DON GIOVANNI
Dramma giocoso.
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Libretto di Giovanni BERTATI.
Musica di Giuseppe GAZZANIGA.
Prima esecuzione: 5 febbraio 1787, Venezia.
Personaggi:
Il COMMENDATORE padre di Donna Anna |
basso |
DON GIOVANNI Tenorio |
tenore |
PASQUARIELLO servo confidente di Don Giovanni |
basso |
DONNA ANNA figlia del Commendatore |
soprano |
DONNA ELVIRA sposa promessa di Don Giovanni |
soprano |
DONNA XIMENA dama di Villena |
soprano |
DUCA OTTAVIO sposo promesso di Donna Anna |
tenore |
BIAGIO contadino sposo di Maturina |
basso |
MATURINA sposa promessa di Biagio |
soprano |
LANTERNA altro servo di Don Giovanni |
tenore |
[Sinfonia]
Parte di giardino, a cui corrisponde l'appartamento di Donna Anna con porta socchiusa.
Pasquariello involto nella sua cappa, che passeggia, indi Don Giovanni, e Donna Anna, che lo tiene afferrato per il mantello.
[Introduzione]
PASQUARIELLO
La gran bestia è il mio padrone!
Ma il grand'asino son io,
che per troppa soggezione
non lo mando a far squartar.
Invaghito di Donn'Anna,
là di furto si è introdotto;
ed io gramo chiotto, chiotto,
qui ad attenderlo ho da star...
Sento fame? sento noia...
ma che venga alcun già parmi...
che sia lui vo' lusingarmi...
ma non vogliomi fidar.
Si ritira da una parte. In questo Don Giovanni e Donna Anna dalla porta che introduce nell'appartamento.
DON GIOVANNI
Invano mi chiedete,
ch'io mi discopra a voi.
DONNA ANNA
Un traditor voi siete,
un uomo senza onor.
DON GIOVANNI
Se fosse il Duca Ottavio
nemmeno parlereste.
DONNA ANNA
Azioni disoneste
non fece il Duca ancor.
DON GIOVANNI
Lasciatemi.
DONNA ANNA
Scopritevi.
DON GIOVANNI
Voi lo sperate invano.
DONNA ANNA
Vi strapperò il mantello.
DON GIOVANNI
Vi stroppierò la mano.
Insieme
DONNA ANNA
Aiuto! Son tradita!
Soccorso, genitor!
DON GIOVANNI
Acchetati, impazzita.
Non ho d'alcun timor.
PASQUARIELLO
Ohimè! La bestia ardita
va' ancora a far rumor.
In questo il Commendatore. Al comparir del medesimo Donna Anna lascia Don Giovanni, e si ritira.
Il Commendatore, e Don Giovanni, che sfodera la spada, Pasquariello in disparte.
COMMENDATORE
Qual tradimento! Perfido! Indegno!
Sottrarti invano speri da me.
(alle prime parole del Commendatore, Don Giovanni con un colpo gli smorza il lume ed all'oscuro si battono)
DON GIOVANNI
Vecchio, ritirati, ch'io non mi degno
del poco sangue, che scorre in te.
PASQUARIELLO
(Ah, che ci siamo!)
COMMENDATORE
Non fuggirai.
DON GIOVANNI
Ch'io da vil fugga non pensar mai.
COMMENDATORE
Un'alma nobile, no, in te non v'è.
PASQUARIELLO
(Per dove fuggasi non so più affé.)
Insieme
COMMENDATORE
(Ahi, che m'ha infissa mortal ferita!...
sento a mancarmi diggià la vita...
Se n' fugge l'anima... già vo a spirar...)
(cade sopra un sasso)
DON GIOVANNI
(Di mortal piaga ferito il credo...
che già traballa fra l'ombre io vedo.
Solo singulti d'udir mi par...)
PASQUARIELLO
(Io tremo tutto. Son qua di gelo.
Ad arricciarsi mi sento il pelo...
più non si sentono... nemmen fiatar.)
Recitativo
DON GIOVANNI
Zh, zh?
PASQUARIELLO
Eh?
DON GIOVANNI
Pasquariello?
PASQUARIELLO
Siete voi?
DON GIOVANNI
Sono io.
PASQUARIELLO
Vivo, o morto?
DON GIOVANNI
Che bestia!
E non senti ch'io parlo?
PASQUARIELLO
E il vecchio? Se n'è ito?
DON GIOVANNI
È morto, o mortalmente io l'ho ferito.
PASQUARIELLO
Bravo! Due azioni eroiche.
Donn'Anna violentata,
e al padre una stoccata?
DON GIOVANNI
Ehi: te l'ho detto ancora,
che non vo' rimostranze.
Seguimi, e taci. Andiamo.
PASQUARIELLO
Sì signore...
(Simular mi convien perché ho timore.)
(partono)
Il Duca Ottavio, e Donna Anna preceduti da Servi con torcie.
DUCA OTTAVIO
Ecco col sangue istesso... (Ah! Che rimiro!)
(tiene la spada in mano)
DONNA ANNA
Ohimè! Misera! Ohimè! Padre! Addio! Padre!
DUCA OTTAVIO
Signor! Ah! Dov'è l'empio
che vibrò il fatal colpo!
DONNA ANNA
Ah! Che di morte
il pallore sul viso ha già dipinto...
il cor più non ha moto... ah, il padre è estinto!
(cade fra le braccia del Duca)
DUCA OTTAVIO
Servi, servi, togliete agli occhi suoi
così funesto oggetto. E se alcun segno
scopersi in lui di vita,
medica man tosto gli porga aita.
Due Servi portano in casa il corpo del Commendatore.
DONNA ANNA
Duca, estinto è mio padre; e ignoro, o misera,
l'empio che lo ferì.
DUCA OTTAVIO
Ma in qual maniera
s'introdusse l'iniquo
ne' vostri appartamenti?
DONNA ANNA
A voi, Duca, stringendomi
la promessa di sposa, io me ne stava
ad aspettarvi nel mio appartamento
pe 'l nostro concertato abboccamento.
La damigella uscita
era per pochi istanti; allor che tutto
nel suo mantello involto
uno ad entrar nella mia stanza io vedo,
che al primo tratto, o Duca, io voi lo credo.
DUCA OTTAVIO
Che ascolto mai! Seguite.
DONNA ANNA
A me s'accosta, e tacito
fra le sue braccia stringemi. Io arrossisco,
mi scuoto, e dico: ah! Duca,
che osate voi! Che fate!
Ma colui non desiste: anzi mi chiama
suo ben, sua cara, e dicemi, che m'ama.
Resto di gelo allora. Egli malnato
ne volea profittar: io mi difendo;
lo vo' scoprir, lo afferro, palpitante
chiamo la damigella:
egli allor vuol fuggir: lo seguo, voglio
smascherar per lo meno il traditore,
e chiamo in mio soccorso il genitore.
Al suo apparir io fuggo; e l'assassino
per compir l'esecrando suo delitto,
misera, oddio! lo stese al suol trafitto.
DUCA OTTAVIO
Ardo di sdegno, e tutto d'ira avvampo
per sì enorme misfatto. Ignoto a lungo
non resterà l'iniquo: il suo castigo
sarà eguale al delitto, e voi Donn'Anna,
se un rio destino il genitor v'invola,
nell'amor d'uno sposo
il sollievo cercate.
DONNA ANNA
Di ciò Duca, per or più non parlate.
Finché il reo non si scopre, e finché il padre
vendicato non resta, in un ritiro
voglio passar i giorni;
né alcun mai vi sarà, che me n' distorni.
(parte co' li servi)
Il Duca solo.
Qual doppio eccesso è questo
di sventura per me! Tutto si faccia
per scoprir l'empio intanto; e non si lasci
Donn'Anna senz'aita in questo stato.
Oh disgrazia crudele! Oh avverso fato!
[Aria]
Vicin sperai l'istante
d'entrar felice in porto;
ma appena il lido ho scorto,
che torno in alto mar.
Cede l'amore in lei
ai moti del dolore;
e il misero mio core
ritorna a palpitar.
(parte)
Campagna con case rustiche, e nobile casino, fuori delle mura di Villena.
Don Giovanni e Pasquariello.
Recitativo
DON GIOVANNI
Posto che non mi parli
più del Commendatore, o di Donn'Anna,
la libertà ti lascio
di potermi ora dir quello che vuoi.
PASQUARIELLO
Quand'è dunque così, veniamo a noi.
Sapete voi ch'io son scandalezzato
della vita che fate!
DON GIOVANNI
Come! Qual vita faccio?
PASQUARIELLO
Buona. Ma se non più, con giuramenti,
con inganni, e con cabale
sedur quanto potete,
cercando tutti i dì qualche conquista,
mi par che sia una vita alquanto trista.
E poi, qui discorrendola, il burlarsi,
come voi d'ogni legge, o Signor caro?
DON GIOVANNI
Basta, basta così, mastro Somaro.
Sai tu perché venuto
son fuori delle porte?
PASQUARIELLO
Per non andar a letto;
e per farmi crepar dal patimento.
DON GIOVANNI
Come sei tu poltrone!
Tieni, tieni una doppia
per il sonno che perdi.
PASQUARIELLO
Questo po' di cordiale
mi corrobora alquanto. Ebben: sentiamo
perché siete ora qui.
DON GIOVANNI
Perché invaghito
son di Donna Ximena. Ella se n' venne
ieri qui al suo casino
per poter meco aver qualche colloquio
con maggior libertà.
PASQUARIELLO
Prudentemente.
DON GIOVANNI
Ma vedi una signora,
che smonta di carrozza.
PASQUARIELLO
Dunque pria che qui giunga
entriamo nel casino
per non esser veduti.
DON GIOVANNI
Oibò. Vogl'io
qui in disparte osservar anzi chi sia.
Vieni; e mettiamoci qui fuor della via.
(si ritirano)
Donna Elvira con due Servitori, Don Giovanni e Pasquariello in disparte, che poi si avanzano.
[Cavatina]
DONNA ELVIRA
Povere femmine,
noi siam chiamate
cervelli istabili,
anime ingrate,
cori volubili
nel nostro amor.
Ma sono gli uomini,
che fan gli amanti,
di noi più deboli,
più assai incostanti;
anzi son perfidi,
son senza cor.
Siamo pur misere
se noi li amiamo,
se ci fidiamo
del loro ardor.
Recitativo
In questo borgo io penso
trattenermi piuttosto,
ch'entrar nella città. Là in quell'albergo
prenderò alloggio intanto
che scopro gli andamenti
dello sposo infedele,
che dopo avermi la sua fé giurata
mi lasciò il terzo giorno abbandonata.
DON GIOVANNI
(restando sorpreso nel riconoscere Donna Elvira)
Oh cielo!
DONNA ELVIRA
Ah! Don Giovanni.
PASQUARIELLO
Oh! Ve'!
DONNA ELVIRA
Cotanto,
vi sorprende il vedermi?
DON GIOVANNI
(affettando disinvoltura)
Io vi confesso,
che tutt'altro qui adesso
aspettava che voi.
DONNA ELVIRA
Ed io tutt'altro
aspettava d'aver che un tradimento.
Fin a questo momento
non fu il mio che un sospetto;
ma la vostra sorpresa or qui ad un tratto
più non mi lascia dubitar del fatto.
DON GIOVANNI
Donna Elvira, scusatemi,
ma voi foste una pazza a far il viaggio
con un così magnifico equipaggio.
PASQUARIELLO
(A proposito.)
DONNA ELVIRA
È questo
quel che mi rispondete! Anima ingrata!
Fate ch'io sento almen qual fu il motivo
che da Burgos partiste, abbandonandomi
tacito, a precipizio,
dopo la data fé di sposalizio.
DON GIOVANNI
Oh, quanto a questo poi, qui Pasquariello
vi dirà la ragione.
PASQUARIELLO
Io!
DON GIOVANNI
Sì, tu. Digliela...
digliela...
PASQUARIELLO
Ma...
DON GIOVANNI
Ti dico
che gliela dici. Ed io perdon vi chiedo
se un premuroso affar, con mio tormento,
vuol ch'io debbo lasciarvi in tal momento.
(entra nel casino)
Donna Elvira, e Pasquariello.
DONNA ELVIRA
E mi lascia così! Parla tu: dimmi
la cagione qual fu del suo abbandono;
e pensa ben che disperata io sono.
PASQUARIELLO
Per me... sentite... vi dirò... siccome...
DONNA ELVIRA
Non confonderti.
PASQUARIELLO
Oibò: non v'è pericolo.
Siccome io dico, che Alessandro il Grande...
DONNA ELVIRA
E che c'entra Alessandro!
PASQUARIELLO
C'entra; e statevi cheta.
Siccome, io dico, che Alessandro il Grande
non era giammai sazio
di far nuove conquiste, il mio padrone
se avesse ancora cento spose, e cento,
sazio non ne sarìa, né mai contento;
egli è il Grande Alessandro delle femmine;
onde per far le sue amorose imprese
spesso, spesso cangiar suol di paese.
DONNA ELVIRA
Dunque ha dell'altre femmine?
PASQUARIELLO
Ih, ih! Se voi volete averle in vista
ecco signora mia, quest'è la lista.
(getta una lista di alcuna braccia di carta)
[Duetto]
Dell'Italia, ed Alemagna
ve n'ho scritte cento, e tante.
Della Francia, e della Spagna
ve ne sono non so quante:
fra madame, cittadine,
artigiane, contadine,
cameriere, cuoche, e guattere;
perché basta che sian femmine
per doverle amoreggiar.
Vi dirò ch'è un uomo tale,
se attendesse alle promesse,
che il marito universale
un dì avrebbe a diventar.
Vi dirò che egli ama tutte,
che sian belle, o che sian brutte:
delle vecchie solamente
non si sente ad infiammar.
PASQUARIELLO
Vi dirò...
DONNA ELVIRA
Tu m'hai seccata.
PASQUARIELLO
Vi dirò...
DONNA ELVIRA
Non più: va' via.
Insieme
PASQUARIELLO
Vi dirò che si potria
fin domani seguitar.
DONNA ELVIRA
(Il mio cor da gelosia
tutto sento a lacerar.)
(Pasquariello parte)
Donna Elvira sola.
Recitativo
Infelice ch'io sono! E tanti torti
potrà soffrir quest'anima gelosa?
No. Il diritto di sposa
farò valer; e qual si sia rivale
che giungerò a scoprire,
farò tremar, né mi saprò avvilire.
(parte)
Don Giovanni, e Donna Ximena, dal casino.
DON GIOVANNI
Più di ciò non si parli,
dolcezza del mio cor. Io, vostro sposo,
nuotando fra i contenti
sarò il più fortunato fra i viventi.
DONNA XIMENA
Oh quanto sono dolci
queste vostre espressioni!
Ma quando seguiranno
i sponsali fra noi?
DON GIOVANNI
Quando? Vorrei che subito
qua ci fosse un notaro,
riguardo al genio mio; ma un certo affare
mi obbligherà con sommo mio martire
ancora qualche giorno a differire.
DONNA XIMENA
Ricordatevi bene
il vostro giuramento. Rammentate
ch'io son d'umor geloso:
che voi siete mio sposo;
e che non soffrirei
nemmen per civiltà, che a un'altra donna
voi toccaste la man, nemmen col guanto.
DON GIOVANNI
Che dite mai! Mi vanto
d'esser io il più fedele, il più costante
uomo che vi sia al mondo.
Non temete mio ben, che d'ora in poi
ogn'altra donna io fuggirò per voi.
[Aria]
Per voi nemmeno in faccia
io guarderò le belle.
Se fossero ancor stelle
io gli occhi abbasserò.
Voi sola, voi mia cara,
porto scolpita in petto.
Voi siete il solo oggetto,
che amar da me si può.
Mio idolo, mio bene
mia fiamma, mio tesoro,
per voi mi struggo, e moro,
più pace al cor non ho.
(Pur questa nel catalogo
a scrivere me n' vo.)
(parte)
Donna Ximena.
Recitativo
Or che sicura io son della sua fede,
chi di me è più contenta?
Se amor per lui m'impiaga,
amor per lui mi sanerà la piaga.
(parte)
Maturina, Biagio, e Villani, che suonano le nacchere, indi Pasquariello.
[Cavatina con coro]
MATURINA
Bella cosa per una ragazza
è il sentirsi promessa in isposa!
Ma più bella diventa la cosa
in quel giorno che sposa si fa.
TUTTI
(ballano)
Tarantan, tarantan, tarantà.
Su via, allegri balliamo, e saltiamo,
che quel giorno ben presto verrà.
(in questo Pasquariello in disparte)
MATURINA
Bella cosa per una ragazza
è l'aver un amante che adora!
Ma più bella diventa in allora
che in marito a pigliarlo se n' va.
TUTTI
(ballano)
Tarantai, tarantai, tarantà.
Su via, allegri balliamo, e saltiamo,
che quel giorno ben presto verrà.
Pasquariello si caccia anch'esso fra li Villani, prende Maturina per la mano, e balla.
PASQUARIELLO
Bella cosa, cospetto di Bacco,
è il trovar una femmina bella!
Ma facendo la tan-taran-tella
molto meglio la cosa se n' va.
TUTTI
(eccettuato Biagio che mostra dispetto)
Tarantella con tarantà.
Via su, allegri balliamo, e saltiamo,
che un piacere maggior non si dà.
Recitativo
BIAGIO
Oh, oh! Poffar Diana!
Tralasciate voi altri; e andate in casa!
(li villani partono)
BIAGIO
E voi cosa venite, o signor caro,
a meschiarvi con noi,
ed a pigliar per man le nostre femmine?
PASQUARIELLO
Oh oh! Poffar Mercurio,
che ti faccia andar stroppio! E crederesti
ch'io fossi come te qualche facchino?
Son cavaliero, e son... Don Giovannino.
MATURINA
È un gentiluomo: senti?
Dunque lascialo fare.
BIAGIO
Come lasciarlo fare! Io non intendo
che punto s'addomestichi
colle donne, che sono a noi promesse,
né che tarantellar voglia con esse.
Don Giovanni, Maturina, Biagio, e Pasquariello.
DON GIOVANNI
Cosa c'è? cosa c'è?
PASQUARIELLO
(Cedo maioribus.)
BIAGIO
Quest'altro cavaliero
vien con la nostra sposa
a far l'impertinente.
MATURINA
Eh, non c'è male, non c'è mal per niente.
DON GIOVANNI
Quel cavaliero là?... Questo si prende
così per un'orecchia?
PASQUARIELLO
Ahi! Ahi! Che fate?
(Biagio ride forte)
PASQUARIELLO
(Diavolo che te 'l porti!)
DON GIOVANNI
V'insegnerò, ser cavaliero Selvatico
a far l'impertinente
con le belle ragazze.
(Biagio seguita a ridere)
PASQUARIELLO
Ma se...
DON GIOVANNI
Zitto... Le belle s'accarezzano
(si accosta a Maturina, la piglia per la mano)
gentilmente così. Quanto mai siete
vezzosa, e graziosina!
Che delicata, e morbida manina!
MATURINA
Ah! Signor voi burlate...
BIAGIO
(frapponendosi)
Eh! dico io.
DON GIOVANNI
Che dici?
BIAGIO
Dico, corpo di Bacco!
Che voi fate di peggio.
MATURINA
Biagio, non riscaldarti.
BIAGIO
Anzi vo' riscaldarmi. Animo, parti.
DON GIOVANNI
(allontanando Biagio con una spinta)
Eh, Eh!
BIAGIO
Come cospetto! A me una spinta!
DON GIOVANNI
Va' via.
(gli dà uno schiaffo)
BIAGIO
Come! Uno schiaffo!
(Pasquariello ride forte)
DON GIOVANNI
Va' via.
(gli dà un altro schiaffo)
(Pasquariello seguita a ridere forte)
BIAGIO
Come! Anche un altro! Corpo... Sangue...
E tu trista lo sopporti?
Niuno m'ha fatto mai simili torti!
(piangendo)
Avete voi ragione che adesso son poltrone,
ma mi vendicherò dell'insolenza.
DON GIOVANNI
Taci; e va' via.
(minacciando di batterlo ancora)
(Biagio si salva dietro a Maturina)
MATURINA
Va' Biagio. Abbi pazienza.
[Aria]
BIAGIO
A me schiaffi sul mio viso!
A me far un tal affronto!...
ma gli schiaffi non li conto
quanto conto, fraschettaccia,
che tu stai con quella faccia,
a vedermi maltrattar.
(a Don Giovanni)
Ma aspettate. Ma lasciate.
Ch'io mi possa almen sfogar.
Da tua madre, da tua zia,
da tua nonna, adesso io vado,
vo da tutto il parentado
la faccenda a raccontar.
(osserva Pasquariello che ride)
Maledetto sia quel ridere,
che di più mi fa arrabbiar!
Sì, sì vado, più non resto,
vado subito di trotto.
Sento il sangue sopra, e sotto
che si va a rimescolar.
(parte)
Maturina, Don Giovanni, e Pasquariello.
Recitativo
MATURINA
(per partire)
Con vostra permissione.
DON GIOVANNI
Oibò. Restatevi,
anima mia.
MATURINA
A me?
DON GIOVANNI
Sì, a voi, mia cara.
MATURINA
Signore, io mi vergogno
a sentirmi parlar teneramente
quando un altro vi sia che tutto sente.
PASQUARIELLO
Poverina!
DON GIOVANNI
(voltandosi a Pasquariello)
Ecco subito?
PASQUARIELLO
Signore
non state a incomodarvi
di dirmi niente affatto;
che capisco per aria, e me la batto.
(Va', che stai fresca!)
(parte)
Don Giovanni, e Maturina.
DON GIOVANNI
(dietro a Pasquariello)
Ehi? Dico?
Statene qui d'appresso...
(la prende per la mano)
in due soli restati eccoci adesso.
MATURINA
Ma signor...
DON GIOVANNI
Oh mia gioia!
E voi con quegli occhietti così belli,
con quel bocchin di rose,
questa sì cara mano
darete ad un villano?
No, mia dolcezza, no. Voi meritate
un assai miglior stato;
e di voi già mi sento innamorato.
MATURINA
Ah, signor! Mi dà gusto
quello che voi mi dite; ed io vorrei
che quello che mi dite fosse vero;
ma sempre mi fu detto,
che voi altri signori
per lo più siete falsi, e ingannatori.
DON GIOVANNI
Oh! Io non son di quelli. Il ciel me n' guardi!
MATURINA
Sentite: io sono, è vero,
povera paesana;
ma però non per questo avrei piacere
di lasciarmi ingannar; e poi il mio onore
più di tutto mi preme.
DON GIOVANNI
Ed io che avessi
un'anima sì trista
per ingannarvi, o cara? Oh! In questo poi
son troppo delicato.
Son di voi innamorato;
e posso ben giurarvi
che mio solo disegno è lo sposarvi.
MATURINA
Voi me 'l giurate?
DON GIOVANNI
Sì, ch'io ve lo giuro
per il cielo, o mio ben. E se volete
che ve lo giuri ancor per qual cos'altro,
ditelo voi.
MATURINA
No, no. Comincio a credere
a quel che voi mi dite;
e da questo momento
innamorata anch'io di voi mi sento.
[Aria]
MATURINA
Se pur degna voi mi fate
di goder d'un tanto onore,
sarò vostra, o mio signore,
e di core v'amerò.
Sento già che in riguardarvi
tutto il sangue in me si move.
Tal dolcezza in sen mi piove,
che spiegarla, oddio! Non so.
Caro, caro, che ve 'l dico
ma di core, ma di voglia!
Niun fia mai che mi distoglia
dal gran ben che vi vorrò.
(partono ed entrano in casa di Maturina)
Pasquariello, poi Donna Ximena, indi Don Giovanni.
Recitativo
PASQUARIELLO
Io penso ad ogni modo
che il lasciar questa bestia è necessario
a costo ancor di perdere il salario.
Sento a far un gran strepito
per il Commendator, che fu ammazzato;
e se il diavolo fa... servo obbligato.
DONNA XIMENA
Pasquariello, mi ascolta,
e sincero mi parla. Anzi ora vedi
come voglio impegnarti
a parlar schiettamente.
(gli dà alcune monete)
PASQUARIELLO
Due doppie! E chi, cospetto,
non avrebbe con voi da parlar schietto?
DONNA XIMENA
Innamorata io son del tuo padrone:
ei giurò di sposarmi.
Ma di lui tante cose a dirmi io sento,
che da due ore in qua tutta pavento.
PASQUARIELLO
Per esempio, di lui vi avranno detto,
ch'è un discolo, un briccone, un prepotente,
un cane...
(avvertendosi di Don Giovanni che si avanza)
Oibò: non date retta a niente.
Il mio padrone è un vero galantuomo,
uno che ha tutti i numeri;
e se a me non credete... eccolo appunto;
domandatelo a lui.
DON GIOVANNI
Costui che dice?
PASQUARIELLO
E che ho da dire? Io faccio
giustizia al vostro merito
ma tante male lingue...
DON GIOVANNI
E che? Mia cara,
forse talun?
DONNA XIMENA
No, no sposo adorato,
del vostro cor non ho mai dubitato.
Donna Elvira, e detti.
DONNA ELVIRA
Signor mio, una parola.
DON GIOVANNI
Oh, Donna Elvira...
DONNA ELVIRA
Vi trovo ingrato, alfin...
DON GIOVANNI
Zitta, tacete,
adorata mia sposa. È quella dama
una che m'importuna; e godo appunto
della vostra venuta.
DONNA XIMENA
Don Giovanni?
Che avete voi con quella?
DON GIOVANNI
È una bisbetica,
che mi viene a seccar. Entrate in casa,
che son tosto da voi.
DONNA XIMENA
Vado per compiacervi; ma badate
ch'io vi starò a guardar dalla finestra.
(parte)
PASQUARIELLO
(Vedo il turbine in aria; e piano piano
prudentissimamente mi allontano.)
(parte)
Donna Elvira, e Don Giovanni, poi Maturina.
DONNA ELVIRA
E credereste voi d'infinocchiarmi,
ingratissimo sposo?
No. Tremate di me...
DON GIOVANNI
No: che voi siete
in errore, mio ben. Statevi cheta,
che v'amo, che v'adoro; e che col rito
io domani sarò vostro marito.
MATURINA
Con vostra permissione.
E che parlate voi signor con quella
di essere marito?
DON GIOVANNI
Anima mia,
quella dama è una pazza,
e nella sua pazzia si raffigura
di essere mia sposa.
DONNA ELVIRA
Favorite.
E quai segreti avete
con quella contadina?
DON GIOVANNI
Ah ah! Quella meschina
è una povera matta,
che si è cacciata in testa ch'io la sposi.
MATURINA
Ma vi prego...
DON GIOVANNI
È gelosa
sin ch'io parli con voi.
DONNA ELVIRA
Eh, a me badate.
DON GIOVANNI
(a Donna Elvira)
Se vi volete divertire un poco,
con lei parlate. Io intanto pien d'affetto
sposa, mio bene, a casa mia vi aspetto...
(a Maturina)
Se volete un po' ridere,
parlatele di me. Addio, sposina,
i sponsali farem doman mattina.
(parte)
Donna Elvira, e Maturina.
[Duetto]
DONNA ELVIRA
Per quanto ben ti guardo
davver pietà mi fai.
Ma forse guarirai
col farti salassar.
MATURINA
Proprio così va detta.
Ma c'è una differenza
ch'è pazza sua eccellenza
e stenterà a sanar.
DONNA ELVIRA
Ah ah! Sì, sì, meschina.
MATURINA
Ah, ah, no, no, carina.
DONNA ELVIRA E MATURINA
Ah, ah! Così per ridere...
(La voglio stuzzicar.)
DONNA ELVIRA
Già Don Giovanni, io mi figuro,
che a te di sposo la man darà.
MATURINA
No. Don Giovanni, già per sicuro
è sposo vostro, che ben si sa.
DONNA ELVIRA
Qui non v'è dubbio.
MATURINA
Ah ah ah ah!
Insieme
DONNA ELVIRA
Ecco qua appunto ragazza mia,
dove consiste la tua pazzia!
Tutto il tuo male sta dentro là!
(additando la testa)
MATURINA
Ecco qua appunto signora mia,
dove consiste la sua pazzia!
Tutto il suo male sta dentro là!
(additando la testa)
MATURINA
(Che matta vana!)
DONNA ELVIRA
(Che pazza ardita!)
Insieme
DONNA ELVIRA
Ti puoi, figliola leccar le dita;
ma un tal boccone per te non fa.
MATURINA
Voi vi potete leccar le dita;
ma un tal boccone per voi non fa.
DONNA ELVIRA
Vanne via, va pazzarella,
ch'ei non ama una sardella.
MATURINA
Via pur voi correte in fretta,
ch'ei non ama una polpetta.
DONNA ELVIRA
Temeraria.
MATURINA
Voi insolente.
DONNA ELVIRA
Mi rispetta.
MATURINA
Non fo niente.
Insieme
DONNA ELVIRA
Faccio or ora una viltà.
Ah no no, che alfin si tratta
d'altercar con una matta
va' pur via e mi fai ben pietà.
MATURINA
Usi lei più civiltà.
Ah no no, che alfin si tratta
d'altercar con una matta
va pur via e mi fate ben pietà.
(partono)
Luogo rimoto circondato di cipressi, dove nel mezzo si erige una cupola sostenuta da colonne con urna sepolcrale, sopra la quale statua equestre del Commendatore.
Il Duca Ottavio con carta in mano, ed un Incisore.
Recitativo
DUCA OTTAVIO
Questo mausoleo, che ancor vivente
l'eroe Commendatore
apprestare si fece,
un mese non è ancor ch'è terminato;
ed oh! come ben presto
servì di tomba a lui che l'ha ordinato:
su quella base intanto
a caratteri d'oro
sian queste note incise.
(dà la carta allo scultore, che va a formar l'iscrizione)
Tremi pur chi l'uccise,
se avvien che l'empio mai
di qua passi, e le scorga.
E apprenda almen, che se occultar si puote
alla giustizia umana,
non sfuggirà del ciel l'ira sovrana.
(parte)
Don Giovanni, e Pasquariello.
PASQUARIELLO
Io non so, detto sia
con vostra permissione,
(se dir me lo lasciate)
qual diavolo di uom, signor, voi siate.
DON GIOVANNI
E perché?
PASQUARIELLO
Non parliamo
delle amorose imprese,
che già son bagatelle...
DON GIOVANNI
Oh, bagatelle
sicurissimamente. E che?
PASQUARIELLO
Parliamo...
Zitto... aspettate... piano...
(lo scultore in questo frattempo avendo formata l'iscrizione parte)
Non vi basta
che l'abbiate ammazzato,
che vi viene anche voglia
di andar vedere la sua sepoltura?
Ma questo non è un far contro natura?
DON GIOVANNI
Che stolido! Che sciocco!
Che male c'è se vengo
a veder per diporto
come sta ben di casa ora ch'è morto?
Ecco, ecco.
(additando il mausoleo)
PASQUARIELLO
Oh cospetto!... Ora vedete
tanti, ma tanti ricchi
per viver nobilmente
guardan perfino un soldo; e poi non guardano
dispendere a migliaia li ducati,
per star con nobiltà dopo crepati.
DON GIOVANNI
Bravo! Qui dici bene. Ma vediamo
quell'iscrizion maiuscola.
(legge)
«Di colui che mi trasse a morte ria,
dal ciel qui aspetto
la vendetta mia.»
Oh vecchio stolto! E ancor di lui più stolto
quel che la fece incidere!
La vendetta dal ciel? Mi vien da ridere.
PASQUARIELLO
Ah! signor, che mai dite!
Osservate... osservate che la statua,
par proprio che vi guardi
con due occhi di fuoco al naturale.
DON GIOVANNI
Ah, ah! Che animale!
Va', va' a dire alla statua,
che della sua minaccia io non m'offendo,
anzi rido. E perché veda ch'io rido
di questo a bocca piena,
meco l'invita questa sera a cena.
PASQUARIELLO
Chi?
DON GIOVANNI
Il Commendatore.
PASQUARIELLO
Eh, via!
DON GIOVANNI
Invitalo, dico: animo, presto.
PASQUARIELLO
Ora vedete che capriccio è questo!
[Duetto]
Signor Commendatore...
(Io rido da una parte,
dall'altra ho poi timore,
e in dubbio me ne sto.)
DON GIOVANNI
E quanto ancora aspetti?
PASQUARIELLO
Adesso lo farò.
A cena questa sera
v'invita il mio padrone,
se avete permissione
di movervi di qui.
(la statua china la testa replicatamente)
Ahi, ahi, ahi, ahi!
DON GIOVANNI
Cos'hai?
PASQUARIELLO
La testa sua è movibile,
e facemi così.
Insieme
DON GIOVANNI
Va' via, che tu sei matto.
PASQUARIELLO
Così, così mi ha fatto.
DON GIOVANNI
No.
PASQUARIELLO
Sì.
DON GIOVANNI
No.
PASQUARIELLO
Sì.
DON GIOVANNI
No.
PASQUARIELLO
Sì.
DON GIOVANNI E PASQUARIELLO
Che ostinazion frenetica!
Che capo è mai quel lì!
DON GIOVANNI
Aspetta, o stolido, che per convincerti
io co' la statua favellerò.
V'invito a cena, Commendatore,
se ci venite mi fate onore.
Ci venirete?
LA STATUA
Ci venirò.
Insieme
DON GIOVANNI
Un'illusione quest'è di già.
Non posso crederla mai verità.
Di te il più stolido trovar non so.
PASQUARIELLO
Ah! Mio signore, per carità.
Andiamo subito lontan di qua.
Per me certissimo più non ci sto.
(partono)
Camera di Don Giovanni.
Lanterna, che apparecchia la tavola, poi Donna Elvira.
Recitativo
LANTERNA
È la gran vita quella di servire
a un padron come il mio! Qui non si trova
mai ora destinata
né al dormir né al mangiare.
E quello che fa lui bisogna fare.
Guai a chi fa al contrario!
Quello ch'è peggio, non vien mai il salario.
Qualche mancia così per estro pazzo;
ma assai più del denaro è lo strapazzo.
(si sente battere)
LANTERNA
Picchiano... e chi mai diavolo vuol'essere?
Vediamo.
(va ad aprire, e nel vedere Donna Elvira resta sorpreso)
Oh, poffar Bacco!
Illustrissima? Voi?
DONNA ELVIRA
La tua sorpresa
non è senza ragione.
Avverti, ch'io qui sono, il tuo padrone.
LANTERNA
Non è ancora arrivato,
ve 'l giuro in verità... ma zitto... io credo
che giusto adesso arrivi... è lui sicuro
ed in cucina io me ne vado tosto
perché si appronti subito l'arrosto.
(parte)
Don Giovanni, e Donna Elvira. Pasquariello in disparte.
DON GIOVANNI
Voi Donna Elvira qui! Brava! La vostra
è una sorpresa amena.
Meco così restar potrete a cena.
DONNA ELVIRA
No, Don Giovanni. In me vedete adesso
un'altra Donna Elvira
dalla prima diversa. Io già non vengo
né più a rimproverarvi,
né più a cercar da voi l'adempimento
del vostro giuramento,
ma l'interesse vostro, il vostro bene
solo mi guida a voi, che ho tanto amato;
e tutto oblio quel ch'è fra noi passato.
PASQUARIELLO
(Povera donna!)
DON GIOVANNI
Dite.
DONNA ELVIRA
A me dei vostri
pervertiti costumi
tutto è noto il complesso. Ah! Che perfino
da ognun voi l'uccisore
siete creduto del Commendatore.
L'error de' vostri falli
scosse il mio core; e del mio error pentita
in un ritiro io vo a passar la vita.
Ma un estremo dolore
nel mio ritiro ancora io sentirei
se voi, che tanto amai,
diveniste, assai presto,
un esempio funesto
di quell'alta giustizia, e di quell'ira
che sovra di sé ogn'empio alfin s'attira.
PASQUARIELLO
(Povera donna!)
DON GIOVANNI
Avanti!
DONNA ELVIRA
Ah! In ricompensa
di tanto amor ch'ebbi per voi, non chiedo
che il vostro pentimento.
Non per me, ma per voi. Sì, vi scongiuro
colle lagrime agli occhi
per quell'amor che per me aveste un giorno,
per quel ch'è più capace
di toccare il cor vostro,
che richiamando la virtù smarrita,
pensar vogliate ad emendar la vita.
PASQUARIELLO
(Povera donna!)
DON GIOVANNI
Proseguite.
DONNA ELVIRA
Ho detto
quello ch'io dir voleva.
DON GIOVANNI
Ebben fa' tardi,
o cara Donna Elvira; e perciò anch'io
vi prego, vi scongiuro
per quell'amor che per me aveste un giorno,
e per quel che il cor vostro
più movere potria,
di alloggiar questa notte in casa mia.
DONNA ELVIRA
No, Don Giovanni, no. La mia carrozza
mi attende. Io vado. E se voi stesso amate,
a voi soltanto, e non più a me, pensate.
[Aria]
Sposa più a voi non sono:
spento è già in me l'ardore:
placido sento il core.
L'alma tranquilla ho in me.
Ben v'amerò lontana
se alla virtù tornate.
Io parto. Addio. Restate
fermo tenete il piè...
(a Don Giovanni che con caricatura vorrebbe accompagnarla)
Ah! Vedo che misero,
di me vi ridete:
di tigre le viscere
già vedo che avete.
Ma forse che il fulmine
lontano non è.
(parte)
Don Giovanni, Pasquariello, e Lanterna.
Recitativo
DON GIOVANNI
Lo sai, tu Pasquariello,
che la sua voce languida,
e quegli occhi piangenti
m'aveano quasi quasi in sen svegliato
un resto ancora dell'estinto affetto?
PASQUARIELLO
Ma però tutto al vento è quel che ha detto.
DON GIOVANNI
(va a sedere alla tavola)
Presto, presto, alla cena.
PASQUARIELLO
Sì signor, sì signore.
DON GIOVANNI
Peraltro, Pasquariello,
pensar bisogna ad emendarsi.
PASQUARIELLO
Oh! questo
è quel che anch'io diceva.
DON GIOVANNI
In fede mia
che bisogna pensarci. Altri trent'anni
di bella vita e poi
sicuramente penseremo a noi.
(Lanterna porge le pietanze a Pasquariello, e questo le mette in tavola)
PASQUARIELLO
Tutto sta, signor mio,
che il conto non falliate?
DON GIOVANNI
Eh? che vorreste dir?
PASQUARIELLO
Niente. Cenate.
(nel mettere un piatto sulla tavola si prende una polpetta, e la mette in bocca)
DON GIOVANNI
Che cos'hai? Tu mi sembra
ch'abbi una guancia gonfia.
Da quando in qua? Cos'hai?
PASQUARIELLO
Niente, signore.
DON GIOVANNI
Ti è venuto un tumor? Lascia ch'io senta.
È un tumore sicuro;
e tagliarlo convien perch'è maturo.
(si alza, e gli tocca la guancia. Prende il coltello: Pasquariello sputa la polpetta)
DON GIOVANNI
Ah! Briccone che sei!
PASQUARIELLO
In verità, signore,
ch'io soltanto volea sentir un poco
se troppo sal ci aveva posto il cuoco.
DON GIOVANNI
Bene, bene. Ora via, vedo meschino,
che tu hai molta fame; e dopo cena
io bisogno ho di te. Siedi pertanto,
e meco mangia qui.
PASQUARIELLO
Dite davvero?
DON GIOVANNI
Siedi, e mangia.
PASQUARIELLO
Ubbidisco al dolce impero.
(siede alla tavola)
Ehi! Lanterna? Posata, e tovagliolo.
LANTERNA
(Gode il favor sovrano
solo costui perché gli fa il mezzano.)
DON GIOVANNI
Olà! Finché si mangia
voglio che il mio concerto d'istromenti
sentir si faccia.
PASQUARIELLO
Bravo! Ottimamente!
Mangeremo così più allegramente.
Segue concerto di strumenti.
(Don Giovanni e Pasquariello mangiano; Lanterna a misura che Pasquariello gira la testa, subito gli cambia il piatto)
PASQUARIELLO
Ma potere del mondo!
Sei troppo attento per cambiar di tondo!
Guarda, Lanterna mio, che nel mostaccio
questo piatto tal quale or or ti caccio.
DON GIOVANNI
Da bere.
(viene servito)
PASQUARIELLO
Animo, presto!
Da bere ancora a me.
(un servitore gli presenta un bicchiere; Pasquariello vuol bere, e Don Giovanni lo trattiene)
DON GIOVANNI
Fermati, piano.
PASQUARIELLO
Ehi, cosa c'è?
DON GIOVANNI
Pria di bere
un brindisi hai da fare.
PASQUARIELLO
Ora vengo... aspettate... l'ho trovato:
«Alla salute del mio signore nonno.»
DON GIOVANNI
Oibò, oibò.
PASQUARIELLO
Ma dunque
a chi farlo conviene?
DON GIOVANNI
L'hai da far... l'hai da far... sentimi bene!
[Finale]
DON GIOVANNI
Far devi un brindisi alla città,
ché noi viaggiando di qua, e di là,
abbiamo trovato che è la miglior.
Dove le femmine, tutte graziose,
son le più belle, le più vezzose,
le più adorabili del sesso lor.
PASQUARIELLO
Questo vostr'estro non disapprovo.
Senza pensarci di già la trovo;
e ci scommetto che già la so.
Quest'è in Italia.
DON GIOVANNI
Dici benissimo.
PASQUARIELLO
Questa è Venezia.
DON GIOVANNI
Bravo bravissimo!
Tu già l'hai detta.
PASQUARIELLO
Oh benedetta!
Io farò il brindisi come potrò.
Insieme
DON GIOVANNI
Via, su fai il brindisi, ch'io sentirò.
LANTERNA
Io viva al brindisi risponderò.
PASQUARIELLO
Faccio un brindisi di gusto
a Venezia singolar.
Nei signori il cor d'Augusto
si va proprio a ritrovar.
V'è nell'ordine civile
quel che v'ha di più gentile:
e nel ceto anche inferiore
v'è buon core, e buon trattar.
(suonano gli stromenti da fiato, Pasquariello vuol bere, e Don Giovanni lo trattiene)
DON GIOVANNI
Piano, piano.
PASQUARIELLO
Cos'è stato?
DON GIOVANNI
Tu ti scordi del bel sesso.
Pria di ber anche allo stesso
devi il brindisi indrizzar.
PASQUARIELLO
Sì signore.
(beve tutto il vino)
DON GIOVANNI
Cosa fai?
PASQUARIELLO
Rifondete adesso il vino.
Mascolino, e femminino,
non vo' insieme mescolar.
(vien riempito di nuovo il bicchier di Pasquariello)
[Aria]
Alle donne veneziane
questo brindisi or presento,
che son piene di talento,
di bellezza, e d'onestà.
Son tanto leggiadre
con quei zendaletti,
che solo a guardarle
vi muovon gli affetti.
Se poi le trattate
il cor ci lasciate,
non han che dolcezza,
che grazia, e bontà.
(suonano gli stromenti; Pasquariello beve)
LANTERNA
Signor... signor, sentite.
(in questo si sente a battere replicatamente alla porta)
DON GIOVANNI
A un'ora sì importuna.
Non ha creanza alcuna
chi a batter vien così.
LANTERNA
Sentite nuovamente.
DON GIOVANNI
Va' a dire all'insolente
che adesso non ricevo,
che torni al nuovo dì.
(Lanterna parte, poi torna spaventato correndo, e casca in terra)
PASQUARIELLO
Ma se per accidente
mai fosse qualche bella?
DON GIOVANNI E PASQUARIELLO
Si cangeria favella
e si faria star qui.
LANTERNA
Ahimè! Ahimè!
DON GIOVANNI
Cos'hai?
LANTERNA
Ahimè!
PASQUARIELLO
Ma cos'è stato?
DON GIOVANNI
Costui è spiritato:
va' tu a veder cos'è.
(Pasquariello parte, poi subito ritorna spaventato ancor esso)
DON GIOVANNI
Via parla su, animale,
che cosa hai tu veduto?
PASQUARIELLO
Ahimè! Ch'è qui quel tale...
quel tale, sì è venuto...
Cioè quello... ahimè, che spasimo!
Oh poveretto me!...
Don Giovanni prende il lume, e va ad affacciarsi alla porta; in questo il Commendatore: Pasquariello si caccia sotto la tavola.
Il Commendatore, e detti.
DON GIOVANNI
Siedi Commendator. Mai fin ad ora
credere non potei, e dal profondo
tornasser l'ombre ad apparir nel mondo.
Se creduto l'avessi
troveresti altra cena.
Pure se di mangiar voglia ti senti,
mangia; che quel che c'è t'offro di core;
e teco mangerò senza timore.
COMMENDATORE
Di vil cibo non si pasce
chi lasciò l'umana spoglia.
A te guidami altra voglia,
ch'è diversa dal mangiar.
DON GIOVANNI
Pasquariello? Dove sei?
Torna subito al tuo sito.
PASQUARIELLO
Non mi sento più appetito.
DON GIOVANNI
Vieni fuori non tardar.
(Pasquariello esce, e si mette in disparte)
PASQUARIELLO
Se la febbre avessi indosso
non potrei così tremar.
DON GIOVANNI
(al Commendatore)
Tu non mangi, tu non bevi:
cosa brami or qui da noi?
Canti, e suoni, se tu vuoi,
io ti posso far servir.
COMMENDATORE
Fa' pur quello che ti aggrada.
DON GIOVANNI
Pasquariello, fatti avanti.
Insieme
DON GIOVANNI
Che si suoni e che si canti
per poterlo divertir.
PASQUARIELLO
Tutti i muscoli ho tremanti,
non poss'io più bocca aprir.
COMMENDATORE
Basta così. M'ascolta.
Tu m'invitasti a cena
ci venni senza pena:
or io te inviterò.
Verrai tu a cena meco?
PASQUARIELLO
Oibò, signor, non può.
DON GIOVANNI
Non ho timore in petto:
sì che il tuo invito accetto.
Verrò col servo.
PASQUARIELLO
Oibò.
COMMENDATORE
Dammi la destra per pegno.
DON GIOVANNI
Eccola... ohimè, qual gelo.
COMMENDATORE
Pentiti; e temi il cielo,
ch'è stanco omai di te.
DON GIOVANNI
Lasciami, vecchio insano.
COMMENDATORE
Empio, ti scuoti invano.
Pentiti Don Giovanni.
DON GIOVANNI
Ahi! quai crudeli affanni,
ma il cor non trema in me.
Insieme
COMMENDATORE
Termina, o tristo, gli anni,
vedi il tuo fin qual è.
PASQUARIELLO
Ah! Di Theriaca i panni
m'empio di sotto affé.
Segue trasformazione della camera in infernale, restandovi solo le prime quinte dove Pasquariello spaventato si rifugia.
(tra le furie)
DON GIOVANNI
Ahi! Che orrore! che spavento!
Ah, che barbaro tormento!
Che insoffribile martir,
mostri orrendi, furie irate,
di straziarmi deh cessate!
Ah non posso più soffrir.
Sparisce l'infernale, e torna come prima la camera di Don Giovanni.
Lanterna, Maturina, Donna Elvira, Donna Ximena, Duca Ottavio e Pasquariello.
DONNA ELVIRA E MATURINA
Qual strepito è questo, che abbiamo sentito!
DONNA XIMENA E DUCA OTTAVIO
Lanterna che dice, che qui ci chiamò.
PASQUARIELLO
Ohimè! già son morto: già sono arrostito.
Un pelo, un capello in me più non ho.
LANTERNA
Qui qui l'ho veduto, ed io son fuggito.
Lui dicavi il resto, ch'io niente più so.
PASQUARIELLO
I diavoli, il foco, il Commendatore...
Sentite il fetore che indosso averò.
DUCA OTTAVIO
Che diavolo dici?
DONNA ELVIRA
Tu fai confusione.
DONNA XIMENA
Dov'è Don Giovanni?
MATURINA
Dov'è il tuo padrone?
PASQUARIELLO
Signori, aspettate, ch'io tutto dirò.
Di lui, pian pian ve 'l dico,
non se ne parli più.
Coi brutti barabai
qui se n'è andato giù.
Ah! non avessi mai
veduto quel che fu.
E chi non crede al caso
a me che costi il naso,
che dell'odor diabolico
io credo ancor d'aver.
Insieme
MATURINA, DONNA ELVIRA E DONNA XIMENA
Misero! Resto estatica
ma è meglio di tacer.
DUCA OTTAVIO E LANTERNA
Misero! Resto estatico
ma è meglio di tacer.
TUTTI
Più non facciasi parola
del terribile successo
ma pensiamo invece adesso
di poterci rallegrar...
che potressimo mai far?
DONNE
A a a, io vo' cantare:
io vo' mettermi a saltar.
DUCA OTTAVIO
La chitarra io vo' suonare.
LANTERNA
Io sonare vo' il contrabasso.
PASQUARIELLO
Ancor io per far del chiasso
il fagotto vo' suonar.
DUCA OTTAVIO
Tren, tren trinchete, trinchete tre.
LANTERNA
Flon, flon, flon, flon, flon, flon.
PASQUARIELLO
Pu, pu, pu, pu, pu, pu, pu.
(ballano)
TUTTI
Che bellissima pazzia!
Che stranissima armonia!
Così allegri si va a star.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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