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Europa riconosciuta

EUROPA RICONOSCIUTA

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Mattia VERAZI.
Musica di Antonio SALIERI.

Prima esecuzione: 3 agosto 1778, Milano.


Attori:

EUROPA figlia d'Agenore monarca di Tiro

soprano

SEMELE nipote d'Agenore

soprano

ASTERIO re di Creta, consorte d'Europa

soprano

ISSEO principe del regio sangue fenicio; prima destinato sposo d'Europa; indi scelto per consorte da Semele

soprano

EGISTO nobile d'una delle suddite provincie del regno di Fenicia

tenore


Piccolo Fanciullo, che non parla, figlio d'Asterio, e d'Europa. Cori: Donzelle cretensi al séguito d'Europa, Grandi del regno di Fenicia, Maggiori duci dell'esercito fenicio, Soldati fenici, Sacerdoti di Nemesi, Guerrieri cretensi. Comparse: Cavalleria fenicia, Guardie reali fenicie, Soldati fenici, Soldati cretensi, Paggi fenici, Palafrenieri fenici, Schiavi dell'isola di Cipro.

L'azione si finge nella città di Tiro, capital della Fenicia, e nelle sue vicinanze.

Altezze reali

D'un teatro edificato sotto i favorevoli auspici delle aa. vv. rr., ed aperto per la prima volta in occasione del tanto sospirato loro felice ritorno, speriamo vedere accolto con sovrana benignità il primo spettacolo, di cui alle medesime da noi viene umiliato il libro, come un ossequioso tributo di speciale omaggio, e di perfetta venerazione. Troppo mal proporzionata è forse la tenuità dell'offerta alla delicatezza del gusto, ed alla finezza dell'alto discernimento delle aa. vv. rr. Ma prenderà l'attività nostra coraggio dal generoso compatimento, ch'imploriamo alle primizie della nuova teatral direzione. Sostenuta, ed avvalorata questa dalla continuazione del potente loro patrocinio sorpasserà forse all'avvenire sé stessa, nel dar loro maggiori, e più chiari segni di quell'umilissima riconoscenza, co' la quale desideriamo poter corrispondere alle segnalate grazie, onde si degnaron con tanta parzialità ricolmarci. Indispensabil effetto almeno di tal nostro giustissimo impegno sarà l'irrequieto zelo, che ci animerà sempre a variare, ed accrescere i piaceri, e i divertimenti dell'aa. vv. rr., a cui col più profondo rispetto facciamo intanto umilissima, e profondissima riverenza.

Delle aa. vv. rr.

umilissimi, devotissimi, obbligatissimi servitori

I Cavalieri associati.

Al rispettabilissimo pubblico di Milano

Un pubblico altrettanto indulgente, e discreto ne' suoi giudizi, quanto delicato, e profondo ne' suoi gusti, e nelle sue cognizioni, troppo degenerar si vedrebbe, per mia sola fatalità, dalla sua naturale costituzione, se decider volesse di questa prima fatica, ch'io gli presento, secondo tutta la severità della più rigorosa giustizia. Questo riflesso mi fa sperare che, in difetto di ogni altro merito, mi verrà dalla generosità sua valutato almen quello del coraggio, con cui, per variare gli eruditi suoi piaceri, e divertimenti, m'espongo a tutte le vicende funeste degl'innovatori, o di coloro, che tentan la difficile, odiosa riforma di quegli abusi, che da una licenziosa esecuzione introdotti, passan tollerati qualche volta in consuetudine. Mi bisognava, per evitarli, aprirmi una nuova carriera: e metter nella costruzion del mio dramma in azione tutto quel, che non avrei potuto mai dire con quella forza, venustà, ed energia, co' la quale il solo Metastasio ha l'inimitabil vanto di sapersi spiegare. Una sola essendo, a mio creder, per tutti la perfezion dello stile, felice mi riputerò soltanto allora, che invece di parlare un barbaro, scorretto idioma, riuscir mi potrà d'appressarmi alla purità, eleganza, e dolcezza del suo: né mi allontanerò nel resto da un sì perfetto modello, se non quanto sarà necessario, per non rimaner eclissato dal troppo disuguale, pericoloso confronto. Se la forza di robusto, invincibile atleta è degna d'ammirazione; qualche riguardo merita per altro ancor la destrezza d'un umil competitore, che riconoscendo, e confessando con ingenua franchezza la superiorità del grande avversario, senza follemente presumer d'abbatterlo, cerca di salvarli almeno con iscansarne industriosamente l'incontro. è questa la sola ragion che mi mosse a tentar un sentiero diverso da quello, che dall'immortal poeta fu gloriosamente calcato: e questi sono i veri sentimenti di venerazion, ch'io nudrisco per l'Apollo del nostro Parnaso. Altri chi volesse a me attribuirne, si renderebbe reo della più nera calunnia, e si esporrebbe alla giusta indignazione d'un pubblico illuminato, all'equità del quale, dopo quella mia sincera dichiarazione, l'impegno tutto di mia giustificazione abbandono. Non contento inoltre d'aver già privatamente richiesti molti fra gl'individui più rispettabili, che lo compongono, di comunicarmi su questo mio travaglio le ingegnose loro accortissime osservazioni, mi credo in obbligo di dar a' medesimi un attestato pubblico della mia giusta riconoscenza. Se vorranno continuarmi un sì amichevol soccorso, potrò con la scorta delle giudiziose loro censure abilitarmi a servir men male questo rispettabilissimo pubblico nell'altre produzioni consecutive, che avrò la sorte d'umiliare al suo sagace discernimento.

Argomento

Europa figlia d'Agenore, monarca di Tiro nella Fenicia, fu, per fama di singolar bellezza, una delle più celebri principesse dell'Asia. Serbata dal real genitore ad Isseo, giovinetto principe del regio sangue fenicio; pria che questi ne potesse stringere adulto in sacro nodo la destra, il cretense Asterio la fece occultamente rapire. A tal violenza il re di Creta s'indusse, prevedendo che malagevolmente avria potuto farne l'acquisto in concorrenza d'un amabil già gradito rivale. L'improvisa mancanza dell'involata Europa fu l'epoca fatale della desolazion della paterna sua reggia. A farne le più esatte ricerche, mandò l'offeso Agenore tutti per la terra in giro gli ugualmente oltraggiati suoi figli. Ma dall'accorgimento del rapitor sagace facilmente delusi, alcun indizio scoprir non poterono della smarrita germana. Non osando pertanto, senza le attese notizie, presentargli più al genitore; dopo aver lungamente invano peregrinato, si stabilì ciascun di loro lungi dal patrio lido, una sede. Per la dispersion dell'intera famiglia si accelerò l'estremo fato d'Agenore, poiché dal silenzio de' figli poté presumere ognuno che fosser questi miseramente periti, richiesto il padre di lasciare al soglio un erede, si decise, morendo, per Semele unica prole del minor suo germano: e permise a questa l'arbitrio di scegliersi fra' più chiari personaggi del regno a suo piacere uno sposo. Risoluto per altro di vendicar esemplarmente il ratto d'Europa, volle che non si potessero celebrar le nozze dell'altra, se non dopo cancellato l'affronto fatto al suo trono, collo spargimento del sangue del primo straniero, che sarebbe approdato alle spiagge di Tiro.

La notizia della morte d'Agenore suggerì al re di Creta il pensiero di trasportarsi con Europa in Tiro, ad occupare il di lei paterno retaggio. Si pose a tal fine in mare co' la consorte, ed un figlio. Ma dispersa la sua poderosa flotta da un'improvisa tempesta, poté appena sul pericoloso lido salvarsi egli stesso con Europa, e 'l fanciullo. Cadder quivi sventuratamente in potere d'Egisto, che, venuto di recente alla corte di Tiro da una delle suddite provincie, non avea mai vista, e conosciuta Europa.

Col sacrificio dell'ignoto straniero, si lusingò l'ambizioso Egisto di potersi acquistare una ragione al soglio. In tal illusione ardì apertamente disputarlo ad Isseo. Da Semele amato, si antivedeva che ne atterebbe questi la destra in premio d'un'illustre vittoria, da lui riportata contro i sediziosi ribelli del regno tributario di Cipro. Nel momento appunto che l'ultimo tornava trionfante dall'impresa alla sua fede commessa, tentò così l'altro d'involargliene il frutto. Ma in che guisa rimanesser l'audaci sue speranze deluse chiaramente vedrassi nello scioglimento del dramma.

Le istoriche notizie, che han servito di fondamento a questo immaginato fatto, si son tratte dalla genealogia degli dèi del Boccaccio. L'azione si finge nella città di Tiro, capital della Fenicia, e nelle sue vicinanze.

Mutazioni di scene

Nell'atto primo.

I. Deserta spiaggia di mare. Selva da un lato: rupi dall'altro; fra le quali sterpi, cespugli, e serpeggianti edere adombran l'ingresso d'un'oscura, e profonda caverna.

II. Chiuso padiglione magnifico. Eccelso trono a destra. Mobili cortine in prospetto.

III. Festoso campo trionfante. La cavalleria è tutta disposta su i lati, e di prospetto nel fondo. In maggior lontananza si veggono i carriaggi, che accompagnan l'esercito.

IV. Sala regia destinata per le adunanze del supremo consiglio de' grandi del regno. Trono a destra. Simulacro di Temide in prospetto. I simboli della giustizia servono ad ornar tutta la scena.

Nel ballo.

V. Grande anfiteatro ingombro di spettatori, con serragli di fiere in prospetto, e due cancelli di ferro, ch'aprono a destra, ed a sinistra in fondo all'arena un duplice ingresso.

Nell'atto secondo.

VI. Carcere oscuro. Diversi cancelli, e ferrate porte all'intorno, ch'introducono a varie più interne separate prigioni.

VII. Elegante gabinetto nella reggia.

VIII. Tempio della Vendetta. Ara nel mezzo, col simulacro di Nemesi. In varie nicchie laterali veggonsi rappresentate a chiaroscuro ferrugginoso diverse figure simboliche, onde il soggiorno della tremenda deità vien distintamente caratterizzato. Doppia scala praticabile di prospetto nel fondo. A lato di essa scorgesi parte d'un oscuro vestibolo.

IX. Vasto cortile, che da un lato corrisponde alla reggia, e dall'altro al vestibolo, per cui si passa nel tempio della Vendetta.

X. Interna terrena parte della magnifica reggia di Tiro. Trono a destra.

Atto primo
Scena prima

Deserta spiaggia di mare. Selva da un lato: rupi dall'altro; fra le quali sterpi, cespugli, e serpeggianti edere adombran l'ingresso d'un'oscura, e profonda caverna.

[Tempesta]

Tempesta con lampi, tuoni, pioggia, sibilo di venti, e fragor di sconvolti flutti. Durante la medesima si vede in lontananza numerosa flotta di legni. Alcuni sommergonsi miseramente nell'onde; altri si perdono affatto di vista. Da un lacero vascello, che viene impetuosamente ad urtar contro il lido, sortono Asterio, Europa, e un picciolo Fanciullo, con varie Donzelle seguaci d'Europa, ed alcuni Guerrieri cretensi.

S'apre la scena mentre incomincia la sinfonia, ch'è un'imitazione dell'orrenda procella, e che si va rallentando a proporzione, che questa si scema, e che ritorna la calma. È questa annunziata dal dolce suono d'un oboe, che prende il luogo dell'andante dell'apertura, e che serve d'accompagnamento alla cavatina d'Asterio.

[I. Cavatina]

ASTERIO

(con sospensioni, ed interrompimenti a guisa di recitativo istrumentato)

Sposa...

(mentre dal fanciullo, e da Europa si fa mostra di piangere, l'oboe, facendosi flebilmente sentir a solo, esprime i loro mesti lamenti)

Figlio...

(replica dello stesso querulo suono dell'oboe)

Ah voi piangete!...

(incomincia la cantilena continuata con l'accompagnamento dell'oboe concertante)

Con quel pianto a me volete

rammentar che reo son io.

Ma non merta il fallo mio

così barbaro martir.

Recitativo

EUROPA

Ah perché mai del pianto

vuoi l'arbitrio negarci? Altro non resta

sollievo agl'infelici

nelle miserie estreme,

che quello sol di lagrimare insieme.

Nell'avversa tua sorte

meno ingegnoso adesso

io trovar ti vorrei

nell'arte, oh dèi! di tormentar te stesso.

ASTERIO

Ah! ch'io sol fui cagion...

EUROPA

Di Tiro, è vero,

tu nella reggia osasti

all'immatura speme

d'un più gradito amante,

ripugnante involarmi. A seguitarti

mio malgrado costretta, io teco in Creta

giunsi. Del ratto quivi al'inquieto

mio severo pudor sacro imeneo

scuso l'ardir, la violenza.

ASTERIO

Occulta

sempre al padre però, morendo, al trono

in Semele frattanto egli prescelse

del minor suo german l'unica prole.

EUROPA

Ma di regio consorte

la mano a lei finora

assicurato non ha il soglio ancora;

ch'Agenore l'acquisto

vietonne a chi mercarlo

pria non saprà col sangue

d'innocente stranier.

ASTERIO

Legge inumana,

che inefficace, e vana

render pretesi. Ad occupar qui meco

il tuo retaggio avito

pensai perciò di ricondurti.

EUROPA

Ah troppo

le tue, le mie speranze

mal fecondò l'evento!

ASTERIO

Di cento legni, e cento,

lacero avanzo di crudel fortuna,

una sol nave appena

ora inermi ci espon su quest'arena.

EUROPA

Miseri noi!

ASTERIO

Potessi

di Semele celarti

alle ricerche almeno infin che alcuna

delle disperse prore...

(volgendosi con sorpresa verso quella parte, onde s'ode rumor d'armi, e d'armati)

Ahimè! vicino

è già, o sposa, il periglio.

(inquieto, agitato, e smanioso)

Va'... nasconditi.

(accennando l'ingresso d'un antro vicino)

EUROPA

Oh ciel!... soccorri il figlio.

(nel ritirarsi precipitosamente, addita il fanciullo, che ritrovasi alquanto indietro fra le sue donzelle)

Scena seconda

Asterio, e 'l Fanciullo fra le Donzelle seguaci d'Europa, ed alcuni pochi Guerrieri cretensi, che vengono attaccati da Egisto, che si presenta loro
alla testa d'una squadra numerosa di Soldati fenici.

ASTERIO

Stelle!...

(accorre con molta smania in difesa del fanciullo, mentre i soldati fenici s'inoltrano verso il medesimo)

Il figlio!...

(ai suoi guerrieri cretensi)

All'armi.

ASSALITI

(snudan l'armi, e si pongono in difesa del fanciullo, e delle donzelle, che lo circondano)

All'armi.

[II.]

EGISTO

(ai suoi soldati fenici, additando loro Asterio, ed i suoi seguaci cretensi)

Chi non cede alle nostr'armi

si disarmi, ~ o cada estinto.

AGGRESSORI

(attaccando i guerrieri di Creta, che, durante il breve combattimento, si vanno reciprocamente incitando alla difesa, ed all'offese)

Chi non cede, cada estinto.

ASTERIO

(verso il cielo, nel veder ch'è rimasto solo, per l'oppressione, e dispersione de' suoi guerrieri cretensi)

Cruda sorte, hai vinto, hai vinto!

Ma da te non caddi oppresso:

(avanzandosi fieramente verso Egisto)

ma l'istesso ~ io sono ancor.

EGISTO

(accennando il fanciullo a' suoi fenici, che si pongono in atto di trafiggerlo)

Sia da voi trafitto il figlio;

o si renda il genitor.

DONZELLE

(supplichevoli verso Asterio)

Ah del figlio ~ il sol periglio

dia consiglio ~ tal genitor.

EGISTO

(di nuovo a' suoi soldati fenici)

Olà. Che più tardate?

(i soldati fenici si arrestano sorpresi all'improvvisa apparizione d'Europa)

Scena terza

Europa, che sorte improvvisa dal suo ritiro; e detti.

EUROPA

(accorre affannosa per impedir la strage del figlio)

Crudeli! Ah no. Fermate.

(si pone tra il fanciullo, ed i soldati fenici)

Pria che ferir quel seno,

per questo petto almeno

passino, oh dio! quell'armi

a lacerarmi ~ il cor.

ASTERIO

(con tenerezza verso Europa)

Mio ben, che mai facesti?

EUROPA

(smaniosa verso Asterio)

Renditi.

ASTERIO

(gettando a terra l'acciaro, cede, non senza pena, e rincrescimento, alle istanze d'Europa)

Alfin vincesti.

Insieme

ASTERIO

Cedo al paterno amor.

EUROPA

Cedi al paterno amor.

CORO

Vinse il paterno amor.

EGISTO

(a' suoi soldati fenici)

Tratto in carcere distinto

sia ciascun fra' lacci avvinto:

e si serbi alla vendetta,

ch'oggi un padre aspetta, ~ e un re.

(parte)

Scena quarta

Asterio, ed Europa colle sue Donzelle seguaci, il Fanciullo, ed i Soldati fenici.

EUROPA

Senti...

(verso Egisto, che parte)

ASTERIO

Ferma...

(come sopra)

EUROPA

E vuoi?...

ASTERIO

Ma dove?...

(nel tempo, che da' soldati fenici s'incatenano Asterio, ed Europa, e si circondan le donzelle cretensi, e 'l fanciullo)

DONZELLE

Già rivolse altrove ~ il piè.

ASTERIO

(avvicinandosi a prender congedo dalla sposa)

Sposa, oh dio! ~ che pena io ~ sento!...

Ah non reggo al mio ~ tormento

nel doverti abbandonar!

EUROPA

(volgendosi con tenera smania allo sposo, ed al figlio)

Qual funesto ~ annunzio è questo!

Che tiranno ~ affanno ~ è il mio

nel dovervi, oh dio! ~ lasciar!

ASTERIO

(vedendo ch'i soldati s'incamminan già col fanciullo)

Stelle!...

EUROPA

(come sopra)

Il figlio!...

(volendo accorrer per arrestar i soldati fenici, vengon ritenuti da quella porzione di essi, che gli han posti in catene)

EUROPA E ASTERIO

Ahimè! Che fate?

ASTERIO

Sì: restate.

EUROPA

Sospendete.

Insieme

EUROPA

L'alma, oh dèi, ~ mi trafiggete...

ASTERIO

Non sentite?... non vedete?...

Insieme

EUROPA

(con impeto a' soldati fenici, che la dividono dallo sposo, e dal figlio)

Mostri rei ~ di crudeltà!

ASTERIO

(verso il cielo, con molta smania, sollecitato da' soldati fenici a seguitarli)

Giusti dèi, ~ che crudeltà!

DONZELLE

(partendo smaniose col fanciullo fra le guardie)

Ah per noi non v'è pietà!

SOLDATI

(inesorabili, e traendoli a forza per diversi lati nelle destinate prigioni)

No, per voi non v'è pietà.

Scena quinta

Chiuso padiglione magnifico. Eccelso trono a destra.
Mobili cortine: in prospetto.
Egisto, e Semele, con Paggi, e Guardie fenicie.

Recitativo

SEMELE

Va': precedimi, Egisto. I sensi miei

noti fra poco al regno

tutti saranno. Io voglio,

ch'oggi alla fine in foglio

vegga sedermi a lato

uno sposo, un monarca,

di lui degno, e di me. Fa' che s'aduni

il gran consiglio.

EGISTO

Il cenno

eseguirò. La vittima è già pronta,

che Agenore prescrisse. In mio potere

l'ha rimessa la sorte.

SEMELE

Altre immolarne

già seppe Isseo.

EGISTO

Perdona...

SEMELE

Oppresse, e dome

dal suo valor, di Cipro

tutte fur già le ribellanti schiere.

Fra l'armi, e le bandiere,

carco d'opime spoglie,

a noi torna, e qui chiede

l'omaggio tributarne al regio piede.

EGISTO

Io d'un solo straniero

saprò col sangue a lui

di questo soglio contrastar l'impero.

SEMELE

Dell'audace pensiero,

più d'appresso mirando il tuo periglio,

forse pentito, cangerai consiglio.

[III. Duetto]

(come il primo intercalare d'una delle prime arie comunemente usate)

Va coll'aura scherzando, talora

sulla prora ~ l'incauto nocchier.

E pur sa che in tempesta ~ funesta

può cangiarsi quel vento leggier.

EGISTO

(in vece di una delle consuete seconde parti)

Fra gli orrori d'infida procella

mai quest'alma ~ non perde la calma:

sol mi basta per guida una stella

d'ogni mar nell'incerto sentier.

SEMELE

(replicando coll'opportune artificiose variazioni la stessa musica della prima parte dell'aria, a cui serve questa replica di secondo intercalare)

Tal da lunge, mirando il periglio,

sta con fronte, con ciglio ~ sereno.

Ma gli palpita il core nel seno

del cimento all'aspetto primier.

EGISTO

(sostenuto, ed imperioso)

Vil mi credi; e vil non sono.

I miei voti, la mia speme

porto audace infino al trono.

(con tenerezza)

Se mi balza in petto il core,

è d'amore ~ un segno espresso

questo istesso ~ palpitar.

(parte)

(intanto s'ode rumor di timpani, e trombe, che annunziano esser all'ordine il campo)

Recitativo

SEMELE

(alle guardie, mentre servita da' suoi paggi, ascende sul trono)

Aprasi olà, custodi: e al soglio innanzi,

senz'altro indugio, il vincitor s'avanzi.

Scena sesta

Festoso campo de' Fenici, che tornan trionfanti dalla spedizione, che ad Isseo fu commessa di ridurre ad ubbidienza il ribellato regno di Cipro.
Tutta la Cavalleria è disposta su i lati, e di prospetto nel fondo. In maggior lontananza si veggono i carriaggi, che accompagnan l'Esercito.
Timpani, e trombe a destra, ed a sinistra.
Dal centro del campo fra gloriosi trofei s'inoltra Isseo a cavallo, preceduto da' maggiori Duci delle schiere, e seguitato da' Prigionieri di Cipro.
Isseo; e Semele sul trono.

[IV.]

ISSEO

(rivolto a' suoi guerrieri, accenna loro i militari trofei, ed altre spoglie nemiche, di cui vengon carichi i prigionieri di Cipro)

Le spoglie guerriere,

che accolte qui sono,

si spieghino altere

dinanzi a quel trono,

di nostra vittoria

per gloria ~ maggior.

CORO

(serve per il coro lo stesso motivo musicale della cavatina d'Isseo; ed intanto con guerriero fasto si dispongono intorno al trono i trofei militari)

Si spieghino altere

le spoglie guerriere

di nostra vittoria

per gloria ~ maggior.

Recitativo

ISSEO

Colle spoglie de' vinti a' piedi tuoi

il militar comando

riverente io depongo.

(piegando il ginocchio innanzi al trono in atto di deporre il baston del comando)

SEMELE

(facendolo alzare)

Sorgi: e 'l poter supremo

serba, o prence, dell'armi: io te l'impongo.

ISSEO

(si leva, e ritiene l'insegna del militar comando)

Legge il cenno è per me.

SEMELE

Libero intanto

(accenna le spoglie nemiche)

d'ogni preda nemica

potrai disporre a tuo talento.

ISSEO

Ah troppo

generosa regina! Il merto avanza

delle conquiste mie sì gran mercede.

SEMELE

Ma non quello però della tua fede.

Questa, Isseo, m'è già nota: ed a premiarla

non tarderò.

(si leva in piedi, porgendole Isseo la mano, per discensere dal trono. I paggi si tengono indietro)

Mi siegui ove de' grandi,

già s'aduna il consiglio. A lor palese

de' miei pensier l'arcano

alfin tutto sarà. Se tu quel trono

a me difendi, è giusto

che teco io lo divida.

ISSEO

(sorpreso)

Che dicesti?... Che intesi?...

Né rammenti?... Né sai?...

SEMELE

So che d'Europa

la mano a te promessa

stringere un dì sperasti:

che riamato l'amasti:

e che forse con pena

ti risolvi a spezzar la tua catena.

ISSEO

Ah che pur troppo è vero!

Del primiero amor mio l'idea tenace,

privo di speme ancor, m'alletta, e piace.

SEMELE

Sensi d'alma fedel! Ma infin si stanca

la costanza in amore,

se la speranza in noi languisce, e muore.

ISSEO

Troppo indegno però di te si rese

chi a sospirar per altr'oggetto apprese.

SEMELE

Inopportuno ancor, sì bel ritegno

di mia scelta ti rende ognor più degno.

ISSEO

(confuso, ed agitato)

Meritarla io vorrei;

ma come?... oh dèi!... Senti... Mi perdo... Appieno

quel, ch'io dirti non so, comprendi almeno.

[V. Rondò]

(nuova specie di rondò a due)

Ah se gli affetti miei

potessi, oh dèi! ~ spiegarsi!...

Ah ti direi ~ che amarti

quanto vorrei ~ non so.

SEMELE

Tanto s'è ver che brami;

altro dal ciel non chiedo;

vedo ~ che già tu m'ami

quanto più amar si può.

(torna al rondò)

ISSEO

Ah se gli affetti miei

potessi, oh dèi! ~ spiegarti!...

Ah ti direi ~ che amarti

quanto vorrei ~ non so.

(accelerando il tempo senza cambiar misura)

SEMELE

Qualora ~ eccede ancora,

bella è la tua costanza:

questa è la mia speranza;

questa m'innamorò.

(al motivo principale del rondò, replicato a due, se ben con parole, o con modulazione diversa)

Insieme

ISSEO

Ah se gli affetti miei

potessi, oh dèi! ~ spiegarti!...

Ah ti direi ~ che amarti

quanto vorrei ~ non so.

SEMELE

Ah più dal ciel non chiedo,

tanto s'è ver che brami!

Ah vedo ~ già che m'ami

quanto più amar si può.

(partono)

Scena settima

Sala regia destinata per le adunanze del supremo consiglio de' grandi del regno. Trono a destra per la regina. Sedili più bassi vicini al trono, e dirimpetto al medesimo sulla manca per i grandi del regno. Simulacro di Temide in prospetto. I simboli della giustizia servono ad ornar tutta la scena.
Grandi del regno, con Egisto; indi Semele, ed Isseo.

[VI. Coro]

CORO

O Temide immortale,

o intelligenza eterna,

dalla magion superna,

ove in tua luce splendi,

le nostre menti a rischiarar discendi.

Recitativo

EGISTO

Giungi attesa, o regina. Ecco raccolto

di Fenicia il senato.

Or dal tuo labbro il regno il suo sovrano

impaziente aspetta.

SEMELE

Io d'appagarvi

risoluta, i miei passi ho qui rivolti.

Ciascun meco qui sieda: ognun m'ascolti.

(siedono tutti)

Voi mi chiedete un re: da me volete

che si elegga uno sposo. Irresoluta

al par di me chi non saria? Fra tanti,

ch'ugualmente del serto

atti qui miro a sostenere il pondo,

dubbia, incerta m'aggiro, e mi confondo.

Risolvere alla fine

pur già che a me conviene,

risolverò. Ma pria

del mio genio real, qualunque sia

la scelta, d'approvarla

chiedo a voi che si giuri.

ISSEO

Al giuramento

io non m'oppongo.

EGISTO

Ed io

d'Agenore la legge a te rammento.

SEMELE

Intempestiva, Egisto,

è la cura, il pensier.

ISSEO

Già dal mio brando

quel sangue si versò, che a noi richiese

un oltraggiato re.

EGISTO

Questo a placarlo

solo non basta, Isseo. L'ombra sdegnosa

a Lete in riva ognora

altro ne chiede, altro ne attende ancora.

SEMELE

Se lo brama, l'avrà. Del sacrificio

sai ben che a noi prescritta

non è la forma: e sai

che già di questo giorno

le pompe a coronar, tutto s'aduna

il popol nell'arena. Or quivi un solo,

fra i prigionier di Cipro,

volontario discenda

colle fiere a pugnar. Per lui da' lacci

si sciolgan gli altri: e renda

così d'un contumace il sol cimento,

Agenore placato, è ognun contento.

EGISTO

Ma straniera si vuole,

che la vittima sia.

ISSEO

Perde ogni dritto

di suddito fedel quell'alma rea,

che spergiura è al suo re: stranier si rende

quel figlio ingrato, che la patria offende.

EGISTO

Quei però, che dell'onde

naufrago a queste sponde

spinse il furor.

SEMELE

Chi ti assicura, Egisto,

che fenicio non sia?

EGISTO

Da' labbri suoi

noi saper lo potrem.

(alle guardie, che partono, per introdurre Asterio)

Qui s'introduca

il prigionier. Si osservi,

si esamini, s'ascolti, e se sia d'uopo,

a favellar si astringa.

(guardando Asterio, che s'innoltra con passo grave, e così intrepido aspetto)

SEMELE

Eccolo.

ISSEO

In volto

un non so che gli scorgo

d'anima non volgar.

Scena ottava

Asterio fra le Guardie, e detti.

SEMELE

Stranier, t'avanza.

ASTERIO

Che si vuole da me?

EGISTO

Saper si brama

donde vieni, chi sei.

ASTERIO

Tale son io,

che ancor fra le ritorte,

serbo un'alma nel petto invitta, e forte.

ISSEO

(Che ardir!)

SEMELE

(Che fieri detti!)

EGISTO

(ad Asterio)

A noi palesa

la patria, il nome tuo.

ASTERIO

Vi basti quanto

da' labbri miei finor sapeste.

EGISTO

Il vero

celare invan tu speri.

(a Semele)

Un'infelice

sua compagna per lui ciò, ch'egli tace,

tutto dirà.

SEMELE

(alle guardie, che partono, per tornar con Europa)

Questa si cerchi.

(ad Asterio)

È forse

a te consorte?

ASTERIO

Or ora,

tuo malgrado, il saprai.

EGISTO

Temerario!

SEMELE

Vedrai...

ASTERIO

Chi sa? Potrei

su quel soglio in tua vece

oggi forse mirarla.

Scena nona

Europa fra le Guardie, e detti.

EUROPA

(accennando Asterio)

Il re di Creta

sì, vedrà forse che, a quel soglio il cielo

nella smarrita Europa oggi destina

render la sposa sua, la tua regina.

(verso Semele)

SEMELE

(Numi!)

EGISTO

(guardando Europa)

(Europa!)

SEMELE

(con molto stupore)

(Che intesi!)

ISSEO

(guardando Asterio)

(È il re di Creta,

che m'invola il mio bene!...)

SEMELE

(sogguardando sospettosa Isseo)

(Ah! Mi tradisce

l'ingrato Isseo...)

EGISTO

(osservando attentamente i moti d'Isseo)

(Già impallidisce in volto

l'odioso rivale!)

ISSEO

(costernato)

(A questo passo

preparato io non era.)

SEMELE

(Io son di sasso!)

[VII. Finale]

(lentamente, con interruzione d'istrumenti)

ASTERIO

(guardando or Semele, or Isseo, ed ora Egisto)

Qual silenzio!

EUROPA

(guardando or Semele, or Isseo, ed ora Egisto)

Che nuovo stupore!

ASTERIO

È rispetto?

EUROPA

Rimorso?

ASTERIO

Timore?

EGISTO

(guardando Isseo)

Qual pallor!... Qual rossore improviso!

SEMELE

(fissando attentamente lo sguardo ad osservare Isseo)

Quello sguardo sospetto, indeciso

mille dubbi mi sveglia nel seno.

ISSEO

(costernato, e confuso)

Qual tumulto d'affetti ho nell'alma!...

Ah potessi nasconderlo almeno!

EUROPA

(mirando Isseo)

Di quel core si turba la calma.

ASTERIO

(guardando Egisto)

Di quel ciglio si cangia il sereno.

(a cinque, entrando con una specie d'imitazione uno dopo l'altro)

Insieme

EUROPA

La sorpresa già muti gli rende:

più non s'ode un accento formar.

ASTERIO

D'altra luce già il cielo s'accende:

già comincian gli audaci a tremar.

ISSEO

Nel contrasto di tante vicende

ardo, agghiaccio, non posso parlar.

EGISTO

Di già il tuono rimbomba d'intorno:

pur non torno ~ di nuovo a sperar.

SEMELE

Oh che giorno ~ funesto ~ è mai questo!

Tutto il sangue io mi sento ~ gelar.

(il coro solo, mentre sospesi taccion gli attori)

CORO

Strano evento!

IIº

Terribil momento!

(rientrando gli attori ad esclamare insieme col coro)

IIIº

Freme il vento:

IVº

s'intorbida il mar.

SEMELE

Parli Egisto.

EGISTO

Già dissi abbastanza.

SEMELE

Tace Isseo?

ISSEO

(Non ho più speranza.)

SEMELE

(ad Isseo)

Di che temi?

(ad Egisto)

Perché ti confondi?

(di nuovo ad Isseo)

Non rispondi?

(Asterio accenna con ironia Egisto; ed Europa addita Isseo)

Insieme

EUROPA

Parlar s'ei ricusa,

la sua scusa ~ il mio labbro farà.

ASTERIO

Parlar s'ei ricusa,

quel, ch'ei tace, il mio labbro dirà.

ASTERIO

(sempre accennando Egisto)

Del soglio se mira

perduta la speme,

quell'alma feroce,

che tacita freme,

s'affanna, sospira;

più voce ~ non ha.

EUROPA

(con passi d'agilità, sempre additando Isseo)

È amor, che loquace,

che muto lo rende:

se parla, se tace,

l'agghiacia, o l'accende.

Quel nume fallace

mai pace ~ non dà.

SEMELE

Dinanzi al mio sguardo

gli audaci togliete.

(alle guardie, che si muovono per condur via Europa, ed Asterio)

ISSEO

Ah no: sospendete.

(arrestando le guardie)

SEMELE

(con sorpresa, meravigliandosi del movimento d'Isseo)

(Che ascolto!... Che miro!...

(con sospensione)

Che aspetto? Che tardo?

(con moto, ed agitazione)

Già smanio, deliro,

m'infiammo, m'accendo,

ragion non intendo;

frenarmi non so.)

EGISTO

(alle guardie)

Il cenno eseguite.

(Asterio ad Europa, e questa ad Asterio con tenerezza)

Insieme

EUROPA

Che barbara sorte!

Di morte ~ all'aspetto

se tacita io gemo,

sol temo ~ per te.

ASTERIO

Mia dolce consorte

fra lacci, e ritorte

se palpito, e fremo,

non tremo ~ per me.

SEMELE

(a Europa ed Asterio)

Superbi, partite.

(insultando Semele)

Insieme

EUROPA

Ti sprezzo spietata.

Crudel, non ti cedo:

non chiedo ~ pietà.

ASTERIO

Ti lascio sdegnata.

Quest'alma nel petto

smarrirsi non sa.

(partono insieme fra le guardie)

Scena decima

Isseo, Semele, ed Egisto, con i Grandi del regno.

(arrestando Semele, che parte)

EGISTO

Dove?...

ISSEO

Ascolta.

SEMELE

(torna indietro sprezzante)

Io tutto intesi.

ISSEO

(a Semele)

Ma...

SEMELE

(ad Isseo)

T'accheta.

ISSEO

(supplichevole a Semele)

In che t'offesi?

SEMELE

(avanzandosi di qualche passo, e volgendosi minacciosa ad Isseo)

Pensa, ingrato... Ah!...

ISSEO

(sommesso a Semele)

Siegui.

SEMELE

(smaniosa)

Oh dèi!

(dopo qualche momento di silenzio)

ISSEO

(a Semele)

Perché taci?

EGISTO

(a Semele)

Che ti arresta?

(Semele siegue a rimaner tacita, e pensosa, fissando a terra lo sguardo)

(porzione del coro, guardando attentamente i moti di Semele, che sta fremendo)

CORO

Già si scuote...

(altra porzione del coro, come sopra)

IIº

Già si desta...

Insieme

SEMELE

(con grande agitazione, minacciando tutti)

Ah tremate, ~ paventate.

Oggi tutti e giusti, e rei

l'ira mia confonderà.

ISSEO E EGISTO

(a Semele, volendo placarla)

Isseo:

Deh sospendi...

Egisto:

Ferma...

Isseo:

Intendi...

(insieme, smaniosi)

Egisto:

(Se geloso ha in petto il core,

l'ira in lei ~ si accrescerà.)

Isseo:

(Ah l'ingiusto suo rigore

chi frenare, oh dèi! ~ potrà?)

CORO

(un dopo l'altro, crescendo sempre la forza dell'espressione agitata)

Ah quell'ira,

IIº

quello sdegno

IIIº

sol di stragi,

IVº

affanni,

e lutto

(tutti uniti con agitazione molto smaniosa)

tutto il regno ingombrerà!

Atto secondo
Scena prima

Carcere oscuro.
Diversi cancelli, e ferrate porte all'intorno, che introducono a varie più interne, separate prigioni.
Egisto, ed Isseo.

Recitativo

EGISTO

Sulla sorte d'Asterio irresoluto

pende ancora il senato. Ai giorni sui

del prigionier di Cipro esser funesta

la salvezza potria. Non men di lui

la sua sposa è in periglio.

ISSEO

E chi del soglio

osar può in lei di condannar l'erede?

EGISTO

Chi a Semele giurato ha ossequio, e fede.

ISSEO

Ma la ragione...

EGISTO

Alla ragion prevale

spesso la forza; e a questa

sol potrebbe una fuga

sottrarla.

ISSEO

E credi?...

EGISTO

Seco

parlane. A te condurre

qui la farò. Vedila. Il mio soccorso

t'offro al suo scampo. A lei

di seguirti proponi.

ISSEO

Ch'oggi Europa uno sposo

in tal rischio abbandoni?

Ah quell'anima bella

troppo mal tu conosci!

EGISTO

E tu supponi

che amare a questo segno

possa Europa un indegno,

che di rapirla osò?

ISSEO

Delle sue pari

a regolar gli affetti

so che basta il dover: e so che questo

chi ci offese ad amar consiglia spesso.

EGISTO

Eh che in altrui sol ama ognun sé stesso.

Quindi credilo, eterni

mai gli amori non sono. Il più costante

si cangia in un istante. Amica fonte

più non cura chi ha spenti

ne' trasparenti suoi limpidi untori

di smoderata sete i primi ardori

so che talun si vanta

d'amar sino alla tomba:

non ignoro che v'è più d'un che giura

che negli elisi ancora

serberà la sua fede intatta ognora.

Ma più del suo poter chi a te promette,

dì che un labbro ha mendace.

Dì che in seno racchiude un cor fallace.

[VIII. Aria]

Vantar di salda fede

il cor nel petto armato

è il reo costume usato

di chi promette amor.

Finge costanza è vero.

Ma il labbro è menzognero;

ma non ha lacci al piede:

non ha catene al cor.

(parte)

Scena seconda

Isseo; indi Europa, che scortata dalle Guardie, viene da uno de' cancelli delle separate, più interne prigioni.

Recitativo

ISSEO

Giustificar sé stesso ogn'infedele

pensa così. Necessità vorrebbe

che l'incostanza in lui

ciascun credesse. Al suo fallir compagni

accumular procura;

e dal suo cor gli affetti altrui misura.

Ma vien Europa.

(vedendo venir Europa, che a passi gravi, e lenti, pensierosa e mesta si avanza)

Oh come in petto, adesso,

povero cor, mi balzi a lei dappresso!

EUROPA

(con gravità, e sostenutezza)

Fra questi orrori, o prence,

a che vieni? Che chiedi?

ISSEO

E in me già estinto

credi quel primo ardor?...

EUROPA

Cangia favella:

o qui teco io non resto.

(volgendosi, per tornare alla sua prigione)

ISSEO

(arrestandola)

Sentimi. E così presto

la rimembranza, oh dio!

Come perdesti, o ingrata?...

EUROPA

In tal momento

che sposa, e madre io son sol mi rammento.

ISSEO

E se lo sposo, e il figlio a conservarti

venuto io fossi?

EUROPA

Ed in qual guisa, oh stelle!

Di Semele sottrarci

speri all'ire, al furor?

ISSEO

Libero a lei

se tu il trono abbandoni.

EUROPA

Eh s'abbia pure

l'ambiziosa donna e scettro, e soglio:

sposo, e figlio a me salvi: altro non voglio.

ISSEO

Non dubitar. Salvi gli avrai. Ma il regno...

EUROPA

Di Semele sarà. Cederne a lei

tutti prometto, e giuro i dritti miei.

ISSEO

Basta così.

EUROPA

Tu seco

(con tuono equivoco fra l'amarezza dell'ironia, e del geloso rincrescimento)

in dolce nodo unito...

ISSEO

Assai diverso

è dal tuo questo cor. Se a nuova face

tu accender ti potesti: io morirei

pria che stender la mano ad altro laccio.

EUROPA

(con decisa passione d'una tenerezza smaniosa)

Fu il mio sforzo maggior quand'io potei

viver da te divisa a un altro in braccio.

ISSEO

(sorpreso, e con agitazione)

Ah che ascolto! E sia ver!... dunque.

EUROPA

Ti basti:

altro non domandar. Troppo già disse

l'incauto labbro. Ah s'è pur ver ch'un giorno

io fui la tua speranza,

rispetta, o prence, adesso

la mia debol virtù. Non fu mia scelta

l'abbandonarti. Era già scritto in cielo

il nostro fato. A conservare illesa

e la fama, e l'onore, altro riparo

per me in Creta non v'era,

che perderti, per sempre.

ISSEO

E tu potesti?...

EUROPA

Lassa! Che far poteva? Eterna fede

al rapitor convenne,

mio malgrado, giurar.

ISSEO

(con amarezza gelosa)

Ma i tuoi legami

dolci amor poi ti rese?

EUROPA

(sospirosa)

Ah se sapessi

come sta questo cor... Ma che ti giova

penetrarne gli arcani? Ad imitarlo

più tosto attendi. E per salvarci, in dono

porgi a Semele ancora,

se sia d'uopo, la destra. Un grand'esempio

hai da me di costanza,

(piangendo)

se col pianto sul ciglio,

questo Europa ti dà crudel consiglio...

ISSEO

Ah non più. Ciò, che brami,

tutto farò. Destarsi

d'un emulo valore

fiamme ignote già sento intorno al core.

Sì: questa man, che tua

esser più, oh dio! non può, se tu l'imponi,

questa a Semele, oh ciel! per te si doni.

EUROPA

Il glorioso impulso

deh seconda, se m'ami. Addio: ti lascio,

e ti lascio per sempre!

ISSEO

(smanioso)

Ah quanta, oh dèi!

Quanta beltà, quanta virtù perdei!

[IX. Duetto]

(con tenera, ed affettuosa espressione)

Perder l'oggetto amato

non sa qual pena sia

questa dell'alma mia

chi non intende appien.

(quasi a guisa di recitativo istrumentato)

EUROPA

Deh ti consola.

ISSEO

Oh pene!

EUROPA

Dividersi conviene.

(tornando al tenero affettuoso motivo musicale della prima strofa, ma con maggior moto, ed agitazione)

ISSEO

Pria che l'avverso fato

me dal mio ben divida;

ah del dolor m'uccida

il fiero eccesso almen.

(con un canto interrotto)

EUROPA

Prence, ti lascio.

ISSEO

Ah taci.

EUROPA

Gli affetti contumaci

meglio a frenare impara.

ISSEO

Quanto virtù sì rara,

quanto mi costa, oh dio!

(con espressione agitata, viva, e smaniosa)

Insieme

ISSEO

Per mio ~ tormento

lo sento ~ adesso,

che a te dappresso

pace non trovo,

che mille smanie

provo ~ nel sen.

(parte)

EUROPA

Lo so. Ma parti.

Che rio ~ tormento!

Ah che in lasciarti,

prence, mi sento

anch'io ~ già l'anima

sveller dal sen!

Scena terza

Europa sola.

[X. Recitativo e aria]

(attentamente prima guardando, per assicurarsi che Isseo sia partito)

Numi, respiro! Alfin partì, lasciommi.

A sprigionare i trattenuti a forza

teneri affetti miei

più non si tardi: e il pianto,

per mio sollievo intanto,

della virtù più austera

senza rischio, e periglio,

libero torni ad inondarmi il ciglio.

(con passi d'agilità)

Ah lo sento ~ il suo tormento

disacerba in parte almeno,

quando un cor può senza freno

palpitare in libertà.

Scena quarta

Elegante gabinetto nella reggia.
Semele sola, sedendo appoggiata ad un tavolino.

[XI.]

(con moto lento, ed interrotto)

Fra mille pensieri

quest'alma gelosa,

se tema, se speri,

incerta, dubbiosa

comprender non sa.

Scena quinta

Isseo, e detta.

Recitativo

SEMELE

Ma vien l'infido. Ah tutto

forse già sa.

ISSEO

Regina...

SEMELE

Giungi, o prence, opportuno. Al suo destino

sappi che in abbandono il re di Creta

lasciai.

ISSEO

Come!

SEMELE

Deciso

ha il senato ch'ei mora: e vuol che priva

di libertà, nasconda

per sempre agli occhi altrui

tutto Europa il rossor de' falli sui.

ISSEO

Il decreto crudel...

SEMELE

(con rimprovero amaro)

So che scompone

i tuoi disegni. Egisto a me palesi

di già tutti li fe'. Ma trasferita

ho già dell'armi a lui

l'autorità suprema.

Di nostre leggi adesso in van chi adori,

co' la fuga, ai rigori

sottrar potrai. Già esecutor fedele

di tua giusta condanna

Egisto...

ISSEO

Egisto! Ah il traditor t'inganna.

Una fuga egli stesso anzi propose.

Ma libero dispose il soglio Europa

ceder più tosto a te, per mio consiglio;

pur che tu salvi a lei lo sposo, e il figlio.

SEMELE

(con gran maraviglia)

E creder lo potrò?

ISSEO

Se intera fede

non presti ai detti miei, pria che da' lacci

si sciolgano i prigioni,

di questa man disponi. A te consorte,

io t'assicuro, io ti difendo il trono.

SEMELE

(Da Egisto forse ah che tradita io sono!)

Corri, o prence...

ISSEO

(confuso, e con impazienza)

Ch'io vada?

E dove?...

SEMELE

Infin che il vero

palese a me si renda,

d'Asterio il crudo scempio

fa' che almen si sospenda. In suo soccorso

vola. Chi sa?

(agitata)

Di Nemesi nel tempio

forse già l'infelice

ridotto all'ore estreme...

ISSEO

(smanioso, ed in atto di partir precipitosamente)

Ah si salvi, o con lui si mora insieme.

[XII.]

SEMELE

Vanne. Ma in ogni evento

pensa...

ISSEO

Sentir non voglio.

Già più la reggia, il soglio

sicuro in tal momento

dal mio furor non è.

SEMELE

Quell'ira, oh ciel! tu fai

s'io meritai ~

(volgendosi, e vedendo che Isseo s'è di già allontanato corre inutilmente per trattenerlo)

...ma che!

Fermati... Oh stelle!... Ascolta...

Stolta! ~ con chi ragiono?...

Mi lascia in abbandono,

fugge il crudel da me.

Ah se così tremar,

misera! ognor degg'io;

venga, deh venga, oh dio!

La morte a terminar ~

l'affanno mio.

(parte)

Scena sesta

Tempio della Vendetta.
Ara nel mezzo, col simulacro di Nemesi. In varie nicchie laterali veggonsi rappresentate a chiaroscuro ferrugginoso diverse figure simboliche, onde il soggiorno della tremenda deità vien distintamente caratterizzato. Scala praticabile di prospetto nel fondo. Presso di essa si scorge parte d'un oscuro vestibolo, in cui si deve sacrificare innanzi alla tomba d'Agenore la vittima destinata a placarne l'ombra sdegnosa.
Egisto, Europa, il Fanciullo, le Donzelle cretensi, con alcune Guardie fenicie. Il Gran sacerdote di Nemesi, co' la schiera de' sacri Ministri, che circondan l'ara del tremendo nume. Asterio fra un'altra squadra di Guardie fenicie discende dalla scala, per cui si vien dalla reggia.

Recitativo

(ad Egisto, che se le appressa per discioglier le catene di lei)

EUROPA

Perfido! I lacci miei

lasciami.

EGISTO

A questo segno

sprezzi la mia pietà?

EUROPA

(respingendo Egisto con impeto)

Scostati, o indegno;

né ti vantar pietoso,

barbaro, allor ch'uccidi a me lo sposo.

EGISTO

Ma la tua libertà però ti rendo,

se a fuggir ti risolvi.

EUROPA

Io qui pretendo,

ad onta del destin con me spietato,

l'alma esalar del fido sposo a lato.

[XIII. Recitativo accompagnato e Aria]

ASTERIO

No: vivi, o cara; e lascia

che 'l mio fato s'adempia.

EUROPA

E vuoi?...

ASTERIO

Sì, voglio

che, fuggendo, assicuri

a te uno scampo,

(accennando il figlio)

e a questo

dell'infausto amor mio pegno funesto.

Chi sa? Con gli anni suoi

della comun vendetta

già forse il gran momento in ciel s'affretta.

Deh voi rendete, o numi,

il presagio verace;

e appien contento io chiudo i lumi in pace.

EUROPA

Ah, mi sento morir!

ASTERIO

Deh se non vuoi

che a Lete ognor d'intorno

ombra mesta io m'aggiri,

il tuo pianto raffrena, i tuoi sospiri.

EUROPA

Vorrei... ma oh dèi!... Non posso...

ASTERIO

(alle donzelle cretensi)

Il suo dolore

voi per me consolate. Al vostro amore

la genitrice, e il figlio,

(prendendo il figlio per mano)

morendo, io raccomando. Il ciel pietoso

alfin con noi placato,

pargoletto infelice,

prenda cura di te. Degno ti renda

dell'origine tua; ma più felice

di chi vita ti diè. Lasciate intanto

che per l'ultima volta

possa stringervi al seno.

(abbraccia da una parte il figlio, e dall'altra Europa)

Sposa... Figlio... Ah d'affanno io vengo meno.

(co' la più patetica, e dolorosa passione)

Del morir l'angoscie adesso,

tutte io provo a voi dappresso.

Sventurato!... Ah quest'amplesso

sarà l'ultimo per me.

Lascia, oh dio! ~ figlio infelice,

(torna ad abbracciare il fanciullo)

lascia ch'io ~ ti stringa al seno.

(accennando in atto flebile Europa, che piange)

La dolente genitrice

mi ritrovi almeno ~ in te.

(con molta smania)

Ah dov'è quel cor di sasso,

che non pianga al pianto mio?

(volgendosi con tenerezza alla sposa)

Sposa, addio... ~

(torna con maggior impeto alla smania di prima)

Più amaro passo,

duol più barbaro non v'è.

(s'incammina verso l'oscuro vestibolo, e lascia Europa svenuta fra le braccia delle sue seguaci)

[XIV. Coro]

Coro de' Sacerdoti di Nemesi, che al sacrificio accompagnan la vittima.

(incamminandosi a lenti passi verso il vestibolo)

Sul mesto tumulo

esangue appena

cadrà la vittima,

che a te si svena;

varcando placida

l'onda fatale,

riposa, e placati,

ombra reale.

(entran nel vestibolo, donde s'ode rumor d'armi)

Scena settima

Egisto, il Fanciullo, porzion delle Guardie fenicie; ed Europa svenuta fra le braccia delle Donzelle di Creta.

[XV. Recitativo accompagnato]

EGISTO

Qual rumore!

(alle guardie fenicie)

Si accorra... Il contumace

se v'è chi tenti audace

d'involare al suo fato;

o il folle ardir s'affreni,

o il figlio accanto al genitor si sveni.

(entra nel vestibolo seguitato dal resto delle guardie fenicie, conducendo per mano il fanciullo)

Scena ottava

Europa sostenuta dalle sue Donzelle seguaci; ed un Coro di combattenti, che non veduti si ascoltano.

EUROPA

(tornando in sé stessa)

Numi! L'egre pupille

all'odiosa luce un'altra volta

perché schiuder mi fate?...

(guardando smaniosa intorno)

Ah dove, oh dèi!

Il fanciullo dov'è?... Ma voi tacete!

Dite... Ah no: sospendete.

Misera! I mali miei

tutti già intendo: e veggo

alla pietà, ch'espressa

a voi leggo sul ciglio,

che più sposo non ho, non ho più figlio.

[XVI. Coro]

Coro di combattenti, che non veduti, in lontananza si ascoltano.

UNA PARTE DEL CORO

(ferocemente)

Stragi, o ritorte:

catene, o morte.

ALTRA PARTE DEL CORO

(flebilmente)

Fatale inciampo!

Crudel periglio!

TUTTO IL CORO

(combinando i due caratteri d'espressione diversa)

Pietà, consiglio,

scampo non v'è.

CORO

delle donzelle seguaci d'Europa

Che accenti feroci!

Che voci ~ funeste!

EUROPA

(con agitazione)

Ah sì: ~ di chi muore

le grida son queste!

Che fiero tenore

di barbara sorte!

Già spira il consorte!

Già, il figlio perì!

Ah si vada...

DONZELLE

(trattenendo l'attrice)

No: t'arresta.

EUROPA

Qual orrore in me si desta!

(si arresta quasi stupida)

Chi ritiene i passi miei?

Sento, oh dèi! ~ che per le vene

freddo viene ~ il sangue al cor...

(tornando alla prima sua smania)

Ah il corso finisca

d'un viver penoso!

Ah meco pietoso

il sen mi ferisca

quel ferro spietato,

che ha il figlio svenato,

che il padre ferì!

DONZELLE

una porzione del coro

Che grida!

altra porzione del coro

Che voci!

EUROPA

Che accenti feroci!

DONZELLE

una porzione del coro

Che fato!

altra porzione del coro

Che sorte!

EUROPA

Che viver penoso!

Insieme

EUROPA

Già muore lo sposo!

Già il figlio perì!

(entra precipitosa nel vestibolo)

TUTTE LE DONZELLE A CORO

Già spira il consorte!

Già il figlio perì!

(sieguono Europa)

Scena nona

Vasto cortile, che da un lato corrisponde alla reggia, e dall'altro al vestibolo, per cui si passa nel tempio della Vendetta.
Fiero, ed ostinato combattimento fra i Seguaci d'Egisto, ed i Soldati cretensi nuovamente giunti alle spiagge di Tiro, e da Isseo guidati alla difesa d'Asterio.
Alla durata della pugna serve di misura quella del Coro.

AGGRESSORI

Catene, o morte.

ASSALITI

Che fiero inciampo!

AGGRESSORI

Stragi, o ritorte.

ASSALITI

Non v'è più scampo!

Insieme

AGGRESSORI

In tal periglio

pietà, consiglio

per voi non v'è.

ASSALITI

Cresce il periglio!

Manca il consiglio;

pietà non v'è!

Scena decima

Isseo, ed Egisto.
Compariscono entrambi sulla scena battendosi, nello stesso momento, che dalle Schiere guidate da Isseo vengono inseguiti i Soldati di Egisto già messi in fuga.

[XVII. Recitativo accompagnato]

ISSEO

(verso quella porzione de' suoi guerrieri, che non ha inseguiti i fuggitivi,

e che s'avanza per attaccar Egisto)

Cessin gli oltraggi alfin.

(ad Egisto, perché si dia per vinto)

Renditi: e vivi.

EGISTO

Superbo! Ancor non cedo;

che l'istesso perdono

è un supplizio per me quand'è tuo dono.

(attaccando impetuosamente Isseo)

Difenditi, se puoi, da' miei furori.

ISSEO

Già che viver non vuoi,

(battendosi con Egisto, a cui porta infine un colpo, che lo rovescia estinto fra le scene)

perfido, mori.

Scena undicesima

Semele affannosa, ed Isseo.

Recitativo

SEMELE

Prence, illeso pur torno

a rivederti. E il traditor Egisto?

ISSEO

(mostrando l'acciaro, che poi cinge nuovamente al fianco)

Da quest'acciar trafitto

cadde l'indegno al suol. Difesa il cielo

ha la causa miglior. Giunse improviso

de' suoi dispersi legni al re di Creta

il potente soccorso. Alle nuov'armi

io delle nostre accrebbi

una schiera fedel. Già è salva Europa

collo sposo, e col figlio: e in lei le turbe

riconoscon del regno

la legittima erede.

SEMELE

Sicché...

ISSEO

Non paventar. La data fede

serbarti a te dovrà. Ben mi rammento

ch'io questa man, ch'Europa,

di tua pietade in prezzo,

il foglio a te promise. A lei mentr'io

sollecito m'invio,

(additando i suoi guerrieri)

teco questa rimanga,

per sicurezza tua,

scorta fedel. Fra poco

di più fauste novelle

presago il cor mi dice

che a te ritornerò, nunzio felice.

(parte, lasciando una squadra de' suoi guerrieri in difesa di Semele)

Scena dodicesima

Semele, colle Guardie a lei lasciate da Isseo.

SEMELE

Par che di nuovo il cielo

per me si rassereni. E pur fidarmi

appieno ancor non oso. Incerto è troppo

il destin de' viventi.

Or lieti, or tristi eventi

volge l'instabil ruota.

Quanti pietà ci fanno,

che invidia un dì forse destar potranno!

Stolto è ben chi dà fede

alla sorte incostante.

Ma è assai più folle ancora

chi sempre teme, chi dispera ognora.

[XVIII. Aria]

Quando più irato freme,

quando minaccia il mar ~

stragi funeste;

tornar d'amica speme

può un raggio a balenar ~

fra le tempeste.

(parte)

Scena ultima

Interna terrena parte della magnifica reggia di Tiro. Trono a destra.
A suon di festosa marcia di militari strumenti, preceduti da Isseo, e dalla Cavalleria fenicia, accompagnati da' Grandi del regno, e dalle Donzelle di Creta, s'avanzan sovra eccelsa maestosa quadriga Asterio, Europa, e 'l Fanciullo, con séguito di numerose Squadre fenicie, e di Guerrieri cretensi. Appena discesi dal carro, vien loro incontro Semele scortata dalle Guardie reali.
Grandi del regno di Fenicia, e Donzelle di Creta.

[XIX. Coro]

Coro.

TUTTI

A regnar su questa fede

torni al fin la vera erede.

Insieme

DONZELLE CRETENSI

Ed in mezzo a' suoi contenti

del destin più non rammenti

il rigor, la crudeltà.

GRANDI DEL REGNO

Ed in mezzo a' suoi contenti

più l'offese non rammenti

della nostra infedeltà.

ASTERIO

(rondò)

Chi a scordar gli oltraggi apprende

degli dèi qual sia comprende

la più gran felicità.

Che sia ver l'intendo adesso,

che felice a voi d'appresso

questo cor godendo sta.

EUROPA

(additando Isseo)

Quella man, che noi difese,

che a me rese ~ il soglio mio;

se a mia voglia dar poss'io,

oggi a Semele sarà.

ISSEO

(porgendo la mano a Semele)

Non la sdegni: e a lei la dono.

ASTERIO

(levandosi di capo la corona, per cingerne la fronte ad Isseo)

Io vi aggiungo il serto, e il trono.

(a tre con piccioli passi d'agilità)

Insieme

SEMELE

Se sperarla io posso in dono

che bramar più il cor non ha.

EUROPA

Compensato io trovo il dono,

se appagarti appien potrà.

ISSEO

Chi sa dare un soglio in dono,

d'ogni eroe maggior si fa.

Insieme

ISSEO

Che agli dèi già egual si rese

chi a scordar gli oltraggi apprese

nella sua felicità.

SEMELE

Ed in mezzo al mio contento

sol con pena or mi rammento

la passata crudeltà.

EUROPA

Ed in mezzo al mio contento

del destin più non rammento

il rigor, la crudeltà.

Tutti replicano a coro gli ultimi cinque versi detti da Isseo,

mentre sulla stessa musica vengon replicati da Asterio i tre primi versi del suo rondò.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena ultima