NIOBE, REGINA DI TEBE
Dramma per musica.
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Libretto di Luigi ORLANDI.
Musica di Agostino STEFFANI.
Prima esecuzione: 5 gennaio 1688, Monaco di Baviera.
Rappresentati:
NIOBE regina di tebe |
soprano |
ANFIONE re |
basso |
MANTO donzella tebana figlia di |
soprano |
TIRESIA indovino, e sacerdote di Latona |
basso |
CLEARTE principe tebano |
mezzosoprano |
CREONTE figlio del re di Tessaglia |
tenore |
POLIFERNO principe d'Attica, mago |
basso |
TIBERINO figlio del re d'Alba |
tenore |
NEREA nutrice di Niobe |
contralto |
Di sei Figli, e sei Figlie di Niobe.
Di Dame, Paggi, e Deità apparenti con Niobe.
Di Cavalieri, Paggi, e Popolo con Anfione.
Di Pastorelle con Manto.
Di Servi con Tiresia.
Di Nobili tebani con Clearte.
Di Guerrieri con Creonte, e Poliferno.
Di Cacciatori con Tiberino.
Serenissime altezze elettorali
Se l'oppressione del vizio è lo spettacolo più gradito dagli occhi eterni de' numi, non poteva la mia ubbidiente devozione offrire divertimento più proprio a benignissimi sguardi dell'altezze seren.me elett.li quanto la prosternazione d'un vizio, e d'un vizio direttamente opposto alla virtù più pregiata dalle vostre grand'anime. Ecco per ciò dalla famosa reggia di Tebe risorto su la scena il gran mostro della superbia a provocare i fulmini nelle tremende destre de' numi, perché servano di faci luminose nel sacro tempio de' vostri regi lari, dove il nume d'una eccelsa umiltà magnanimamente si adora. All'immutabile gloria di così potente domatrice del vano fasto, che nel serenissimo cielo del vostro soglio bella più del sole risplende, innalza colossi di sé stesso l'orgoglio nella memorabile peripezia di quella infelice regnante, di cui va pubblicando con tromba maestra la fama:
Et felicissima matrum
dicta foret Niobe, si non sibi visa fuisset.
Quinci felicissime voi seren.me elett.li altezze appunto del vostro glorioso dominio quasi augelli di paradiso avete cent'occhi aperti sempre alla fortuna de' vostri sudditi, ma coperti ad ogn'ora sotto l'ali d'un sapere ammirando, per non mirare gl'immensi pregi della propria sublime grandezza. Quando un mondo intero, benché abbagliato, si affissa a gli adorati raggi di vostre glorie, solo da voi rimangono sconosciuti i vostri splendori; e parmi, che per degno applauso di virtù così rara, e rara dote de' vostri generosissimi cuori, vada oggi di voi decantando il mondo ciò, che del sole fu detto:
Quae omnes in ipso mirantur, ipse solus non videt.
Ed ecco il maggior luminare oggi come simbolo de' vostri supremi attributi abbattere con fulminante destra la tebana alterezza, rappresentando non meno all'ombre atterrite dell'asiana superbia i lampi vittoriosi della vostra acclamata possanza. Ma dove a fronte di voi, che siete i due vivi soli del gran cielo della Baviera, ardisco con ali d'Icaro seguire il volo, che spiega trionfante la vostra fama? Intraprendano l'aquile sì eccelsa meta, ed alla tarpata mia penna solo sia meta fortunata il pubblicarmi con profonda venerazione.
Dell'altezze vostre seren.me elett.li
Monaco primo gennaio 1688
Umilissimo, devotissimo, ubbidientissimo servo.
Luigi Orlandi.
Argomento
Niobe, e Anfione due grandi regnanti di Tebe celebrati per massimi da gli applausi di tutta Grecia; l'uno per esser nato di Giove potentissimo re di Creta; l'altra per esser figlia di Tantalo famosissimo re di Frigia. Questa per esser dotata d'animo così grande, e virile, che superando l'ordinaria condizione del sesso, s'acquistò nome più che di donna, di dèa. Quello per avere con larga vena d'ingegno, e prerogative di senno così legate l'intelligenze delle sfere nella sua musica, siccome negli affari politici resa umana, e civile l'incivile barbarie de' popoli, che meritò gl'attributi non che di uomo, di nume. Ma avvenendo, che gran fortuna conduce sovente a gran fato, resa Niobe per tante glorie superba, diviene de gli dèi sprezzatrice, e togliendo il culto a Latona dèa da' Tebani adorata, vilipende Manto figlia di Tiresia indovino, e sacerdote della medesima dèa, mentre da Manto si procurano a Latona gl'olocausti dovuti. Vendicano gli dèi con la morte i disprezzi, e colti da improvvisa parca tutti i figli di Niobe, Anfione disperato s'uccide, e Niobe da gran dolore oppressa perde la vita. Manto poscia condotta dalla sorte in Italia fu da Tiberino re d'Alba ricevuta in consorte.
Gran campo ebbe la favolosa Grecia di finger menzogne nel poetico racconto di tali successi, onde attribuendo altri al canto, altri al suono di Anfione l'erezione delle mura di Tebe, fece vedere con l'armi in mano Latona, ed i suoi figli Apolline, e Diana a saettare dal cielo la Tebana superbia, e convertir Niobe in sasso.
Interpr. Histor. Metamor.
Ovid. De Niobe.
Si aggiungono li seguenti verisimili.
Anfione impossessatosi del regno di Tebe con la debellazione di Lico re suo antecessore, si finge, che dal re di Tessaglia congiunto con Lico, dopo molti anni, per vendicare lo scempio del medesimo, sia all'impensata mandato Creonte suo figlio all'assedio di Tebe, e che Creonte sii allettato a tal guerra dalla speranza fattagli concepire da Poliferno principe mago d'Attica, di godere il possesso delle bellezze di Niobe, interessato Poliferno a tale vendetta per la consanguineità di Dirce, seconda consorte di Lico, fatta ancora morire da Anfione.
Che bramando Anfione viver al riposo, libero dal peso del regno, dichiari Niobe assoluta regolatrice del soglio, e le dia Clearte per esecutore de' suoi decreti, richiamandolo alla regia dalle selve, ov'egli da molto tempo vivea, lontano da quella, per non morir vicino a Niobe, di cui fortemente s'era già invaghito, ma senza concepire speranza alcuna di corrispondenza.
Che Tiberino non avendo ancora ereditato il regno d'Alba dal padre, portatosi in Grecia per desiderio di propagare le glorie del suo valore in giostre, in cacce, in lotte, ed in altri esercizi militari usati in quei tempi da' Greci, finalmente in Tebe s'innamori di Manto, e la conduca sua sposa nel Lazio.
Macchine
Gran mostro, che si risolve in molti guerrieri.
Fantasma, che sorgendo di sotterra, forma grande voragine in aria.
Mura di Tebe, che s'innalzano a poco a poco.
Due draghi infernali, che di sotterra conducono sulla scena Creonte ed Poliferno.
Nube, che sorge in aria, e nasconde li suddetti.
Gran nuvolosa, che dall'alto scende con Creonte in apparenza di Marte.
Carro trionfale fulminato da Latona, Apolline, e Diana, che compariscono in aria con deità compagne.
Caduta di molti edifici ad un terremoto.
Regale con trono in cui Niobe, ed Anfione circondati da numerosa loro Prole in mostra guerriera, corteggio di Cavalieri, e Dame, e Nerea.
ANFIONE
Venga Clearte.
NIOBE
E che farà?
ANFIONE
Già udisti
Niobe mio cor, mia speme,
che de giorni tranquilli
resa avara la mente,
di più compor mal soffre
con lo scettro la mano a miei riposi
mal più s'adatta il trono, ed abbastanza
sotto il pesante incarco
del diadema regal sudò la fronte.
Alle glorie ben conte
di me, di te, de' figli,
stanche son già le Ismenie incudi; e il fato
più non può dar, per far un re beato.
Tu, cui gli dèi formaro
di nume il senno, e la beltà di dèa,
or ben con tua virtute
puoi, dando legge al soglio,
serbarmi alla quiete, e se tu sei
risplendente mio cielo, il ciel ben suole
con instancabil moto
dar riposo alla terra. Omai da' boschi
tuo compagno al gran peso
Clearte io richiamai.
NEREA
Ohimè.
ANFIONE
Fedele
questi, qual sempre saggio,
eseguirà tuoi cenni, ed il tuo impero
già decantare in lieta pace io spero.
NEREA
Oh bell'imbroglio invero.
NIOBE
Dove son io, da qual soave incanto
dolcemente ferita,
sento l'alma rapita?
Ahi ben m'aveggio o caro,
che dal tuo divin labbro
escon si vaghe tempre,
perché io provi mai sempre
con mia felice sorte
dilettoso il languir, dolce la morte.
Sì sì nel regio petto
sovrabbondi la gioia, e la grand'alma
scarca d'esterne cure
di consorte, di figli, e di vassalli,
s'a numi ora s'appressa,
poiché visse ad altrui, viva a sé stessa.
NEREA
Per indurci a regnare,
fatica non si dura,
ch'allo scettro è proclive ogni natura.
ANFIONE
Sollievo del mio seno,
conforto del mio ardor.
In te ritrovo a pieno
la pace del mio cor.
NIOBE
Mia gioia, mio diletto,
diletto di mia fé.
Quest'alma nel mio petto
ha vita sol per te.
Clearte, e i suddetti.
CLEARTE
Ecco a' piè di chi impera
il suddito inchinato. Al regio cenno
ecco omai del vassal l'arbitrio umile,
e da boschi Clearte
ecco si toglie ad ubbidire accinto
il voler del sovrano...
(Ahi ch'un guardo di Niobe il cor m'ha estinto.)
NEREA
(Ei ritorna d'Amor nel labirinto.)
ANFIONE
Già sul trono celeste il re degl'astri
librò l'anno due volte,
da che l'umil soggiorno
fra le selve eleggesti,
ed in ozio traesti,
nelle romite piagge
in sembianza di fera orme selvagge.
Tempo è omai, che tu rieda
a compensar con le vigilie illustri
sì lungo oblio: nel regno
a sostener mie veci
della mia Niobe al fianco
ti destinai.
CLEARTE
Che ascolto?
ANFIONE
L'arco talor gran pezza
rallentato si serba,
perché poscia a grand'uopo
con più rousta tempra
s'incurvi ai colpi a ben colpir lo scopo.
CLEARTE
(Dall'empio amor deluso
che risolvi mio core?)
NEREA
(Egli è confuso.)
ANFIONE
(discende dal trono e copre Clearte d'una veste regia)
Su di regali spoglie
cinta la nobil salma,
mostri, che di regnar degna è quell'alma.
Tu con sì fido atleta
non temer mia reina
forza d'invide stelle:
più m'ardete io v'adoro o luci belle.
Miratemi begl'occhi,
e fatemi morir.
I vostri dolci sguardi
avventan mille dardi,
ma è caro ogni martir.
Niobe, Clearte, Nerea, Corteggio.
NIOBE
Splendetemi d'intorno
raggi d'eterna luce, e impresso resti
sulla fronte del sol così gran giorno.
Clearte.
CLEARTE
(Ahi fiera guerra
fra l'amor, e il rispetto
io racchiudo nel petto.)
NIOBE
Non rispondi? Fra boschi
forse la mutolezza
dalle fere apprendesti?
CLEARTE
(In gran periglio
io ti veggio mio cor, alma consiglio.
NIOBE
Oppur sordo agli accenti
i tronchi imiti al sussurrar de' venti?
CLEARTE
Né da tronco, o da fera
appresi io ciò giammai.
Ma a venerar con il silenzio i numi
dal mio core imparai.
NEREA
Si scuote affé.
NIOBE
Tuo peso dunque sia
fra popoli soggetti
il culto propagar de' miei gran pregi,
di reina fra dèi, di dea fra regi.
CLEARTE
Ubbidirò fedele, e i primi voti
ecco porge il mio labbro,
or che prostrato imploro
(quasi dissi pietade)
benigni influssi da quel sol che adoro.
NEREA
Accorta invenzion.
NIOBE
La fé ci è grata;
se muto fosti già, Niobe è placata.
NEREA
Buon premio inver.
CLEARTE
Dimostra, ahi che non erro,
da quei lumi di foco alma di ferro.
NIOBE
È felice il tuo cor, né sai perché.
Un certo tuo sprezzo,
non so qual tuo vezzo
m'invoglia di te.
Clearte, Nerea.
NEREA
Che sento?
CLEARTE
E che mai disse?
NEREA
Signor, umil Nerea
or teco si rallegra.
CLEARTE
Il rivederti
mi è caro o fida, a cui
sola son noti i miei infelici ardori.
NEREA
Ma felici al presente,
se pur Niobe non mente.
CLEARTE
E possibil ti sembra,
ch'ella senta pietà del foco mio?
NEREA
Il cor di bella donna è sempre pio.
CLEARTE
Ma se a lei sempre occulto
fu l'incendio del core?
NEREA
Troppo ci vede, ed è pur cieco amore.
CLEARTE
Per te vive mia speme.
NEREA
Il cor consola.
Io penetrar prometto
gli arcani di quel sen, per cui sospiri.
CLEARTE
Il ristoro tu sei de' miei martiri.
NEREA
Quasi tutte
son le brutte
quelle donne, che non amano.
Ma chi vanta in sen beltà,
nutre sempre al cor pietà
per gli amanti, che la bramano.
Clearte.
Rio destin che pretendi
or che accanto al mio foco
tu a forza mi traesti; e fummi vano,
per saldar la mia piaga; irne lontano.
Son amante, e sempre peno,
perché peno per chi no 'l sa.
Alla lingua o sciogli il freno,
o amor dammi la libertà.
Boscaglia.
Tiberino con suoi Seguaci.
TIBERINO
Della famosa Tebe
ecco amici le selve; il piè già calca
le desiate arene,
ch'esser dovran del valor nostro il campo.
Già degl'Albani il nome
mercé di nostre imprese,
nella Grecia superba or va fastoso:
uom non v'è glorioso
in cacce, in lotte, alla palestra, al corso,
che a noi sinor non ceda; Argo e Micene,
e Corinto, e Tessaglia
eroe non ha, che a Tiberin prevaglia.
Alba esulti, e il Lazio goda.
Il sudor di questa fronte
nutre i lauri al dio bifronte,
che al suo crine i fati annoda.
Udendosi rimbombare di lontano per la selva trombe di cacciatori, Manto in atto fuggitivo inseguita da una belva, e suddetti.
TIBERINO
Suon di lontana caccia
fa rimbombar la selva.
MANTO
(di dentro)
Aita o numi.
TIBERINO
Qual mesta voce?
MANTO
Ahi non v'è scampo. O sorte.
TIBERINO
Che veggo o ciel? Non paventar donzella:
in tua difesa è la mia destra o bella.
(si pone a guerreggiar con la fiera, e l'atterra)
MANTO
Oh valor, oh virtute.
TIBERINO
Il proprio sangue
bevon l'ingorde fauci; e già cadendo,
a trofei di mia destra
erge nuovo trofeo con le sue spoglie;
tuo scherzo, e gioco, or ch'il timor ti toglie.
MANTO
Se la vita a me donasti,
nume sei di questa vita.
La memoria de' tuoi fasti,
nel mio cor terrò scolpita.
TIBERINO
Di vezzo, e leggiadria
Venere, non cred'io, fu più compita.
Tiresia cieco appoggiato ad un Servo, e suddetti.
TIRESIA
Figlia ove sei, tesor dell'alma mia!
TIBERINO
Qual uomo appare?
MANTO
Padre.
TIRESIA
Pur ti ritrovo.
MANTO
Onora o genitore
l'uccisor della belva,
che ver nostre capanne
ratta fuggendo a' cacciatori occulta,
assalì me poc'anzi, e mi disgiunse,
dal fianco tuo, dand'io alla fuga il piede.
TIRESIA
Tutto vide la mente: eroe sì prode
è dell'alban regnante
l'unico erede, e Tiberin s'appella.
MANTO
Figlio di re?
TIBERINO
Come del ver favella?
TIRESIA
Tiresia io son, cui Giove
diede mente presaga,
se Giunone sdegnata,
privò d'eterni lumi, ed è mia prole
la donzella difesa.
TIBERINO
Ella m'infiamma.
MANTO
Io son d'amore accesa.
TIRESIA
Piacciati a' nostri alberghi
volger le piante, ed ivi
nelle cose future
la serie ascolterai di tue venture.
Amor t'attese al varco,
per saettarti l cor.
Gli diè la sorte l'arco,
e il dardo feritor.
Tiberino, Manto.
TIBERINO
Svelò fatal la piaga.
MANTO
Ahi quanto io più miro, ei più m'impiaga.
TIBERINO
Dimmi o bella: sei sposa?
MANTO
Ho intatto il fiore
del virginal candore.
TIBERINO
Tua patria?
MANTO
Tebe.
TIBERINO
Il nome?
MANTO
M'appello Manto.
TIBERINO
E a quali uffici eletta?
MANTO
A Latona io ministro
col genitor suo sacerdote.
TIBERINO
E al nume,
che prevale agli dèi,
tu quali incensi offrisci?
MANTO
Che mai dirò? Tuoi detti
io non intendo.
TIBERINO
Al dio fanciul bendato?
MANTO
Nemmeno.
TIBERINO
Al dio Cupido?
MANTO
M'è ignoto.
TIBERINO
Oh stolto core,
tu non conosci amore?
Tu non sai che sia diletto,
non sai dir che sia conforto.
Senza amor un cor è morto,
senza cor non vive un petto.
Manto.
Oh d'amor troppo ignaro, e così tosto
vuoi, che pudico seno
a favellar d'amore
scioglia la lingua? E non ti disser gl'occhi,
ahi questi occhi dolenti,
l'autor de' miei tormenti?
Poco in amor sagace:
lingua d'amante core
meglio parla d'amore allor che tace.
Vuoi ch'io parli, parlerò.
Ma se chiedo poi mercé,
mio tesor che fia di me,
se mercé poi non avrò?
Di lontano all'improvviso apparisce smisurato mostro, che portandosi al proscenio, ad un tratto si risolve in molti Guerrieri, lasciando in una nuvoletta a terra Creonte in atto di dormire, e desto Poliferno.
POLIFERNO
Dormi Creonte, e intanto
sogna o prole guerriera
del tessalo monarca
l'alta beltà, di cui con forza ignota,
io l'imago t'impressi in mezzo al core.
Fia de' tuoi sogni autore
di Megera il flagello, acciò che spinto
da infuriati sensi,
rechi al regno tebano incendi immensi.
CREONTE
Che vago sen.
POLIFERNO
Con i fantasmi omai,
opre di magic'arte,
a vaneggiar comincia.
CREONTE
È donna. O dèa?
Ahi, ch'un guardo mi bea.
POLIFERNO
Scosso da interna face
ecco si desta.
CREONTE
Ferma
ferma o nume adorato,
mia delizia, mio ben, anima mia,
dove fuggi? Ma dove,
dove mi trovo? Ed a qual aure spiego
gl'immoderati affetti?
POLIFERNO
Son forier d'empie stragi i suoi diletti.
CREONTE
Dove sciolti a volo i vanni
diva mia da me fuggisti?
Se dal sonno infra gl'inganni
a bearmi tu venisti.
POLIFERNO
Creonte e che ti pare
di Niobe, che sognando,
già conoscer ti fei?
CREONTE
Ahi ch'in beltà non cede
agl'astri, a Delia, al Sole,
s'ha del sol le pupille,
della luna i candori,
degl'astri le faville.
POLIFERNO
Su, per goder ben tosto
di cotanta beltà, senza dimore
Tebe si assalga, e cada
Anfione svenato;
sia Lico vendicato,
il tuo gran zio, cui tolse
con esecrando scempio
e la vita, ed il regno,
Anfione l'indegno.
Nuovo soglio, e nuova bella
a goder ti guida il fato,
a tuo pro la sua facella
scuote amor con Marte armato.
Creonte.
A voi di Tracia, e Cnido
onnipotenti numi,
se non sarete a' miei desiri avari,
ergerò nuovi altari
accesi ognor di nabatei profumi.
Sia di Nemesi il ferro
debellator dell'usurpato soglio,
e sia di Citerea,
come a Paride in Sparta, a me concesso
dell'Elena tebana oggi il possesso.
Troppo caro è quel bel volto,
che dal seno il cor m'ha tolto,
né saprei che più bramar.
Goderò del ciel le faci,
se quei lumi sì vivaci
potrò giunger a baciar.
Così vago è quel sembiante,
che quest'alma ha resa amante,
che a lui cede ogni beltà.
Il mio cor sarà beato,
se al mio sen quel sen bramato
sorte amica stringerà.
Regio museo, che ostenta la reggia dell'Armonia.
Anfione.
Dell'alma stanca a raddolcir le tempre,
cari asili di pace a voi ritorno:
fuggite omai fuggite
da questo seno o de' regali fasti
cure troppo moleste, egri pensieri:
che val più degli imperi
in solitaria soglia, ed umil manto
scioglier dal cor non agitato il canto.
Sfere amiche or date al labbro
l'armonia de' vostri giri.
E posando il fianco lasso,
abbia moto il tronco, il sasso
da miei placidi respiri.
Niobe, ed Anfione.
NIOBE
Anfion mio desio,
mio tesoro, cor mio.
ANFIONE
Mia luce, mia pupilla.
NIOBE
Ecco a te vola
tronco, e sasso animato
il cor innamorato.
Vorrei sempre vagheggiarti,
vorrei star sempre con te.
Non ha pace, non ha bene,
vive ogni ora fra le pene
da te lungi la mia fé.
Clearte, Nerea, Anfione.
NEREA
Eccola.
CLEARTE
Ahi cor resisti.
NIOBE
A che vieni?
CLEARTE
Di tessali oricalchi
rimbomba il suol tebano audace stuolo
d'armate schiere inonda,
qual torrente improvviso,
le beozie campagne: a me non resta
che con pronte falangi
espor la vita alla difesa; e i cenni
ad inchinare, ad ubbidire io venni.
ANFIONE
Che sento?
NIOBE
E non rammenta
il tessalo superbo
quali sian le nostr'armi? Insano venga,
e al cenere gelato
di Lico debellato,
giunga ceneri nuove.
ANFIONE
E pur ritorna
l'alma ai tumulti: ahi ch'è in un regio seno
brieve luce di lampo ogni sereno.
NIOBE
Non ti turbar idolo mio.
ANFIONE
Discioglie
ogni nube di duolo
de' tuoi celesti sguardi un raggio solo.
A premunire intanto
gl'animi de' vassalli
di costanza, e di fede,
mi parto, o cara.
NIOBE
E in breve
io seguirò il tuo piede.
ANFIONE
È di sasso chi non t'ama,
è di gel chi non t'adora.
Provo io ben ch'un cor è poco
a capir l'immenso foco,
che per te mi strugge ogn'ora.
Niobe, Clearte, Nerea.
NEREA
E tu qual gelo, o sasso,
muto ancor te ne stai?
CLEARTE
Son morto ahi lasso.
NIOBE
Clearte oggi fra l'armi
qual divisa destini?
NEREA
Animo.
CLEARTE
Scopri a parte
mio cuor la chiusa fiamma:
scolpito avrà la scudo
d'Encelado il gran monte,
che ognor da nevi oppresso,
d'interno incendio avvampa.
NIOBE
E il motto?
CLEARTE
Sia.
Perché al ciel aspirai.
NEREA
Di ben capirlo affé
ella s'intenderà meglio di me.
NIOBE
Non comprendo il concetto; or via lo spiega.
CLEARTE
Or m'assisti o Cupido.
NEREA
Ardir ci vuole.
CLEARTE
D'un cor la sorte esprimo,
che ad un ciel di beltade
sollevando il desio,
da duo bei lumi alteri
fulminato se n' giace
sotto monte di duolo; e non osando
scoprir l'incendio interno,
gela al di fuori, e chiude in sen l'inferno.
NIOBE
E di qual core intendi.
CLEARTE
Nerea perduto io sono.
NEREA
Su viene adesso il buono.
CLEARTE
Del mio cor sventurato.
NIOBE
E qual sen l'ha piagato?
CLEARTE
Gelar mi sento.
NEREA
Presto
bisogna dire il resto.
NIOBE
Segui: non parla.
CLEARTE
Oh numi.
NIOBE
Io pur son certa
a gran tempo, ch'ei vive
di me tacito amante.
CLEARTE
Svenami pure o cielo.
NEREA
È delirante.
CLEARTE
Perdona o mia...
NIOBE
No ferma:
del tuo cor martire
io più non voglio udire.
Segui ad amar così
né mai parlar di più.
Per chi t'alletta, e piace,
allor che più si tace,
bella è la servitù.
Clearte, Nerea.
CLEARTE
E voi, che mi struggete,
voracissime fiamme,
dal sen che rispondete?
NEREA
Oh sciocca frenesia; tu non intendi
di Cupido i precetti:
con le donne ei non vuol tanti rispetti.
CLEARTE
C'ho da morir tacendo
il cor l'indovinò.
C'ho da tacer morendo
lo stral, che m'impiagò.
Nerea.
Forsennato vaneggia, e non conosce
l'arti sagace usate
dalle donne, che accorte
sono d'esser amate.
Io giurerei, che Niobe
del suo amor avveduta,
se ne fia compiaciuta;
e mostrandosi sorda,
voglia per qualche dì dargli la corda.
In amor siam tanto facili,
ch'a un sospir ci lasciam vincere.
Basta sol, ch'un finga piangere
per sentirci il seno a frangere
e lasciarci il core avvincere.
Campagna spaziosa con vista di Tebe sfornita di muraglie.
Creonte, Poliferno.
POLIFERNO
Ecco Tebe.
CREONTE
O adorata
sfera del mio bel nume; il piè divoto,
come il cor riverente, a te già volgo,
deh pietosa m'accogli,
e fa' ch'io nel tuo seno
spinto da impaziente, alto desio
possa celato almeno
porger taciti voti all'idol mio.
Qui smisurato fantasma apparirà di sotterra.
POLIFERNO
Per condurci ove brami
occulti, e inosservati,
ecco dell'opre mie ministro eletto.
CREONTE
Oh portento.
POLIFERNO
In brev'ora
potrai a luci aperte
vagheggiar non veduto,
l'adorato sembiante
della bella regnante.
Qui dalla bocca del fantasma si forma gran voragine in aria.
CREONTE
Che veggio?
POLIFERNO
A noi s'appresta
fra quelle fauci incognita la via:
movi sicuro il passo, e là t'invia.
CREONTE
Anderei sin nell'inferno,
per mirar volto sì vago.
Se più grande il foco interno
desta in me la bella imago.
(entra nella voragine)
Poliferno.
Oh di Lico infelice
infelice consorte, a me germana,
Dirce, Dirce deh sorgi;
e in ombra almeno scorgi,
che se vittima altera
col tuo sposo regnante al piè cadesti
del superbo Anfione,
a vendicar d'entrambi
l'ingiurioso fato,
provoca Poliferno
Tessaglia all'armi, ed a battaglia Averno.
Fiera Aletto
del mio petto
non cessar di mover guerra.
Olocausti più devoti
t'offrirò, s'oggi a' miei voti,
re tiran da te s'atterra.
(entra nella voragine, la quale si chiude profondandosi)
Anfione seguìto da numeroso Popolo.
ANFIONE
Popoli o voi, ch'un tempo
da inospite foreste
i passi rivolgeste
tratti al suon de' miei carmi,
ai cittadini marmi...
Voi, che a me dati in cura
da Giove il mio gran padre,
sudditi sol di nome,
ma più cari de' figli,
mi vedeste ad ogn'ora
in dolce impero a vostro bene eletto,
di scettro in vece, esercitar l'affetto.
Voi chiamo, e da voi spero
di Tebe la difesa, i vostri cori,
che in paragon di fede
seppero di diamante esser più volte,
ben sapranno all'assalto,
che di Tessaglia or ci muove, esser di smalto.
Su su destisi in voi
desio di nuove glorie; un re che v'ama,
si segua fra perigli;
e a temerari insulti.
VOCI DI POPOLO
Il corso si prescriva.
Viva Anfione viva.
ANFIONE
Voci d'alta costanza: alme fedeli
degni premi attendete;
che mal vive un regnante,
se in regnar non ha destra abbondante.
Come padre, e come dio,
sommo Giove or mi proteggi;
e l'ardir d'un empio, e rio,
col tuo fulmine correggi.
Qui si vedono a poco a poco andar sorgendo intorno di Tebe le mura.
ANFIONE
Ma che miro? Che scorgo? I marmi, i sassi
animati al mio canto,
forman di Tebe i muri: oh del gran nume
onnipotente forza,
se un moto sol del tuo voler prefisso
anima i sassi, e volve in ciel l'abisso.
Nerea fuggendo atterrita, poi Niobe con numeroso Corteggio, e Anfione rapito da meraviglia.
NEREA
Assistetemi,
soccorretemi,
numi del cielo.
Fra quei sassi
che s'agitano intorno ai passi,
io divengo di pietra, io son di gelo.
Qui termina l'erezione delle mura suddette.
NIOBE
Niobe ove giungi, e che mirate o luci?
ANFIONE
Sospirata reina
ecco per virtù ignota,
di Tebe le muraglie
innalzate a momenti
del mio labbro ai concenti.
NEREA
Oh meraviglie.
NIOBE
E qual profano ardire
or può negarti, o caro
degno vanto di nume?
S'or di portenti è fabbro
il tuo canoro labbro.
Su su di sacri altari
s'ingombri il suolo, e al nuovo dio tebano
ardan le mirre elette; il ciel discopre
i numi in terra alle mirabil opre.
Con il tuo strale amore
trafiggi questo core
più rigido, e più fier.
Che l'alma innamorata
all'idol mio svenata
vuo' vittima cader.
Tiresia, e i suddetti.
TIRESIA
O d'insano ardimento
sensi troppo superbi: io parlo a noi
o mortali regnanti,
che con voglie arroganti
usurpar pretendete ai numi eterni
gli onor dovuti in terra; alla vendetta.
L'irato cielo alti castighi affretta.
ANFIONE
A quai detti proruppe?
NEREA
Come ardito parlò?
NIOBE
Tanto presumi
vil rifiuto del tempo, uom senza senno,
come privo di lumi?
TIRESIA
Senza tema di pena
così parla chi vive,
per servir agli dèi.
NIOBE
(gettandolo a terra)
Ti difendan dal cielo,
s'io nel suol ti calpesto,
e da ciò apprendi o temerario il resto.
TIRESIA
Ah sacrilega, ah empia.
NEREA
Oh poco saggio.
ANFIONE
Serena o mio bel sole
de' vaghi lumi il raggio.
NIOBE
Ritornandoti in braccio,
torno a godere, e ogni rancor discaccio.
ANFIONE
Mia fiamma...
NIOBE
Mio ardore...
NIOBE E ANFIONE
Andianne a gioir.
ANFIONE
Per te dolce pena,
NIOBE
Mia cara catena,
m'è grato il morir.
ANFIONE
Mia fiamma...
NIOBE
Mio ardore...
NIOBE E ANFIONE
Andianne a gioir.
ANFIONE
Per te dolce pena.
NIOBE
Mia cara catena,
NIOBE E ANFIONE
M'è grato il morir.
Mia cara catena,
m'è grato il morir.
NEREA
Tu con lingua sì sciolta
resta, e impara a parlare un'altra volta.
Tiresia, e poi Manto, e Tiberino.
TIRESIA
Numi datemi aita, alla mia fede
spero da voi mercede.
MANTO
(non vedendo ancora Tiresia per terra)
Signor vedi, e stupisci
ciò che testé la fama
a noi recò: di Tebe alzò le mura
Anfione col canto.
TIBERINO
Oh gran virtude, oh incanto.
TIRESIA
Chi mi sovviene, ahi lasso?
MANTO
Che fia? Padre?
TIBERINO
Tiresia?
TIRESIA
Calpestato,
lacerato,
qui dolente,
e languente,
arresto il passo.
Chi mi sovviene, ahi lasso?
MANTO
E chi fu sì crudel?
TIBERINO
Chi fu sì rio?
TIRESIA
Un mostro di perfidia,
una furia regnante,
degli dèi sprezzatrice: ahi doglia acerba,
fu Niobe, la superba.
MANTO
Oh tiranna.
TIBERINO
Oh spietata.
MANTO
E qual cagion t'indusse
a sì nefando eccesso?
TIRESIA
Il vano fasto
di far nume lo sposo; onde il prodigio
delle mura, che vedi in giro affisse,
tolse al vanto de' numi, e a lui l'ascrisse.
Quinci, mentre mia lingua
di zelo armata il grande ardir detesta,
l'altera infuriata
m'atterra, e mi calpesta.
MANTO
Oh indegna.
TIBERINO
Oh cor di fera.
MANTO
Il fianco oppresso
mio genitor solleva;
l'oltraggio puniran gli dèi dal cielo:
non torpe mai di lor giustizia il telo.
TIBERINO
(a' suoi seguaci)
S'appoggi, olà, l'uom saggio...
TIRESIA
Il piè cadente
deh guidate pietosi
di Latona nel tempio.
TIBERINO
Avrai scorte fedeli.
TIRESIA
Orrende stragi or apprestate o cieli...
Di strali, e fulmini
o stelle armatevi;
e dell'ingiurie
con giuste furie
su vendicatemi.
Tiberino, e Manto in atto di piangere.
TIBERINO
Discaccia il duolo di ben degno padre
pietosa figlia, i numi
avran di lui cura:
ma se pure col pianto
vuoi mostrar gentil core,
piangi; ma per amore.
MANTO
Cagion de' miei martiri
se a me scoprir non lice
amorosi desiri.
TIBERINO
Ancor taci o vezzosa?
MANTO
O modestia penosa.
TIBERINO
D'amor che mi rispondi?
MANTO
Ti dissi, ch'io l'ignoro:
ma perché più non sia
d'ignoranza ripresa,
tu meglio or me 'l palesa.
TIBERINO
Semplicità più non udita in donna.
MANTO
Folle se 'l crede.
TIBERINO
Dimmi:
uomo mirasti mai?
MANTO
Che richiesta?
TIBERINO
Favella.
MANTO
Sì.
TIBERINO
Fosti ancora, io credo,
tu da lui rimirata.
MANTO
Sì.
TIBERINO
E gli sguardi allora
s'incontraron fra lor?
MANTO
Sì.
TIBERINO
In quell'istante
(non me 'l negar) sentisti
nulla nel core?
MANTO
Sì.
TIBERINO
Ti parve un certo
quasi piacer?
MANTO
È vero.
TIBERINO
Un raggio di diletto,
come suole fra l'ombre,
scintillar brieve lampo?
MANTO
Giusto così (che facilità).
TIBERINO
Crescea,
riguardando guardata,
la fiamma al cor più grata?
MANTO
Appunto.
TIBERINO
Or, se no 'l sai,
amore è questi o bella semplicetta,
ch'entra per gl'occhi, e dentro il cor ricetta.
MANTO
Gran maestro ne sei; ed è Cupido
questi ancora?
TIBERINO
Sì questi.
MANTO
Oh nume infido.
TIBERINO
Perché?
MANTO
(Tempo è ch'in parte
scopra miei sensi amanti.)
TIBERINO
Svela quanto t'avvenne.
MANTO
Offre il gioir, poi sforza l'alma ai pianti.
Nel mio seno a poco a poco
questo amor con il suo gioco
mi rubò la libertà.
Onde il cor fra lacci involto
spera invan, ch'un dì sia sciolto,
ch'egli è un dio senza pietà.
Tiberino.
Oh stravaganza: in petto
nutre la fiamma, e della face è ignara;
così la talpa al sole,
per innato costume,
sente l'ardor; ma non conosce il lume.
Quanto sospirerai
alma per quei bei rai
sì semplici in amor.
Con pianti, e con lamenti
far noti i tuoi tormenti
ti converrà mio cor.
Anfiteatro con grande globo nel mezzo, e picciol seggio regale da parte.
Creonte, e Poliferno, che di sotterra sono portati a cavallo a due mostri.
POLIFERNO
Ritornate agli abissi
spirti fedeli, il nostro piè già forma
l'orme prescritte: a queste soglie in grembo
non guari andrà che giunto
vedrai Tessalo prence il tuo bel sole; profondano i draghi
e questa sia de' fasti suoi la mole.
CREONTE
Oh come qui l'ingegno
con arte pellegrina
costrusse il cielo a sua beltà divina.
POLIFERNO
Perché ci chiuda, e celi,
ecco manda Cocito
invisibile nume agl'occhi altrui.
(si vede sorgere una nube da un lato della scena)
CREONTE
M'apprestano, oh stupori,
il sereno del cor gli stigi orrori.
Del mio ben occhi adorati
deh venite a consolarmi.
Vaghi lumi di quest'alma
vostri sguardi avran la palma
di ferirmi, e di sanarmi.
Clearte con molti Nobili tebani, Popolo, e i suddetti dentro la nube.
CLEARTE
Il gran portento amici
vedeste già dell'innalzare mura;
scorgeste aspri macigni
correr per l'aria a volo; e in brievi instanti
all'armoniche note
del nostro re gir pronti
in lungo giro a collocarsi i monti.
CREONTE
Udisti?
POLIFERNO
O ciel ingiusto,
se l'empietà proteggi.
CLEARTE
Oh noi beati,
se di mirare, ed adorar c'è dato
oggi i numi sul soglio; ed in loro nome
potrà ciascun sicuro
stringer contro de' tessali Tifei
l'acciaro avvezzo a vendicar gli dèi.
CREONTE
Che sento?
CLEARTE
In campo armati
già su destrier volanti i regi figli,
precorrendo le stragi,
calpestano i perigli.
CREONTE
E ancor la sofferenza
qui mi rattien?
POLIFERNO
Pazienza.
CLEARTE
E tu mio core intanto
d'amor l'aspro martire
soffri costante; è gloria anco il soffrire.
Voglio servir fedel,
e peni quanto sa
quest'alma amando.
Sia quanto vuol crudel,
io vincer la beltà
vuò sospirando.
Niobe con séguito di Dame, Nerea, e i suddetti.
POLIFERNO
Viene alfine la bella.
CREONTE
A sì gran foco
per resistere, ahi lasso, un core è poco.
NIOBE
Che si tarda Clearte?
Meco al trono si ascenda.
CLEARTE
Che fia? Suddito umile
con guardo adoratore
quell'altezze sol mira.
NIOBE
Sei nel soglio compagno,
CLEARTE
Ma prostrato a' tuoi cenni.
NIOBE
Il mio cenno ciò impone,
CLEARTE
Lo condanna Anfione.
NIOBE
Ei del regno spogliossi; e sol s'inchina
in Clearte il regnante.
CREONTE
Che impero.
CLEARTE
Ahi ciel che pena.
NEREA
Oh sciocco amante.
NIOBE
Su non s'indugi; al soglio:
così risolvo, e voglio.
(prendendolo per mano, lo conduce sul trono, mentre suona il ritornello della seguente aria)
Qui la dèa cieca volante
ferma il corso all'orbe instabile.
E tributa a regie piante
l'aureo crine incontrastabile.
Anfione con séguito di Cavalieri, e i suddetti.
CLEARTE
Giunge il re.
NIOBE
Ferma.
POLIFERNO
Or mira
l'empio Anfion.
CREONTE
Altero
in gran fasto s'aggira...
ANFIONE
Qual novità sul trono
fassi oggetto ai miei sguardi?
NEREA
Egli in mal punto
a incomodarli è giunto.
ANFIONE
Niobe.
NIOBE
(Che dirà mai?)
ANFIONE
Qual sulla regia sfera
novella impressione
avventizia riluce?
NIOBE
Il riflesso divin della tua luce.
ANFIONE
Dunque dovrà sublime
sovrastare al suo sole
l'apparenza del raggio?
NIOBE
Sì, qualor fa dal suolo
Febo in umane spoglie al ciel passaggio.
CLEARTE
Me infelice.
ANFIONE
Si serba
al rege il trono.
NIOBE
E tu più re non sei.
ANFIONE
Come?
NIOBE
Qui più non s'erge
base a tue glorie.
ANFIONE
E tanto ardisci?
NIOBE
Insano
chi su base volgare
di terrena sembianza
autorizzar vuo' i numi: a te, cui cede
de' tebani Penati oggi il maggiore,
si dée seggio di stelle...
Si apre il globo e comparisce una celeste.
Olà... già si disserra,
per accoglierti un cielo,
in cui sotto uman velo
di Giove il figlio adorar dée la terra.
CLEARTE
Alto pensier...
NEREA
Gran mezzo
di placar le giust'ire.
CREONTE
Oh ingegno, oh vezzo?
ANFIONE
Confuso io resto: o delle regie glorie
gloria, e splendor: qual sia,
per celebrarti al mondo
raro esempio d'amore,
labbro a pieno facondo?
Omai ratto agl'imperi
dell'eccelsa tua mente,
ascendo un ciel, che a cenni tuoi formato,
e da raggi animato
del doppio sol, ch'hai sulla fronte ardente.
Ascendo alle stelle,
ma gl'astri, ch'adoro,
ha il ciel d'un bel sen.
Mie care facelle
mi struggo, mi moro
al vostro balen.
NIOBE
Con fronti umiliate
ciascuno il nume inchini.
(tutto il corteggio s'inchina ad Anfione)
CREONTE
Se non mi porgi aita,
celar più la mia fiamma
non posso alla mia vita.
POLIFERNO
Il rapitor della beltà sicana,
Pluto invoco; e già pronte
son, per rapir chi brami,
l'ombre di Flegetonte.
CREONTE
Felice sorte.
NIOBE
Armonici intervalli
sveglin or lieti balli.
Segue il ballo, è poi terminato.
POLIFERNO
Alle prescritte mete
sorgete, omai sorgete
dalle stigie caverne
spaventose ombre inferne.
Qui sorge infernale, che ingombra tutto il vacuo della scena.
CREONTE
Che miro?
POLIFERNO
Ora ubbidisci:
tra nuove illusioni
teco verrà l'idolo tuo: sparisci.
(è portato via dalla nube)
POLIFERNO
Numi tartarei
con vostri sibili
tremendi, orribili
turbate il ciel.
E dal sidereo trono
atterri il vostro tuono
un Salmoneo novel.
A un terribile rimbombo si profonda con tutta l'infernale, tornando a comparire la prima scena oscurata senza persone.
Anfione in atto di spavento.
Ove son, chi m'aita? In mezzo all'ombre
solo m'aggiro, e abbandonato, ahi lasso,
in abisso di orror confondo il passo.
Misero chi mi cela? Ai lumi intorno
l'imago ancor del minacciante cielo
m'agita, mi spaventa: ahi che miraste
sventurati occhi miei! Voi pur aperte
mie pupille funeste
scorrer dell'Etra i campi a Marte in seno,
quasi lampo, e baleno,
l'idolo mio, l'anima mia vedeste.
Niobe: ahi doglia infinita!
Perduta ho l'alma, e ancor rimango in vita.
Non fu già in riva al Xanto
così degna di pianto
del troiano garzone
la rapina fatale,
quanto or la pena mia, quanto il mio male.
Oh spettacolo atroce!
Oh mio fiero destin, perversa sorte!
Sparì mia vita, e non mi date a morte.
Dal mio petto o pianti uscite
in tributo al mio dolor.
E in virtù de' miei tormenti
disciogliendovi in torrenti,
in voi naufraghi 'l mio cor.
Colline con fonte.
Tiresia, poi Tiberino.
TIRESIA
Confuse potenze
destatevi su.
La mente ingannata,
da false apparenze
or vinta, e legata
non rendasi più.
TIBERINO
Ove quasi furente
movi l'incerto piè?
TIRESIA
Di eventi oscuri
ingombrata la mente,
mal discerne gl'auguri.
A pastorali alberghi
nuovamente m'involo,
ed alle sacre soglie
già ritorno, già volo.
TIBERINO
E ancor senza svelarmi
gl'arcani di mia sorte, alle promesse
procrastini gli effetti?
TIRESIA
Hanno legge dal ciel sempre i miei detti.
TIBERINO
Dimmi almen: deggio in Tebe
sperar vittorie?
TIRESIA
È van desio.
TIBERINO
Fia dunque,
or che infuria Bellona,
pigra in mezzo all'armi
di Tiberin la destra?
TIRESIA
È talora la sorte
degl'ozi ancor maestra.
Tiberino, e poi Manto in compagnia di Ninfe con vari strumenti da suono.
TIBERINO
Fuggirò questo cielo,
che contrari a mie brame
così nutre gl'influssi:
ma dove, oh dèi, se imprigionata, e presa,
a un biondo crin l'anima mia s'è resa.
MANTO
Qua mie fide compagne, ove ridente
mormora l'onda, ad accordar venite
dell'incerate avene il suon giulivo:
ma che veggio? Mia fede
fatta già calamita a due bei rai,
il polo del suo amor non perde mai.
TIBERINO
Ecco il seno adorato: oh poco avvezza
all'amorose gioie
semplicetta bellezza.
MANTO
Ridir, vuo' le mie pene.
TIBERINO
Voglio scoprir l'oggetto,
ch'il cor le accese in petto.
MANTO
La man benefattrice
a venerar mi guida
nuova sorte felice.
TIBERINO
M'incatena ognor più: grata a me giungi;
ed appunto o vezzosa,
replicava il mio core
gli eventi del tuo amore.
MANTO
M'è benigna fortuna.
TIBERINO
Or dimmi o bella
di qual vago sembiante
col rincontro de' sguardi,
come, già m'affermasti,
amore t'invaghi'?
MANTO
Io te mirai.
TIBERINO
Non altri?
MANTO
Altri non mai così.
TIBERINO
Alma innocente?
MANTO
Ed al tuo sen, mi svela
signor, nulla produsse
lo sguardo mio?
TIBERINO
Che dir saprò? M'è forza
dir, che m'accese: no, tempo migliore
si attenda a palesar l'ardor del core.
Il tuo sguardo o bella mia
nel mio sen fiamme aumentò.
Ma ch'amor poi questo sia,
dir no 'l posso, e non lo so.
Manto.
Odi come diverso
da ciò che insegna altrui,
il maestro d'amor d'amor favella.
Oh sventurata Manto! Un stranier crudo,
per lui meglio gioire,
serbò tua vita a più crudel morire.
Tu ci pensasti poco
mio cor a dir di sì
t'inceneristi al foco
sì tosto che apparì.
Tu ti fidasti assai
mio cor del crudo arcier.
Troppo credesti ai rai
d'un volto lusinghier.
Niobe, e Poliferno in apparenza di Mercurio.
NIOBE
Chi sei, dove mi guidi?
POLIFERNO
Io Mercurio m'appello, e degli dèi
son messagger; l'incarco
ebbi di qua condurti...
NIOBE
E così tosto
sparì dagl'occhi miei Marte il mio nume?
POLIFERNO
Per trasportarti alla magion celeste,
farà presto ritorno: a quanto giunse
donna immortal la tua beltà divina:
Marte dall'alte sfere
di trar ebbe possanza;
ed è vil paragone or al tuo merto
la gran madre d'amor; del dio tonante
fu meno degna preda
Europa, Danae, e Leda.
NIOBE
Tebe, figli, Anfion, regno, vassalli.
POLIFERNO
Or ch'il gran dio dell'armi
sposa ti elesse, il nutrir più non lice
nel sen terreni affetti.
NIOBE
Deh cedete or mie pene a' miei diletti.
Stringo al seno un nume amante,
fatto eterno è il mio gioir,
s'a bei rai del suo sembiante
divien gioia ogni martir.
Sopra gran nuvolosa dall'alto della scena, Creonte in apparenza di Marte, e i suddetti.
POLIFERNO
Mira: già il dio guerriero,
a te scende dall'Etra.
NIOBE
L'abisso di sua luce
non v'abbagli occhi miei: ma ben discerno,
che un raggio sol de' suoi divin splendori
può rischiarar l'inferno.
CREONTE
(scende dalla macchina)
Lascio l'armi, e cedo il campo
già mi rendo a un vago lampo,
d'altra Venere in beltà.
Guerre, e stragi andate in bando,
baci, e vezzi io vo cercando
nel bel sen, che vinto m'ha.
(essendo la macchina a terra)
POLIFERNO
(Agevolò l'impresa
l'ordita illusion, da cui ingannata,
divota amante ella al tuo amor s'è resa.)
CREONTE
(Il tuo saper fa l'alma mia beata
t'accosta o dèa terrena; han gl'uman pregi
possanza ancor sovra gli dèi; sovente
le delizie de' numi
son fra mortali; or il timor disgombra;
sembra ogni nume a te vicino un'ombra.)
NIOBE
Alle grazie celesti
il core umiliato,
al sembiante adorato
sacra i desir dell'adorante salma,
son incensi i sospir, vittima è l'alma.
CREONTE
Vieni mia cara, vieni
fra le mie braccia; avrai
sovra del sole il trono;
ti cingerà degl'astri
il risplendente velo;
e se lasci la terra, acquisti un cielo.
NIOBE
All'impero divino
divota, ubbidiente,
corro veloce, e de' terreni fasti
son le memorie spente.
CREONTE
T'abbraccio mia diva...
NIOBE
Ti stringo mio nume...
CREONTE E NIOBE
Ti lego al mio cor.
NIOBE
Tua luce m'avviva...
CREONTE
Mia vita è il tuo lume...
CREONTE E NIOBE
Mia gioia è il tuo ardor.
Seguendo il ritornello della seguente aria, comincia a scender la macchina, in cui siede anche Poliferno.
POLIFERNO
Gioite, godete
in grembo al piacer,
de' numi diletti
son sempre gli affetti
del picciol arcier.
Camere regie.
Anfione, Tiresia.
ANFIONE
Tu mi laceri il core.
TIRESIA
Che a te venga imponesti,
perché il ver ti riveli.
ANFIONE
Creonte dunque?
TIRESIA
Sì.
ANFIONE
Il tessalo nemico?
TIRESIA
Egli.
ANFIONE
Con magich'opre?
TIRESIA
Arti di Poliferno.
ANFIONE
M'abbagliò?
TIRESIA
Le pupille.
ANFIONE
Mi confuse?
TIRESIA
La mente.
ANFIONE
Ed in mezzo a fantasmi?
TIRESIA
Di strane illusioni.
ANFIONE
Mi rapì?
TIRESIA
La consorte.
ANFIONE
Empio ardir.
TIRESIA
Grave inganno.
ANFIONE
E resisto all'affanno?
TIRESIA
In mezzo a mille incanti
il piè raggiri; i numi
così de' lor disprezzi
vendican l'onte.
ANFIONE
O de' superni regni
deità, che reggete
dei re la sorte: io prego
deh temprate clementi
il rigido tenor de' miei tormenti.
TIRESIA
All'umili preghiere
de' divoti mortali
si mostrano sovente
gli dèi placati; ed io ritorno al tempio,
per impetrar propizie a tue difese
le onnipotenti destre.
Poscia de' lor decreti
rivelerò i segreti.
De' numi la legge
è scorta a chi regge,
ogn'ora fedel.
Di vana grandezza
si vanta chi sprezza
i dogmi del ciel.
Anfione.
E ancor neghittosi
ve ne state tant'uopo
spirti del regio sdegno?
Del tradimento indegno
su su cadan gl'autori in mar di sangue,
su alla strage degl'empi,
per far miei dì felici,
corran le furie mie vendicatrici.
Tra bellici carmi
risvégliati all'armi
invitto mio cor.
Quest'alma dolente
a guerra furente
già desta il valor.
Pianura ingombrata da capanne di Pastori.
Clearte, Nerea.
CLEARTE
De' tebani pastori, io pur non erro,
son questi gl'abituri.
NEREA
E che rimiro?
CLEARTE
Ma come d'improvviso
qui spazia il piè? Fra sconosciute genti
pur noi sinor vagammo.
NEREA
Inver mi sembra
cosa da farmi intirizzir le membra.
CLEARTE
E di qual forza ignota
fur così strani effetti?
NEREA
Ahi non vedesti
nel regio anfiteatro
tutti gl'inferni spirti
contro noi congiurati? E il dio Gradivo
cinto d'aeree schiere
involar la regina? In quell'istante
(io penetro nel fondo)
ei, perché non si sappia,
ci pose fuor dal mondo.
CLEARTE
Con memoria sì cruda
ahi mi sveni: e fia ver, che l'idol mio
sia sparito? Alla reggia
me n' corro impaziente:
Amor con nuova pena
non tormentar l'anima mia dolente.
Non mi far pianger sempre
tiranno mio destin.
Un giorno cangia tempre
al crudo dio bambin.
Nerea, Manto, e poi Tiberino.
NEREA
Ratto se n' va: fra questi alberghi intanto
io cercar vuò brieve riposo; e appunto
qui gentil pastorella
prende dolce quiete.
MANTO
Ahi crudel.
NEREA
Si risveglia.
MANTO
Infido core
così paghi il mio amore?
NEREA
Manto è costei, e d'amorosa doglia
mesta si lagna.
MANTO
In grembo al suolo ircano
t'allattaro le tigri Alban superbo,
empia cagion del mio tormento acerbo.
NEREA
Uh poverina.
TIBERINO
Piange
il mio ben? Che t'opprime
vergin leggiadra! Dimmi
che t'affligge? Ahi col guardo
par che tenti mia morte.
NEREA
Ardon per tutto
di Cupido le faci.
TIBERINO
Parla o bella, ancor taci?
MANTO
Ho troppo parlato,
ti basti così.
Il cor ingannato
già troppo languì.
Nerea, Tiberino.
NEREA
Mi commuove a pietade: oh che bel vanto
tradir le giovinette.
TIBERINO
Io qui son fatto
di rimproveri scopo.
NEREA
È troppo folle
chi d'uomini si fida.
TIBERINO
A violenza
fermo qui più le piante:
sia pur forza d'amor, d'astri, o di fato,
un sol momento parmi
lungi dal caro bene
un secolo di pene.
Ci sei colto mio cor, non vi è più scampo.
Segui ad amar penando
quel sen, che saettando
ti va d'amor col lampo.
Nerea.
Oh che dolci concetti,
che parole melate han sempre in bocca
questi strani zerbini; ognora estinti
si mostrano in amor, ma i cori han finti.
Questi giovani moderni
giocan sempre ad ingannar.
I lor vezzi sono scherni,
che fan l'alme sospirar.
Questi giovani moderni
giocan sempre ad ingannar.
Paion tanti Endimioni
le zitelle in lusingar.
Ma se v'è, ch'il cor li doni,
è una luna a vaneggiar.
Questi giovani moderni
giocan sempre ad ingannar.
Segue ballo di Pastori.
Sfera di Marte.
Niobe in apparenza di dèa, Creonte, e corteggio di Deità apparenti.
CREONTE
Delle celesti soglie
già calpesti i zaffiri; a te s'inchina
del quinto giro il coro,
ove io divoto i tuoi bei lumi adoro.
NIOBE
In sen d'eterna gioia
vivon miei sensi, e immortalmente unita
al tuo fianco divin gode mia vita.
CREONTE
In dolci nodi avvinti
posiam mia dea, e del tuo amor mi rendi
segni più lieti:
NIOBE
Ahi ch'ognor più m'accendi.
Amami, e vederai,
ch'amor non ha più stral,
vibrolli tutti al seno mio per te.
In quei tuoi vaghi rai
è l'ardor mio mio fatal
né v'è fede, che sia pari a mia fé.
Ma da qual nube interna
sento opprimermi 'l cor? Lassa, già langue
in sen lo spirto esangue.
(sviene)
CREONTE
Che fia mio ben? Idolo mio? Mio nume?
Poliferno, e i suddetti.
POLIFERNO
Fuggi Creonte, fuggi; armasi il cielo
contro di noi, già freme
di Tiresia alle preci
adirata Latona; e a nostri danni
per possanza maggiore
volgonsi i nostri inganni.
CREONTE
Misero me che ascolto: e semiviva
lascerò la mia vita?
POLIFERNO
Uop'è che ceda
il tuo amor al destino; il campo tutto
teme, se più vai lungi, esser distrutto.
CREONTE
Ahi ciel.
POLIFERNO
Più non s'indugi.
CREONTE
Oh stelle infide:
il dolore m'uccide.
Luci belle, che languite,
io vi lascio, e vado a morte.
Così voglion mie ferite,
vuol così l'iniqua sorte.
(parte con Poliferno)
Sparisce l'apparenza della sfera di Marte, e si vedono solitudini con grotte.
Anfione, e Niobe svenuta sovra un pezzo di rupe.
ANFIONE
Qui, dove muto, e solo
il silenzio passeggia,
dall'aborrita reggia
vengo re sfortunato
in compagnia del duolo,
a esacerbar mio fato:
accogliete i miei pianti, i miei martori
solitudini care, amici orrori.
Ma su guancial di sasso
ninfa qui appar, che dorme.
NIOBE
Ahi respiro.
ANFIONE
Si desta.
NIOBE
Ai dolci amplessi
torna l'alma smarrita.
ANFIONE
È di Niobe la voce.
Ahi, se non erran gl'occhi,
Niobe è costei.
NIOBE
Ma dove son, che veggio?
ANFIONE
Benché in diverse spoglie,
è dessa: io non traveggio.
NIOBE
Dov'è il ciel, dov'è Marte?
ANFIONE
I suoi vaneggiamenti
ascoltar vuò in disparte.
NIOBE
Dive ancelle ove siete?
Mio nume ove sparisti? E chi dal soglio
de' canori adamanti,
in queste mute arene
ha Niobe condannata?
ANFIONE
Mente contaminata.
NIOBE
(vede Anfione)
Dimmi: ahi che miro? Sposo.
ANFIONE
Ahi schernita regina,
tradita fé, tiranneggiato Amore,
costanza offesa, ed ingannato core.
NIOBE
E che dirò?
ANFIONE
Quanto a me fe' palese
Tiresia l'indovino,
ascolta alma confusa
di regnante delusa:
per gran forza d'incanto,
sotto velo di nume al sen stringesti
il mio Creonte,
ch'ora Tebe assalisce:
così permette il ciel, quando punisce.
NIOBE
Niobe che ascolti? E di cotanto oltraggio
vilipesa, e negletta,
tardi ancor la vendetta?
Contro il ciel, che m'ha schernita,
corro, volo a guerreggiar.
E dal soglio inferocita
voglio i numi fulminar.
Anfione.
Nell'Egeo tempestoso
nave non scosser mai
con impeto più insan gl'austri frementi,
qualor nel mar turbato
di tante passioni
abbattuta è al mio sen l'anima mia,
colpa di stelle, e di fortuna ria.
Ho perduta la speranza
alma mia di più gioir.
Il destin cangiò sembianza,
sol per farmi ognor languir.
Tempio di Latona.
Tiresia, Manto, Tiberino, e Popolo.
TIRESIA
Con eterni legami
stringendovi le destre,
l'alme, e i cori annodate: oggi divise
non vuol più vostre salme
il ciel, che a me commise
farvi goder di casto amor le calme.
(si dan le destre)
TIBERINO
Son felice.
MANTO
Io contenta.
TIBERINO
Sparì mia doglia.
MANTO
Ogni mia pena è spenta,
TIRESIA
Or meco o Tiberino
le piante affretta; e tu mia figlia intanto
nel culto della dèa
il popolo accompagna; e richiamandolo
le disviate menti
ai voti riverenti,
con suppliche divote, e preci umili,
di Tebe nei perigli
dal ciel prendi i consigli.
(parte)
TIBERINO
Or ch'è mio quel vago labbro,
saprai tosto amor cos'è.
Proverai, ch'egli è sol fabbro
di dolcissima mercé.
Manto, e Popolo, poi Niobe con numeroso Corteggio, Clearte, e Nerea.
MANTO
Foste alfine pietosi
numi del mio cordoglio: a nostri dèi
offriam amici in sacrificio i cori,
e la gran madre eterna,
con la prole divina ogn'uno adori.
NIOBE
Che si fa? Che si tenta? Empi Tebani
da quai furori insani
follemente agitati, i falsi dogmi
d'una stolta eseguite?
Così anteporre ardite
immagin vane, e insussistenti oggetti,
ch'han sol di numi il nome,
di Tantalo alla prole? Io quella sono,
che da numi non finti
vanto la discendenza, Atlante, e Giove
sono di Niobe gli avi; olà miei fidi
tosto in più schegge infrante
cadan gl'idoli indegni alle mie piante.
I Seguaci di Niobe atterrano gl'idoli di Latona, di Apollo, e di Diana.
MANTO
Chiudetevi miei lumi,
e non v'aprite più;
se pria non fanno i numi
vendetta di lassù.
NIOBE
Mi si toglia dagli occhi.
MANTO
E ancora o cielo i fulmini non scocchi.
(parte)
Niobe, Clearte, Nerea, e Corteggio.
NIOBE
Senza indugio Clearte
vanne, e di tanta impresa
godan tosto il trionfo i miei gran figli;
e fra pubblici applausi
de' popoli adoranti
abbian di numi comun voti e i vanti.
CLEARTE
Giuste son le tue glorie
o dell'ismenia gente,
e fra i numi del ciel diva possente
(parte)
Niobe, Nerea, Corteggio.
NIOBE
Vinti sono i celesti; or del mio petto
precipiti lo sdegno
contro il tessalo infido, e dal profondo
m'inchini Averno, e con Averno il mondo.
In mezzo all'armi
vuò vendicarmi
d'un infedel.
Cangiossi in face
d'odio vorace
d'amor il tel.
Nerea.
Affé ch'è un brutto intrico, ed è delitto
farne motto, o parola: il ciel mi guardi
da sì arrabbiati amanti,
che goder vonno a forza ancor d'incanti.
Povere giovinette
a quanti inganni ognor siete soggette.
Ma poi, che nella rete
v'hanno fatto cader, v'è speme alcuna
di trovarne in amore alcun costante?
Ohibò; questa speranza
non è più dell'usanza.
Che alla fé di donne amanti
siano gl'uomini costanti
io giammai no 'l crederò.
Sempre a prova e vedo e sento,
che ciascun ne brama cento
se ben giura ognun di no.
Gran piazza di Tebe, concorso di Popolo, Clearte, che sovra gran macchina conduce in trionfo i Figli di Niobe.
CLEARTE
Tutta gioia, e tutta riso
Tebe esulti in questo dì.
Se di numi or fatta reggia,
con il ciel lieta gareggia,
poiché i pregi al ciel rapì.
Ad un subitaneo terremoto si vedono cader tutti gli edifici, ed ingombrata da improvvise nubi la scena fra lampi, tuoni, e saette, appariscono dall'alto Latona, Diana, ed Apolline, con loro Deità compagne, in atto di fulminar li Trionfanti, e poi spariscono.
CLEARTE
Ma lasso, infin dal centro
par, che si scuota il mondo?
Scaglia fulmini il cielo,
fra il vivere, e il morire, io mi confondo.
Anfione con spada alla mano, e i suddetti atterrati dai fulmini.
ANFIONE
Fin dove m'inseguite
furie fulminatrici? I dardi ardenti
sì sì crude avventate, io serbo ancora
contro delle vostr'ire il cor costante,
ma che scorgo? Ahi spavento.
E che miro? Ahi tormento.
Incenerita al suolo
l'amata prole? Ahi duolo.
Chi mi sostiene? Io perdo i sensi. Ahi figli,
figli miei spenti: o cieli
troppo ver me crudeli.
Ma s'ognor nuovi scempi
inventate a' miei danni,
non mai stanchi tiranni,
per saziarvi un dì numi spietati,
sgorghin dal proprio seno
vasti rivi di sangue; a un disperato
vita è l'ultimo fato.
(si uccide)
Niobe, e i suddetti.
NIOBE
Fermati.
ANFIONE
Niobe.
NIOBE
Egli svenossi.
ANFIONE
Io moro.
Spira già nel proprio sangue
l'alma pallida, e tremante.
Numi rei trofeo già esangue
di vostr'ire ecco un regnante.
NIOBE
Crudo ciel.
ANFIONE
Treman...
NIOBE
Empio fato.
ANFIONE
An...
NIOBE
Inopportuno arrivo
egli muor, ed io vivo?
Oh dell'ismenio soglio
glorie precipitate; alteri figli
estinti è il nostro nume.
Ma che veggio? E non sono
questi i figli anco uccisi?
Non è questa la prole, e non son queste
d'atro pallor dipinte
delle viscere mie viscere estinte?
Vista crudel: accorri, accorri, vieni
teban regnante, e le regali salme
togli all'indegna parca: ahi che trafitto
privo d'alma, e di vita in terra stassi
chi diè vita alle pietre, anima ai sassi.
Sposo chi mi ti ruba?
Figli chi a me vi toglie. E a chi di voi
offrirò pria da inessicabil vena
lacrimoso tributo? Afflitti lumi,
se pur pianger potete,
solo il mio duol piangete:
giacciono al suo recise
tutte le mie speranze.
Ma negandomi i pianti immenso affanno,
cinta l'alma di nube orrida, e tetra,
già mi rende di pietra.
Funeste immagini
già mi tormentano;
stigie voragini
già mi spaventano:
vinta alfin dall'empia sorte
figli, sposo, io son di morte.
A lieto suono di trombe, e timpani, Creonte, Poliferno, Tiresia, Manto, Tiberino, Soldati, e Popolo.
CREONTE
Doma è già Tebe, e le superbe mura,
già fulminate dal celeste trono,
se col canto s'alzar, cadder col tuono.
POLIFERNO
Ecco Anfione estinto.
TIBERINO
Ecco i figli atterrati.
MANTO
Ecco Niobe impietrita.
CREONTE
Sventurato regnante.
Giovanetti infelici.
Miserabil regina.
TIRESIA
Così contro degli empi il ciel destina.
CREONTE
Mi si togliano al guardo; a violenza
rattengo il pianto, ahi Niobe.
TIRESIA
Or che gli dèi
del gran soglio tebano
ti concesser l'impero,
lasciar convien Creonte
gl'amorosi deliri.
CREONTE
Pur d'uopo è ch'io sospiri:
ma con più saggio core
vuò che de' miei delitti
porti tosto la pena
chi ne fu autor: in bando
vadane Poliferno.
POLIFERNO
Io?
CREONTE
Sì.
POLIFERNO
Fia dunque
questo alla fede mia premio dovuto?
CREONTE
Mercé con degna ad uom soggetto a Pluto.
POLIFERNO
Come?
CREONTE
Fuggi, sparisci, ancor persisti?
POLIFERNO
Empio ciel mi tradisti.
Creonte, Tiresia, Manto, Tiberino, e poi Nerea.
CREONTE
Or voi felici amanti
lieti godete.
TIBERINO
Alle latine sponde
meco verrai mia speme.
MANTO
Ti seguirò dove tu vuoi mio bene.
Pietà signor pietade
di Nerea l'infelice.
CREONTE
Chi sei tu?
NEREA
Son di Niobe io la nutrice.
CREONTE
Vivrai lieta, e sicura.
NEREA
Affé son mezza morta di paura.
CREONTE
Di palme, e d'allori
si cinga 'l mio crin.
E applausi canori
si dian al destin.
Segue ballo di Soldati festeggianti
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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