LA GIERUSALEMME LIBERATA
Dramma da rappresentarsi in musica.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
Da qui accedi alla versione estesa del libretto.
Da qui accedi alla versione in PDF del libretto.
Codice QR per arrivare a questa pagina:
Libretto di Giulio Cesare CORRADI.
Musica di Carlo PALLAVICINO.
Prima esecuzione: 28 dicembre 1686, Venezia.
Interlocutori:
Dalla parte de' cristiani | |
GOFREDO |
basso |
RINALDO |
contralto |
TANCREDI |
soprano |
UBALDO |
soprano |
ARIDENO scudiero di Tancredi |
tenore |
Dalla parte de' saraceni | |
ARMIDA |
mezzosoprano |
CLORINDA |
soprano |
ARGANTE |
tenore |
RAMBALDO rinnegato |
tenore |
Personaggi muti:
Raimondo, Guelfo, Sigiero scudiero di Gofredo.
Personaggi che si tramutano per forza d'incanti:
Enrico, Guasco, Guglielmo, Artemidoro, Olderico, Eberardo, Ridolfo, Vincislao, Gherardo.
Illustrissimo
Illustrissimo, ed eccellentissimo signore,
le grand'azioni si consacrano a' gran personaggi. Tale è l'e. v. uno degl'astri più risplendenti dell'Inghilterra; il di cui raggio sfavilla per l'universo con tanta luce, che ormai tutti gli sguardi sono rapiti all'ammirazione. Contemplano il lume, che tramanda la nobiltà del sangue: quello, che esce dalla penna nell'esercizio delle dottrine; e quello, che riverbera dalla spada, tanto ne' finti, quanto ne' veri cimenti. In vostra eccellenza la natura ha depositate tutte le sue meraviglie. Fu ricompensa del merito, il quale vien riconosciuto fin dalle corone; mentre lo trattano con queste precise marche di stima. Molto confidente, e molto ben'amato cugino di sua maestà britannica. Altre prerogative rendono cospicua la persona di v. e. e per esser figlio di quel Ruberto, il più nobile, e più bel fregio, che mai avesse la camera regia, e per esser nipote di quell'Edoardo gran ciambellano d'Inghilterra, che generosamente contribuì e forza, e sapere per istabilire sul trono il suo Giove Carlo Secondo di felice memoria. Ad un patrocinio sì grande umilio dunque la mia Gierusalemme; implorando un benignissimo aggradimento, per poter dichiararmi sin alle ceneri
di v. e.
umilissimo, devotissimo et ossequientissimo servo
Giulio Cesare Corradi
Cortese lettore
Eccoti la Gierusalemme liberata. Non rimproverarmi per la qualità del titolo. Questo non è poema. È un drama estratto bensì dal più nobile di tutti i poemi. Per ridurlo a tale stato non ci ha voluto poca fatica. Lo conoscerà chi sa ben conoscere. Se in esso dal canto mio non ritroverai, che lodare: loderai almeno quel gran motivo, che ho avuto di farti vedere nelle presenti contingenze sulle scene dell'Adria il redivivo trionfo, che quanto prima vedrai non fintamente a camminare per le strade di Venezia. Credilo, e vivi felice.
La musica è del famoso sig. Carlo Pallavicino, e tanto basti.
L'architettura, e pittura del signor Ippolito Mazarini.
Gl'abiti del sig. Gasparo Pellizari.
Breve delucidazione
Non descrivo l'istoria del Buglione; sapendo, ch'a tutti è già nota. Dirò solo quello, che si suppone, e che si finge.
Si suppone, che già Gofredo si trovi all'assedio di Gierusalemme. Che Armida abbia sfiorato il di lui esercito de' principali capitani. Che fra Tancredi, e Argante sia seguito il primo duello.
Si finge, che Ubaldo dopo aver penetrato dal mago esser Rinaldo prigioniero d'Armida, ed avuto il modo di liberarlo, vadi a ragguagliarne Gofredo. Che Clorinda desiderando intraprendere in vece d'Argante il secondo duello stabilito con Tancredi il sesto giorno, ed essendoli negato, voglia servire il sudetto Argante d'araldo. Che Argante sia innamorato di Clorinda. Che Rinaldo sogni esser condotto via dagl'alberghi d'Armida, che Rinaldo si trovi prigioniero nello stesso castello dove si ritrovava Tancredi: questi, ed altri verisimili con qualche posposizione di tempo sono stati necessari per dar' intreccio al presente dramma, intitolato la Gierusalemme liberata.
Bipartita.
Da una parte fuga di padiglioni cristiani, dall'altra fortificazione esteriore difesa da un ammasso di saraceni sopra della quale vedesi Argante, e Clorinda con un cannocchiale nella destra, che guardano nell'esercito nemico. In lontano le mura di Gierusalemme.
Gofredo in atto malinconico assiso in mezzo al di lui padiglione circondato da Principi, e Capitani.
GOFREDO
Un'acerba rimembranza,
sforza l'alma a sospirar
perché scema la speranza
che tenea di trionfar.
Un'acerba rimembranza,
sforza l'alma a sospirar.
Duci, v'è noto come
una beltà lasciva,
de' più forti campioni,
trionfò col sol guardo: o di nostre armi
perdita vergognosa: almeno voi,
nell'esempio d'Armida,
riflettete più cauti,
che la voce di donna è sempre infida.
Ubaldo con verga, e scudo fatale nella destra. Gofredo
UBALDO
Signor, ritorna al volto
la perduta allegrezza: io so qual aure
spira Rinaldo, e la possanza ottenni
di renderlo a Gofredo.
GOFREDO
(leva in piedi)
Ciò, ch'udisti dal mago espor ti chiedo.
UBALDO
Egli, che dagl'abissi
non invoca poter, ma che dagl'astri
tutto gli vien, mi disse,
che prigionier d'Armida
era l'invitto eroe.
GOFREDO
(Numi che sento?)
UBALDO
Allettato da certa
amenità di sito, in dolce sonno,
per opra dell'infida,
s'abbandonò l'incanto; e fissa l'empia
nel suo vago sembiante,
il trasse dove, or lo vezzeggia amante.
GOFREDO
Forse maga è costei?
UBALDO
Sì; ma d'inferno
usa l'arte esecranda.
GOFREDO
E come puoi,
vincere Ubaldo tu gl'incanti suoi?
UBALDO
A questa verga: a questo
scudo fatal, che miri
l'autorità fu data.
GOFREDO
Movi dunque ver lei la destra armata.
UBALDO
Già m'accingo al partir.
GOFREDO
Sappi, che lungi
dalle tende latine
erra Tancredi anch'esso.
UBALDO
D'un sì prode guerriero, o grave eccesso.
GOFREDO
Per tal cagion languisce
l'impresa di Sion.
UBALDO
Fa' core, e spera
con trionfo sì degno
di coronarti il crine:
tua si farà l'alta conquista alfine.
Chi pugna per il ciel,
in terra vincerà
combatta pur fedel,
che la vittoria avrà.
Chi pugna per il ciel,
in terra vincerà.
Gofredo, e suddetti.
GOFREDO
Alle voci d'Ubaldo
l'alma si riconsola, e quella speme,
che languida poc'anzi,
semiviva parea; cangiato aspetto,
torna il vigor a rinforzar nel petto.
Si cangia in ardire
la tema del cor.
Lo spirto guerriero,
al grado primiero,
richiama il valor.
Si cangia in ardire
la tema del cor.
Argante, e Clorinda discesi a basso.
ARGANTE
Che ne dici?
CLORINDA
Raccolsi
dell'esercito franco, in questo vetro
le distinte notizie.
ARGANTE
Io vidi pure
l'assedio tutto: vidi
l'ordine delle tende,
de' nemici il comparto; e quasi quasi
ogni guerrier.
CLORINDA
Ma non Tancredi.
ARGANTE
Il guardo
cercollo invano.
CLORINDA
Ebbene?
Mi permetti, che seco
del sesto dì m'accinga
in tua vece al cimento?
ARGANTE
Oh dio! Condona,
se di novo m'oppongo
alla richiesta: il patto
a pugnar col superbo
obbliga solo Argante.
CLORINDA
Egli fe' già del tuo valor la prova.
ARGANTE
Ma rimase fra noi,
per cagion della notte
indecisa la palma.
CLORINDA
Deh la nova tenzon cedi a quest'alma.
ARGANTE
Non ti posso ubbidir.
CLORINDA
Chiaro argomento
di non amarmi.
ARGANTE
E vuoi,
che per anima vile
mi giudichi costui?
CLORINDA
Diversamente
parlano in lui le piaghe.
ARGANTE
Non fui senza di quelle.
CLORINDA
Lascia al mio braccio il vendicarle.
ARGANTE
Al mio
serbasi tal ragione.
CLORINDA
Di Clorinda non sei tu più campione.
(gli volta le spalle)
ARGANTE
Un fulmine m'avventi.
CLORINDA
Provocato da te.
ARGANTE
Tempra lo sdegno.
CLORINDA
Non opporti a mie brame.
ARGANTE
Necessaria repulsa.
CLORINDA
Or odi; almeno
piacciati, che d'araldo
servirti debba.
ARGANTE
O questo sì.
CLORINDA
Rimango
già soddisfatta.
ARGANTE
Ad Aladin, veloce
parto per annunciargli
sì bizzarro coraggio.
CLORINDA
Quando usciremo in campo?
ARGANTE
Tosto, che il primo sol pubblichi il raggio.
Dalle piaghe, che fan tuoi lumi
a far piaghe apprenderò:
ed i soliti lor costumi
nel dar morte imiterò.
Dalle piaghe, che fan tuoi lumi
a far piaghe apprenderò.
(entra in città)
Clorinda, e Soldati.
CLORINDA
Il valor, che risplende
nella spada d'Argante
ad amarlo mi sforza;
ma se crede, che vasta
sia la fiamma, che m'arde: oh quanto cade
il misero in errore:
quell'amor, che m'accende è un altro amore.
Amo il dio, che sempre armato
sfida in campo a guerreggiar:
ma non quel, che faretrato
sa nell'ozio trionfar.
Amo il dio, che sempre armato
sfida in campo a guerreggiar.
Amo il dio, ch'ognor guerriero,
prove fa di gran valor,
ma non quel, che cieco arciero
sol dell'arme è feritor.
Amo il dio, ch'ognor guerriero,
prove fa di gran valor.
(entra ella pure in città)
Finimento di selva sull'annottarsi che termina in un prato fiorito con il castello d'Armida.
Tancredi, e Arideno.
TANCREDI
Arideno.
ARIDENO
Signor.
TANCREDI
Nemmen qui s'ode
strepito, che m'accerti
l'esser per questa selva
inseguita Clorinda.
ARIDENO
Eh sallo il cielo
dove rivolga il piede.
TANCREDI
Il pericolo suo l'alma mi fiede.
ARIDENO
Avrà forse la notte
ricovrata costei.
TANCREDI
S'avvien, ch'offesa
dal germano d'Alcandro
resti la bella mia: giuro, o buon servo,
quel fulmine veloce
di portar nel suo cor vendetta atroce.
ARIDENO
E con ragion.
TANCREDI
Risolvo,
prima, che maggiormente
creschino l'ombre al bosco: a nostre tende,
far celere ritorno;
poiché col fiero Argante,
dimani appunto è della pugna il giorno.
ARIDENO
Andiam: ma qual se n' giunge,
sovr'alato destrier uom, che agl'arnesi
di messaggio ha sembianza.
Corriero a cavallo, e suddetti.
TANCREDI
Amico il corso
frena per cortesia:
al dubbio passo addita
ver il campo latin qual è la via.
CORRIERO
Non v'esorto fra l'ombre
ad incerto cammin: lungi non poco
l'esercito dimora:
me seguite agl'alberghi,
che là trarrovvi alla nascente aurora.
(gira il cavallo, e si invia verso il castello)
TANCREDI
(vuol seguitarlo)
Sì, sì.
ARIDENO
(lo trattiene)
Meglio rifletti: è mal sicura
sempre notturna guida.
TANCREDI
Ah non c'arretri
vile timor: a suo piacer ci volga
costui per l'aer cieco:
non dubitar mentre Tancredi hai teco.
(suona il corrier tre volte la tromba, e si vede calare un gran ponte dal castello, sopra di cui egli ascende con fretta)
ARIDENO
(Ahi che veggio!)
TANCREDI
(Che miro!) Al rauco suono
del ritorto strumento il ponte abbassa
temuto ampio castello!
ARIDENO
Orror infonde
l'inespugnabil sito.
TANCREDI
Entrisi.
(vuol di nuovo incamminarsi ver'esso, e il servo lo trattiene)
ARIDENO
No mal cauto: in me s'accresce
il sospetto di frode.
TANCREDI
Chi non vince i perigli è senza lode.
Con i rischi della morte
son avvezzo a contrastar.
E ne' rischi, il braccio forte
uso è sempre a trionfar.
Con i rischi della morte
son avvezzo a contrastar.
All'improvviso illuminatosi tutto il castello, e comparso il cielo stellato, si vede Rambaldo, che frettolosamente discende dal suddetto ponte con spada nuda nella destra, assistito da Armida che sovra il castello si trattiene invisibile.
ARIDENO
Ah duce duce: vedi
come con destra armata
all'apparir di mille faci ardenti,
rapido, e minaccioso
guerrier ver te se n' viene.
TANCREDI
In difesa l'acciar stringer conviene.
(mette mano alla spada)
Rambaldo, e suddetti.
RAMBALDO
(verso Tancredi)
O tu qualunque sei, ch'ora qui giungi
tosto l'armi deponi.
ARIDENO
(Ohimè.)
TANCREDI
Che l'armi
io deponga o fellone?
RAMBALDO
Olà, così d'Armida
vilipendi un campione?
ARIDENO
(piano a Tancredi)
Flemma signor.
TANCREDI
Campione tu? diverso
ti dichiara la fama.
Scellerato Rambaldo
ti conobbi agli accenti:
e non sai, che sei quello,
che sacrilego, ed empio
il più vero de' riti
nel più falso cangiasti:
con obbrobrio del nome:
con infamia del sangue:
della patria con scorno: onde non merti
solo ch'esser chiamato
il peggior de' mortali:
il più tristo fra rei:
il ribelle de' numi:
e con titoli degni,
fregiarti ancor o traditor presumi?
RAMBALDO
A parlar troppo audace
non si dà la risposta,
che con lingua di ferro.
(vuol tirar una stoccata a Tancredi)
ARIDENO
(gliela ripara)
Ah guarda!
TANCREDI
Lascia,
ch'a momenti a' suoi piedi
lo svenerà Tancredi.
(si mette in guardia)
RAMBALDO
Tancredi tu?
(abbassa la punta della spada a terra)
TANCREDI
Tancredi sì: che forse
ti sgomenti a tal voce?
RAMBALDO
(Astri che sento!)
TANCREDI
(lo invita a combattere)
Su: via...
RAMBALDO
(Tropp'egli è prode.)
TANCREDI
(fa il medesimo)
Vibra l'acciar, che stringi
RAMBALDO
(Che deggio far?)
TANCREDI
Codardo
e tardi ancor?
(lo percuote con la spada sulla spalla)
RAMBALDO
Codardo a me? non posso
più sopportar l'oltraggio:
qui l'invisibil maga
forse al timido cor darà coraggio.
Un cieco ardimento
ti guida a morir.
Con pronto valore
saprò del tuo core
l'audacia punir.
Un cieco ardimento
ti guida a morir.
Segue il duello fra Tancredi, e Rambaldo.
ARIDENO
Giove pietoso assisti
al tuo duce fedel: fa' ch'ei rimanga
l'uccisor di quel mostro:
umile per tal grazia al suol mi prostro.
(incalzato Rambaldo da Tancredi fugge sul ponte nel castello)
TANCREDI
O vile, e fuggi? il brando
ti seguirà: ma qual inganno! tutte
s'estinguono le faci...
(spariscono i lumi)
TANCREDI
Resto fra l'ombre cieche:
più non miro l'indegno: o iniquo: questi
sono i maggior tuoi vanti:
per sottrarti alla morte,
in mancanza d'ardir usar gl'incanti?
ARIDENO
Partiam Tancredi.
TANCREDI
(va per la scena)
Voglio
prima tra questi orrori,
tracciar l'anima infida.
ARIDENO
Lo cerchi invan sei prigionier d'Armida.
(sparisce)
Tancredi all'improvviso si trova imprigionato con Arideno.
ARIDENO
Misero me che ascolto.
TANCREDI
Ah troppo è vero:
in carcere son io ferreo ritegno
sento, che fra catene
a rimaner mi sforza.
ARIDENO
Volesti aver ogni malan per forza.
TANCREDI
Assai mi pesa, o fido
l'impegno con Argante: e più che l'alma
smarrita ha la speranza
di riveder Clorinda: o fato, o sorte
quanto mi foste avversa.
ARIDENO
Di Clorinda, e d'Argante
a me più cal la libertà, ch'ho persa.
TANCREDI
Amor se non vedrò
il sol, che m'invaghì,
tu sai qual pena avrò.
Non potrò star così
al certo morirò.
Amor se non vedrò
il sol, che m'invaghì,
tu sai qual pena avrò.
Camera d'Armida alla turchesca con trasparenti, e volo d'otto amorini, che formando un padiglione per aria chiudono il prospetto della medesima.
Armida.
ARMIDA
Tutta giubilo, e tutta riso
è quest'anima, o dio d'amor:
resta quasi nel seno anciso
dalla gioia l'allegro cor.
Tutta giubilo, e tutta riso
è quest'anima, o dio d'amor.
Per opra di mie frodi
il famoso Tancredi
geme anch'esso tra ceppi: il fiore omai
de' latini campioni
in mio poter rimane:
or sì, che crede Armida,
che del prode Buglion l'arme sian vane.
Ma pria, che nel cammino
più s'inoltri la notte: irne compagna
vo' di chi fra le piume
solo qui posa, e giace;
voi scopritelo tosto:
l'alma senza il suo bene è senza pace.
Squarciato il padiglione dagli amorini che spariscono a volo, si scopre Rinaldo, che dorme sopra pomposo, e fiorito letto a cui s'avvicina Armida.
ARMIDA
Occhi chi non vi mira
non sa che sia beltà:
il sol dell'ombre è duce
se con la vostra luce
il paragon si fa.
Occhi chi non vi mira
non sa che sia beltà.
Rinaldo, che sognando balza dal letto ad occhi chiusi, e Armida.
RINALDO
Lasciami iniquo: e dove
dagli alberghi d'Armida
mi conduci lontano?
ARMIDA
(Sogna.)
RINALDO
Lascia ch'io torni
in seno all'idol mio.
ARMIDA
(Ei sogna sì.)
RINALDO
Lasciami dissi oh dio...
ARMIDA
(prendendolo per un braccio)
Rinaldo.
RINALDO
E ognor più stretto
osi afferrarmi o indegno?
ARMIDA
(lo scuote)
Svegliati, sono Armida.
RINALDO
Ti renderò delle mie furie il segno.
ARMIDA
(lo scuote con maggior empito)
Deh svegliati una volta.
RINALDO
(apre gli occhi)
Armida.
ARMIDA
E quale
violenza del sonno
a delirar ti sforza?
RINALDO
Ah sappi, o bella,
che da mano furtiva
lungi da queste soglie
ero condotto a viva forza.
ARMIDA
Il tutto
già per tua bocca intesi.
RINALDO
E il vero ancora
parmi sognar ad occhi aperti.
ARMIDA
Eh scaccia
dalla mente le larve.
RINALDO
Ecco l'audace,
che pur tenta involarmi.
ARMIDA
E dove o stolto?
RINALDO
Miralo.
ARMIDA
Tu vaneggi.
RINALDO
La fantasia ti fa veder quel volto.
ARMIDA
Dimmi ravviseresti
l'effige di costui?
RINALDO
Certo.
ARMIDA
Sarebbe
forse Latin?
RINALDO
Latino.
ARMIDA
In questo punto
uno de' tuoi, rimase
entro miei lacci avvinto:
s'egli è 'l ceffo aborrito
cader potrà dalle tue mani estinto.
RINALDO
In quel seno
qual baleno
l'ira accesa avventerò.
E d'un core
traditore
fiera strage or or farò.
In quel seno
qual baleno
l'ira accesa avventerò.
ARMIDA
Verrà fra poco il prigioniero intanto
ricomponi dell'alma
l'agitate potenze:
abbandona i timori
tutte richiama in viso
le perdute bellezze:
rallegra i rai: la smorta guancia innostra:
se mesta non mi vuol lieto ti mostra.
Su quel labro il dolce riso
fa' che torni a pullular:
senza il solito tuo brio
un dolor acerbo, e rio
mi costringe a lacrimar.
Su quel labro il dolce riso
fa' che torni a pullular.
Rinaldo cogitabondo.
Dalla torbida idea
scacciar invan procuro
l'immagine concetta:
par che debba avverarsi
ciò, che la mente ingombra:
per affligger quest'alma ha corpo un'ombra.
Mi lacera il timor
di perdere il mio ben.
Piuttosto, o cor vorrei,
che fra tormenti rei
tu mi mancasti in sen.
Mi lacera il timor
di perdere il mio ben.
Tancredi, e Arideno incatenati condotti da Rinaldo.
TANCREDI
In qual parte, o felloni
fra pesanti catene
voi strascinate il piè?
ARIDENO
Un poco più di carità per me.
RINALDO
(Che rimiro!)
TANCREDI
(Che veggio!)
RINALDO
Questi è Tancredi.
TANCREDI
(verso Arideno)
Questi
è Rinaldo.
ARIDENO
È d'esso.
RINALDO
Amico.
(corrono ad abbracciarsi)
TANCREDI
Amico.
RINALDO
Come sei tra ritorte?
TANCREDI
L'arte dell'empia Armida
ordì poc'anzi al mio destin tal sorte.
ARIDENO
(Tremo per la paura della morte.)
RINALDO
Empia ad Armida? il nume
della beltà? quella, per cui sospiro?
Emèndati del fallo, o qui m'adiro.
TANCREDI
(Che sento?)
RINALDO
Il mondo tutto
non ha donna più degna:
prodiga nei favori
nelle grazie propensa:
affabile, gentile:
ricca d'ogni virtù: che generosa
mille volte mi fece
arbitra del suo trono:
e l'oltraggi così?
ARIDENO
(piano a Tancredi)
Chiedi perdono.
TANCREDI
(Tolgalo il ciel!)
RINALDO
M'avveggio,
che superbo ricusa
di correggersi il labbro;
pensaci bene: o forse
la stessa morte avrai
che serbavo ad altrui.
ARIDENO
(L'indovinai.)
TANCREDI
Amor accieca a tua ragione i rai.
RINALDO
In difesa del mio bene
l'armi sempre impugnerò.
Son dall'obbligo costretto
far ragione a quell'oggetto,
che quest'alma innamorò.
In difesa del mio bene
l'armi sempre impugnerò.
Tancredi, ed Arideno.
ARIDENO
Signor, udisti quale
sciagura a noi sovrasta?
TANCREDI
Per superarla è in me valor, che basta.
ARIDENO
Come? se fra catene
d'ambo ristretto è 'l piè.
TANCREDI
Ma non ristretta
fra catene è la mano.
ARIDENO
L'adopra, o duce, un prigionier invano.
TANCREDI
Prima, che dalla morte
cada oppresso Tancredi
dell'uccisor vedrai
l'anima vile a traboccarmi ai piedi.
ARIDENO
E che giova? se teco
dopo simil bravura
dovrò chiudermi alfine in sepoltura.
TANCREDI
Fa' coraggio Arideno.
ARIDENO
Non posso.
TANCREDI
E quando ancora
fosse comune il fato
incontrisi animoso.
ARIDENO
E non t'affligge
il perdere Clorinda?
TANCREDI
Assai: ma l'alma
soffre invitta il tormento.
ARIDENO
È di tempra maggior quel duol, ch'io sento.
TANCREDI
Che gran pena è la tua?
ARIDENO
Che pena?
TANCREDI
Sì.
ARIDENO
Lascio... Mi scoppia il cor.
TANCREDI
Chi lasci? Chi?
ARIDENO
Lascio la cara moglie.
TANCREDI
Il ciel t'invola
dal maggior d'ogni impaccio.
ARIDENO
Lascio gl'amati figli.
TANCREDI
Un peso al mondo,
ch'il ricco aggrava, e ch'il mendico opprime.
ARIDENO
Lascio i parenti.
TANCREDI
Tutti
traditori al suo sangue.
ARIDENO
Gli amici.
TANCREDI
O non li trovi,
o che li trovi infidi.
ARIDENO
So che tu dici il vero:
già già l'anima ardita
più la morte non teme:
vadano alla malora
moglie, figli, parenti, e amici ancora.
TANCREDI
Se mi dà pena, o no
a perder il mio bene, amor lo sa.
Ma la crudel fortuna,
che tutti i mali aduna
così già destinò
né mai si cangerà.
Se mi dà pena, o no
a perder il mio bene, amor lo sa.
Armida anelante.
Dov'è Rinaldo? dove
fuori dalle mie stanze
uscì con tanta fretta? oh dio! qui venni
per intender da lui
l'esito con Tancredi
e non lo trovo... impazïente anelo
saper se della mente
all'inquieto spirto
recò pace, o più guerra.
Ratta da questo suolo
a rintracciar la cara effige io volo.
Non sa se debba ridere,
o piangere il mio cor.
Vol ridere,
vol piangere
vol gioia, vol dolor.
Non sa se debba ridere,
o piangere il mio cor.
Non sa se desta gemiti,
o giubilo il mio sen.
Vol gemiti
vol giubilo,
vol fosco, vol seren.
Non sa se desta gemiti,
o giubilo il mio sen.
Colline nevicate sul far del giorno con padiglioni illuminati sopra di esse da' quali risvegliati al tocco di tromba nemica, escono le Milizie di Gofredo, ed egli stesso con molti altri Capitani.
GOFREDO
Da qual suono improvviso
di nemico oricalco
desto è Gofredo? e minaccioso intorno
riempiendo il suol di lutto
par, che sfidi a battaglia il campo tutto.
Ecco dal vicin colle
spuntar nemico araldo, e là fermarsi.
Guerrier, che nell'aspetto
sembrava un Marte gigante:
se non erro all'insegne è questi Argante.
Mi predice il core afflitto
ch'a penar ritornerò.
Già dal seno
qual baleno
il gioir si dileguò.
Mi predice il core afflitto
ch'a penar ritornerò.
Clorinda in abito da araldo. Gofredo con suoi Capitani, ed Argante a cavallo che si ferma in lontano fra due colline assistito da buon numero di Saraceni.
CLORINDA
Signor, che ben dimostri
al venerando aspetto
esser il primo duce: a te m'invia
colui, che con Tancredi
già cominciò la pugna; eccolo: annuncia
or con le voci mia,
che secondo il concerto
venne per ultimarla al sesto die.
GOFREDO
(verso i suoi capitani)
S'avveraro i preludi: egli dal campo
manca, che son più giorni.
CLORINDA
È la disfida
comune a tutti: il prode Argante include
Tancredi pria, né però gli altri esclude.
GOFREDO
(verso Clorinda)
Intesi.
CLORINDA
E che rispondi?
GOFREDO
Il passo inoltri
chi vuol guerra con noi.
CLORINDA
Tu pur affidi
la di lui sicurezza?
GOFREDO
Non è quest'alma a tradimenti avvezza.
CLORINDA
Vieni, vieni o duce invitto
vieni in campo a trionfar.
Il rival cadrà trafitto
sol del brando al lampeggiar.
Vieni, vieni o duce invitto
vieni in campo a trionfar.
Argante che s'avanza a cavallo fino in mezzo l'esercito cristiano: ivi giunto discende, e per qualche spazio di tempo resta guardandosi attorno senza parlare.
Gofredo, e detti.
ARGANTE
Eccomi nell'arringo:
ma non spunta Tancredi? o gente invitta,
o popolo guerriero, e dove giace
il terror di vostr'armi? aspetta forse
la notte, ch'altre volte a lui soccorse?
GOFREDO
(Quasi con dura sferza
lo scherno di costui l'alma flagella.)
ARGANTE
Veng'altri s'egli teme.
Vengan le squadre intere:
i duci a stuolo, a stuolo:
ch'a pugnar con Argante
giurovi che non basta un uomo solo.
GOFREDO
Senza indugio, o Raimondo
fallo apparir mendace: ora o superbo
t'avvedrai ne' contrasti
se questo solo, o se tu sol non basti.
ARGANTE
Che fa dunque Tancredi?
fugge forse da me? ma fugga pure
nel centro anco d'abisso: il ferro mio
lo giungerà.
GOFREDO
Menti nel dir, ch'uom tale
fugga da te, ch'assai di te più vale.
ARGANTE
Riserbo ad altro tempo
il vendicar l'offesa: omai ci desti
la tromba alla tenzone.
GOFREDO
(fa moto a Raimondo che entri nello steccato)
A punir quell'audace esci, o campione.
ARGANTE
Al nume guerriero
non cedo al pugnar.
Di Marte più fiero
so l'arte vibrar.
Al nume guerriero
non cedo al pugnar.
Segue il duello alla vista dell'esercito nel qual tempo esce un vapore sotterraneo in guisa di nuvola, che si tramuta in Clorinda, quale s'arresta ad Oradino Sagittario, e fa, ch'egli scagli uno strale a Raimondo: dal che irato Gofredo così parla contro Argante.
GOFREDO
O scellerato: queste
son le prodezze tue? per man d'altrui
sopportar, ch'a Raimondo
voli pennuta morte? olà miei fidi
ecco rotta la fé: suvvia l'ardire
castigate degl'empi: all'armi, all'ire.
S'incontrano li Cristiani, e li Saraceni; fra i quali segue fierissimo combattimento.
Giardino d'Armida in forma di labirinto con spelonca nel mezzo.
Rinaldo solo.
Voi ridete erbette, e fiori,
ma non rido io già così;
nel mio volto
dove il brio stava raccolto
la mestizia oggi apparì.
Voi ridete erbette, e fiori,
ma non rido io già così.
Armida, e Rinaldo.
ARMIDA
O mio bel sole: appunto
te sospiravo: e come
al popolo odoroso
giri torbidi i rai, svelami: forse
dell'effige sognata
ritrovasti in Tancredi
alcun vestigio?
RINALDO
No.
ARMIDA
Perché rimane
l'alma sì trista ancora?
RINALDO
Perché misera teme
di perdere colei, che tanto adora.
ARMIDA
Chimere.
RINALDO
Ah che ben spesso
de' vicini accidenti
son precursori i sonni.
ARMIDA
Orsù: di quanti
cavalieri latini
trovansi ne' miei tetti orrenda strage
io ne farò.
RINALDO
Non tanto sangue...
ARMIDA
Almeno
dal timor, che t'ingombra
vo' liberarti. Olà custodi: tosto
disserrato lo speco
gl'itali prigionieri
venghino al mio cospetto.
Meco intanto qui siedi
ch'una scena vedrai di gran diletto.
Dalle Guardie viene aperta la porta della spelonca; intanto Armida preso Rinaldo per la mano lo conduce seco a sedere sopra un cespo di fiori.
ARMIDA
Voglio per forza, o caro,
che tu rallegri il cor.
L'occhio, la guancia, il labbro,
se di mestizia è fabbro
più non risveglia amor.
Voglio per forza, o caro,
che tu rallegri il cor.
Escono dalla spelonca Tancredi, Arideno, e tutti li Cavalieri imprigionati da Armida.
TANCREDI
Eccoci in libertà: su via compagni
tentisi, benché inermi
dar la morte ad Armida.
ARIDENO
Sì sì la rea con nostra man s'ancida.
Corrono per avventarsi ad Armida, e restano tutti immobili nel suolo.
TANCREDI
Ma come all'improvviso
immobile rimango?
ARIDENO
E come, o dio,
perde qui l'uso il passo?
TANCREDI
Sembra un tronco ciascun.
ARIDENO
Ciascuno un sasso.
ARMIDA
(levandosi in piedi)
O temerari: e tanto
(con furia)
contro di me s'ardisce? ignoto forse
v'è 'l mio poter? in tronco, e sasso: appunto
trasformarvi vogl'io: tosto si cangi
in virtù de' miei carmi
altri in belve, altri in piante, ed altri in marmi.
RINALDO
Meritato castigo.
TANCREDI
Omai di lupo
prese Enrico l'effige.
(si tramuta)
ARIDENO
Guasco è in tigre converso.
(fa il medesimo)
TANCREDI
In leone Guglielmo.
(fa il medesimo)
ARIDENO
Artemidoro in orsa.
(fa il medesimo)
TANCREDI
In cipresso Olderico.
(fa il medesimo)
ARIDENO
Eberardo in macigno.
(fa il medesimo)
TANCREDI
Ridolfo, e Vincislao
già divennero augei.
ARIDENO
Gherardo alfine
in altra specie ha tramutato il crine.
(fa il medesimo)
ARMIDA
(a Rinaldo)
Che dici?
RINALDO
Bizzarro.
TANCREDI
Io stesso in bruto
sento cangiarmi.
(diventa mezzo satiro)
ARIDENO
Io pure
prendo forma novella.
Almen cangiando sesso
divenisse Arideno una donzella.
(diventa mezzo cavallo)
TANCREDI
Perfida maga: queste
son l'opre tue? Della ragion al lume
simili oltraggi arrechi?
Nella mente dell'uomo
il ciel splender la fece, e tu l'acciechi?
RINALDO
(ad Armida)
Deh rendigli ti prego
la primiera sembianza.
ARMIDA
Volentieri.
RINALDO
E più tosto
mandali in ceppi altrove.
ARMIDA
Di mia possanza ora vedrai le prove.
(batte un piede per terra, e tutti ritornano nella prima sembianza)
RINALDO
O prodigiosa Armida!
ARMIDA
Immantinenti
ver Gaza al re d'Egitto
siano condotti in dono.
ARIDENO
Vo' guardar in disparte
se da quello, che fui diverso io sono.
TANCREDI
Donna rea di me tu ridi,
ma di te mi riderò.
Porgerò preci al tonante,
che con destra fulminante
arda un dì chi m'oltraggiò.
Donna rea di me tu ridi,
ma di te mi riderò.
Armida, e Rinaldo.
ARMIDA
Ora da tuoi sospetti
libero pur sarai: meco di nuovo
siedi tra questi fiori;
qui scherzino, o Rinaldo i nostri amori.
(preso per una mano Rinaldo torna seco a sedere nel loco di prima)
Insieme
ARMIDA
Quel labbro
m'invita a goder.
Un sol de' tuoi baci,
contiene
immenso piacer.
Quel labbro
m'invita a goder.
RINALDO
Quel seno
m'invita a goder.
Un semplice amplesso
rinchiude
immenso piacer.
Quel seno
m'invita a goder.
(Rinaldo si lascia cadere nel seno d'Armida, ed ella gli pone una corona di rose sul capo)
Ubaldo colla verga, e scudo fatale nella destra, che spunta da una siepe di rose.
UBALDO
Eccomi giunto alfine
a discoprir Rinaldo: o vista e giace
seco la sua diletta:
egli in grembo alla donna: essa all'erbetta.
Levandosi in piedi Armida, Ubaldo si ritira.
ARMIDA
Ai domestici affari
per poco o mio tesoro
partir degg'io: quivi rimanti: or ora
verran mie luci a rivederti ancora.
RINALDO
Deh non far, o mio sol lunga dimora.
ARMIDA
Bel labbro m'offendi
a dirmi così:
s'in petto a chi s'ama
più l'alma soggiorna,
per forza ritorna
con celere brama
da dove n'uscì.
Bel labbro m'offendi
a dirmi così.
Rinaldo, e poi Ubaldo.
RINALDO
È tanta la gran fiamma,
che per Armida io sento,
che lontano da lei
un secolo mi par ogni momento.
Mi piace amar davvero,
e amar con fedeltà.
Così si deve far.
Amar per bene amar,
e non per vanità.
Mi piace amar davvero,
e amar con fedeltà.
UBALDO
Agl'occhi di Rinaldo
l'adamantino scudo
offrasi omai: già già rapito il guardo
viene dal fatal lampo
più non si tardi ad intimar lo scampo.
Rinaldo s'affissa nello scudo rappresentatogli agli occhi da Ubaldo
UBALDO
O grand' eroe pur vedi
qual sei: come nel terso
lucidissimo acciar: il manto: il crine
spira tutto lascivie? e come il ferro
da lusso effeminato
guarnito è sì, ch'inutile ornamento
sembra non militar ferro istrumento.
RINALDO
(Cieli! sogno! o son desto!)
UBALDO
Deh sorgi, o duce invitto:
va l'Asia tutta, va l'Europa in guerra,
te solo in ozio vile,
principe generoso
scioperato ne stai? dell'universo
te solo il moto, nulla
move egregio campion d'una fanciulla?
RINALDO
(O mia vergogna eterna!)
UBALDO
E qual letargo
tien l'anima sopita?
Su su fatal guerriero:
te 'l campo: te Gofredo:
te la sorte: il trionfo,
ansioso attende: vieni, e l'empia setta,
che già crollasti a terra estinta cada
sotto l'inestinguibile tua spada.
RINALDO
Non più: taci: a bastanza
tu mi festi arrossir: chiuso n'andrei
e sotto il mare: e dentro
il foco per celarmi, e giù nel centro.
UBALDO
Non ti smarrir hai tempo
di risarcir' il danno.
RINALDO
O dio! sin ora
in questa dimorai
stolida cecità? con questi arnesi
sciocco adornai me stesso? itene, o indegne
pompe di servitù, miserie indegne.
Si squarcia le spoglie d'intorno, e le getta a terra.
UBALDO
Generoso dispregio.
RINALDO
Ubaldo il cielo
qui ti condusse: ah sappi
ch'egli la tua venuta
femmi veder' in sonno.
UBALDO
Il cielo appunto
fu la mia guida, e volle
che meco ora t'accingi
a subita partenza.
RINALDO
Andiam: ma come
dall'incantato albergo
potrem fuggir?
UBALDO
Con la virtù di questa
verga fatal, ch'io stringo
vi penetrai: con la medesma ancora
ritroverem l'uscita.
RINALDO
Tu mi precorri, e intanto
e certa via nel laberinto addita.
UBALDO
Guarda non ti lasciar
vincere da beltà se più la miri.
Tu sai come diletta,
ma come tien ristretta
l'anima fra martìri.
Guarda non ti lasciar
vincere da beltà se più la miri.
Rinaldo.
No no: già son risolto
d'abbandonar Armida
conobbi già ch'ogni bellezza è infida.
Esser non voglio più
più schiavo o cor
d'amor
né star in servitù.
Non so se tu m'intendi
se pur m'intendi tu.
Esser non voglio più
più schiavo o cor
d'amor
né star in servitù.
Armida, che torna per ritrovar Rinaldo.
Misera me che veggio?
Qui Rinaldo non trovo?
(lo va cercando per scena)
Rinaldo, anima mia, forse tra questi
laberinti frondosi
per ischerzo ti celi? esci: né lascia
di tua vista digiuni
i famelici rai: vieni: t'affretta:
ahi che quella partenza,
che poc'anzi sognasti ora è sospetta.
Se non trovo il mio sol son morta amore.
Già sento, che la tema
viene con doglia estrema
ad assalirmi il core.
Se non trovo il mio sol son morta amore.
Altre colline nevicate coperte di stragi con breccia nelle mura di Gierusalemme.
Gofredo levandosi un gran scudo, che tiene nel braccio precorso da Sigiero suo scudiere, e seguìto da molte Milizie.
GOFREDO
Recami, o buon Sigiero
l'altro scudo, che porti: ha d'uopo il brando
per trapassar sull'affollate stragi
di men gravoso incarco:
e tempo è ben ch'alcuna nobil'opra
della vostra virtude ormai si scopra.
Nell'andar verso la breccia, vien ferito da uno strale.
Ma qual invido telo
spinto da man nemica
divien remora al passo? ah che non toglie
piaga benché mortale
dal mio petto il coraggio: amici andiamo
delle mura all'assalto:
meco s'armi ciascun d'un cor di smalto;
ma l'acerba ferita
più s'inaspra nel duol: né mi sostenta
la gamba offesa ahi troppo: olà subentra
Guelfo nelle mie veci: io vado, e torno,
tu generoso assisti
che forse egli è del gran trionfo il giorno.
(viene sostenuto da due soldati sotto le braccia)
Il dio delle battaglie
invoca nel pugnar.
Nel ciel confida, e spera,
ch'ad umile preghiera
il ciel si suol piegar.
Il dio delle battaglie
invoca nel pugnar.
Mentre Guelfo con i Soldati va per assalire la breccia esce Clorinda, ed Argante con sabla alla mano seguitati da un grosso de' Saraceni.
CLORINDA
E dove, o folli
ir presumete? a terminar la vita
l'empito vi conduce.
Guelfo con le milizie fugge intimorito.
ARGANTE
Da tue voci atterriti
fuggono vili, e li soldati, e 'l duce.
CLORINDA
S'arresti
s'ancida
la turba, ch'infida
s'invola da me.
Più d'un rapido stral veloce ho 'l piè.
ARGANTE
Ferma Clorinda mira
come rimane aperto
qui l'arietato muro.
CLORINDA
Di vendicar un sì gran danno i' giuro.
ARGANTE
Vadasi a ripararlo.
CLORINDA
A miglior d'uopo
ho rivolto 'l pensier.
ARGANTE
Che tenti o bella?
CLORINDA
Arder in altra parte
torre, che fra nemici
co l'arti sue più la città flagella.
ARGANTE
Son teco all'alta impresa.
CLORINDA
Ama quest'alma
d'esser sola all'effetto.
ARGANTE
E in ozio vil me lascerai negletto?
CLORINDA
Abbondano gl'impieghi.
ARGANTE
No, no: se fui tra l'armi a te consorte,
esser vuo' nella gloria, e nella morte.
CLORINDA
Ciò, che tu vuoi.
ARGANTE
M'astringe
prima verso la dama
il debito comune.
CLORINDA
Sentimento cortese.
ARGANTE
L'obbligo, che privato
al merto di Clorinda
come amante professo.
CLORINDA
Maggior bontade.
ARGANTE
E poi
della città cadente
la ragione efficace
di salvarti al sostegno.
CLORINDA
Scusami Argante, e 'l difensor del regno.
ARGANTE
Orsù: tronchiam gl'indugi.
CLORINDA
Ascolta. In fretta
agl'alberghi d'Ismeno
rivolgi il piè: confida
l'opra imminente: digli,
ch'un misto egli componga
atto ai subiti incendi
tanto gli rappresenta, e là m'attendi.
ARGANTE
È pur dolce a chi ben ama
il comando del suo ben,
l'ubbidir è sì soave,
che per lui non sembra grave
l'accettar la morte in sen.
È pur dolce a chi ben'ama
il comando del suo ben.
Clorinda sola.
Che non fa? che non tenta
per gradir a Clorinda
l'innamorato Argante?
Ma non giova che poco,
poiché so che nel mondo
degl'uomini l'amar, è amar per gioco.
Son tutti traditori
gl'amanti d'oggidì.
Ognun vi dà speranza
di conservar costanza,
ma poi non è così.
Son tutti traditori
gl'amanti d'oggidì.
Son tutti menzogneri
gl'amanti d'oggidì,
vi giura ognuno in petto
d'aver un saldo affetto,
ma poi non è così.
Son tutti menzogneri
gl'amanti d'oggidì.
Spiaggia di mare con molo, e la fortuna in nave dorata si trattiene al lido aspettando Rinaldo.
S'ode fierissimo combattimento dentro la scena poi esce Rinaldo, e Ubaldo con spada alla mano seguito da Tancredi, Arideno, e tutti li Cavalieri, che Armida mandava in Egitto.
RINALDO
Vittoria alfin sortimmi
liberarvi, o compagni
dalla turba, che schiavi
vi scortava in Egitto.
UBALDO
Cade nel suol ogni fellon trafitto.
RINALDO
Risvegliato il braccio mio
torna fulmini a vibrar.
Più non torpe in ozio vile,
non v'è forza in petto ostile,
che gli possa contrastar.
Risvegliato il braccio mio
torna fulmini a vibrar.
TANCREDI
Della vita a Rinaldo
son debitor due volte.
ARIDENO
Io non esprimo
gl'obblighi d'Arideno.
RINALDO
Te stringo amico, e te buon servo al seno.
TANCREDI
Scusami se d'Armida,
con tropp'ardir...
RINALDO
Taci: non più: di lei,
e dell'offesa insieme
la memoria svanì.
TANCREDI
Ma come il cielo
ti trasse in questa via.
RINALDO
Chiedilo a chi mi seppe
libero far'uscir di prigionia.
UBALDO
Or non è tempo è d'uopo
fugir da questa terra.
V'attende, o duci il pio Buglione in guerra.
TANCREDI
Andiamo.
UBALDO
A voi non lice
esser con noi; quella, che la mirate
è la Fortuna: e nel suo pin me solo
deve condur col buon Rinaldo a volo.
TANCREDI
(Ch'odo!)
ARIDENO
(Che sento!)
UBALDO
In campo
ite per altra parte:
né temete Armida;
poiché già della maga è vinta ogn'arte.
RINALDO
Per momenti, o Tancredi
ci divide il destin.
TANCREDI
Pazienza: in breve
ci rivedrem: prendi l'imbarco.
RINALDO
Prima
te movi alla partenza.
TANCREDI
È mio dover, ch'al lido
io t'accompagni.
RINALDO
È mia ragion, ch'io scorga
incamminato il passo.
TANCREDI
Eh via Rinaldo.
RINALDO
Eh via Tancredi.
ARIDENO
Ognuno
si divida in un punto.
TANCREDI
Prego.
RINALDO
Supplico.
UBALDO
Ubaldo
deciderà la lite:
parta prima Tancredi, e voi partite.
ARIDENO
Tutte le cerimonie
saran così finite.
TANCREDI
Partirò, ma teco resta
questo cor incatenato.
Finché vivo,
finché spiro
coll'affetto
del tuo petto
starà sempre il mio legato.
Partirò, ma teco resta
questo cor incatenato.
Ubaldo e Rinaldo.
UBALDO
Noi pur senza dimora
partiam Rinaldo, acciocché l'empia maga
non sopraggiunga al lido.
RINALDO
Meco non ha più forza il suo Cupido.
Mi trovo in libertà,
e voglio starci affé.
Sarebbe una pazzia
condur quest'alma mia
in preda a una beltà,
che pene ognor mi diè.
Mi trovo in libertà,
e voglio starci affé.
Mentre Rinaldo s'incammina verso il lido sopraggiunge Armida.
ARMIDA
(Eccolo, che ver l'onda
drizza fugaci i passi.)
UBALDO
(a Rinaldo)
Armida.
RINALDO
(Dove
spunta costei.)
ARMIDA
Ferma o crudel: e soffri
lasciar me sola? aspetta almen fin tanto
che l'ultime mie voci
sian porte a te: non dico i baci: questi
altro più degna avrassi:
che temi empio se resti
potrai negar poiché fuggir potesti?
UBALDO
Guarda della sirena
non t'arrestar' ai detti.
RINALDO
Ubaldo a me conviene
trasgredir per momenti i tuoi precetti.
ARMIDA
Non creder già, ch'io porga
suppliche ad un amante:
tal fummo un tempo: ascolta
come nemico: i preghi
d'un nemico talor l'altro riceve.
Ben quel, che chieggio è tal, che dar lo puoi,
e integri conservar gli sdegni tuoi.
UBALDO
Temo.
RINALDO
Non dubitar.
ARMIDA
Se m'odi, e sprezzi
odiami quanto sai: le vostre genti
odiai anch'io, odiai te stesso: aggiungi
a questa ogn'altra colpa, e siano tutti
stimoli alla partenza:
vattene: passa il mar: pugna: travaglia:
struggi la fede nostra, anch'io t'affretto.
Che dico nostra? ah non più mia: fedele
sono a te solo idolo mio crudele.
UBALDO
(vuol condurlo via)
Basta così.
RINALDO
Pazienza.
ARMIDA
Solo mi si conceda,
ch'io ti segua fra l'armi
ch'il nome di regina
cangi in vil serva: solo
questo mi si conceda:
animo ho ben: ho ben vigor, che basta
a condurti i cavalli: a portar l'aste.
UBALDO
(fa il modo di sopra)
Oh dio partiam.
RINALDO
Son teco or ora.
ARMIDA
In campo
sarò qual più vorrai
o tuo scudiero, o scudo:
passerà pe 'l mio seno
pria, ch'a te giunga il ferro: e forse forse
non oserà piagarti
per non ferir me stessa.
Condonando il piacer della vendetta
a questa qual si sia beltà negletta.
UBALDO
Partiamo dico.
RINALDO
Aspetta. Armida invero
assai di te mi pesa: oh potess'io
dal malconcetto ardore
l'alma sgombrarti: e che li miei non sono
odii, né sdegni, o bella:
né vo' vendetta, né rammento offesa:
né serva tu, né tu nemica sei:
errasti è ver: e trapassasti i modi
esercitando ora gli amori, o gl'odi.
Ma che? son colpe umane, e colpe usate.
Scuso la natia legge, il sesso: e gl'anni.
Anch'io fallii, né condannar te posso
se non condanno anco me stesso: ascolta
sarò tuo cavalier quanto richiede
la guerra d'Asia, e con l'onor la fede.
UBALDO
Che dici?
RINALDO
Il fine omai
pongasi a nostri errori: e fia sepolta
la memoria di tanti
vergognosi delitti:
deh non voler, che segni ignobil fregio,
tua beltà, tuo valor, tuo sangue regio.
UBALDO
Rinaldo io qui non voglio
più soffrir una dimora...
RINALDO
Armida a dio;
rimanti in pace: io vado: a te non lice
meco venir: chi mi conduce il vieta
rimanti.
UBALDO
E ancor non giunse
il discorso alla meta?
RINALDO
Ci vol pazienza
convien partir.
La sofferenza
del mio dolore
non è minore
del tuo martir.
Ci vol pazienza
convien partir.
Volendo correre Ubaldo ad imbarcarsi con Rinaldo viene arrestato da Armida.
ARMIDA
Contro di te: ch'affretti
Rinaldo alla partenza
m'avventerò.
UBALDO
Cotanto ardisci?
ARMIDA
Imponi
che si trattenghi.
UBALDO
Impongo
con la forza di questa
verga, che ti percote;
che restino nel suolo
fin che partiam, qui le tue piante immote.
Armida resta immobile.
UBALDO
Dovreste amanti tutti
le femmine lasciar.
Fuggir da tante pene,
ch'ognora vi conviene
per quelle in sen portar.
Dovreste amanti tutti
le femmine lasciar.
Armida sola.
E si trovano incanti
che vincono li miei? Ma già ritorna
il passo in libertà.
(si muove)
Che miro i dogmi
del precettor indegno
l'uomo spietato ascolta.
Già mi lascia: mi fugge: o nato solo
dell'Ircania fra mostri: hai cor in petto
d'abbandonar Armida?
Dillo: parla: ragiona anima infida.
Ah tropp'è ver: già sordo
l'iniquo al par dell'onda
non ode i miei lamenti,
e lascia, che disperse
vadino la querele in braccio ai venti,
misera, che far deggio?
Qui che risolvo afflitta? omai la doglia
per l'anima disusa
al vital spirto ogni vigor invola
e già già mi costringe
sola a cader, ed a mancar qui sola.
(cade sopra d'un sasso)
Sì dammi la morte
o barbaro duol,
ch'a me più non lice
mirar infelice
i raggi del sol.
Sì dammi la morte
o barbaro duol.
Ma per maggior mia pena
vol riserbarmi in vita. E chi 'l direbbe?
Ito se n'è pur l'empio: un breve aiuto
senza, ch'al caso estremo
il traditor porgesse.
Ed io pur anco l'amo? e in questo lido
invendicata ancor piango? e m'affido?
che fa più meco 'l pianto? altr'arte, altr'armi
contro costui s'adopri:
già il giungo: il prendo: il cor gli svello: e quivi
le membra appendo, e s'egli è ver, che sia,
mostro di ferità vo' superarlo
nell'arti sue: ma dove son? Che parlo?
O stolta allor dovevi,
che prigionier l'avesti, in quel crudele
incrudelir: ma nella mente or nasce
novo pensier di vendicarmi: uscite
da Stige, o squadre orrende: uscite e meco
nelle tende latine
portate il vostro sdegno,
vuo', che senza dimora
cada l'empio fellon: pera l'indegno.
Escono molti Spiriti da sotto terra, portando seco un gran globo di fumo acceso.
I tuoi fulmini
ciel apprestami
per trafiggere un traditor;
lacerato
trucidato
cada sì d'un empio il cor.
I tuoi fulmini
ciel apprestami
per trafiggere un traditor.
Corre nel mezzo al globo accennato, e formatosi il ballo dagli Spiriti suddetti insieme con quelli si dilegua per aria.
Di notte.
Macchine militari antiche nell'esercito di Gofredo con torre di legno nel mezzo, sopra di cui vi sono le Guardie. Clorinda in abito nero con visiera, e lume chiuso nella destra.
CLORINDA
Silenzi della notte
a voi ricorre il piè.
Celate quel desir,
ch'un generoso ardir
fe' risvegliare in me.
Silenzi della notte
a voi ricorre il piè.
Argante che sopraggiunge con altro lume chiuso nella destra.
ARGANTE
Clorinda.
CLORINDA
Invitto duce.
ARGANTE
O dio sospendi
la meditata impresa.
CLORINDA
Perché?
ARGANTE
Troppo vicino
hai di morire il periglio.
CLORINDA
S'irritarmi non vuoi cangia consiglio.
ARGANTE
Vegliano sulla torre
le guardie esploratrici.
CLORINDA
E che rileva?
ARGANTE
Intorno
s'aggirano milizie.
CLORINDA
Argante: in petto
tu dai loco a timor?
ARGANTE
T'inganni: è zelo
sopra della tua vita.
CLORINDA
Beffasi d'ogni rischio un'alma ardita.
ARGANTE
Ad incendiar la mole,
lascia, che solo io vada.
CLORINDA
Questo fora un vietarmi
della gloria la strada.
ARGANTE
Non è così.
CLORINDA
Già son risolta.
ARGANTE
Il core
mi predice sciagura.
CLORINDA
Costante il mio gl'auguri tuoi non cura.
ARGANTE
Deh ferma.
CLORINDA
Invan t'opponi.
ARGANTE
Rifletti a tua salute
CLORINDA
Chi paventa s'arresti.
ARGANTE
Non pavento: ma...
CLORINDA
Che?
ARGANTE
Già già parmi ascoltar casi funesti.
CLORINDA
Il neghi, e di viltà moti son questi
Un amante sì codardo
non credevo mai d'aver.
Ho vergogna del tuo core,
che fa pompa di valore,
e poi teme d'un pensier.
Un amante sì codardo
non credevo mai d'aver.
(s'incammina verso la torre, osservando prima attentamente per tutta la scena)
Argante.
Eppur vol ostinata
al pericolo esporsi
sento, che nel mio petto
della sciagura sua cresce il sospetto.
Amore che farà?
Vorrei saper da te
se l'alma piangerà.
Non mi lasciar così:
rispondi no, o sì.
Rispondi per pietà.
Amore, che farà?
Vorrei saper da te
se l'alma piangerà.
(va egli pure a dar il foco alla torre insieme con Clorinda)
Mentre arde, e cade la torre sopraggiunge Tancredi, Arideno, e molti Soldati alla di cui vista fuggono Argante, e Clorinda.
GUARDIE
(si precipitano dall'alto)
All'armi, all'armi.
TANCREDI
O trista coppia: indarno
tu procuri fuggir.
ARIDENO
Signor qual vento
uno di già sparì.
TANCREDI
(prende per un braccio Clorinda)
Quest'in sua vece
pagherà con la morte il tradimento.
CLORINDA
(si scuote mettendo mano alla sabla)
Farò, ch'a te costi la vita.
ARIDENO
Ancora
sì temerario sei?
TANCREDI
(gli tira una stoccata)
Prima perdi la tua.
CLORINDA
(cade ferita nel suolo)
Soccorso o dèi.
ARIDENO
Cade l'empio trafitto.
TANCREDI
Sciogli la fronte: voglio
riconoscer costui.
ARIDENO
(gli leva la visiera)
Pronto eseguisco.
TANCREDI
(Cieli! Chi tanto ardì?)
ARIDENO
Questa è Clorinda.
TANCREDI
(getta via la spada)
Clorinda? Ah tropp'è vero: io resto senza
e voce, e moto: ahi vista: ahi conoscenza.
CLORINDA
Tancredi, io ti perdono
perdona a me pur anche; e ciò, che bramo
concedimi pietoso:
opra in forma, che l'alma
sempiterno del ciel goda il riposo.
TANCREDI
Già da tue brame, o bella
ottennesti 'l lavacro: o potess'io
col rimaner estinto
qui renderti lo spirto.
CLORINDA
Assai m'appago
di sì buon genio.
TANCREDI
Eh tu non sai qual pena
finor per tua cagione
provai d'amor acceso.
CLORINDA
Io compatisco
l'acerba doglia.
TANCREDI
Eterni
in avvenir saranno
i pianti: i miei sospiri.
(si mette il panolino agl'occhi)
CLORINDA
Porgi porgi la man prima, ch'io spiri.
ARIDENO
Solleva in parte i crudi tuoi martiri.
CLORINDA
(tenendo per mano Tancredi)
Non pianger mio bene
non pianger per me.
Se manca la salma
ti lascia quest'alma
un pegno di fé.
Non pianger mio bene
non pianger per me.
Muore.
Tancredi, ed Arideno.
TANCREDI
Io vivo? io spiro? e l'odïosa luce
rimiro ancor di questo infausto die?
Ah man timida, e lenta: or che non osi,
tu, che crudel sai del ferir ogn'arte:
tu ministra di morte empia, ed infame
di questa vita rea troncar lo stame.
(corre a pigliar la di lui spada per ammazzarsi)
ARIDENO
(lo trattiene)
Ferma signor che tenti?
TANCREDI
Lascia, che nel mio seno
corra veloce il ferro: e tutto 'l sangue
beva d'un traditor.
ARIDENO
Fermati dico.
TANCREDI
Assai più della morte
chi mi vieta la morte è mio nemico.
ARIDENO
Deh l'empito raffrena.
TANCREDI
E vuoi, ch'io resti
vivo fra miei tormenti? Ah se più vivo
qual forsennato errante
paventerò l'ombre solinghe: ogn'ora
temerò me medesmo: e da me stesso
sempre fuggendo avrò me sempre appresso.
ARIDENO
Che si può far?
TANCREDI
Se neghi
la giusta pena a' miei delitti: almeno
concedimi pietoso,
che per momenti, io serbi
entro le proprie tende
la vista del mio nume:
adorerò del sol estinto il lume.
ARIDENO
Volentieri.
TANCREDI
Deh mira,
come al bel viso intorno
piangono i mesti amori
o viso, o viso, che puoi far la morte
dolce, ma raddolcir non puoi mia sorte.
ARIDENO
Scostati.
TANCREDI
Ah no: che deve
solo del caro peso
Tancredi esser sostegno.
(vuol prenderla in braccio)
ARIDENO
(lo rigetta)
A te non lice.
TANCREDI
Mi sia lecito dunque
scorger più da vicino
le divine sembianze, e soffre il guardo
di vagheggiar chi uccise?
O di par con la man luci spietate
essa le piaghe fe', voi le mirate.
ARIDENO
Il cadavere tosto
meco, o genti involate.
Dai soldati vien portato via il corpo di Clorinda.
TANCREDI
Tesifoni d'abisso
volatemi nel cor.
Squarciatelo
sbranatelo
fu sempre in ciel prefisso
che mora un traditor.
Tesifoni d'abisso
volatemi nel cor.
Esercito cristiano incamminato con diverse macchine per dar l'assalto a Gierusalemme.
Gofredo, e Rinaldo.
GOFREDO
Rinaldo omai si taccia
ogni trista memoria, e nell'oblio
restin l'andate cose.
RINALDO
A tua bontà m'inchino.
GOFREDO
In tempo giungi,
ch'alla città nemica
disposi un pieno assalto.
RINALDO
Lodato il ciel.
GOFREDO
Con questo
spero ottenerla: tutto
ver l'assediate mura
già l'esercito è in moto: e d'ogni intorno
s'invigila al grand'uopo.
RINALDO
A me, ch'imponi?
GOFREDO
Il duce
sarai di molte squadre,
ch'in breve accennerò: prima, ch'il sole
scopra nostri disegni: alle mie tende
fa' che si volga il piede.
RINALDO
Eseguirò quel tanto,
ch'in obbligo sarà della mia fede.
GOFREDO
Con la scorta di tua spada
parmi già di trionfar.
E ch'il piè festoso vada
palme ostili a calpestar.
Con la scorta di tua spada
parmi già di trionfar.
Rinaldo, ed Armida chiusa in un globo fiammeggiante per aria.
RINALDO
Ma! qual di fosca nube
vagabondo terror sugl'occhi apparve?
Vomita d'ogn'intorno
lampi d'acceso sdegno! Astri che mai
minaccia egli alla terra?
ARMIDA
Guerra guerra.
RINALDO
Guerra? chi mi risponde? ah che dal seno
di quel vesuvio errante
uscì l'orribil voce: intesi: il cielo
di mie colpe adirato
suoi fulmini disserra.
ARMIDA
Guerra guerra.
RINALDO
(prostrato nel suolo)
Perdono, pietà.
Placatevi o numi
sgorgar da' miei lumi
un mar si vedrà.
Perdono, pietà.
Giunto il globo a basso s'apre, e n'esce Armida con spada alla mano.
RINALDO
Ma che rimiro? è questa
la furibonda Armida.
Che deggio far? contro di me se n' viene
di crudo ferro armata.
(mette egli pure mano alla spada)
Armida che s'avventa a Rinaldo.
ARMIDA
(gli tira un colpo)
Mori perfido mori.
RINALDO
(lo ripara, e andatole alle prese le toglie la spada di mano)
Eh forsennata.
Saprei come punir
di femmina l'ardir,
ma non lo vol amor.
Contro sì debil sesso
non fu giammai permesso
usar alcun rigor.
Saprei come punir
di femmina l'ardir,
ma non lo vol amor.
(parte gettandole la spada per terra)
Armida, e poi Ubaldo.
ARMIDA
Senti come ragiona
delle donne l'audace,
su di novo agl'incanti: errar non vista
per l'esercito franco
voglio in traccia dell'empio:
ma qui colui, ch'il trasse
dalla prigione: tosto
cangerà voce, e sesso.
E farò ch'ei mi creda
(per un novo pensier) Gofredo istesso.
UBALDO
(Che veggio!)
ARMIDA
Ubaldo a tempo
giungesti ai miei desiri.
UBALDO
(Come Gofredo è qui, s'in questo punto
parto da lui con fretta?)
ARMIDA
Olà tu non rispondi?
UBALDO
(Ma dove ita è la donna,
ch'in sembianza guerriera
appariva a mie luci?
ARMIDA
Ubaldo.
UBALDO
(E detto avrei
che fosse stata Armida.)
ARMIDA
Parla con chi ti parla,
se non vuoi, ch'io t'uccida.
UBALDO
(Certo è la maga infame.)
ARMIDA
Scortami senza indugio
di Rinaldo alle tende.
UBALDO
Iniqua, io ti conosco.
ARMIDA
In simil guisa
col tuo signor favelli?
UBALDO
Che mio signor? tu sei
femmina trista, e rea:
la scellerata Armida,
quella, ch'assai peggior è di Medea.
ARMIDA
O temerario.
UBALDO
E credi
sotto mentito aspetto
di rimaner occulta?
ARMIDA
Veggio che tu deliri:
ti lascerò con l'aure
a vaneggiar da stolto.
(Al primo inganno questo cor rivola.)
Povero forsennato
ti lascio a vaneggiar.
Sì che sei pazzo sì,
l'ingegno che sparì
procura d'acquistar.
Povero forsennato
ti lascio a vaneggiar.
(parte invisibile)
Ubaldo.
Dove n'andò? dove sparì? si rese
invisibile agl'occhi: ah certo certo
questa è la maga indegna,
che per forza d'incanti
qualche gran danno al vago suo disegna.
Basta dir che donna sia
per saper, che voglia far:
questa vol certo ingannar.
Patirebbe un gran tormento
se restasse un sol momento
senza frodi esercitar.
Basta dir che donna sia
per saper, che voglia far:
questa vol certo ingannar.
Gierusalemme con porta nel mezzo, e alberi dai lati.
Argante da una parte: Tancredi dall'altra senza vedersi.
Insieme
ARGANTE
Uccidetemi, o tormenti
poiché morto è 'l mio bel sol.
Più non amo
spirar l'aure in questo suol
TANCREDI
Trafiggetemi, o dolori
poiché morto è 'l mio bel sol.
Più non bramo
spirar l'aure in questo suol
ARGANTE
(Ma che veggio?)
TANCREDI
(Che scorgo?)
ARGANTE
(Tancredi?)
TANCREDI
(Argante?)
ARGANTE
O scellerato: appunto
te rintracciavo: indarno
benché sinor tentasti
fuggir da me: tu qui procuri uom forte
delle donne uccisor fuggir la morte.
TANCREDI
Tanta baldanza? teco
son pronto a riprovarmi:
che del lungo indugiar non fu cagione
tema, o viltà vedrai col paragone.
ARGANTE
Su via.
TANCREDI
Su via t'attendo
o solo de' giganti,
e degl'eroi più forti
terribile omicida:
l'uccisor delle femmine ti sfida.
Combattono.
ARGANTE
(gli tira un colpo)
Questo colpo ripara.
TANCREDI
(glielo ricambia)
A questo tu fa' schermo.
ARGANTE
Da subìta ferita ho il braccio infermo.
Ripigliato il duello Tancredi gli va alle prese.
TANCREDI
Cedimi, già sei vinto.
ARGANTE
Ch'io ti ceda? nel petto
per trucidarti ancora
avrò vigor bastante:
ed osi di viltà tentar Argante?
Se gli scuote, e torna a combattere.
TANCREDI
Già che pietà ricusi
sperimenta 'l mio sdegno
spirami a' piedi, o saraceno indegno.
Investitolo con più stoccate cade nel suolo precipitoso.
ARGANTE
Anime dell'abisso a voi ne vegno.
Dalla tomba a farti guerra
uscirò nemico ancor.
Che se cado in braccio a morte
fu voler dell'empia sorte,
non per opra di valor.
Dalla tomba a farti guerra
uscirò nemico ancor.
Spira.
Tancredi.
Grazie al ciel, che mi diede
il bramato trofeo: ma lasso il fianco
per il lungo contrasto, e stanchi i lumi
per il continuo pianto
sparso sinor sovra Clorinda, ho d'uopo
d'alcun breve riposo:
m'adagerò sin tanto
che ritorni a svegliarmi il duol penoso.
(siede sopra il tronco d'un albero)
Lasciami in pace o sonno
per un momento almen:
accheta la tempesta,
che l'anima molesta,
con tante pene in sen.
Lasciami in pace o sonno
per un momento almen.
(s'addormenta)
L'anima di Clorinda vestita di bianco sopra nuvola, e Tancredi addormentato.
CLORINDA
Dalla magion del riso
dove giammai si vide
orme segnar il suolo: in bianca vesta
Tancredi a te ne vegno;
candida apportatrice
che de' beni immortali io godo il regno.
Son felice, son beata
sono in braccio del piacer:
alma non più fortunata
della mia non so veder.
Son felice, son beata
sono in braccio del piacer.
Tale i' son tua mercé: col darmi morte
mi desti eterna vita:
spero de' miei contenti
renderti a parte un giorno: intanto questo
all'acerbo tuo duol sollievo apporta,
che t'amerà Clorinda ancor che morta.
Sì sì fedel mio caro
sì t'amerò sì sì.
E per maggior tua pace
l'affetto mio tenace
starà sempre così.
Sì sì fedel mio caro
sì t'amerò sì sì.
E per maggior contento
l'amor, che per te sento
sarà sempre così.
Sì sì fedel mio caro
sì t'amerò sì sì.
(sparisce)
Tancredi risvegliandosi balza in piedi con allegrezza.
TANCREDI
Che vidi? oh dio: ch'intesi?
L'anima di Clorinda?
Mi favellava in sonno: e 'l dolce labbro
esprimeva così.
Sì sì fedel mio caro
sì t'amerò sì sì.
Questo basta al mio duol: se pur mi lice
tal fortuna goder io son felice.
Arideno, e Tancredi.
ARIDENO
Signor signor che fai
dalle schiere lontano
già per movere il campo
al general assalto
il capitan supremo
solo Tancredi attende.
TANCREDI
Già di lieto coraggio il cor s'accende.
Un motivo d'allegrezza
non mi lascia più penar:
già quest'alma al duol avvezza
diè principio a giubilar.
Un motivo d'allegrezza
non mi lascia più penar.
Arideno solo.
Che novità? Sì presto
cangiò scena Tancredi?
Di tal gioia improvvisa
vo' saper la cagione:
già son un di que' servi
che comune il secreto han col padrone.
Senza dir altro
voi m'intendete.
Vado, e ritorno
di notte, e giorno
portando scaltro
novelle liete.
Senza dir altro
voi m'intendete.
Allo strepito di trombe, e tamburi si corre all'assalto della città, nel qual tempo esce dalla medesima una gran bomba per aria, che caduta nel mezzo de' nemici gli spaventa prima con foco, e poi spezzandosi escono dodici Mori armati di sabla, e scudo che combattono furiosamente, quali infine restano uccisi.
Mentre Rinaldo dà la fuga a molti Soldati Armida invisibile lo arresta per un braccio.
ARMIDA
Ferma, o crudel, e dove
volgi tue furie?
RINALDO
Olà chi mi trattiene?
ARMIDA
Quella,
che tu tradisti.
RINALDO
Odo la voce, e 'l guardo
alcun non mira.
ARMIDA
(È meglio,
ch'io mi discopra) Eccomi sono Armida:
giacché aneli alle stragi
empio dal ferro tuo questa s'uccida.
RINALDO
No 'l farò mai.
ARMIDA
Coraggio
avrò se tu lo neghi
per svenar me stessa.
RINALDO
L'anima di Rinaldo
vedrai nel suol prima a cader oppressa.
ARMIDA
Lascia libero il braccio.
RINALDO
Deh riserbati in vita.
ARMIDA
Viver non deve un'infelice.
RINALDO
Deve
viver colei, ch'adoro
ARMIDA
Tu m'adori, o bugiardo.
RINALDO
Sì bell'idolo mio: sì mio tesoro.
ARMIDA
Perfido tu ne menti.
RINALDO
Mira negl'occhi miei s'al dir non credi
ciò che t'esprimo: il pianto
mi sia specchio del vero: Armida ancora
degl'avi nella sede
ripor ti giuro: ed o piacesse al cielo
che della trista legge
abbandonasti i dogmi
come farei, ch'in orïente alcuna
non t'eguagliasse di regal fortuna.
ARMIDA
Posso dar fede alle tue voci?
RINALDO
I numi
in testimonio invoco.
ARMIDA
Ecco l'ancella tua: d'essa a tuo senno
disponi o caro, e le sia legge il cenno.
RINALDO
Più di quello, che voi credete
belle luci v'adora il cor.
Fra momenti voi, mi vedrete
a far prove d'un fido amor.
Più di quello, che voi credete
belle luci v'adora il cor.
Gofredo, Tancredi, Ubaldo, Arideno, Soldati, e detti.
GOFREDO
Amici abbiamo vinto:
nostra è Gierusalemme il ciel ci diede
sì fortunato dono.
TANCREDI
Ha reso a noi dell'orïente il trono.
GOFREDO
Imparate, o voi mortali,
che mutabile è 'l regnar.
Come l'aura, il bene, ha l'ali,
è qual onda in mezzo al mar.
Imparate, o voi mortali,
che mutabile è 'l regnar.
GOFREDO
Ma qui che veggio!
RINALDO
Armida
che dolente, e pentita
piange sue colpe.
ARMIDA
A' piedi tuoi prostrata
d'ogni commesso errore
perdono invoco: e col perdono insieme
nella tua legge, o duce
implora esser ammessa.
GOFREDO
Quella grazia, che chiedi è omai concessa.
UBALDO
(Ch'odo?)
ARIDENO
(Ch'ascolto?)
RINALDO
(verso Armida)
O giorno
d'allegrezza infinita:
spera spera, che forse
sarai fra poco alle mie tende unita.
ARMIDA
Se rido, brillo, e godo
amor sa ben perché
ho ritrovato il modo
per consolar mia fé.
Se rido, brillo, e godo
amor sa ben perché.
RINALDO
Se godo, brillo, e rido
amor sa ben perché:
fu l'inventor Cupido
per dar al cor mercé.
Se godo, brillo, e rido
amor sa ben perché.
TANCREDI
Al pari di Rinaldo
pien di giubilo ho il sen: morta Clorinda
qui mi comparve in sonno:
e cinta di splendore
m'assicurò d'un sempiterno amore.
UBALDO
O prodigio ben grande.
ARIDENO
O gran stupore!
TANCREDI
Son lieto, e felice
non so che bramar.
In braccio al tormento
se n' vola il contento
per farmi brillar.
Son lieto, e felice
non so che bramar.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 29/07/2018
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
(W)