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Griselda

GRISELDA

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Apostolo ZENO, Carlo GOLDONI.
Musica di Antonio Lucio VIVALDI.

Prima esecuzione: 18 maggio 1735, Venezia.


Attori:

GUALTIERO re di Tessaglia

tenore

GRISELDA moglie di Gualtiero

contralto

COSTANZA principessa figlia di Gualtiero e Griselda, non conosciuta dalla madre, amante di Roberto

soprano

ROBERTO principe di Atene amante di Costanza

mezzosoprano

OTTONE cavalier di Tessaglia

soprano

CORRADO fratello di Roberto amico di Gualtiero

mezzosoprano

EVERARDO figlio di Gualtiero, e Griselda, che non parla

altro




La scena si finge in Larmirio città della Tessaglia.

Eccellenza

Due sono gli efficaci motivi che m'inducono a dedicare a v. e. il presente dramma. Uno, la cognizione ch'io tengo del vostro gran merito. L'altro, il desiderio che nutro di far pubblico il profondo rispetto che le professo. Io però per servire a la vostra modestia, tralasciar voglio la solita usanza di far elogi, e non dediche. Perloché basterà (per far vedere qual nome siasi il vostro) solamente accennare, che la nobiltà della famiglia Valignani non v'è dubbio essere antichissima, e del regal sangue normanno, come discendente da Dragone di Loritello; poiché Diomede Valignani fu suo figliuolo, e questi nel 1120 possedeva il castello Valignano donde prese il cognome questa famiglia, la quale nel decorso di più secoli ebbe eroi distintissimi, non meno nel militare, che nel politico, e soprattutto rilusse per insigni dignità ecclesiastiche, che furono appoggiate a loro meriti, come dell'arcivescovado di Tessalonica, e dell'arcivescovado di Chieti. Ebbe parentadi nobilissimi, congiungendosi colle più cospicue famiglie d'Europa, e specialmente alla famiglia antica de' Conti Romana. Siccome a tempi nostri si vide strettamente congiunta con quella d'Innocenzio XII. Conti; della stessa antica famiglia, del famoso, e rinomato gran pontefice Innocenzo III. Ebbe uomini litteratissimi, la cui gloria emulando, ed i cui vestigi calcando v. e. ha dati saggi ben chiari, quanto nell'istoria, poesia, ed altre scienze siete eminente; e le opere vostre che illustrano le stampe ne rendono ben chiare testimonianze, marcando per suo splendore l'Arcadia il vostro nome con quello di Nivalgo Aliarteo. Ma ciò che a fatica potrebbon narrare le storie, malamente nel giro di picciol foglio, senz'avvedermene, vo raccogliendo. Quindi senz'altro dire mi restringo nel supplicarvi ad accettare il picciol dono colla grandezza dell'animo vostro gentile, innanzi al quale umilmente inchinandomi, mi do l'onore di sottoscrivermi.

Di v. e.

devot. opp., ed umil servitore

Domenico Lalli

Argomento

Gualtiero (intitolato nel dramma re di Tessaglia, per maggior nobiltà della scena, tutto che nella storia altro egli non fosse, che marchese di Saluzzo) invaghitosi d'una semplice pastorella per nome Griselda da lui veduta più volte in occasione della caccia, la prese in moglie, non potendo altrimenti espugnare la di lei virtù, né soddisfare al suo amore. Un sì disugual matrimonio diede a' popoli occasione di mormorarne, e dopo la nascita d'una fanciulla primo frutto di queste nozze, sarebbero passati a qualche sollevazione, se il re non l'avesse repressa, facendo credere di aver fatta morire la figlia chiamata Costanza, di nascosto inviandola ad un principe suo amico in Atene, perché la educasse segretamente. Era già arrivata all'età di quindici anni Costanza, senza che ella, ed altri fuori di Gualtiero, e del principe sapesse la vera condizione della sua nascita, che tutta volta il principe pubblicamente diceva non esser men, che reale. Aveva il suddetto principe amico di due figli; il primo chiamato Roberto, l'altro Corrado; ma fra questi Roberto solo con la principessa Costanza, se ne givano avanzandolo, assieme con gli anni una reciproca corrispondenza d'amore; la quale approvata veniva con tacito consenso dal principe padre. Ma al fine ridotto questo all'ultimo periodo della sua vita; al minor figlio Corrado, il segreto della real nascita di Costanza, solamente lasciò palese; imponendogli con vigoroso divieto il discoprimento di quello. In questo mentre nacque un altro fanciullo a Griselda, e tornando allora i popoli ad una nuova sollevazione istigati da Ottone nobilissimo cavaliere del regno, che era invaghito della regina, Gualtiero volle por fine a tali disordini con la finzione di ripudiare Griselda, e ritrovarsi altra sposa. Tanto fece: scrisse a Corrado, che gli conducesse Costanza in qualità di sua moglie, intimo a Griselda il ripudio, la rimandò alle sue selve, ed ella sofferse il tutto con una fortezza assai più che donnesca. I finti rigori di Gualtiero, e le vere persecuzioni di Ottone, che in tali disgrazie di Griselda si va adulando di poter ottenerla per moglie; fanno tutto l'intreccio della favola, con quelli avvenimenti, che per entro vi si ravvisano.

Atto primo

[Sinfonia]

Scena prima

Luogo magnifico della reggia destinato alle pubbliche udienze.
Gualtiero in trono. Popolo.

Recitativo

GUALTIERO

Questo, o popoli, è il giorno, in cui le leggi

da voi prende il re vostro. A voi fa sdegno

vedermi assita accanto

donna tratta da boschi,

donna avvezza a vestir rustico ammanto.

Tal Griselda a me piacque,

tal la sdegnate; alfine

miro lei co' vostr'occhi

decretato è il ripudio, e voi ne siate

giudici, e spettatori; or, che la rendo

alle natie sue selve,

col vostro amor quel del mio core emendo.

Scena seconda

Griselda, e detto.

GRISELDA

Eccoti, sire, innanzi

l'umile tua serva.

GUALTIERO

È grave

l'affar, per cui sul primo albor del giorno

qui ti tragge Gualtier.

GRISELDA

Tutta quest'alma

pende da labbri tuoi.

GUALTIERO

Siedi.

GRISELDA

Ubbidisco.

(siede)

GUALTIERO

Il ripeter ci giovi

gl'andati eventi. Dimmi.

Qual io fui, quel tu fosti.

GRISELDA

(Alto principio!)

In vil tugurio io nacqui,

tu fra gl'ostri reali.

GUALTIERO

Era il tuo incarico...

GRISELDA

Pascer gl'armenti.

GUALTIERO

Il mio...

GRISELDA

Dar leggi al mondo.

GUALTIERO

Come al soglio salisti?

GRISELDA

Tua bontà fu, cui piacque

sollevarmi dal pondo

della mia povertà vile, ed abietta.

GUALTIERO

Così al regno ti ammisi.

GRISELDA

E fui tua serva.

GUALTIERO

Tal ti accolsi nel letto.

GRISELDA

Ed io nel core.

GUALTIERO

(Meritar men d'un regno

non dovea tanta fede, e tant'amore.)

Prole avemmo?

GRISELDA

Una figlia.

GUALTIERO

E tolta questa

ti venne dalla cuna.

GRISELDA

E più non ebbi, oh dio! notizia alcuna...

GUALTIERO

Quant'ha?

GRISELDA

Quindici volte

compì d'allor l'annua carriera il sole.

GUALTIERO

Ti affliggesti?

GRISELDA

Fu legge

al mio duol il tuo cenno.

GUALTIERO

Io fui per essa

a carnefice e padre.

GRISELDA

Era tuo sangue,

e versar lo potevi a tuo piacere

GUALTIERO

E m'ami ancor crudel?

GRISELDA

Meno amar, io

non potrei, s'anco versassi il mio.

GUALTIERO

Alfin...

GRISELDA

Nacque Everardo

unica tua delizia.

GUALTIERO

In sì gran tempo

ti spiacqui? t'oltraggiai?

GRISELDA

Grazie sol n'ebbi.

GUALTIERO

Di quanto feci io non mi pento. Il cielo

testimonio mi sia. Ma pur conviene

che i miei doni ritratti. Il re talvolta

dee servire a vassalli, e seco stesso

per serbarne il dominio esser tiranno.

GRISELDA

Dove tu imperi ogni ragion condanno.

GUALTIERO

La Tessaglia, ov'io regno,

ubbidirmi ricusa. Ella mi sgrida

che i talami reali abbia avviliti

con sposare Griselda, e non attende,

da boschi, ove se' nata, il suo monarca.

A chiamar m'ha costretto

sposa di regio sangue al trono, al letto.

GRISELDA

La provincia vassalla

tanti lustri soffrì me per regina,

ed or solo mi sdegna?

GUALTIERO

Ella è gran tempo,

che ricalcitra al giogo. Io già svenai

di stato alla ragion la cara prole

gl'odi alquanto sopì, ma non estinte

or, che nacque Everardo, impaziente

torna all'ire, e m'insulta.

GRISELDA

S'Everardo sol rompe

tai bei nodi d'amor; dunque Everardo...

(s'alza)

Ah no... Griselda mora.

Son moglie è ver, ma sono madre ancora.

GUALTIERO

Moglie già più non sei.

GRISELDA

Mi condona, o mio re, se troppo chiesi,

e se troppo tardai

forse a renderti un nome a me caro.

Il tuo voler dovea

esser norma al mio affetto. Ecco mi spoglio

il diadema, e lo scettro, e a quella destra,

che me 'l cinge, e me 'l diede

riverente il ritorno.

GUALTIERO

(Alma resisti.)

GRISELDA

Se ti piaccio in tal guisa

nelle perdite ancor trovo gl'acquisti.

Scena terza

Ottone e detti.

OTTONE

Signor or ora al porto

giunta è la regia sposa.

GUALTIERO

Giunta è la regia sposa? Addio Griselda.

GRISELDA

Così tosto mi lasci?

GUALTIERO

Atteso io sono.

GRISELDA

Almeno un solo sguardo

volgimi per pietà.

GUALTIERO

Troppo mi chiedi.

GRISELDA

Dunque Gualtiero addio.

GUALTIERO

Ti lascio (quasi dissi: idolo mio).

[Aria Gualtiero]

Se ria procella

sorge dall'onde

saggio nocchiero

non si confonde

ne teme audace

l'onda del mar.

Serve il consiglio

di guida al forte

e della sorte

nemica infesta

ogni periglio

sa superar.

Scena quarta

Ottone, Griselda.

Recitativo

GRISELDA

Ecco il tempo, in cui l'alma

dia saggio di te stessa.

OTTONE

Regina, se più badi

più regina non sei.

GRISELDA

(Costui quant'è importun!)

OTTONE

Sulle tue chiome

la corona vacilla.

A serbartela Ottone è sol bastante,

fido vassallo, e cavaliero amante.

GRISELDA

Chi mi toglie il diadema

mi ritoglie un suo don. Se perde il capo

l'insegne di regina, a me costante

resta il cor di Griselda.

OTTONE

Io se l'imponi

anch'in braccio a Gualtiero

svenerò chi ti toglie

il nome di regina, e quel di moglie.

GRISELDA

Iniquo, e lo potresti? e tal mi credi?

OTTONE

Pensa, ch'in un rifiuto

perdi troppo.

GRISELDA

Che perdo?

OTTONE

Regno.

GRISELDA

Che mio non era.

OTTONE

Grandezze.

GRISELDA

Oggetto vile.

OTTONE

Sposo.

GRISELDA

Che meco resta

nell'alma mia scolpito.

OTTONE

Figlio.

GRISELDA

Me 'l diede il cielo, ed ei me 'l toglie.

Ah, che pur troppo io sento

nel lasciarti, Everardo,

delle perdite mie tutto il tormento.

OTTONE

Un tuo sguardo, Griselda,

dà tempra a questo ferro, ed un sol colpo

troncherà i tuoi perigli, e se 'l ricusi

forse ti pentirai. La mia pietade

mal conosci, Griselda, e verrà un giorno,

che sordo a tuoi lamenti,

anch'io mi riderò de tuoi tormenti.

GRISELDA

Che favellar è il tuo? l'amor lo sdegno

troppo confondi, ed oltrepassi il segno.

[Aria Griselda]

Brami le mie catene,

e mi rinfacci.

Piangi delle mie pene

e poi minacci?

Credimi, tu sei stolto

e non t'intendo.

Tu sai, ch'io son fedele

al mio primo affetto

ne mai sarò crudele

al primo oggetto

ti lagni ancor,

ne la ragion comprendo.

Scena quinta

Ottone solo.

Recitativo

Troppo avvezza è Griselda

tra le porpore, e 'l fasto.

Adito non le lascia a' miei sospiri.

Ma forse col diadema

deporrà la fierezza,

e lontana dal soglio

avrà forse pietà del mio cordoglio.

[Aria Ottone]

Vede orgogliosa l'onda

conosce il mare infido

e pur l'amata sponda

saggio nocchier ardito

spera di ribaciar.

Così quest'alma amante

adonta del rigore

non teme, non paventa

costante nell'amore

alfin più bella sorte

spera di ritrovar.

Scena sesta

Roberto e Costanza.

Recitativo

ROBERTO

Costanza, eccoti in porto,

questa, che premi è la Tessaglia, e questa

è l'alta reggia, ove Gualtiero attende

leggi dal ciglio tuo per darle al mondo.

COSTANZA

Ah Roberto, Roberto!

ROBERTO

Tu sospiri! ed accogli

mesta le tue grandezze?

COSTANZA

Io mi torrei

più volentieri viver privata, e lunge

da quella reggia a me di gioie avara

pur che di re, tu di me fossi.

ROBERTO

Oh cara!

COSTANZA

Un solo de tuoi sguardi

val più d'ogni grandezza

ROBERTO

Ah, che un sol lampo appena

dell'aureo scettro. e del reale ammanto

ti verrà a balenar sulle pupille,

che ti parrà a quel lume

vile l'amor, che per me t'arde, e cinta

di corone le chiome

accosterai all'udito

non lascerai pur di Roberto il nome.

COSTANZA

Poco incredulo, poco

il mio cor tu conosci,

e pur tutto il possiedi. Al Cielo, ai numi

giuro, che più...

ROBERTO

Deh taci.

Col grado cangierai sensi, e costumi.

COSTANZA

Andiam ora. se vuoi.

Ov'è meno di rischio, e più pace

verrò, se pur ti piace.

ROBERTO

No, no; regina nel mondo

come nell'alma mia; si vil non sono

ch'a difender dal trono io t'esortai,

non t'amerei, se a prezzo tal ti amassi.

COSTANZA

Pensa, che giunta al regno, e altrui consorte

mi vieteran d'amarti,

per tuo, per mio castigo, onore, e fede.

ROBERTO

Lo so, ma pur desio

più la grandezza tua, che il piacer mio.

COSTANZA

Poscia in van ti dorrai.

ROBERTO

La tua beltade,

che pur amo, e non spero,

più che degna di me, degna è d'impero.

Scena settima

Gualtiero, Corrado, e detti.

GUALTIERO

(piano a Corrado)

L'arcano in te racchiudi.

CORRADO

È mia cura obbedir.

GUALTIERO

Bella Costanza!

COSTANZA

Mio re.

GUALTIERO

Qual mai ti stringo? e qual nel core

mi nasce in abbracciarti

tenerezza, e piacer figli d'amore?

COSTANZA

Signore da tua bontà l'alma sorpresa

tace, e i timidi affetti

più, ch'il mio labbro il suo tacer palesa

ROBERTO

(Soffri o misero cor.)

COSTANZA

(Mesto è il germano.)

GUALTIERO

Ormai vien meco a parte

di quello scettro, e di quegl'ostri, o bella

che in benefico influsso,

già destinaro al tuo natal le stelle.

Tu pur verrai Roberto,

o di ceppo real germe ben degno.

Oggi da voi riceva

ornamento la reggia, e gioia il regno.

ROBERTO

Gran re, troppo mi onori.

GUALTIERO

Andiam: più non s'indugi idolo mio.

(parte)

COSTANZA

(a Gualtiero)

Seguo il tuo piè.

(a Roberto, che lei si accosta)

Prence...

ROBERTO

Regina...

COSTANZA E ROBERTO

Addio.

[Aria Costanza]

COSTANZA

Ritorna a lusingarmi

la mia speranza infida

e amor per consolarmi

già par, che scherzi, e rida

volando, e vezzeggiando

intorno a questo cor.

Ma poi se ben altiero

il pargoletto arciero

già fugge, e lascerai l'armi

a fronte del timor.

Scena ottava

Roberto, e Corrado.

Recitativo

ROBERTO

German, s'avevi a tormi

l'amabile costanza

perché sin da prim'anni

non mi vietavi d'amarla? Io l'ho perduta

altro ben non mi resta, e non mi lice

saperlo più.

CORRADO

Roberto.

Pria, che termini il dì sarai felice.

ROBERTO

Quai lusinghe? Sì chiara

è la perdita mia, che il dubitarne

sarebbe inganno. Al regio sguardo ahi troppo

piacque la mia Costanza. Ed a chi mai

non piaceria quel volto?

Sol per mio mal le stelle

o pupille adorate

facean me così amante, e voi sì belle.

[Aria Roberto]

Estinguere vorrei

la fiamma ond'io sospiro,

ma se quegl'occhi miro

ritorno a sospirar.

Deh per pietade, oh dei,

o scemate in me l'amore,

o cangiate quel rigore,

ch'è cagion del mio penar.

Scena nona

Corrado, poi Griselda.

Recitativo

CORRADO

Infelice Roberto ancor non sa.

Ma Griselda s'avanza; il regio cenno

s'adempisce così.

GRISELDA

Numi del cielo,

che fia di me?

CORRADO

Griselda,

vanne fuor della reggia, il re l'impone.

GRISELDA

Vuol ch'io parta Gualtier senza, ch'il miri?

CORRADO

Deh tosto...

GRISELDA

Io qui l'attendo. E tu, se nulla

ti muovono a pietà le mie querelle...

CORRADO

Che far potrei?

GRISELDA

Recarmi il figlio, ond'io

nell'ultimo congedo

possa imprimere almeno

su quel tenero labbro un bacio solo.

CORRADO

Sì sì, vuò compiacerti.

(Chi pietà non avria di tanto duolo!)

(parte)

Scena decima

Griselda, poi Corrado con Everardo, poi Ottone nascosto.

GRISELDA

Misera in quante guise

m'assale il crudo fato

ah sposo ah figlio! ah mio destin spietato.

CORRADO

Ecco Griselda il figlio,

te 'l concedo un momento,

t'uso questa pietà con mio periglio.

GRISELDA

Everardo, o soave

frutto dell'amor mio

in te già di quest'alma

bacio una parte; bacio

l'immagine adorata

del mio Gualtiero, e in un sol punto io sento

rallentarsi il rigor del mio tormento.

Labbro vezzoso, e caro...

CORRADO

Basta.

GRISELDA

Ancora un momento...

CORRADO

Non posso.

GRISELDA

Ahimè! La vita

toglimi ancor.

CORRADO

Invano.

GRISELDA

Chi è di cor si spietato,

che neghi ad una madre un dolce amplesso?

OTTONE

Il tuo Gualtiero istesso.

GRISELDA

Da labbro più odioso

giunger non mi potea nome più caro.

OTTONE

Io pietoso te 'l lascio.

CORRADO

(Che stravaganza è questa!)

GRISELDA

Ricuso il dono.

OTTONE

Ingrata,

in pena del tuo sdegno

questo t'involerò tenero pegno

(parte con Everardo)

Scena undicesima

Griselda, e Corrado.

GRISELDA

Ferma, t'arresta (oh dio!) rendimi il figlio.

Corrado per pietà segui l'indegno

misera! il figlio mio...

CORRADO

Sulla mia fede

riposa pur: non perirà.

GRISELDA

Qual via

troverai per salvarlo?

CORRADO

A me la cura

di ciò lasciarne déi: vivi sicura.

[Aria Corrado]

Alle minacce di fiera belva

non si spaventa buon cacciatore

le rete stende, o impugna l'arco

cauto l'attende a certo varco,

e se ritorna, morte le dà.

Vivi sicura, che chi t'offende

pagherà un giorno la giusta pena:

hai l'innocenza, che ti difende,

spera, ch'il fato si cangerà.

Scena dodicesima

Griselda sola.

Recitativo

Infelice Griselda!

Che più temer poss'io?

Ah che non veggio

la ragion disperar. Tutte a miei danni

congiurano le stelle; abbandonata,

tradita, vilipesa,

ho perduto la pace, e il mio riposo.

Ahi destino crudele! ahi figlio! ah sposo.

[Aria Griselda]

Ho il cor già lacero

da mille affanni

empi congiurano

tutti a miei danni

vorrei nascondermi

fuggir vorrei

del cielo i fulmini

mi fan tremar.

Divengo stupida

nel colpo atroce

non ho più lagrime

non ho più voce

non posso piangere

non so parlar.

Atto secondo
Scena prima

Appartamenti reali.
Costanza, e Corrado.

Recitativo

CORRADO

Dimmi, come amorosa

a Gualtier corrispondi?

COSTANZA

Con quell'amor, che si convien a sposa.

CORRADO

E quel d'amante a cui riserbi?

COSTANZA

Ahimè!

CORRADO

Non arrossirti: parla.

Più, che Gualtiero ami Roberto.

COSTANZA

Oh dio!

L'amai pria col tuo core, e poi col mio.

CORRADO

Ed ora?

COSTANZA

Ho per lo sposo

tema, e rispetto. Il suo diadema inchino,

la sua grandezza onoro,

stimo il suo grado, e sol Roberto adoro.

CORRADO

Non ti affligger, Costanza, e chi ti vieta

d'amare ancor Roberto?

COSTANZA

Son moglie.

CORRADO

Ancor di sposa

non giurasti la fede.

COSTANZA

Ah che onor me 'l divieta.

CORRADO

E amor te 'l chiede.

[Aria Corrado]

La rondinella amante

lungi dal proprio nido

serba costante, e fido

al suo diletto il cor.

Non è possibil mai

cacciar dal proprio petto

il radicato affetto

il primo dolce amor.

Scena seconda

Costanza, poi Roberto.

Recitativo

COSTANZA

Pria, che d'amar ti lasci

la vita lascerò, dolce mio bene.

Ecco, ch'ei vien. Mi giovi

il finger crudeltà per le sue pene.

ROBERTO

Mia Costanza... tu neghi

al tuo fedel Roberto

anche d'un guardo il misero diletto?

COSTANZA

Sdegna amore il mio grado, e vuol rispetto.

ROBERTO

Infelice amor mio, non v'è più speme.

COSTANZA

Udisti?

ROBERTO

Udii: regina...

COSTANZA

Or che chiedi?

ROBERTO

Inchinarti.

COSTANZA

Altro?

ROBERTO

Non più.

COSTANZA

Rispetta il grado, e parti.

ROBERTO

E sì tosto obliasti

l'amor?

COSTANZA

Regina, e moglie

in amore, o Roberto

più non devo ascoltar, ch'il re mio sposo.

ROBERTO

(Mie tradite speranze.)

COSTANZA

(Foste almeno Gualtier così vezzoso!)

[Aria Costanza]

Agitata da due venti

freme l'onda in mar turbato

e 'l nocchiero spaventato

già s'aspetta naufragar.

Dal dovere, e dall'amore

combattuto questo core

non resiste; par, che ceda,

e cominci a disperar.

Scena terza

Roberto solo.

Recitativo

E nel cuor di Costanza

così l'antica fiamma, il forte laccio

languì? s'infranse? al fasto

cedé l'amore? Spergiura...

Ma di che mi querelo?

Di che mi dolgo? Ella è regina, e sposa.

Non si pianga il suo grado.

Nell'amor di Costanza

sia conforto e mercede

la gloria dell'amar senza speranza.

[Aria Roberto]

Dal tribunal d'amore

il misero mio core

giustizia non desia,

ma sol pietade.

Di tal felicità

privar quella beltà

sarà empietade.

Scena quarta

Campagna con veduta d'una capanna da un lato.
Griselda in abito di pastorella con dardo.

Recitativo

Andiam Griselda, andiamo

ove il rustico letto in nude paglie

stanca m'invita a riposar per poco;

e là scordando alfine

Gualtier non già, ma la real grandezza

al silenzio, e alla pace il duolo avvezza.

Scena quinta

Ottone, e detta poi Corrado.

OTTONE

Ferma Griselda.

GRISELDA

(Che importuno!)

OTTONE

Ancora

torna a pregarti, o cara un che t'adora.

Pietà, ben mio, pietade.

Ch'è troppo grande rigore

vibrar dardi di sdegno

a chi ti porge incatenato il core.

GRISELDA

Qual pietà mi si chiede?

OTTONE

Quella, che merta alfine amor, e fede.

GRISELDA

Indegno.

OTTONE

E che? Ti chiedo

dono, che sia delitto?

Col ripudio real libera torni

dal marital tuo letto.

Io te n' prometto un altro

non men casto, e più fermo.

Anch'in rustico ammanto, anche fra boschi

ripudiata, sprezzata

ti bramo in moglie; e se non porto in fronte

l'aureo diadema, io conto

più re per avi, e su più terre anch'io

ho titoli, e comandi.

GRISELDA

Ottone, addio.

OTTONE

E 'l tuo figlio?

GRISELDA

Ah! che ancor il dolce nome

mi richiama pietosa.

OTTONE

Ascolta: o a me sposa

dia la fede Griselda, o mora il figlio.

GRISELDA

Ah traditor! Son questi

d'alma ben nata i vanti?

Dove, o crudo, apprendesti

sì spietato consiglio?

Sì barbara empietà? Rendimi il figlio.

OTTONE

Il figlio non si rende,

che cadavere esangue.

GRISELDA

Ah Ottone! Ah figlio! Ah sangue!

Lassa! che fo? che penso?

Sarò infida a Gualtiero? ah! che non deggio.

Sarò crudele al figlio? ah! che non posso.

Ed egualmente io veggio

nell'istesso periglio

l'alma mia, la mia fé: rendimi il figlio.

OTTONE

Vuò consolarti: olà. Mira Griselda

il tuo vago Everardo.

Viene Everardo condotto da una Guardia.

CORRADO

(Eterni dèi, che miro!)

GRISELDA

Oh d'un seno infelice

parto più sventurato.

Per toglierti al tuo fato

tu vedi, o figlio, esser conviemmi infida;

purché non cada estinto

Everardo il mio bene, in me s'uccida,

di Griselda la fede.

Recitativo accompagnato

GRISELDA

Ottone hai vinto

prendi la destra.

CORRADO

(Cede forse Griselda?)

OTTONE

Oh cara!

GRISELDA

Ah no; fui prima

moglie, che madre; al mio Gualtier si serbi

sempre l'istessa fé dell'alma mia.

OTTONE

Deliri ancor?

GRISELDA

Va' pur, sazia l'ingorda

sete della sua morte.

Questo agl'altri tuoi fasti

aggiungi, o crudo, e ti dia pregio, e vanto

il narrar, che versasti

d'un figlio il sangue alla sua madre accanto.

Mira, ch'il colpo attende

quel misero innocente.

Ardisci pur. Non sente

ben l'altrui crudeltà chi non l'intende.

E tardi? Il tuo contento

così differir puoi?

Su via s'altro non vuoi,

che del mio figlio il sangue

trafiggi, impianga; e se a ferir quel seno

il tuo ferro non basta

prendi un altro ancora.

(getta il dardo)

Fida la madre viva, e il figlio mora.

CORRADO

(Si deluda l'indegno.) E sì ostinata

con chi t'ama fedel sarai Griselda?

OTTONE

Amico.

CORRADO

(ad Ottone)

In tuo soccorso

avrai Corrado ancor.

GRISELDA

Come! congiura

Corrado a' danni miei? quest'è la fede,

che serbi al tuo signore?

CORRADO

Gualtier ti sprezza,

Ottone ti desia.

Se saggia sei, la prima fiamma oblia.

OTTONE

Non giovano lusinghe,

la forza valerà.

CORRADO

Femmina ingrata

cederai tuo mal grado.

GRISELDA

Indegni, entrambi,

no, non mi spaventate;

tanto ho valor nel petto,

che resister mi basta a tanti oltraggi.

Scellerati ministri, empi, malvagi.

[Aria Griselda]

(ad Ottone)

No, non tanta crudeltà.

(a Corrado)

Deh, ti muova almen pietà

d'un infelice figlio.

(ai due)

Spietato, tiranno!

(ad Ottone)

Presto ti pentirai.

(a Corrado)

Ben presto piangerai.

(ai due)

Mirate, che già cade

il folgore dal ciel.

Di mie sciagure, o barbari

per poco gioirete

il figlio mio prendete;

egli dal ciel aspetta

la sua, la mia vendetta.

(ad Ottone)

Sarai punito o perfido.

(a Corrado)

Sì lo sarai crudel.

Scena sesta

Corrado, Ottone.

Recitativo

OTTONE

Sprezzami quanto sai, vedrai superba

quanto sia il mio poter; sentimi amico

già destino rapirla. Io mentre all'opra

raccolgo i miei, tu col real bambino

riedi alla reggia, e taci.

CORRADO

Della mia fé sei certo.

(Si deluda l'inganno, or ch'è scoperto.)

(parte col figlio)

Scena settima

Ottone solo.

Perdonami Griselda

se coll'amor t'offendo; il foco ond'ardo

tu m'accendesti in sen. Spegner non posso

questa nel petto mio fiamma rubella.

Troppo amante son io, tu troppo bella.

[Aria Ottone]

Scocca dardi l'altero tuo ciglio

e piagando quest'anime alleta;

il mio core comprende il periglio,

ma costante non fugge; l'aspetta

volontario si lascia piagar.

Così suol volontaria nel lume

farfalletta le tenere piume

saltellando sovente abbruciar.

Scena ottava

S'apre la capanna.
Costanza, Roberto, Griselda che dorme.

Recitativo

COSTANZA

Fuggi.

ROBERTO

Perché?

COSTANZA

Non posso

senza colpa mirarti: il re, mio sposo,

qui s'aggira d'intorno.

ROBERTO

E dovrò dunque

morir cruda Costanza,

senza il dolce piacer d'un de' tuoi sguardi?

COSTANZA

Non tormentarmi più.

ROBERTO

Dimmi, spergiura,

ti scordasti di me?

COSTANZA

No, che pur troppo

t'adoro ancor.

ROBERTO

Mia vita...

COSTANZA

(Ah, che diceste mai labbri loquaci!)

ROBERTO

Dunque amarti poss'io?

COSTANZA

Ma soffri, e taci.

[Aria Roberto]

ROBERTO

Che legge tiranna!

Che sorte spietata!

A che mi condanna

un'anima ingrata

un barbaro cor!

Crudel, tacerò.

Ma pensa che questo

silenzio molesto

a un misero amante

è troppo dolor.

Scena nona

Griselda, che dorme. Costanza.

Recitativo

COSTANZA

Sola sebben mi lasci, non rimango,

Roberto. Anco entro a quella

vil capanna... Che miro!

Donna sul letto assisa, e dorme, e piange.

Come in rustico ammanto

volto ha gentil!

Sento, in mirarla, un forte

movimento dell'alma. Entro alle vene

s'agina il sangue; il cor mi balza in petto.

GRISELDA

(dormendo)

Vieni...

COSTANZA

M'apre le braccia, e al dolce amplesso

il suo sono m'invita.

Non resisto più, no.

GRISELDA

Diletta figlia.

(si risveglia)

Ahimè!

COSTANZA

Non temer ninfa.

(Il più bel del suo volto aprì negl'occhi.)

GRISELDA

(Siete ben desti o lumi?

O tu, pensier, m'inganni?)

COSTANZA

Come attenta m'osserva!

GRISELDA

(All'aria, al volto

la raffiguro: è dessa.

Troppo nel cor restò l'imago impressa.)

COSTANZA

Cessa di più stupirti.

GRISELDA

E qual destino

ti trasse al rozzo albergo

donna real, che tal ti credo?

COSTANZA

Io stanca

del segui cacciatrice il re mio sposo

a riposar qui venni.

GRISELDA

Stanza è questa di duol, non di riposo.

COSTANZA

Prenderà ognora pietosa

le tue sciagure a consolar Costanza.

GRISELDA

Tal'è il tuo nome?

COSTANZA

Appunto.

GRISELDA

Costanza avea per nome,

e le sembianze avea così leggiadre

l'uccisa figlia mia.

COSTANZA

Povera madre.

GRISELDA

E il tuo sposo?

COSTANZA

È Gualtiero,

che alla Tessaglia impera.

GRISELDA

Ben ne sei degna (ingannator mio sogno:

penso in tenero laccio

stringer la figlia, e la rivale abbraccio).

Scena decima

Gualtiero, e detti.

GUALTIERO

De tuoi bei sguardi, o cara, indegno è troppo

questo antico sito.

COSTANZA

Illustre, e degno

la sua gentile abitatrice il rende.

GUALTIERO

Anche qui vieni a tormentarmi, o donna?

GRISELDA

Mio re, non è mia colpa.

Questo è il povero mio soggiorno antico.

GUALTIERO

Più non dirmi tuo re, ma tuo nemico.

COSTANZA

Se i prieghi miei, del tuo favor son degni...

GUALTIERO

E che non può Costanza

su questo cor?

COSTANZA

Concedi

che più dal fianco mio costei non parta.

Nella reggia, ne boschi, ovunque io vada

mia sia compagna, o serva.

GUALTIERO

A te serva costei? chi sia t'è noto.

COSTANZA

Se miro a 'panni è vile,

nobil se al volto.

GUALTIERO

È questa

quella un tempo mia moglie,

che amai per mia sciagura. Alzata al trono

perché ne fosse eterna macchia.

GRISELDA

(Oh dio!)

COSTANZA

Griselda?

GUALTIERO

Ah più non dirlo. Anche al mio labbro

venne il nome aborrito, e pur lo tacque...

Più ignobil moglie...

GRISELDA

(E più fedel.)

GUALTIERO

...non nacque.

COSTANZA

Sì vile, oscura sia, con forza ignota

un amor non inteso a lei mi stringe.

Scena undicesima

Corrado con Soldati, e detti.

CORRADO

Avvisato che Otton

ver questa parte

volger dovea con gente amata il piede,

co' tuoi fidi v'accorsi.

GUALTIERO

Ottone armato! Ed a qual fine, o prence?

CORRADO

Per rapire Griselda.

GUALTIERO

Rapirla?

CORRADO

E all'opra or ora

si accinge.

GRISELDA

E questo ancora?

COSTANZA

Del temerario accesso

si punisca l'indegno.

CORRADO

E mora Ottone, il rapitore indegno.

GUALTIERO

Dia luogo ognun. Che perdo

se rapita è Griselda?

CORRADO

Tanto rigor?

GUALTIERO

Così mi giova.

COSTANZA

Ed io...

GUALTIERO

L'abbandona al suo fato.

COSTANZA

(a Griselda)

Troppo è crudel il tuo signore, e 'l mio.

GRISELDA

Ed è ver?...

GUALTIERO

(a Costanza)

Ti allontana.

GRISELDA

Non lasciar, che in tal sorte

ti tolga altri l'onor della mia morte.

[Aria Gualtiero]

GUALTIERO

Tu vorresti col tuo pianto,

co' sospiri aver il vanto

di svegliar in me pietà.

L'alma tua mentre sospira

emendar del fato l'ira

col suo duolo ancor non sa.

(partono tutti fuor che Griselda)

Scena dodicesima

Griselda, poi Ottone con Gente armata.

Recitativo

GRISELDA

Ecco Otton: sola, inerme che far posso?

Il mio dardo sia almeno la mia difesa.

OTTONE

Qual difesa a te cerchi?

GRISELDA

Empio, vien pure

a svenar dopo il figlio anche la madre.

OTTONE

Segui il mio piè.

GRISELDA

Più tosto

di' ch'io vada alla tomba.

OTTONE

E che far pensi?

GRISELDA

Ciò, che può far cor disperato, e forte:

darti o ricever morte.

OTTONE

Ora il vedremo.

GRISELDA

Ti scosta, o questo dardo

t'immergerò nel core.

OTTONE

Bella vi aperse altre ferite amore.

GRISELDA

Numi, soccorso, aita.

OTTONE

Su, miei fidi, eseguite: il re l'impone.

Scena tredicesima

Gualtiero con Soldati, Costanza, e detti.

GUALTIERO

L'impone il re? Sei troppo fido Ottone.

OTTONE

(Il re? Barbara sorte!)

GUALTIERO

È da leal vassallo il far, che l'opra

al comando preceda.

Giusto non è ch'io lasci

senza premio il tuo zelo.

GRISELDA

Scudo tu fosti all'innocenza, o cielo.

GUALTIERO

Soldati alla mia reggia Otton si guidi.

In amico soggiorno,

Otton, si cinge inutilmente il brando;

puoi deporlo in mia mano.

OTTONE

Eccola a' piedi tuoi. (Fato inumano!)

(parte con le guardie)

Scena quattordicesima

Gualtiero, Griselda, Costanza.

GRISELDA

Qual grazie posso?...

GUALTIERO

Alla pietà le rendi

non di me, di Costanza.

GRISELDA

Ah, sì crudele

Gualtier con me!

GUALTIERO

Parla con più rispetto.

GRISELDA

Sire, pietà, perdono.

COSTANZA

Lo merta ben.

GUALTIERO

Pensa chi sei, chi sono.

[Terzetto Griselda, Costanza e Gualtiero]

GRISELDA

Non più regina, ma pastorella

non son tua sposa, sarò tua ancella.

COSTANZA

Dona alla misera qualche pietà...

che ben lo merta sua fedeltà.

GUALTIERO

Guardami, e trema: sono il tuo re.

GRISELDA E COSTANZA

Pietà! Mercé!

GRISELDA

Sentimi!

GUALTIERO

Taci.

COSTANZA

Mirala.

GUALTIERO

Invano.

GRISELDA E COSTANZA

Che ria sentenza!

Che fier dolor!

GRISELDA, COSTANZA E GUALTIERO

Che gran violenza

sento al mio cor.

GRISELDA

Non ti rammenti del primo affetto?

GUALTIERO

No, sei mia serva.

COSTANZA

Fu nel tuo letto.

GRISELDA

Vezzosa, e bella tu m'appellasti.

GUALTIERO

Non sei più quella,

tanto ti basti.

GRISELDA, COSTANZA E GUALTIERO

Variano i fati,

varia l'amor.

Variante inizio scena nona

Variante di Torino.

Griselda, che dorme. Costanza.

COSTANZA

È deliquio di core

o stanchezza di pianto

quella ch'ora vi opprime, o mie pupille?

Sonno non è, che quando è il cor doglioso

non è nostro costume aver riposo.

Sonno, se pur sei sonno, e non orrore

porgi qualche contrario al mio dolore.

(s'addormenta)

Atto terzo
Scena prima

Camera di Costanza.
Roberto, Costanza.

Recitativo

ROBERTO

Risoluta è quest'alma...

COSTANZA

Di partir?

ROBERTO

Dall'indugio

non attendo che morte.

COSTANZA

Tu partir, o Roberto,

da questa reggia, ove il tuo cor mi lasci,

e donde il mio t'involi?

ROBERTO

Una regina e moglie,

che da me può voler? Vederne i pianti?

Ascoltarne i sospiri?

Oh d'un'alma crudel barbari vanti!

COSTANZA

Onor, nume tiranno,

offensor di natura, a che m'astringi?

Va' pur, Roberto, e poiché rea mi lasci,

sappi tutto il mio errore:

d'altri sia questa man, tuo questo core.

ROBERTO

Cessa d'amarmi, o taci;

e porterò lontano,

se non più lieto, almen più ratto il piede.

Gran lusinga all'indugio è la tua fede.

COSTANZA

Parti.

ROBERTO

Ti lascio, o cara.

COSTANZA

Amor che dal mio sen l'alma dividi...

ROBERTO E COSTANZA

O per sempre ne unisci, o qui m'uccidi.

Scena seconda

Griselda, Corrado, e detti.

GRISELDA

E per sempre v'unisca, amati fidi.

COSTANZA

Griselda?

ROBERTO

(Ahimè!)

GRISELDA

Con sì soave affetto

vai consorte allo sposo?

Con si onesto rispetto

vieni amico alla reggia?

È questa, è questa

dell'imeneo la fede?

Dell'ospizio la legge?

Nel dì delle tue nozze,

nel tuo stesso soggiorno

un marito non ami? Un re non temi?

Oh indegni affetti! Oh vilipendi estremi!

COSTANZA

Misera!

ROBERTO

(Qual consiglio!)

GRISELDA

E i sospiri? Ed i pianti? Onesta moglie

non ha cor, non ha voti

che per lo sposo. All'onor suo fa macchia

anche l'ombra leggiera,

anche il pensier fugace.

Saprallo il re. L'offende

chi le gravi onte sue simula, e tace.

Scena terza

Gualtiero, e detti.

GUALTIERO

Griselda.

COSTANZA

(Il re!)

ROBERTO

(Son morto.)

GUALTIERO

Perché tu sì sdegnosa? E voi, bell'alme,

perché confuse?

GRISELDA

(E dovrò dirlo?)

GUALTIERO

Esponi.

GRISELDA

Non m'astringer te n' priego

a ridir ciò che vidi.

GUALTIERO

Corrado il dica.

Tu, se parli o se taci, ogn'or m'offendi.

CORRADO

Signore, in brevi accenti il tutto intendi.

COSTANZA

(Non v'è più speme.)

ROBERTO

(O sorte!)

CORRADO

Roberto e la tua sposa

in questo loco or ora

favellando d'amor facean dimora.

GUALTIERO

E perciò d'ira accesa?

CORRADO

Forse che l'alta offesa

dell'onor tuo le accese in sen lo sdegno.

GUALTIERO

Ben si vede, che nata

sai fra i boschi, o vil donna.

E che? Ti trassi

di là perché tu vegli

sugl'affari reali? Eh ti rammenta

ch'altra è la regia sposa e tu si serva?

Oblia qual fosti e le sue leggi osserva.

GRISELDA

Quel zelo...

GUALTIERO

Io non te 'l chiedo.

GRISELDA

Io rispetto...

GUALTIERO

Lo devi alla real consorte.

GRISELDA

L'onor tuo...

GUALTIERO

Chi t'elesse del talamo custode?

Che ti cal se Costanza

abbia più d'un amante?

Che divida il suo cuor? Ch'ami a sua voglia,

o Roberto, o Gualtier? Verun tormento

deve questo a te dar, s'io son contento.

Udisti?

GRISELDA

Udii.

ROBERTO

(Che sento!)

GUALTIERO

Ti sovvenga il suo grado.

GRISELDA

È di regina.

GUALTIERO

Il tuo uffizio?

GRISELDA

È di ancella.

GUALTIERO

E se talor per altri arder la miri?

GRISELDA

Cieche avrò le pupille.

GUALTIERO

Se sospirar la senti?

GRISELDA

Sordo l'udito.

GUALTIERO

E se fia ch'a Roberto

anco sugl'occhi tuoi

scopra talor dell'amor suo le faci,

non trasgredir le leggi; e servi, e taci.

GRISELDA

Numi, qual legge è questa?

A qual tormento condannata son io?

Chi vide mai dolor simile al mio?

[Aria Griselda]

Son infelice tanto

che non mi basta il pianto

a dileguar mie pene.

La morte chi mi dona?

Che sol quest'alma afflitta

morte può consolar.

Se veggo il mio crudele

tradir da un infedele

tacer dovrò? Perché?

Un'anima sincera

non sa dissimular.

Scena quarta

Gualtiero, Roberto, Costanza.

Recitativo

ROBERTO

(Temo.)

COSTANZA

(Pavento.)

GUALTIERO

Eh, non estingua adesso

fredda tema importuna i vostri ardori.

Perdono al genio, ed all'età perdono.

COSTANZA

Perdono io non vorrei, se offeso avessi

l'onor tuo, l'onor mio.

ROBERTO

Un volontario esilio

quindi prendea.

GUALTIERO

Tacete.

Che più del vostro amore

la discolpa m'offende.

Col non amar Roberto

rea saresti, o Costanza, e tu più reo,

se da lei ti dividi.

Proseguite ad amarvi, e siate fidi.

(parte)

ROBERTO

(Non m'inganno?)

COSTANZA

(Lo credo?)

CORRADO

Ormai scacciate

l'importuno timore.

ROBERTO

Addio Costanza,

ritornami nel sen, dolce speranza.

[Aria Roberto]

Moribonda quest'alma dolente

va cercando dal seno l'uscita

ma un bel raggio di speme lucente

mi prolunga nel seno la vita:

forse il fatto cangiar si potrà.

Mio bel sol, se per te lacrimai,

tu lo sai. La speranza mi dice

che felice il mio cor riderà.

(parte con Corrado)

Scena quinta

Costanza sola.

Recitativo

Posso Roberto amar? E me l'impone

Gualtiero istesso? I miei timori adunque

furo vani finora. I miei sospiri

furono ingiusti. Ah! da me lungi andate,

dal passato mio duol memorie odiate.

[Aria Costanza]

Ombre vane, vani orrori,

che agitate l'alma mia

le mie pene, i miei timori

dileguate per pietà.

Sento (oh dio) che più non posso

sopportar cotanti affanni.

Deh, cangiate, astri tiranni,

l'empia vostra crudeltà.

Scena sesta

Gualtiero, poi Ottone.

Recitativo

GUALTIERO

L'empio s'ascolti. Forse

dall'amor di costui preser fomento

le pubbliche querele.

OTTONE

Al regio piede...

GUALTIERO

Sorgi, libero parla: ami Griselda?

OTTONE

Non niego, amor fu solo

ch'a rapirla m'indusse.

GUALTIERO

Né del real mio sdegno

ti trattenne il timore?

OTTONE

E un tuo rifiuto.

GUALTIERO

Di te, degl'avi al sangue

sparso a pro del mio regno io dono il fallo

OTTONE

Signor, una, ch'un tempo

fu regina, e tua moglie è scorno tuo

ch'erri fra monti, e boschi.

GUALTIERO

T'intendo. Ottone il giuro

sulla mia fede: allora

ch'io mi sposi a Costanza avrai Griselda.

OTTONE

Oh dono! Oh gioia! al regio piè prostrato

lascia...

GUALTIERO

No, prima attendi

che la grazia s'adempia, e poi la rendi.

Va' mi precedi al loco

destinato alle nozze; ivi vedrai

la nuova sposa, ch'al mio trono alzai.

[Aria Ottone]

OTTONE

Dopo un'orrida tempesta

splende chiaro il ciel sereno

che disgombra il nostro seno

dell'affanno, e del timor.

Così suole la fortuna

ristorare i danni suoi

vicendevoli con noi

alternando il suo rigor.

Scena settima

Gualtiero.

Recitativo

Soffri Griselda ancora

sin che giunga per te giorno felice.

Soffri... ma già nel core

i rimproveri tuoi, le tue querele

m'appellano a ragionar sposo crudele.

[Aria Gualtiero]

Sento, che l'alma teme

e pur non so di che

non so se sia timore

se sia pena, se amore

se sia pietà, se speme.

Ah cieli, e che cos'è?

Cinto da mille affanni

non trovo loco, o pace

temo di frodi, e inganni

e l'alma ognor si sface

e pur non so perché.

Scena ottava

Atrio maestoso nella reggia destinato alle nozze.
Griselda, Popolo.

Recitativo

GRISELDA

Ministri accelerate

l'apparato, e la pompa, in dì sì lieto

esultino i vassalli, e più giuliva

del suo signor senta la reggia i voti.

È legge del mio re, ch'io stessa affretti

e renda più superba

delle tragedie mie la scena acerba.

Scena ultima

Tutti.

GUALTIERO

Griselda.

GRISELDA

Altro non manca,

che il sovrano tuo impero.

GUALTIERO

Impaziente

è un amor tutto foco.

GRISELDA

Anche Griselda amasti!

GUALTIERO

La tua viltà le chiare fiamme estinte.

GRISELDA

Per l'illustre tua sposa ardano eterne.

COSTANZA

(O bontade!)

ROBERTO

(O virtude!)

GUALTIERO

(Il cor si spezza.)

CORRADO

(a Gualtiero)

Che più chiedi?

GUALTIERO

L'estrema

prova di sua fermezza. Otton!

OTTONE

Mio sire.

GUALTIERO

Ti avanza, e tu, Griselda

GRISELDA

Ubbidisco. (Che fia?)

GUALTIERO

Assai soffristi; è degno

di premio il tuo coraggio, e n'ho pietade

più non sarà Griselda

pastorella ne' boschi, o ancella in corte.

Ma...

GRISELDA

Che?

GUALTIERO

(Cor mio, che tenti?)

GRISELDA

Signor...

GUALTIERO

Del fido Ottone sarai consorte.

OTTONE

(Gioie non m'uccidete!)

GRISELDA

Io d'Ottone? Ch'ancora

del sangue d'Everardo

ha fumante la spada?

GUALTIERO

Elà.

CORRADO

T'accosta.

(ad una guardia che conduce Everardo)

GUALTIERO

Eccoti vivo il figlio.

GRISELDA

O figlio, o dolce

conforto del mio core.

GUALTIERO

Sol d'Ottone all'amore.

Devi sì cara vita; egli dovea

ucciderlo, e no 'l fece,

perché troppo t'amò; giusta mercede

or della sua pietà sia la tua fede.

GRISELDA

Ah! mio sire...

GUALTIERO

Ubbidisci.

Te 'l comanda il tuo re.

GRISELDA

Mio re, mio nume,

mio sposo un tempo, e mio diletto ancora,

se de' tuoi cenni ogn'ora

legge mi feci, il sai; dillo tu stesso:

popoli, il dite voi, voi, che 'l vedeste.

Ma, ch'io d'Otton sia sposa? È questo

il caro ben, che solo

libero dal tuo impero io m'ho serbato:

tua vissi e tua morrò, sposo adorato.

GUALTIERO

(Lacrime, non uscite.) Ormai risolvi:

o di Ottone o di morte.

GRISELDA

Morte, morte, o signor. Servi, custodi,

ne' tormenti inasprite

la morte mia. La gloria

chi avrà di voi del primo colpo? Ah sposo!

Alla tua mano il chiedo,

e prostrata lo chiedo.

Fa' ch'io vada agl'elisi,

con l'onor di tua fede, e ch'ivi additi

le tue belle ferite

opra già de' tuoi lumi, or del tuo braccio.

GUALTIERO

Non più, cor mio, non più. Sposa t'abbraccio.

OTTONE

(Misero Otton!)

GUALTIERO

Popoli, che rei siete

del cielo, e del re vostro, ormai vedete

qual regina ho a voi scelta, e me qual moglie.

OTTONE

Mio re sol è mia colpa

il pubblico delitto,

ecco perdon ti chiedo.

GUALTIERO

Il tuo dolor mi basta, e te 'l concedo.

COSTANZA

(Nobil pietà!)

ROBERTO

(Che spero?)

GUALTIERO

Ma tu taci, o Griselda?

GRISELDA

Te 'l confesso: mi è pena

di Costanza la sorte. Ella era degna

di te.

GUALTIERO

Sposa del padre è la mia figlia?

GRISELDA E COSTANZA

Come?

GUALTIERO

Il dica Corrado.

CORRADO

Sì, Costanza è la tua prole

che piangesti trafitta.

GRISELDA

Oh figlia!

COSTANZA

Oh madre!

GRISELDA

Ben me 'l predisse il core, e non l'intesi.

GUALTIERO

Tu l'amor di Costanza,

ch'ora in sposa ti dono

tutto non m'involar, Roberto amato.

ROBERTO

Il tuo dono, o gran re, mi fa beato.

GUALTIERO

Meco ormai riedi, o cara,

sulla real mia sede.

OTTONE

E sia Everardo il tuo, ma tardo erede.

[Coro]

CORO

Imeneo, che se' d'amore

dolce ardor, nodo immortale

della coppia alma reale

stringi l'alma, annoda il core.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 09/05/2016
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Variante inizio scena nona Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena ultima