maga infedel ho vali d'arme.
ORLANDO
Ora t'intendo; è questo
il prezioso anel, che da ogni incanto
serba illeso chi il porta.
BRADAMANTE
E lo nasconde,
se tra la labbra il chiude, agl'occhi altrui.
ORLANDO
Potrà però il guerriero usato arnese,
e l'onorata tua famosa spada
render sempre più vano il tuo periglio.
BRADAMANTE
Generoso è 'l consiglio
ma alla maga crudele
nasconderò il mio nome,
né mostrerò quest'aria mia guerriera.
Tanto men Bradamante
rassembrerò a costei, quanto men fiera.
Asconderò il mio sdegno
al nero core indegno,
sin tanto che al mio amor torni lo sposo.
Ma se mi toglie (oh dio)
l'indegna l'idol mio
il braccio proverà fiero, e sdegnoso.
Orlando solo.
Insolito coraggio ora in quest'alma
portan dal mago illustre
i fatidici sensi: egli del nume
ebbro, e ripieno, in me lo sguardo fisse,
e nel sagro furor così mi disse:
«Orlando, allora il ciel per te dispose
le fortune d'amor, quando ad Alcina
involerai le ceneri famose,
che involser di Merlin l'alma divina.
Spera, coglier potrai le gloriose
palme, che il fato al tuo poter destina:
per te sia l'immortal custode estinto,
e 'l poter della maga oppresso e vinto.»
Amorose mie brame
non più duol e timor: speriam ben tosto
sarem, io glorioso, e voi contente:
l'indovino il promise, egli non mente.
Nel profondo
cieco mondo
si precipiti la sorte
già spietata a questo cor.
Vincerà l'amor più forte
con l'aita del valor.
Giardino delizioso in cui si vedono le due fonti, una delle quali estinge, l'altra accendente l'amore.
Mare tempestoso in lontano.
Angelica, poi Medoro ferito che viene dal mare.
ANGELICA
Quanto somigli tempestoso mare
al fluttuar di questa anima amante!
L'onda che il flutto incalza
e la voglia amorosa,
ch'incalza il fiero duol della mia pena:
or si discopre la profonda arena,
or l'onda inferocita
sale tumida al ciel...
MEDORO
Soccorso. Aita.
ANGELICA
Misero! Ahimè, che veggio? Un picciol legno
quasi dall'onde assorto
vicino a naufragar? Stranier, fa core,
respingi pur l'onda nemica: in salvo
già lo vegg'io dal fier Nettun irato!
MEDORO
Pur ritorno a mirarti idolo amato!
ANGELICA
Che veggio! Ah mio tesor: di braccio a morte
t'involaro i miei voti!
Pur ti riveggo, e pur ti stringo al seno.
Qual sangue? Ahi me infelice!
MEDORO
Io vengo meno.
ANGELICA
Qui ti siedi cor mio.
MEDORO
Vedo la morte
stender sovra di me squallidi i vanni.
Ecco i freddi sudori:
dall'aperto mio fianco esce già l'alma;
ma dolce mi è il morir, or che la sorte
fra le tue braccia il mio morir destina.
ANGELICA
Pietosi dèi, chi mi soccorre?
Alcina e detti.
ALCINA
Alcina.
(intanto che Angelica è smaniosa, Alcina con magici accenti sana Medoro dalla ferite)
ANGELICA
Alcina. Ah, tal mi rendi il mio tesoro?
Vedi il giglio d'amor langue, e rugiade...
Ma da qual cielo, oh dio! rugiade attendo?
Il mio pianto, il mio sangue
Alcina basterà per ravvivarlo.
ALCINA
Bastò già il mio potere.
MEDORO
Chi mi richiama in vita?
ANGELICA
Aperti ha i lumi.
(ad Alcina)
Riveggo, o sogno, i rai celesti?
ALCINA
E in loro
vedi un'opra volgar della mia possa.
ANGELICA
(ad Alcina)
Che di eterno dovere a te mi stringe.
(a Medoro)
Pur respiri alma mia!
MEDORO
Ripieno ho il petto
di gioia e di contento,
poiché ti stringo al sen, cor del mio core.
ALCINA
Narran i casi tuoi, che dopo il pianto
egli è soave il rammentarli in gioia.
MEDORO
Te perduta, te cerco e giunto al mare
legno di Logistilla
mi accoglie: sciolto abbiam le vele appena,
che da navi nemiche intorno cinti
siam combattuti, e vinti.
Ferito io resto, e prigionier: si adira
Nettuno, ed il naufragio a noi minaccia;
sgravansi per sottrarsi ai di lui sdegni
dalle inutili somme i carchi legni.
Rimango il primo absorto,
e sepolto nell'onde in pria che morto:
l'onda qua, e la m'incalza,
e sovra il mar m'innalza.
Il ciel riveggo, e m'innalza agl'occhi miei
l'instabil flutto un picciol legno adduce;
tosto l'afferro; e mentre chiedo aita,
quando morte io temea trovo la vita.
Orlando e suddetti.
ORLANDO
Non godrai sempre in pace,
lieto del tuo gioir, rivale audace.
ALCINA
Orlando?
ANGELICA
(Ahimè!)
MEDORO
(Io son perduto.)
ORLANDO
Rendi pur grazie al ciel, ch'inerme sei.
Col tuo sangue vorrei...
ANGELICA
Che far vorresti?
ALCINA
(piano a Medoro)
Deh, non temer.
ANGELICA
Lusinghe or siate meco.
MEDORO
Oh, fugaci contenti!
ORLANDO
(ad Angelica)
Impallidisci
tigre di crudeltà, sfinge d'inganni.
ALCINA
Tu non conosci, Orlando,
chi sia il garzon, di cui geloso or sei:
d'Angelica la bella egl' è il germano.
MEDORO
Ormai respiro, oh dèi!
ANGELICA
Così ingrato m'insulti, e così temi
del mio sincero amor, della mia fede!
ORLANDO
Ove trascorsi!
ALCINA
Oh come scaltra or finge!
ORLANDO
Senti, senti mio ben.
ANGELICA
Sono una sfinge,
una tigre: vi aggiungi,
per caparra d'amor, qualch'altra offesa.
Io tigre mentitor? Tu a me lo sei
con questo vano tuo timor geloso.
ORLANDO
(a Medoro)
Tu m'impetra il perdono...
MEDORO
Non lo potrei, se il tuo rival già sono.
ANGELICA
Poveri affetti miei! Questa vi rende
amorosa mercede il core ingrato!
(finge di piangere)
ORLANDO
Per questa bella man, che umile io stringo.
MEDORO
(piano ad Angelica)
Cara, piangi per lui?
ANGELICA
(piano a Medoro)
Non piango, io fingo.
ALCINA
(ad Angelica)
S'egli t'offese a me l'offesa or dona.
Vedilo, che pentito
te ne chiede perdon.
ORLANDO
Bella, perdona.
ANGELICA
Temesti di mia fede, e ancor non sai,
che tuo è 'l mio cor, che tu sei l'idol mio?
ORLANDO
O bellissima destra!
ANGELICA
Ella ti è pegno
di mia candida fede.
MEDORO
(piano ad Angelica)
Angelica...
ANGELICA
Ti accheta.
MEDORO
(piano ad Alcina)
Finge pur!
ALCINA
Non lo vedi?
MEDORO
Ahi che tormento!
ORLANDO
(ad Angelica)
I begl'occhi onde amor vibra le faci...
ANGELICA
Per te, se belli son, son belli.
MEDORO
Oh dio!
ANGELICA
Sei tu geloso ancor?
ORLANDO
No.
ANGELICA
Dunque taci.
Tu sei degl'occhi miei
tu sei di questo sen;
(a Medoro)
soffri, tu sei 'l mio ben
l'oggetto amato.
Geloso non ti bramo
credimi sì ch'io t'amo
son tua, si tua son io
idolo del cor mio
nume adorato.
Orlando, Medoro ed Alcina.
ORLANDO
Ahi crudel gelosia,
tiranna degl'affetti
quasi presso al mio ben reo mi rendesti.
(ad Alcina)
Tu pietosa togliesti
Alcina dal mio sen il rio timore.
(a Medoro)
Perdona amico, è sempre cieco amore.
Troppo è fiero, il nume arciero,
quando in sen di chi ben ama
d'una fredda gelosia
il velen spargendo va.
Ma consola l'alma mia
il pensier, che il mio timore
già nel core
del mio ben destò pietà.
Alcina e Medoro.
ALCINA
Medoro, il ciglio abbassi, e stai dolente?
Lascia di sospirar.
MEDORO
Cieli! Chi mai
creduto avria, che in'un momento solo
Angelica potesse,
mostrando ad altri amor, farsi incostante?
ALCINA
L'arti ancora non sai d'un core amante.
MEDORO
Eh, d'arti non ha d'uopo,
chi nel seno racchiude un cor sincero.
S'altri adora il mio bene,
io soffrir lo dovrò, dovrò tacere?
ALCINA
E soffrire, e tacer: questo è amor vero.
MEDORO
Se tacendo, se soffrendo
io togliessi ogn'altro affetto
dal pensier dell'idol mio
bella allora io soffrirei;
ma in'amando e sospirando
mi tormenta il sol sospetto
che tradisca il destin rio
gl'innocenti affetti miei.
Alcina poi Ruggiero.
ALCINA
Innocente garzon, tu ancor non sai
con quanti strali amor ferisca un core.
Verrà, verrà per te quel giorno ancora,
che pensier cangerai.
Se avessi un solo amante,
fra le donne, sarei donna volgare.
Ma qual ventura è questa!
Da un destriero volante
veggio, che scende armato cavaliere.
A questa parte ei volge il più: che sia?
RUGGIERO
ALCINA
(È vago!)
Poiché per mia gran sorte,
sceso dal cielo onori i regni miei,
cavaliero gentil, dimmi chi sei?
RUGGIERO
ALCINA
Qui dove io son reina
valoroso Ruggiero
signor tu sei.
RUGGIERO
ALCINA
Alcina, tanto deve al tuo nome
(e al suo sembiante).
RUGGIERO
ALCINA
Fisso mi guarda e poi fra sé favella.
Nuova preda ei farà degl'occhi miei.
RUGGIERO
ALCINA
Meco all'ombra t'assidi.
(siede fra le due fonti)
Il fianco tuo riposa, e ti ristora
in quest'onda tranquilla.
RUGGIERO
ALCINA
Assaggia meco
il limpido cristallo.
(Il prendo all'esca!)
RUGGIERO
ALCINA
(S'egli nel petto avea
qualche foco d'amore,
l'onda ne spense già tutto l'ardore.)
(a Ruggiero)
Questo umor si leggero
caro, della tua sete estinse il foco.
(Il colgo nella rete a poco a poco.)
RUGGIERO
ALCINA
Ma questa è più soave.
(Ora ei cade nel laccio.)
RUGGIERO
ALCINA
Incendio desta
l'onda fatal per me nel di lui core,
e d'ogn'altra bellezza
adorata da lui l'idea cancella.
RUGGIERO
ALCINA
Il doppio sol de tuoi begl'occhi è quello,
che co' suoi raggi il volto mio fa bello.
Bradamante, e suddetti.
BRADAMANTE
Vo cercando Ruggiero, e 'l trovo involto
ne i lacci della maga. Oh me infelice!
Or qui gelosa, e inosservata ascolto.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Misera!
ALCINA
Oh! fosse amore,
quello, che dal tuo labbro a me favella.
BRADAMANTE
Ahi, donna ingannatrice!
ALCINA
Ei già sospira.
RUGGIERO
ALCINA
Dirò, ch'io pria t'amai
e giurerò, caro, d'amarti sempre.
BRADAMANTE
(Perfida!)
RUGGIERO
BRADAMANTE
(a Ruggiero)
Ah traditore!
Questa è la fé, che mi giurasti, e questo
è il promesso tuo amore?
ALCINA
(a Ruggiero)
E chi è costei?
RUGGIERO
BRADAMANTE
(Ove trascorsi, oh dèi.)
Olimpia io son (mentasi il nome) e quello
il perfido Bireno.
Egli il giglio più bel su questo seno
sfrondò con fé di sposo,
poscia m'abbandonò: s'egli sospira,
son mentiti i sospiri.
ALCINA
(a Ruggiero)
Di Bireno che parla?
RUGGIERO
ALCINA
Olimpia de' tuoi casi
mi pesa il reo tenor; ma tu vedrai,
che Bireno non è.
BRADAMANTE
(Pur troppo è vero.)
RUGGIERO
BRADAMANTE
(Non mi ravvisa, o finge.) Empio tu menti;
io conobbi Ruggiero
amoroso, e costante.
RUGGIERO
ALCINA
Sarò teco mia vita.
BRADAMANTE
Ah traditore!
RUGGIERO
Alcina e Bradamante.
BRADAMANTE
Ah inumano, ah crudele!
ALCINA
Guarda ben, che t'inganni.
BRADAMANTE
E l'infedele
che mi promise affetto,
che si giurò ben mille volte, e mille
a queste mie pupille
il più leale amante,
che portasse d'amor fiamme nel seno.
ALCINA
Bella, tu prendi error, non è Bireno.
BRADAMANTE
Non ti credo, no, no: seguir lo voglio:
non sempre riderai del mio cordoglio
(parte)
ALCINA
Se lo crede Bireno, ella s'inganna,
e se Ruggiero il crede
in van spera da lui costanza, e fede.
Ei già di questi rai cede all'impero;
lo siegua, il cor non teme, e mio Ruggiero.
Amorose ai rai del sole
son le rose, e le viole,
ed il sol col raggio ardente
pur talor languir le fa.
Benché senta il mio diletto
nuovo fuoco dentro il petto,
amerà sempre costante
la mia bella fedeltà.
Boschetto delizioso con ritiri di verdura.
Alcina ed Astolfo.
ALCINA
Tant'è l'amor per variar d'oggetto
fa più dolce il gioire
nel fortunato ardor di nuovo affetto.
ASTOLFO
Tal che Alcina egli è ver: tocca a penare
al povero mio cor quand'altri gode.
ALCINA
Fonte perenne è il sol della sua luce,
e il sol della bellezza
perenne è di sue gioie, e s'un ne gode
ad altri non invola
il soave piacer del godimento.
ASTOLFO
Una donna incostante è un gran tormento!
Non ho più cor da sofferir quest'arti,
con cui dividi amor.
ALCINA
Povero Astolfo!
Non hai più cor da sofferirle? Parti.
ASTOLFO
Ch'io mi parta da te? Troppo tenaci
le mie ritorte son.
ALCINA
Resta, ma taci.
ASTOLFO
Ahi qual barbara legge imponi al core?
Dovrò vederti, infida,
né il povero mio amor potrà lagnarsi?
ALCINA
Questa è la strada Astolfo
per meritar gl'affetti miei. La sola
sofferenza può un dì farti felice.
ASTOLFO
Comincia molto mal la mia fortuna!
Io t'amo, e t'amo, o bella
col più tenero amor, col più costante,
che accendesse giammai altr'alma amante.
E tu donna crudele...
ALCINA
Al vento spargi omai le tue querele.
Vorresti amor da me?
L'avrai, l'avrai;
ma non sperar, che mai
al solo solo foco
de' tuoi languenti rai
arda il mio cor.
T'inganni se lo credi,
sei cieco, se non vedi,
ch'io contenta non son
d'un solo amor.
Astolfo, poi Bradamante.
ASTOLFO
Per qual donna incostante,
crudele amore m'incatenasti il core.
Barbara ancor d' infedeltà ti vanti?
E questa è la mercede
che doni in ricompensa alla mia fede?
BRADAMANTE
Forte campion, non ti vergogni ancora,
che una perfida donna ingannatrice
te pur tenga d'amor ne i lacci involto?
Scuoti il giogo crudel, vinci te stesso.
ASTOLFO
Veggio il mio danno espresso
nel doppio infido cor d'Alcina ingrata.
BRADAMANTE
È una maga spietata,
che con occulta infame forza (oh dio)
anco del mio Ruggier l'amor mi tolse,
ma vendicar saprò l'oltraggio mio.
ASTOLFO
Protegga il cielo i tuoi disegni, e sia
la tua vendetta ancor vendetta mia.
Benché nasconda
la serpe in seno
spietata, e immonda
il rio veleno,
è men crudele
dell'infedele
che t'ingannò.
È pien di frodi
il regno infido,
e in altro lido
io fuggirò.
Bradamante, Ruggiero, poi Orlando.
BRADAMANTE
Qui viene il mio Ruggier: resisti o core.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Del tuo non vidi mai cuor più infedele.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Tempo già fu, che anch'io bella, e vezzosa
sembrava a l'empio cor, che chiudi in seno.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Guarda un poco questi occhi.
Li conosci fellon?
RUGGIERO
BRADAMANTE
No, dimmi,
conosci, traditor, questi occhi miei?
RUGGIERO
BRADAMANTE
Nel loro ardor di Bradamante
vedi l'irato cor? Guardali bene:
guardali traditor.
RUGGIERO
ORLANDO
(a Ruggiero)
Non ti sovvien la fé, mal cavaliero,
che le giurasti.
RUGGIERO
BRADAMANTE
(a Ruggiero dandogli l'anello fatale, che passato in di lui mano scioglie l'incanto, per il quale egli non conoscea Bradamante)
L'aurato cerchio
quest'è, che di tue fé mi desti in pegno.
Miralo.
RUGGIERO
ORLANDO
Il sacro anello
sciolse l'incanto, onde l'idea nascosa
le rimaneva infin del tuo bel volto.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Torna con quell' anello,
Ruggiero, a rimirar d'Alcina il bello;
e se allora da te vien riamata
ti perdono, e mi parto invendicata.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Taci non ti lagnar:
taci non mi pregar.
Disperdi i pianti all'aure,
i prieghi al vento.
Bugiardo infido cor,
e menzognero ancor
nel pentimento.
Ruggiero ed Orlando.
RUGGIERO
ORLANDO
Macchia forzata
d'involontario error non passa al core.
RUGGIERO
ORLANDO
Che d'ira generosa, illustre figlio,
l'altra virtù di nobil alma addita.
Meco vieni o Ruggier: come si vede
dopo turbine rio,
splender più chiara in ciel stella serena,
così quell'alma irata
tosto vedrai, da sdegni suoi placata.
Sorge l'irato nembo,
e la fatal tempesta,
col sussurrar dell'onde,
ed agita, e confonde,
e cielo e mare.
Ma fugge in un baleno
l'orrida nube infesta,
e 'l placido sereno
in cielo appare.
Montuosa alpestre con alta, e scoscesa rupe.
Angelica, Medoro.
MEDORO
Da questi sassi?
ANGELICA
Sì, da questi sassi,
scintillar deve il foco, onde la face
accenderà Imeneo
a far delle nostr'alme una sol alma.
MEDORO
Ma Orlando, o ciel!
ANGELICA
Non paventar, che Orlando
non ne vedrà la fiamma: in me confida,
e lasciami qui sola
a terminar del nostro amor la sorte.
MEDORO
Perde, o bella, ogni lume
la gloria di ubbidirti,
or che m'imponi, ch'io ti lasci.
ANGELICA
I pochi fortunati momenti
che lunge a me starai saranno eterni,
al tuo core, al mio cor, caro, i contenti.
MEDORO
Ah, che in partir timido e mesto il core,
è costretto a penar lungi al suo bello,
tra speranza, e timore.
Qual candido fiore
che sorge nel prato
rinasce nel core
la bella mia speme,
poi torna a perir.
Son troppo felice
se amarti mi lice;
ma l'anima amante
fedele e costante
lontan dal suo bene
si sente languir.
Angelica, poi Orlando.
ANGELICA
Né giunge Orlando ancor? Con la sua morte
assicurar vuò la mia pace. Alcina
della rupe l'incanto
sola non userà... (Qui l'importuno!
Cauta alma mia, se vuoi goder.)
ORLANDO
Mia bella
eccomi: sospirosa
m'accogli ancor? Favella:
a qual rispetto omai per te si bada?
V'ha periglio? Vi son mostri, o giganti?
Ho core, ho braccio, ho spada
da vincerli per te.
ANGELICA
M'inorridisco
al sol pensarvi: troppo
mi costeria costando un tuo periglio
la capricciosa mia brama importuna.
(Traggo, se il colgo al laccio,
Medoro di periglio, e me d'impaccio.)
ORLANDO
Dunque m'invidieresti il glorioso
dolce morir per te?
ANGELICA
Tu lasciarmi e morir? Tua bella fede
nel funesto pensier l'alma non vede.
Chiara al pari di lucida stella
scintillando tua candida fede
prometteva mercede al mio amor.
Ma il pensier di lasciarmi crudele
fa temer, che non sia sempre bella
la facella, onde avvampa il mio cor.
(finge di partire)
ORLANDO
Questa è amorosa fé, quello è un bel core.
Chi vide mai più fortunato amore!
Dove, dove fuggisti, anima mia!
Torna, deh torna o cara
e, o svelami tua brama?
O mi vedrai ora al tuo piede estinto.
ANGELICA
Ingegnoso crudel, perfine hai vinto.
Sulla rupe che vedi argenteo vaso
serba l'acque fatali,
onde Medea del già cadente Esone
fe' rifiorir l'etade: io le vorrei.
ORLANDO
E valea i tuoi sospir sì lieve brama?
ANGELICA
Vigile sempre a lor custodia è intento
orribil mostro, e indomito dimora.
ORLANDO
Io il domerò.
ANGELICA
Noi fortunati allora
potrem, durando sempre in fior d'etade
rendere eterni i nostri dolci affetti.
ORLANDO
Oh, soave sperar quanto m'alletti!
ANGELICA
Oh, dio! T'amo e pavento...
ORLANDO
Un sì forte vigore
infonde nel mio sen, cara, il tuo amore,
ch'ogni periglio io sfido:
la rupe io saglio, e il fiero mostro uccido.
(va per salire la rupe)
Astolfo, e detti.
ASTOLFO
Orlando, dove Orlando? Arresta i passi.
ANGELICA
(Ah! Son scoperta!)
ASTOLFO
(ad Orlando)
A certa morte vassi
per l'infausto sentier.
ORLANDO
(ad Astolfo)
Tema al mio core?
ASTOLFO
(ad Orlando)
Se certa è morte, allor virtù è 'l timore.
Tu bella, che lo puoi, tu lo distorna.
ANGELICA
(piano ad Astolfo)
Parlava appunto...
ASTOLFO
(piano ad Angelica)
A favellar li torna.
ANGELICA
(piano ad Orlando)
Egli t'invidia il glorioso acquisto.
ORLANDO
Odimi Astolfo: io veggo
dove tolga di mira il tuo disegno.
Non provocarmi a sdegno: il mio gioire
è il trovar sempre nuovi, e nuovi mostri,
onde il valor del mio gran core io mostri.
ASTOLFO
(piano ad Angelica a parte)
Che di mostri favella?
ANGELICA
Non so: confusa io sono.
ASTOLFO
(ad Orlando che torna ad incamminarsi a salire la rupe)
Il passo arresta.
ORLANDO
(ad Astolfo)
Tant'osi?
ANGELICA
(piano ad Astolfo)
Egli si adira: io dall'insana
impresa il distorrò, vanne.
ASTOLFO
(piano ad Angelica)
Confido in quel poter,
che sovra il voler suoi
ha il fulgido seren degl'occhi tuoi.
(parte)
Orlando ed Angelica.
ORLANDO
L'importuno partì.
ANGELICA
Vedesti, aspira
a l'impresa, che dée farne felici.
ORLANDO
(salendo la rupe)
Già saglio.
ANGELICA
È pur scoscesa.
ORLANDO
L'ale mi presta amor.
ANGELICA
(Vicina al porto
già sei giunta o mia frode!)
ORLANDO
Mostro crudele... i sibili ne ascolto.
ANGELICA
(Il credulo ch'egl'è! Per fin l'ho colto.)
ORLANDO
Mostro ove sei? Che sia?
Si precipita la rupe trasformandosi in una orrida caverna della quale in nessuna parte si vede l'uscita.
Orlando solo nella caverna.
ORLANDO
Precipizio che altrui morte saria
raddoppia il mio vigor: mostro ove sei?
Ti sfido, esci, paventi
uscirmi a fronte? A te la vita lascio;
né dell'orrido teschio ornar pretendo;
né dell'irsute cuoia i miei trionfi.
L'acque mi addita o questo orribil speco
di te covile io struggerò, e rapina
farò di lor.
VOCE DI DENTRO
Sei prigionier d'Alcina.
ORLANDO
Prigioniero! Chi parla? Ho al fianco il brando,
né l'insano tuo dir sgomenta Orlando.
(guarda attorno, e non vede esservi uscita)
Qui dove uscir non scorgo;
sassi orgogliosi intendo
il muto favellar del vostro orrore.
Son tradito, il vedo, il so,
ma al destin non cederò.
(tenta di svellere i sassi)
Dure selci cedete:
invano resistete
alla scossa del mio braccio possente.
(svelle un sasso)
Un marmo ho già divelto: incerta luce
nella cupa spelonca ora traluce.
(fa nuovi sforzi)
Ingratissima Angelica, il mio core
presa lena maggior da sdegni suoi
giusto furor traspira.
Uscirò infida, ed il tuo nuovo amore
calpesterò tutto dispetto, ed ira.
All'estrema mia possa
altro sasso già cede: aperto è il passo.
Esce da tua prigione, Alcina, Orlando,
dell'infame tuo regno
a far scempio crudele, e memorando.
Bradamante e Ruggiero.
BRADAMANTE
Hai vinto alfine o mio pudico amore:
Ruggier mercé del prezioso anello
vide il deforme aspetto,
che nella iniqua maga
a forza d'arti ignote altrui par bello.
RUGGIERO
BRADAMANTE
E ben Ruggiero,
la bellissima Alcina,
la novella, e vezzosa
deità del tuo cor, come ti aggrada?
RUGGIERO
BRADAMANTE
Vanne, vanne ad Alcina, io non son quella.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Va' gentil cavaliero, ella ti attende.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Vendetta io voglio.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Mori crudel, ma in questo amplesso.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Narrate i miei contenti
piante, frondi, erbe, fiori, antri, aure e venti.
Vinto ha già l'alma mia:
il mio fido Ruggier tornò qual pria.
Se cresce un torrente
con torbida piena
e rompe la sponda,
altera si spande
nei campi quell'onda,
e freno non ha.
La gioia è si grande
che l'anima sente
che il cor si risente
e dentro sé stesso
l'estremo piacere
racchiuder non sa.
Campagna a' piedi d'un colle con boschetto alle parti, all'ombra dei quali vedesi apparecchio di vasellami, e la tazza nuziale di Angelica, e Medoro.
Angelica, Medoro, Alcina, Coro.
CORO
Al fragor de' corni audaci
s'oda il colle ad echeggiar;
e in veder sì casti laci
venga Amore a trionfar.
MEDORO
Qui dove dolce Zeffiretto spira
e per l'amata auretta innamorato,
sussurrando sospira,
fra tazze coronate i nostri affetti
sospireran di gioia.
ANGELICA
Ah vedi come
la pampinosa vite
stringe in nodi d'amor l'olmo marito!
Tal quest'alma al tuo core
stringerà amor d'indissolubil nodo.
MEDORO
Qui Alcina.
ALCINA
(No 'l ritrovo.)
Il mio Ruggiero
me 'l sapresti additar?
ANGELICA
No 'l vidi.
MEDORO
Forse
per poco te 'l rapii desio di preda.
ALCINA
Par, che lo spirito un rio destin preveda.
ANGELICA
Eh, dà pace al tuo cor.
MEDORO
Tregua ai martiri.
ALCINA
Benché l'alma in sua doglia egra sospiri
pure a vostri imenei
pronuba qual promisi esser degg'io.
MEDORO, ANGELICA
Gioie non mi uccidete.
ALCINA
A questa nuzial tazza amorosa
bevi sposo tu pria, tu poscia o sposa.
(un paggio presenta la tazza a Medoro)
MEDORO
Te gran diva di Cipro alta, e possente,
te faretrato amor, bevendo invoco,
e te Bromio festivo
perché lieto, e giulivo
per Angelica sempre arda il mio foco.
(beve poi presenta la tazza ad Angelica)
CORO
Gran madre Venere
gran nume Tespio
gran padre Libero
odi i suoi voti.
ALCINA
Così da questi dèi
si udisser per Ruggiero i voti miei.
ANGELICA
Te Citerea vezzosa,
te dolcissimo amore!
te libero amoroso
la tazza nuzial vuotando invoco.
Quale è il dolce liquore
tal sia, ma eterno sia
per Medoro a me in sen
mai sempre amore.
CORO
Diva dell'Espero
fanciullo Idalio
nume Semeleo
odi i suoi voti.
ALCINA
Così da questi dèi
si udisser per Ruggiero i voti miei.
Alme felici io parto: ah, perdonate
al mio timor, all'amor mio, se parto.
Mirate: anco in partir dispiega a voi
l'infelice cor mio gl'auguri suoi.
(addita le iscrizioni)
Vivan sempre amorosi
Angelica, e Medoro amanti, e sposi.
Così potessi anch'io
goder coll'idol mio
la pace, che trovar non può 'l mio cor.
Ma unito alla mia stella,
e perfida, e rubella
sol tormenti minaccia il dio d'amor.
Angelica, e Medoro.
MEDORO
M'ha commosso a pietà.
ANGELICA
Lasciamo a lei
de suoi martir le pene,
e in queste verdi pianticelle amene
verghiamo noi le nostre gioie, o caro.
MEDORO
Si crescano le tenere cortecce,
e in loro il testimon del nostro ardore.
ANGELICA
E in ogni cor gentil, servo d'amore
brilli per noi lo spirto
io vergo questo alloro.
MEDORO
Io questo mirto.
(vergano con i dardi le cortecce degl'alberi)
ANGELICA E MEDORO
Belle pianticelle
crescete, verdeggiate,
e il nostro lieto amore
in voi serbate
ANGELICA
Leggi nel verde alloro.
MEDORO
(legge)
«Angelica qui fu sposa a Medoro.»
Leggi il mirto amoroso.
ANGELICA
(legge)
«Medoro qui d'Angelica fu sposo.»
Sei mia fiamma, e sei mio bene
sei mio sole, e sei mio cor
in sue amabili catene
ne restringa eterno amor.
MEDORO
Sei mia gioia, sei mia pace
sei mia stella, e sei mio ben:
quanto amabile è la face
che mi accende il core in sen.
Orlando, che giunge e vede partire Angelica e Medoro.
ORLANDO
Ah sleale, ah spergiura,
donna ingrata infedel, cor traditore;
del tuo mal nato ardore
vengo a smorzar... oh ciel,
che leggo (ahi lasso).
«Vivan sempre amorosi,
Angelica, e Medoro amanti, e sposi.»
Angelica, e Medoro amanti, e sposi?
Questa, questa è la scure,
ahimè, che il capo tronca alla mia speme.
Di Medoro il mio bene?
Sgorgate, o lagrime
a fonti, a rive.
ORLANDO
No, ch'è poco, a torrenti, a fiumi, a mari.
Arde Orlando, che Orlando?
Eh, Orlando è morto.
La sua donna ingratissima l'ha ucciso.
Io son lo spirto suo da lui diviso,
e son con l'ombra mia, che sola avanza
esempio a chi in amor pone speranza.
(legge sopra l'alloro)
«Angelica qui fu sposa a Medoro.»
Chi segnò quest'alloro!
Lo vergò di sua man la mia tiranna,
v'impresse di sua mano il mio martoro.
Amanti e sposi? oh dio! Sposa a Medoro!
Vendetta, sì vendetta incontro amore
or n'ho trovato il modo,
per cacciarmel dal sen trarrommi il core.
Io ti getto elmo, ed usbergo:
ite o piastre, e maglie al suolo.
(legge nel mirto segnato da Medoro)
«Medoro qui d'Angelica fu sposo.»
A te mirto orgoglioso
vuò sfrondarti, schiantarti
sino all'ultimo bronco,
ed estirpar dalla radice il tronco.
Ho cento vanni al piede
ho duecent'occhi in fronte,
e nel furor che ho in sen
m'adiro almeno almen
con mille cuori.
Sopra quei vanni io m'ergo
volo dal piano al monte
quelle pupille io miro
con tutti i cuor
nel mio furor
m'adiro.
Occhi, vanni, furor, cuori, oh martoro!
Amanti, e sposi Angelica, e Medoro!
Vestibulo avanti il tempio d'Ecate Inferna con un muro d'acciaio in prospetto che chiude il tempio medesimo.
Astolfo e Ruggiero.
RUGGIERO
ASTOLFO
E sol desio
l'onor del rogo all'onorata salma,
e alle ceneri illustri urna condegna.
RUGGIERO
ASTOLFO
Sì, contro Alcina alla vendetta
accingiamoci, o Ruggier: Melissa puote
quelle mura d'acciaro
a nostri passi aprir; se meco sei,
se l'amazzone nostra a noi s'unisce
nulla temo il poter de' Stigi dèi.
Dove il valor combatte
nulla il vigor potrà
d'inferno irato.
Se l'empietà s'abbatte,
contro del suo rigor
congiura il fato.
Ruggiero, poi Bradamante in abito di uomo.
RUGGIERO
BRADAMANTE
La tenti invano.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Ma perché sola io voglio
l'onor del colpo, e sola averlo io posso:
colà dentro racchiusa è la fatale
urna, che eterno fa il poter de l'empia.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Melissa, infin Melissa
come rapirla ignora, e chiusa, il vedi,
d'acciar la soglia, ed immortale è il fiero
custode delle ceneri famose.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Vedrai per me della crudel lo scempio.
Alcina e detti in disparte.
ALCINA
L'arco vuò frangerti,
la face spegnerti
tiranno barbaro,
nume d'amor.
Ma invan minaccio amor, ride il superbo
dell'ire insane mie: te se non posso,
atterrirò di Flegetonte i dèi.
BRADAMANTE
(a Ruggiero)
Il poter di Melissa è in fin mia difesa.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Certo Melissa il rende.
ALCINA
Numi orrendi d'Averno
sin dal profondo inferno
l'orride piume a i miei comandi ergete.
Volate, che tardate a cenni miei?
Che sì pigri, che sì...
BRADAMANTE
Dormon di Lete
per lei già su le sponde.
ALCINA
Iniqui, e rei.
Vuò saper di Ruggiero, o d'Acheronte
verrò a predare il regno:
miseri voi, se cresce più il mio sdegno.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Ma invano.
ALCINA
Lassa! Sordo l'inferno,
sordo il ciel, che far degg'io?
Del gran saggio Merlin parli lo spirto.
Aprite, o mura, il varco
alla vostra reina.
Si spezza in due parti il muro d'acciaro e si scopre il tempio d'Ecate Inferna, vedesi nel tempio la statua del famoso mago Merlino appoggiata ad un'urna entro cui stanno le di lui ceneri; d'interno è chiusa da balaustri di ferro, e vi sta alla custodia l'inviolabile Aronte con mazza impugnata; da una parte ara d'Ecate.
RUGGIERO
BRADAMANTE
O stupor!
ALCINA
Se mai d'Alcina
spirto celeste i prieghi udisti, e i pianti
t'impietosiro il ciel dove risiedi,
i di lei prieghi ascolta,
i di lei pianti or vedi,
e del mesto suo cor pietà ti prenda.
RUGGIERO
BRADAMANTE
(forte da sé mostrando, entra in scena)
Benché tu l'ale stenda
per l'aere fellon...
ALCINA
Qual voce!
BRADAMANTE
Alcina
saprà arrestar della tua fugga il volo.
(ad Alcina)
Bellissima reina il reo Ruggiero
sovra alato destriero
agl'amor tuoi, a' sdegni miei si è tolto.
RUGGIERO
ALCINA
(a Bradamante)
Avrà ch'il segua.
(Oh che bel volto?
Di leggiadro guerrier, come ti appelli?)
BRADAMANTE
Ardalico son io. Ruggiero infido
d'una germana mia
il credulo bel cor trasse ad amore,
poscia ingrato, e incostante
l'abbandonò. Per cancellar quest'onta
sieguo in Ruggier la mia vendetta, il trovo,
ma in van, ch'ei spiegaratto all'aure i vanti
minacciando a me morte, a te ruina.
ALCINA
Oh folle, eterno è il gran poter d'Alcina!
RUGGIERO
BRADAMANTE
(Altera!)
ALCINA
Crede
forse per lui che disperarmi io deggia?
Come raggio di sol non manca a stella,
non manca a donna bella
mai gentile amator.
RUGGIERO
BRADAMANTE
Oh cieco!
Ai rai del tuo bellissimo sembiante!
ALCINA
Lieto cor mio, ch'ai ritrovato amante,
Ardalico il mio volto
per te qualunque ei sia...
Orlando, e detti.
ORLANDO
Cortese Ifigenia
il furibondo Oreste
se n' viene a te, che della Grecia è in bando.
BRADAMANTE
(Misero!)
RUGGIERO
ALCINA
Ignudo Orlando?
ORLANDO
(a Bradamante)
Ah, ah, che vedo mai?
Questa spada è rubata, ella è di Marte
eccolo là, nel centro della Luna
contro le donne a rivoltar le carte.
BRADAMANTE
(S'anco mi scopre, è folle.)
ORLANDO
(ad Alcina)
Per te c'è poi di brutto,
cadrà se non rimedi,
in precipizio ed in ruina il tutto.
ALCINA
Perché?
RUGGIERO
ORLANDO
(ad Alcina)
Senti.
BRADAMANTE
(Che spera!)
ORLANDO
Senti, senti, e compiangi
la storia miserabile, ma vera.
Il mio povero amore, una bellezza
avea invitato al ballo, allora quando
la nera crudeltà col reo rigore
nemici giuratissimi d'amore,
fecero il bel desire (ahi, cruda sorte!)
fecero il bel desir riuscire invano.
RUGGIERO
ALCINA
(a Bradamante)
È affatto insano.
ORLANDO
All'invito gentil, che amor le fa,
la fiera crudeltà,
con guardo torvo e minaccioso aspetto
disse così si fa! No, che non voglio;
ed il rigor, presa beltà per mano,
lascio con passo grave e cera brutta,
il mio povero amore a bocca asciutta.
Deh, appaghi ella il mio amor meco danzando.
Danziam signora la follia d'Orlando.
Suonate che fatte?
(in atto di danzare)
La la là la ra la.
RUGGIERO
ORLANDO
(ad Alcina, prendendola per mano)
Signora a chi dich'io?
ALCINA
(ad Orlando)
Tanto audace con me!
BRADAMANTE
(ad Alcina)
Deh, spegni o bella,
l'ira, che t'arde in cor.
ALCINA
Legge è il tuo cenno.
RUGGIERO
ORLANDO
Vola vola vola vola vola:
che vola? Amor che fugge, e Apollo,
vedete dietro a lui montato in furia,
per l'altissima ingiuria
fatta all'onesta sua Dafne pudica
mettendo nel bordello il casto alloro,
quando Angelica fu sposa a Medoro.
Angelica e detti.
ANGELICA
Come purpureo fior languendo muore,
che il vomere al passar tagliato lassa...
ALCINA
Qual voce?
ORLANDO
Zitto zitto.
ANGELICA
...così langue, in un seno amante, core
se lungi dal suo ben la vita passa.
RUGGIERO
ORLANDO
Oh l'incostante
ingannatrice amante,
che di stirpe si vanta d'Anfione,
canta per suo diporto una canzone.
Canta tu pur, che te ne priego.
BRADAMANTE
(È folle.)
(ad Alcina)
Rendi contento, o bella, il suo desire.
ALCINA
Si appaghi la sua brama.
ORLANDO
Canterà?
ALCINA
Canterò.
ORLANDO
Lodato il cielo.
(si ritira)
ALCINA
Che dolce più, che più giocondo stato,
v'è mai qua giù d'un amoroso core,
che viver più felice, e fortunato
quanto il trovarsi in servitù d'amore?
Ma se lungi è il suo ben qual più doglioso
stato v'è mai d'un cor che sia amoroso.
(Orlando fa cenno ad Alcina e Bradamante che tacciano, prende d'improvviso Angelica)
ORLANDO
Prender la voglio.
(ad Angelica)
Affé t'ho colta!
ANGELICA
Aita.
ORLANDO
So che cortese non si sdegnerà,
signora crudeltà...
ANGELICA
Cieli, chi veggio mai.
ORLANDO
(ad Alcina)
L'abbiam prigion. Deh, renda il tuo rigore
al povero mio amore
la rapita beltà.
ANGELICA
(ridendo)
Strana follia!
ORLANDO
Come dunque tu ridi?
Ah, me la pagherai:
irriterò contro i tuoi sciocchi errori
le donne i cavalier, l'arme, e gl'amori.
ALCINA
Amor dove il guidasti!
BRADAMANTE
(guardando Angelica e Ruggiero)
(Alma di fera!)
RUGGIERO
ANGELICA
(ad Orlando)
Renderà il mio rigore,
la rapita beltà. Medoro, oh dio!
BRADAMANTE
Troppo fosti spietata.
ANGELICA
Ebbi sempre pietà de' suoi tormenti.
ORLANDO
Menti, sentisti l'eco.
L'ingiuriato mio povero amore,
da cui la speme ha già tolto congedo
ti dice, facend'eco al mio dolore,
menti, barbara donna, io non ti credo.
ANGELICA
Poveri affetti miei, siete innocenti.
Ma ingiusto è quel timor,
che al vostro bel candor,
il pregio toglie.
Ingrato io ti direi, t'inganni e menti;
ma no, che la mia fé
oltraggi per mercé
in pace accoglie.
Orlando, Alcina, Bradamante e Ruggiero in disparte.
ORLANDO
Ella parte. Mirate
la menzogna è con lei: ch'orridi mostri!
Nelle diverse sue facce deformi
molti sembrano, è vero, Endimioni,
ma basilischi son, serpi, e dragoni.
Gli seguirò,
gli atterrerò,
gli struggerò,
gl'annienterò.
(ad Aronte)
Vai dicendo di no?
Resta qui, Alcide, alla tua Iole appresso,
e n'averai la nuova adesso adesso.
(parte)
RUGGIERO
BRADAMANTE
(ad Alcina, additando Aronte)
Chi è il minaccioso?
ALCINA
Aronte, egl'è guerriero
feroce, invulnerabile, e fatale,
finché sostien la forte mazza in pugno.
BRADAMANTE
E di ferrea catena
alla destra l'annoda.
ALCINA
Or venga l'empio
Ruggiero, e provi di sua spada il taglio.
Quella catena a far mia possa eterna
con la spuma di Cerbero, lo stesso
tartareo re temprò d'Averno al foco.
BRADAMANTE
L'arcano m'ha scoperto a poco a poco.
ALCINA
Vanne Aldarico, e là dove tu miri
rider più verde il suol colà mi attendi.
BRADAMANTE
Qui lasciarò Ruggiero? Parto, ma peno.
Vedi fuor del mio petto uscir sospiri,
figli di quell'amor, che m'arde in seno.
Io son ne' lacci tuoi,
e ti promette il cor
fede, e costanza.
Vado: riposo in te;
sovvengati che sei
la mia speranza.
RUGGIERO
ALCINA
(guardando dietro a Bradamante)
Che bellezza! Che brio!
Son pur felice: Amor per me non chiude
i suoi tesori, e manda a questo core,
perché sia lieto un'amator novello.
Più dell'empio Ruggier leggiadro, e bello.
Non è felice un'alma,
che amando un sol oggetto
trovi del cor la calma,
e sia contenta.
Spesso cangiando amore
più fortunato è un core.
Non dà, non dà diletto,
un solo, solo affetto;
ma torbido talor
l'alma tormenta.
Ruggiero solo, poi Medoro.
RUGGIERO
MEDORO
Oh Ruggier! Menzognera
dunque la fama fu di tua incostanza!
RUGGIERO
MEDORO
Fuggire i primi desiati lacci
dell'amorosa Alcina,
spegner nel cor, che prima ardea le faci.
RUGGIERO
MEDORO
Talché dunque egli è vero...
RUGGIERO
Angelica, e detti.
ANGELICA
Costanza è allora il variar pensiero!
MEDORO
Con tanto ardor chi si difende è reo.
ANGELICA
(Di chi mai si favella!)
RUGGIERO
ANGELICA
(Al maggior uopo io giunsi.)
MEDORO
Entro al molle mio seno alberga un core,
che al tuo ceder non sa.
ANGELICA
(Vezzoso ardire.)
RUGGIERO
MEDORO
(snudando la spada)
Il brando stringi.
ANGELICA
(È tempo ch'io mi scopra.)
RUGGIERO
ANGELICA
E se brami vendetta, è tuo il mio petto.
RUGGIERO
ANGELICA
Se vago volto
il genio alletta e il cor: senti Ruggiero:
costanza è allora il variar pensiero.
RUGGIERO
Angelica e Medoro.
ANGELICA
Partir convien da questo cielo.
MEDORO
Oh dio!
Tradirono il cor mio
la destra ed il vigor e deggio intanto
l'onta soffrir d'ingiuriosi insulti.
ANGELICA
Disdicono, mio sposo
alla molle tua destra
e al tenero tuo sen spada e furore.
Son bellezza ed'amore
l'armi tue, il tuo vigor, e questo seno
il campo, ove tu déi dell'amor mio
aver dolci ripulse,
che finiranno in coniugali amplessi.
MEDORO
Oh conforte, oh speranza!
ANGELICA
Varcherem l'oceano, e a regni miei
felici approderem.
MEDORO
Paventi il vedo.
La sorte mia: deh, poni in calma, oh, cara
quel bel core, che il core a me rapì,
perché tanto timore?
ANGELICA
Nasce il timor dal mio soverchio amore.
MEDORO
Pena il mio bene, non meno io peno, e provo
(meraviglia d'amor) dolci le pene
ma nel timor dell'adorato bene
la pace, che vorrei, lasso, non trovo.
Vorrebbe amando il cor
riposo, e pace;
ma sempre teme amor
sempre paventa.
E poi sperando va
che forse un dì sarà
l'alma contenta.
Orlando solo.
No, no, ti dico, no. Forse pretendi
ombra squallida e nera
di spaventarmi! No, no, no, non è morta:
morta credea la crudeltà Nerone.
E sorto d'Acheronte
volea ch'io le cantassi una canzone;
ma morta so ben io ch'ella non è,
che mi lacera il cor: fuggi da me.
Scendi nel tartaro
per farti vindice
contro una furia
bella, e crudel.
Furia bella, e crudel? Sono ben tutte,
furie le donne brutte,
ma Angelica è una furia, e pure è bella.
Angelica? Sì, Angelica, che già
tanto fedel mi protestava amore.
(vede la statua di Merlino, e se la figura Angelica)
Ma che vedo? Ella è d'essa, il cor s'arrabbia.
Angelica, mio bene...
(ad Aronte)
In faccia mia
donde ardisci, fellon tenerla in gabbia?
(va per rompere i balaustri, Aronte se li oppone in atto di combattere)
Romperò questi ferri: e che pretendi?
Combattere! Hai ragion. Via ti difendi.
(combatte con Aronte, né può ferirlo)
(Dell'Idra ha il cuoio addosso.
Anima mia! Pianger la sento!)
(ad Aronte)
Ah, crudo,
non reggerai contro il mio cor irato.
(combatte di nuovo, e taglia la catena, che tiene la mazza legata al braccio d'Aronte, gliela strappa di mano, ed egli si mette a lottare)
Oh, oh, l'ho disarmato.
Vanne: minacci ancor? La tua pazzia
più non merta, o fellon, la pietà mia.
Sgorga il sangue
il furor langue,
già caduto, è morto al suol.
(rompe i balaustri con la mazza di Aronte)
Con le stesse armi sue vi spezzo, o ferri.
(abbracciando la statua)
Sospirata mia bella oh, quanto è dura!
(levando la statua)
Intiriciata è certo di paura.
Non temer, no, cor mio:
ti stringe Orlando al sen: quanto fracasso.
Mossa la statua dal luogo resta l'isola deserta tutta balze, e dirupi, con albero a cui in un trofeo sono appese le arme d'Orlando.
ORLANDO
Cos'è, treman le mura infin dal fondo?
Volan per l'aria i tetti,
traballa il suol! Forse ruina il mondo!
Son pur stanco! Pur lasso!
Or che tratto ho il mio ben dal ferreo laccio,
vuò chiuder gl'occhi al sonno,
tal Borea riposò d'Oritia in braccio.
(si addormenta)
Alcina, Orlando, che dorme, poi Bradamante e Ruggiero.
ALCINA
Infelice! Ove fuggo! Ove mi ascondo.
Son vinta e vilipesa. Ingiusto cielo!
Immortal mi facesti, ed il tuo dono
rende la fiera mia sciagura eterna,
perché immortal sarà meco il mio duolo.
(vede Orlando che dorme)
Il feroce nemico in braccio al sonno!
Cielo, giusto or dirò, che a mia vendetta
apri pietoso il varco.
(snuda un pugnale)
Cado da grande, or che la mia ruina
meco ti opprime.
(si avventa ad Orlando)
RUGGIERO
BRADAMANTE
Ah, iniqua Alcina!
ALCINA
Ruggier! che vedo?
RUGGIERO
ALCINA
(a Bradamante)
Ardalico, amor mio.
BRADAMANTE
In me ravvisa, Bradamante,
la tua più gran nemica.
Angelica e Medoro fuggitivi e detti.
ANGELICA
Salviamci.
MEDORO
E dove, o bella?
BRADAMANTE
(arrestando Angelica)
Arresta il piede!
MEDORO
Che fia!
ANGELICA
Cieli!
BRADAMANTE
(a Ruggiero)
Ecco lei, che ingannatrice
trasse alla rupe Orlando,
per lei va folle errando.
ALCINA
(ad Angelica)
Amica, non è persa ogni speranza.
ANGELICA
Ma veggio, ahimè, l'ultima tua ruina.
Astolfo con Soldati di Logistilla, uno di quali porta una face accesa e detti.
ASTOLFO
Angelica si arresti, e pera Alcina.
BRADAMANTE
Astolfo!
ALCINA
(Ahimè!)
RUGGIERO
ASTOLFO
Nulla può in me,
che ho in mia difesa i dèi!
BRADAMANTE
Ma Orlando!
RUGGIERO
ASTOLFO
Io so l'alato
tuo destrier contumace
su cui credea trar dallo speco Orlando,
nulla la man, nulla temendo il morso,
mi porta a sua balia, talché varcata
la region dell'aere, là giunsi
ove non arde eterno il foco, e spande
dalla sfera una voce alta e celeste.
Prendi, prendi mi dice,
in questa face, lo smarrito lume
della mente d'Orlando,
riporta, Astolfo; egli è voler divino,
della ragione il lume al paladino.
BRADAMANTE
(scuotendolo)
Orlando!
RUGGIERO
ALCINA
Oh, mio tormento!
ORLANDO
(svegliandosi)
Orlando
d'Angelica è nel sen.
(vedendo la face)
Qual lume! Oh dio?
Sovra la ignuda terra ignudo Orlando!
Misero! Dove sono?
Chi son? Chi cerco? Oh, dèi!
Ahi, che in mirar me stesso,
me non ravviso in me, sol la mia colpa.
BRADAMANTE
Del nostro cuor umana colpa è errore.
RUGGIERO
ASTOLFO
Rivesti l'arme, o prode.
ALCINA
O, ingiusti numi! O fati! Oh avverse stelle,
troppo fiero è 'l mio duolo, e l'onta mia!
Ti perdo, empio Ruggiero, e già riveggo,
in Alderico ancor la mia rivale!
Tutto per me è fatale.
Torna il senno ad Orlando
e senza forza è in fin la mia magia.
Oh ingiusti numi! O fati! O avverse stelle!
Anderò, chiamerò dal profondo
l'empie furie del baratro immondo.
Chiederò negl'abissi vendetta
dell'offeso e tradito mio amor.
BRADAMANTE
(ad Orlando additandole Alcina)
Vedi, ch'è tuo trionfo
l'eccidio della rea.
ORLANDO
Gran mago ora i tuoi detti omai comprendo:
dopo distrutta Alcina,
le fortune in amor mi serba il cielo
con tormelo dal cor.
ANGELICA
O mio rossore!
ORLANDO
Godi, o bella, il tuo sposo, e tu garzone
la tua consorte in pace. Il ciel v'ha uniti,
in dolce amico nodo:
egli sia eterno, e nol rallenti mai,
non che lo sciolga, invida sorte amara.
ASTOLFO
Saggio, chi dal fallir prudente impara.
CORO
Vien dal cielo in noi l'amore
ma il desio del nostro core
spirto reo talor lo fa.
S'ami sì, ma s'ami il bello,
perché immagine di quello,
ch'è l'autor della beltà.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
(W)