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Il matrimonio segreto

IL MATRIMONIO SEGRETO

Dramma giocoso.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Giovanni BERTATI.
Musica di Domenico CIMAROSA.

Prima esecuzione: 7 febbraio 1792, Vienna.


Attori:

Signor GERONIMO ricco mercante di Bologna

basso

ELISETTA figlia maggiore del signor Geronimo, promessa sposa al Conte

soprano

CAROLINA figlia minore del signor Geronimo, sposa segreta di Paolino

soprano

FIDALMA sorella del signor Geronimo, vedova ricca

mezzosoprano

CONTE Robinson

basso

PAOLINO giovine di negozio del signor Geronimo

tenore




La scena è in città, nella casa del signor Geronimo.

Atto primo

[Sinfonia]

Scena prima

Sala che corrisponde a vari appartamenti.
Paolino e Carolina.

[N. 1 - Introduzione]

PAOLINO

Cara, non dubitar,

mostrati pur serena.

Presto avrà fin la pena

che va a turbarti il cor.

CAROLINA

Caro, mi fai sperar.

Mi mostrerò più lieta.

Ma sposa tua segreta

nasconderò il dolor.

PAOLINO

Forse ne sei pentita?

CAROLINA

No, sposo mio, mia vita.

PAOLINO

Dunque perché non mostri

il tuo primier contento?

CAROLINA

Perché ogn'or più pavento

quello che può arrivar.

T'affretta, deh! t'affretta

l'arcano a palesar.

PAOLINO

Sì, sposa mia diletta,

ti voglio contentar.

CAROLINA E PAOLINO

Se amor si gode in pace

non v'è maggior contento;

ma non v'è egual tormento

se ognor s'ha da tremar.

Recitativo

CAROLINA

Lusinga, no, non c'è. La nostra unione

lungo tempo segreta

non può restar. E se si scopre avanti

di quel che ha da scoprirsi,

quale schiamazzo in casa,

qual bisbiglio di fuori, o sposo amato!

Né un trasporto d'amor sarà scusato.

PAOLINO

Dici il ver; vedo tutto.

CAROLINA

Il padre mio

è un uom rigido è ver; ma finalmente

è d'un ottimo cor. In sulle furie

monterà al primo istante

che saper gliel farai;

ma dopo qualche dì certa poi sono,

che pien d'amor ci accorderà il perdono.

PAOLINO

Sì; questa sicurezza

la sola fu che a stringere c'indusse

il nodo clandestino.

Ma senti: oggi la sorte

occasione propizia a me presenta

di svelare il segreto

con meno di timore.

CAROLINA

Dimmi, su, presto. Ah! mi consoli il core.

PAOLINO

Mi è riuscito alla fine

di poter soddisfare all'ambizione

del signor Geronimo,

che fanatico ognor s'è dimostrato

d'imparentarsi con un titolato.

CAROLINA

E così?

PAOLINO

Sarà sposa

del Conte Robinson, mio protettore,

tua sorella maggiore

con cento mille scudi. Or io d'entrambi

avendo gl'interessi maneggiati,

spero così d'avermeli obbligati.

CAROLINA

Bene, sì, bene assai

il Conte impegnerai

perché sveli a mio padre il nostro arcano.

Ma quando egli verrà?

PAOLINO

Non è lontano.

Lo spero in questo giorno, anzi a momenti.

Ecco qua la sua lettera

che al signore Geronimo

io devo presentar. Ma parmi appunto

di sentir la sua voce.

A casa è ritornato.

CAROLINA

È vero, è vero.

D'esser dunque tranquilla io presto spero.

[N. 2 - Duetto]

Io ti lascio perché uniti

che ci trovi non sta bene...

(per partire, poi ritorna)

Ah, tu sai ch'io vivo in pene

se non son vicina a te!

PAOLINO

Vanne, sì, non è prudenza

di lasciarci trovar soli...

(per partire, poi ritorna)

Ah, tu sai che il cor m'involi

quando vai lontan da me.

CAROLINA

No, non viene... Sì, sì, adesso.

PAOLINO

Dammi, dammi pria un amplesso.

CAROLINA E PAOLINO

Ah! pietade troveremo

se il ciel barbaro non è.

(Carolina parte)

Scena seconda

Paolino, poi il signor Geronimo.

Recitativo

PAOLINO

Ecco che qui se n' vien. Bisogna intanto

ch'io mi avvezzi a parlare in tuon sonoro

per farmi intender bene.

Di sordità patisce assai sovente;

ma dice di sentir s'anche non sente.

GERONIMO

(ad alcuni servi)

Non dovete sbagliar, gente ignorante.

Che cos'è questo «lei signor Geronimo»?

In Italia i mercanti

che han dei contanti, han titol d'illustrissimo;

e illustrissimo io sono; e va benissimo.

Se poi... (Ad ogni costo

voglio avere un diploma,

che della nobiltà mi metta al rango,

ché chi ha dell'oro ha da sortir dal fango.)

Oh! Paolino caro.

PAOLINO

Ecco una lettera

del Conte Robinson, che, per espresso

inclusa in una mia, venuta è adesso.

GERONIMO

Sì, son venuto adesso. E questa lettera

di chi è? Chi la manda?

PAOLINO

(forte)

Il Conte Robinsone.

GERONIMO

Il Conte Robinson: sì, sì, ho capito.

La leggo volentieri.

(legge sottovoce)

Ah, ah... comincia bene...

oh, oh... seguita meglio...

ih ih! ih ih!... di gioia

mi balza il cor nel petto!

PAOLINO

Ah ah, oh oh, ih ih, così ha già letto.

GERONIMO

Venite, Paolino,

venite ch'io vi abbracci. È vostro merito

la buona riuscita.

Io vi sono obbligato della vita.

PAOLINO

(Questo mi dà conforto.)

GERONIMO

Fra poco il Conte genero

sarà qui a sottoscrivere il contratto.

Elisetta è contessa: il tutto è fatto.

Con Carolina or poi se mi riesce

di far un matrimonio eguale a questo,

co' la primaria nobiltà m'innesto.

PAOLINO

(Questo poi mi dà affanno.)

GERONIMO

Che avete voi? Siete di tristo umore?

PAOLINO

Io? Signor no.

GERONIMO

Che?

PAOLINO

Allegro anzi son io

per queste nozze.

GERONIMO

Bene. Andate dunque

a stare in attenzione

dell'arrivo del Conte; ed ordinate

tutto quel che vi par, che vada bene

per poterlo trattar come conviene.

(Paolino parte)

Scena terza

Il Signor Geronimo, indi Carolina, Elisetta, Fidalma e Servitori.

GERONIMO

Orsù, più non si tardi

a dar sì lieta nuova alla famiglia.

Elisetta! Fidalma! Carolina!

Figlie, sorella, amici, servitori,

quanti in casa vi son vengano fuori.

CAROLINA

Signor padre?...

ELISETTA

Signor?...

FIDALMA

Fratello amato?...

CAROLINA

Che avvenne?

ELISETTA

Cosa c'è?

FIDALMA

Che cosa è stato?

[N. 3 - Aria]

GERONIMO

Udite, tutti udite,

le orecchie spalancate,

di giubilo saltate,

un matrimonio nobile

concluso è per lei già.

Signora contessina

quest'oggi ella sarà,

via bacia, mia carina,

la mano al tuo papà.

Che saltino i denari,

la festa si prepari,

godete tutti quanti

di mia felicità.

Sorella mia, che dite?

Che dici tu, Elisetta?

(a Carolina)

Con quella bocca stretta

per cosa tu stai là?

Via, via, che per te ancora

tuo padre ha già pensato:

un altro titolato

sua sposa ti farà.

E stai col ciglio basso?

Non movi ancor la bocca?

Che sciocca! Ohimè, che sciocca!

Fai rabbia in verità.

Invidia fai conoscere

che dentro il sen ti sta.

(parte)

Scena quarta

Elisetta, Carolina e Fidalma.

Recitativo

ELISETTA

Signora sorellina,

ch'io le rammenti un poco ella permetta,

ch'io sono la maggior, lei la cadetta:

che perciò le disdice

quell'invidia che mostra;

e che in questa occasion meglio faria

se mi pregasse della grazia mia.

CAROLINA

Ah, ah! della sua grazia,

quantunque singolare,

in verità non ne saprei che fare.

ELISETTA

Sentite la insolente?

Io son contessa, e siete voi un niente.

FIDALMA

Eccoci qua: noi siamo sempre a quella.

Tra sorella e sorella,

chi per un po' di fumo,

chi per voler far troppo la vivace,

un solo giorno qui non si sta in pace.

ELISETTA

Qual fumo ho io? Parlate.

CAROLINA

Qual io vivacità, che condannate?

ELISETTA

Non ho fors'io ragione?

FIDALMA

Sì: deve rispettarvi.

CAROLINA

Ho dunque torto io?

FIDALMA

No; non deve incitarvi.

ELISETTA

Che? forse io la incito?

CAROLINA

Che? fors'io la strapazzo?

FIDALMA

No, niente, no: non fate un tal schiamazzo.

CAROLINA

Io di lei non ho invidia;

non ho rincrescimento

del di lei ingrandimento:

sol mi dispiace che in questa occasione

ha di sé stessa troppa presunzione.

(per partire)

ELISETTA

Il voltarmi le spalle a questo modo

è un'altra impertinenza.

CAROLINA

Perdoni se ho mancato a sua eccellenza.

[N. 4 - Terzetto]

Le faccio un inchino,

contessa garbata.

Per essere dama

si vede ch'è nata,

per altro, per altro,

da rider mi fa.

ELISETTA

Strillate, crepate,

son dama e contessa.

Beffar se volete,

beffate voi stessa.

Per altro, per altro,

or or si vedrà.

FIDALMA

(a Elisetta)

Quel fumo, mia cara,

è un poco eccedente.

(a Carolina)

Voi siete, mia bella,

di troppo insolente.

Vergogna! Vergogna!

Finitela già.

CAROLINA

Sua serva non sono.

ELISETTA

Son vostra maggiore.

CAROLINA

Entrambe siam figlie

d'un sol genitore.

ELISETTA

Stizzosa...

CAROLINA

Fumosa.

FIDALMA

Finiam questa cosa,

tacetevi là.

Insieme

CAROLINA E ELISETTA

Non posso soffrire

la sua inciviltà.

FIDALMA

Codesto garrire

fra voi ben non sta.

(Carolina parte)

Scena quinta

Fidalma ed Elisetta.

Recitativo

FIDALMA

Chetatevi e scusatela. Tra poco

voi già andate a marito, ella qui resta;

così non vi sarà mai più molesta.

Io mi consolo intanto

del vostro matrimonio; e voi fra poco...

ma zitto... a voi il confido... Ah! No 'l diceste,

per carità.

ELISETTA

Fidatevi, fidatevi

che segreta son io.

FIDALMA

Ve ne consolerete ancor del mio.

ELISETTA

Del vostro?

FIDALMA

Sì, padrona di me stessa,

ricca pe 'l testamento

del mio primo marito,

e in età giovanil, non crederei

che mi diceste stolta

se voglio maritarmi un'altra volta.

ELISETTA

No, cara la mia zia:

anzi fate benissimo, e vi lodo.

Ma un dispiacer ben grande

ne sentirà mio padre,

che vi dobbiate allontanar da lui,

ei che v'apprezza al par degli occhi suoi.

FIDALMA

Eh, quanto a questo poi, potrebbe darsi

che non m'allontanassi.

ELISETTA

Posso saper chi sia?

FIDALMA

No, è troppo presto. Ancor con chi vogl'io

non mi sono spiegata.

ELISETTA

Ditemi questo almeno: è giovinotto?

FIDALMA

Giovane affatto affatto.

ELISETTA

È bello?

FIDALMA

Di Cupido egli è un ritratto.

ELISETTA

È nobile?

FIDALMA

Non voglio

spiegarmi d'avvantaggio.

ELISETTA

È ricco?... Rispondete.

FIDALMA

Troppo curiosa, o cara mia, voi siete.

(Se mi stuzzica ancora un pocolino,

vado or ora a scoprir ch'è Paolino.)

[N. 5 - Aria]

È vero che in casa

son io la signora,

che m'ama il fratello,

che ognuno mi onora;

è vero ch'io godo

la mia libertà...

Ma con un marito

via meglio si sta.

Sto fuori di casa?

Nessun mi dà pena;

all'ora ch'io voglio

vo a pranzo, vo a cena;

a letto me n' vado

se n'ho volontà...

Ma con un marito

via meglio si sta.

Un qualche fastidio

è ver che si prova:

non sempre la moglie

contenta si trova,

bisogna soffrire

qualcosa, si sa...

Ma con un marito

via meglio si sta.

Mia cara ragazza,

che andate a provarlo,

saprete fra poco

se il vero vi parlo,

voi meco direte,

son certa di già:

che con un marito

via meglio si sta.

(partono)

Scena sesta

Nobile appartamento.
Il signor Geronimo e Carolina.

Recitativo

GERONIMO

Prima che arrivi il Conte

io voglio rallegrarti.

Vuol da tutte le parti

oggi felicitarmi la mia sorte.

Senti... Ma ridi prima, e ridi forte.

CAROLINA

Non farei, s'io ridessi,

che una cosa sforzata, e senza gusto.

GERONIMO

Sicuro ci avrai gusto.

Sposa d'un cavalier tu pur sarai:

ora mi venne la proposizione,

e in oggi esser vi dée la conclusione.

Ridi, ridi, ragazza.

CAROLINA

(Oh, me meschina!

Qui nasce una rovina

se Paolin non fa presto.)

GERONIMO

E perché mo non ridi, e te ne stai

con quella faccia tosta?

CAROLINA

Ho dolore di testa.

GERONIMO

S'egli è un signor di testa? È un cavaliere,

e non vuoi che sia un uom ch'abbia talento?

CAROLINA

(Ah! Mi manca il consiglio in tal momento.)

Scena settima

Paolino, e detti; poi il Conte, Elisetta e Fidalma.

PAOLINO

(forte)

Signore, ecco qua il Conte.

GERONIMO

Il Conte? Oh! Presto, presto...

rimettiamo il discorso...

scendiamo ad incontrarlo fin abbasso.

PAOLINO

Ecco che ha più di noi veloce il passo.

[N. 6 - Cavatina]

CONTE

Senza, senza cerimonie,

alla buona vengo avanti.

Riverisco tutti quanti

non s'incomodin, non voglio:

complimenti far non soglio.

Sol do al suocero un abbraccio,

(a Fidalma)

servitore a lei mi faccio.

(ad Elisetta)

Dal dover non n'allontano:

bacio a lei la bella mano...

(a Carolina)

Vengo a lei, sì vengo a lei,

che ha quegli occhi così bei...

Paolino, amico mio,

regna sol qui grazia e brio.

Bravo padre! Brave figlie!

Siete incanti, meraviglie,

siete gioie... ma scusate...

ch'io respiri almen lasciate,

o il polmon mi creperà.

ELISETTA, CAROLINA E FIDALMA

Prenda pure, prenda fiato,

seguitare poi potrà.

PAOLINO

(Che fa troppo il caricato

non s'avvede, e non lo sa.)

GERONIMO

(L'ho sentito l'ho ascoltato

ma capito non l'ho già.)

ELISETTA, CAROLINA, FIDALMA, GERONIMO E PAOLINO

(Che un tamburo abbia suonato

mi è sembrato in verità.)

CONTE

(Senza essere affettato

mi distinguo in civiltà.)

Recitativo

Orsù senza far punto cerimonie,

ch'io le aborrisco già, suocero caro,

benché la prima volta

questa sia che permesso

mi è di veder l'amabile mia sposa,

pur dicendomi il core

quale fra le tre dive

la mia Venere sia,

con vostra permissione allegro e franco,

io me le vado a situare a fianco.

GERONIMO

Certo sarete stanco, io ve lo credo,

Conte genero amato. Ehi! Da sedere.

CONTE

No, no, non dico questo:

non vo' seder. Son fresco e son robusto,

e il correr per le poste a me non nuoce.

PAOLINO

Convien che alziate un poco più la voce.

CONTE

Con vostra permissione

vado appresso alla sposa

per farle un conveniente complimento.

GERONIMO

Oh, servitevi pure,

che questo, Conte mio, ci va de jure.

Ed io che so che in tali incontri il padre

importuno diventa,

me ne andrò con Paolino

a far qualche altra cosa.

La sorella e la zia stian con la sposa.

(parte con Paolino)

Scena ottava

Il Conte, Carolina, Fidalma ed Elisetta.

CONTE

(accostandosi a Carolina)

Permettetemi dunque,

cara la mia sposina...

CAROLINA

Oh, no signore.

Sbagliate. Io non son quella;

quella che ha tanto onore è mia sorella.

CONTE

Sbaglio?

FIDALMA

Sicuramente.

CAROLINA

Di là, di là convien che vi voltiate.

FIDALMA

Di qua, di qua.

CONTE

(a Fidalma)

Signora mia, scusate.

Voi dunque...

FIDALMA

Non signor: sbagliate ancora.

CONTE

Sbaglio ancora?

ELISETTA

Sicuro.

Ma che il faccia da scherzo io mi figuro.

Quella son io che il ciel vi diede in sorte:

quella son io che merita l'onore

di stringervi la man, di darvi il core.

CONTE

(Diamine!) Voi la sposa?

ELISETTA

Che vuol dir tal sorpresa?

CONTE

Eh, niente, niente.

Perdonatemi: io credo

che vogliate qui, far, mie signorine,

un poco di commedia. Or via, vi prego

di non voler tirar più a lungo il gioco

(a Carolina)

m'inganno, o non m'inganno?

Siete voi la mia sposa o non la siete?

CAROLINA

No, signor, ve l'ho detto: è mia sorella.

FIDALMA

È questa, è questa.

ELISETTA

Io, sì, signor, son quella.

E vi par forse ch'io...

CONTE

No... ma... scusatemi...

voi dunque certamente?

ELISETTA

Certo.

FIDALMA

Sicuro!

CAROLINA

Indubitatamente.

CONTE

Il core m'ha ingannato

e rimango dolente e sconsolato.

[N. 7 - Quartetto]

(Sento in petto un freddo gelo

che cercando mi va il cor.

Sol quell'altra, giusto cielo,

può ispirarmi un dolce ardor.)

ELISETTA

(Tal sorpresa intendo appieno

cosa vuol significar.

Sento in petto un rio veleno,

che mi viene a lacerar.)

CAROLINA

(Freddo, freddo egli è restato:

lei confusa se ne sta.

Così un poco castigato

il suo orgoglio resterà.)

FIDALMA

(In silenzio ognun qui resta,

e so ben quel che vuol dir.

Una torbida tempesta

già mi sembra di scoprir.)

ELISETTA, CAROLINA, FIDALMA E CONTE

(Un orgasmo ho dentro il seno,

palpitando il cor mi va.

Più non vedo il ciel sereno,

più non so quel che sarà.)

(partono)

Scena nona

Gabinetto.
Paolino, poi Carolina.

Recitativo

PAOLINO

Più a lungo la scoperta

non deggio differir. Il Conte alfine

è un uom di mondo, un uomo di esperienza,

mi vuol del bene, e mi darà assistenza.

CAROLINA

Ah, Paolino mio...

PAOLINO

Sposa mia cara...

CAROLINA

Di poterti aver solo

io non vedeva l'ora.

Sappi che ogni dimora

è omai precipitosa:

mio padre a un cavalier va a farmi sposa.

PAOLINO

Ci mancava ancor questa

per più inasprirlo al caso!

Ma non perdo il coraggio. Al Conte subito

vado a raccomandarmi.

CAROLINA

Ma se sdegnasse il Conte

d'entrar in questo impegno?

PAOLINO

Di lui punto non dubito,

ma al caso disperato, o cara mia

a' piè mi metterei della tua zia:

sa essa cos'è amore

e del fratello suo possiede il core.

CAROLINA

E te ne fideresti?

PAOLINO

Sì: con bontà mi tratta e con dolcezza,

anzi, quasi direi che m'accarezza.

CAROLINA

In qualunque maniera

non devi differir. Vedi là il Conte.

Cogli questo momento

datti coraggio. Io mi ritiro intanto

tutta, tutta agitata.

T'assista amor, che la cagion n'è stata.

(parte)

Scena decima

Paolino, poi il Conte.

PAOLINO

Sì, coraggio mi faccio

giacché solo qui viene.

CONTE

Amico mio, io vo di te cercando

smanioso, ansioso, ch'è di già mezz'ora.

Ho di te gran bisogno.

PAOLINO

Ed io di voi.

CONTE

Sì, quello che tu vuoi: per te son io;

ma prima dir mi lascia il fatto mio.

PAOLINO

Sì signore: parlate.

CONTE

All'amor, Paolino,

che sempre ti ho portato,

sempre tu fosti grato.

Però non serve qui di far preamboli;

ma veniamo alla breve,

che senza fare un giro di parole

ciascheduno può dir quello che vuole.

PAOLINO

Benissimo. Veniamo dunque al fatto.

CONTE

Tu sai che ho già disposto

di richiamarti a casa

fra pochi mesi, e darti del contante

perché tu pur divenga un buon mercante.

Sì, già lo sai: non serve un tal racconto:

ma alla breve, alla breve,

quello che si vuol dir, dire si deve.

PAOLINO

Ebbene, signor mio.

Lo sbrigarvi sta a voi.

CONTE

Sentitemi dunque.

Sia com'esser si voglia,

o per l'una o per l'altra

delle ragioni che non si comprendono,

o sia come si sia,

perché fare gran chiacchiere non soglio,

la sposa non mi piace e non la voglio.

PAOLINO

Che cosa dite mai?

CONTE

Dico assolutamente

che non la voglio.

PAOLINO

E come mai potreste

oggi disimpegnarvene?

CONTE

Facilissimamente.

Invece di sposare la maggiore

sposerò la cadetta:

dei centomila invece per la dote,

sol di cinquanta mille io mi contento:

ecco tutto aggiustato in un momento.

Quella, quella mi piace,

quella m'ha innamorato. Ora, da bravo:

vanne, fa' presto, al padre ciò proponi,

sciogli, concludi, e poi di me disponi.

PAOLINO

(Me infelice!)

CONTE

Cos'hai?

PAOLINO

Niente, signore.

CONTE

Va' dunque, va', fa' presto.

PAOLINO

(Misero me, che contrattempo è questo!)

[N. 8 - Duetto]

Signor, deh, concedete...

sdegnarvi io non vorrei.

Pensate, riflettete...

il dispiacer di lei,

la civiltà, l'onore,

di tutti lo stupore...

(Ah! Che mi vo a confondere,

ah! più non so che dir.)

CONTE

Tu cosa vai dicendo?

Tu cosa vai seccando?

Non star più discorrendo.

A te mi raccomando:

l'amabile cadetta

mi stimola, m'affretta,

non posso più resistere

mi sento incenerir!

PAOLINO

Quel foco che v'accende

un altro forse offende.

(Ah, sento proprio il core

che in sen mi va a languir!)

CONTE

Quel foco che mi accende

da me più non dipende.

Non sposo la maggiore

se credo di morir.

(partono)

Scena undicesima

Sala.
Carolina, poi il Conte.

Recitativo

CAROLINA

Paolino ritarda

con la risposta, ed io l'aspetto ansiosa;

e allor che qualche cosa

con ansietà si aspetta,

ogni minuto vi diventa un'ora.

Ma cosa fa che non ritorna ancora?

Quel pur che vedo è il Conte. Un segno è questo

che il discorso è finito.

Ed ei qui viene senza mio marito?

CONTE

(Non trascuro il momento.) Oh, Carolina!

La sorte è a me propizia,

perché lontani dall'altrui presenza

io vi posso parlar con confidenza...

CAROLINA

Ah! Questo è quello appunto

che bramava ancor io.

CONTE

Lo bramavate, sì? (Ciò mi consola.)

Veramente Paolino

ve lo dovea dir lui;

ma pronta l'occasion trovando adesso,

quello ch'ei vi diria ve 'l dico io stesso.

CAROLINA

Dite, dite, parlate; e voglia il cielo

che le vostre parole

diano al mio cuore di speranza un raggio.

CONTE

(Questa già m'ama anch'essa. Orsù, coraggio.)

Ah! mia cara ragazza,

amor ha un gran poter! Voi che ne dite?

CAROLINA

Quello che dite voi.

CONTE

E quelle debolezze

che vengono da amor, se ancor son strane,

s'hanno da compatir fra genti umane.

CAROLINA

Io sono certamente

del vostro sentimento. Or seguitate,

ditemi tutto il resto.

Se conoscete amor mi basta questo.

CONTE

Quand'è così, stringiamo l'argomento.

CAROLINA

Veniamo pure al punto.

CONTE

Io son venuto

per sposar Elisetta. Ma che serve

che venuto io ci sia

quando non ho per lei che antipatia?

E quando a prima vista

m'avete fatto voi vostra conquista?

CAROLINA

Io! Cosa avete detto?

CONTE

Voi cosa avete inteso?

CAROLINA

È questo solo

quel che avete da dirmi?

CONTE

Questo, sì, questo. E voi che ben sapete

compatir l'amore,

scusando il mio trasporto,

darete all'amor mio qualche conforto.

CAROLINA

E nel momento istesso

di dover adempiere a un sacro impegno

manchereste di fede? Io scuso bene

chiunque si lascia trasportar d'amore,

ma non uno che manca al proprio onore.

CONTE

Oh, oh! Voi date in serio. Ed io tutt'altro

mi aspettava da voi.

CAROLINA

Tutt'altro anch'io

mi credea di sentire.

CONTE

Di sentir cosa?

CAROLINA

Io non ve l'ho da dire.

CONTE

All'onor si rimedia

sposando voi per lei.

CAROLINA

Questa cosa accordar mai non potrei.

[N. 9 - Aria]

Perdonate, signor mio,

s'io vi lascio, e fo partenza.

Io per essere eccellenza

non mi sento volontà.

Tanto onore è riservato

a chi ha un merto singolare,

a chi in circolo sa stare

con buon garbo e gravità.

Io, meschina, vo alla buona,

io cammino alla carlona,

son piccina di statura,

io non ho disinvoltura,

non ho lingue, non so niente;

farei torto certamente

alla vostra nobiltà.

Se un mi parla alla francese,

che volete ch'io risponda?

Non so dire che Monsiù.

Se qualcuno mi parla inglese,

ben convien ch'io mi confonda,

non intendo che Addidù.

Se poi vien qualche tedesco,

vuol star fresco, oh, vuol star fresco!

Non intendo una parola:

sono infatti una figliuola

di buon fondo, e niente più.

(parte)

Scena dodicesima

Il Conte solo.

Recitativo

Io resto ancora attonito.

Ha equivocato lei?

Ho equivocato io? Che cosa è stato?

Un granchio tutti qui abbiam pigliato.

Ma io son uom di mondo; e ben capisco

da quel suo dir sagace e simulato

ch'ella già tiene qualche innamorato.

Ma voglio seguitarla,

ma il vo' saper da lei.

Per poter pensar meglio ai casi miei.

(parte)

Scena tredicesima

Il signor Geronimo, Elisetta, Fidalma, poi Paolino.

[N. 10 - Finale I]

GERONIMO

Tu mi dici che del Conte

malcontenta sei del tratto.

Quello è un uomo molto astratto,

lo conosco, e ben lo so.

ELISETTA

Ma un'occhiata un po' graziosa

ottenuta pur non ho.

FIDALMA

Trattar peggio co' la sposa

veramente non si può.

GERONIMO

Voi credete che i signori

faccian come li plebei:

voi credete che gli sposi

faccian come i cicisbei,

nossignore, tante cose,

che si dicon smorfiose,

non le fanno, signor no.

PAOLINO

Mio signore, se vi piace

di vedere l'apparato,

tutto quanto è preparato

con gran lustro e proprietà.

GERONIMO

Come? Come? Cos'ha detto?

PAOLINO

(parola per parola, forte)

Tutto... quanto... è preparato...

nella... sala... del banchetto...

con gran lustro... e proprietà.

GERONIMO

Vanne al diavolo, balordo!

Qua si crede ch'io sia sordo?

Non patisco sordità.

Insieme

ELISETTA, FIDALMA E PAOLINO

Andiam subito a vedere

la gran tavola e il dessere,

che onor grande vi farà.

GERONIMO

Andiam subito a vedere

la gran tavola e il dessere,

che onor grande mi farà.

(partono)

Scena quattordicesima

Carolina, ed il Conte.

CAROLINA

Lasciatemi, signore,

non state a infastidirmi.

CONTE

Se libero è quel core

vi prego sol di dirmi.

CAROLINA

Che non ho amante alcuno

vi posso assicurar.

CONTE

Voi dunque la mia brama

potete contentar.

CAROLINA

Lasciatemi, vi prego,

lasciatemi, deh! andar.

CONTE

Non lasciovi, mia bella,

partir da questa stanza

se un raggio di speranza

non date a questo cor.

(in questo, Elisetta in disparte)

CAROLINA

Tornate, deh! in voi stesso.

CONTE

Mio ben, v'amo all'eccesso.

CAROLINA

Pensate a mia sorella.

CONTE

Per lei non sento amor.

S'io sposo voi per quella

non manco già al mio onor.

Scena quindicesima

Elisetta, che si avanza, e detti; poi Fidalma.

ELISETTA

No, indegno, traditore.

No, anima malnata!

No, trista disgraziata,

mai questo non sarà.

Per questo tradimento

che mi si viene a fare.

Io voglio sussurrare

la casa e la città.

CONTE

Strillate, non m'importa.

CAROLINA

Sentite...

ELISETTA

No, fraschetta.

CAROLINA

Ma prima...

ELISETTA

Vo' vendetta.

Insieme

ELISETTA

Che nera infedeltà!

CAROLINA

In me non c'è reità.

CONTE

In lei non c'è reità.

FIDALMA

Che cosa è questo strepito?

ELISETTA

Di fede il mancatore

con essa fa all'amore,

ed or li ho colti qua.

FIDALMA

Uh! uh! Che mancamento!

Non credo a quel che sento.

Insieme

ELISETTA

Io voglio sussurrare

la casa e la città.

FIDALMA

Io voglio esaminare

il fatto come sta.

CAROLINA

(a Fidalma)

Deh, fatela acchetare

che il vero ella non sa.

CONTE

Lasciamola strillare:

non me ne curo già.

Scena sedicesima

Il signor Geronimo, che sopraggiunge, e detti; poi Paolino.

FIDALMA

Silenzio, silenzio

che vien mio fratello.

Usate prudenza,

abbiate cervello.

L'affare delicato

è troppo da sé.

GERONIMO

Sentire mi parve

un strepito, un chiasso.

Che fate? Gridate?

Ovvero è per spasso?

Che cosa è accaduto?

Ognun qui sta muto?

Di dirmi vi piaccia

che diavolo c'è.

PAOLINO

(La cara mia sposa

dal capo alle piante

mi sembra tremante.

Oh povero me!)

Insieme

ELISETTA, CAROLINA, FIDALMA E CONTE

(Che tristo silenzio!

Così non sta bene.

Parlare conviene:

parlar si de'.)

GERONIMO E PAOLINO

(Che tristo silenzio!

Sospetto mi viene.

Vi son delle scene:

saperlo si de'.)

GERONIMO

(a Carolina)

Orsù, che cosa è stato?

Lo voglio saper bene.

CAROLINA

La cosa sol proviene

da certo mal inteso

(additando Elisetta)

equivoco ha lei preso,

e il Conte il motivò.

ELISETTA

No, non è vero niente.

La cosa è differente.

Parlate con mia zia,

che anch'io poi parlerò.

FIDALMA

Sappiate, fratel mio,

che qui ci sta un imbroglio;

ma adesso dir no 'l voglio,

che bene ancor no 'l so.

GERONIMO

Io non capisco affatto.

(tirandolo da una parte)

CONTE

Sappiate, con sua pace,

la sposa non mi piace

la sua minor sorella

è assai di lei più bella.

Ma poi, ma poi con comodo

il tutto vi dirò.

GERONIMO

Eh! Andate tutti al diavolo,

ba, ba, ce, ce, sì presto...

Insieme

GERONIMO

Un balbettare è questo,

chi intendere lo può?

PAOLINO

Ma che mistero è questo,

chi intendere lo può?

ELISETTA, CAROLINA, FIDALMA E CONTE

Le orecchie non stancate,

affanno non vi date.

Da me, da me saprete

qual sia la verità.

GERONIMO

La testa m'imbrogliate.

La testa mi fendete.

Tacete, deh, tacete!

Andate via di qua.

PAOLINO

Per imbrogliar la testa

che confusione è questa.

Capite, se potete,

qual sia la verità.

(partono)

Atto secondo
Scena prima

Gabinetto.
Il signor Geronimo, poi il Conte.

Recitativo

GERONIMO

Questa è ben curiosa!

Che si siano accordati

in masticar parole

perché io non intenda?

Ma voglio ben capir questa faccenda.

Venite pur, venite o Conte amato.

Mi volete ora dir quello ch'è stato?

CONTE

Anzi, apposta me n' vengo,

per dichiararvi il tutto

senza riguardo alcuno.

GERONIMO

No, non c'è alcuno.

CONTE

Alcun riguardo, ho detto.

Non ho di dirvi il tutto, e il dirò schietto.

Vi dirò in primo luogo in stil laconico,

che pe 'l mio gusto armonico

cosa non ha Elisetta

che possa, qual vorrei,

accendere il mio cor, gli affetti miei;

e che mancando in me l'inclinazione,

impossibil divien fra noi l'unione.

GERONIMO

Che armonico? Che affetti?

Che unione? E cosa adesso

mi andate voi dicendo?

CONTE

Che Elisetta sposar più non intendo.

GERONIMO

Che? Cosa avete detto?

CONTE

Ho detto che non trovo

cosa in lei che mi piaccia,

e che più non la voglio.

GERONIMO

Non la volete più! Mia figlia? Quella

per cui steso è il contratto?

Non la volete più? Voi siete un matto.

La vorrete benissimo.

La sposerete, signorsì. A Geronimo

non se ne fan di queste. E non è un uomo

Geronimo da prendersi

per un qualche babbeo.

E Geronimo dice e vi ripete,

che la vorrete, e che la sposerete.

CONTE

Ed al signor Geronimo

io pur dico, e ripeto

che non la sposerò: ma che lo prego

di mostrarsi contento

che fra noi segua un accomodamento.

GERONIMO

Ed io vi torno a dire in brevi accenti

che non si parli d'accomodamenti.

[N. 11 - Duetto]

Se fiato in corpo avete,

sì, sì, la sposerete.

Un bambolo non sono.

Veder ve la farò.

CONTE

Se mi ascoltate un poco,

si calmerà quel foco,

ma poi se v'ostinate,

anch'io mi ostinerò.

GERONIMO

La sposerete, amico.

CONTE

Io non la sposerò.

GERONIMO

Sì, sì, sì, sì, io dico.

CONTE

Io dico no, no, no.

GERONIMO E CONTE

Con questo uom frenetico

sfiatare non mi vo'.

Si mettono a sedere, uno da una parte e l'altro dall'altra.

GERONIMO

(Ora vedete che bricconata!

Chi se l'avrebbe mai immaginata?

Questa è un'azione da mascalzone,

ed al suo impegno non dée mancar.)

CONTE

(Ora vedete che uom bilioso!

Come s'accende! Com'è impetuoso!

Non vuol sentire quel che vo' dire,

d'aggiustamenti non vuol parlar!)

GERONIMO

(Vediamo un poco se ci ha pensato.)

(si alza)

CONTE

(Proviamo un poco se si è calmato.)

(si alza)

GERONIMO

Ebben, signore? La sposerete?

CONTE

Ebben, signore? M'ascolterete?

GERONIMO E CONTE

Il mio discorso vi può calmar.

GERONIMO

Via, dite pure quel che vi par.

CONTE

Se invece di Elisetta

mi date la cadetta,

cinquantamila scudi

vi voglio rilasciar.

GERONIMO

Quest'è per quel ch'io sento

quell'accomodamento

che voi vorreste far?...

Insieme

GERONIMO

(va di nuovo a sedere)

Lasciatemi, mio caro,

lasciatemi pensar.

CONTE

(va di nuovo a sedere)

Vedete qual denaro

potete risparmiar.

GERONIMO

(Qua risparmio del bell'oro,

così si salva anche il decoro

con un baratto l'affare ho fatto.

Io non ci trovo difficoltà.)

CONTE

(Va l'amico ruminando,

al risparmio va pensando.

È il boccone da ghiottone

né scappar se 'l lascerà.)

GERONIMO

Ci ho già pensato.

(si alza)

CONTE

Vi ascolto attento.

(si alza)

GERONIMO

Io del baratto sarò contento,

s'anche Elisetta lo accorderà.

CONTE

Non dubitate: farò in maniera,

che avanti sera mi aborrirà

GERONIMO E CONTE

Siamo, siamo accomodati,

ritorniam di buon'umore.

Abbracciamoci di core,

e speriam felicità.

(Geronimo parte)

Scena seconda

Il Conte, poi Paolino.

Recitativo

CONTE

Per fare ch'Elisetta mi ricusi

il modo è facilissimo.

Oh, Paolino, Paolino!

PAOLINO

In che posso servirvi?

CONTE

Da me stesso

ho fatto tutto. Il padre è contentissimo

ch'io sposi Carolina.

PAOLINO

Ma... Lo dite davvero?

CONTE

Certamente. Consolati, e tu stesso

va' a darle questa nuova.

Dille che ogni riguardo è omai finito;

e che disponga il core

ad ubbidir con gioia al genitore.

(parte)

Scena terza

Paolino, poi Fidalma.

PAOLINO

Ecco che or ora scoppia

da sé la cosa. Io sono rovinato,

scacciato co' la sposa, e disperato.

Ma no. Mi resta ancora una speranza

nel buon cor di Fidalma. A lei me n' volo

benché tutto tremante...

ma Fidalma qui giunge... Ecco l'istante.

FIDALMA

(fermandosi in disparte)

(Egli è qua solo; e questo gabinetto

è un luogo adattissimo

per parlar di segreti.)

PAOLINO

(Ella mi sembra

che volga in sé qualche pensier molesto.

Ah, che son disgraziato ancora in questo!)

FIDALMA

(Mi ha guardato sott'occhio, e ha sospirato.)

PAOLINO

(È turbata senz'altro. Il cor mi manca.)

FIDALMA

(E sospira di nuovo! Ah! fosse mai

che anch'ei per me sentisse

quel ch'io sento per lui?)

PAOLINO

(Orsù coraggio.

Il tempo pressa; ed io me le avvicino.)

Se mi è permesso...

FIDALMA

Addio, caro Paolino.

Non mi avete veduta altro che adesso?

PAOLINO

Vi vidi pensierosa, e non mi parve

di dover disturbarvi.

FIDALMA

Voi non mi disturbate.

Pensieroso, però, se non m'inganno,

eravate anche voi?

PAOLINO

Questo è ben vero.

FIDALMA

Paolino?

PAOLINO

Signora?

FIDALMA

I pensier nostri

da un'istessa cagion per avventura

sarebbero prodotti?

PAOLINO

È ciò impossibile.

FIDALMA

Non pensavate a me?

PAOLINO

Non so negarlo.

FIDALMA

Ed io pensava a voi. Femmina esperta

dal più menomo indizio ancor s'avvede

di quel che non si pensa e non si crede.

PAOLINO

(Che se ne sia avveduta?)

FIDALMA

Via non vi confondete

parlatemi con tutta confidenza.

PAOLINO

(Se n'è accorta senz'altro.)

Ah! Signora...

FIDALMA

Mi avrete

pietosa, e non crudel.

PAOLINO

La bontà vostra

il mio merito eccede, e mi consola.

Ma con vostro fratello?

FIDALMA

Il fratel mio

deve ben accordar quel che vogl'io.

PAOLINO

E non farà rumore?

FIDALMA

Quale rumor? Contento ei dée mostrarsene

quando ancor non lo fosse.

PAOLINO

Oh mio conforto!

Dunque quando?

FIDALMA

Prestissimo.

PAOLINO

Anzi senza dimora.

FIDALMA

Ebbene: in questo punto

vi do la mia parola

che sarete mio sposo.

PAOLINO

Sposo?

FIDALMA

Sì, caro mio.

PAOLINO

Io?

FIDALMA

Sì, mio bene.

Consolati, consolati...

ma di color ti cangi? E che cos'hai?

PAOLINO

(Qual nuovo contrattempo è questo mai!)

[N. 12 - Terzetto]

Sento, ohimè, che mi vien male,

già mi manca quasi il fiato.

FIDALMA

Non è niente, sposo amato:

quest'è effetto del piacer.

PAOLINO

Per pietà, che in svenimento

io mi sento già cader.

(siede)

FIDALMA

Quest'è effetto del contento:

passerà: no, non temer...

Mio caro Paolino...

ma certo è svenuto.

Porgiamogli aiuto,

c'è alcuno di là?

Scena quarta

Carolina, e detti.

FIDALMA

(a Carolina)

L'amore e il contento

vedete che fa.

CAROLINA

Ma cosa è accaduto?

Ma cos'è stato?

FIDALMA

Il povero giovine

di me innamorato

per gioia in deliquio

vedete che sta.

Io vado a pigliare

un certo elisire;

non state a partire,

restatevi qua.

(parte, poi ritorna)

CAROLINA

(Che creder, che dire

da me non si sa.)

Giusto cielo! Qual affanno!

Qual sospetto mi martella!

Su, ti scuoti. Su, favella,

ch'io mi sento lacerar.

PAOLINO

(s'alza)

Carolina!... Deh, va' via.

CAROLINA

Tu invaghito di mia zia!

Insieme

PAOLINO

Taci, taci, che per ora

non mi posso qui spiegar.

CAROLINA

Ci mancava questa ancora

per più farmi delirar!

FIDALMA

Son qua pronta, son qua lesta...

ma già in piedi ti ritrovo.

Dal contento che ne provo

questa man ti do a baciar.

PAOLINO

Non mi prendo tanto ardire.

CAROLINA

Mia signora, pian pianino.

FIDALMA

Bacia, bacia Paolino.

(a Carolina)

Non ci avete voi da entrar.

Insieme

CAROLINA E PAOLINO

Questa certa confidenza

di fanciulle alla presenza

che stia bene non mi par.

FIDALMA

Di qualunque alla presenza

posso dar tal confidenza

a colui che ho da sposar.

(Fidalma parte; Carolina e Paolino mostrano di partire, ma poi si arrestano)

Scena quinta

Carolina, e Paolino.

Recitativo

CAROLINA

Vanne, vanne: la séguita... No, arrestati.

Dimmi, tristo, su, dimmi:

quante pensi sposarne? Ora comprendo

perché a svelar non pensi

il nodo clandestin che ci ha legati.

Lo fai per il piacere

di tradire due donne a un solo istante,

me come sposa, e l'altra come amante.

PAOLINO

No, Carolina, no: chetati, e ascoltami.

CAROLINA

E che deggio ascoltar? Non ti ho trovato

svenuto per amore

al fianco di mia zia? Non l'ho sentita

vantarsi del tuo affetto?

E che l'hai da sposar non ha già detto?

PAOLINO

Questo è un inganno, o cara...

CAROLINA

Eh sì un inganno

che da te si commette.

Se tu amavi mia zia,

perché non sposar lei? Perché sedurre

una fanciulla onesta

priva d'ogni esperienza e d'accortezza

per farla poi crepar dall'amarezza?

PAOLINO

Mi ascolta, per pietà...

CAROLINA

Che vuoi ch'io ascolti?

Comprendo in questo istante

il peso del mio fallo.

Ma senti: io corro adesso

a' piedi di mio padre;

svelerò quel che ho fatto,

a qualunque castigo

mi renderò soggetta.

Di te poi, seduttor, tristo, spergiuro,

segua quel che si voglia, io non mi curo.

(per partire)

PAOLINO

Ferma, ferma, ti prego...

CAROLINA

Oibò... Mi lascia.

PAOLINO

No, ti dico.

CAROLINA

Vo' andar...

PAOLINO

Sentimi, e poi

subito te ne andrai, se andar tu vuoi.

CAROLINA

Ah! Chi poteva mai

questo da te aspettarsi!

PAOLINO

Ascolta io dico.

CAROLINA

Io mi sento morir!

PAOLINO

Calmati un poco.

CAROLINA

(piangendo)

Così resterai libero;

così la sposerai.

PAOLINO

Ah, no, che tu così morir mi fai.

Nell'inganno tu sei, ragion non senti

e ti scordi in un punto di furore

chi sei tu, chi son io, tutto l'amore...

CAROLINA

Cosa potresti dir?

PAOLINO

Dir che tua zia

soltanto in quell'istante

mi si scoperse amante;

e la sorpresa mia fu che mi tolse

l'uso dei sensi. Or vanne a pubblicarmi

qual seduttor. Rovinami. Ma prima

prendi questo coltello;

e poiché sei impazzita,

qui dammi prima una mortal ferita.

CAROLINA

Guarda ch'io te la do.

PAOLINO

Non mi ritiro.

CAROLINA

Ma non disse ella stessa

che tu l'amavi?

PAOLINO

Equivocò Fidalma.

CAROLINA

Confessa, o fo davvero.

PAOLINO

Se un bugiardo mi credi,

spingi senza pietade.

CAROLINA

Ah! Mi vien freddo, ed il coltel mi cade.

PAOLINO

Or sappi, sposa mia, che più maneggio

non trovo al scoprimento

per salvar il decoro; e a noi non resta

che di fuggir. Co' buoni uffizi il padre

farem poi che si plachi.

Quel ch'è fatto è già fatto; ed alla fine

presto o tardi lo sdegno ha il suo confine.

[N. 13 - Aria]

Pria che spunti in ciel l'aurora

cheti cheti, a lento passo,

scenderemo fin abbasso

che nessun ci sentirà.

Sortiremo pian pianino

dalla porta del giardino:

tutta pronta una carrozza

là da noi si troverà.

Chiusi in quella il vetturino

per schivar qualunque intoppo,

i cavalli di galoppo

senza posa caccerà.

Da una vecchia mia parente

buona donna, e assai pietosa,

ce n'andremo, cara sposa,

e staremo cheti là.

Come poi s'avrà da fare

penseremo a mente cheta.

Sposa cara, sta pur lieta,

che l'amor ne assisterà.

(parte)

Scena sesta

Carolina sola.

Recitativo

Fuggir? Palese al mondo

render il nostro fallo? E far di noi

parlar con disonor? Questo sarebbe

render più acerba ancora la ferita

al seno di mio padre...

no, no. Pria di risolvermi

a così duro passo,

che costerebbe a me troppo dolore,

voglio tentar quel che mi dice il core.

(parte)

Scena settima

Appartamenti.
Elisetta da una parte, indi il Conte dall'altra.

ELISETTA

Qua nulla si conclude,

qua ognuno sta in silenzio;

ed io mastico intanto amaro assenzio.

CONTE

(Qui la trovo alfin. Voglio provarmi

se la posso ridurre a ricusarmi.)

Servo, servo umilissimo.

ELISETTA

Venite come sposo o mancatore?

CONTE

Vengo qual mi volete. Conoscitor del vostro

merito singolar degno d'un soglio,

sol dal vostro piacer dipender voglio.

ELISETTA

Voi parlate d'incanto.

CONTE

E più v'incanterò se mi ascoltate.

ELISETTA

Benissimo. Parlate.

CONTE

In primo luogo

creder voi mi dovete il più sincero,

il più ingenuo di tutti:

che ho il core sulle labbra: e che son tale

che di me pur io dico il bene e il male.

ELISETTA

Vediamone una prova. Per esempio:

quel di far all'amor con mia sorella,

essendo a me promesso,

lo dite male o bene?

CONTE

Male, male, malissimo.

Ecco ch'io lo confesso. In certi incontri

sono di un naturale

facile a sdrucciolar. Ma meglio udite

s'è ver ch'io son sincero. In me sicuro

che c'è del buon; ma prima

che i lacci d'imeneo fra noi sian stretti,

io vi avverto di aver dei gran difetti.

ELISETTA

Quando li conoscete, è cosa facile

che possiate emendarvi.

CONTE

Oh! Lo credo impossibile.

Sempre ho sentito a dire

che co' la vita si mantiene e dura

quel vizio che nell'uom passa in natura.

ELISETTA

Voi mi sgomentereste

se vi credessi in tutto.

CONTE

Basta... credete pure

quello sol che vi piace. Io con voi tratto

da galantuomo, e in termini assai schietti

io vi avverto di aver dei gran difetti.

ELISETTA

Poiché me lo avvertite.

Obbligata vi son. Ma non temete.

Cercherò di adattarmi.

CONTE

Oh! Questo poi

sarà difficilissimo:

ve ne sono di fisici.

Ve ne son di morali. Insomma io parlo

ingenuamente: e tocca a voi, signora,

di far poi riflessione a questi detti,

ch'io vi avverto di aver dei gran difetti.

ELISETTA

(A mettermi comincia

un poco in apprensione.) Orsù, signore,

giacché siete sincero, anche vi piaccia

di dirmi quali sono

per poter regolarmi.

(Alla fine non vorrei sacrificarmi.)

CONTE

Sentite: io ve li dico

perché voi lo volete, e vi ubbidisco;

per altro in verità che ne arrossisco.

[N. 14 - Aria]

Son lunatico bilioso.

Son soggetto all'emicrania:

ho sovente certa smania

che in delirio mi fa andar.

Son sonnambulo perfetto

che dormendo vo a girar.

Sogno poi, se sono a letto,

di dar calci, e di pugnar.

ELISETTA

Tutto questo? Bagatelle!

(Qui ci va della mia pelle...

ma saprommi riguardar.)

CONTE

Piano, piano. Non è tutto,

per gli amori ho un gran trasporto.

Per le donne casco morto;

e di questo che vi par?

ELISETTA

Questo è un vizio troppo brutto...

ma il potrete un dì lasciar.

CONTE

Ma aspettate, mia signora:

tutto detto non ho ancora.

Son vizioso giocatore,

crapulone, bevitore:

mi ubriaco spesso spesso,

che vo fuori di me stesso,

casco in terra, oppur traballo:

son più strambo di un cavallo.

Vado tutti a maltrattar.

ELISETTA

Ora poi non credo niente,

voi lo dite per scherzar.

CONTE

Quando poi non lo credete,

dico questo, e ve lo giuro:

che a me nulla voi piacete,

che non v'amo, e non vi curo,

non vi posso tollerar.

(parte)

Scena ottava

Elisetta, poi Fidalma.

Recitativo

ELISETTA

Potea parlar quell'anima incivile

con più di scandescenza!

FIDALMA

Elisetta mia cara,

vi trovo ben turbata!

ELISETTA

Se dagli occhi del Conte

non si toglie ad un tratto Carolina,

qui nasce una rovina.

Convien togliergli affatto ogni speranza

di poterla sposar.

FIDALMA

Dite benissimo.

Ma se voi la credete

invaghita del Conte, io poi vi dico,

che forse, forse con ragion fondata

la credo di Paolino innamorata.

ELISETTA

Di quello non mi curo.

FIDALMA

Me ne curo ben io: né più mi sento

di tenerlo celato.

ELISETTA

Dunque facciam che debba

passar in un ritiro

acciò non ci disturbi.

FIDALMA

Ottimamente.

Questo è il pensier che anch'io volgeva in mente.

Lasciate far a me: la fraschettina

mandata vi sarà doman mattina.

Scena nona

Il signor Geronimo, e detti.

GERONIMO

Ebben? Sei persuasa

di rinunziar a questo matrimonio?

ELISETTA

Non sarà vero mai ch'io vi rinunzi

perché poi mia sorella

debba sposar il Conte.

GERONIMO

Si può fare un baratto

per te vantaggiosissimo.

FIDALMA

Non si fanno baratti.

Anzi mi meraviglio,

che un uomo come voi prudente e saggio

proponga ad essa un altro maritaggio.

GERONIMO

Sì, un altro maritaggio. Ecco, tua zia

è della mia opinione.

FIDALMA

Anzi, dico di no. Si deve togliere

la causa del disordine.

Carolina fomenta

la passione del Conte; onde si deve

farla sparir, mandarla in un ritiro;

e acchetàti che sian tutti i rumori,

allora poi... Sì, allor venirà fuori.

ELISETTA

Avete ben capito?

GERONIMO

Sì, sì, parlate pure.

FIDALMA

E se questo non fate, il mio decoro

non vuol che in questa casa

io me ne resti più. Voi mi farete

de' capitali miei restituzione,

e così finiremo ogni questione.

ELISETTA

Avete inteso bene?

GERONIMO

Sordo non son. Farò quanto conviene.

[N. 15 - Terzetto]

FIDALMA

Cosa farete? Via, su, parlate.

ELISETTA

Via, risolvete; via non tardate.

ELISETTA E FIDALMA

Presto, anzi, subito si deve far.

GERONIMO

Ma non strillate tutte due unite.

Sento che il timpano voi mi ferite.

Parlate piano senza gridar.

ELISETTA E FIDALMA

Diremo dunque, diremo piano,

che in un ritiro di qua lontano

per metter ordine al gran disordine

la Carolina si dée mandar...

(piano)

Voi ci sentite?

GERONIMO

Che cosa dite?

ELISETTA

(forte, all'orecchio)

Abbiam parlato...

FIDALMA

(come sopra)

Vi abbiamo detto...

GERONIMO

Sia maledetto questo strillar!

ELISETTA

In un ritiro ~ la Carolina...

GERONIMO

Già v'ho capito ~ cara signora.

FIDALMA

Mandar dovete ~ doman mattina...

GERONIMO

Già v'ho capito ~ ch'è un quarto d'ora.

Insieme

ELISETTA E FIDALMA

O che fracasso di satanasso

tutta la casa farà tremar.

GERONIMO

Senza far chiasso, senza fracasso

si può ben dire, si può parlar.

(Fidalma ed Elisetta partono)

Scena decima

Il signor Geronimo solo.

Recitativo

In un ritiro? E perché in un ritiro

la devo far passar, se il mio interesse

anzi vuol ch'io permetta

che il Conte se la sposi!

No. Piano. E mia sorella

se sdegnata perciò, dal mio negozio

leva i suoi capitali? Ella è una scossa

ch'oggi io non so se sostener la possa...

dunque andrà in un ritiro.

Pensiamo or dunque in qual miglior maniera

devo darle la nuova innanzi sera.

Scena undicesima

Carolina in disparte, e detto.

CAROLINA

(Son risoluta io stessa

di vincere il rossor. Io sudo... io gelo...

ma farlo, oddio! convien... M'aiuta, o cielo!...)

Ah, signore! Ai piè vostri ecco una figlia...

GERONIMO

Che cos'hai? Che cos'è? Cos'è accaduto?

Alzati, e parla in piedi...

CAROLINA

Ah, no signore...

GERONIMO

Alzati ed ubbidisci al genitore.

Io però ti prevengo

in quello che vuoi dirmi.

Tua sorella e tua zia t'hanno già detto

che devi in un ritiro

passar doman mattina: e tu te n' vieni

tremante e sbigottita,

quasi ci avessi da restar in vita.

CAROLINA

Io in un ritiro? Ah! mio signor...

GERONIMO

Tu devi

far la mia volontà.

CAROLINA

Fuori di tempo

è un ritiro per me.

GERONIMO

Soli due mesi

ci starai, e non più...

CAROLINA

Deh! Padre mio.

Altro è quel che mi affanna...

GERONIMO

Il mio interesse

il vuole, e la mia pace...

CAROLINA

Ah! Permettete

che ai vostri piè mi getti; e che implorando

la pietade paterna...

GERONIMO

Orsù, mi secchi

signora fraschettina.

Nel ritiro anderai doman mattina.

(parte)

Scena dodicesima

Carolina sola.

E possono mai nascere

contrattempi peggiori!

Il padre mio sedotto,

mia sorella e mia zia con me alterate,

tutti in orgasmo: e come mai poss'io

svelar in tai momenti il fallo mio?

(segue con strumenti)

[N. 16 - Recitativo accompagnato]

Come tacerlo poi, se in un ritiro

ad entrar son costretta?...

Misera!... In qual contrasto

di pensieri mi trovo! Io son smarrita...

cielo, deh, tu m'addita

il consiglio miglior. Qualche speranza

rendi al cor mio... Ma il core, oddio! mi dice:

Carolina infelice,

pietà di te non sente il ciel tiranno...

Ah! Disperata io vo a morir d'affanno...

(per partire disperatamente, s'incontra nel Conte che la trattiene)

Scena tredicesima

Il Conte e Carolina.

Recitativo

CONTE

Dove, dove mia cara

con tanta agitazione? Ohimè! Parlate,

che avete? Che chiedete? Io son per voi

col cor, col sangue, co' la vita istessa;

più di voi nulla al mondo or m'interessa.

CAROLINA

Ah, potessi parlar!

CONTE

Chi vi trattiene?

CAROLINA

Mi trattiene il decoro,

e quella diffidenza

che deggio aver nel caso mio importante

d'uno che già mi si è scoperto amante.

CONTE

Diffidar d'un che v'ama! Oh, questo caso

esser non può che quello

di scoprirgli un rival. Ma udite, o cara:

un uom di mondo io sono:

s'egli è prima di me, ve lo perdono.

D'esser tardi arrivato

incolperò la sorte mia rubella.

CAROLINA

E dareste la mano a mia sorella?

CONTE

Questo poi no.

CAROLINA

Sposata pur l'avreste

senza contraddizion, s'io più di lei,

per un gioco del caso in quel momento,

non vi fossi piaciuta?

CONTE

Sì, è ver: ma mi piaceste; ed il mio core

or non vorria che voi.

CAROLINA

Ma però tutto quel che il cor vorrebbe

non è sempre possibile.

CONTE

Ve l'accordo anche questo.

CAROLINA

Dunque se l'ottenermi

impossibile fosse, ah! signor mio,

perché coltivereste un tal desio?

Perché se voi m'amate

mi vorreste infelice,

quando potreste invece

rendermi voi, con una eroica azione,

oggi la vita, e la consolazione?

CONTE

In orgasmo mi mette

questo vostro parlar, che par d'incanto.

Però non mi confondo.

Sì, v'amo; e questo amor, se a voi ciò piace,

d'ogni più bella azion sarà capace.

CAROLINA

Giuratemelo, Conte.

(in questo Elisetta, Fidalma ed il signor Geronimo che osservano)

CONTE

Io ve lo giuro

sull'onor mio, su questa bella mano

ch'io vo' baciar. Sentiamo ora l'arcano.

Scena quattordicesima

Fidalma, Elisetta, il signor Geronimo e detti.

ELISETTA

Còlti vi abbiam.

FIDALMA

Còlti vi abbiam sul fatto.

ELISETTA

(a Geronimo)

Vedete la sguaiata?

FIDALMA

Vedete la fraschetta?

Tutti gli uomini alletta:

e la mano si lascia

baciar da ognun che amore a lei protesta.

GERONIMO

Ora da dubitar più non mi resta.

CAROLINA

Ma signor...

GERONIMO

Taci là.

CONTE

Ma non sapete...

ELISETTA

Tacete voi, che ben vi sta.

FIDALMA

Tacete.

GERONIMO

Domani nel ritiro. E voi, signore,

o doman sposerete

quella cui prometteste, o dell'affronto

noi la vedrem se mi farò dar conto.

CONTE

Ma se...

GERONIMO

Non vi do ascolto.

CAROLINA

Ma io...

ELISETTA

Voi in un ritiro.

FIDALMA

In un ritiro.

CAROLINA

(Ah, ch'io pazza divento! Io già deliro!)

[N. 17 – Quintetto]

Deh, lasciate ch'io respiri,

disgraziata, meschinella!

Io rival di mia sorella

no, non sono, ed il ciel lo sa.

Incolpata son a torto.

(al Conte)

Deh, parlate voi, signore:

sincerate il genitore,

che a voi più si crederà.

CONTE

Quest'amabile ragazza...

ELISETTA E FIDALMA

È un'astuta, è una sguaiata.

Siete parte interessata.

ELISETTA, FIDALMA E GERONIMO

Nel ritiro andar dovrà.

CAROLINA

Sol tre giorni alla partenza

io vi chiedo per pietà.

Palesar la mia innocenza

qualche cosa vi potrà.

FIDALMA

No: il ritiro è destinato.

ELISETTA

No: il ritiro è preparato.

GERONIMO

No: il ritiro è pronto già.

CAROLINA

Ma voi siete tanto cani

senz'amor né carità!

(Io mi perdo, mi confondo,

il cervel da me se n' va!)

ELISETTA, FIDALMA E GERONIMO

(Se cadesse ancora il mondo

deve andarci, e ci anderà.)

CONTE

(Io divengo furibondo

s'anche un poco resto qua.)

(Carolina, il Conte ed il signor Geronimo partono per diverse parti)

Scena quindicesima

Elisetta, e Fidalma.

Recitativo

ELISETTA

Sarete or persuasa

ch'è il Conte, e non Paolino,

quello di cui è invaghita?

Ma non vi penso or più: sarà finita.

FIDALMA

Ed io credo benissimo

che sia una civettina: o che piuttosto

una di quelle sia

che s'innamoran sol per debolezza

di ciascun che le guarda o le accarezza.

[N. 18 - Aria]

ELISETTA

Se son vendicata

contenta già sono.

Al Conte perdono

la sua infedeltà.

Se tolto è l'oggetto

che il cor gl'incatena,

con faccia serena

la man mi darà.

(partono)

Scena sedicesima

Sala. Tavolino con quattro lumi accesi.
Il signor Geronimo, e Paolino.

Recitativo

GERONIMO

Venite qua, Paolino. Questa lettera

spedite per espresso

a Madama Intendente del ritiro

che vedete qui scritto, acciò le arrivi

domani di buon'ora.

Sia cura vostra ancora,

prima di andar a letto,

d'avvertire la posta, acciò non manchi

di qui mandarmi all'alba

quattro buoni cavalli... Eh? Cosa dite?

PAOLINO

Io non parlo, signor.

GERONIMO

Bene. Eseguite.

Io mi ritiro adesso. Andate pure.

Stanco oggi son di tante seccature.

(prende un lume ed entra nella sua stanza)

Scena diciassettesima

Paolino solo.

E a risolversi adesso

ad una pronta fuga

forse ancor tarderà la sposa mia?

Forse ancor potria,

in queste circostanze,

lusingarsi e sperar favore o aiuto?

Da chi? Come? In qual modo?... Io son perduto!

No, si risolverà. Per affrettarmela,

vado nella sua stanza.

Non v'è più tempo: non v'è più speranza.

(prende un altro lume ed entra nella stanza di Carolina)

Scena diciottesima

Il Conte, poi Elisetta.

[N. 19 - Duetto]

CONTE

(Il parlar di Carolina

penetrato m'è nel seno.

Ah, saper potessi almeno

il segreto del suo cor!

Per sì amabile ragazza

io non so quel che farei:

e salvarla ben vorrei

dal domestico livor.)

ELISETTA

(Ritirato io lo credeva

e lo trovo or qui vagante

un sospetto stravagante

mi fa nascere nel sen.)

CONTE

(A trovarla me ne andrei

se credessi di far ben.)

ELISETTA

Signor Conte, serva a lei;

che vuol dir che qui la trovo?

CONTE

Vuol dir questo, ch'io mi movo.

ELISETTA

Che stia solo non convien.

CONTE

Grazie, grazie, mia signora:

vada pur, ch'io vado ancora.

Tempo è già di riposar.

(si prendono un lume per cadauno)

ELISETTA

Buona notte al signor Conte.

CONTE

Dorma bene. Madamina.

Insieme

ELISETTA

(Finché venga domattina

in sospetto devo star.)

CONTE

(Questa furba sopraffina

non vo' farla sospettar.)

Si ritirano nelle proprie stanze, resta la scena oscura.

Scena ultima

Paolino e Carolina dalla sua stanza, indi Elisetta, poi Fidalma, poi il signor Geronimo ed infine il Conte, tutti dalle rispettive loro stanze.

[N. 20 - Finale II]

PAOLINO

Deh, ti conforta, o cara.

Seguimi piano piano.

CAROLINA

Stendimi pur la mano

che mi vacilla il piè.

CAROLINA E PAOLINO

Oh, che momento è questo

d'affanno e di timore!

Ma qui dobbiam far core,

ch'altro per noi non c'è.

(s'avviano per partire)

PAOLINO

Zitto... Mi par sentire...

Sì, sento un uscio aprir.

CAROLINA E PAOLINO

Potrebbe alcun venire:

si tardi un po' a partir.

(rientrano nella stanza)

ELISETTA

(con lume)

Sotto voce qua vicino

certo intesi a favellar.

Una porta pian pianino

ho sentito poi serrar...

Ho sospetto... Vo' scoprire.

(va ad ascoltare alla porta di Carolina)

A parlar pian pian si sente...

vi sta il Conte certamente...

io li voglio svergognar.

(va a battere alla porta di Fidalma)

Sortite, sortite.

Venite qui in fretta!

FIDALMA

(di dentro)

Chi batte? Chi chiama?

ELISETTA

Son io, Elisetta...

(va a battere alla porta del signor Geronimo)

Aprite, deh, aprite,

sortite signore!

GERONIMO

(di dentro)

Chi picchia sì forte?

Chi fa tal rumore?

ELISETTA

Venite qua fuori:

si tratta d'onor.

(sortono Fidalma ed il signor Geronimo con lume in mano)

FIDALMA

Che cosa è accaduto?

GERONIMO

Che cosa è mai nato?

FIDALMA

Io sono tremante.

GERONIMO

Io son sconcertato.

ELISETTA

Il Conte sta chiuso

con mia sorellina.

Si faccia rovina

di quel traditor.

ELISETTA, FIDALMA E GERONIMO

(gridando alla porta di Carolina)

Conte perfido, malnato!

Conte indegno, scellerato...

fuori, fuori vi vogliamo,

che scoperto siete già.

(esce il Conte dalla sua stanza)

CONTE

Qui dal Conte che si vuole?

Quai indegnissime parole?

Ecco il Conte: eccolo qua.

ELISETTA, FIDALMA E GERONIMO

Quale sbaglio! Qual errore!

Perdonate, mio signore;

qui un equivoco ci sta.

CONTE

Ubriachi voi sarete.

FIDALMA E GERONIMO

(indicando Elisetta)

Io no certo: sarà lei.

ELISETTA

No signor: lo giurerei:

qualcun altro vi sarà.

FIDALMA, GERONIMO E CONTE

Stando in piedi questa sogna.

Qua confonderla bisogna.

GERONIMO

Carolina, fuori, fuori...

Anche questa si vedrà.

All'uscio di Carolina, la quale sorte con Paolino, e vanno ad inginocchiarsi ai piedi del signor Geronimo.

Insieme

CAROLINA E PAOLINO

Ah, signore, ai vostri piedi

a implorar veniam pietà!

ELISETTA, FIDALMA, GERONIMO E CONTE

Or che vedo io resto estatico!

Quest'è un'altra novità.

GERONIMO

Cosa s'intende?

FIDALMA

Cosa vuol dire?

CAROLINA E PAOLINO

Vi supplichiamo di compatire,

che d'amor presi... Son già due mesi...

il matrimonio fra noi seguì.

FIDALMA E GERONIMO

Il matrimonio!

CAROLINA E PAOLINO

Signori sì.

GERONIMO

Ah, disgraziati! Qual tradimento!

Andate, o tristi: pietà non sento.

Più non son padre: vi son nemico.

Io vi discaccio, vi maledico,

raminghi andate lontan da me.

CAROLINA E PAOLINO

Pietà, perdono. Colpa è d'amore.

FIDALMA

Pietà non s'abbia d'un traditore.

Insieme

ELISETTA E CONTE

Deh! Vi calmate. Deh! Vi placate,

rimedio al fatto più già non c'è.

FIDALMA

Sian discacciati. Sian castigati.

Azion sì nera punir si de'.

CONTE

Ascoltate un uom di mondo,

qui il gridar non fa alcun frutto:

ma prudenza vuol che tutto

anzi s'abbia d'aggiustar.

Il mio amor per Carolina

m'interessa a suo favore.

Perdonate a lor di core.

Ch'io Elisetta vo a sposar.

ELISETTA

M'interesso anch'io signore,

deh! Lasciatevi placar.

GERONIMO

(a Fidalma)

Voi che dite?

FIDALMA

Voi che fate?

ELISETTA, CAROLINA, CONTE E PAOLINO

(tutti inginocchiati)

Perdonate, perdonate.

FIDALMA

Già che il caso è disperato,

ci dobbiamo contentar.

GERONIMO

Bricconacci! Furfantacci!...

Son offeso, son sdegnato...

ma... vi voglio perdonar.

ELISETTA, CAROLINA, CONTE E PAOLINO

Che trasporto d'allegrezza!

Che contento! Che dolcezza!

Io mi sento giubilar!

TUTTI

Oh che gioia! Oh che piacere!

Già contenti tutti siamo!

Queste nozze noi vogliamo

con gran pompa celebrar.

Che si chiamino i parenti,

che s'invitino gli amici,

che vi siano gli strumenti.

Che si suoni, che si canti.

Tutti quanti han da brillar.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena ultima