GIUSTINO
Melodramma.
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Libretto di Nicolò BEREGAN.
Musica di Giovanni LEGRENZI.
Prima esecuzione: 12 febbraio 1683, Venezia.
Interlocutori:
ANASTASIO imperatore sposo di Arianna |
soprano |
ARIANNA imperatrice sposa d'Anastasio |
soprano |
GIUSTINO bifolco poscia coronato imperatore |
soprano |
EUFEMIA suora dell'imperatore Anastasio amante di Giustino |
soprano |
VITALIANO tiranno dell'Asia minore amante d'Arianna |
contralto |
ANDRONICO fratello di Vitaliano amante d'Eufemia |
soprano |
AMANZIO generale dell'imperatore Anastasio |
tenore |
POLIMANTE capitano di Vitaliano |
basso |
ERASTO capitano, e confidente d'Amanzio |
basso |
BRILLO servo d'Eufemia |
basso |
OMBRA di Vitaliano seniore, padre di Vitaliano, di Giustino, e di Andronico |
basso |
Personaggi in macchina | |
ATLANTE |
basso |
IMENEO |
altro |
FORTUNA |
soprano |
ALLEGREZZA |
soprano |
GLORIA |
soprano |
ETERNITÀ |
contralto |
Serenissima altezza
Nella reggia Farnese mai non giunsero forestiere le muse; quando sotto l'ombra degl'allori de' Ranucci degl'Odoardi, e degl'Alessandri si ricoverarono in ogni secolo i cigni più famosi d'Europa. L'eroiche gesta d'un cesare non doveano dedicarsi ch'ad un eroe al lampo della cui spada vide il lusitano più che per l'oro impallidirsi 'l patrio Tago per lo timore; le di cui ammirabili azioni lo fecero più volte conoscere, e ne' gabinetti per un Mercurio all'ingegno, e ne' campi di guerra per un Marte al valore. Felicissima perciò devesi chiamare questa serenissima, e sempre augusta repubblica, mentre assistita dal brando di v. a. può dirsi con verità di sedere appoggiata a più d'un leone.
Consacro per tanto all'a. v. questo parto di nobilissima penna i di cui voli per le molte sue composizioni, e dell'ANNIBALE, e del TITO, del GENSERICO, dell'ERACLIO, e dell'OTTAVIANO già son noti alla fama. Offro il presente melodramma all'a. v. s. che porta al par del nome la magnanimità d'ALESSANDRO, che se quello per pochi versi donò a Cherillo una città in guiderdone, onorato io della protezione di v. a. s. potrò vantarmi d'aver ottenuto un mondo di grazie: e qui mi rassegno
di v. a. sereniss.
umiliss. devotiss. obbligatiss. serv.
Francesco Nicolini
Argomento
Estinto l'imperatore Zenone fu dall'imperatrice Arianna vedova destinato alle sue nozze Anastasio, ed innalzato al trono de' cesari. A tal nuova ribellatosi Vitaliano, sollevata l'Asia minore, e rotti i romani eserciti, s'approssimò trionfante a Costantinopoli.
Volle il cielo, che il traballante impero per la destra d'un bifolco ritrovasse la sicurezza, poiché Giustino lasciato l'aratro, colse ne campi di Marte palme s'illustri, che meritò d'esser coronato d'augusto alloro nel soglio. Sopra questa celebre istoria si è formata la protesi, l'epitesi, e la catastrofe del MELODRAMMA presente, che tra sceniche peripezie viene intitolato il GIUSTINO.
Lo stampatore a chi legge
Il compositore del presente melodramma ha scritto per genii nobili aborrendo far comparire le muse, che sono vergini mascherate da taidi, e da frini sovra i teatri, contro il decoro dovuto ad una azione inventata da saggi, per freno de' vizi, e per eccitamento alla virtù, vivi felice.
Scene, macchine e apparenze
- Scene dell'atto primo
Piazza imperiale con macchine per l'incoronazione dell'imperatore Anastasio con Arianna.
Campagna con viti, e alberi che si tramuta in un tesoro.
Tesoro.
Appartamenti d'Eufemia.
- Scene dell'atto secondo
Scogli dirupati con capanna sopra il mare agitato da venti.
Giardino con fontane.
Campo di guerra.
- Scene dell'atto terzo
Deliziosa con torre.
Monte, che si spezza da un fulmine, ove comparisce vasta caverna illuminata da faci sepolcrali con tomba di Vitaliano seniore.
Stanze imperiali.
Anfiteatro col tempio dell'Eternità.
- Macchine ed apparenze dell'atto primo
Atlante, che passeggia la scena col mondo sul dorso che spezzato si trasforma nella reggia di Venere.
Reggia di Venere corteggiata dalle Grazie, e dagl'Amori, e da molte Deitadi
Imeneo, che viene portato a volo da due amorini.
Il Sole che nasce.
Aratro tirato da bovi che si spezza.
La Fortuna sopra la ruota, che gira.
Mostro Selvaggio che vien sbranato.
Elefante carico di genti da guerra.
Carro dell'allegrezza che guida il ballo.
- Dell'atto secondo
Mare tempestoso con armata navale che scorre naufragio.
Nave reale che combattuta dall'onde si rompe ad uno scoglio.
Dragone marino ch'esce dal mare, e combatte.
Torre dalla sommità della quale precipitano due prigionieri.
Carro falcato tirato da cavalli carico di guerrieri, che si travolge.
- Dell'atto terzo
Ombra ch'esce da un sepolcro.
Il tempio dell'Eternità con la Gloria.
Piazza imperiale con macchine per l'incoronazione, e sponsali dell'imperatore Anastasio, e imperatrice Arianna, la quale sopra maestoso trono dona il diadema imperiale ad Anastasio.
Anastasio, Arianna, coro de' Principi, Capitani, e Guardie.
ARIANNA
O sol che non mai stanco
sull'infiammato carro
i secoli giranti a noi ritorni.
Gran monarca degl'astri, e re de' giorni,
spargi di miglior luce il crin, ch'è d'oro:
splenda per man dell'alba, oltre l'usato
ricomposta con ordine più vago
de' tuoi corsier la sfavillante chioma,
or, che di sacro allor l'augusta fronte
cinge a' cesari suoi la nova Roma.
Il diadema, ch'al crin ti stringo
più che serto è un dono d'amor,
io d'allori le tempie ti cingo,
tu fra lacci annodi il mio cor.
Il diadema, ch'al crin ti stringo
più che serto è un dono d'amor.
ANASTASIO
Da questa man, ch'al mio destin dà legge
prendo dell'orbe il freno
ma più vale un sol fil del tuo crin biondo,
che l'impero di Roma, anzi del mondo.
Sei sì bella, che non v'è
astro in ciel eguale a te.
S'a quest'alma, che t'adora
tu comparti un guardo sol,
a quell'occhio, ch'innamora
cede l'alba, e cede 'l sol.
Uscirà in questo punto un vasto Gigante con un globo sul dorso in forma d'Atlante cantando in tal guisa.
ATLANTE
Qui dal più adusto, ed abbronzato clima
ove l'Africa vasta
tutta di brun colore al vicin raggio
del pianeta maggior si tinge il volto,
ecco 'l famoso Atlante,
che figlio della terra alto gigante
fa sostegno col dorso al ciel cadente.
Ed or perché sia noto
l'ossequio suo profondo
ei v'offre umile in vassallaggio il mondo.
Qui si spezza il globo in più parti, comparendo la reggia di Venere corteggiata dalle Grazie, dal Canto, dal Riso, dal Diletto, dal Giubilo, dal Brio, e da un coro d'Amori volanti; impone Venere ad Imeneo, che scenda a servir di pronubo agl'augusti sponsali, cantando ciò che segue.
IMENEO
Brilli 'l sol, rida ogni stella
splenda in cielo il dì beato;
or, ch'a sposa così bella
grand'eroe t'unisce il fato.
Brilli 'l sol, rida ogni stella.
O della vaga Urania alato figlio,
tu che di casta fiamma i cori accendi,
pronubo ai gran sponsali
scendi Imeneo, deh scendi.
Con catene di rose, e di gigli
colti in seno all'indica Aurora,
lega l'alme, e 'l letto infiora.
Qui Imeneo portato a volo da quattro Amorini sparge 'l suolo di rose, indi spiegando l'ale spariscono.
Amanzio con spada alla mano seguìto da Squadre. Gl'antedetti.
AMANZIO
Ah mio sovrano augusto, or, che di sangue
fumano le campagne, e d'ossa sparse
va seminato il suol, che fai? Che pensi?
Già 'l Bosforo è in catena, e se più tardi
vedrai per man di Vitaliano audace
Bisanzio imprigionato, ah non sia vero,
che mentre langue il vacillante impero,
ad Anastasio 'l forte,
fra dolci guerre, ed amorose paci,
sia campo 'l letto, e sian le trombe i baci.
ARIANNA
(scendendo dal trono)
Qual furibonda erinni,
sparsa d'angui funesti
uscì di Stige a perturbar mie gioie?
ANASTASIO
Non torpe questo brando, e quel fellone
ch'ardì spiegare al vento
l'aquile contumaci
contro 'l Giove romano,
fulminato cadrà da questa mano.
Al girar di questa spada
fia che l'empio estinto cada,
e del busto il capo scemo,
dia quest'Idra rinascente
sull'arene di Tracia il guizzo estremo.
ARIANNA
Idolo mio adorato
dunque andrai fra le stragi?
E doverà delle mie nozze il giorno
funestarsi col sangue?
Non partirai no no
vo' incatenarti al sen,
se mi lasci io vengo men,
se tu parti io morirò.
Vo' incatenarti al sen
non partirai no no.
ANASTASIO
Rasserena 'l bel ciglio
il primo dì, che mi conduce al soglio
illustre far co' mie vittorie io voglio.
Ma chi è costui ch'in abito sì strano
comparisce d'augusto al regio aspetto?
AMANZIO
Alla discinta veste al portamento,
del barbaro nemico
rassembra un messaggero, olà? Che chiedi?
Polimante. Gl'antedetti.
POLIMANTE
Vitaliano il di cui nome vola
oltre gl'erculei segni, alla cui spada
treman dell'Asia, e dell'Europa i regni
offre l'armi depor, darti la pace,
se la bella Arianna
al suo letto regal ceder non sdegni.
ARIANNA
O dèi ch'ascolto!
ANASTASIO
Riedi tosto al fellon, e di' a quell'empio,
ch'un uom della Bitinia, un vil pirata
non è degno d'Augusta esangue al suolo
mirerò quel superbo, e sull'arena
mi pagherà del folle ardir la pena.
POLIMANTE
Il tuo fasto andrà sotterra,
chi la pace ricusa avrà la guerra.
ANASTASIO
Arianna mio nume,
cinto di ferrea spoglia, allor, ch'il sole
poserà a Teti in seno
fra i silenzi notturni
uscirò con mie squadre armato in campo.
Degl'acciar latini
non soffriran l'avverse squadre il lampo.
Un tuo guardo
più ch'il dardo
la vittoria mi può dar.
Se quegl'occhi sì vivaci
or m'apprestano le faci,
saprò il mondo fulminar.
Un tuo guardo
più ch'il dardo
la vittoria mi può dar.
(vuol partire)
ARIANNA
(trattenendo)
Ferma! Lascia, che teco
cinta di fiero usbergo
io ti segua fra l'armi.
Senza te mio ben, mia vita
il mio cor viver non sa;
già farfalla incenerita,
son ai rai di tua beltà.
Senza te mio ben, mia vita
il mio cor viver non sa.
ANASTASIO
T'arresta o cara, ah troppo,
se de' tuoi vaghi lumi
folgorasse tra l'armi un guardo arciero,
quel superbo fellon n'andrebbe altero.
Ti lascio l'alma in pegno
bella se parte il piè,
della mia fiamma in segno
ti sacro la mia fé.
Ti lascio l'alma in pegno
bella se parte il piè.
(parte)
Arianna, Amanzio, coro di Damigelle, e Soldati di guardia.
ARIANNA
Amanzio.
AMANZIO
Alta regina!
ARIANNA
Allor che d'atre bende
sparsa la nera fronte
vedrassi in ciel la notte
schierar d'intorno eserciti di stelle,
fra militari arnesi ascosa ad arte
voglio nel campo ostil se mi sei scorta
seguir Venere armata il mio bel Marte.
AMANZIO
Entro ad oscura nube
mal può celarsi 'l sole; e mal s'adatta
a sì tenero seno il duro incarco
dell'usbergo pesante.
ARIANNA
Sembran dolci le pene a un cor amante,
ma qual beltà di cielo
mi balena sugl'occhi!
AMANZIO
Entro a quei lumi
per far piaga maggiore
tutti gli strali suoi nascose Amore.
Andronico in abito di donzella sotto nome di Flavia. Gl'antedetti.
ANDRONICO
Bella Giuno terrena, il di cui scettro
dà legge al mondo, or ch'il mio cor prostrato
bacia le regie piante,
preserva eccelsa augusta
una vergine afflitta, e lagrimante.
AMANZIO
Non vide il sol quaggiù più bel sembiante.
ARIANNA
Sorgi, chi sei! Che chiedi?
ANDRONICO
Flavia son io figlia a Costanzo il grande,
che lungo tempo di Cilicia il regno
per l'impero sostenne, egli s'oppose
di Vitaliano all'armi, e sull'Oronte
sul Sangario, sul Cidno, e sul Meandro
spesso fugò le ribellanti insegne.
Del perfido fellone
prevalse alfin la sorte, e fra mill'aste
cadé trafitto il genitor pugnando.
Io dell'empio tiranno
resto preda infelice, arde al mio volto,
egli prega, io l'aborro,
tenta l'inganno, usa la forza, io fuggo;
da una torre mi lancio, a questa reggia
volgo il piè, drizzo i voti,
ed or che umil la maestà latina
nel tuo bel volto adoro,
d'un regio cor l'alta pietade imploro.
ARIANNA
Sarà feudo al tuo onor l'augusto alloro
olà tosto si scorga all'alta, suora
del magnanimo augusto
questa nobil donzella!
ANDRONICO
Se bearmi in quel volto mi lice
aquila a quei bei lumi io son felice.
ARIANNA
(verso d'Andronico)
Allor, ch'uscita d'Espero la stella
farà la guardia in cielo al sol che dorme,
teco o duce sovrano
del mio sposo guerrier seguirò l'orme.
Cerco pace in mezzo all'armi,
Marte invoco, e seguo Amor.
Tra le piaghe io vo a sanarmi,
fra le stragi a dar vita al cor.
Cerco pace in mezzo all'armi,
Marte invoco, e seguo Amor.
Andronico. Coro di Damigelle.
ANDRONICO
Nastri che raffrenate
l'incomposta licenza al crin vagante,
fiori gemme d'Aprile astri del prato
odorosi tesor, che d'elmo invece
la mia fronte adornate
un portento d'amor tra voi celate.
Andronico son io di Vitaliano
il guerriero germano,
che d'Eufemia adorando
le due luci omicide,
chiudo tra finte spoglie
in sembianza di Iole alma d'Alcide.
Già m'arrise la sorte, al mio bel nume
spargerò voti, e preghi,
non sempre il ciel d'amor fulmini aduna,
chi coraggio non ha, non ha fortuna.
Beltà, ch'allo splendore
è immagine del ciel,
non ha di smalto il core,
l'alma non ha di gel,
una lagrima d'amante
passa tempre d'adamante
ammollisce ogni crudel.
Beltà, ch'allo splendore
è immagine del ciel,
non ha di smalto il core,
l'alma non ha di gel.
Campagna irrigata dal fiume Ismeno.
Giustino con l'aratro tirato da bovi.
O del cielo ingiusta legge!
Sollevar sovente al regno
chi di scettro è reso indegno,
e gettargli 'l mondo al piè,
puoi far nascer tra boschi alma da re.
Ove povero d'acque
l'infeconde campagne
tinge con umil onda il lieve Ismeno,
con il vomere adunco io son costretto
a sviscerar della gran madre il seno.
Deh perché non poss'io destin crudele!
Or qual Cadmo novello, o qual Giasone
trar da ruvide glebe armata messe,
e cangiato in guerrier di vil bifolco,
mutar per fatal sorte
in usbergo l'aratro, in campo 'l solco?
Ma già Febo l'occaso
sferza l'aurea quadriga; è tempo omai
de' miei lassi giovenchi
toglier al grave giogo
la callosa cervice: ite disciolti!
(discioglie i bovi)
Io qui del curvo aratro
formerò duro letto a' miei riposi.
Ecco sorge la notte, e 'l ciel adombra,
o qual dolce sopore
mi lega i sensi, e le mie luci ingombra.
(siede sopra l'aratro)
O ristoro de' mortali
stendi l'ali
dolce sonno vola a me.
Lascia 'l sen di Pasifea,
ch'all'amata, e vaga dèa
volgerai ben tosto 'l piè.
O ristoro de' mortali
stendi l'ali
dolce sonno, e vola a me.
(s'addormenta)
Sorge la notte con la luna.
Giustino addormentato, la Fortuna sopra la ruota.
FORTUNA
Giustin lascia i riposi in ozio vile
a che 'l fianco adagiar tra i fiori, e l'erba?
Su t'invita la sorte, e in campo ostile
palme, e trionfi alla tua man riserba.
Mira come al tuo merto or la Fortuna
regni, e tesori in questo punto aduna!
Qui si tramuta la scena in maestosa reggia tutta risplendente d'oro, e di gemme, di corone, di scettri, e tesori.
FORTUNA
Ecco per te cangiarsi
in reggia la capanna, in soglio il prato.
Sorgi; lascia 'l sopor; segui 'l tuo fato.
La Fortuna, ch'errando va
dée afferrarsi ad un istante,
altrimenti 'l crin volante
incostante
rivolgerà,
che solo è felice, chi prender mi sa.
Qui sparisce con la scena, ritornando la campagna, mirandosi spuntare il sole, che nasce.
GIUSTINO
(destatosi)
O chiunque tu sia, ch'ora m'inviti
fra le stragi ti seguo! E questo crine,
già mi cingo d'allor: spezzo l'aratro?
Ecco infranto nel solco io vo' lasciarlo:
ma con chi sogno? E dove son? Che parlo?
Pur sian vani i fantasmi
or più non vuol mia generosa mano
trattar rustiche marre.
Di fiera tromba ai strepitosi carmi
vo' nell'agon solo battaglie, ed armi.
Mi chiama nel campo
un genio guerrier:
ove d'armi il mondo suona,
fra le stragi di Bellona
vo' seguir il dio più fier:
mi chiama nel campo
un genio guerrier.
Eufemia in abito di cacciatrice. Brillo, che fugge, Giustino, che sopravviene.
BRILLO
Ohimè! Son semivivo, un fiero mostro
fulmine delle selve
semina 'l suol di stragi:
su quest'annosa quercia
tenterò di sottrarmi al fiero artiglio,
s'al piè non pongo l'ale, io sto in periglio.
(sale sopra una quercia)
EUFEMIA
(inseguita da un uomo selvaggio)
Cieli! Numi! Soccorso!
Or d'un'orribil fera
qui son preda infelice.
GIUSTINO
(rivolgendosi verso d'Eufemia)
Cessi 'l vano timor! Cessin le grida!
Salva sei tu, nel mio valor confida.
(s'affronta con l'uomo selvaggio)
Mostro orrendo invan ti scoti,
l'ira accendi 'l dente arroti,
tua fierezza abbatterò.
E sbranato,
lacerato
sull'arena io ti vedrò.
Mostro orrendo invan ti scoti,
l'ira accendi 'l dente arroti,
tua fierezza io domerò.
(sbrana la fiera)
EUFEMIA
Cade la bestia estinta.
BRILLO
(scendendo dalla quercia)
Dall'Erebo profondo
oggi è per noi risorto Ercole al mondo.
EUFEMIA
(prostrata avanti di Giustino)
A te di questi boschi
ignota deità, nume selvaggio
questo mio cor divoto
sull'ara del mio sen ti sacro in voto.
GIUSTINO
Un uom son io vago d'eroiche imprese,
a sbranar l'empia fera
della gloria il desio solo m'accese.
EUFEMIA
Quanto a Brillo egl'è vago.
BRILLO
Non formò 'l ciel tra noi più bella imago.
EUFEMIA
Del cesare latino
io son l'augusta suora, all'alta reggia
tu meco volgi 'l passo;
là con sorte migliore
avrà degna mercede il tuo valore.
BRILLO
Di servir di foriere io vo' l'onore.
GIUSTINO
Verrò donna sublime, ove t'aggrada
benché de' re non curo
il favor incostante,
ch'a sé stessa è virtù premio bastante.
Non son vago
di gemme, e d'ori,
né m'appago
de' tesori,
che tramanda il Gange o 'l Tago
chiudo in petto un cor tebano,
e risposta è mia sorte in questa mano.
Eufemia.
Luci mie, che miraste? E quando mai
Tebe, o Sparta già vide
più adorabil fierezza! O Dio quel volto
quel piacer misto al terror lampeggia,
quel non so, che di barbaro, e di grande,
che spaventa, e innamora il cor m'accese,
una guancia mi vinse, un crin mi prese.
Va alla caccia l'arciero volante
mille cori predando va,
e fra i lacci d'un crin, ch'è vagante
ei mi tolse la libertà.
Va alla caccia l'arciero volante
mille cori predando va.
Vitaliano sopra d'un elefante circondato da Capitani del suo esercito con squadre di cavalli, e Fanti.
VITALIANO
Cadé 'l fasto latino, e al nostro serto
cesse il Marte romano.
All'armi, o guerrieri
indomiti, e fieri,
Bisanzio v'aspetta,
guerra, strage, ira, vendetta
porti 'l braccio furibondo,
vegga Europa, e vegga 'l mondo,
che nati sete a debellar gl'imperi.
All'armi, o guerrieri!
Polimante, Arianna in abito guerriero con visiera, coro di Soldati, gl'antedetti.
POLIMANTE
Signor t'arrise il fato, il greco augusto,
che rifiutò la pace,
guari non è, ch'al nostro campo invitto
diede notturno assalto, al fiero incontro
piegò l'oste nemica, e fra le stragi
restò mia preda alto campion feroce,
ch'in segno di mia fede
consacro umil di Vitaliano al piede.
(vien levato l'elmo ad Arianna)
VITALIANO
Amor! Cieli che miro! Ah son pur queste
le divine sembianze
d'Arianna, ch'adoro.
(smonta dall'elefante)
Si tronchino i lacci.
Si spezzin quei nodi.
Ah che per fatal sorte
del mio cor sono i ceppi, e le ritorte.
(le vengono levate le catene)
ARIANNA
Non ti vantar superbo,
ch'or sia base al tuo piè la mia sventura,
che d'un empio gioir passa, e non dura.
VITALIANO
Bella augusta, mio sol, mio nume in terra,
ecco al tuo piè prostrato
chi per tuo amor pose già l'orbe in guerra,
è tua l'Asia, e l'Europa;
pur che a me giri un sol guardo
di quegl'occhi lusinghieri
mille regni non curo, o mille imperi.
ARIANNA
Indarno aspiri
d'augusto alla consorte?
VITALIANO
Ch'augusto? Or mia tu sei.
ARIANNA
T'inganni se speri
di stringermi al sen,
pria svenata
esanimata
fra le stragi io verrò men.
T'inganni se speri
di stringermi al sen.
VITALIANO
Così fiera o mia diva a chi t'adora?
(tenta di baciarla)
ARIANNA
Scostati dal mio sen tiranno, indegno.
(gli dà una guanciata)
VITALIANO
Così tratti colui, ch'al mondo impera?
Chi ricusa l'amor provi lo sdegno:
olà costei s'esponga alle fauci infiammate
di quel mostro vorace
devastator delle campagne achive:
resti sui lidi nostri,
chi è un mostro in ferità cibo de' mostri.
Vanne ingrata
crudele spietata
tua fierezza alfin caderà
stretta, e avvinta a duro scoglio
il tuo orgoglio perirà.
Vanne ingrata
crudele spietata
tua fierezza alfin caderà.
Arianna, Polimante, coro di Soldati.
ARIANNA
Tra le fauci de' mostri
mi scagli iniqua sorte
più ch'i baci d'un empio amo la morte.
Così vago è quel sembiante
per cui il seno acceso sta,
che quest'anima costante
mille pene incontrerà.
(viene condotta altrove)
Salone imperiale con appartamenti d'Eufemia.
Eufemia, Giustino, Brillo, e Andronico, che sopraggiungono.
EUFEMIA
Del famoso Bisanzio ecco la reggia.
GIUSTINO
(Tale appunto fra sogni, e fosche larve
mole fastosa alla mia mente apparve.)
(va rimirando la reggia)
BRILLO
Questa gentil donzella
dell'invitto Costanzo unica prole
Arianna t'invia.
EUFEMIA
O quanto volentier ti stringo al seno
vergine eccelsa, e a qual sì stranio lido
di tua rara virtù non giunse 'l grido.
Baciami o bella bocca
reggia del dio bambin,
mille dardi al cor mi scocca
da quell'arco di rubin.
Baciami o bella bocca
reggia del dio bambin.
Baciami o vago labbro
cuna del dio d'amor,
tu de' baci dolce fabbro
tra catene avvinci il cor.
Baciami o vago labbro
cuna del dio d'amor.
BRILLO
Per onorar signora il tuo ritorno
di cavalieri, e dame
ecco schiera vezzosa
dotta a girar il vago piede intorno.
EUFEMIA
(verso di Giustino)
Venga il nobile stuolo,
siedi o della mia vita
forte preservator. Campion sovrano,
mira i leggiadri balli.
L'Allegrezza in macchina guida il ballo de' Cavalieri, e Dame, gl'antedetti.
ALLEGREZZA
Si rida, si canti, si balli sì sì,
anco le stelle
senz'alcun vel
col dio di Delo
leggiadre, e snelle
danzano in ciel.
Sacro è alla gioia un così lieto dì,
si rida, si canti, si balli sì sì.
Qui segue una gran sinfonia smontando dalla macchina le Dame, e Cavalieri ponendosi a' loro luoghi, la macchina parte, e una Dama invita Giustino al ballo.
GIUSTINO
Bella, ad altri comparti
le tue grazie, e favori,
che non son per Giustin danze, ed amori.
Io non son nato o bella
per darmi al dio d'Amor,
Marte, e Bellona apprezzo,
un guardo, un crine, un vezzo
non m'imprigiona il cor.
Io non son nato o bella
per darmi al dio d'Amor.
La Dama prende un altro Cavaliere per mano, e qui si dà principio al ballo.
Anastasio seguìto da Squadre armate, Eufemia, Giustino, Andronico, Brillo, coro di Dame, e Cavalieri, e Guardie, Amanzio, che sopraggiunge.
ANASTASIO
Così mentre distrutta
fra incendi militari,
Europa avvampa
e del latino impero
traballante è la fede
tra vaghe danze or
qui si gira il piede?
Già di barbara turba
fatta è preda Arianna, e in vil catena
vedrassi al piè del vincitor superbo
chinar l'augusta fronte, e di lei privi
trarrem fra lieti balli i dì festivi?
Vada l'Asia a ferro, e foco
tra ruine il mondo cada
dia il tiranno
con suo danno
di mia spada
acerbo gioco
vada l'Asia a ferro e foco.
AMANZIO
Frena l'impeto vano, ah che purtroppo
or di latina strage
fuman le tracie arene: abbiamo a fronte
d'esercito infinito oste possente
miglior tempo s'attenda, Erasto il forte
già a tuoi cenni reali
di velata falange ingombra i mari.
Sulle rostrate navi al fier tiranno
porta guerra improvvisa:
là nell'Egeo spumoso
proverà miglior sorte il valor greco
temer non puoi se la mia spada è teco.
ANASTASIO
Il tuo consiglio approvo.
EUFEMIA
Al piede augusto
s'inchina quest'eroe, ch'in mio soccorso
lottando co' le belve
sbranò i mostri più crudi entro le selve.
ANASTASIO
Sarai il mio cavalier di fino usbergo,
tosto s'armi quel forte.
GIUSTINO
In sua difesa incontrerò la morte.
ANASTASIO
Olà miei prodi campion da voi richiedo
l'usate prove; itene omai sciogliete
Arianna da ceppi, al vostro ferro
precorrerà 'l mio brando.
Se non miro il sol ch'adoro
l'alma in seno mi sento languir
pur ch'un guardo mi doni ristoro
qual fenice entro gli ardori
mi contento d'incenerir.
Se non miro il sol ch'adoro
l'alma in seno mi sento languir.
(parte con i cavalieri, e dame)
EUFEMIA
Tu volgi altrove il passo.
(verso di Giustino che vuol partire)
GIUSTINO
Nel sentier della gloria io drizzo il piede,
a te sacro 'l mio core, e la mia fede.
Beltà Circe vezzosa
non m'incatena il cor,
né per guancia di rosa
piagommi il seno Amor.
Beltà Circe vezzosa
non m'incatena il cor.
(parte)
Eufemia, Andronico, Brillo.
ANDRONICO
Dimmi come esser può, ch'il sen t'infiammi
un'imago sì rustica, e negletta?
EUFEMIA
Quanto più fier si mostra ei più m'alletta.
ANDRONICO
Che dirà augusto, e Roma?
S'Eufemia il di cui merto il mondo
d'un rozzo, e vil bifolco
anco al fumo s'abbaglia?
Ogni disuguaglianza Amore agguaglia.
EUFEMIA
È un foco Amore
ch'il core
accende.
È un genio dolce, che l'alme sforza
è certa forza
che non s'intende
è un foco amore,
ch'il core
accende.
Egli è bambino
che ad un istante
divien gigante.
È un dolce strale che l'alma impiaga,
e pur appaga
benché c'offende.
È un foco amore,
ch'il core
accende.
È un genio dolce, che l'alme sforza,
è certa forza
che non s'intende.
È un foco amore,
ch'il core
accende.
(parte)
BRILLO
Quante volte diletta
più che talamo d'or rustica face.
Non è bel quel ch'è bel, ma quel che piace.
Andronico.
Cinzia non sei più sola!
A portar il tuo raggio
colà del Larmo entro l'ombrose piante
se la mia bella dèa,
benché rozzo e selvaggio
d'un novo Endimion s'è resa amante.
Amor consigliami
che deggio far?
Se non spero alcun ristoro
l'empia ch'adoro
deggio lasciar;
Amor consigliami
che deggio far?
Sì vo' seguirla amando
vo' adorarla penando, e se crudele
repugnerà a miei voti
rapirò l'infedele.
Non v'è peggio in amor,
che dover piangere
lice ogni froda,
pur che si goda.
Può un guardo un vezzo, un bacio
ogn'alma frangere.
Non v'è peggio in amor,
che dover piangere.
Scogli dirupati con mare agitato da venti. Vedrassi tra l'onde una grande armata poscia una gran nave, che si rompe allo scoglio restando gettati sopra il lido
Anastasio, e Giustino ambo in abito guerriero con dardi alla mano.
ANASTASIO
E quando cesserete astri spietati
di tormentarmi più
sempre di sdegno armati
in comete cangianti
vedrovvi a danni miei splender lassù?
E quando cesserete astri spietati
di tormentarmi più.
GIUSTINO
Al dispetto dell'onde
pur calchiam queste arene, e invan tu sgridi
il destino, e la sorte
vince Fato e Fortuna un'alma forte.
ANASTASIO
Dunque de' pini achei, naufraghi, e rotti
il fellon Vitaliano andrà festante?
GIUSTINO
Confida in questa destra
forse un giorno vedrà chi ti fa guerra
in mar di sangue i suoi naufraghi in terra.
ANASTASIO
Quanto invitto è costui! Col suo valore
mi risveglia l'ardir.
GIUSTINO
Quinci non lunge
mira fumar un pastorale albergo,
colà affrettiamo il passo.
ANASTASIO
Darà solingo speco
forse lieve conforto al cor già lasso.
Ovunque il passo giri
mi segue il dio d'Amor.
Parli, dorma, respiri
sempre lo sento al cor.
Ovunque il passo giri
mi segue il dio d'Amor.
Giustino.
Quanto è l'uom forsennato, a che dolersi
or del fato, or de gl'astri?
Cote della virtù sono i disastri.
Ai soffi d'Euro esposta
s'avvalora la fiamma, e perch'il Nilo
tra voragini immense
co' le rupi s'affronta,
s'inabissa cadendo, indi risorto
l'egizie campagne
il flutto vincitor volge fastoso?
Questo liquido Anteo reso, e famoso.
Quanto più 'l ciel tra fulmini divampa
tanto più innalza il volo
aquila generosa:
e quando più contraria
la fortuna s'aggira
un'alma invitta a maggior gloria aspira.
Io mi rido di quel bendato
cieco alato
che nudo va
dell'ozio figlio
ch'eterno esilio
da questo core avrà.
Io mi rido di quel bendato
cieco alato
che nudo va.
Polimante, Arianna incatenata. Coro di Soldati.
POLIMANTE
Questo è il loco fatale,
ove mostro vorace
farà nel seno tuo piaga letale.
Ah pria, che fiero dente
sbrani membra sì belle
del monarca bitino
cedi agl'amori, e 'l tuo rigor ammorza
la legge non condanna un ch'opri a forza.
ARIANNA
Pria, che tradir augusto
di mia costanza al nume
cadrò vittima esangue
godrò su queste selci
i trofei di mia fé scriver col sangue.
POLIMANTE
Costei ch'ha un cor di marmo
s'incateni a quel sasso?
È giusto alfin, che pera
lacerata da un mostro alma di fiera.
Arianna incatenata allo scoglio.
Vedrassi a poco a poco sorger dal mare spaventoso mostro nuotando verso terra; Giustino, che sopravviene.
ARIANNA
Numi o voi, ch'il ciel reggete
con la destra onnipotente
voi, che gl'astri rivolgete
soccorrete
un'innocente.
Fate almen, che mentre spiro
fra i martir l'alma, costante
io ritorni all'idol mio
nudo spirto ombra vagante.
Qui il mostro si rampa sopra lo scoglio.
GIUSTINO
Quai dolorose strida, o quai lamenti
fra queste orrende balze
mi feriro l'udito.
ARIANNA
Per me dunque il ciel non ha
una stilla di pietà.
in tre diverse parti della scena
ECO
Iº
Una stilla di pietà.
IIº
Stilla di pietà.
IIIº
Pietà.
GIUSTINO
Ch'ascolto, queste selci
con iterate voci
or mi chieggon soccorso!
Ma qual orrendo, e spaventoso mostro
or con guizzo improvviso esce dall'onde!
ARIANNA
Cavalier donami aita.
in tre diverse parti della scena
ECO
Iº
Cavalier donami aita.
IIº
Donami aita.
IIIº
Aita.
GIUSTINO
(ferisce il mostro col dardo)
In tua difesa
esporrò a mille morti or la mia vita.
Qui principia la battaglia col mostro snodando improvvisamente il collo e spiegando l'ale.
GIUSTINO
Invan te stesso vibri
non conosco timor, benché m'assalga,
il mostro d'Erimanto
o il piton di Tessaglia.
Cade il mostro col capo reciso.
ARIANNA
Ecco un novello Alcide
mostro sì fier col forte braccio atterra!
O per sottrarmi a inesorabil parca
forse un novo Perseo discese in terra?
GIUSTINO
Lascia o donna i singulti, e più sereno,
lampeggi nel tuo volto
lo splendor sovrumano.
ARIANNA
Io respiro signor, per la tua mano.
GIUSTINO
E chi sei tu, ch'in sì romita parte
ove col flutto insano il mar vorace
non so s'il curvo lido, o baci, o morda,
ti destinò la sorte
d'un mostro a satollar la fame ingorda.
ARIANNA
D'Augusto la consorte
il tuo brando guerrier tolse alla morte.
GIUSTINO
Tu Arianna! Il cui piede
bacia l'orbe idolatra, o quanto degni
sono d'eccelsi allori i miei trofei!
Si rallegri il tuo cor salva tu sei.
ARIANNA
Se non torno a chi m'innamora,
se non miro chi 'l cor mi ferì,
se non stringo chi l'alma adora
io non passo più lieto un dì.
GIUSTINO
Fuga dal seno il duol, che tra mortali
vanno a vicenda, le venture, e i mali.
Anastasio, gl'antedetti.
ANASTASIO
Traveggo, oppur la mente
si fabbrica fantasmi è questo il volto
del bel idolo mio!
ARIANNA
Numi, che miro, o dio.
È questo del mio sposo
l'adorato sembiante!
Corri, vola tra queste braccia
dammi un bacio stringimi al sen.
ANASTASIO
(abbracciando Arianna)
Caro nodo, ch'il cor m'allaccia,
fra gl'amplessi io vengo men.
Insieme
ARIANNA
Dammi un guardo stringimi al sen.
ANASTASIO
Dammi un bacio stringimi al sen.
ANASTASIO
Ma qual orrendo, e formidabil mostro
qui col teschio reciso il suolo ingombra.
GIUSTINO
Fu trofeo di mia possa.
ARIANNA
Il tuo braccio guerriero
mi sottrasse all'affanno
ei s'oppose al furor d'empio tiranno.
ANASTASIO
(verso di Giustino)
Quanto deggio al tuo merto
chiedi pur, ciò che t'aggrada
quanto può questo scettro, o questa spada.
GIUSTINO
Basta per sommo onor ch'oggi in tuo nome
la stessa morte ad incontrar io vada:
ma chi è costui che su leggero abete,
ove il lido s'incurva e frange l'onda
frena il volante lin, l'ancore affonda.
Amanzio sbarcando da una feluca, gl'antedetti.
AMANZIO
Eolo invan fra nembi, e turbini
contro me suoi sdegni armò:
dal furor de' flutti, e fulmini,
il mio pin già quasi absorto
dolce porto
alfin trovò,
solo invan tra nembi, e turbini
contro me suoi sdegni armò.
ANASTASIO
Amanzio è questi al cui valor commisi
di mie squadre l'impero, e qual fortuna
ti scorge alto guerriero a queste arene?
AMANZIO
In traccia di tue vele
del turbato Nettun le vie trascorsi
quando al cesareo aspetto
o miracolo novo
tra le procelle, ora le calme io trovo.
ANASTASIO
Fu decreto del ciel ch'a questi lidi
approdasse 'l tuo legno.
AMANZIO
Eccelsa augusta
quanto giubila il core
nel mirarti sottratta
in questo punto a barbare catene.
ARIANNA
Chi nel ciel confida
prova in mezzo al dolor, l'ore serene.
ANASTASIO
Ecco tranquillo il mar entro quel pino.
Varchiam l'onde spumanti.
Lascia le sponde
che tardi più!
Teti nell'onde
a tua beltade pari non fu.
Lascia le sponde
che tardi più!
S'il tuo bel fra i flutti appare
sembrerà che dentro 'l mare
sia disceso il sol quaggiù.
Lascia le sponde
che tardi più!
AMANZIO
Morde l'ancora il lido impaziente
di aver sì nobil salma.
ARIANNA
Eccomi al cenno augusto.
Perché tra le procelle
trovi la calma il duol
tra l'onde inique, e folle
saran mie fide stelle
quegli occhi emuli al sol.
GIUSTINO
(dentro della feluca)
Sovra l'ali de' remi
or si voli per l'onde.
Per le chiome ho la fortuna
sulla rotta ho fisso il piè
perch'io varchi il mar fremente,
più ridente
si volge a me.
Nembi in ciel più non aduna
per le chiome ho la fortuna.
Vitaliano, Polimante, coro di Soldati.
VITALIANO
Troppo fosti o mio core
precipitoso all'ire! A cruda morte
io dannar la mia vita! Ahi Polimante
scoprimi del mio bene
l'adorate reliquie, ai dolci avanzi
d'empie zanne voraci.
Darò pentito almen gl'ultimi baci.
POLIMANTE
Per le lacrime o sire
unqua non si ravviva estinta face:
e invan l'angue del Nilo
piange sull'uom dopo ch'estinto giace.
Ma che scorgo! Che miro!
Ecco trafitto al suol l'orribil mostro
gran portento de' mari.
VITALIANO
Mosso a pietà di due pupille accese
forse colà dal cielo
con l'egida fatal Marte discese,
ah se vive Arianna, io non dispero
con diluvi di pianto
ammollir sua fierezza.
Placan lagrime, e preghi ogni bellezza.
Sì vaghe luci adorerò.
Siate pur crude, e spietate
del mio cor orse beate
a quei rai mi volgerò.
Sì vaghe luci adorerò.
Giardino con fontane.
Andronico, Eufemia, e Brillo, che sopraggiungono.
ANDRONICO
Aure dolci, e lusinghiere
che leggere
sui vanni danzate
deh movetevi a pietate
fate voi della mia fé
al bell'idolo mio fede per me.
EUFEMIA
Dunque o bella hai d'amore il sen ferito!
ANDRONICO
Io nel mio canto or le tue piaghe addito.
(Ah purtroppo il mio core è incenerito.)
EUFEMIA
Si' nemica a quel nume
che fe' a Giove talor piaghe fatali?
ANDRONICO
(Per me il cieco bambin rotti ha gli strali
sento purtroppo in sen fiamme letali.)
EUFEMIA
Pur sei vaga, leggiadra vezzosa
che la stella più luminosa
ch'apre in ciel le porte al dì
quando spunta in oriente
sì lucente
non comparì.
ANDRONICO
Tu celebri il mio volto, e pur un guardo
che splende in rozza fronte
l'anima ti rapì.
EUFEMIA
Ah ch'in rustiche spoglie
è un Ercole il mio amor, ma in breve ora?
Tu se' un Onfale imbelle.
ANDRONICO
E se tra questi arnesi
or s'occultasse un Marte,
l'amerebbe il tuo cuor?
EUFEMIA
Chissà?
Che per fiera beltà
non m'impiagasse Amor.
Se di strali v'armato Cupido,
vo' un amante robusto, e guerrier.
Degl'adoni, e narcisi mi rido,
ch'in soavi, e molli sembianti,
formar credono gl'incanti
con un riso lusinghier.
Se di strali v'armato Cupido,
vo' un amante robusto, e guerrier.
BRILLO
Signora, alta signora.
ANDRONICO
E che ricerchi?
BRILLO
Ohimè stanco dal corso
m'abbandona il respiro.
EUFEMIA
Oh ciel che fia,
parla tosto.
BRILLO
Arianna.
EUFEMIA
Augusta?
BRILLO
Sì, tra l'onde.
ANDRONICO
Si scagliò?
BRILLO
No.
EUFEMIA
Fuggì?
BRILLO
Su picciol legno
naufrago, e quasi absorto.
ANDRONICO
Restò scherzo de' venti.
BRILLO
È giunta in porto.
Arianna, gl'antedetti, coro di Damigelle e Paggi.
ARIANNA
Quanto vi deggio o stelle?
Se lottando colla morte,
io spezzai l'aspre ritorte
più non sete ai miei voti empie, e rubelle.
Quanto vi deggio o stelle?
EUFEMIA
Lascia che per la gioia
baci l'augusta destra.
ARIANNA
Eccelsa principessa, io pur ti stringo
con queste braccia al seno.
ANDRONICO
E come il cielo
a noi salva ti rese?
ARIANNA
Amica sorte
per le vie del morir diemmi la vita.
Ad altro tempo
mi riserbo narrar le mie venture
(strane vicende) ora saper vi basti
che di Giustin nel brando oggi s'aduna
d'Arianna il destino, e la fortuna.
EUFEMIA
(S'amante, e del mio sole
l'alba d'ogni mia speme oggi s'imbruna.)
ARIANNA
Guari non è che cesare l'invitto
da tal eroe scortato
le più scelte falangi
guidò contro il tiranno
e 'l novel campione
s'offerse di portarmi a piè del trono
di quel fellon l'altero capo io dono.
Caderà
chi mi fa guerra
fulminato a questo piè,
chi tentar osò mia fé.
Qual Tifeo n'andrà sotterra.
Caderà
chi mi fa guerra.
Eufemia, Andronico.
EUFEMIA
Flavia non ho più core!
Un sospetto amoroso
un pensiero geloso
sferza l'anima mia col suo rigore,
Flavia non ho più core!
ANDRONICO
(Animo or ti risveglia il tempo è questo
di rapir questa cruda, e usar la frode
il mentir per goder sempre fu lode.)
Ove l'Ebro famoso
con labbra di cristallo
bacia l'amiche sponde e in vari giri
forma con piè d'argento
gelidi labirinti all'erbe in seno
ti condurrò nel campo ove 'l tuo vago
dar potrà refrigerio alle tue faci
amor nume guerrier giova agli audaci.
EUFEMIA
E come unqua potrà vergine imbelle
ove serve Bellona, in mezzo all'armi
penetrar fra le squadre?
ANDRONICO
Io per lungo uso
sulle spartane arene
di Minerva trattai l'asta guerriera.
Ardisci pur basta, ch'amor sia teco
non vuol tanti riguardi un dio ch'è cieco.
EUFEMIA
Per mirar del mio sol le vaghe forme
del tuo piede fedel, seguirò l'orme.
Sull'ale d'un sospiro
portami a volo amor
io più non vivo e spiro
se la beltà non miro
che già m'accese il cor.
Sull'ale d'un sospiro
portami a volo amor.
Andronico.
Or va' Andronico lascia
questi mentiti arnesi:
su rivesti l'acciar getta la gonna,
sai che non sempre lice
ad un guerrier Achil fingersi donna.
Se la bella ch'adoro penando
sola, e ignuda al sen stringerò,
non più lagrimando,
non più tormentando,
quel volto baciando
felice sarò.
Sia ritrosa,
sia sdegnosa,
userò l'arte, e l'inganno
se non saprò goder Amor mio danno.
Campo di guerra, con esercito schierato dai lati. Vedrassi in lontananza l'esercito di Vitaliano.
Anastasio, Giustino, Amanzio seguiti da Squadre romane.
Carro falcato seguito da Battaglioni asiatici.
ANASTASIO
Mie indivise falangi eccoci a fronte
di quel campo superbo
che nulla ha in sé di grande altro che 'l nome
a quelle turbe ignude
trema al par de' vessilli il cor nel petto.
Su struggete
ferite pugnate
quegl'empi atterrate.
Resti 'l fellon tra ferrei ceppi avvinto
già ne' vostri sembianti
leggo le mie vittorie: avete vinto.
Qui vedrassi approssimarsi Vitaliano co' suoi Guerrieri.
GIUSTINO
A guerra a battaglia
all'armi su su;
s'incontri, ed assaglia
quel fiero
ch'altero
osò di por il mondo in servitù.
A guerra a battaglia
all'armi su su.
VITALIANO
A guerra a battaglia
all'armi su su.
GIUSTINO E ANASTASIO
All'armi su su.
GIUSTINO, AMANZIO E VITALIANO
A guerra a battaglia
all'armi su su.
Qui segue la battaglia con vari incontri in forma di ballo restando Vitaliano precipitato dal carro, e prigionier di Giustino.
Giustino, Vitaliano con ginocchio a terra, e spada alla mano; coro di Soldati. Amanzio che sopraggiunge.
GIUSTINO
Frena l'orgoglio altero
temerario fellon sei prigioniero.
(levando la spada a Vitaliano)
VITALIANO
Non mi vinse il tuo ferro,
mi tradì quella cieca
della cui labil rota
sempre vario è 'l tenor.
GIUSTINO
Domò la tua superbia il mio valore.
AMANZIO
(levando a Vitaliano un cinto di pietre)
Questo gemmato cinto
sarà mia preda.
GIUSTINO
Olà! Tra lacci avvolto
scortate il fier tiranno
d'Augusta al regio piede.
VITALIANO
Io che cinsi il crin d'alloro,
tra catene or porto il piè:
già m'assisi in trono d'oro
or son reso ombra d'un re
così va l'umano orgoglio
lubrico ha 'l seggio, e rovinoso il soglio.
(vien condotto altrove)
GIUSTINO
Scherza, e ride la sorte incostante
coll'ali alle piante
in giro se n' va;
il tutto sconvoglie
dà scettri, li toglie
di Proteo ha 'l sembiante,
fermezza non ha.
Scherza, e ride la sorte incostante
coll'ali alle piante
in giro se n' va.
Anastasio, Amanzio, coro di Soldati.
ANASTASIO
Già fra monti di stragi omai sconfitto
giace l'empio rubello.
AMANZIO
Signor de' tuoi trionfi
esulta questo cor, ma ch'un bifolco
la vittoria ti usurpi, e Vitaliano
sia trofeo del tuo campo
si dia ad augusta, e a cesare si tolga.
Ah, che Amanzio il tuo fido
soffrir non può; sì, si ben tosto attendi,
mentre uno abbatti, altro involarti il regno.
S'egli mi presta, se colpito ho il segno.
ANASTASIO
A quest'Icaro audace
saprò troncar il volo.
AMANZIO
Quelle figlie del sol gemme lucenti,
ch'al superbo tiranno
formar serto regale offro al tuo crine.
ANASTASIO
(prende le gemme)
O Atlante dell'impero, il don ricevo,
vanne tosto alla reggia, e di Giustino
rintraccia ogni pensiero.
Ahi geloso timor quanto sei fiero!
AMANZIO
Tuoi cenni eseguirò.
Avrò di lince il guardo,
Argo novel sarò.
Anastasio.
E sarà ver, ch'augusta
d'una mano selvaggia
rechi ad onor l'offerte! ai rai del sole
l'aquila sol s'affissa, augel palustre
alla soverchia luce i lumi abbaglia.
Deh che temi cor mio?
Diffidar d'Arianna,
che nutre eccelso spirto in regia gonna?
Tu vaneggi mio cor, ma pure donna.
Non m'uccider gelosia
figlia sei d'amor, ch'è cieco,
e mill'occhi hai sempre teco
per dar pene all'alma mia.
Non m'uccider gelosia.
Luogo delizioso suburbano a Costantinopoli.
Andronico tentando di sforzar Eufemia, Eufemia, Brillo.
ANDRONICO
Non son donna qual credi.
BRILLO
Fermo indegno guerrier.
ANDRONICO
Vile, indiscreto.
BRILLO
(cade percosso da un piede)
Misero me son morto?
(sorge da terra, e fugge)
ANDRONICO
Con quel labbro, ch'alletta ai baci
il mio cor consola almen
lascia o cara, ch'io tempri mie faci
tra le nevi del morbido sen.
Con quel labbro, ch'alletta ai baci
il mio cor consola almen.
EUFEMIA
Spargi i tuoi voti al vento.
Puoi languire,
morire,
e penar,
non mi placa il tuo cordoglio,
porto un'anima di scoglio
son di selce al sospirar.
Puoi languire,
morire,
e penar.
ANDRONICO
Otterrò a tuo dispetto
di questo sen la palma.
EUFEMIA
S'hai di Tarquinio, ho di Lucrezia l'alma.
Giustino, Brillo, gl'antedetti, coro di Soldati.
BRILLO
Alto campion sottraggi
dagl'insulti d'un empio
la germana d'augusto.
GIUSTINO
Eccomi all'opra,
tosto cadrai svenato.
(afferrando per un braccio Andronico)
ANDRONICO
Son vinto.
GIUSTINO
Io non permetto
sull'altar del mio sdegno
offrir ostia sì vile: olà traete
a Bisanzio costui!
BRILLO
Con triplicate funi
stringete quel superbo,
di far le mie vendette io mi riserbo.
(parte col prigioniero Andronico)
Eufemia, Giustino.
EUFEMIA
O come a sì gran d'uopo
tu m'arrechi signor pietosa aita.
Difensor del mio onore, e di mia vita.
GIUSTINO
Sin che rotino i cieli,
fia di Giustino 'l brando
riparo all'innocenza
e chi è colui, che temerario ardì
profanar il tuo sen?
EUFEMIA
Nobil donzella
si finse pria, poscia vestì l'acciaro:
a te nel campo
di condurmi promise, indi infedele
tentò la forza il rapitor crudele.
GIUSTINO
Bella mia, dunque ver me
sì costante è la tua fé?
EUFEMIA
Sin ch'intorno al polo amato
l'orsa in ciel s'aggirerà,
questo cor per te piagato
le tue luci adorerà.
GIUSTINO
(Ahi di sì bel sembiante
quando meno credei, divenni amante.)
Sin che cinto d'aureo lume
Febo in ciel splender vedrò,
del tuo volto o mio bel nume
idolatra ognor sarò.
Insieme
EUFEMIA
Pur ch'il foco, ond'io m'infiammo
nel tuo sen non fia mai spento.
Mi sia grato il penar, caro il tormento.
GIUSTINO
Pur ch'il foco, ond'io m'infiammo
nel tuo cor non fia mai spento.
Mi sia dolce il languir, caro il tormento.
Deliziosa con torre da un lato.
Arianna, Erasto, Vitaliano, coro di Dame, e Soldati con spoglie, ed insegne nemiche.
ARIANNA
Grazie, ed amori scherzatemi intorno,
vezzi, e diletti volatemi in sen.
Sacro al genio è questo giorno,
fra quei della mia vita il più seren.
Grazie, ed amori scherzatemi intorno,
vezzi, e diletti volatemi in sen.
ERASTO
Giustin in quel novo Marte
per cui cesare vanta ampi trionfi
al tuo piede regal depresso, e vinto
manda 'l fiero tiran tra ceppi avvinto.
ARIANNA
Di Giustino la spada
scesa dal cielo a fulminar giganti.
(verso di Vitaliano)
Pur cadesti superbo, un punto alfine
sa partorir per gl'empi alte rovine.
VITALIANO
Restai pria, che dell'armi
preda de' tuoi bei lumi.
ARIANNA
Di cesare al trionfo
riserbate 'l fellon, e sia frattanto
entro a profonda torre
alla stessa miseria orrido scherno.
ERASTO
S'inabissi tra l'ombre alma d'inferno.
VITALIANO
Un guardo di quegl'occhi
bella non mi negar,
poi morte il dardo scocchi
non curo fra tormenti
quest'anima spirar.
Un guardo di quegl'occhi
bella non mi negar.
(vien condotto entro la torre)
Anastasio, Arianna, Amanzio, molti Capitani, e Soldati.
ANASTASIO
Sfavillante di gioia
rida 'l brio nel tuo volto.
ARIANNA
Pur ricco di trofei, di palme onusto
ti stringo al seno o sospirato Augusto.
ANASTASIO
Dell'empio Vitalian vinto è l'orgoglio.
ARIANNA
Per opra di Giustino,
pur alfin mi formò scabello al soglio.
ANASTASIO
Molto deggio al suo brando
ARIANNA
Merta corone il suo valor sovrano.
AMANZIO
(Non è degno d'onor ferro villano.)
ANASTASIO
Queste fulgide gemme
trofeo del mio valor spoglie di guerra
a tua beltà consacro.
ARIANNA
(prendendo il cinto gemmato)
A luce così rara il pregio cede
quella perla famosa.
Che già in prodiga cena offerse in dono
l'egizia donna al cavalier latino.
Ma che fia di Giustin la di cui destra
colse fasci di palme alla tua fronte?
ANASTASIO
(verso di Arianna)
Tanto ha in pregio costui?
AMANZIO
Cotanto l'ama.
ANASTASIO
Vo', che meco egli segga
sul carro trionfale.
AMANZIO
(Perché la sua caduta
gli rassembri più grave e più mortale.)
ANASTASIO
Parto, de' miei trofei
a preparar le pompe.
Bella moro per te,
per te languisce il cor,
in premio di mia fé
non chieggo altra mercé,
ch'un puro ardor.
Bella moro per te,
per te languisce il cor.
Giustino, Eufemia, Andronico incatenato, Brillo, coro di Soldati, Arianna.
GIUSTINO
Si raddoppin gl'allori al mio crine
due tiranni
co' lor danni
provaro dal mio acciar scempi, e rovine.
Si raddoppin gl'allori al mio crine.
ARIANNA
Fatal guerriero, il cui famoso brando
merta non men, che di Perseo la spada
esser cinta di stelle! O quanto ammiro
il tuo valor altero,
or che ne' tuoi trionfi
aggiungi nove glorie al nostro impero.
EUFEMIA
Costui, ch'è fra catene
Flavia non è, ma perfido, e spietato
ch'ardì tentar la mia onestà; Giustino
represse 'l suo furor.
ANDRONICO
Merta pietade
la mia fede, il mio amor, mia verde etade.
EUFEMIA
Chi ardì tradir regia fanciulla, or mora.
ARIANNA
Al monarca del mondo
tal giudizio riservo,
stia frattanto fra lacci, e schiavo, e servo.
(vien condotto altrove)
EUFEMIA
Mio cor all'armi
vendetta io vo'.
Farò scempio
di quell'empio,
ch'il mio labbro profanò.
Mio cor all'armi,
vendetta io vo'.
Giustino, Arianna, Amanzio in disparte.
GIUSTINO
Ti lascio eccelsa augusta,
volgo a cesare il piede.
ARIANNA
Sian queste rare gemme
del tuo merto sublime alta mercede.
AMANZIO
(D'una donna regal questa è la fede!)
GIUSTINO
(prendendo il cinto gemmato)
Tra le gemme di questo cinto
il mio cor legato sta.
Se tua regia bontà m'avvinto
serva l'alma per te sarà.
AMANZIO
(Tra gemmata catena
vo' che perda il fellon la libertà.)
(parte)
ARIANNA
Anastasio mia vita? A te mi porta
a volo amor sulle dorate piume
ricevimi nel seno o mio bel nume.
Così cara è quella face,
che mi strugge a poco a poco,
che il mio cor benché si sface
si ravviva in sì bel foco.
Così cara è quella face,
che mi strugge a poco a poco.
Vitaliano, Andronico, sopra di una torre.
VITALIANO
Andronico tu piangi! Animo core
ci vuol entro i perigli,
sono i più arditi gl'ottimi consigli
questo lacero lino al forte braccio
servirà di sostegno;
ardisci! Un punto solo
può darci in un la libertade, e 'l regno.
ANDRONICO
L'orme tue seguirò.
VITALIANO
Lunge il timor, ne vada
con questo piè ti segnerò la strada.
(si cala giù dalla torre)
ANDRONICO
Fortuna, e Amore assistimi tu
deh permetti o dio di Gnido,
che un amante così fido
tragga 'l piè di schiavitù,
Fortuna, e Amore assistimi tu.
(scende a terra)
VITALIANO
Udì 'l cielo i tuoi voti.
Su tosto il passo affretta.
Insieme
ANDRONICO
Allo scampo, alla vendetta.
VITALIANO
Alla fuga, alla vendetta.
VITALIANO
Fuggo dalle catene,
ma porto i lacci al cor;
disciolto vivo in pene
sento più rio dolor.
Fuggo dalle catene,
ma porto i lacci al cor.
Anastasio, Amanzio, Giustino che sopravviene, Guardie.
ANASTASIO
E sarà ver ch'alla mia fede infida
osasse l'empia Augusta il raro cinto
offrir ad altri in dono?
AMANZIO
Pegno d'amor al fier Giustin lo porse.
ANASTASIO
Vendicarmi saprò, ch'umil vapore
invan pretende entro all'eterea mole
di farsi stella, e gareggiar col sole;
ed ecco appunto il traditor se n' viene.
AMANZIO
(Sulla caduta sua sorge mia speme.)
GIUSTINO
(che sopravviene)
Cesare tu vincesti, e s'altro manca
più da vincer in terra,
sin che vive Giustino armati in guerra.
ANASTASIO
Dal tuo brando fatale
riconosco i trionfi
ma qual pregiato cinto
splende al braccio guerriero?
GIUSTINO
(Or che dirò! Per togliere i sospetti
simulerò.) Di questa destra invitta
fra le spoglie del campo
ei fu lucida preda.
ANASTASIO
Io giurerei
che gemme così rare
del mar candide figlie
fosser tesor dell'eritree conchiglie.
GIUSTINO
Sire a te le consacro.
ANASTASIO
(ricevendo il cinto)
Di campion così forte
compenserò il valor, (ma con la morte.)
Vanne, che meco assiso
vo', ch'il mondo t'ammiri
in pompa trionfale.
AMANZIO
Sarà il carro a costui barca letale.
(parte)
GIUSTINO
Sin che de l'orbe il freno
tua destra reggerà:
sin, ch'al tuo regio seno
l'ostro risplenderà.
A pro dell'impero
mio braccio guerriero
per te pugnerà.
(parte)
Arianna, Anastasio, Brillo.
BRILLO
Sire, augusta ver te volge le piante.
ANDRONICO
Ecco l'infida! O dèi come ha raccolto
un inferno nel seno, un ciel nel volto.
ARIANNA
Mio bel sole, idolo mio
dolce fiamma di questo cor,
dal tuo sen deh sgombra, o dio
ogni nube di rio dolor.
Mio bel sole, idolo mio
dolce fiamma di questo cor.
ANASTASIO
Soggiace ognor di mille cure al pondo
chi sostiene l'impero, e regge il mondo.
Ma del cinto gemmato,
perché, o bella non fregi 'l sen di neve?
ARIANNA
Che saprò dir! Ogni ombra
vo' sgombrar del suo cor; mentre miravo
colà nel sen di Teti
scherzar i muti armenti
cadé sire il tuo dono in grembo all'onde.
ANDRONICO
Tu mi deridi!
ARIANNA
Io dileggiar Augusto
giuro per la tua vita
ch'il flutto lo rapì.
ANDRONICO
Taci spergiura,
questo è 'l cinto, ah infedel tu resti esangue,
i falli tuoi saprò lavar col sangue.
(vuol partir sdegnato)
ARIANNA
(trattenendo cesare per il manto)
Ah cesare! Ah signor! Mio re! Mio nume!
Odi le mie discolpe.
(s'inginocchia)
ANASTASIO
Tanto ardir impudica!
Levati omai dal mio regal aspetto,
indegna del mio trono, e del mio letto!
(la fa cader a terra, e parte)
ARIANNA
Così crudel mi lasci?
Così giudice ingiusto or mi condanni?
In così gravi affanni,
in così gran martir, chi mi conforta,
s'Anastasio mi lascia, o dio son morta:
ma che fare più meco
s'ho perduto l'impero ostri reali!
Ite lungi da me pompe fatali.
(getta lo scettro, il manto, e la corona)
Consola Cupido,
quest'alma che pena.
Bel nume d'Amore
dà pace al mio core,
che vive in catena.
Consola Cupido,
quest'alma che pena.
(parte)
Giustino, Erasto, con Guardie, Augusto che sopravviene.
GIUSTINO
Quai portenti rimiro? Al suolo infranti
veggo scettri, e diademi, ah son pur queste
della sublime augusta
le regie spoglie! Oh quanto son fallaci
della sorte i contenti
han sembianze di gioie, e son tormenti.
ERASTO
Olà deponi 'l brando!
GIUSTINO
Questa spada famosa,
che di barbaro sangue è ancor fumante
unqua non deporrò fin ch'avrò core...
ANASTASIO
(che sopraggiunge)
Lascia tosto quel ferro o traditore.
GIUSTINO
(deponendo il brando al piede di cesare)
Mio imperator ecco al cesareo piede
il fido acciar! Eccoti 'l petto ignudo:
io che l'Asia domai
io ch'il cadente, e vacillante impero
più volte assicurai col mio valore
io fellone, io nemico, io traditore?
Cesare! Gran monarca? E non rispondi?
Narrami e in che t'offesi?
Scoprimi almeno il tuo regal sembiante?
Mirami supplicante,
e se mai col pensiero
offesi 'l tuo decoro,
svenami di tua man contento io moro.
ANASTASIO
Al carnefice infame
destinata è tal opra? Ite miei fidi
paghi cogl'occhi il già commesso errore
chi fe' sua scorta un troppo cieco amore?
(parte adirato)
Erasto, Giustino, coro di Guardie.
GIUSTINO
E mi fugge, e non m'ode il fier tiranno!
Così in perpetua notte
dovrò restar sepolto,
perch'aquila amorosa
affisai le pupille al sol d'un volto.
Eufemia idolo amato
scopri 'l volto adorato
dona un breve ristoro a' miei martiri
fa' che morendo in que' begl'occhi io spiri.
(vien condotto altrove)
Amanzio, Erasto.
AMANZIO
Erasto?
ERASTO
Alto campione.
AMANZIO
A non volgar impresa
chiamo il tuo cor.
ERASTO
Disponi
del mio acciar, di mia fé.
AMANZIO
La dèa ch'è cieca
dall'aggirante rota
precipitò Giustino.
Tolto sì gran sostegno al greco impero
agevole mi sia de' sacri allori
coronarmi la fronte.
ERASTO
Anima grande
sempre all'altezze aspira; ovunque 'l chiedi
adunerò a' tuoi cenni armi, e guerrieri.
AMANZIO
La forza, e l'ingegno
donar mi può 'l regno
ch'all'uom che di valore ha 'l petto armato
offre a Giove i diademi, e servo il fato.
Montuosa con tronchi d'alberi dai lati.
Giustino tra le Guardie.
GIUSTINO
Sono questi o Fortuna
i promessi tesori!
Sono questi gli allori,
che la tua mano alle mie tempie aduna
i promessi tesori
sono questi o fortuna!
Ma a chi parli mia lingua? E chi rampogni?
Fur le speranze mie sol ombre, e sogni?
Qui il cielo si copre ad un tratto di turbini con folgori scoccando fulmini, da' quali resta aperta una parte del monte, che formerà un'ampia caverna, nel mezzo della quale vedrassi 'l sepolcro del padre di Vitaliano, con molte lampade sepolcrali d'intorno.
GIUSTINO
Or tra folgori accesi
sembra, ch'il mondo avvampi.
Per me combatte il ciel, libero, e sciolto
mie vendette farò.
Qui leva il ferro ad un Soldato fugando li Custodi, che difendendosi, lo feriscono lievemente in un braccio.
GIUSTINO
Trofeo di questa destra
foste o turbe codarde.
Ma sento il piè tremante, e mortal ombra
or le mie luci ingombra;
chi mi porge ristoro
cado o stelle trafitto, io manco, io moro.
(cade svenuto sopra d'un sasso, per lo spargimento del sangue)
Vitaliano, ch'esce dalla grotta, Ombra del padre di Vitaliano, ch'esce dal sepolcro, Giustino svenuto.
VITALIANO
Da queste orrende grotte
mio asilo tenebroso, ove non osa
portar esule il sole i rai del giorno,
qual fragor bellicoso odo d'intorno!
Ma, che scorgo mie luci, e non è questi
colui, che là nel campo
di catene m'avvinse! Il cielo irato
l'offre in vittima forse al mio furore.
Sì, sì, vo' che dal sonno
passi tosto alla morte.
(leva da terra la spada di Giustino)
Ma qual ignota forza
mi rapisce l'ardir? L'ira sospende?
OMBRA
(ch'esce dal sepolcro)
Frena l'acciar! Contro 'l fraterno sangue
vibri 'l colpo letal, salva un guerriero,
che solo ti può dar vita, ed impero.
(l'ombra sparisce)
VITALIANO
Dall'urna sepolcral quai voci ascolto!
Mio germano è costui, forse fia quegli
di cui sovente il genitor narrommi,
che sul veloce Eufrate
gl'involasse una tigre entro la cuna.
Ma s'egli è di mia stirpe
lo scoprirò alla stella,
che con pallida luce
de Vitalian illustri
splende nel lato manco.
(lo guarda)
Ah, ch'egli è d'esso.
Ma dalla piaga versa l'anima fuggitiva!
Or con succhi possenti
sanerò la ferita, e già sul labbro
par che rieda lo spirto.
GIUSTINO
O ciel, respiro!
E chi sei tu, che del mio mal pietoso
il già reciso stame
Lachesi sforzi a raggruppar sul fuso?
VITALIANO
Vitaliano son io
tuo nemico già tempo, or tuo germano.
GIUSTINO
Che ascolto o dèi, di così nobil pianta
io son tralcio sublime!
VITALIANO
Con portento improvviso
i tuoi natali or pubblicommi 'l cielo,
ma chi è costui, che sembra
aver l'ali alle piante?
Brillo, Eufemia, gl'antedetti, Andronico che sopraggiunge.
BRILLO
Misero, ove m'ascondo?
Ohimè! Per lo timore
l'anima ho già sbarcata all'altro mondo.
EUFEMIA
Fuggiam da questa reggia
resa omai d'empietà tragica scena;
morì Giustino, augusta
prigioniera restò, cesare stesso
cinto è da vil catena, Amanzio ascese
al tirannico soglio, o come vola
di fortuna 'l favore, al par de' venti,
e ogni stato mortal cangia a momenti.
GIUSTINO
Cessin bella i singulti?
Sin che vivrà Giustino, e Vitaliano
saran della tua reggia alto sostegno.
EUFEMIA
Ed è ver, che tu spiri, o mio tesoro!
Fra le tue braccia or le tue sventure adoro.
ANDRONICO
(che sopraggiunge in disparte)
Quai portenti rimiro in un raccolti!
VITALIANO
Su pronte alla grand'opra
si radunin le schiere.
GIUSTINO
S'incida il nostro nome in bronzi, e in marmi.
ANDRONICO, VITALIANO E GIUSTINO
Alla guerra, alle stragi, al ferro, all'armi.
Andronico.
Dèa, che sei nuda, e cieca, io non intendo
della tua rota i giri.
Eufemia con Giustino,
Giustin con Vitaliano, e quando mai
unì fra lor sì gran nemici il fato?
L'orme sue seguirò,
più non vo' lagrimar, per chi è infedele.
Non merta in voto il cor beltà crudele.
Non l'intende in amor chi vuol penar.
Sin ch'ho mercede
conservo fede,
mai non spero gioir col sospirar.
Non l'intende in amor chi vuol penar.
Stanza imperiale.
Anastasio, Arianna incatenati, Amanzio, Erasto, coro di Soldati romani.
ANASTASIO
E dove mi traete empi inumani?
AMANZIO
A quell'acerba pena,
che si deve a un tiranno.
ARIANNA
A te si deve
il toro d'Agrigento,
o di Scinni il tormento.
AMANZIO
Altera donna
chiudi quel labbro, al temerario ardire
saprò troncar le lingua, ite, eseguite.
(s'ode suono di tromba)
Erasto, Giustino, Vitaliano, Eufemia, gl'antedetti.
ERASTO
(verso d'Amanzio)
Ah mio signor.
AMANZIO
Ch'apporti?
ERASTO
Stragi, ruine, e morti: al fier Giustino
con torrente d'armati
or questa reggia inonda.
AMANZIO
(vedendo a comparir Giustino)
Ove fuggo, e m'ascondo? Io non ho scampo.
ARIANNA
Il tuo fasto o fellon sparì qual lampo.
GIUSTINO
Olà tra ferrei ceppi
quel perfido s'annodi, e sia quell'empio
della plebe più vil misero scempio.
(Amanzio vien condotto altrove)
E tu cesare invitto
verso d'un innocente
volgi meno sdegnoso il guardo altero.
ANASTASIO
Mi tradì l'altrui frode alto guerriero.
ARIANNA
(inginocchiata)
Ecco sire al tuo piede
la tua fida consorte.
ANASTASIO
Non più, sorgi o mia diva.
Fu mio l'error, l'anima mia fu rea,
creder macchie nel sol non si dovea.
GIUSTINO
Signor, se vile intercessor non sono
concedi alto monarca
al fratel Vitaliano
Andronico al german pace, e perdono.
ANASTASIO
Tu di sangue sì illustre?
Ah, ch'alle imprese eccelse, all'alma invitta
tralucea la gran stirpe.
Sia destin ciò che brami, eleggo, e voglio
tra cesari Giustin compagno al soglio.
E per dar al tuo merto
della fede regal pegno maggiore
vo', ch d'Eufemia al seno
con catena immortal ti leghi amore.
Olà, dove s'innalza
anfiteatro altero, al novo Marte
si preparin gl'allori.
Or tu mia bella augusta
al sospirato sposo
porgi la bianca destra.
Non più truci tiranni
per te nel cor avrò.
Dolci mi sian gl'affanni
s'alfin t'abbraccerò.
Non più truci tiranni
per te nel cor avrò.
ARIANNA
Pur dopo tante pene
al sen ti stringerò,
teco l'ore serene
alfin io goderò.
Pur dopo tante pene
al sen ti stringerò.
(partono)
GIUSTINO
Pur ci unisce il destino.
Insieme
EUFEMIA
Son tua mio sol, mia vita,
mercé del dio d'amor.
Nel rogo de' tuoi guardi
reso è farfalla il cor.
Son tua mio sol, mia vita,
mercé del dio d'amor.
GIUSTINO
Son tuo mio sol, mia vita,
mercé del dio d'amor.
Al lume de' tuoi guardi
reso è fenice il cor.
Son tuo mio sol, mia vita,
mercé del dio d'amor.
Brillo, Andronico.
BRILLO
Dell'Ercole di Roma
tu sei german, deh lascia
ch'io ti baci le piante,
cinto d'ostro regale
vedrassi fra trionfi
questo novello Marte.
ANDRONICO
Anch'io sarò delle sue glorie a parte.
Sia d'Eufemia Giustino,
più non vo' sospirar per un sembiante,
non v'è pena maggior ch'esser amante.
Ch'il dolce vuol provar
di quella dèa, ch'in mar
ebbe la cuna,
porti mille negl'occhi, e al cor nessuna.
Anfiteatro, nel quale si apre l'Olimpo, e comparisce la Gloria, col tempio dell'Eternità.
Anastasio, Giustino coronati di alloro, coro di Soldati, e di Popolo.
GLORIA
Io che la Gloria sono, e alle grand'alme
serbo premio immortale,
offro al crin di Giustin serto reale.
Le sue glorie,
sue vittorie
porterò sin dove suole
aver la tomba, e aver la cuna il sole.
ETERNITÀ
Ed io, che pria del tempo, e pria del cielo
sempre fui, non mai nata, e di mia luce
formo fra eterni lampi il trono a Giove,
or del livore a scherno
renderò di Giustino il nome eterno.
ANASTASIO
Sì, sì all'uno, e all'altro polo
spieghi il vol l'occhiuta diva.
GLORIA, ETERNITÀ E ANASTASIO
Viva Giustino, evviva.
GIUSTINO
Con aura sonora
dia fiato alle trombe
la fama canora,
il cielo rimbombe
d'applauso giocondo;
da Giustino apprende il mondo,
ch'a virtù l'onor succede,
e della gloria è solo il merto erede.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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