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Giustino

GIUSTINO

Melodramma.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Nicolò BEREGAN.
Musica di Giovanni LEGRENZI.

Prima esecuzione: 12 febbraio 1683, Venezia.


Interlocutori:

ANASTASIO imperatore sposo di Arianna

soprano

ARIANNA imperatrice sposa d'Anastasio

soprano

GIUSTINO bifolco poscia coronato imperatore

soprano

EUFEMIA suora dell'imperatore Anastasio amante di Giustino

soprano

VITALIANO tiranno dell'Asia minore amante d'Arianna

contralto

ANDRONICO fratello di Vitaliano amante d'Eufemia

soprano

AMANZIO generale dell'imperatore Anastasio

tenore

POLIMANTE capitano di Vitaliano

basso

ERASTO capitano, e confidente d'Amanzio

basso

BRILLO servo d'Eufemia

basso

OMBRA di Vitaliano seniore, padre di Vitaliano, di Giustino, e di Andronico

basso

Personaggi in macchina

ATLANTE

basso

IMENEO

altro

FORTUNA

soprano

ALLEGREZZA

soprano

GLORIA

soprano

ETERNITÀ

contralto






Serenissima altezza

Nella reggia Farnese mai non giunsero forestiere le muse; quando sotto l'ombra degl'allori de' Ranucci degl'Odoardi, e degl'Alessandri si ricoverarono in ogni secolo i cigni più famosi d'Europa. L'eroiche gesta d'un cesare non doveano dedicarsi ch'ad un eroe al lampo della cui spada vide il lusitano più che per l'oro impallidirsi 'l patrio Tago per lo timore; le di cui ammirabili azioni lo fecero più volte conoscere, e ne' gabinetti per un Mercurio all'ingegno, e ne' campi di guerra per un Marte al valore. Felicissima perciò devesi chiamare questa serenissima, e sempre augusta repubblica, mentre assistita dal brando di v. a. può dirsi con verità di sedere appoggiata a più d'un leone.

Consacro per tanto all'a. v. questo parto di nobilissima penna i di cui voli per le molte sue composizioni, e dell'ANNIBALE, e del TITO, del GENSERICO, dell'ERACLIO, e dell'OTTAVIANO già son noti alla fama. Offro il presente melodramma all'a. v. s. che porta al par del nome la magnanimità d'ALESSANDRO, che se quello per pochi versi donò a Cherillo una città in guiderdone, onorato io della protezione di v. a. s. potrò vantarmi d'aver ottenuto un mondo di grazie: e qui mi rassegno

di v. a. sereniss.

umiliss. devotiss. obbligatiss. serv.

Francesco Nicolini

Argomento

Estinto l'imperatore Zenone fu dall'imperatrice Arianna vedova destinato alle sue nozze Anastasio, ed innalzato al trono de' cesari. A tal nuova ribellatosi Vitaliano, sollevata l'Asia minore, e rotti i romani eserciti, s'approssimò trionfante a Costantinopoli.

Volle il cielo, che il traballante impero per la destra d'un bifolco ritrovasse la sicurezza, poiché Giustino lasciato l'aratro, colse ne campi di Marte palme s'illustri, che meritò d'esser coronato d'augusto alloro nel soglio. Sopra questa celebre istoria si è formata la protesi, l'epitesi, e la catastrofe del MELODRAMMA presente, che tra sceniche peripezie viene intitolato il GIUSTINO.

Lo stampatore a chi legge

Il compositore del presente melodramma ha scritto per genii nobili aborrendo far comparire le muse, che sono vergini mascherate da taidi, e da frini sovra i teatri, contro il decoro dovuto ad una azione inventata da saggi, per freno de' vizi, e per eccitamento alla virtù, vivi felice.

Scene, macchine e apparenze

- Scene dell'atto primo

Piazza imperiale con macchine per l'incoronazione dell'imperatore Anastasio con Arianna.

Campagna con viti, e alberi che si tramuta in un tesoro.

Tesoro.

Appartamenti d'Eufemia.

- Scene dell'atto secondo

Scogli dirupati con capanna sopra il mare agitato da venti.

Giardino con fontane.

Campo di guerra.

- Scene dell'atto terzo

Deliziosa con torre.

Monte, che si spezza da un fulmine, ove comparisce vasta caverna illuminata da faci sepolcrali con tomba di Vitaliano seniore.

Stanze imperiali.

Anfiteatro col tempio dell'Eternità.

- Macchine ed apparenze dell'atto primo

Atlante, che passeggia la scena col mondo sul dorso che spezzato si trasforma nella reggia di Venere.

Reggia di Venere corteggiata dalle Grazie, e dagl'Amori, e da molte Deitadi

Imeneo, che viene portato a volo da due amorini.

Il Sole che nasce.

Aratro tirato da bovi che si spezza.

La Fortuna sopra la ruota, che gira.

Mostro Selvaggio che vien sbranato.

Elefante carico di genti da guerra.

Carro dell'allegrezza che guida il ballo.

- Dell'atto secondo

Mare tempestoso con armata navale che scorre naufragio.

Nave reale che combattuta dall'onde si rompe ad uno scoglio.

Dragone marino ch'esce dal mare, e combatte.

Torre dalla sommità della quale precipitano due prigionieri.

Carro falcato tirato da cavalli carico di guerrieri, che si travolge.

- Dell'atto terzo

Ombra ch'esce da un sepolcro.

Il tempio dell'Eternità con la Gloria.

Atto primo
Scena prima

Piazza imperiale con macchine per l'incoronazione, e sponsali dell'imperatore Anastasio, e imperatrice Arianna, la quale sopra maestoso trono dona il diadema imperiale ad Anastasio.
Anastasio, Arianna, coro de' Principi, Capitani, e Guardie.

ARIANNA

O sol che non mai stanco

sull'infiammato carro

i secoli giranti a noi ritorni.

Gran monarca degl'astri, e re de' giorni,

spargi di miglior luce il crin, ch'è d'oro:

splenda per man dell'alba, oltre l'usato

ricomposta con ordine più vago

de' tuoi corsier la sfavillante chioma,

or, che di sacro allor l'augusta fronte

cinge a' cesari suoi la nova Roma.

Il diadema, ch'al crin ti stringo

più che serto è un dono d'amor,

io d'allori le tempie ti cingo,

tu fra lacci annodi il mio cor.

Il diadema, ch'al crin ti stringo

più che serto è un dono d'amor.

ANASTASIO

Da questa man, ch'al mio destin dà legge

prendo dell'orbe il freno

ma più vale un sol fil del tuo crin biondo,

che l'impero di Roma, anzi del mondo.

Sei sì bella, che non v'è

astro in ciel eguale a te.

S'a quest'alma, che t'adora

tu comparti un guardo sol,

a quell'occhio, ch'innamora

cede l'alba, e cede 'l sol.

Uscirà in questo punto un vasto Gigante con un globo sul dorso in forma d'Atlante cantando in tal guisa.

ATLANTE

Qui dal più adusto, ed abbronzato clima

ove l'Africa vasta

tutta di brun colore al vicin raggio

del pianeta maggior si tinge il volto,

ecco 'l famoso Atlante,

che figlio della terra alto gigante

fa sostegno col dorso al ciel cadente.

Ed or perché sia noto

l'ossequio suo profondo

ei v'offre umile in vassallaggio il mondo.

Qui si spezza il globo in più parti, comparendo la reggia di Venere corteggiata dalle Grazie, dal Canto, dal Riso, dal Diletto, dal Giubilo, dal Brio, e da un coro d'Amori volanti; impone Venere ad Imeneo, che scenda a servir di pronubo agl'augusti sponsali, cantando ciò che segue.

IMENEO

Brilli 'l sol, rida ogni stella

splenda in cielo il dì beato;

or, ch'a sposa così bella

grand'eroe t'unisce il fato.

Brilli 'l sol, rida ogni stella.

O della vaga Urania alato figlio,

tu che di casta fiamma i cori accendi,

pronubo ai gran sponsali

scendi Imeneo, deh scendi.

Con catene di rose, e di gigli

colti in seno all'indica Aurora,

lega l'alme, e 'l letto infiora.

Qui Imeneo portato a volo da quattro Amorini sparge 'l suolo di rose, indi spiegando l'ale spariscono.

Scena seconda

Amanzio con spada alla mano seguìto da Squadre. Gl'antedetti.

AMANZIO

Ah mio sovrano augusto, or, che di sangue

fumano le campagne, e d'ossa sparse

va seminato il suol, che fai? Che pensi?

Già 'l Bosforo è in catena, e se più tardi

vedrai per man di Vitaliano audace

Bisanzio imprigionato, ah non sia vero,

che mentre langue il vacillante impero,

ad Anastasio 'l forte,

fra dolci guerre, ed amorose paci,

sia campo 'l letto, e sian le trombe i baci.

ARIANNA

(scendendo dal trono)

Qual furibonda erinni,

sparsa d'angui funesti

uscì di Stige a perturbar mie gioie?

ANASTASIO

Non torpe questo brando, e quel fellone

ch'ardì spiegare al vento

l'aquile contumaci

contro 'l Giove romano,

fulminato cadrà da questa mano.

Al girar di questa spada

fia che l'empio estinto cada,

e del busto il capo scemo,

dia quest'Idra rinascente

sull'arene di Tracia il guizzo estremo.

ARIANNA

Idolo mio adorato

dunque andrai fra le stragi?

E doverà delle mie nozze il giorno

funestarsi col sangue?

Non partirai no no

vo' incatenarti al sen,

se mi lasci io vengo men,

se tu parti io morirò.

Vo' incatenarti al sen

non partirai no no.

ANASTASIO

Rasserena 'l bel ciglio

il primo dì, che mi conduce al soglio

illustre far co' mie vittorie io voglio.

Ma chi è costui ch'in abito sì strano

comparisce d'augusto al regio aspetto?

AMANZIO

Alla discinta veste al portamento,

del barbaro nemico

rassembra un messaggero, olà? Che chiedi?

Scena terza

Polimante. Gl'antedetti.

POLIMANTE

Vitaliano il di cui nome vola

oltre gl'erculei segni, alla cui spada

treman dell'Asia, e dell'Europa i regni

offre l'armi depor, darti la pace,

se la bella Arianna

al suo letto regal ceder non sdegni.

ARIANNA

O dèi ch'ascolto!

ANASTASIO

Riedi tosto al fellon, e di' a quell'empio,

ch'un uom della Bitinia, un vil pirata

non è degno d'Augusta esangue al suolo

mirerò quel superbo, e sull'arena

mi pagherà del folle ardir la pena.

POLIMANTE

Il tuo fasto andrà sotterra,

chi la pace ricusa avrà la guerra.

ANASTASIO

Arianna mio nume,

cinto di ferrea spoglia, allor, ch'il sole

poserà a Teti in seno

fra i silenzi notturni

uscirò con mie squadre armato in campo.

Degl'acciar latini

non soffriran l'avverse squadre il lampo.

Un tuo guardo

più ch'il dardo

la vittoria mi può dar.

Se quegl'occhi sì vivaci

or m'apprestano le faci,

saprò il mondo fulminar.

Un tuo guardo

più ch'il dardo

la vittoria mi può dar.

(vuol partire)

ARIANNA

(trattenendo)

Ferma! Lascia, che teco

cinta di fiero usbergo

io ti segua fra l'armi.

Senza te mio ben, mia vita

il mio cor viver non sa;

già farfalla incenerita,

son ai rai di tua beltà.

Senza te mio ben, mia vita

il mio cor viver non sa.

ANASTASIO

T'arresta o cara, ah troppo,

se de' tuoi vaghi lumi

folgorasse tra l'armi un guardo arciero,

quel superbo fellon n'andrebbe altero.

Ti lascio l'alma in pegno

bella se parte il piè,

della mia fiamma in segno

ti sacro la mia fé.

Ti lascio l'alma in pegno

bella se parte il piè.

(parte)

Scena quarta

Arianna, Amanzio, coro di Damigelle, e Soldati di guardia.

ARIANNA

Amanzio.

AMANZIO

Alta regina!

ARIANNA

Allor che d'atre bende

sparsa la nera fronte

vedrassi in ciel la notte

schierar d'intorno eserciti di stelle,

fra militari arnesi ascosa ad arte

voglio nel campo ostil se mi sei scorta

seguir Venere armata il mio bel Marte.

AMANZIO

Entro ad oscura nube

mal può celarsi 'l sole; e mal s'adatta

a sì tenero seno il duro incarco

dell'usbergo pesante.

ARIANNA

Sembran dolci le pene a un cor amante,

ma qual beltà di cielo

mi balena sugl'occhi!

AMANZIO

Entro a quei lumi

per far piaga maggiore

tutti gli strali suoi nascose Amore.

Scena quinta

Andronico in abito di donzella sotto nome di Flavia. Gl'antedetti.

ANDRONICO

Bella Giuno terrena, il di cui scettro

dà legge al mondo, or ch'il mio cor prostrato

bacia le regie piante,

preserva eccelsa augusta

una vergine afflitta, e lagrimante.

AMANZIO

Non vide il sol quaggiù più bel sembiante.

ARIANNA

Sorgi, chi sei! Che chiedi?

ANDRONICO

Flavia son io figlia a Costanzo il grande,

che lungo tempo di Cilicia il regno

per l'impero sostenne, egli s'oppose

di Vitaliano all'armi, e sull'Oronte

sul Sangario, sul Cidno, e sul Meandro

spesso fugò le ribellanti insegne.

Del perfido fellone

prevalse alfin la sorte, e fra mill'aste

cadé trafitto il genitor pugnando.

Io dell'empio tiranno

resto preda infelice, arde al mio volto,

egli prega, io l'aborro,

tenta l'inganno, usa la forza, io fuggo;

da una torre mi lancio, a questa reggia

volgo il piè, drizzo i voti,

ed or che umil la maestà latina

nel tuo bel volto adoro,

d'un regio cor l'alta pietade imploro.

ARIANNA

Sarà feudo al tuo onor l'augusto alloro

olà tosto si scorga all'alta, suora

del magnanimo augusto

questa nobil donzella!

ANDRONICO

Se bearmi in quel volto mi lice

aquila a quei bei lumi io son felice.

ARIANNA

(verso d'Andronico)

Allor, ch'uscita d'Espero la stella

farà la guardia in cielo al sol che dorme,

teco o duce sovrano

del mio sposo guerrier seguirò l'orme.

Cerco pace in mezzo all'armi,

Marte invoco, e seguo Amor.

Tra le piaghe io vo a sanarmi,

fra le stragi a dar vita al cor.

Cerco pace in mezzo all'armi,

Marte invoco, e seguo Amor.

Scena sesta

Andronico. Coro di Damigelle.

ANDRONICO

Nastri che raffrenate

l'incomposta licenza al crin vagante,

fiori gemme d'Aprile astri del prato

odorosi tesor, che d'elmo invece

la mia fronte adornate

un portento d'amor tra voi celate.

Andronico son io di Vitaliano

il guerriero germano,

che d'Eufemia adorando

le due luci omicide,

chiudo tra finte spoglie

in sembianza di Iole alma d'Alcide.

Già m'arrise la sorte, al mio bel nume

spargerò voti, e preghi,

non sempre il ciel d'amor fulmini aduna,

chi coraggio non ha, non ha fortuna.

Beltà, ch'allo splendore

è immagine del ciel,

non ha di smalto il core,

l'alma non ha di gel,

una lagrima d'amante

passa tempre d'adamante

ammollisce ogni crudel.

Beltà, ch'allo splendore

è immagine del ciel,

non ha di smalto il core,

l'alma non ha di gel.

Scena settima

Campagna irrigata dal fiume Ismeno.
Giustino con l'aratro tirato da bovi.

O del cielo ingiusta legge!

Sollevar sovente al regno

chi di scettro è reso indegno,

e gettargli 'l mondo al piè,

puoi far nascer tra boschi alma da re.

Ove povero d'acque

l'infeconde campagne

tinge con umil onda il lieve Ismeno,

con il vomere adunco io son costretto

a sviscerar della gran madre il seno.

Deh perché non poss'io destin crudele!

Or qual Cadmo novello, o qual Giasone

trar da ruvide glebe armata messe,

e cangiato in guerrier di vil bifolco,

mutar per fatal sorte

in usbergo l'aratro, in campo 'l solco?

Ma già Febo l'occaso

sferza l'aurea quadriga; è tempo omai

de' miei lassi giovenchi

toglier al grave giogo

la callosa cervice: ite disciolti!

(discioglie i bovi)

Io qui del curvo aratro

formerò duro letto a' miei riposi.

Ecco sorge la notte, e 'l ciel adombra,

o qual dolce sopore

mi lega i sensi, e le mie luci ingombra.

(siede sopra l'aratro)

O ristoro de' mortali

stendi l'ali

dolce sonno vola a me.

Lascia 'l sen di Pasifea,

ch'all'amata, e vaga dèa

volgerai ben tosto 'l piè.

O ristoro de' mortali

stendi l'ali

dolce sonno, e vola a me.

(s'addormenta)

Scena ottava

Sorge la notte con la luna.
Giustino addormentato, la Fortuna sopra la ruota.

FORTUNA

Giustin lascia i riposi in ozio vile

a che 'l fianco adagiar tra i fiori, e l'erba?

Su t'invita la sorte, e in campo ostile

palme, e trionfi alla tua man riserba.

Mira come al tuo merto or la Fortuna

regni, e tesori in questo punto aduna!

Qui si tramuta la scena in maestosa reggia tutta risplendente d'oro, e di gemme, di corone, di scettri, e tesori.

FORTUNA

Ecco per te cangiarsi

in reggia la capanna, in soglio il prato.

Sorgi; lascia 'l sopor; segui 'l tuo fato.

La Fortuna, ch'errando va

dée afferrarsi ad un istante,

altrimenti 'l crin volante

incostante

rivolgerà,

che solo è felice, chi prender mi sa.

Qui sparisce con la scena, ritornando la campagna, mirandosi spuntare il sole, che nasce.

GIUSTINO

(destatosi)

O chiunque tu sia, ch'ora m'inviti

fra le stragi ti seguo! E questo crine,

già mi cingo d'allor: spezzo l'aratro?

Ecco infranto nel solco io vo' lasciarlo:

ma con chi sogno? E dove son? Che parlo?

Pur sian vani i fantasmi

or più non vuol mia generosa mano

trattar rustiche marre.

Di fiera tromba ai strepitosi carmi

vo' nell'agon solo battaglie, ed armi.

Mi chiama nel campo

un genio guerrier:

ove d'armi il mondo suona,

fra le stragi di Bellona

vo' seguir il dio più fier:

mi chiama nel campo

un genio guerrier.

Scena nona

Eufemia in abito di cacciatrice. Brillo, che fugge, Giustino, che sopravviene.

BRILLO

Ohimè! Son semivivo, un fiero mostro

fulmine delle selve

semina 'l suol di stragi:

su quest'annosa quercia

tenterò di sottrarmi al fiero artiglio,

s'al piè non pongo l'ale, io sto in periglio.

(sale sopra una quercia)

EUFEMIA

(inseguita da un uomo selvaggio)

Cieli! Numi! Soccorso!

Or d'un'orribil fera

qui son preda infelice.

GIUSTINO

(rivolgendosi verso d'Eufemia)

Cessi 'l vano timor! Cessin le grida!

Salva sei tu, nel mio valor confida.

(s'affronta con l'uomo selvaggio)

Mostro orrendo invan ti scoti,

l'ira accendi 'l dente arroti,

tua fierezza abbatterò.

E sbranato,

lacerato

sull'arena io ti vedrò.

Mostro orrendo invan ti scoti,

l'ira accendi 'l dente arroti,

tua fierezza io domerò.

(sbrana la fiera)

EUFEMIA

Cade la bestia estinta.

BRILLO

(scendendo dalla quercia)

Dall'Erebo profondo

oggi è per noi risorto Ercole al mondo.

EUFEMIA

(prostrata avanti di Giustino)

A te di questi boschi

ignota deità, nume selvaggio

questo mio cor divoto

sull'ara del mio sen ti sacro in voto.

GIUSTINO

Un uom son io vago d'eroiche imprese,

a sbranar l'empia fera

della gloria il desio solo m'accese.

EUFEMIA

Quanto a Brillo egl'è vago.

BRILLO

Non formò 'l ciel tra noi più bella imago.

EUFEMIA

Del cesare latino

io son l'augusta suora, all'alta reggia

tu meco volgi 'l passo;

là con sorte migliore

avrà degna mercede il tuo valore.

BRILLO

Di servir di foriere io vo' l'onore.

GIUSTINO

Verrò donna sublime, ove t'aggrada

benché de' re non curo

il favor incostante,

ch'a sé stessa è virtù premio bastante.

Non son vago

di gemme, e d'ori,

né m'appago

de' tesori,

che tramanda il Gange o 'l Tago

chiudo in petto un cor tebano,

e risposta è mia sorte in questa mano.

Scena decima

Eufemia.

Luci mie, che miraste? E quando mai

Tebe, o Sparta già vide

più adorabil fierezza! O Dio quel volto

quel piacer misto al terror lampeggia,

quel non so, che di barbaro, e di grande,

che spaventa, e innamora il cor m'accese,

una guancia mi vinse, un crin mi prese.

Va alla caccia l'arciero volante

mille cori predando va,

e fra i lacci d'un crin, ch'è vagante

ei mi tolse la libertà.

Va alla caccia l'arciero volante

mille cori predando va.

Scena undicesima

Vitaliano sopra d'un elefante circondato da Capitani del suo esercito con squadre di cavalli, e Fanti.

VITALIANO

Cadé 'l fasto latino, e al nostro serto

cesse il Marte romano.

All'armi, o guerrieri

indomiti, e fieri,

Bisanzio v'aspetta,

guerra, strage, ira, vendetta

porti 'l braccio furibondo,

vegga Europa, e vegga 'l mondo,

che nati sete a debellar gl'imperi.

All'armi, o guerrieri!

Scena dodicesima

Polimante, Arianna in abito guerriero con visiera, coro di Soldati, gl'antedetti.

POLIMANTE

Signor t'arrise il fato, il greco augusto,

che rifiutò la pace,

guari non è, ch'al nostro campo invitto

diede notturno assalto, al fiero incontro

piegò l'oste nemica, e fra le stragi

restò mia preda alto campion feroce,

ch'in segno di mia fede

consacro umil di Vitaliano al piede.

(vien levato l'elmo ad Arianna)

VITALIANO

Amor! Cieli che miro! Ah son pur queste

le divine sembianze

d'Arianna, ch'adoro.

(smonta dall'elefante)

Si tronchino i lacci.

Si spezzin quei nodi.

Ah che per fatal sorte

del mio cor sono i ceppi, e le ritorte.

(le vengono levate le catene)

ARIANNA

Non ti vantar superbo,

ch'or sia base al tuo piè la mia sventura,

che d'un empio gioir passa, e non dura.

VITALIANO

Bella augusta, mio sol, mio nume in terra,

ecco al tuo piè prostrato

chi per tuo amor pose già l'orbe in guerra,

è tua l'Asia, e l'Europa;

pur che a me giri un sol guardo

di quegl'occhi lusinghieri

mille regni non curo, o mille imperi.

ARIANNA

Indarno aspiri

d'augusto alla consorte?

VITALIANO

Ch'augusto? Or mia tu sei.

ARIANNA

T'inganni se speri

di stringermi al sen,

pria svenata

esanimata

fra le stragi io verrò men.

T'inganni se speri

di stringermi al sen.

VITALIANO

Così fiera o mia diva a chi t'adora?

(tenta di baciarla)

ARIANNA

Scostati dal mio sen tiranno, indegno.

(gli dà una guanciata)

VITALIANO

Così tratti colui, ch'al mondo impera?

Chi ricusa l'amor provi lo sdegno:

olà costei s'esponga alle fauci infiammate

di quel mostro vorace

devastator delle campagne achive:

resti sui lidi nostri,

chi è un mostro in ferità cibo de' mostri.

Vanne ingrata

crudele spietata

tua fierezza alfin caderà

stretta, e avvinta a duro scoglio

il tuo orgoglio perirà.

Vanne ingrata

crudele spietata

tua fierezza alfin caderà.

Scena tredicesima

Arianna, Polimante, coro di Soldati.

ARIANNA

Tra le fauci de' mostri

mi scagli iniqua sorte

più ch'i baci d'un empio amo la morte.

Così vago è quel sembiante

per cui il seno acceso sta,

che quest'anima costante

mille pene incontrerà.

(viene condotta altrove)

Scena quattordicesima

Salone imperiale con appartamenti d'Eufemia.
Eufemia, Giustino, Brillo, e Andronico, che sopraggiungono.

EUFEMIA

Del famoso Bisanzio ecco la reggia.

GIUSTINO

(Tale appunto fra sogni, e fosche larve

mole fastosa alla mia mente apparve.)

(va rimirando la reggia)

BRILLO

Questa gentil donzella

dell'invitto Costanzo unica prole

Arianna t'invia.

EUFEMIA

O quanto volentier ti stringo al seno

vergine eccelsa, e a qual sì stranio lido

di tua rara virtù non giunse 'l grido.

Baciami o bella bocca

reggia del dio bambin,

mille dardi al cor mi scocca

da quell'arco di rubin.

Baciami o bella bocca

reggia del dio bambin.

Baciami o vago labbro

cuna del dio d'amor,

tu de' baci dolce fabbro

tra catene avvinci il cor.

Baciami o vago labbro

cuna del dio d'amor.

BRILLO

Per onorar signora il tuo ritorno

di cavalieri, e dame

ecco schiera vezzosa

dotta a girar il vago piede intorno.

EUFEMIA

(verso di Giustino)

Venga il nobile stuolo,

siedi o della mia vita

forte preservator. Campion sovrano,

mira i leggiadri balli.

Scena quindicesima

L'Allegrezza in macchina guida il ballo de' Cavalieri, e Dame, gl'antedetti.

ALLEGREZZA

Si rida, si canti, si balli sì sì,

anco le stelle

senz'alcun vel

col dio di Delo

leggiadre, e snelle

danzano in ciel.

Sacro è alla gioia un così lieto dì,

si rida, si canti, si balli sì sì.

Qui segue una gran sinfonia smontando dalla macchina le Dame, e Cavalieri ponendosi a' loro luoghi, la macchina parte, e una Dama invita Giustino al ballo.

GIUSTINO

Bella, ad altri comparti

le tue grazie, e favori,

che non son per Giustin danze, ed amori.

Io non son nato o bella

per darmi al dio d'Amor,

Marte, e Bellona apprezzo,

un guardo, un crine, un vezzo

non m'imprigiona il cor.

Io non son nato o bella

per darmi al dio d'Amor.

La Dama prende un altro Cavaliere per mano, e qui si dà principio al ballo.

Atto secondo
Scena prima

Anastasio seguìto da Squadre armate, Eufemia, Giustino, Andronico, Brillo, coro di Dame, e Cavalieri, e Guardie, Amanzio, che sopraggiunge.

ANASTASIO

Così mentre distrutta

fra incendi militari,

Europa avvampa

e del latino impero

traballante è la fede

tra vaghe danze or

qui si gira il piede?

Già di barbara turba

fatta è preda Arianna, e in vil catena

vedrassi al piè del vincitor superbo

chinar l'augusta fronte, e di lei privi

trarrem fra lieti balli i dì festivi?

Vada l'Asia a ferro, e foco

tra ruine il mondo cada

dia il tiranno

con suo danno

di mia spada

acerbo gioco

vada l'Asia a ferro e foco.

AMANZIO

Frena l'impeto vano, ah che purtroppo

or di latina strage

fuman le tracie arene: abbiamo a fronte

d'esercito infinito oste possente

miglior tempo s'attenda, Erasto il forte

già a tuoi cenni reali

di velata falange ingombra i mari.

Sulle rostrate navi al fier tiranno

porta guerra improvvisa:

là nell'Egeo spumoso

proverà miglior sorte il valor greco

temer non puoi se la mia spada è teco.

ANASTASIO

Il tuo consiglio approvo.

EUFEMIA

Al piede augusto

s'inchina quest'eroe, ch'in mio soccorso

lottando co' le belve

sbranò i mostri più crudi entro le selve.

ANASTASIO

Sarai il mio cavalier di fino usbergo,

tosto s'armi quel forte.

GIUSTINO

In sua difesa incontrerò la morte.

ANASTASIO

Olà miei prodi campion da voi richiedo

l'usate prove; itene omai sciogliete

Arianna da ceppi, al vostro ferro

precorrerà 'l mio brando.

Se non miro il sol ch'adoro

l'alma in seno mi sento languir

pur ch'un guardo mi doni ristoro

qual fenice entro gli ardori

mi contento d'incenerir.

Se non miro il sol ch'adoro

l'alma in seno mi sento languir.

(parte con i cavalieri, e dame)

EUFEMIA

Tu volgi altrove il passo.

(verso di Giustino che vuol partire)

GIUSTINO

Nel sentier della gloria io drizzo il piede,

a te sacro 'l mio core, e la mia fede.

Beltà Circe vezzosa

non m'incatena il cor,

né per guancia di rosa

piagommi il seno Amor.

Beltà Circe vezzosa

non m'incatena il cor.

(parte)

Scena seconda

Eufemia, Andronico, Brillo.

ANDRONICO

Dimmi come esser può, ch'il sen t'infiammi

un'imago sì rustica, e negletta?

EUFEMIA

Quanto più fier si mostra ei più m'alletta.

ANDRONICO

Che dirà augusto, e Roma?

S'Eufemia il di cui merto il mondo

d'un rozzo, e vil bifolco

anco al fumo s'abbaglia?

Ogni disuguaglianza Amore agguaglia.

EUFEMIA

È un foco Amore

ch'il core

accende.

È un genio dolce, che l'alme sforza

è certa forza

che non s'intende

è un foco amore,

ch'il core

accende.

Egli è bambino

che ad un istante

divien gigante.

È un dolce strale che l'alma impiaga,

e pur appaga

benché c'offende.

È un foco amore,

ch'il core

accende.

È un genio dolce, che l'alme sforza,

è certa forza

che non s'intende.

È un foco amore,

ch'il core

accende.

(parte)

BRILLO

Quante volte diletta

più che talamo d'or rustica face.

Non è bel quel ch'è bel, ma quel che piace.

Scena terza

Andronico.

Cinzia non sei più sola!

A portar il tuo raggio

colà del Larmo entro l'ombrose piante

se la mia bella dèa,

benché rozzo e selvaggio

d'un novo Endimion s'è resa amante.

Amor consigliami

che deggio far?

Se non spero alcun ristoro

l'empia ch'adoro

deggio lasciar;

Amor consigliami

che deggio far?

Sì vo' seguirla amando

vo' adorarla penando, e se crudele

repugnerà a miei voti

rapirò l'infedele.

Non v'è peggio in amor,

che dover piangere

lice ogni froda,

pur che si goda.

Può un guardo un vezzo, un bacio

ogn'alma frangere.

Non v'è peggio in amor,

che dover piangere.

Scena quarta

Scogli dirupati con mare agitato da venti. Vedrassi tra l'onde una grande armata poscia una gran nave, che si rompe allo scoglio restando gettati sopra il lido
Anastasio, e Giustino ambo in abito guerriero con dardi alla mano.

ANASTASIO

E quando cesserete astri spietati

di tormentarmi più

sempre di sdegno armati

in comete cangianti

vedrovvi a danni miei splender lassù?

E quando cesserete astri spietati

di tormentarmi più.

GIUSTINO

Al dispetto dell'onde

pur calchiam queste arene, e invan tu sgridi

il destino, e la sorte

vince Fato e Fortuna un'alma forte.

ANASTASIO

Dunque de' pini achei, naufraghi, e rotti

il fellon Vitaliano andrà festante?

GIUSTINO

Confida in questa destra

forse un giorno vedrà chi ti fa guerra

in mar di sangue i suoi naufraghi in terra.

ANASTASIO

Quanto invitto è costui! Col suo valore

mi risveglia l'ardir.

GIUSTINO

Quinci non lunge

mira fumar un pastorale albergo,

colà affrettiamo il passo.

ANASTASIO

Darà solingo speco

forse lieve conforto al cor già lasso.

Ovunque il passo giri

mi segue il dio d'Amor.

Parli, dorma, respiri

sempre lo sento al cor.

Ovunque il passo giri

mi segue il dio d'Amor.

Scena quinta

Giustino.

Quanto è l'uom forsennato, a che dolersi

or del fato, or de gl'astri?

Cote della virtù sono i disastri.

Ai soffi d'Euro esposta

s'avvalora la fiamma, e perch'il Nilo

tra voragini immense

co' le rupi s'affronta,

s'inabissa cadendo, indi risorto

l'egizie campagne

il flutto vincitor volge fastoso?

Questo liquido Anteo reso, e famoso.

Quanto più 'l ciel tra fulmini divampa

tanto più innalza il volo

aquila generosa:

e quando più contraria

la fortuna s'aggira

un'alma invitta a maggior gloria aspira.

Io mi rido di quel bendato

cieco alato

che nudo va

dell'ozio figlio

ch'eterno esilio

da questo core avrà.

Io mi rido di quel bendato

cieco alato

che nudo va.

Scena sesta

Polimante, Arianna incatenata. Coro di Soldati.

POLIMANTE

Questo è il loco fatale,

ove mostro vorace

farà nel seno tuo piaga letale.

Ah pria, che fiero dente

sbrani membra sì belle

del monarca bitino

cedi agl'amori, e 'l tuo rigor ammorza

la legge non condanna un ch'opri a forza.

ARIANNA

Pria, che tradir augusto

di mia costanza al nume

cadrò vittima esangue

godrò su queste selci

i trofei di mia fé scriver col sangue.

POLIMANTE

Costei ch'ha un cor di marmo

s'incateni a quel sasso?

È giusto alfin, che pera

lacerata da un mostro alma di fiera.

Scena settima

Arianna incatenata allo scoglio.
Vedrassi a poco a poco sorger dal mare spaventoso mostro nuotando verso terra; Giustino, che sopravviene.

ARIANNA

Numi o voi, ch'il ciel reggete

con la destra onnipotente

voi, che gl'astri rivolgete

soccorrete

un'innocente.

Fate almen, che mentre spiro

fra i martir l'alma, costante

io ritorni all'idol mio

nudo spirto ombra vagante.

Qui il mostro si rampa sopra lo scoglio.

GIUSTINO

Quai dolorose strida, o quai lamenti

fra queste orrende balze

mi feriro l'udito.

ARIANNA

Per me dunque il ciel non ha

una stilla di pietà.

in tre diverse parti della scena

ECO

Una stilla di pietà.

IIº

Stilla di pietà.

IIIº

Pietà.

GIUSTINO

Ch'ascolto, queste selci

con iterate voci

or mi chieggon soccorso!

Ma qual orrendo, e spaventoso mostro

or con guizzo improvviso esce dall'onde!

ARIANNA

Cavalier donami aita.

in tre diverse parti della scena

ECO

Cavalier donami aita.

IIº

Donami aita.

IIIº

Aita.

GIUSTINO

(ferisce il mostro col dardo)

In tua difesa

esporrò a mille morti or la mia vita.

Qui principia la battaglia col mostro snodando improvvisamente il collo e spiegando l'ale.

GIUSTINO

Invan te stesso vibri

non conosco timor, benché m'assalga,

il mostro d'Erimanto

o il piton di Tessaglia.

Cade il mostro col capo reciso.

ARIANNA

Ecco un novello Alcide

mostro sì fier col forte braccio atterra!

O per sottrarmi a inesorabil parca

forse un novo Perseo discese in terra?

GIUSTINO

Lascia o donna i singulti, e più sereno,

lampeggi nel tuo volto

lo splendor sovrumano.

ARIANNA

Io respiro signor, per la tua mano.

GIUSTINO

E chi sei tu, ch'in sì romita parte

ove col flutto insano il mar vorace

non so s'il curvo lido, o baci, o morda,

ti destinò la sorte

d'un mostro a satollar la fame ingorda.

ARIANNA

D'Augusto la consorte

il tuo brando guerrier tolse alla morte.

GIUSTINO

Tu Arianna! Il cui piede

bacia l'orbe idolatra, o quanto degni

sono d'eccelsi allori i miei trofei!

Si rallegri il tuo cor salva tu sei.

ARIANNA

Se non torno a chi m'innamora,

se non miro chi 'l cor mi ferì,

se non stringo chi l'alma adora

io non passo più lieto un dì.

GIUSTINO

Fuga dal seno il duol, che tra mortali

vanno a vicenda, le venture, e i mali.

Scena ottava

Anastasio, gl'antedetti.

ANASTASIO

Traveggo, oppur la mente

si fabbrica fantasmi è questo il volto

del bel idolo mio!

ARIANNA

Numi, che miro, o dio.

È questo del mio sposo

l'adorato sembiante!

Corri, vola tra queste braccia

dammi un bacio stringimi al sen.

ANASTASIO

(abbracciando Arianna)

Caro nodo, ch'il cor m'allaccia,

fra gl'amplessi io vengo men.

Insieme

ARIANNA

Dammi un guardo stringimi al sen.

ANASTASIO

Dammi un bacio stringimi al sen.

ANASTASIO

Ma qual orrendo, e formidabil mostro

qui col teschio reciso il suolo ingombra.

GIUSTINO

Fu trofeo di mia possa.

ARIANNA

Il tuo braccio guerriero

mi sottrasse all'affanno

ei s'oppose al furor d'empio tiranno.

ANASTASIO

(verso di Giustino)

Quanto deggio al tuo merto

chiedi pur, ciò che t'aggrada

quanto può questo scettro, o questa spada.

GIUSTINO

Basta per sommo onor ch'oggi in tuo nome

la stessa morte ad incontrar io vada:

ma chi è costui che su leggero abete,

ove il lido s'incurva e frange l'onda

frena il volante lin, l'ancore affonda.

Scena nona

Amanzio sbarcando da una feluca, gl'antedetti.

AMANZIO

Eolo invan fra nembi, e turbini

contro me suoi sdegni armò:

dal furor de' flutti, e fulmini,

il mio pin già quasi absorto

dolce porto

alfin trovò,

solo invan tra nembi, e turbini

contro me suoi sdegni armò.

ANASTASIO

Amanzio è questi al cui valor commisi

di mie squadre l'impero, e qual fortuna

ti scorge alto guerriero a queste arene?

AMANZIO

In traccia di tue vele

del turbato Nettun le vie trascorsi

quando al cesareo aspetto

o miracolo novo

tra le procelle, ora le calme io trovo.

ANASTASIO

Fu decreto del ciel ch'a questi lidi

approdasse 'l tuo legno.

AMANZIO

Eccelsa augusta

quanto giubila il core

nel mirarti sottratta

in questo punto a barbare catene.

ARIANNA

Chi nel ciel confida

prova in mezzo al dolor, l'ore serene.

ANASTASIO

Ecco tranquillo il mar entro quel pino.

Varchiam l'onde spumanti.

Lascia le sponde

che tardi più!

Teti nell'onde

a tua beltade pari non fu.

Lascia le sponde

che tardi più!

S'il tuo bel fra i flutti appare

sembrerà che dentro 'l mare

sia disceso il sol quaggiù.

Lascia le sponde

che tardi più!

AMANZIO

Morde l'ancora il lido impaziente

di aver sì nobil salma.

ARIANNA

Eccomi al cenno augusto.

Perché tra le procelle

trovi la calma il duol

tra l'onde inique, e folle

saran mie fide stelle

quegli occhi emuli al sol.

GIUSTINO

(dentro della feluca)

Sovra l'ali de' remi

or si voli per l'onde.

Per le chiome ho la fortuna

sulla rotta ho fisso il piè

perch'io varchi il mar fremente,

più ridente

si volge a me.

Nembi in ciel più non aduna

per le chiome ho la fortuna.

Scena decima

Vitaliano, Polimante, coro di Soldati.

VITALIANO

Troppo fosti o mio core

precipitoso all'ire! A cruda morte

io dannar la mia vita! Ahi Polimante

scoprimi del mio bene

l'adorate reliquie, ai dolci avanzi

d'empie zanne voraci.

Darò pentito almen gl'ultimi baci.

POLIMANTE

Per le lacrime o sire

unqua non si ravviva estinta face:

e invan l'angue del Nilo

piange sull'uom dopo ch'estinto giace.

Ma che scorgo! Che miro!

Ecco trafitto al suol l'orribil mostro

gran portento de' mari.

VITALIANO

Mosso a pietà di due pupille accese

forse colà dal cielo

con l'egida fatal Marte discese,

ah se vive Arianna, io non dispero

con diluvi di pianto

ammollir sua fierezza.

Placan lagrime, e preghi ogni bellezza.

Sì vaghe luci adorerò.

Siate pur crude, e spietate

del mio cor orse beate

a quei rai mi volgerò.

Sì vaghe luci adorerò.

Scena undicesima

Giardino con fontane.
Andronico, Eufemia, e Brillo, che sopraggiungono.

ANDRONICO

Aure dolci, e lusinghiere

che leggere

sui vanni danzate

deh movetevi a pietate

fate voi della mia fé

al bell'idolo mio fede per me.

EUFEMIA

Dunque o bella hai d'amore il sen ferito!

ANDRONICO

Io nel mio canto or le tue piaghe addito.

(Ah purtroppo il mio core è incenerito.)

EUFEMIA

Si' nemica a quel nume

che fe' a Giove talor piaghe fatali?

ANDRONICO

(Per me il cieco bambin rotti ha gli strali

sento purtroppo in sen fiamme letali.)

EUFEMIA

Pur sei vaga, leggiadra vezzosa

che la stella più luminosa

ch'apre in ciel le porte al dì

quando spunta in oriente

sì lucente

non comparì.

ANDRONICO

Tu celebri il mio volto, e pur un guardo

che splende in rozza fronte

l'anima ti rapì.

EUFEMIA

Ah ch'in rustiche spoglie

è un Ercole il mio amor, ma in breve ora?

Tu se' un Onfale imbelle.

ANDRONICO

E se tra questi arnesi

or s'occultasse un Marte,

l'amerebbe il tuo cuor?

EUFEMIA

Chissà?

Che per fiera beltà

non m'impiagasse Amor.

Se di strali v'armato Cupido,

vo' un amante robusto, e guerrier.

Degl'adoni, e narcisi mi rido,

ch'in soavi, e molli sembianti,

formar credono gl'incanti

con un riso lusinghier.

Se di strali v'armato Cupido,

vo' un amante robusto, e guerrier.

BRILLO

Signora, alta signora.

ANDRONICO

E che ricerchi?

BRILLO

Ohimè stanco dal corso

m'abbandona il respiro.

EUFEMIA

Oh ciel che fia,

parla tosto.

BRILLO

Arianna.

EUFEMIA

Augusta?

BRILLO

Sì, tra l'onde.

ANDRONICO

Si scagliò?

BRILLO

No.

EUFEMIA

Fuggì?

BRILLO

Su picciol legno

naufrago, e quasi absorto.

ANDRONICO

Restò scherzo de' venti.

BRILLO

È giunta in porto.

Scena dodicesima

Arianna, gl'antedetti, coro di Damigelle e Paggi.

ARIANNA

Quanto vi deggio o stelle?

Se lottando colla morte,

io spezzai l'aspre ritorte

più non sete ai miei voti empie, e rubelle.

Quanto vi deggio o stelle?

EUFEMIA

Lascia che per la gioia

baci l'augusta destra.

ARIANNA

Eccelsa principessa, io pur ti stringo

con queste braccia al seno.

ANDRONICO

E come il cielo

a noi salva ti rese?

ARIANNA

Amica sorte

per le vie del morir diemmi la vita.

Ad altro tempo

mi riserbo narrar le mie venture

(strane vicende) ora saper vi basti

che di Giustin nel brando oggi s'aduna

d'Arianna il destino, e la fortuna.

EUFEMIA

(S'amante, e del mio sole

l'alba d'ogni mia speme oggi s'imbruna.)

ARIANNA

Guari non è che cesare l'invitto

da tal eroe scortato

le più scelte falangi

guidò contro il tiranno

e 'l novel campione

s'offerse di portarmi a piè del trono

di quel fellon l'altero capo io dono.

Caderà

chi mi fa guerra

fulminato a questo piè,

chi tentar osò mia fé.

Qual Tifeo n'andrà sotterra.

Caderà

chi mi fa guerra.

Scena tredicesima

Eufemia, Andronico.

EUFEMIA

Flavia non ho più core!

Un sospetto amoroso

un pensiero geloso

sferza l'anima mia col suo rigore,

Flavia non ho più core!

ANDRONICO

(Animo or ti risveglia il tempo è questo

di rapir questa cruda, e usar la frode

il mentir per goder sempre fu lode.)

Ove l'Ebro famoso

con labbra di cristallo

bacia l'amiche sponde e in vari giri

forma con piè d'argento

gelidi labirinti all'erbe in seno

ti condurrò nel campo ove 'l tuo vago

dar potrà refrigerio alle tue faci

amor nume guerrier giova agli audaci.

EUFEMIA

E come unqua potrà vergine imbelle

ove serve Bellona, in mezzo all'armi

penetrar fra le squadre?

ANDRONICO

Io per lungo uso

sulle spartane arene

di Minerva trattai l'asta guerriera.

Ardisci pur basta, ch'amor sia teco

non vuol tanti riguardi un dio ch'è cieco.

EUFEMIA

Per mirar del mio sol le vaghe forme

del tuo piede fedel, seguirò l'orme.

Sull'ale d'un sospiro

portami a volo amor

io più non vivo e spiro

se la beltà non miro

che già m'accese il cor.

Sull'ale d'un sospiro

portami a volo amor.

Scena quattordicesima

Andronico.

Or va' Andronico lascia

questi mentiti arnesi:

su rivesti l'acciar getta la gonna,

sai che non sempre lice

ad un guerrier Achil fingersi donna.

Se la bella ch'adoro penando

sola, e ignuda al sen stringerò,

non più lagrimando,

non più tormentando,

quel volto baciando

felice sarò.

Sia ritrosa,

sia sdegnosa,

userò l'arte, e l'inganno

se non saprò goder Amor mio danno.

Scena quindicesima

Campo di guerra, con esercito schierato dai lati. Vedrassi in lontananza l'esercito di Vitaliano.
Anastasio, Giustino, Amanzio seguiti da Squadre romane.
Carro falcato seguito da Battaglioni asiatici.

ANASTASIO

Mie indivise falangi eccoci a fronte

di quel campo superbo

che nulla ha in sé di grande altro che 'l nome

a quelle turbe ignude

trema al par de' vessilli il cor nel petto.

Su struggete

ferite pugnate

quegl'empi atterrate.

Resti 'l fellon tra ferrei ceppi avvinto

già ne' vostri sembianti

leggo le mie vittorie: avete vinto.

Qui vedrassi approssimarsi Vitaliano co' suoi Guerrieri.

GIUSTINO

A guerra a battaglia

all'armi su su;

s'incontri, ed assaglia

quel fiero

ch'altero

osò di por il mondo in servitù.

A guerra a battaglia

all'armi su su.

VITALIANO

A guerra a battaglia

all'armi su su.

GIUSTINO E ANASTASIO

All'armi su su.

GIUSTINO, AMANZIO E VITALIANO

A guerra a battaglia

all'armi su su.

Qui segue la battaglia con vari incontri in forma di ballo restando Vitaliano precipitato dal carro, e prigionier di Giustino.

Atto terzo
Scena prima

Giustino, Vitaliano con ginocchio a terra, e spada alla mano; coro di Soldati. Amanzio che sopraggiunge.

GIUSTINO

Frena l'orgoglio altero

temerario fellon sei prigioniero.

(levando la spada a Vitaliano)

VITALIANO

Non mi vinse il tuo ferro,

mi tradì quella cieca

della cui labil rota

sempre vario è 'l tenor.

GIUSTINO

Domò la tua superbia il mio valore.

AMANZIO

(levando a Vitaliano un cinto di pietre)

Questo gemmato cinto

sarà mia preda.

GIUSTINO

Olà! Tra lacci avvolto

scortate il fier tiranno

d'Augusta al regio piede.

VITALIANO

Io che cinsi il crin d'alloro,

tra catene or porto il piè:

già m'assisi in trono d'oro

or son reso ombra d'un re

così va l'umano orgoglio

lubrico ha 'l seggio, e rovinoso il soglio.

(vien condotto altrove)

GIUSTINO

Scherza, e ride la sorte incostante

coll'ali alle piante

in giro se n' va;

il tutto sconvoglie

dà scettri, li toglie

di Proteo ha 'l sembiante,

fermezza non ha.

Scherza, e ride la sorte incostante

coll'ali alle piante

in giro se n' va.

Scena seconda

Anastasio, Amanzio, coro di Soldati.

ANASTASIO

Già fra monti di stragi omai sconfitto

giace l'empio rubello.

AMANZIO

Signor de' tuoi trionfi

esulta questo cor, ma ch'un bifolco

la vittoria ti usurpi, e Vitaliano

sia trofeo del tuo campo

si dia ad augusta, e a cesare si tolga.

Ah, che Amanzio il tuo fido

soffrir non può; sì, si ben tosto attendi,

mentre uno abbatti, altro involarti il regno.

S'egli mi presta, se colpito ho il segno.

ANASTASIO

A quest'Icaro audace

saprò troncar il volo.

AMANZIO

Quelle figlie del sol gemme lucenti,

ch'al superbo tiranno

formar serto regale offro al tuo crine.

ANASTASIO

(prende le gemme)

O Atlante dell'impero, il don ricevo,

vanne tosto alla reggia, e di Giustino

rintraccia ogni pensiero.

Ahi geloso timor quanto sei fiero!

AMANZIO

Tuoi cenni eseguirò.

Avrò di lince il guardo,

Argo novel sarò.

Scena terza

Anastasio.

E sarà ver, ch'augusta

d'una mano selvaggia

rechi ad onor l'offerte! ai rai del sole

l'aquila sol s'affissa, augel palustre

alla soverchia luce i lumi abbaglia.

Deh che temi cor mio?

Diffidar d'Arianna,

che nutre eccelso spirto in regia gonna?

Tu vaneggi mio cor, ma pure donna.

Non m'uccider gelosia

figlia sei d'amor, ch'è cieco,

e mill'occhi hai sempre teco

per dar pene all'alma mia.

Non m'uccider gelosia.

Scena quarta

Luogo delizioso suburbano a Costantinopoli.
Andronico tentando di sforzar Eufemia, Eufemia, Brillo.

ANDRONICO

Non son donna qual credi.

BRILLO

Fermo indegno guerrier.

ANDRONICO

Vile, indiscreto.

BRILLO

(cade percosso da un piede)

Misero me son morto?

(sorge da terra, e fugge)

ANDRONICO

Con quel labbro, ch'alletta ai baci

il mio cor consola almen

lascia o cara, ch'io tempri mie faci

tra le nevi del morbido sen.

Con quel labbro, ch'alletta ai baci

il mio cor consola almen.

EUFEMIA

Spargi i tuoi voti al vento.

Puoi languire,

morire,

e penar,

non mi placa il tuo cordoglio,

porto un'anima di scoglio

son di selce al sospirar.

Puoi languire,

morire,

e penar.

ANDRONICO

Otterrò a tuo dispetto

di questo sen la palma.

EUFEMIA

S'hai di Tarquinio, ho di Lucrezia l'alma.

Scena quinta

Giustino, Brillo, gl'antedetti, coro di Soldati.

BRILLO

Alto campion sottraggi

dagl'insulti d'un empio

la germana d'augusto.

GIUSTINO

Eccomi all'opra,

tosto cadrai svenato.

(afferrando per un braccio Andronico)

ANDRONICO

Son vinto.

GIUSTINO

Io non permetto

sull'altar del mio sdegno

offrir ostia sì vile: olà traete

a Bisanzio costui!

BRILLO

Con triplicate funi

stringete quel superbo,

di far le mie vendette io mi riserbo.

(parte col prigioniero Andronico)

Scena sesta

Eufemia, Giustino.

EUFEMIA

O come a sì gran d'uopo

tu m'arrechi signor pietosa aita.

Difensor del mio onore, e di mia vita.

GIUSTINO

Sin che rotino i cieli,

fia di Giustino 'l brando

riparo all'innocenza

e chi è colui, che temerario ardì

profanar il tuo sen?

EUFEMIA

Nobil donzella

si finse pria, poscia vestì l'acciaro:

a te nel campo

di condurmi promise, indi infedele

tentò la forza il rapitor crudele.

GIUSTINO

Bella mia, dunque ver me

sì costante è la tua fé?

EUFEMIA

Sin ch'intorno al polo amato

l'orsa in ciel s'aggirerà,

questo cor per te piagato

le tue luci adorerà.

GIUSTINO

(Ahi di sì bel sembiante

quando meno credei, divenni amante.)

Sin che cinto d'aureo lume

Febo in ciel splender vedrò,

del tuo volto o mio bel nume

idolatra ognor sarò.

Insieme

EUFEMIA

Pur ch'il foco, ond'io m'infiammo

nel tuo sen non fia mai spento.

Mi sia grato il penar, caro il tormento.

GIUSTINO

Pur ch'il foco, ond'io m'infiammo

nel tuo cor non fia mai spento.

Mi sia dolce il languir, caro il tormento.

Scena settima

Deliziosa con torre da un lato.
Arianna, Erasto, Vitaliano, coro di Dame, e Soldati con spoglie, ed insegne nemiche.

ARIANNA

Grazie, ed amori scherzatemi intorno,

vezzi, e diletti volatemi in sen.

Sacro al genio è questo giorno,

fra quei della mia vita il più seren.

Grazie, ed amori scherzatemi intorno,

vezzi, e diletti volatemi in sen.

ERASTO

Giustin in quel novo Marte

per cui cesare vanta ampi trionfi

al tuo piede regal depresso, e vinto

manda 'l fiero tiran tra ceppi avvinto.

ARIANNA

Di Giustino la spada

scesa dal cielo a fulminar giganti.

(verso di Vitaliano)

Pur cadesti superbo, un punto alfine

sa partorir per gl'empi alte rovine.

VITALIANO

Restai pria, che dell'armi

preda de' tuoi bei lumi.

ARIANNA

Di cesare al trionfo

riserbate 'l fellon, e sia frattanto

entro a profonda torre

alla stessa miseria orrido scherno.

ERASTO

S'inabissi tra l'ombre alma d'inferno.

VITALIANO

Un guardo di quegl'occhi

bella non mi negar,

poi morte il dardo scocchi

non curo fra tormenti

quest'anima spirar.

Un guardo di quegl'occhi

bella non mi negar.

(vien condotto entro la torre)

Scena ottava

Anastasio, Arianna, Amanzio, molti Capitani, e Soldati.

ANASTASIO

Sfavillante di gioia

rida 'l brio nel tuo volto.

ARIANNA

Pur ricco di trofei, di palme onusto

ti stringo al seno o sospirato Augusto.

ANASTASIO

Dell'empio Vitalian vinto è l'orgoglio.

ARIANNA

Per opra di Giustino,

pur alfin mi formò scabello al soglio.

ANASTASIO

Molto deggio al suo brando

ARIANNA

Merta corone il suo valor sovrano.

AMANZIO

(Non è degno d'onor ferro villano.)

ANASTASIO

Queste fulgide gemme

trofeo del mio valor spoglie di guerra

a tua beltà consacro.

ARIANNA

(prendendo il cinto gemmato)

A luce così rara il pregio cede

quella perla famosa.

Che già in prodiga cena offerse in dono

l'egizia donna al cavalier latino.

Ma che fia di Giustin la di cui destra

colse fasci di palme alla tua fronte?

ANASTASIO

(verso di Arianna)

Tanto ha in pregio costui?

AMANZIO

Cotanto l'ama.

ANASTASIO

Vo', che meco egli segga

sul carro trionfale.

AMANZIO

(Perché la sua caduta

gli rassembri più grave e più mortale.)

ANASTASIO

Parto, de' miei trofei

a preparar le pompe.

Bella moro per te,

per te languisce il cor,

in premio di mia fé

non chieggo altra mercé,

ch'un puro ardor.

Bella moro per te,

per te languisce il cor.

Scena nona

Giustino, Eufemia, Andronico incatenato, Brillo, coro di Soldati, Arianna.

GIUSTINO

Si raddoppin gl'allori al mio crine

due tiranni

co' lor danni

provaro dal mio acciar scempi, e rovine.

Si raddoppin gl'allori al mio crine.

ARIANNA

Fatal guerriero, il cui famoso brando

merta non men, che di Perseo la spada

esser cinta di stelle! O quanto ammiro

il tuo valor altero,

or che ne' tuoi trionfi

aggiungi nove glorie al nostro impero.

EUFEMIA

Costui, ch'è fra catene

Flavia non è, ma perfido, e spietato

ch'ardì tentar la mia onestà; Giustino

represse 'l suo furor.

ANDRONICO

Merta pietade

la mia fede, il mio amor, mia verde etade.

EUFEMIA

Chi ardì tradir regia fanciulla, or mora.

ARIANNA

Al monarca del mondo

tal giudizio riservo,

stia frattanto fra lacci, e schiavo, e servo.

(vien condotto altrove)

EUFEMIA

Mio cor all'armi

vendetta io vo'.

Farò scempio

di quell'empio,

ch'il mio labbro profanò.

Mio cor all'armi,

vendetta io vo'.

Scena decima

Giustino, Arianna, Amanzio in disparte.

GIUSTINO

Ti lascio eccelsa augusta,

volgo a cesare il piede.

ARIANNA

Sian queste rare gemme

del tuo merto sublime alta mercede.

AMANZIO

(D'una donna regal questa è la fede!)

GIUSTINO

(prendendo il cinto gemmato)

Tra le gemme di questo cinto

il mio cor legato sta.

Se tua regia bontà m'avvinto

serva l'alma per te sarà.

AMANZIO

(Tra gemmata catena

vo' che perda il fellon la libertà.)

(parte)

ARIANNA

Anastasio mia vita? A te mi porta

a volo amor sulle dorate piume

ricevimi nel seno o mio bel nume.

Così cara è quella face,

che mi strugge a poco a poco,

che il mio cor benché si sface

si ravviva in sì bel foco.

Così cara è quella face,

che mi strugge a poco a poco.

Scena undicesima

Vitaliano, Andronico, sopra di una torre.

VITALIANO

Andronico tu piangi! Animo core

ci vuol entro i perigli,

sono i più arditi gl'ottimi consigli

questo lacero lino al forte braccio

servirà di sostegno;

ardisci! Un punto solo

può darci in un la libertade, e 'l regno.

ANDRONICO

L'orme tue seguirò.

VITALIANO

Lunge il timor, ne vada

con questo piè ti segnerò la strada.

(si cala giù dalla torre)

ANDRONICO

Fortuna, e Amore assistimi tu

deh permetti o dio di Gnido,

che un amante così fido

tragga 'l piè di schiavitù,

Fortuna, e Amore assistimi tu.

(scende a terra)

VITALIANO

Udì 'l cielo i tuoi voti.

Su tosto il passo affretta.

Insieme

ANDRONICO

Allo scampo, alla vendetta.

VITALIANO

Alla fuga, alla vendetta.

VITALIANO

Fuggo dalle catene,

ma porto i lacci al cor;

disciolto vivo in pene

sento più rio dolor.

Fuggo dalle catene,

ma porto i lacci al cor.

Scena dodicesima

Anastasio, Amanzio, Giustino che sopravviene, Guardie.

ANASTASIO

E sarà ver ch'alla mia fede infida

osasse l'empia Augusta il raro cinto

offrir ad altri in dono?

AMANZIO

Pegno d'amor al fier Giustin lo porse.

ANASTASIO

Vendicarmi saprò, ch'umil vapore

invan pretende entro all'eterea mole

di farsi stella, e gareggiar col sole;

ed ecco appunto il traditor se n' viene.

AMANZIO

(Sulla caduta sua sorge mia speme.)

GIUSTINO

(che sopravviene)

Cesare tu vincesti, e s'altro manca

più da vincer in terra,

sin che vive Giustino armati in guerra.

ANASTASIO

Dal tuo brando fatale

riconosco i trionfi

ma qual pregiato cinto

splende al braccio guerriero?

GIUSTINO

(Or che dirò! Per togliere i sospetti

simulerò.) Di questa destra invitta

fra le spoglie del campo

ei fu lucida preda.

ANASTASIO

Io giurerei

che gemme così rare

del mar candide figlie

fosser tesor dell'eritree conchiglie.

GIUSTINO

Sire a te le consacro.

ANASTASIO

(ricevendo il cinto)

Di campion così forte

compenserò il valor, (ma con la morte.)

Vanne, che meco assiso

vo', ch'il mondo t'ammiri

in pompa trionfale.

AMANZIO

Sarà il carro a costui barca letale.

(parte)

GIUSTINO

Sin che de l'orbe il freno

tua destra reggerà:

sin, ch'al tuo regio seno

l'ostro risplenderà.

A pro dell'impero

mio braccio guerriero

per te pugnerà.

(parte)

Scena tredicesima

Arianna, Anastasio, Brillo.

BRILLO

Sire, augusta ver te volge le piante.

ANDRONICO

Ecco l'infida! O dèi come ha raccolto

un inferno nel seno, un ciel nel volto.

ARIANNA

Mio bel sole, idolo mio

dolce fiamma di questo cor,

dal tuo sen deh sgombra, o dio

ogni nube di rio dolor.

Mio bel sole, idolo mio

dolce fiamma di questo cor.

ANASTASIO

Soggiace ognor di mille cure al pondo

chi sostiene l'impero, e regge il mondo.

Ma del cinto gemmato,

perché, o bella non fregi 'l sen di neve?

ARIANNA

Che saprò dir! Ogni ombra

vo' sgombrar del suo cor; mentre miravo

colà nel sen di Teti

scherzar i muti armenti

cadé sire il tuo dono in grembo all'onde.

ANDRONICO

Tu mi deridi!

ARIANNA

Io dileggiar Augusto

giuro per la tua vita

ch'il flutto lo rapì.

ANDRONICO

Taci spergiura,

questo è 'l cinto, ah infedel tu resti esangue,

i falli tuoi saprò lavar col sangue.

(vuol partir sdegnato)

ARIANNA

(trattenendo cesare per il manto)

Ah cesare! Ah signor! Mio re! Mio nume!

Odi le mie discolpe.

(s'inginocchia)

ANASTASIO

Tanto ardir impudica!

Levati omai dal mio regal aspetto,

indegna del mio trono, e del mio letto!

(la fa cader a terra, e parte)

ARIANNA

Così crudel mi lasci?

Così giudice ingiusto or mi condanni?

In così gravi affanni,

in così gran martir, chi mi conforta,

s'Anastasio mi lascia, o dio son morta:

ma che fare più meco

s'ho perduto l'impero ostri reali!

Ite lungi da me pompe fatali.

(getta lo scettro, il manto, e la corona)

Consola Cupido,

quest'alma che pena.

Bel nume d'Amore

dà pace al mio core,

che vive in catena.

Consola Cupido,

quest'alma che pena.

(parte)

Scena quattordicesima

Giustino, Erasto, con Guardie, Augusto che sopravviene.

GIUSTINO

Quai portenti rimiro? Al suolo infranti

veggo scettri, e diademi, ah son pur queste

della sublime augusta

le regie spoglie! Oh quanto son fallaci

della sorte i contenti

han sembianze di gioie, e son tormenti.

ERASTO

Olà deponi 'l brando!

GIUSTINO

Questa spada famosa,

che di barbaro sangue è ancor fumante

unqua non deporrò fin ch'avrò core...

ANASTASIO

(che sopraggiunge)

Lascia tosto quel ferro o traditore.

GIUSTINO

(deponendo il brando al piede di cesare)

Mio imperator ecco al cesareo piede

il fido acciar! Eccoti 'l petto ignudo:

io che l'Asia domai

io ch'il cadente, e vacillante impero

più volte assicurai col mio valore

io fellone, io nemico, io traditore?

Cesare! Gran monarca? E non rispondi?

Narrami e in che t'offesi?

Scoprimi almeno il tuo regal sembiante?

Mirami supplicante,

e se mai col pensiero

offesi 'l tuo decoro,

svenami di tua man contento io moro.

ANASTASIO

Al carnefice infame

destinata è tal opra? Ite miei fidi

paghi cogl'occhi il già commesso errore

chi fe' sua scorta un troppo cieco amore?

(parte adirato)

Scena quindicesima

Erasto, Giustino, coro di Guardie.

GIUSTINO

E mi fugge, e non m'ode il fier tiranno!

Così in perpetua notte

dovrò restar sepolto,

perch'aquila amorosa

affisai le pupille al sol d'un volto.

Eufemia idolo amato

scopri 'l volto adorato

dona un breve ristoro a' miei martiri

fa' che morendo in que' begl'occhi io spiri.

(vien condotto altrove)

Scena sedicesima

Amanzio, Erasto.

AMANZIO

Erasto?

ERASTO

Alto campione.

AMANZIO

A non volgar impresa

chiamo il tuo cor.

ERASTO

Disponi

del mio acciar, di mia fé.

AMANZIO

La dèa ch'è cieca

dall'aggirante rota

precipitò Giustino.

Tolto sì gran sostegno al greco impero

agevole mi sia de' sacri allori

coronarmi la fronte.

ERASTO

Anima grande

sempre all'altezze aspira; ovunque 'l chiedi

adunerò a' tuoi cenni armi, e guerrieri.

AMANZIO

La forza, e l'ingegno

donar mi può 'l regno

ch'all'uom che di valore ha 'l petto armato

offre a Giove i diademi, e servo il fato.

Scena diciassettesima

Montuosa con tronchi d'alberi dai lati.
Giustino tra le Guardie.

GIUSTINO

Sono questi o Fortuna

i promessi tesori!

Sono questi gli allori,

che la tua mano alle mie tempie aduna

i promessi tesori

sono questi o fortuna!

Ma a chi parli mia lingua? E chi rampogni?

Fur le speranze mie sol ombre, e sogni?

Qui il cielo si copre ad un tratto di turbini con folgori scoccando fulmini, da' quali resta aperta una parte del monte, che formerà un'ampia caverna, nel mezzo della quale vedrassi 'l sepolcro del padre di Vitaliano, con molte lampade sepolcrali d'intorno.

GIUSTINO

Or tra folgori accesi

sembra, ch'il mondo avvampi.

Per me combatte il ciel, libero, e sciolto

mie vendette farò.

Qui leva il ferro ad un Soldato fugando li Custodi, che difendendosi, lo feriscono lievemente in un braccio.

GIUSTINO

Trofeo di questa destra

foste o turbe codarde.

Ma sento il piè tremante, e mortal ombra

or le mie luci ingombra;

chi mi porge ristoro

cado o stelle trafitto, io manco, io moro.

(cade svenuto sopra d'un sasso, per lo spargimento del sangue)

Scena diciottesima

Vitaliano, ch'esce dalla grotta, Ombra del padre di Vitaliano, ch'esce dal sepolcro, Giustino svenuto.

VITALIANO

Da queste orrende grotte

mio asilo tenebroso, ove non osa

portar esule il sole i rai del giorno,

qual fragor bellicoso odo d'intorno!

Ma, che scorgo mie luci, e non è questi

colui, che là nel campo

di catene m'avvinse! Il cielo irato

l'offre in vittima forse al mio furore.

Sì, sì, vo' che dal sonno

passi tosto alla morte.

(leva da terra la spada di Giustino)

Ma qual ignota forza

mi rapisce l'ardir? L'ira sospende?

OMBRA

(ch'esce dal sepolcro)

Frena l'acciar! Contro 'l fraterno sangue

vibri 'l colpo letal, salva un guerriero,

che solo ti può dar vita, ed impero.

(l'ombra sparisce)

VITALIANO

Dall'urna sepolcral quai voci ascolto!

Mio germano è costui, forse fia quegli

di cui sovente il genitor narrommi,

che sul veloce Eufrate

gl'involasse una tigre entro la cuna.

Ma s'egli è di mia stirpe

lo scoprirò alla stella,

che con pallida luce

de Vitalian illustri

splende nel lato manco.

(lo guarda)

Ah, ch'egli è d'esso.

Ma dalla piaga versa l'anima fuggitiva!

Or con succhi possenti

sanerò la ferita, e già sul labbro

par che rieda lo spirto.

GIUSTINO

O ciel, respiro!

E chi sei tu, che del mio mal pietoso

il già reciso stame

Lachesi sforzi a raggruppar sul fuso?

VITALIANO

Vitaliano son io

tuo nemico già tempo, or tuo germano.

GIUSTINO

Che ascolto o dèi, di così nobil pianta

io son tralcio sublime!

VITALIANO

Con portento improvviso

i tuoi natali or pubblicommi 'l cielo,

ma chi è costui, che sembra

aver l'ali alle piante?

Scena diciannovesima

Brillo, Eufemia, gl'antedetti, Andronico che sopraggiunge.

BRILLO

Misero, ove m'ascondo?

Ohimè! Per lo timore

l'anima ho già sbarcata all'altro mondo.

EUFEMIA

Fuggiam da questa reggia

resa omai d'empietà tragica scena;

morì Giustino, augusta

prigioniera restò, cesare stesso

cinto è da vil catena, Amanzio ascese

al tirannico soglio, o come vola

di fortuna 'l favore, al par de' venti,

e ogni stato mortal cangia a momenti.

GIUSTINO

Cessin bella i singulti?

Sin che vivrà Giustino, e Vitaliano

saran della tua reggia alto sostegno.

EUFEMIA

Ed è ver, che tu spiri, o mio tesoro!

Fra le tue braccia or le tue sventure adoro.

ANDRONICO

(che sopraggiunge in disparte)

Quai portenti rimiro in un raccolti!

VITALIANO

Su pronte alla grand'opra

si radunin le schiere.

GIUSTINO

S'incida il nostro nome in bronzi, e in marmi.

ANDRONICO, VITALIANO E GIUSTINO

Alla guerra, alle stragi, al ferro, all'armi.

Scena ventesima

Andronico.

Dèa, che sei nuda, e cieca, io non intendo

della tua rota i giri.

Eufemia con Giustino,

Giustin con Vitaliano, e quando mai

unì fra lor sì gran nemici il fato?

L'orme sue seguirò,

più non vo' lagrimar, per chi è infedele.

Non merta in voto il cor beltà crudele.

Non l'intende in amor chi vuol penar.

Sin ch'ho mercede

conservo fede,

mai non spero gioir col sospirar.

Non l'intende in amor chi vuol penar.

Scena ventunesima

Stanza imperiale.
Anastasio, Arianna incatenati, Amanzio, Erasto, coro di Soldati romani.

ANASTASIO

E dove mi traete empi inumani?

AMANZIO

A quell'acerba pena,

che si deve a un tiranno.

ARIANNA

A te si deve

il toro d'Agrigento,

o di Scinni il tormento.

AMANZIO

Altera donna

chiudi quel labbro, al temerario ardire

saprò troncar le lingua, ite, eseguite.

(s'ode suono di tromba)

Scena ventiduesima

Erasto, Giustino, Vitaliano, Eufemia, gl'antedetti.

ERASTO

(verso d'Amanzio)

Ah mio signor.

AMANZIO

Ch'apporti?

ERASTO

Stragi, ruine, e morti: al fier Giustino

con torrente d'armati

or questa reggia inonda.

AMANZIO

(vedendo a comparir Giustino)

Ove fuggo, e m'ascondo? Io non ho scampo.

ARIANNA

Il tuo fasto o fellon sparì qual lampo.

GIUSTINO

Olà tra ferrei ceppi

quel perfido s'annodi, e sia quell'empio

della plebe più vil misero scempio.

(Amanzio vien condotto altrove)

E tu cesare invitto

verso d'un innocente

volgi meno sdegnoso il guardo altero.

ANASTASIO

Mi tradì l'altrui frode alto guerriero.

ARIANNA

(inginocchiata)

Ecco sire al tuo piede

la tua fida consorte.

ANASTASIO

Non più, sorgi o mia diva.

Fu mio l'error, l'anima mia fu rea,

creder macchie nel sol non si dovea.

GIUSTINO

Signor, se vile intercessor non sono

concedi alto monarca

al fratel Vitaliano

Andronico al german pace, e perdono.

ANASTASIO

Tu di sangue sì illustre?

Ah, ch'alle imprese eccelse, all'alma invitta

tralucea la gran stirpe.

Sia destin ciò che brami, eleggo, e voglio

tra cesari Giustin compagno al soglio.

E per dar al tuo merto

della fede regal pegno maggiore

vo', ch d'Eufemia al seno

con catena immortal ti leghi amore.

Olà, dove s'innalza

anfiteatro altero, al novo Marte

si preparin gl'allori.

Or tu mia bella augusta

al sospirato sposo

porgi la bianca destra.

Non più truci tiranni

per te nel cor avrò.

Dolci mi sian gl'affanni

s'alfin t'abbraccerò.

Non più truci tiranni

per te nel cor avrò.

ARIANNA

Pur dopo tante pene

al sen ti stringerò,

teco l'ore serene

alfin io goderò.

Pur dopo tante pene

al sen ti stringerò.

(partono)

GIUSTINO

Pur ci unisce il destino.

Insieme

EUFEMIA

Son tua mio sol, mia vita,

mercé del dio d'amor.

Nel rogo de' tuoi guardi

reso è farfalla il cor.

Son tua mio sol, mia vita,

mercé del dio d'amor.

GIUSTINO

Son tuo mio sol, mia vita,

mercé del dio d'amor.

Al lume de' tuoi guardi

reso è fenice il cor.

Son tuo mio sol, mia vita,

mercé del dio d'amor.

Scena ventitreesima

Brillo, Andronico.

BRILLO

Dell'Ercole di Roma

tu sei german, deh lascia

ch'io ti baci le piante,

cinto d'ostro regale

vedrassi fra trionfi

questo novello Marte.

ANDRONICO

Anch'io sarò delle sue glorie a parte.

Sia d'Eufemia Giustino,

più non vo' sospirar per un sembiante,

non v'è pena maggior ch'esser amante.

Ch'il dolce vuol provar

di quella dèa, ch'in mar

ebbe la cuna,

porti mille negl'occhi, e al cor nessuna.

Scena ultima

Anfiteatro, nel quale si apre l'Olimpo, e comparisce la Gloria, col tempio dell'Eternità.
Anastasio, Giustino coronati di alloro, coro di Soldati, e di Popolo.

GLORIA

Io che la Gloria sono, e alle grand'alme

serbo premio immortale,

offro al crin di Giustin serto reale.

Le sue glorie,

sue vittorie

porterò sin dove suole

aver la tomba, e aver la cuna il sole.

ETERNITÀ

Ed io, che pria del tempo, e pria del cielo

sempre fui, non mai nata, e di mia luce

formo fra eterni lampi il trono a Giove,

or del livore a scherno

renderò di Giustino il nome eterno.

ANASTASIO

Sì, sì all'uno, e all'altro polo

spieghi il vol l'occhiuta diva.

GLORIA, ETERNITÀ E ANASTASIO

Viva Giustino, evviva.

GIUSTINO

Con aura sonora

dia fiato alle trombe

la fama canora,

il cielo rimbombe

d'applauso giocondo;

da Giustino apprende il mondo,

ch'a virtù l'onor succede,

e della gloria è solo il merto erede.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ventesima Scena ventunesima Scena ventiduesima Scena ventitreesima Scena ultima