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Gli Orazi e i Curiazi

GLI ORAZI E I CURIAZI

Tragedia per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Antonio Simeone SOGRAFI.
Musica di Domenico CIMAROSA.

Prima esecuzione: 26 dicembre 1796, Venezia.


Interlocutori:

ORACOLO

basso

TULLO OSTILIO III, re di Roma

altro

MEZIO SUFFEZIO dittatore d'Alba

altro

PUBLIO ORAZIO padre degli Orazi

tenore

MARCO ORAZIO suo figlio

tenore

ORAZIA sorella di Marco Orazio

contralto

CURIAZIO sposo d'Orazia

soprano

SABINA sorella di Curiazio, moglie di Marco Orazio

soprano

L'AUGURE sommo

basso

LICINIO amico degli Orazi

soprano

Il SACERDOTE DI GIUNONE

basso


Due altri Orazi, figli di Publio Orazio, che non parlano. Due Curiazi, che non parlano. Cori di Senatori romani, Albani, Auguri, Popolo. Comparse: Ministri, Matrone, Sacerdoti, Cavalieri, Littori, Vestali, Politici, Militari.

L'azione si finge in Roma.

Atto primo
Scena prima

Atrio esteriore del tempio di Giano, con porta laterale aperta che introduce nel tempio stesso, e che a suo tempo si chiude. Sabina con séguito di Matrone romane in mezzo a numeroso Popolo, addrizzando verso il cielo e verso il tempio il seguente:

CORO

Odi, o ciel, i nostri lai,

vedi, o nume, i nostri affanni:

sino a quando i propri danni

Roma afflitta piangerà!

(alternativamente)

Va scemando in ogni petto...

va crescendo in ogni core...

il valore...

lo spavento...

Ah di pace il dolce accento

quando, o ciel, s'ascolterà!

Rimangono mestamente in silenzio tutti gli Attori suddetti allorché, scossi dall'improvviso lietissimo strepito che supponesi udir dentro del tempio, manifestano alcuni la sorpresa, alcuni altri l'allegrezza, ecc.

Ma quai risuonano giulivi canti!

Quai trombe s'odono! che mai sarà!

Scena seconda

Esce l'Augure sommo con il séguito d'Auguri.
Si chiude la porta del tempio.
L'Augure si unisce lietamente sclamando cogli altri.

CORO

Cessino i palpiti, tergansi i pianti,

di Roma il fato si cangerà.

L'AUGURE

Sì, Romani, de' numi

omai chiaro è il voler. A noi, cui dato

è il penetrar gli alti segreti, alfine

il ciel parlò. Del Tebro oggi la sorte

sarà decisa: Alba fia vinta e doma

e dovrà i padri venerar di Roma.

SABINA

O tu, che con tai detti

il cor di gioia e di dolor m'inondi,

a Sabina rispondi:

de' Curiazi qual sarà la sorte?

Dell'amato consorte,

d'Orazio che sarà? Per quelli io debbo

di nuovo palpitar? Per questo ancora

temer, gelar degg'io?

L'AUGURE

D'appagar m'è vietato il tuo desio.

Non smarrirti però; dubbie all'inchieste

fur le risposte, e sol non dubbio e chiaro

lessi dell'avvenir ne' cupi arcani

che inaspettati e strani

decreti del destino

apron oggi alla gloria un gran cammino.

L'alto genio di Roma nascente

vidi errando su questo e quel colle,

e la fronte maestosa che estolle

splender vidi di sacro fulgor.

Non illude quel raggio verace,

non inganna la nobil cervice;

l'una e l'altro già chiaro mi dice:

sorge Roma alle palme d'onor.

(parte col séguito degli auguri)

Scena terza

Sabina con il suo Séguito.

SABINA

Oh cara patria! Oh i miei germani! e quale

sarà il vostro destin!... Incauta! ah dove

dai sfogo al tuo dolor?... Sposa d'Orazio,

romana già, come i nemici sui

compianger osi e non tremar di lui!

Patria, natura, affetti

soavi, ma fatali al dover mio,

fuggitevi da me: per sempre addio.

Scena quarta

Publio Orazio, Sabina.

PUBLIO ORAZIO

A che tardi, Sabina? Ignori forse

che in pacifica tregua

è Roma in questo dì? Che Mezio e Tullo

agitan l'alto affar? Che il tuo germano

ad Orazia diletta

or or verrà per offerir la mano?

T'affretta: a tanta gioia

manchi tu sola.

SABINA

Oh numi!

Così fausti presagi,

augurii così lieti,

vengon forse da voi? Deh, s'è pur vero

che la clemenza vostra

volga su Roma impietositi i lumi,

deh non vogliate, o numi,

la cara patria ed i germani amati

al rigor empio abbandonar de' fati.

Serbate, eterni dèi,

a Roma i figli suoi,

ma chi diè vita a lei,

numi, serbate ancor.

Chi non s'attrista e geme,

chi non s'affligge e langue

se d'un istesso sangue

è il vinto e il vincitor!

(partono)

Scena quinta

Vastissima pianura tutta circondata all'intorno di magnifiche fabbriche, tra le quali il palagio degli Orazi.
Porta Capena nel fondo, che supponesi condurre alla città d'Alba, la quale si vede nel prospetto situata sopra il colle Albano. Altri edifici profani e sacri abbelliscono il rimanente della scena.
Senatori romani congiunti degli Orazi. Albani congiunti de' Curiazi.
Marco Orazio, poi Curiazio co' due Fratelli e Séguito, poi Orazia con Publio Orazio, Sabina e i due altri Orazi. Popolo.

All'aprirsi di questa scena veggonsi entrare dalla parte opposta al palagio degli Orazi i Congiunti de' medesimi ed addrizzarsi verso il palagio suddetto col seguente:

CORO

Germe d'illustri eroi,

di Roma eccelso onore,

Orazio, vieni a noi...

MARCO ORAZIO

Ecco Orazio, o compagni, eccolo a voi.

Marco Orazio precedendo i suoi Congiunti s'avvia presso la Porta Capena, invitando Curiazio, che poi entra col suo Séguito e col seguente:

CORO

Vieni, Curiazio, a lei:

spegni il marzial furore;

solo spirar tu déi...

CURIAZIO

Puro amor, cara pace e dolce ardore.

Marco Orazio e Curiazio precedendo i loro rispettivi Congiunti s'addrizzano di nuovo verso il palagio degli Orazi invitando Orazia, la quale esce come di sopra è indicato.

CORO

Vieni, gentil donzella,

nobil, vezzosa e bella;

ti chiama e a sé t'invita...

ORAZIA

Il mio ben, la mia speme e la mia vita.

ORAZIA, MARCO ORAZIO E CURIAZIO

Oh dolce e caro istante!

Oh giorno di contento!

Ricolmo il cor mi sento

d'amore e d'amistà.

MARCO ORAZIO

Pietosi dèi, volgete

a questa parte i lumi.

ORAZIA E CURIAZIO

È di voi degna, o numi,

sì gran felicità.

ORAZIA, MARCO ORAZIO E CURIAZIO

Oh dolce e caro istante!

Oh giorno di contento!

Ricolmo il cor mi sento

d'amore e d'amistà.

ORAZIA

Oh mio Curiazio, oh dolce

di tante pene e tanti

sospir, affanni e pianti

amabile cagion, ed è pur vero

ch'io ti stringo al mio sen? Che a te dappresso

in sì soave amplesso

può libero il mio core

brillar di gioia e palpitar d'amore?

CURIAZIO

Non dubitarne ormai;

fissa i vezzosi rai,

Orazia, in me: lo sposo avventurato

rimira alfin che ti concede il fato.

Solo il dover potea,

il patrio amor allontanarmi, o cara,

tanto tempo da te: or che al dovere

ho servito e all'onore,

posso libero anch'io

brillar di gioia e palpitar d'amore.

MARCO ORAZIO

Ah! quest'amor potesse

tra questi colli, come pur tra voi,

gli antichi dritti suoi

riprendere in tal dì! Qual ne dovrebbe

aspettar l'universo

da simiglianti voti,

forti, eccelsi nipoti! Ah troppo avanza,

ben lo conosco anch'io,

d'ogni brama il confin sì bel desio.

ORAZIA

No, in così fausto giorno

tutto lice sperar. Pace ogni aspetto

sembra annunziar, gioia ogni ciglio, e parmi

che persino in tal dì "pace" risponda

ogni fonte, ogni sasso ed ogni fronda.

CURIAZIO

Così voglian gli dèi.

MARCO ORAZIO

Roma sia salva.

CURIAZIO

La patria invitta.

MARCO ORAZIO

Il roman nome intatto.

CURIAZIO

Ed Alba illesa -

MARCO ORAZIO

- e salvo il patrio onore -

CURIAZIO

- d'amistà si favelli -

MARCO ORAZIO

- e poi d'amore.

CURIAZIO

Ed a un tal patto solo

Curiazio può parlar, che spento in petto

quando parla la patria ha ogni altro affetto.

Questi i miei sensi son: congiunti e amici

oggi gli Orazi io bramo;

amo la patria, ed amo

il suo onor, la sua gloria, il suo decoro,

e solo, idolo mio, dopo di lei

l'anima del mio sen, l'amor tu sei.

Quelle pupille tenere

che brillano d'amore

vedran di questo core

candida ognor la fé.

Ma se il dover mi chiama,

ma se l'onor m'invita...

non palpitar, mia vita,

non dubitar di me.

Nel fier bollor dell'armi,

nel placido riposo,

non saprò mai scordarmi,

anima mia, di te.

Curiazio ed Orazia con tutti gli altri entrano nel palagio degli Orazi.

Scena sesta

Atrio interiore del palagio degli Orazi.
Licinio, Publio Orazio, Sabina.

LICINIO

(a Publio Orazio)

Non dubitar: Tullo ha riposto il sommo

destin di Roma in tre guerrieri.

SABINA

E Mezio

tal proposta accettò?

PUBLIO ORAZIO

Così s'apprezza

il sangue de' Romani, che a serbarlo

Roma s'espone ad un sì gran periglio!

LICINIO

Ecco Orazio.

PUBLIO ORAZIO

Ecco il figlio.

LICINIO

Oh come a terra

tiene le luci, pensieroso, immoto!

Scena settima

Marco Orazio, Licinio, Publio Orazio, Sabina.

PUBLIO ORAZIO

Figlio...

SABINA

Sposo.

LICINIO

Saprai...

MARCO ORAZIO

Tutto m'è noto.

PUBLIO ORAZIO

La patria -

MARCO ORAZIO

è in gran cimento.

LICINIO

In tre romani -

MARCO ORAZIO

è riposto il suo onore.

PUBLIO ORAZIO

Che ne dici?

SABINA

A che pensi?

MARCO ORAZIO

A sì gran campo di marzial valore.

Sa il ciel a chi la sorte

tal gloria riserbò.

PUBLIO ORAZIO

Dunque la scelta?

MARCO ORAZIO

Tullo commette all'urna

che tutti de' Romani

i nomi accoglierà... numi, se mai

supplice e riverente

per la gloria di Roma io vi pregai,

in sì tremendo istante,

per lei, per me, dinanzi a voi mi prostro:

fate, pietosi numi,

che possa in campo e in sì bel giorno anch'io

per la patria versar il sangue mio.

Se alla patria ognor donai

il sudor de' giorni miei,

fate ancor ch'io possa, o dèi,

in tal dì per lei pugnar.

Ma qual mai risuona intorno

alto grido di contento!

CORO

di dentro

Son gli Orazi ~

MARCO ORAZIO

(con esclamazione di giubilo)

Dèi, che sento!

CORO

di dentro

~ destinati a trionfar.

Scena ottava

Coro di molti Senatori, Marco Orazio, Licinio, Publio Orazio, Sabina.

MARCO ORAZIO

(incontrandoli)

Padri, amici...

CORO

Esulta e godi.

MARCO ORAZIO

Sposa, padre...

CORO

È giusto il fato.

MARCO ORAZIO

Oggi dunque...

CORO

In campo armato...

MARCO ORAZIO

Ma egli è ver?

CORO

Non dubitar.

MARCO ORAZIO

Ah di giubilo quest'alma

sì ripiena è in tal istante,

che confuso, palpitante,

non la posso a voi spiegar.

Nel cimento

or or in campo

a voi tutti il vivo lampo

parlerà di questo acciar.

Marco Orazio co' Senatori esce dall'atrio; Publio Orazio, Licinio, Sabina entrano nel palagio.

Scena nona

Magnifico portico nel palagio che introduce ad un tempio domestico adornato di ghirlande per la festa nuziale d'Orazia.
Sacerdote di Giunone con altri Ministri i quali portano l'are, le faci, le conche per le libazioni ecc. ecc.
Viene da una parte Curiazio co' suoi Fratelli, Amici e Congiunti. Dall'altra Publio Orazio, Sabina, Licinio col loro Séguito. Poi al suono di amorosa marcia sorte accompagnata da alcune Matrone Orazia coperta del flammeo, e viene condotta nel mezzo della scena.

CORO

Scopransi i vaghi rai.

(si leva il velo ad Orazia)

Ah sì vezzosa e bella

no, non si vide mai

l'immagine d'amor.

Il labbro, il ciglio, il viso

spiega dell'alma i voti

quanto quel dolce riso

desta piacer nel cor!

SACERDOTE DI GIUNONE

Appressatevi all'ara, e innanzi al nume

de' nuziali voti

il sacrato costume

a seguir v'apprestate,

e amore e fedeltà qui vi giurate.

CURIAZIO E ORAZIA

(s'avvicinano all'ara porgendosi la destra e dicendo:)

Ti giura il labbro e il core

amore e fedeltà.

ORAZIA

Sì, mia vita, sarai

sempre com'or tu sei

la delizia e il pensier de' giorni miei;

e se di questo petto

la pura fé, l'affetto,

o scemarsi o cangiar potesse mai,

mi detesti il tuo cor quant'io...

Scena decima

Marco Orazio con gli altri Orazi, tutti gli Attori precedenti.

MARCO ORAZIO

(con foglio in mano)

Che fai?

Non proseguir. Sospendi

i giuramenti tuoi; le faci, il foco

estinguete, o ministri: a voi non meno

che a te di gran novella

io vengo apportator.

CURIAZIO

Parla.

ORAZIA

Favella.

MARCO ORAZIO

Alba de' tre guerrieri

che pugnar denno il nome

con questo foglio a noi fa manifesto.

(spiega il foglio su cui v'è scritto «I TRE CURIAZI»)

ORAZIA

Numi eterni del ciel, che colpo è questo!

(I germani!)

SABINA

(Al consorte!)

ORAZIA

(Allo sposo!)

SABINA

(I fratelli!)

CURIAZIO

(Oh giorno!)

ORAZIA

(Oh sorte!)

MARCO ORAZIO

Qual pallor! Qual silenzio! E che? succede

alla sorpresa un reo dolor! Sì presto

da ciascuno s'oblia

di che si tratta in questo dì! Rinfranca

tu in quest'alme avvilite

la debole virtù: mostra che sei

nata sul Tebro, sì, che sei romana,

che sei figlia d'Orazio e mia germana.

ORAZIA

Lascia almen ch'io riprenda

lo smarrito vigor: colpo sì atroce

mi gelò il sangue e m'arrestò la voce.

(I germani o lo sposo

dunque perder degg'io?

che sciagura crudel! che caso è il mio!

Ah no, tanta costanza,

alma capace a superar non sento

il terribile orror d'un tal momento.)

Nacqui è ver tra grandi eroi,

son tua figlia, tua germana,

ma sul Tebro, ma romana,

nel mio petto un cor vi sta.

Un cor che tenero

nutriva amore,

che un dolor barbaro

ucciderà.

Pietà delle mie lagrime,

del mio dolor pietà.

Un cor che misero

vede svanita

la tua compita

felicità.

Pietà delle mie lagrime,

del mio dolor pietà.

Orazia parte. Partono seco lei il Sacerdote di Giunone col suo Séguito, i due Orazi, i due Curiazi coi loro Congiunti ed Amici ecc. rimanendo soltanto in scena i Personaggi qui sotto indicati.

Scena undicesima

Sabina, Publio Orazio, Marco Orazio, Curiazio.

SABINA

(a Marco Orazio)

Dunque Roma vorrà?...

MARCO ORAZIO

Che si dimostri

dai cittadini suoi

quella virtù che s'oltraggiò tra noi.

SABINA

(a Curiazio)

Tu pur, german, vorrai...

CURIAZIO

Che tu parta alla fin. T'intesi assai.

PUBLIO ORAZIO

Sabina, andiam, il tuo dolor non turbi

l'anime generose

in cui la patria il suo destin ripose.

(parte conducendo seco Sabina)

Scena dodicesima

Marco Orazio, Curiazio.

CURIAZIO

(Oh terribil dover!)

MARCO ORAZIO

(Oh sacra voce,

tu mi penetri il cor... tu mi domandi

un caro sangue, tu l'avrai.)

CURIAZIO

(S'asconda

la debolezza mia.)

MARCO ORAZIO

(S'eviti in lui

un inciampo novello al dover mio.)

Al campo.

CURIAZIO

Al campo.

MARCO ORAZIO

Addio Curiazio.

CURIAZIO

Addio.

Ah senti: non partir...

MARCO ORAZIO

Che vuoi?

CURIAZIO

Se mai...

MARCO ORAZIO

Di'.

CURIAZIO

Nella pugna...

MARCO ORAZIO

E che?

CURIAZIO

Soccomber deggio...

MARCO ORAZIO

Ebben!...

CURIAZIO

Consola, assisti

la sventurata mia sposa dolente...

MARCO ORAZIO

E il dolor d'una sposa or hai presente!

CURIAZIO

Puoi tu scordar i vincoli soavi

(con rapidità)

di natura, d'amore,

la sposa, il genitore,

i congiunti, gli amici!...

MARCO ORAZIO

E padre e sposa

e congiunti ed amici

più non vivon per me; gli affetti miei

tutti ha la patria e tutto io trovo in lei.

CURIAZIO

Fasto crudel d'una virtù tiranna.

MARCO ORAZIO

Che un cor d'amante e non d'eroe condanna.

CURIAZIO

Amo io pure la patria e l'onor mio.

MARCO ORAZIO

Ma roman tu non sei come son io.

CURIAZIO

Dunque?...

MARCO ORAZIO

A pugnar...

CURIAZIO

Almeno

in quest'ultimo istante

riconoscimi, e allora...

MARCO ORAZIO

Tu sei albano, io più non ti conosco.

CURIAZIO

Roman tu sei, ma ti conosco ancora.

Quando nel campo armata

d'acciar la destra avrai,

allor, crudel, vedrai

se vacillar saprò.

MARCO ORAZIO

A questi accenti adesso

degno di me ti trovo;

prendi l'estremo amplesso:

al campo or or sarò.

CURIAZIO E MARCO ORAZIO

(Ah perché sei sì barbaro,

destino inesorabile!

Perché sì cara vittima,

o dèi, svenar dovrò!)

MARCO ORAZIO

(con sdegno e rapidità)

Fuggi dagli occhi miei,

debole alfin mi vedi:

che brami ancor? che chiedi?

CURIAZIO

Ti calma... io partirò.

CURIAZIO E MARCO ORAZIO

(Ah che fatal momento,

o dèi, pe 'l valor mio!)

Rapido è il tempo; addio.

(Dove io mi sia non so.)

(partono)

Atto secondo
Scena prima

Atrio interiore del palagio degli Orazi.
Sabina, Licinio.

LICINIO

Ferma, Sabina: e dove

pensi volger il piè?

SABINA

Chieder lo puoi!

Ad Orazio, ai germani.

LICINIO

Ah senti; pensa

che alla lor gloria assai disdice il tuo

infrenabil dolor; che a te medesma

onta, e alla patria danno,

recar potria l'intempestivo affanno.

SABINA

Sensi di chi nel petto

un cor non ha da tanti

teneri affetti combattuto. Io pure

così parlar saprei

se della patria sola

l'augusta voce udir potessi e, oh dio!

riguardar non dovessi d'un consorte,

fausta o infelice, con orror la sorte.

LICINIO

Dunque?...

SABINA

Mira che Orazia

a noi se n' viene: anch'essa

e piange e prega. (Onnipossenti dèi,

secondate pietosi i voti miei.)

(parte dal lato opposto d'Orazia)

Scena seconda

Licinio solo.

Ah non si lasci. Oh Roma,

oh cara patria, quanti in sì gran giorno

forti nemici a te si stan d'intorno!

Mugge il nembo, fischia il vento,

l'aere è fosco, il ciel s'imbruna;

in balia della fortuna

io ti veggo trasportar.

Ah pietosi dèi clementi,

in voi spero, in voi confido:

la guidate illesa al lido

faustamente a riposar.

(segue Sabina)

Scena terza

Curiazio, Orazia che lo segue, poi la Schiera.

CURIAZIO

Lasciami, per pietà, l'ora è vicina

prescritta del pugnar.

ORAZIA

Invan presumi

ch'io ti lasci, o crudel.

CURIAZIO

(Soccorso o numi.)

E creder puoi che a tua cagion non sia

da mille affanni questo core oppresso!

ORAZIA

Se questo è ver, sopprimi

d'una gloria crudel l'ardor insano.

CURIAZIO

Se tant'osi sperar, lo speri invano.

ORAZIA

Dunque un sangue a me caro

intrepido a versar corri spietato!

E i giorni tuoi, che sono

pur giorni del tuo ben, in tal cimento,

sordo alle mie querele, a espor te n' vai!

Ah no, crudel, tu non mi amasti mai.

CURIAZIO

Ah perché non poss'io

offrir ai sguardi tuoi

quell'egro cor che lacerar tu vuoi!

Deh ascoltami, idol mio, che queste sono

forse le voci estreme

del tuo misero ben. Vuoi che il mio core

lasci la patria e avvampi sol d'amore?

T'obbedirà. Vuoi che l'infamia sia,

non la gloria, sol cara all'alma mia?

Sarà così: ma stringi

questo acciar ch'io medesmo a te presento,

versa tutto il mio sangue, io son contento.

ORAZIA

(Si deluda l'ingrato.) Ebben si ceda

a un barbaro dover: rammenta solo

qual mi lasci, o crudel, e quanto orrore

costar mi deve il tuo fatal valore.

CURIAZIO

Ah pur troppo il vegg'io!...

ORAZIA

Dunque?...

(sentesi lo squillar delle trombe)

CURIAZIO

Senti.

ORAZIA E CURIAZIO

Ah mio ben, per sempre addio.

ORAZIA

Se torni vincitor

célati ai sguardi miei:

se più non torni, oh dèi,

ah che sarà di me!

Nel pianto e nel dolor

io morirò per te.

CURIAZIO

Se torno vincitor

compiangi i miei trofei:

se più non torno, oh dèi!

rammenta la mia fé.

Caro mio dolce amor,

speranza più non v'è.

Esce la Schiera avanzandosi nell'atrio, invitando Curiazio.

ORAZIA E CURIAZIO

Ma la schiera, o numi, è questa!

CURIAZIO

Vado...

ORAZIA

Senti.

CURIAZIO

Ah no...

ORAZIA

T'arresta.

CURIAZIO

Di', che brami?

ORAZIA

Ah, déi partir!

ORAZIA E CURIAZIO

Qual gelo, o ciel, quest'anima

fa tutta inorridir!

ORAZIA

Amore...

CURIAZIO

Onore...

ORAZIA E CURIAZIO

Assisti

un cor fra tante pene.

CURIAZIO

Pugnar...

ORAZIA

Partir...

ORAZIA E CURIAZIO

Conviene.

E poi...

(guardandosi teneramente l'un l'altro)

mio ben, morir.

(partono)

Scena quarta

Campo Marzio con veduta delle due città Alba e Roma poste dirimpetto l'una all'altra lateralmente, e porta parimenti laterale di Roma.
All'aprirsi di questa scena sono di già situati ne' loro posti Mezio Suffezio, dittatore d'Alba, e Tullo Ostilio, re di Roma, colle loro rispettive Schiere le une dirimpetto alle altre. Credesi del tutto inutile l'indicare precisamente quale debba essere la pompa con cui è preceduto ed accompagnato il combattimento.
Licinio con Publio Orazio sono presso a Tullo.

TULLO OSTILIO

Suonin le trombe e lieto

echeggi in ogni parte

il suon gradito al popolo di Marte.

Scena quinta

Gli Orazi e i Curiazi armati con séguito di Senatori romani ed Albani. Qui incomincia una strepitosa marcia militare, mentre da Roma escono gli Orazi co' Romani, e passano all'altra parte; e da Alba escono i Curiazi cogli Albani, e passano dalla parte opposta.

Incontrandosi cantano al suono della marcia le seguenti parole.

Insieme

I TRE ORAZI

Combatteremo,

trionferemo!

Roma, per te.

I TRE CURIAZI

Combatteremo,

trionferemo!

Alba, per te.

MARCO ORAZIO

(vedendo il padre)

Deh parti, genitor. Ha Roma assai

di che ammirar, senza che offriamo a lei

un spettacol novello

nella presenza tua. Vanne, e se vuoi

di tua costanza a noi,

dell'amor tuo donar la prova estrema,

va' ad Orazia, a Sabina

e fa' che il tuo valore

d'esempio e di sostegno ad ambo sia,

come il Tebro or sarà la destra mia.

PUBLIO ORAZIO

Voglian gli dèi così; vi lascio, o figli;

o vincitori o estinti

di rimirarvi avrò l'eccelso vanto:

addio miei figli. (Ah mi tradisce il pianto.)

(parte)

Scena sesta

Gli Orazi, i Curiazi, Tullo, Mezio, Licinio, Senatori albani e romani, Cavalieri, Littori, Popolo.

CURIAZIO

Albani, è questo, è questo

di nostra gloria il decisivo istante:

al nume alto-tonante

innalzate devoti i sacri carmi...

MARCO ORAZIO

Viva Roma.

CURIAZIO

Viva Alba.

GLI ORAZI

All'armi.

TUTTI

All'armi.

Si mettono tutti in attitudine per incominciare il combattimento.

Scena settima

Orazia, Sabina, l'Augure sommo, Sacerdoti, Popolo, tutti uscendo da Roma; i suddetti.

L'Augure con Orazia, Sabina e gli altri.

CORO

Ah fermate... non osate...

Là sull'are, là nel tempio

par che sdegni il ciel lo scempio

che tra voi si destinò.

GLI ORAZI E I CURIAZI

(tornando in attitudine di combattere)

Non s'ascolti, all'armi, all'armi.

CORO

Qual furor! qual reo consiglio!

GLI ORAZI E I CURIAZI

(tra di loro)

È l'onore in gran periglio.

CORO

Di pugnar cessate...

GLI ORAZI E I CURIAZI

No.

(gli Orazi e i Curiazi restano coll'armi in atto di combattere trattenuti dagli auguri ecc.)

L'AUGURE

Ma udite almen, o in me tutti volgete

i sacrileghi acciar. Gli dèi, gli dèi

forse sdegnan che voi, congiunti e amici,

per la patria dobbiate

con inumano esempio

oggi pugnar. Dunque gli stessi numi

nell'antro consultiam, e il loro accento

sia di norma e di guida al gran cimento.

SABINA

Ah sì, sposo, germani, umil la fronte

piegate al ciel: forse da lui concesso

il pugnar vi sarà.

(Tullo e Mezio s'alzano dai loro seggi)

SABINA

Mirate: Tullo

assente col partir.

ORAZIA

(sopra un luogo eminente del Circo)

Popolo, amici,

padri, ministri, tutti

seguite me, che disarmar può sempre

la voce della patria i forti eroi,

e una voce sì cara è solo in voi.

(scende e con tutti gli uomini de' sacerdoti, senatori, ecc. parla agli Orazi e ai Curiazi)

Ah sì, succeda, anime eccelse, invitte,

al marzial bollore

sollecita pietà. Roma con Alba

ve 'l chiede, ve 'l comanda

e in cor co' mesti dolci moti suoi

forse ancor ve 'l domanda

dolente umanità. Deh questo pianto,

questo che intorno a voi regna profondo

feral silenzio in voi calmi il furore,

e con pietoso e di voi degno esempio

gli dèi vi tragga a consultar nel tempio.

Se pietà nel cor serbate,

deh calmate il vostro ardor.

Che ve 'l chiede, già mirate,

la mia pena, il mio dolor.

Tornerete armati in campo,

offrirete a' colpi il petto:

ah ritorni un dolce affetto

a regnar nel vostro cor.

Dèi che veggo! Vi arrendete!

Qual istante! Qual diletto!

Ah già torna un dolce affetto

a regnar nel vostro cor.

(tutti sortono dal Circo preceduti da Mezio e Tullo ecc.)

Scena ottava

Boschetto ristretto ed ameno consacrato da Numa alle Muse, con cadute di acque limpide ecc., per cui si passa all'ingresso dell'antro degli oracoli nell'Aventino.
Publio Orazio, poi Sabina.

PUBLIO ORAZIO

Numi, che sarà mai?

Ovunque il passo io movo

non rinvengo Sabina,

Orazia non ritrovo! Potria forse

l'eccesso del dolor... Ma chi s'appressa

sì sollecito a me?

SABINA

Sabina istessa,

che ricolma di spene

nunzia di gran novella a te se n' viene.

E Roma ed Alba unite

per esser spettatrici

del sublime cimento,

al mirar quegli eroi

che stavan per pugnar, voller che prima

approvasser gli dèi

la scelta de' guerrier. S'affretta ognuno

all'antro dell'Oracolo che giace

appiè dell'Aventin. I passi tuoi

drizza colà; vieni a sperar con noi.

Un raggio sereno

che brilla, che splende,

ancora riaccende

la speme nel cor.

Ah voglian gli dèi

pietosi, clementi,

in dolci contenti

cangiar tanto orror.

(entra nella selva)

Scena nona

Publio Orazio, Licinio, poi Marco Orazio e numeroso séguito di Senatori romani.

PUBLIO ORAZIO

Giusto ciel, tanta adunque

regna in alme romane

debolezza, viltà!... Da tal vergogna

rifugge il mio pensiero:

creder non lo poss'io...

MARCO ORAZIO

Pur troppo è vero;

è vero genitor... Lungi n'andate,

celatevi, lasciate

che un istante di calma

ritrovi questo cor lungi da voi.

(si ritirano i senatori nella selva)

Ecco, Roma, i tuoi figli: ecco gli eroi.

Va', genitor, deh va': la tua presenza

quell'alme imbelli intimorisca, affreni;

il decoro di Roma ah tu sostieni.

(Publio Orazio segue i senatori con Licinio)

Scena decima

Marco Orazio solo.

Eccoti, Orazio alfine

in libertà: potrai

sfogar tutto del core

il tumulto, l'affanno, il rio dolore.

Dunque a tanta viltà Roma s'abbassa

in sì gran dì! E 'l mio medesmo sangue

è quel che alla mia gloria

fa contrasto maggior! Oh patria! oh sacra

di cittadin romano

sublime ed avvilita

augusta dignità, tu sei schernita!

Se l'oracol funesto

vietasse mai!... Possenti dèi, vibrate

piuttosto in questo seno

tutti i fulmini vostri, ma la gloria

del nome mio vi piaccia

dall'alto riguardar. Non vi domando

altro, clementi dèi:

vissi fin'or, vogl'io morir per lei.

Dolce fiamma di gloria, d'onore,

che serpendo nel seno mi vai,

bella gloria, tu sola sarai

di quest'alma la speme, l'amor.

Tuoni il cielo, minacci la sorte,

l'aura echeggi di queruli lai:

bella gloria, tu sola sarai

di quest'alma la speme, l'amor.

(entra nella selva)

Scena undicesima

Publio Orazio che ritorna, Licinio, Senatori.

PUBLIO ORAZIO

Padri, amici, il vedeste:

un passeggero nembo

fu quel che del mio nome

lo splendore adombrò. Gli dèi faranno

che l'oracol secondi

di questo cor le generose brame,

e che di Publio i figli

tornino in campo per mostrar a voi

che ha Roma in essi ancora i figli suoi.

(entra nella caverna)

Scena dodicesima

Antro oscurissimo e profondo incavato nelle rupi dell'Aventino, in cui si discende per varie scoscese gradinate le quali dalla sommità del teatro sino al fondo vanno serpeggiando verso i laterali della suddetta caverna.
Al tempo indicato si schiuderà nel fondo il tempio risplendentissimo d'Apollo da cui sortir dovranno le risposte degli oracoli.
Curiazio, poi Orazia, poi Marco Orazio, poi Publio Orazio, poi tutti i Personaggi successivamente secondo l'ordine con cui sono chiamati, avvertendo che tutti entrano per la sommità, e poi or veduti or non veduti discendono sino al basso.

CURIAZIO

(con i due Curiazi, sulla sommità della caverna discendendo)

Qual densa notte! qual silenzio! Quale

spaventevol, funesto,

a' fati sacro, orrido albergo è questo!

Numi! qui non penetra

sottil raggio di luce

che in questi alpestri sassi

additi un'orma a' miei tremanti passi.

(si perdono tra le volte della caverna)

ORAZIA

Guidami, amor, scendiam... il cor m'investe

profondo orror... che fia? Qui non s'ascolta

che il cader raro e lento

d'umide stille... e il basso mormorio

dell'aer grave e del cadente rio.

Marco Orazio con gli Orazi, Publio Orazio, Senatori romani.

MARCO ORAZIO

(con rapidità)

Genio di Roma, tu m'aggiri intorno:

io ti vedo, io ti seguo, i passi tuoi

costante io seguirò dentro le porte

de' regni del dolore e della morte.

Scende e seco tutti gli altri.

Tullo, Mezio, l'Augure sommo, Sabina, Licinio, Littori, Popolo. Questi restano sull'ingresso dell'antro e verso la metà della rupe.

ORAZIA

Ecco i germani.

SABINA

Ecco l'istante. Oh dio!

LICINIO

Frena il dolor.

MARCO ORAZIO

Curiazio ov'è?

PUBLIO ORAZIO

Tra noi

non s'ode ancora.

MARCO ORAZIO

A favellar d'amore

intento forse, oblia

gli oracoli d'Apollo e il sacro spreco.

Ricomparisce con gli altri Curiazi e con séguito di Senatori albani da una delle vie la più vicina al piano e all'innanzi del teatro.

CURIAZIO

Curiazio vil non è, Curiazio è teco.

Ei stesso intrepido

tra queste tenebre

al sacro Oracolo

favellerà.

TUTTI I PERSONAGGI E TUTTI I CORI

(sottovoce)

Regni silenzio

muto, profondo,

e il sacro Oracolo

dal cupo fondo

risponderà.

CURIAZIO

Voce augusta del ciel, che dal profondo

esci di questo a veritade sacro

fatidico soggiorno,

dégnati a questi popoli pietosi

chiaro spiegar i tuoi voleri ascosi.

Versar un caro sangue

si doveva in tal dì. Patria ed onore

chiedeano il bel cimento,

ma natura ed amore

l'alme tutte ingombrar d'alto spavento.

Parla tu, tu disvela

se approva il ciel che il nostro sangue sia

o versato ne' campi del valore

o serbato in tal dì per man d'amore.

A versar l'amato sangue

bel desio d'onor ne invita:

ma natura inorridita

sparge ovunque il suo terror.

Deh tu, o ciel, disvela a noi

se t'è grato un tal valore:

tra la gloria e tra l'amore

dubbia è l'alma, incerto il cor.

CORO

(tutti i personaggi, senatori, ecc.)

Trema il suol, l'antro si scuote,

mormorando sacre note

già l'Oracolo si sta.

Si spalanca l'antro e vedesi il tempio lucentissimo d'Apollo da cui parlano gli oracoli, pronunziati da alcuni Sacerdoti sulla porta del tempio.

SACERDOTI

Si combatta. Sia il cimento

nuovo esempio di valore:

tal discese in quest'orrore

la suprema volontà.

CORO

Dunque al campo.

CURIAZIO

Io vi precedo.

(avviandosi vede Orazia)

ORAZIA

Io ti perdo.

CURIAZIO

Dèi, che vedo...

da me fuggi, per pietà.

Ah chi vide mai di questa

più terribile, funesta,

più crudel fatalità.

TUTTI

(ripetendo gli oracoli intorno agli Orazi e Curiazi)

Si combatta. Sia il cimento

nuovo esempio di valore.

CURIAZIO

Tra la gloria e tra l'amore.

TUTTI

Tal discese in quest'orrore

la suprema volontà.

CURIAZIO

Ah chi vide mai di questa

più terribile, funesta,

più crudel fatalità.

Tutti sortono confusamente dall'antro.

Atto terzo
Scena prima

Prospetto esterno del Massimo Circo con porta chiusa
che introduce nello stesso. Sole che spunta.
Senatori albani, Senatori romani, Augure sommo;
poi Matrone romane, Littori, Popolo.

L'AUGURE

Tutti nel Circo accolti

i padri son d'Alba e di Roma, e solo

da ciascuno s'attende

della pugna il segnal. Numi! a che mai

tanto indugiar!... deh non dispiaccia a voi...

Ma Curiazio già affretta i passi a noi.

Più non si tardi: si preceda, andiamo.

O dèi di Roma, in questo

istante formidabile e bramato

in voi riposto è de' Romani il fato.

Entra nel Circo preceduto dai Littori ed accompagnato da Senatori albani e romani.

Scena seconda

Curiazio, Orazia, séguito di Matrone romane, poi l'Augure.

CURIAZIO

Eccoci al fatal loco ove per sempre

ne divide la sorte, idolo mio.

Sia di noi degna, o cara,

division così amara;

e l'universo apprenda

dalla nostra costanza

che il patrio amor ogni altro affetto avanza...

ORAZIA

Sensi degni di te ch'io pur vorrei,

caro, sentir, ma troppo ha ingombro il seno,

il cor, la mente, oh dio!

l'invincibile orror del caso mio.

Già ti compiango estinto.

Vincitor ti pavento.

Da cento furie e cento

mi veggo trasportar. Dolente, oppressa,

esco fuor di me stessa;

temer non so, bramar non posso, incerta

fremo, sospiro, inorridisco, agghiaccio

e colma d'alto orror mi dolgo e taccio.

L'Augure sull'ingresso con un gesto sollecita Curiazio, poi rientra nel Circo.

CURIAZIO

Ah mia cara, non più...

ORAZIA

Dove?...

CURIAZIO

M'invita

al Circo il sacerdote.

ORAZIA

Attendi almen...

CURIAZIO

È colpa l'indugiar.

ORAZIA

Il suon fatale

ancora non s'udì.

CURIAZIO

Dell'onor mio

tuonò la voce: addio, mia vita, addio.

ORAZIA

E puoi, crudel, lasciarmi!...

CURIAZIO

E vuoi, spietata,

indebolir adesso il valor mio!

ORAZIA

Vanne, vanne, non più.

CURIAZIO

Mia vita, addio.

Resta in pace, idolo mio,

non scordar a chi sei sposa:

qualche lagrima pietosa

non negar al tuo fedel.

Farmi a te d'orrore oggetto

vuol la sorte avversa e ria:

resta in pace, anima mia,

ti consoli amico il ciel.

(entra nel circo)

Scena terza

Orazia, Matrone romane.

(s'ode un forte squillar delle trombe nel Circo, per cui Orazia si scuote dal profondo suo orrore)

ORAZIA

Giusti dèi!... della pugna

ecco il segnal... lasciatemi... lasciate...

Deh per pietà!... dell'armi

ecco il fragor... le grida

del popolo s'innalzano... i germani...

lo sposo... Oh dio! che sento...

due Orazi estinti!... Onnipossenti dèi!...

mancar mi sento il core...

Fuggiamo, deh fuggiam da tanto orrore.

(parte col suo séguito)

Scena quarta

S'apre una vastissima piazza di Roma con lunga via nel prospetto, la quale lascia scorgere in lontano l'ingresso in Roma di Marco Orazio, che viene condotto sopra un carro trionfale ornato delle spoglie de' tre uccisi Curiazi, tra le acclamazioni e le grida del Popolo esultante per la riportata vittoria. Il rimanente della scena, ingombrato di magnifiche fabbriche e di numerosi Spettatori del detto trionfo, forma un quadro compito della strepitosa festa che gli ordini vari del Sacerdozio, Politici e Militari s'accingono a formare intorno al trionfante Marco Orazio.
Marco Orazio, Augure sommo, Sacerdoti, Auguri, Littori, Vestali, Popolo. Senatori romani che circondano il carro e l'accompagnano. Lo seguitano i Senatori albani, con Suffezio, Ostilio, Licinio.

CORO

S'adorni la chioma

al forte guerriero

che a Roma

l'impero,

la gloria, l'onore,

col proprio valore,

col sangue serbò.

MARCO ORAZIO

Sfidando il destino,

costante, fedele,

guerrier, cittadino,

a Roma sarò.

CORO

S'adorni la chioma

al forte guerriero

che a Roma

l'impero,

la gloria, l'onore,

col proprio valore,

col sangue serbò.

MARCO ORAZIO

Vinsi, Romani. Palpitante in petto

di gioia e di dolore

ah pur mi sento il core;

ma al nome solo della patria mia,

al rammentar che cittadin son io,

tutto vassi in oblio,

fugge tutto da me, scerner non posso

che il mio dover. Non oso

sentir che la sua gloria,

e di affetti sì grandi ingombro il seno,

sol di fiamme d'onore ho il cor ripieno.

LICINIO

Ah qual ver noi s'appressa

turba affollata e mesta! Oh santi numi!

Furibonda, piangente e desolata

Orazia a noi se n' viene!

Scena quinta

Orazia colle chiome sparse e sortendo in estrema desolazione; poi verso la fine della scena Publio Orazio e Sabina con Séguito.

ORAZIA

Dov'è lo sposo mio? Dov'è il mio bene?...

Dèi! che miro! son quelle

di Curiazio le spoglie!... il mio tesoro

più non è!... dèi crudeli... io manco... io moro.

(cade quasi svenuta in braccio alle sue seguaci)

MARCO ORAZIO

S'allontani quel vile

spettacolo d'orror dagli occhi miei.

ORAZIA

(riavendosi lentamente e inveendo contro Marco Orazio)

Tu! di Curiazio!... l'uccisor tu sei!...

Mostro infernal!... e vieni

lordo e fumante d'un sì caro sangue

pomposo ad ostentar la tua vittoria!

Oh scellerata gloria!

oh cor di tigre! Oh Roma disumana,

ebra per fasto, e per orgoglio insana.

MARCO ORAZIO

Perfida! e tanto puoi

te stessa abbandonar a un folle ardore

che ardisci l'onor mio,

la patria gloria, i sacri e lieti plausi

funestar co' tuoi lai!

Célati, fuggi, va', va' orror mi fai.

ORAZIA

Oh mio Curiazio! oh mio sposo diletto!

(abbracciando le spoglie di Curiazio; poi a Marco Orazio:)

Sazia, via, in questo petto

le furie tue. Che tardi? al tuo trionfo

non poca parte già mancar vegg'io.

Prenditi, disumano, il sangue mio.

MARCO ORAZIO

Numi di Roma, ah voi

frenate in questo sen gli sdegni miei.

ORAZIA

Voglion sangue da te Roma e gli dèi.

Questo è il solo tributo

che piace a lor, ch'è dal tuo cor dovuto.

MARCO ORAZIO

Indegna! ebben... dunque... tu il vuoi... morrai...

(Orazio... giusti dèi! ferma: che fai!)

ORAZIA

Che ti trattien?

MARCO ORAZIO

Pietà.

ORAZIA

Morte vogl'io...

MARCO ORAZIO

La patria...

ORAZIA

Aborro.

MARCO ORAZIO

Il sangue tuo...

ORAZIA

Detesto.

MARCO ORAZIO

I numi.

ORAZIA

Ingiusti son...

MARCO ORAZIO

Che giorno è questo!

ORAZIA

Svenami ormai, crudele;

compi i trionfi tuoi:

sangue tu brami e vuoi?...

eccoti il seno, il cor.

MARCO ORAZIO

Non cimentar lo sdegno

che m'arde in questo petto:

toglimi quell'aspetto...

trema del mio furor.

ORAZIA

Barbaro!... ah sposo!...

MARCO ORAZIO

Perfida!

ORAZIA

Tiranno!... oh sorte!

MARCO ORAZIO

Invólati.

(incontrandosi nel mezzo della scena e guardandosi furiosamente l'un contro l'altro)

Insieme

ORAZIA

Sei per me oggetto orribile

d'angoscia, di dolor.

MARCO ORAZIO

Sei per me oggetto orribile

d'angoscia, di rossor.

CORO

(sotto voce, osservando tutti Marco Orazio e Orazia)

Che sarà!... giusti dèi!... qual cimento,

qual momento d'affanno, d'orror!

MARCO ORAZIO

(furibondo)

Non ha più fren quest'anima...

ORAZIA

(piangente)

Idolo mio, ove sei?

MARCO ORAZIO

(agitatissimo)

Ho mille furie in core...

ORAZIA

(desolata)

(abbracciando le spoglie di Curiazio)

Mio ben, mio dolce amore...

Insieme

ORAZIA

Sei per me oggetto orribile

d'angoscia, di dolor.

MARCO ORAZIO

Sei per me oggetto orribile

d'angoscia, di rossor.

ORAZIA

(salendo in una eminenza)

Numi, se giusti siete

vendicatemi voi.

(furibonda)

Fate che Roma

paghi degl'empi cittadini suoi

pena condegna ai lor delitti. Piombi

sopra lei l'ira vostra. Fulminate

e l'are e i templi, e quanto il fasto aduna

entro 'l suo sen, e non ritrovi mai

ne' precipizi sui

quella pietà che non conoscesse altrui.

MARCO ORAZIO

Ma pria tu pagherai,

empia, col sen trafitto

la pena ben dovuta al tuo delitto.

La ferisce e la precipita dalla gradinata.

PUBLIO ORAZIO E SABINA

(accorrendo al tumulto)

Giusti dèi! che facesti!

MATRONE

(inveendo contro Marco Orazio)

Spietato!

MARCO ORAZIO

(in atto feroce)

Il dover d'un romano ho compito.

POPOLO E SENATORI

Vivi, o forte; alla patria hai servito.

Insieme

PUBLIO ORAZIO, SABINA E MATRONE

Giorno orrendo, di morte, di orror.

POPOLO E SENATORI

Giorno eccelso! di gloria, d'onor.

Marco Orazio rimane immobile nel mezzo della scena in atto feroce, Publio e Sabina in attitudine di tristezza assistiti da Licinio. Le Matrone inveiscono contro Orazio, il Popolo e i Senatori lo esaltano, parte del Popolo va sulle gradinate inorridita per l'uccisione di Orazia ecc. In tal modo con la confusione, allegrezza e costernazione de' vari Personaggi della scena stessa termina l'azione.

Fine del libretto.

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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta