LA DIVISIONE DEL MONDO
Dramma per musica.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto di Giulio Cesare CORRADI.
Musica di Giovanni LEGRENZI.
Prima esecuzione: 4 febbraio 1675, Venezia.
Interlocutori:
GIOVE fratello di Nettuno e Pluto |
tenore |
NETTUNO fratello di Giove e Pluto |
tenore |
PLUTONE fratello di Giove e Nettuno |
baritono |
SATURNO padre delli suddetti |
baritono |
GIUNONE moglie di Giove |
mezzosoprano |
VENERE |
soprano |
APOLLO |
contralto |
MARTE |
contralto |
CINZIA sorella d'Apollo |
soprano |
AMORE figlio di Venere |
soprano |
MERCURIO |
contralto |
DISCORDIA |
altro |
Coro di
Deità con Giove, Semidei armati con Marte, Aure con Giunone, Amorini con Venere, Raggi con Apollo, Pleiadi con Cinzia, Tritoni e Glauchi con Nettuno, Furie con Pluto.
Generosissimi eroi
A voi, che per lunga felicità di religioso governo meritate esser gli arbitri della terra, offerisce la mia musa di Divisione del mondo. In questo presentatovi dramma ubbidisco all'impulso di riverito comando, e risveglio insieme dal loro antico letargo i numi della favolosa gentilità. De' vestigi d'un adombrato dominio è gran simulacro la pianta. Che vi stabilisce nel regno. Vedrete nel risorto triumvirato de' coronati figli di Rhea, simboleggiata con tre potenze in un trono, l'adorata immagine del vostro aristocratico impero. E chi non ravvisa nella maestà della vostra fronte, ove continuo risplendono vigilanti lumi di provvidenza, lo stellato soglio d'un Giove? E gli oceani inesausti della facondia dove più signoreggiano, che nel vostro petto, circoscritto esemplare della vasta signoria d'un Nettuno? Dove inoltre (ma con misterioso padronaggio in voi trasferite) più internano le radici le preziose giurisdizioni d'un dio del centro, che nella profondità di quel senno, che vi costituisce custodi eterni de' tesori della sapienza? Tanto ha voluto rappresentarvi in queste veraci espressioni il mio tributario spirito, per maggiormente qualificare sotto la tutela eccelsa del vostro inchinato nome le umili oblazioni del mio povero, ma divoto ingegno. Raccoglietele dunque, o generosi con quella serenità di sembiante, che mi promette l'augusta munificenza del real genio, a cui, per vivere o per degli astri, nacquer le sorti gloriose del vostro immortal diadema. E senza più mi consacro, generosissimi eroi.
Venezia 4 Febbraio 1675
Vostro eterno umiliss. servitore.
Giulio Cesare Corradi
A chi legge
Eccoti, o benigno lettore, un parto, che per esser concepito dal mio debole ingegno merita il tuo nobile generoso compatimento. Confesso la temerità della penna che ha voluto spiccare un volo nel cielo, là dove tant'aquile di perspicace intelletto han saputo far pompa di se medesime al sole del tuo rilucente sapere. Ne spero però compatito l'ardire, mentre non per gareggiare col volo di quelle, ma per illustrami ai raggi della virtù, seguii l'orme di chi s'incammina alla gloria. Questa mi balenò su gl'occhi nell'acquisto, che feci di servire attualmente a' cavaliere, il quale compiacendosi d'abilitarmi alla struttura del presente dramma me n'additava con tal'impiego la luce. Ne rimira tu dunque il composto, e mentre più serve all'apparenze, che al medesimo, potrai agevolmente discernere, che il comando di dover scrivere non ebbe altr'oggetto, che d'incontrare maggiormente il tuo genio; a cui per bene adattarsi se mi negò le forme la propria insufficienza, ha potuto in mia vece supplire la virtù del signor maestro Legrenzi, il quale con la dolcezza dell'armoniose sue note ti fa sentire nel mio dramma de' cieli una melodia di paradiso. Intendi con senso cattolico le solite poetiche forme, e vivi felice.
Argomento
Dalle penne greche, e latine nacque con eterno volo la fama de' superbi giganti nella guerra di Flegra contro Giove il supremo fra numi; ma fulminato dall'alta destra l'orgoglio insano, restò sepolta sotto le proprie ceneri l'alterigia degli empii, che insegnò con suoi gemiti ridir le vittorie del cielo alle spelonche del Mongibello, e Vesuvio. Quindi Giove spezzando le catene all'antico padre Saturno, già prigioniero de' suddetti, assicurò sulla strage de' ribelli titani il vasto regno de' cieli, e poiché videsi dalle bellezze di Venere sorger più cruda guerra riunì la pace de' numi co' la Divisione del mondo, assegnando a Nettuno lo scettro de' mari, ed a Pluto l'impero di Dite.
Si finge:
che Venere lontana dal marito Vulcano fuggisse con Amore suo figlio nel cielo per disseminare fiamme amorose nel cor de' numi, al cui arrivo ingelosita Giunone accaggionasse da quella reggia l'esilio d'Amore.
Che lo stesso disceso nell'inferno suscitasse la discordia conducendola in cielo co' suoi ministri per concitare nel seno de medesimi, sdegni, gelosie, guerre, e furori.
Che infine Cinzia sorella d'Apollo fosse dallo stesso destinata per isposa a Nettuno, ma divenisse, come narrano le favole consorte di Pluto.
Allo scoppio d'un fulmine s'alza la tenda, e si vede il proscenio occupato da nuvole, quali dopo vari moti formano un leone coronato nel mezzo; indi a poco a poco dileguate si scorge la scena tutta nuvolosa con Giove nel mezzo sull'aquila. Nettuno, e Pluto assistiti da numerose Deitadi schierate in aria a difesa del cielo contro i titani rimasti già fulminati sulle cime dell'Olimpo.
Giove, Nettuno, e Pluto.
GIOVE
Per espugnar dell'Etra il vasto impero
scagliò destra Flegrea balze volanti:
temeraria arroganza. Alfin sepolto
sotto de' marmi suoi cadde l'orgoglio;
nella reggia de' numi
dal precipizio assicurato è 'l soglio.
Qui sparisce il monte con i giganti fulminati, e Giove con tutte quelle Deità discende dalla parte superiore all'inferiore del cielo, e l'aquila licenziata rivola alla sublimità delle sfere.
GIOVE
Non arda del ciglio
più l'ira severa,
l'aligera arciera
disarmi l'artiglio:
già de' titani a scorno
spunta nel ciel delle vittorie il giorno.
NETTUNO
Trafitta...
PLUTONE
NETTUNO E PLUTONE
L'audacia restò.
NETTUNO
È sciocco 'l mortale
se guerra ti move.
PLUTONE
NETTUNO
Trafitta...
PLUTONE
NETTUNO E PLUTONE
L'audacia restò.
Sparendo in questo mentre a poco a poco la nuvola insieme con le macchine si scopre la reggia maestosa di Giove con lontani di sotto, e di sopra tutti tempestati di gioie.
GIOVE
Dell'avvinto Saturno, ite o germani,
a discior le catene.
NETTUNO
Al basso mondo
ratto mi condurrò!
PLUTONE
Giunone, Giove, Nettuno, e Pluto.
GIUNONE
A che giova, o gran tonante,
circondar il crin d'allori,
se lo stral di bel sembiante
l'alme impiaga, e strugge i cori?
Arma la destra pur d'acceso telo;
dubito ancor di nova guerra in cielo.
GIOVE
Qual periglio fra noi la pace uccide?
GIUNONE
Di Venere l'indegna
un sol guardo lascivo.
NETTUNO E PLUTONE
Venere in ciel? (Oh sospirato arrivo!)
GIUNONE
Dell'odiato consorte
si ribella agl'amplessi,
seco fugge Cupido,
già tra sue fiamme impure
ardono mille sdegni;
la discordia in amor crollo è de' regni.
GIOVE
Esule dalle sfere
n'andrà l'arcier bendato,
e di Vulcano al seno
ritornerà Ciprigna.
NETTUNO
(Oh nemico destin!)
PLUTONE
NETTUNO E PLUTONE
Alto motor, le sue ragioni ascolta.
GIOVE
Tacete voi: partite:
nel suo voler indipendente è Giove.
GIUNONE
A' grave eccelso ogni rigor conviene.
NETTUNO
Perdo l'idolo mio.
PLUTONE
Giunone, e Giove.
GIUNONE
Deh mio sposo adorato,
se la pace tu brami al cor di Giuno
scaccia la dea lasciva,
l'aspetto suo d'ogni piacer mi priva.
GIOVE
Che paventi?
GIUNONE
La fede
mi vacilla nel petto.
GIOVE
Nasce vil il timor.
GIUNONE
Troppo possenti
di vezzosa beltà sono le prove.
GIOVE
Che può far Citerea?
GIUNONE
Vibrar un guardo, e trionfar di Giove.
GIOVE
Bella non piangere
t'adorerò.
De' tuoi lumi 'l raggio amato,
de' tuoi crini il filo aurato
l'alma in petto a me legò.
Bella non piangere
t'adorerò.
Giunone.
Dell'amato mio nume
ben con ragione 'l core
nutre nel petto mio timida speme,
s'amor, e gelosia nacquero insieme.
Deh fermate pensieri gelosi,
non rapite la gioia dal cor,
vi conosco nemici ai riposi,
so, che ladri voi sete d'amor.
Deh fermate pensieri gelosi,
non rapite la gioia dal cor.
Deh partite gelosi pensieri,
non rubate la pace dal sen,
so, che l'ombra d'aspetti severi
può dell'alma turbarmi 'l seren.
Deh partite gelosi pensieri,
non rubate la pace dal sen.
Cinzia, Apollo, che sopraggiunge.
CINZIA
Lontananza in amor quanto sei fiera!
Non mirar il ben gradito,
e portar il cor ferito,
pena dà troppo severa.
Lontananza in amor quanto sei fiera!
CINZIA
Pluto amato, ove sei?
APOLLO
(Pluto amato, ove sei!) Questi di Cinzia
sono i casti pensieri?
CINZIA
Ohimè.
APOLLO
Quest'è la fede
che riserbi a Nettuno?
Incostante germana, a tuo malgrado
t'obbliga il mio voler sposa a quel nume.
CINZIA
Senti...
APOLLO
Ammutisca il labbro?
Di tue ruine il cieco nume è fabbro.
CINZIA
Se vuol amor così,
questo mio cor che può?
Per chi già m'invaghì
fede cangiar non so.
Se vuol amor così,
questo mio cor che può?
Se lo destina amor,
dimmi, che far dovrò?
Lo stral, che vibra ardor
per altri m'infiammò.
Se lo destina amor,
dimmi, che far dovrò?
Mercurio volando, e Apollo.
MERCURIO
Luminoso signor, com'opportuno
qui Mercurio ti trova.
APOLLO
(Contro di Cinzia il mio poter non giova!)
MERCURIO
Odi, nume del giorno.
APOLLO
E che richiedi,
volante messagger?
MERCURIO
Venere brama
teco di favellar.
APOLLO
D'impura diva
non apprezzo gli amori,
che pretende da me?
MERCURIO
Forse desia
unir col foco tuo copia d'ardori.
APOLLO
Sol con vergini pure,
sul fiorito permesso,
gode 'l nume de' carmi,
nel lor vago candor amar sé stesso.
MERCURIO
O s'un giorno solcassi
il mar d'amor entr'un bel sen di latte,
vedresti allor, fatto nocchiero accorto,
che fra due poppe è delle gioie il porto.
APOLLO
Di lascivo orator stile facondo
non farà mai che d'impudica fiamma
arda quel dio, che dà luce al mondo.
Sfortunato quel cor
ch'è prigionier d'amor;
si crede, ch 'l piacer venga volando,
ma non si può penar se non amando.
Infelice quel sen,
che prova 'l suo velen
si pensa, che 'l martir voli fuggendo,
ma non si può languir, se non godendo.
Mercurio.
Quanto poco erudito
nelle scole d'amor Febo si rende!
Di due bei lumi al foco
ogni petto di ghiaccio alfin s'accende.
Chi non ama non ha core,
o s'ha cor conviene amar.
Pupilletta
vezzosetta
tropp'ha forza nel ferir,
tropp'è scaltra in saettar.
Chi non ama non ha core,
o s'ha cor conviene amar.
Vago labbro
di cinabro,
tropp'è caro in far gioir,
tropp'è dolce nel baciar.
Chi non ama non ha core,
o s'ha cor conviene amar.
Giardino nel ciel di Venere.
Marte, Venere, coro d'Amorini, alcuni de' quali portano seco in mano l'asta, l'elmo, lo scudo, e l'usbergo di Marte.
MARTE
Vieni, vieni, o Ciprigna,
nel ciel del tuo sembiante
quanto son vaghe in scintillar le stelle!
Fra l'eteree facelle,
della gran lampa a scorno,
potrebbe un guardo illuminar il giorno.
VENERE
Da' rai di tue pupille
nascono i miei splendori,
sì come nasce al mondo
dalla luce del sol, luce ai vapori.
MARTE
Sovra strato di rose,
fra tuoi labbri vivaci,
ove ridono i fiori ridano baci.
(qui presi per la mano vanno a sedere sul margine di deliziosa fonte circondata da mirti, e rose)
VENERE
Chi non sa che sia gioire
lo dimandi a questo sen.
MARTE
È un piacer, che fa languire
star in braccio del suo ben.
VENERE
È l'amar dolce martire...
MARTE
Un bel volto è ciel seren.
VENERE E MARTE
Chi non sa che sia gioire,
lo dimandi a questo sen.
Amor piangente, Marte, e Venere.
AMORE
Decreto crudel,
spietato rigore!
Il nume d'amore
bandito è dal ciel.
Decreto crudel,
spietato rigore!
MARTE
Piange Cupido!
VENERE
Figlio, e che t'induce
sì mesto a lacrimar?
AMORE
Del dio tonante
severissimo impero;
madre, 'l tuo fido arciero
abbandonar ti dée.
VENERE
Doglia improvvisa?
Se potessi morir, m'avresti uccisa.
Per qual cagion?
AMORE
Non so, ma ben nel mondo
farò vedere in breve
chi può vantar più generose prove:
d'amor lo sdegno, od il furor di Giove.
Non si ritardi più, pensieri all'armi.
Di Megera
più severa
sorga l'ira a vendicarmi.
Non si ritardi più, pensieri all'armi.
(Amor sdegnato parte dal cielo)
VENERE
Fra mortali in qual parte
ricovrato n'andrà?
MARTE
Bella, che temi?
Dalle dame più vaghe in seno accolto
avrà sicuro il nido:
non mancano ricetti al dio di Gnido.
Ritorniamo al piacer?
VENERE
Volgi 'l bel ciglio,
ne' tuoi lumi vedrò l'armi del figlio.
Mercurio, e li suddetti, e poi Giove.
MERCURIO
Partite, partite,
lasciate 'l riposo,
che Giove sdegnoso
il passo qua move:
se volete goder fuggite altrove.
VENERE E MARTE
Andiam.
GIOVE
Numi lascivi,
indegni di calcar le vie del polo,
così fra sozzi amplessi
sete vergogna al ciel, scorno a voi stessi?
MARTE
L'affetto, o gran motor.
GIOVE
Taci, nel grembo
d'un'impura beltà, da un crine avvinto
giace il nume dell'armi?
E spogliato il tuo sen d'usbergo e scudo
fatt'è campo di Marte un petto ignudo?
VENERE
Giove sai pur, ch'amor...
GIOVE
Tronca gl'accenti
lusinghiera sirena,
la fede coniugal così s'offende?
MERCURIO
(Torto, che fa 'l consorte oggi si rende.)
GIOVE
Nella reggia d'Apollo
cauto guida costei.
VENERE
(Di nuovo amante
vuol condurmi nel sen sorte benigna.)
GIOVE
Custodita rimanga
e sia l'occhio del ciel Argo a Ciprigna.
MERCURIO
O che bizzarro gioco!
Non vol ch'avvampi, e la consegna al foco.
VENERE
Ch'io lascia di goder no 'l creder no.
Troppo dolce è quel diletto
che nel petto
cieco amor mi distillò.
Ch'io lascia di goder no 'l creder no.
Troppo cari son que' baci
che vivaci
vago labbro al cor donò.
Ch'io lascia di goder no 'l creder no.
(parte Venere con Mercurio)
GIOVE
Spegnerti 'n sen l'ardor io ben saprò.
MARTE
Non tanto rigore
s'un sguardo m'accende.
Qual cor non si rende
ai colpi d'amore?
Non tanto rigore
s'un sguardo m'accende.
Nettuno, e Plutone, che conducono Saturno sprigionato a Giove.
NETTUNO E PLUTONE
Sommo nume de gl'astri,
eccoti 'l genitor.
GIOVE
Padre, t'abbraccio.
SATURNO
PLUTONE
GIOVE
Farò pago il desìo; ma pria dall'Etra
bramo lungi Ciprigna.
Perché rieda al consorte
vanne in breve, o Saturno,
entr'i lucidi alberghi al dio di Delo
voglio purgar di sue lascivie il cielo.
SATURNO
NETTUNO
Io d'appoggio al tuo braccio,
PLUTONE
NETTUNO E PLUTONE
Servir dovrò senza restar mai stanco.
SATURNO
NETTUNO E PLUTONE
(Con tal mezzo vedrò l'idol ch'adoro.)
SATURNO
GIOVE
Dolce padre...
NETTUNO E PLUTONE
Amato oggetto...
GIOVE, NETTUNO E PLUTONE
Tu rendesti alle sfere il bel seren.
SATURNO
GIOVE
Ma qua Giuno se n' viene
sanar le vo' di gelosia le pene.
(si ritira in disparte)
Giunone, e Giove.
GIUNONE
Gelosia la vol con me.
Del mio cor fa schermo e gioco,
il suo gel peggior del foco
dà tormento alla mia fé.
Gelosia la vol con me.
GIOVE
Giuno!
GIUNONE
Dov'è Ciprigna?
GIOVE
Ne gl'alberghi d'Apollo
per mio cenno soggiorna.
GIUNONE
Ancor sull'Etra
disonesto vapor la luce eclissa?
GIOVE
Taci, che già prefissa
sua partenza è dagl'astri.
GIUNONE
A' suoi diletti
Giove intanto ricorre.
GIOVE
Chi può goder il sol la notte aborre.
GIUNONE
Forse l'ombra son io?
GIOVE
Di mie pupille
tu sei luce gradita.
GIUNONE
Ah, se Venere è in ciel, Giuno è tradita.
Ma pur s'a te non cale
lasciarmi in preda ai guai,
tanto t'aborrirò, quanto t'amai.
GIOVE
Crudeltà rara, adorabile,
il tuo sdegno al cor impera.
Quanto più ti fai severa,
nel mio sen ti rendi amabile.
Crudeltà rara, adorabile,
il tuo sdegno al cor impera.
Crudeltà mi sei dolcissima,
offro l'alma al tuo rigore!
Quanto più mi dai dolore,
nel mio sen ti fai gratissima.
Crudeltà mi sei dolcissima,
offro l'alma al tuo rigore!
Giunone.
Affetti miei gelosi
a torto vi lagnate,
fido è l'idolo mio:
ma pur pavento ohimè!
l'adorato mio nume,
stelle dite dov'è?
Torbidi miei pensieri,
non m'affliggete più: move al mio core
guerra la gelosia, battaglia amore.
Non può dir d'esser amante,
chi geloso il cor non ha:
amo i rai d'un bel sembiante,
ma l'amar temer mi fa.
Non può dir d'esser amante
chi geloso il cor non ha.
Non può star d'esser gelosa
chi d'amor serva si fa:
vive l'alma ognor dogliosa,
per timor d'altra beltà.
Non può star d'esser gelosa
chi d'amor serva si fa.
Palazzo trasparente nel ciel d'Apollo.
Venere, ed Apollo.
VENERE
E quando cessate
pupille spietate
di farmi languir?
Girando,
brillando,
s'un guardo movete,
le rote voi siete
d'eterno martir.
E quando cessate
pupille spietate
di farmi languir?
APOLLO
Puoi tentarmi,
puoi pregarmi,
che giammai t'adorerò.
VENERE
Sei pur nume degl'ardori;
ostinato ne' rigori,
cinto il sol di gel vedrò?
APOLLO
Puoi tentarmi,
puoi pregarmi,
che giammai t'adorerò.
VENERE
Cieca talpa d'amor, ancor non vedi
come per te vezzose
queste guance di rose
son baciate dal crine?
APOLLO
Delle rose, che m'offri odio le spine.
VENERE
Mira come tranquillo
per l'assetato cor un mar di latte
t'apre l'ignudo seno.
APOLLO
Di quel latte che porgi odio 'l veleno.
VENERE
Dunque piegar non vuoi l'alma ritrosa?
APOLLO
Fiera peste de' cori,
disonesta beltà. Parti? T'invola.
VENERE
Così, ingrato, m'offendi?
APOLLO
Parti, che in van pretendi
recar'ombre a quel nume
che fa splender ognor l'eterea mole,
non può macchiar sozzo vapor il sole.
Né pietosa, né severa
tua bellezza lusinghiera
questo cor m'annoderà.
Viver voglio in libertà.
VENERE
Perché tanta crudeltà?
APOLLO
Viver voglio in libertà.
Né tiranno né clemente
il tuo guardo ognor ridente,
questo sen mi ferirà.
Viver voglio in libertà.
VENERE
Perché tanta crudeltà?
APOLLO
Viver voglio in libertà.
Marte, e Venere.
MARTE
(Ch'intesi! Ohimè Ciprigna
altro affetto procura!
In petto femminil fede non dura.)
VENERE
Sospirato gradivo.
MARTE
Ahi voci indegne.
VENERE
Così parli mio nume?
MARTE
A me son note
le tue perfidie.
VENERE
Ingiusta
è l'offesa di Marte.
MARTE
L'alma da te delusa,
anzi da te tradita,
a gran ragione d'infedeltà t'accusa.
VENERE
Io rea d'infedeltà?
MARTE
Parti, ti guida
al vago Apollo in braccio.
VENERE
(Sorte ingrata, m'udì!) Senti!
MARTE
Più cauto
io partirò: tu segui
l'incostanza dell'onde,
di lieve piuma il moto,
d'aura leggera i vanni;
lusinghe di beltà son tutte inganni.
Crudi lumi dispietati
a tradir chi v'insegnò?
Rispondete,
non tacete,
fu difetto di mia fede,
o rigor ch'in voi s'armò?
Crudi lumi dispietati
a tradir chi v'insegnò?
Falsi labbri lusinghieri
a mentir chi v'insegnò?
Palesate,
sì parlate,
fu l'error di mia costanza,
o la fé, che in voi mancò?
Falsi labbri lusinghieri
a mentir chi v'insegnò?
Venere.
Crudo Apollo mi fugge,
Marte offeso mi scaccia, il fato iniquo
mi rapisce il conforto:
se privo è di piacer il cor è morto.
Lascivetto dio de' cori
abbi tu di me pietà.
Non usarmi i tuoi rigori,
non peccar di crudeltà.
Lascivetto dio de' cori
abbi tu di me pietà.
Nettuno, Venere, Pluto, che sopravviene.
NETTUNO
Dell'infocate brame
tarpa l'ali al desio,
fermati in questo seno
e se brami goder, vieni al cor mio.
PLUTONE
VENERE
(O sventura del cor, strano martoro!
Sprezzo chi m'ama, e chi mi fugge adoro.)
NETTUNO
Non rapirmi la gioia.
PLUTONE
VENERE
Da me che pretendete?
NETTUNO
La dovuta mercede.
PLUTONE
VENERE
Fuggo i vostri deliri. È pazzo il core.
NETTUNO
All'assetato labbro,
deh porgi il mel de' baci.
PLUTONE
Saturno, e li suddetti.
SATURNO
NETTUNO
Padre, di quel bel crine
all'aurate catene...
PLUTONE
NETTUNO E PLUTONE
Chi resister può mai?
SATURNO
Venere, e li suddetti.
VENERE
Udiste, o folli amanti?
Dell'antico Saturno
ubbidite all'impero
e cangiate col foco anco pensiero.
Che servite,
ch'adorate,
godo sì, ma non sperate
d'ottenerne poi mercé:
vostr'amor non fa per me.
Che penate,
che piangete,
rido sì, ma non credete,
che poss'io gradir la fe',
vostr'amor non fa per me.
Nettuno, e Plutone.
PLUTONE
NETTUNO
Della triforme diva
io le tede non curo,
sol per Ciprigna avvampo.
PLUTONE
NETTUNO
Odi: ciascun di noi costante, e fido
vo' che serva la diva.
PLUTONE
NETTUNO E PLUTONE
(Ami chi vol'amar, goda chi può.)
NETTUNO
Mi basta sperar
chi già mi schernì
mi poss'anch'amar:
vo' creder così
per più non penar.
Mi basta sperar
chi già mi schernì.
Amor se vorrà
in braccio al mio ben
condur mi saprà:
le piaghe del sen
sanar mi potrà.
Amor se vorrà
in braccio al mio ben
condur mi saprà.
PLUTONE
Cinzia, e Plutone.
CINZIA
(O grato arrivo!)
PLUTONE
CINZIA
Lieta nel tuo sembiante
mille gioie ravviso:
sul labbro mio tu riportasti il riso.
Arresta il piè!
PLUTONE
CINZIA
Di tant'affetto
bramo qualche mercede.
PLUTONE
Cinzia.
Con sagace pretesto
s'invola agl'occhi miei Cinzia infelice!
Per godere un momento,
s'ogni raggio di speme al cor è tolto,
a piangere in eterno
dentro l'ombre dei guai riede il mio volto.
Son amante né trovo pietà.
Al mio core
dice Amore
gode al fin chi sta penando:
penerò, ma non so quando
cesserà la crudeltà.
Son amante né trovo pietà.
Il desire
di gioire
si mantien co' la speranza
spererò, ma qual possanza
nel mio sen la speme avrà?
Son amante, né trovo pietà.
Amore, e Discordia.
AMORE
Vuol veder l'arcier bendato
se può far vendetta, o no.
Contro il cielo e contro il fato
per pugnar l'inferno armò.
Vuol veder l'arcier bendato
se può far vendetta o no.
Qui sorge in cielo un denso globo d'oscure nuvole lampeggianti, dal cui seno si vede uscir la Discordia corteggiata da' suoi Ministri.
AMORE
Gran ministra di sdegni,
madre d'ogni rancor Discordia audace,
vieni, scuoti tua face:
oggi unita allo stral di mia faretra,
un abisso d'orror porta sull'Etra.
DISCORDIA
Eccomi pronta Amor.
Queste chiome sanguinose,
queste serpi velenose
s'uniranno al tuo furor.
Eccomi pronta Amor.
AMORE
I miei cenni intendesti.
A più d'un nume infonderai nel seno
dispetti, gelosie, rabbia e veleno.
DISCORDIA
Sdegni in ciel seminerò.
AMORE
Vendicato io mi vedrò.
DISCORDIA
Ministri pallidi
che d'angui squallidi
il crin cingete,
su veloci,
su feroci,
all'impresa v'accingete:
vendicate d'Amor l'offeso telo,
chi pace avrà se la Discordia è in cielo?
Segue il ballo di Ministri della Discordia usciti dagl'infuocati vapori della medesima.
Grottesca agghiacciata nel ciel di Saturno.
Giunone, ed Apollo.
GIUNONE
O gran nume del giorno,
l'orme de' tuoi splendori
va tracciando 'l mio piede.
APOLLO
Da me Giuno, che chiede?
GIUNONE
Dimmi s'a Giove in seno
nelle tue stanze or Citerea soggiorna.
APOLLO
Troppo m'offendi, o diva!
Arde lungi dal sol fiamma lasciva.
GIUNONE
Ah ben so che Ciprigna
teco, o Febo, s'annida.
APOLLO
Erra, o Giuno 'l tuo cor: partì l'infida.
Ma ne' gelati alberghi
miro Cinzia che giunge,
scusami se ti lascio,
seco di favellar desio mi punge.
GIUNONE
L'ombra de' miei sospetti
ancor non si dilegua,
ma fra dubbio e pensiero,
tormentata in amor spero, e dispero.
La speranza è una sirena,
che con voce allettatrice
mi fa lieta, ed infelice,
mi dà gioia, e mi dà pena.
La speranza è una sirena.
La speranza è una gran maga,
che con arte lusinghiera
or è infida ed or sincera,
or mi sana ed or m'impiaga!
La speranza è una gran maga.
Cinzia, che si scuote dalla forza di Apollo.
CINZIA
Lasciami.
APOLLO
Invan resisti
al mio giusto voler.
CINZIA
Legge tiranna
l'anima mia non soffre.
APOLLO
Sposa sei di Nettuno.
CINZIA
Non lo decreta il cielo.
APOLLO
Lo prescrive il dover.
CINZIA
(Ragion perversa!)
A miei desiri è la fortuna avversa.
APOLLO
Cessa da tuoi deliri, ama quel nume
al cui petto convien, che pur t'annodi;
dona tregua al martir, t'accheta, e godi.
(si ritirano)
Nettuno, e li suddetti.
NETTUNO
Care soglie gradite,
deh scoprite
del mio fulgido sol l'orme adorate.
Palesate che miro! (O strano incontro!)
APOLLO
Gran germano di Giove: ecco la diva
che t'offre al cor un godimento eterno.
NETTUNO
Cinzia (finger m'è d'uopo) al sen t'accolgo.
CINZIA
(Dalla reggia del ciel passo all'inferno.)
APOLLO
Su su lieti a festeggiar.
Il piacer v'annidi in braccio,
più bel nodo, o più bel laccio
Imeneo non può formar.
Su su lieti a festeggiar.
Insieme
CINZIA
Vuol il destin, ch'io non lo possa amar.
NETTUNO
Vuol il destin, ch'io non la possa amar.
APOLLO
Il gioir v'esulti 'n seno,
mentre giorno più sereno
Febo in ciel non sa recar.
Su su lieti a festeggiar.
Nettuno, e Cinzia.
NETTUNO
Cinzia, perché sospesa?
CINZIA
Nettun, perché confuso?
NETTUNO
Chi ti conturba?
CINZIA
Il fato.
Chi t'affligge?
NETTUNO
La sorte.
CINZIA
Soffro pene d'inferno.
NETTUNO
Provo strazii di morte.
CINZIA
Palesami il tuo duolo.
NETTUNO
Non celarmi il tuo affanno.
CINZIA
Ahi mi cruccia in amor destin tiranno.
NETTUNO
Sdegni forse mie nozze!
CINZIA
Forse quest'alma aborri?
NETTUNO
Non odio il tuo sembiante.
CINZIA
Non disprezzo tua fé.
Insieme
CINZIA
Sei vezzoso e gentil, ma non per me.
NETTUNO
Sei vezzosa e gentil, ma non per me.
Plutone, e li suddetti.
PLUTONE
NETTUNO
Ciprigna? (E che risolvo!)
CINZIA
(Amor che veggio!)
(verso Nettuno)
Già che lieto Imeneo
non porge al nostro sen laccio gradito,
e ch'una fé discorde
tra noiose catene ognor tormenta,
cedimi al bel, ch'adoro, e son contenta.
NETTUNO
Scoprimi chi t'accese.
CINZIA
Pluto è l'idol mio.
NETTUNO
Ti consegno al suo cor.
CINZIA
Pago è 'l desio.
PLUTONE
CINZIA
Crudel, dunque il mio affetto
nel tuo rigido sen loco non trova?
PLUTONE
CINZIA
Forse un dì pregherete
che di voi mi riderò.
Sarò sorda alle querele,
né costante, né fedele,
vostr'amor io gradirò.
Forse un dì pregherete
che di voi mi riderò.
Sarò cieca a vostri pianti;
quanto più sarete amanti,
tanto più v'aborrirò.
Forse un dì mi pregherete
che di voi mi riderò.
NETTUNO
Pur alfine partì.
PLUTONE
NETTUNO
Meco in disparte a contemplarla vieni.
PLUTONE
NETTUNO
Che bei lumi sereni!
(si ritirano in disparte)
Venere, e poi Saturno.
VENERE
Voglio aver più d'un amante.
Arder bramo a più d'un foco,
un sol volto al genio è poco,
un sol cor non è bastante.
Voglio aver più d'un amante.
SATURNO
VENERE
D'affumicato fabbro
soffrir non posso i rugginosi baci,
troppo noioso.
SATURNO
VENERE
Di quel zoppo difforme
stringermi al seno, e condurmi 'n braccio?
Piuttosto andrò delle catene al laccio.
PLUTONE
NETTUNO E PLUTONE
Furto sì bello il nostro cor consoli.
(la rapiscono su gli occhi del padre)
VENERE
Temerari!
SATURNO
Marte, e suddetti.
MARTE
Olà, chi tenta
le rapine nel ciel? Numi, cedete.
(l'invola ai fratelli)
NETTUNO E PLUTONE
Tu m'involi il mio ben.
SATURNO
MARTE
Ma s'offeso son io, ti fuggo iniqua.
(abbandona Venere, e parte)
NETTUNO E PLUTONE
Nel mio petto t'annida.
VENERE
(seguendo Marte)
Marte, non mi lasciar.
MARTE
Seguimi infida.
SATURNO
NETTUNO
Tanto ardir?
PLUTONE
NETTUNO
Vendicarmi vogl'io.
NETTUNO E PLUTONE
Battaglia avrà delle battaglie il dio.
SATURNO
NETTUNO E PLUTONE
Non conosce ragion un'alma offesa.
NETTUNO
Crudi pensieri armatevi,
rinvigorite il cor.
D'ogni pietà spogliatevi,
vibrate ira e furor.
Crudi pensieri armatevi,
rinvigorite il cor.
PLUTONE
Giove, e Saturno.
GIOVE
Nell'agghiacciate stanze
l'impuro ardor di Citerea non miro,
al suo consorte, o padre,
forse tornò: la tua prudenza ammiro.
SATURNO
GIOVE
Come! Preda d'altrui! Narrami, e quando?
SATURNO
GIOVE
Dell'anima agitata
le potenze confuse
abbino tregua, o padre,
e se varia la sorte
anco per noi si vede,
l'inchioderò sulla sua rota il piede.
SATURNO
Giove.
Armatevi nel cor pensieri offesi.
Nella magion terrena
esuli caccerò Marte e Ciprigna,
Pluto nel tetro abisso
seppellirà del cor la fiamma impura
e Nettun rilegato
del salso mar infra l'algose sponde,
darà tomba al suo foco in mezz'all'onde.
Troppo noiosi agl'occhi miei son resi.
Armatevi nel cor pensieri offesi.
D'ogni mal cagione è Amore.
Col dardo
d'un guardo
ti punge nel seno,
ma d'atro veleno
s'infetta il tuo core.
D'ogni mal cagione è Amore.
Il riso
d'un viso
t'invita a godere;
lo credi piacere,
ma è tutto dolore.
D'ogni mal cagion è Amore.
Galleria nel ciel di Mercurio.
Giunone, e poi Mercurio.
GIUNONE
Resto in dubbio di gioire,
di penare ancor non so!
Al mio duol, al mio martire
chiedo ognor se pace avrò.
Un pensier mi dice sì,
l'altro poi risponde no.
Resto in dubbio di gioire,
di penare ancor non so!
MERCURIO
Qual di luce divina
fulgido raggio il mio ricetto adorna!
GIUNONE
Cilenio, in te soggiorna
la pace del cor mio.
MERCURIO
Chiedi, ch'io t'offro
quanto da me dipende:
ogni cenno, che dai legge si rende.
GIUNONE
Nella reggia di Marte, ove Ciprigna
pompe di sue lascivie al ciel dispiega
vanne, ammonisci, e prega,
dille, che senza indugio
al consorte ritorni, e se ricusa
d'ubbidir l'impudica
avrà Giuno nemica.
MERCURIO
Già parto.
Marte, e li suddetti.
MARTE
Arresta il piè. Troppo superbi
sono, o diva, i tuoi sensi.
GIUNONE
Nume guerrier, che pensi?
MERCURIO
Deggio ubbidir.
MARTE
Non voglio.
GIUNONE
Temerario è l'orgoglio.
MARTE
Pertinace è l'ardire.
GIUNONE
Tu sfidi 'l cor a prepararsi all'ire.
MERCURIO
Deh, placate il furor.
MARTE
Giuno s'accheti
verso l'amata diva.
GIUNONE
E pur dall'Etra
n'andrà lungi colei;
bramo tregua al mio duol, pace agli dèi.
È possibile mio core
che non goda un dì seren?
Tormento geloso
l'amato riposo
m'invola dal sen.
È possibile mio core
che non goda un dì seren?
È possibile mio core,
che non possa un dì gioir?
Geloso sospetto,
l'amato diletto
mi cangia in martir.
È possibile mio core,
che non possa un dì gioir?
Marte, e Mercurio.
MARTE
E che, forse al tonante
le gioie sue l'idolo mio comparte?
MERCURIO
Non già.
MARTE
Perché di sdegno
Giuno armata si vede?
MERCURIO
Cieco furor da gelosia procede.
(parte)
MARTE
Chi m'invola Ciprigna, agl'astri, al cielo
tenta rapir la luce.
Invan Febo riluce.
Ove 'l mio sol risplende:
ciò, che Giuno desia Marte contende.
Al mio core
chi d'amore
mai spezzar può le catene?
In difesa del mio bene
forte scudo ognor sarò;
ch'io non l'ami? O questo no.
Venere, e Marte.
VENERE
Fortunata Ciprigna! Al sen di Marte
pur ti ridona amore.
MARTE
(Finger vogl'io.) Non ti conosce il core.
VENERE
O Ciel! Tu non ravvisi
colei ch'a te si piega?
MARTE
Sì: mia nemica è la beltà, che prega.
VENERE
Tu nemica m'appelli?
MARTE
Tu spietata m'inganni e ancor favelli?
VENERE
Piansi l'error...
MARTE
Nel pianto
fosti corretta almeno.
VENERE
D'ogni suo fallo ha pentimento il seno.
Perdono cor mio,
ti voglio adorar.
Bellezza tradita
quest'alma è pentita
di farti penar.
Perdono cor mio,
ti voglio adorar.
MARTE
Volgi nella mia reggia, o diva, il piede.
VENERE
Amato tesoro,
non darmi martoro,
non farti bramar.
Perdono cor mio,
ti voglio adorar.
Marte.
Ah che troppo lusinga
d'un bel volto gentil il labbro, il crine!
Ma i vezzi suoi son tradimenti alfine.
Belle, col dir di sì
troppo sapete fingere.
Vantate cor costante,
ma poi più d'un amante
al sen volete stringere.
Belle, col dir di sì
troppo sapete fingere.
È pazzo chi vi crede,
a dar sicura fede
chi mai vi può costringere?
Belle, col dir di sì
troppo sapete fingere.
Amore, e Cinzia.
AMORE
Vittoria Cupido!
Tra l'ire e furori
a guerre maggiori
i numi disfido.
Vittoria Cupido!
Ecco Cinzia.
CINZIA
Che miro!
AMORE
Questa, che all'orbe in seno
spande tremoli argenti,
per mia sola cagion vive in tormenti.
CINZIA
Tu Cupido sull'Etra?
Tosto a Giove ti svelo.
AMORE
Fermati, dove vai?
CINZIA
Porgi catene, e le catene avrai.
AMORE
Contro l'arcier de' cori
bella sei troppo ardita.
CINZIA
Mi condanni ad amar, né son gradita.
AMORE
Bianca diva sospendi
di scoprirmi al tonante
e spera di goder se sei costante.
Questo strale
ch'è fatale
sa ferir e può sanar.
Martire, e diletto,
piacere, e dispetto
prova ognor chi vuol'amar.
Questo strale
ch'è fatale
sa ferir e può sanar.
Apollo, e Cinzia.
APOLLO
E qual nube di duolo,
adorata germana,
t'offusca i vaghi rai?
Dove le gioie son, fuggano i guai.
CINZIA
Dove le gioie son, Febo t'inganni.
Questo petto racchiude
ogni pena più ria:
non conosce gioir l'anima mia.
APOLLO
Forse grato diletto
non ti porge Imeneo?
CINZIA
Per me spenta è sua face.
APOLLO
Come?
CINZIA
Sì, sì, Nettuno
APOLLO
(Qualche menzogna accusa.)
CINZIA
Sprezza le nozze, e la mia fé ricusa.
APOLLO
Mendace; ah del tuo core
son bugiardi pretesti.
CINZIA
Il ver Cinzia t'espone.
APOLLO
Non più: riedi al consorte.
CINZIA
(Crudo destin, se puoi, dammi la morte.)
Questo cor non è più mio.
Se dicessi
che volessi
nel mio sen cangiar'amore,
si risveglia il prim'ardore
e mi niega ogni desio.
Questo cor non è più mio.
Se tentassi,
se bramassi
di voler mutar affetto,
son costretta a mio dispetto,
d'ubbidir al cieco dio.
Questo cor non è più mio.
Apollo.
Dietro l'orme di Pluto
stolta germana
il tuo furor ti guida.
Ma punir ti saprò. Sull'Etra intanto,
seminando di rai lume fecondo,
Febo si porta ad illustrar il mondo.
Gran follia l'innamorarsi.
È servire ad un bel volto;
pazzia d'un cor ch'è sciolto
il voler incatenarsi.
Gran follia l'innamorarsi.
Chi non ama è fuor di pene.
Né si fa d'amor ribelle,
tante in ciel non son le stelle
quante inventa amor catene.
Chi non ama è fuor di pene.
Armeria nel cielo di Marte.
Venere.
Son pur care le gioie al mio petto,
son pur crude le pene al mio cor.
Se gradito dall'alma è il diletto,
è nemico del seno il dolor.
Son pur care le gioie al mio petto,
son pur crude le pene al mio cor.
Quanto, quanto di Marte
la tardanza mi punge!
Fuggono l'ore ed il mio sol non giunge.
Ma qual di dolce oblio
improvviso sopor mie luci ingombra!
Già che queste pupille
l'adorato splendor mirar non ponno,
per non vegliar penando,
mi consegno al riposo in grembo al sonno.
(qui s'asside in una parte della scena a dormire)
Occhi miei sì, sì dormite.
Raddolcite i vostri guai,
e chiudendo i mesti rai,
il dolor nel cor sopite.
Occhi miei sì, sì dormite.
Giove, Venere addormita, e Giunone in disparte.
GIOVE
Ecco l'impura diva. Omai nel petto
si risvegli 'l furore
parta, fugga dal ciel. Fermati o core,
quanto è bella costei!
GIUNONE
Giuno, che miri!
GIOVE
Ma se vezzi e sospiri
per trionfar de' numi
sono della beltà rigide forme,
parta, fugga dal ciel. Ferma che dorme!
GIUNONE
Parta! Ferma! Che tenta
l'agitato consorte!
GIOVE
Portentose bellezze.
GIUNONE
Intesi, o sorte!
VENERE
(sognando)
Vago nume, amato bene.
GIOVE
Sogna!
GIUNONE
Mio cor che fai?
VENERE
Troppo lunghe son le pene.
GIUNONE
Voglio scoprirmi, no.
GIOVE
Vinto Giove vedrò?
VENERE
Troppo tardo è il mio contento.
GIOVE
Son legato, mi sciolgo.
GIUNONE
O ciel che sento!
GIOVE
Ah che quel biondo crine
labirinto è dell'alme.
GIUNONE
Ancor sospeso
su quel volto si rende!
GIOVE
Miro spenta la luce eppur m'accende.
GIUNONE
Voi, che battendo l'ali aure leggere,
tutte dell'ampio ciel le vie scorrete,
rapidamente chete
involate costei!
Due Aure portano Venere a volo per l'aria.
GIOVE
Chi rapisce 'l mio ben? Ferma. Ove sei?
GIUNONE
Chi rapisce il tuo ben? Contro Ciprigna
così movi lo sdegno?
Parta, fugga dal ciel, poi ferma. Ah indegno.
Sì, sì dalla tua mente
il mio nome scancella. A questi lumi
togli l'odiato aspetto,
violator delle leggi,
distruttor della fede. Al basso mondo
fama darò del temerario eccesso,
acciò scorga il mortale
che sai reggere altrui, ma non te stesso.
GIOVE
Odi, frena il rigor.
GIUNONE
Lasciami infido.
Se giusto è Cupido
vendetta farà.
Sprezzarmi costante,
tradirmi fedele,
son tutte querele
d'offesa beltà.
Se giusto è Cupido
vendetta farà.
Se retto è il mio fato
vendetta farà.
Rapirmi le gioie,
rubarmi i contenti,
son tutti lamenti
d'offesa beltà.
Se retto è il mio fato
vendetta farà.
Giove.
Giove che pensi? A quale
cieco abisso d'errori Amor ti guida?
Chi corregge è lascivo?
Chi punisce vien reo?
Ah che sol di Cupido
questi fur tradimenti: e forse occulta
tien sull'Etra sua forza;
ma s'accese l'ardor, l'ardor s'ammorza.
Amor fa quanto sai,
deluso ti vedrò.
L'ardore
del mio core
in gel si ricangiò.
Amor fa quanto sai,
deluso ti vedrò.
Cieco, bendato dio
di te mi riderò.
Lo strale
ch'è fatale
per me già si spezzò.
Cieco, bendato dio
di te mi riderò.
Amore, Marte, e Mercurio.
AMORE
Involata alle sfere...
MARTE
Al mio seno rapita...
AMORE
È la madre d'Amore?
MARTE
È la dèa mia gradita?
MERCURIO
Tanto Giuno m'espose.
AMORE
A che Marte t'accingi?
MARTE
Che risolvi, Cupido?
MERCURIO
A voi s'aspetta
Venere rintracciar e far vendetta.
AMORE
S'abbandoni le sfere.
MARTE
Si discenda dal polo.
AMORE E MARTE
Vedrà Giuno, vedrà
se vendicarsi sa di sdegno acceso.
MARTE
Un Marte irato...
AMORE
Ed un Cupido offeso.
MERCURIO
Un campo di battaglia il ciel s'è reso.
MARTE
Un pensiero di cruda vendetta
mi raddoppia le furie nel cor.
Questa destra, ch'all'ira s'affretta
è ministra di cieco furor.
Un pensiero di cruda vendetta
mi raddoppia le furie nel cor.
Grave offesa di gioia rapita,
mi risveglia lo sdegno nel sen.
Già feroce quest'alma schernita
s'arma d'odio, di rabbia, e velen.
Grave offesa di gioia rapita,
mi risveglia lo sdegno nel sen.
Saturno, Nettuno, Pluto, Mercurio.
SATURNO
MERCURIO
Giunge novo furor: convien ch'io rida.
NETTUNO E PLUTONE
Lasciami genitor.
SATURNO
PLUTONE
SATURNO
NETTUNO
Son un aspe crudel.
PLUTONE
Qui si vede calar grandissima macchina, che arriva dall'altezza della gloria sino al pavimento della scena formando maestosa scala di nuvole per la quale discende Giove corteggiato da moltitudine di Numi, e Dive celesti.
Giove, Saturno, Nettuno, Pluto, Mercurio.
GIOVE
Olà germani audaci,
bramo pace sull'Etra.
MERCURIO
Ecco il tonante.
SATURNO
NETTUNO
S'eseguisca...
PLUTONE
GIOVE
Reggo le sfere,
regga il mare Nettun,
Pluto l'inferno.
NETTUNO
Al mio trono...
PLUTONE
NETTUNO E PLUTONE
Cedi unita Ciprigna.
GIOVE
(O memoria funesta.)
Fu rapita dal ciel in ciel non resta.
NETTUNO
Tra l'onde mobili
del regno instabile...
PLUTONE
NETTUNO E PLUTONE
Discenderò.
NETTUNO
Ma s'il mio bene
non stringo al cor...
PLUTONE
NETTUNO
Agli astri...
PLUTONE
NETTUNO E PLUTONE
Al ciel guerra farò.
Mercurio, Giove, Saturno.
MERCURIO
Ogni petto, ogni core
arde per Citerea.
GIOVE
Beltà più degna
plachi l'ira agl'amanti.
SATURNO
GIOVE
Saggio consiglio, andiam.
MERCURIO
Vanne, o tonante
fa' che splenda sull'Etra un dì giocondo.
SATURNO
GIOVE
Benché sia la sorte errante,
mi promette un dì seren.
Quella dèa che par vagante
ferma in cielo ancor divien.
Benché sia la sorte errante,
mi promette un dì seren.
Mercurio.
Porti pur il destin la guerra altrove,
pace mi basta ove il suo regno ha Giove.
In ciel non sorgono,
più non si scorgono
di litigi ombre funeste:
le tempeste
sono placate;
lieti, o numi, festeggiate.
Segue il ballo di Numi, e di Dèe.
Marittima.
Venere già portata dall'Aure sulla cima d'uno scoglio.
Venere.
(si risveglia)
Chi mi tolse alle sfere!
Chi da Marte m'invola!
Venere dove sei?
Sovr'inospite scoglio!
O ciel qui sola.
Lumi potete piangere,
non riderete più.
Il cor, che lieto fu
nel duol si sente a frangere.
Lumi potete piangere.
Qui si vede nell'orizzonte sopra lucido carro a sorgere Febo dall'onde, qual fecondo viene avanzandosi illumina la scena.
Ma dall'onde risorto
Febo qua giunge ad indorar le arene:
all'ingrato amator spiega tue pene.
Apollo, e Venere.
APOLLO
Belle spiagge a voi ritorno.
Flagellando i foschi orrori,
vinte già da miei splendori,
fuggon l'ombre e riede il giorno.
Belle spiagge a voi ritorno.
VENERE
Apollo.
APOLLO
Olà, chi sei?
VENERE
D'Eto e Piroo
frena il rapido corso:
a un'afflitta beltà porgi soccorso.
APOLLO
Non può de' miei destrieri
retrocedere il moto.
VENERE
I sol ti prego
sull'aurata quadriga
ricondurmi alle stelle.
APOLLO
Nemmen deve mia luce
accoppiarsi mai teco:
direbbe il mondo tutto
che fra l'ombre lascive il sol è cieco.
VENERE
Son le bellezze mie tanto neglette?
APOLLO
Fuggo da tue lusinghe.
VENERE
Ah, no, t'arresta.
APOLLO
Chi disonesta nacque
potrà le fiamme sue spegner nell'acque.
Vezzose pupillette
io non vi voglio amar.
Sete in beltà perfette,
ma pronte all'ingannar.
Vezzose pupillette
io non vi voglio amar.
Labretti lusinghieri,
io non vi so bramar.
Sete in beltà sinceri,
ma finti al sospirar.
Labretti lusinghieri,
io non vi so bramar.
Marte, e Venere.
MARTE
Anelante mio cor dà fine ai guai!
Se ricerchi 'l tuo sol, mira i suoi rai.
VENERE
O sospirato arrivo. In me pietoso
volgi, o nume guerrier, volgi lo sguardo.
MARTE
Eccomi ancor che tardo
giunse Marte opportuno.
VENERE
Chi mi trasse quaggiù?
MARTE
Frode di Giuno.
VENERE
Della superba diva
dunque fu l'opra?
MARTE
Sì.
VENERE
Deluso alfine
vedrà l'empio rigore.
MARTE
Sdegno ci scioglie, e c'incatena amore.
VENERE
Del popolo squamoso
il più fido natante a me t'arrechi.
Sorge dall'onda un delfino, che s'accosta al lido per ricevere Marte sul dorso.
MARTE
Già sul dorso m'assido. Ohimè, che veggio?
Sovra gemmata conca
il tridentato nume
a noi se n' viene.
Partiam, partiam.
VENERE
Bramo osservar sue pompe.
MARTE
Partiam, mia dèa.
VENERE
Non voglio.
MARTE
Astri v'intendo:
mi trovo in porto, e il naufragio attendo.
Nettuno sopra pomposa conchiglia tirata da cavalli marini, e corteggiato da glauchi, e tritoni, Venere, e Marte.
NETTUNO
Onde voi, ch'ognor fremendo
vi frangete in duro scoglio,
ben comprendo,
che volete
palesar il mio cordoglio.
Questo torbido cor perde il sereno;
io reggo il mar, e la tempesta ho in seno.
Ma qual di Citerea fulgido raggio
quaggiù discese a serenar mie luci?
Seco gradivo! Olà!
MARTE
Lascia, ti prego,
lascia il ceruleo regno,
dell'algoso rival fuggi lo sdegno.
VENERE
Con gelose apparenze
dell'idol mio vo' tormentar l'affetto.
NETTUNO
Che fate al mio cospetto.
VENERE
Alto monarca,
il fasto sol di tue grandezze ammiro.
NETTUNO
Quanto di prezioso
dagl'esperii s'estende ai lidi eoi,
adorato mio ben, è tuo se vuoi.
MARTE
M'ami Ciprigna?
VENERE
Sì.
NETTUNO
E me tu sprezzi?
VENERE
No.
MARTE
Non obliar mie gioie.
NETTUNO
Per me serba il diletto.
MARTE
Che pretendi?
NETTUNO
Che vuoi?
VENERE
Concedo
le lusinghe a Nettuno, a Marte i baci.
Accostatosi Marte allo scoglio Venere si pone anch'essa per fuggire a sedere sopra il dorso al delfino, e parte unita con Marte per l'onde.
VENERE E MARTE
È dolce il tormento
che gioia predice.
Insieme
VENERE
Amando,
mi torna felice.
MARTE
Penando,
mi rende contento.
VENERE E MARTE
È dolce il tormento
che gioia predice.
Nettuno.
Dell'instabil mio regno
mostruose falangi
sorgete su, che fate?
Suscitate nell'onde
atre procelle infeste.
Chi la calma non vuol provi tempeste.
Qui adiratosi il mare sorgono vari mostri fra l'onde.
Giove in macchina con Mercurio venendo a placar Nettuno.
GIOVE
Pace, pace, o dio del mar:
placa 'l cor, non fremer più.
Il seren, che brami tu,
Giove sol ti può recar.
Pace, pace, o dio del mar.
NETTUNO
Nel mio petto, o tonante,
è troppo irato, è troppo offeso il core:
lascia, ch'in grembo all'onde arda il furore.
GIOVE
Chi ti risveglia in sen foco di sdegno?
NETTUNO
Resta l'alma schernita
da chi l'alme consola,
Venere a Marte unita
qui m'alletta, mi scherne, e poi s'invola.
MERCURIO
Anch' ad onta di Giuno
la sua diva rinvenne, il nume amante?
Calamita de' cori è un bel sembiante.
GIOVE
(Tropp'infesta è colei.) Dunque fia vero
ch'un germano di Giove,
di Saturno la prole
a sordida beltà schiavo si renda.
NETTUNO
Lasso, che deggio far?
GIOVE
Tentar l'emenda.
NETTUNO
Ma qual beltà fia, ch'i miei sensi accheti?
GIOVE
La gran figlia di Vesta:
per consorte a Nettun degna è sol Teti.
NETTUNO
Teti?
GIOVE
Sì, sì, quel volto
potrà rendere paghi i tuoi desiri.
Vieni, ch'in cielo accolto
darai tregua al penar, pace ai martiri.
(Giove discende con Mercurio sul lido)
NETTUNO
Rendimi in calma Amor.
Non più scogli
di cordogli
non più venti di sospir:
in porto del gioir
guida il mio cor.
Rendimi in calma Amor.
Giove, Giunone, e Mercurio.
GIUNONE
Mio cor fosti presago. Ancor sleale
segui di Citerea l'orme lascive?
GIOVE
Mia bella, in te sol vive
ravveduto l'affetto.
GIUNONE
A che le sfere
abbandona 'l sovrano?
GIOVE
Per placare il germano
qua mi trasse il desio.
GIUNONE
Tu m'aborri, crudel.
GIOVE
T'amo, cor mio.
MERCURIO
Che sento!
GIUNONE
Ah quelle voci
nel tuo petto sopprimi.
GIOVE
Eppur fido t'adoro.
GIUNONE
Il falso esprimi.
GIOVE
In che Giove peccò?
GIUNONE
D'altra bellezza
arse all'impuro foco.
GIOVE
Errai, no 'l niego. Il tuo perdono invoco.
GIUNONE
Ma la fé che macchiasti?
GIOVE
Ancor illeso
resta l'onor primiero.
MERCURIO
Ogni fallo d'amor sempre è leggero.
GIUNONE
Dunque l'ardor.
GIOVE
È spento.
GIUNONE
Il cor?
GIOVE
Pianse pentito.
GIUNONE
L'alma?
GIOVE
D'averti offesa
pena nel sen dogliosa.
GIUNONE
O fedel, o sleal vivo gelosa.
GIOVE
Resta, Cilenio, al suolo
scaccia dal sen di Giuno un duol sì rio.
GIUNONE
Tu m'aborri crudel.
GIOVE
T'amo cor mio.
Labretti sdegnosi
che il sen mi ferite
fermate, sentite,
sanatemi il cor:
non tanta bellezza
o meno rigor.
Sdegnose pupille
che foco vibrate,
sentite, fermate,
sopite l'ardor:
non tanta bellezza,
o meno rigor.
(Giove ripostosi sulla macchina ritorna al cielo)
Giunone, e Mercurio.
GIUNONE
Da me Giove s'invola!
MERCURIO
Diva non ti lagnar, ch'ama te sola.
GIUNONE
Non ti credo o dio d'amor!
Mostri pace a questo seno
poi crudele fai guerra al cor.
Non ti credo o dio d'amor!
Sei bugiardo o nume arcier!
Offri gioie a questo petto
l'alma poi non sa goder.
Sei bugiardo o nume arcier!
GIUNONE
Ma pur ministre erranti,
qua traeste Ciprigna.
MERCURIO
A Marte in grembo
la cagion del tuo mal partì poc'anzi.
GIUNONE
Seco Marte s'unì!
MERCURIO
Su queste sponde
fe' l'adultera diva
scena di sue lascivie al re dell'onde.
GIUNONE
Pria che d'Atlante in mar s'attuffi il die,
scopo sarà delle vendette mie.
Tosto, mio fido Cilenio,
al mio figlio Vulcano il passo affretta,
l'ingegnosa sua rete
digli, ch'a me consegni,
vo' che ferreo rigor plachi i miei sdegni.
MERCURIO
Godi, e lascia goder
se brami pace al cor,
vola all'amato ardor
fuggi l'altrui piacer.
Se brami pace al cor
godi, e lascia goder.
GIUNONE
Che tardi?
MERCURIO
Il fallo, o diva
troppo fiera punisci.
GIUNONE
Olà taci: non più: parti. Eseguisci.
Giunone.
Qual nell'ondoso mar pino volante,
combattuto da venti aspira al porto,
così l'alma di Giuno,
da gelosia percossa,
sol di Giove nel sen spera conforto.
Torna in braccio all'idol mio
cor amante o penerò.
Il penar è troppo rio,
se chi bramo in sen non ho.
Torna in braccio all'idol mio
cor amante o penerò.
Se non segui 'l bel, ch'adoro,
alma mia non gioirò.
Se non scacci il mio martoro,
infelice ognor sarò.
Se non segui 'l bel, ch'adoro,
alma mia non gioirò.
Infernale di fiamme trasparente ripiena d'orridi mostri con faci accese nelle mani.
Cinzia, e Amore che sopraggiunge.
CINZIA
Ciechi abissi, eterni orrori
qui tra voi bramo languir,
che se un amante cor
non trova alcun ristor
il duol, ch'in sen chiudete
uguaglia il mio martir.
Ciechi abissi, eterni orrori
qui tra voi bramo languir.
Ma con passo anelante
ver me giunge Cupido.
E qual affar nel seppellito mondo
della perduta luce
ove l'odio risiede Amor conduce?
AMORE
Tutto l'orbe girando
cercai la madre a volo. Or tu che fai?
CINZIA
Vo chiedendo quaggiù pace a' miei guai.
AMORE
Questo orror che tu miri a Cinzia insegna
ch'ov'eterno è il martir pace non regna.
CINZIA
E pur, o nume arciero
coll'aurea tua saetta
quella pace puoi dar che bramo, e spero.
Cupido, pietà.
Col dardo infocato
nel cor d'un ingrato
stempra il gel di crudeltà.
Cupido, pietà.
AMORE
Consolarti vogl'io, diva triforme.
Ma su trono di foco
ecco il tartareo re. Vanne in disparte.
Tosto vedrai ciò che può far Cupido.
CINZIA
Bendato dio nel tuo poter confido.
(si tirano in disparte)
Plutone sopra trono infuocato corteggiato da un coro di Furie.
PLUTONE
AMORE
E sa piagar, e sa fuggir Amore.
Amore ferito con l'aureo sua dardo il cor di Pluto fugge dall'inferno a volo.
PLUTONE
CINZIA
(Portentosa ferita.) Ah crudo nume,
mira come tra l'ombre
obliando del ciel l'argentea luce
dietro l'orme di Pluto il core è spinto.
PLUTONE
CINZIA
Dunque il fosco de l'alma
rasserenar poss'io?
PLUTONE
Saturno, Plutone, e Cinzia.
SATURNO
PLUTONE
SATURNO
PLUTONE
CINZIA
A' tuoi sponsali
ecco pronto il cor mio.
SATURNO
PLUTONE
SATURNO
PLUTONE
CINZIA
Pupille serenatevi,
gioisci amante cor,
miei spirti consolatevi:
v'annodi il dio d'amor.
Pupille serenatevi,
gioisci amante cor.
Reggia nel ciel di Cinzia.
Venere, e Marte.
VENERE
Vaghe soglie d'argento
pur vi ricalca 'l piede.
MARTE
Pari a questo candor splende mia fede.
S'armi Giuno di sdegno,
frema Giove sugl'astri,
per te sempre il mio petto
sarà scudo ai disastri.
VENERE
O gradita costanza.
MARTE
Eterno, o diva
il mio affetto ti giuro.
VENERE
Amo i tuoi rai, né d'altri rai mi curo.
MARTE
Bella, del dio temuto
negli alberghi ritorna.
VENERE
Verrò; teco, mio sol l'alma soggiorna.
MARTE
Che più brami, amante cor?
Che più cerchi o mio desire;
spegne l'alma ogni martire,
scaccia i petto ogni dolor.
Che più brami, amante cor?
Venere.
Anco in onta di Giuno
l'orme del dio guerrier seguir vogl'io;
sprezzo il fato più crudo,
a rio tenor la mia costanza è scudo.
L'armato rigore
non temo di stelle.
Due luci più belle
son gli astri d'amore.
Non temo di stelle:
due luci più belle.
Quest'alma si ride
del fato severo.
Un occhio, ch'è nero
l'impero ha del core.
Quest'alma si ride
del fato severo.
Nettuno, Apollo, che sopraggiunge.
NETTUNO
Che volete di più pensieri amanti?
Gode l'alma il suo sereno,
se stringete un sole al seno,
voi rapite al cielo i vanti.
Che volete di più pensieri amanti?
APOLLO
Così dunque di Trivia
rotta è la fede e l'amor suo sprezzato?
NETTUNO
Febo, non ti doler, forz'è del fato.
APOLLO
Ah che forse rifiuti
per un bacio lascivo, un casto amplesso?
Gli astri non incolpar s'è tuo l'eccesso.
Negli amanti è poca fede.
Son bugiardi i giuramenti;
incostanti al par de' venti
mai fermezza in lor si vede.
Negli amanti è poca fede.
NETTUNO
Non più di Citerea
ardo all'impuro foco:
son consorte di Teti,
del sovrano motor, servo ai decreti.
APOLLO
Di Cinzia che sarà?
Saturno, Pluto, Cinzia, e li suddetti.
SATURNO
APOLLO
E come?
SATURNO
PLUTONE
CINZIA
Luminoso germano,
non irritarti, no.
NETTUNO
Placati, o nume,
del bramato piacer giunse alla meta.
APOLLO
Al voler del destin Febo s'accheta.
Ogni bella, ch'è vezzosa
ama sol per bizzarria.
Trovi guerra, o trovi pace,
vol seguir chi più le piace,
vuò goder chi più desia.
Ogni bella ch'è vezzosa
ama sol per bizzarria.
Provi gioia o pur tormento
il dolor è suo contento,
il piacer sua pena ria.
Ogni bella ch'è vezzosa
ama sol per bizzarria.
Qui si vede a poco a poco discendere una gran macchina, sopra la quale Giove conduce la Discordia, e Amore incatenati.
PLUTONE
SATURNO
Giove, Mercurio, Discordia, e Amore incatenati, e li suddetti.
GIOVE
Rendeste o tiranni
la pace al mio soglio.
Son vinti gl'inganni,
fiaccato è l'orgoglio.
DISCORDIA
Mi trafigge il dolor.
AMORE
M'ange il cordoglio.
NETTUNO
Qual portenti rimiro!
PLUTONE
CINZIA
Il dio d'amore...
CINZIA E PLUTONE
Gemono fra catene!
SATURNO
AMORE
Chi soccorre Cupido?
GIOVE
Troppo con le tue frodi
irritasti lo sdegno;
nume crudel, sei di soccorso indegno.
DISCORDIA
Per me, che languida
tra ceppi ho il piè,
non trovo ohimè!
chi al re dell'etera
chieda pietà.
Numi, è troppa crudeltà,
s'è il mio mal tra voi prefisso.
GIOVE
Chi è nemica del ciel piombi all'abisso.
Viene precipitata da Giove nell'inferno.
SATURNO
PLUTONE E NETTUNO
Rida a tue glorie, a' miei sponsali il giorno.
GIOVE
Or voi ne' bassi regni
del mondo già diviso,
con l'adorate spose
ite o numi, a goder gioie amorose.
NETTUNO
Io di Tetide in sen rapido volo.
(parte)
Insieme
CINZIA
Io con Pluto il mio ben, parto dal polo.
PLUTONE
PLUTONE
CINZIA
Quell'ardore, che porti nel seno,
di quest'alma la gioia sarà.
Il tuo guardo che sempr'è sereno,
del mio petto conforto si fa.
Giunone, e li suddetti.
GIUNONE
Cilenio.
MERCURIO
Alta reina.
GIUNONE
Ormai scena giocosa apri a miei lumi;
fa' che Marte, e Ciprigna
sian obbrobrio a sé stessi e scherno ai numi.
In questo mentre s'apre la suddetta macchina di Giove, in mezzo alla quale si scopre Marte, e Venere allacciati nella rete per fraude di Giunone, e resi ludibrio di numerose Deitadi, che per ogni parte gli circondano.
GIUNONE
Vi do bando, o miei sospiri,
fra martiri
questo cor non vive più.
Mai riposa
chi gelosa
l'alma tiene in servitù.
Vi do bando, o miei sospiri
fra martiri
questo cor non vive più.
Giove, Saturno, Giunone, Mercurio. Amore, Venere, e Marte nella rete scherniti da tutti gli Dèi.
SATURNO
GIOVE
Nobil pensiero.
GIUNONE
Così Giuno punisce
una dèa, ch'è lasciva, un dio ch'è fiero.
MARTE
Vincesti, sì vincesti.
VENERE
Ne' tuoi lacci cadei.
VENERE E MARTE
E le vergogne mie son tuoi trofei.
SATURNO
GIOVE
Udite, o numi impuri: il cor, che reo
geme tra ferrea rete,
perdono avrà se pentimento avrete.
MARTE
Da tuoi cenni sovrani
Marte...
VENERE
E Ciprigna...
VENERE E MARTE
Immortal re dipende
e da Giuno, e da te perdono attende.
GIUNONE
Tu disponi, o tonante.
GIOVE
A voi lascivi
ogni colpa condono. Il mondo apprenda,
che preghiera nel ciel mai giunge invano.
Resti Marte fra gl'astri
e Ciprigna, ed Amor rieda a Vulcano.
MERCURIO
Sono i lacci disciolti. Uscite, uscite
di vostra libertà lieti gioite.
AMORE
Madre.
VENERE
Figlio vien meco,
delle viscere mie parte più cara;
Marte ti lascio.
MARTE
Ahi dipartenza amara.
Amati contenti
partite da me,
l'ardore
del core
più vivo non è.
Amati contenti
partite da me.
VENERE
Soavi piaceri
fuggite dal sen,
la palma
dell'alma
perduto ha il seren.
Soavi piaceri
fuggite dal sen.
GIOVE
Or tu, mia bella diva
placa l'anima gelosa,
già la mia fé sulla tua fé riposa.
GIUNONE
Più tiranna non è fortuna,
più nemico non trovo Amor,
l'una gioie nel petto aduna,
l'altro toglie le pene al cor.
Più tiranna non è fortuna,
più nemico non trovo Amor.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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