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Demetrio e Polibio

DEMETRIO E POLIBIO

Dramma serio per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Vincenzina VIGANÒ MOMBELLI.
Musica di Gioachino ROSSINI.

Prima esecuzione: 18 maggio 1812, Roma.


Personaggi:

Demetrio, re di Siria, sotto nome di EUMENE

tenore

POLIBIO re dei Parti

basso

LISINGA figlia di Polibio

soprano

Demetrio, figlio di Demetrio re di Siria, sotto nome di SIVENO creduto figlio di Mintèo antico ministro regio

contralto


Grandi del regno e Guardie di Polibio, Seguaci, Soldati e Sacerdoti di Demetrio.

La scena si rappresenta nella capitale de' Parti.

Argomento

Demetrio e Cleopatra, figlia di Tolomeo re d'Egitto, regnarono nella Siria pacificamente lo spazio di sei anni, sin che furono obbligati fuggirsi per salvamento da una terribile sollevazione della città di Antiochia e della maggior parte delle sue provincie, eccitata dai raggiri e dalle simulazioni di Trifone, che fece credere a quei popoli un superstite figlio di Alessandro Bala re di Siria antecessore di Demetrio, che fu detronizzato da Tolomeo per sospetto che attentasse alla di lui vita. In questa sollevazione perì tutta la real famiglia di Demetrio, salvo un piccolo suo figlio, chiamato egli pure Demetrio, che fu trasportato da Mintèo, antico ministro regio, a titolo di proprio figlio sotto nome di Siveno, nella corte di Polibio re de' Parti, cui era sommamente caro Mintèo, e dove ricevettero tutti i favori e furono sempre teneramente amati. Dopo tre anni venne a repentina morte Mintèo, sicché scuoprire non poté l'arcano né al re, né al giovinetto, il quale fu ritenuto poi in questa reggia per Siveno, figlio adottivo di Polibio re de' Parti.

Trifone dall'altra parte, dopo aver fatto assassinare il supposto figlio di Alessandro, si dichiarò re della Siria. Demetrio quindi, col soccorso di Tolomeo suo suocero e de' suoi vassalli che avevano scoperta la perfida trama di Trifone, ricuperò il suo regno, ed avendo fatto premurose ricerche di Mintèo e del figlio penetrò trovarsi questo nella reggia di Polibio: quindi colà si porta egli stesso per il ricuperarlo sotto la figura di ambasciatore.

Quindi la scoperta del proprio figlio e gli amori di questo giovinetto con Lisinga figlia di Polibio formano il soggetto del dramma.

Atto primo
Scena prima

Sala di udienza con trono da un lato.
Grandi del regno, Guardie, Polibio e Siveno a' suoi piedi.

POLIBIO

Mio figlio non sei,

pur figlio ti chiamo,

lo merti, lo bramo

chiamarti così!

SIVENO

Son grato al tuo dono:

rammento chi sono,

son figlio infelice,

che vive per te.

POLIBIO

Sostegno sarai

del regno e di me.

SIVENO

Se fido ti amai

lo sai, o mio re.

POLIBIO

Ti stringo al mio seno.

SIVENO E POLIBIO

Laccio sì caro,

nodo sì forte

la sola morte

scioglier potrà.

POLIBIO

Vanne al tempio, o Siveno, e là m'attendi!

Sospiro il dolce istante

di darti del mio amor pegno verace.

Oggi vuò che Lisinga

d'indissolubil nodo a te si stringa.

SIVENO

Oh gioia! oh dolce dì! Signor, concedi...

POLIBIO

Alzati, appien m'è nota

l'indole del tuo cor con pari affetto

costante a te sarà questo mio petto.

SIVENO

Pien di contento in seno

me n' volo al caro oggetto,

per te felice appieno

questo mio cor sarà.

Che gioia, che momento!

Il cor brillar mi sento,

di più bramar non so.

(parte)

Scena seconda

Al suono di bellicosa marcia, Eumene si avanza con doni e Séguito; Polibio sale sul trono circondato da' suoi; un Parto situa il sedile per l'Ambasciatore.

EUMENE

Il monarca di Siria al re de' Parti

invia salute e pace,

e pegno d'amistade in questi doni.

Da me suo messaggiero

tu non sdegnarli, o sire,

e fa' del mio signor pago il desire.

POLIBIO

E perché meco

sì generoso il tuo signor? qual merto?...

EUMENE

E a chi noto non è del re de' Siri

il magnanimo cor? E a te il dovea

più che ad altri mostrar.

POLIBIO

E perché mai?

EUMENE

Per l'alto tuo valor, per tue virtudi,

perché da te brama tal cosa, o sire,

che gli sta a cuore assai;

né sorprender ti dei;

ma i doni accogli, e ascolta i detti miei.

(siede)

POLIBIO

Parla.

EUMENE

Nella tua reggia

dell'estinto Mintèo trovasi il figlio...

POLIBIO

E che perciò?

EUMENE

Quel giovinetto

troppo caro è al mio re; di quel Mintèo,

che fin che visse fu delizia sua,

Siveno è figlio, e dell'amato vecchio

questa sola memoria a lui rimane,

e a te coi preghi il chiede.

POLIBIO

Egli chiede Siven? vana lusinga;

io troppo l'amo, e del mio amore in pegno

porre lo vuò di questo trono a parte,

né sarà mai ch'io veggia

allontanar Siven da questa reggia.

EUMENE

Ma rifletti che neghi al re di Siria,

che il mio sovran possente

ciò che ottener non può con dolci inchieste

egli avrà co' la forza e col suo brando.

POLIBIO

Sia pur possente d'armi

il re de' Siri; quel de' Parti ha petto

che non trema a' perigli

quando il diritto il mova;

ei crede suo Siven, te ingiusto crede.

EUMENE

E non ebbe Siven forse i natali

del mio re nella reggia?

POLIBIO

E nudrito, ed istrutto

non venne poi nella mia corte?

EUMENE

(alzandosi)

Dunque?

POLIBIO

(alzandosi)

Dunque Siven non cedo;

queste porta al tuo re libere note,

faccia poi ciò che più gli aggrada e puote.

EUMENE

Pensaci, o sire, e guarda

che non t'abbia a pentir...

POLIBIO

(scende dal trono)

Ti accheta, audace;

e che? dovrò pentirmi

di mia ragion che si m'assiste e giova?

EUMENE

Non assiste ragion i sensi tuoi,

ma ben chiami ragion ciò che tu vuoi.

POLIBIO

Non cimentar lo sdegno,

che accendi nel mio petto.

(Tutto mi fa sospetto.)

Vanne, ritorna al re.

EUMENE

Parto per or, ma solo

lungi da questo regno;

il tuo rifiuto indegno

fatale a te sarà.

POLIBIO

Non più, superbo, taci.

EUMENE

Avvampo di furor.

EUMENE E POLIBIO

Già serpe nel mio seno

il più crudel veleno

per tormentarmi il cor.

EUMENE

Ma pensa ben...

POLIBIO

Pensai.

EUMENE

E l'ira sua?

POLIBIO

No 'l temo.

EUMENE

Paventerai, lo spero,

il mio deluso re.

EUMENE E POLIBIO

Odio, furor, dispetto

io provo in tal cimento;

nel rimirarlo sento

tutte le furie in me.

(partono da lati opposti)

Scena terza

Magnifico tempio con ara, e trono da un lato.
Siveno, Sacerdoti e Popolo; indi Polibio seguìto da Grandi del regno, in fine Lisinga.

SIVENO

O di Polibio sudditi fedeli,

amati Parti,

la vostra vista oh quanto mi consola!

Voi oggi dunque testimon sarete

delle mie fauste nozze: oh bella sorte!

Lisinga, oh dolce sposa...

POLIBIO

Figlio.

SIVENO

Ah, signore e padre!

POLIBIO

Diletto figlio, vieni a questo seno.

SIVENO

Eccomi, o padre: or son felice appieno.

(nel mentre che si canta il coro, Polibio sale sul trono)

CORO

Nobil gentil donzella,

in sì ridente giorno

arrida a te d'intorno

pace, riposo, amor.

LISINGA

Deh! fate, amici dèi, che in tal momento

lieta respiri ogn'alma

di gioia, di piacer e di contento.

Alla pompa già m'appresso

or superba di mia sorte

nel vederti a me consorte

coll'amor del genitor.

POLIBIO

Dell'ara v'appressate, o figli al piede,

eterno qui vi unisca amore e fede.

LISINGA E SIVENO

(dinanzi all'ara)

Questo cor ti giura amore,

mia speranza, mio tesoro.

Per te sol, che tanto adoro,

sì, fedel ognor sarò.

SIVENO

Caro bene.

LISINGA

Sposo amato...

LISINGA E SIVENO

Questo cor ti giura amore,

mia speranza, mio tesoro.

Per te sol, che tanto adoro,

sì, fedel ognor sarò.

SIVENO

Sì, mia vita, sarai

sempre com'or tu sei

la delizia, il piacer de' giorni miei.

LISINGA

E se di questo petto

la pura fé, l'affetto

o scemarsi, o cangiar potessi mai

mi detesti il tuo cor quant'io t'amai.

POLIBIO

(scendendo dal trono)

Figli non più: felici in questo giorno

alfin voi siete. Io sento

compita la mia gioia in tal momento.

LISINGA

Se per te lieta io sono

deggio vivere a te.

SIVENO

Indivisi gli affetti

con lei serbo, o signor. M'avrai nel regno

genero, figlio, difensor, sostegno.

POLIBIO

Ah cari figli...

LISINGA

Padre, sospiri?...

SIVENO

Forse pentito sei!

POLIBIO

No, v'ingannate.

Altra cagion di duol m'agita il seno.

LISINGA

Parla, che mai t'affanna?

POLIBIO

Demetrio, de' Siri re potente,

a me spedì messaggio e ricchi doni,

e mi chiede Siveno...

SIVENO

O ciel!

LISINGA

Lo spera invano...

POLIBIO

È questa, o figli, sol del mio dolore

l'aspra cagione che mi strazia il core.

SIVENO

No, non temer, sì vil non è Siveno,

io primo l'armi impugnerò.

LISINGA

Nel campo

formidabil sarò con lui ognora,

dolce mi fia per voi la morte ancora.

Sempre teco ognor contenta

t'amerò mia dolce speme.

Stringe amor le mie catene.

Non temer: avrem vittoria

e la Persia esulterà.

SIVENO

Sì mio ben, quest'alma amante

per voi sol respirerà.

POLIBIO

Più fatale e fiero istante

no, di questo non si dà.

LISINGA

(Qual eccesso di tormento

vo soffrendo, oh dio! nel core.)

Goderemo in sen d'amore

la più gran felicità.

SIVENO

(Non turbar sì bell'ardore,

giusto cielo, per pietà.)

POLIBIO

(Sono oppresso dal timore,

vacillando il cor mi va.)

Parte Lisinga con i Grandi del regno.

SIVENO

Che pensi, o padre! e non seguiam Lisinga?

POLIBIO

Figlio, non sai quanto il mio cor tormenti

di perderti il timor.

SIVENO

Deh cessa, o padre,

da sì tristi pensier: di questo giorno

non perturbar la gioia.

È giusto il ciel, né di sinistro evento

con noi crudel sarà: ch'anzi difesa

vorrà farsi al mio uopo, e assister pronto

al mio benefattor... lo spero...

POLIBIO

Ascolti

i nostri voti il cielo,

e per gaudio comune in dolci modi

renda sempre più saldi i vostri nodi.

(partono)

Scena quarta

Gran piazza con veduta del palazzo reale.
Eumene con Séguito.

CORO

Andiamo taciti

a lento passo,

regni il silenzio,

lungi il timor.

EUMENE

Amici, omai propizia appieno

mi si mostri la sorte,

e tutto ho già disposto:

servi, custodi, ognuno

mi guadagnai coll'oro,

altro non manca ormai

che unione ed ardire: or ben sentite,

l'opera dividiam; e voi in prima

per questa parte entrate, e voi per quella,

e al limitar delle reali stanze

aspettatemi tutti;

io frattanto co' miei

attenderò il momento;

il ciel a noi darà forza e ardimento.

All'alta impresa tutti

andiam con alma forte.

Del vostro re la sorte

da noi dipenderà.

CORO

Del nostro re la sorte

il ciel proteggerà.

EUMENE

Clemente ciel, che ai miseri

sola speranza sei,

seconda i voti miei,

non farmi palpitar.

Da mille affanni oppressa

l'alma mi sento in petto;

ah! figlio mio diletto

quanto mi fai penar!

CORO

Il suo verace affetto

quanto lo fa penar!

EUMENE

L'ora fatal s'appressa,

compagni non temete;

se fidi a me sarete,

valor trionferà.

CORO

Numi, se giusti siete,

per noi trionferà.

(partono tutti)

Scena quinta

Gabinetto reale con alcova e sofà. Notte.
Lisinga in atto di riposarsi, indi Eumene da una porta laterale seguìto da' suoi, tutti armati e con faci ardenti.

LISINGA

Mi scende sull'alma

un dolce sopore;

io poso; ma il core

posar più non sa.

EUMENE

Fermatevi.

Io sol m'inoltrerò. Contento io sono;

il ciel mi porge l'opportuna sorte;

ecco Siven nel sonno immerso; vieni,

mia diletta speranza...

LISINGA

E quale ardir! pietà, soccorso, aita...

EUMENE

Ingannato mi son; oh rabbia!

Non sei tu quel che cerco;

ma se non sei Siveno,

vieni meco per lui ostaggio almeno.

LISINGA

Ohimè, crudel, che tenti,

ah vile traditore...

EUMENE

Mi segui, o il mio furore

tutto su te cadrà.

LISINGA

Mi lascia.

EUMENE

Invan lo speri.

LISINGA

Sposo, tradito sei...

EUMENE

Ardir, amici miei...

(incendiano da varie parti)

LISINGA

Padre soccorso, oh dio!

Salvami per pietà.

SIVENO E POLIBIO

(vedendo il passo impedito dal fuoco)

Stelle, che veggio, o dèi,

oh nero tradimento!

EUMENE

Or più le furie sento

per lor tu trema ancor.

LISINGA

Barbaro, orror mi fai,

mostro di crudeltà.

EUMENE

La pena pagherai

col giusto mio rigor.

SIVENO, POLIBIO E CORO

(crescendo sempre il fuoco)

Ovunque è chiuso il passo,

più scampo a noi non resta.

Numi, che pena è questa,

che notte di terror?

LISINGA E EUMENE

Che fiera angoscia è questa.

Mi si divide il cor.

LISINGA

Se voi ancor mi udite,

le voci mie seguite;

il cor mancar mi sento,

io moro... che dolor!

(sviene fra le braccia di Eumene)

EUMENE

Si compia; omai venite,

l'ardire mio seguite;

in sì fatal cimento

trionfi il mio valor.

(conducendo via Lisinga)

POLIBIO

Guardie, deh! mi seguite,

da questa parte, udite...

ancor sua voce sento

che lacera il mio cor.

SIVENO

Miei fidi, ohimè! sentite!

Non v'è più tempo, udite...

questo è crudel tormento

che lacera il mio cor.

CORO

Tutto ci fa spavento;

ah salvati, signor.

Atto secondo
Scena prima

Gabinetto reale.
Grandi del regno, indi Polibio, poi Siveno.

CORO

Ah che la doglia amara

si legge nel suo volto,

in qual periglio è avvolto,

misero genitor!

POLIBIO

Ove la cara figlia

involata sarà; per ogni intorno

la cerco, e non la trovo;

dove il perfido, oh dio,

avrà tratta Lisinga?

O figlia mia, o solo mio diletto,

per te mille tormenti io sento in petto.

Come sperar riposo,

dove trovar la figlia?

Di voi chi mi consiglia;

misero, che farò?

Nel rammentar quel perfido

avvampo di furore,

il vile traditore

per le mie man morrà.

SIVENO

Venite, o fidi miei,

Lisinga a liberar.

POLIBIO

L'indegno, ove s'asconde

da te scoperto fu?

SIVENO

Tutto m'è noto, o padre.

POLIBIO

Oh sorte qual momento!

Tutte le furie io sento

per vendicarmi ancor.

POLIBIO, SIVENO E CORO

Si voli dunque a lei;

a noi rendete, o dèi,

Lisinga per pietà.

(partono)

Scena seconda

Luoghi remoti poco lungi dalla città.
Eumene, che conduce Lisinga scortato da' suoi, indi Siveno e Polibio con loro séguito.

LISINGA

Dove vuoi trarmi,

perfido traditor?

EUMENE

Alta cagion m'induce

di qui celarti...

LISINGA

Crudel, t'intendo, dal diletto sposo,

dal mio buon genitor strappar mi vuoi,

e trarmi forse...

EUMENE

No, non temer; amo Siveno;

e in te la sposa sua

so rispettar.

LISINGA

A lui dunque mi guida.

EUMENE

Non lo sperar...

LISINGA

Dunque m'uccidi.

SIVENO

dentro le scene

Qui s'asconde quell'empio.

POLIBIO

Ov'è l'indegno? mora.

LISINGA

Deh mi salvate...

EUMENE

Miralo, nella destra ha il ferro ancora.

(in atto di uccidere Lisinga)

Donami omai Siveno

o le trafiggo il petto.

POLIBIO

(prendendo Siveno per mano)

Gl'immergo il ferro in seno,

pria di donarlo a te.

EUMENE

Dunque la figlia mora...

POLIBIO

T'arresta, o qui lo sveno.

EUMENE

Crudel, che tenti, oh dèi!

POLIBIO

L'ira non so frenar.

Insieme

LISINGA

Passami pure il core,

ma placa il genitore;

te 'l chiedo per pietà.

SIVENO

Passami pure il core,

ma placa il suo furore;

te 'l chiedo per pietà.

EUMENE

(vedendo la medaglia che tiene al collo)

Qual segno, o dèi! mio figlio.

POLIBIO

Come! suo padre sei?

EUMENE

(cambiandosi i figli)

Ecco la figlia tua.

Rendimi il figlio mio.

Giuro amistade e fé.

(abbracciando Polibio Lisinga ed Eumene Siveno)

Insieme

POLIBIO

Figlia qual gioia io provo,

or che tu salva sei...

più viver non potrei,

cara senza di te.

EUMENE

Figlio qual gioia io provo,

or che tu salvo sei...

più viver non potrei,

caro senza di te.

LISINGA E SIVENO

Padre, qual gioia provo

or che placato sei!

Più cari i lacci miei

saranno ognor con te.

EUMENE

Figlio?

SIVENO

Oh dio!

EUMENE

Siveno a noi ritorna.

SIVENO

Lisinga, oh padre amato.

EUMENE

Io solo a te son padre.

Insieme

LISINGA

Il diede a me in consorte.

SIVENO

Mi diede a lei in consorte.

POLIBIO

A lui son padre e re.

EUMENE

Non più, da lui ti scosta.

LISINGA E SIVENO

Deh pensa al tuo periglio.

POLIBIO

Meco vivrai col figlio!

EUMENE

Mai questo non sperar.

POLIBIO E EUMENE

All'armi, o fidi miei.

D'ira s'accende il petto

la mia vendetta affretto

più non mi so frenar.

(Eumene co' suoi separano Lisinga da Siveno e partono. Polibio dà delle disposizioni per non essere sorpreso e Siveno s'abbandona sopra un sasso)

LISINGA E SIVENO

Tu mi dividi, o dèi!

dal caro amato oggetto.

Squarciar mi sento il petto,

che barbaro penar!

Scena terza

Eumene e Siveno.

EUMENE

Vieni, caro, al mio sen.

SIVENO

Ov'è Lisinga?

Dov'è il mio re? dov'è il mio padre?

EUMENE

Mi abbraccia, io ti son padre,

e se più certo vuoi

essere del vero che ti dico, o figlio,

(accennando le medaglie che tiene al collo)

fissa su questi segni attento il ciglio.

SIVENO

Oh dio!

EUMENE

Sappi che padre tuo non fu Mintèo,

ed io tuo genitor

a lui ti consegnai nel rio tumulto

quando Trifone di Demetrio il regno

tutto struggere volea.

Per me Mintèo ti trasse di periglio

qual figlio suo; ma pur di me sei figlio.

SIVENO

Perdon ti chiedo, o padre,

pietà del mio lamento;

per lor morir mi sento

senza poter morir.

EUMENE

Ah! ti consola, o figlio,

e tutto spera in me.

SIVENO

Se leghi i nostri cuori

sollevi le mie pene,

felice col mio bene

ognor sarò per te.

(partono)

Scena quarta

Sala d'udienza con tavolino e sedie.
Grandi del regno, indi Lisinga che si siede in atto di dolore, poi Polibio.

LISINGA

Io più sposo non ho, per man d'un empio

egli mi fu rapito;

barbara sorte!

Dammi, o cielo crudel, dammi la morte.

POLIBIO

Figlia, fa' cor, di qua non lungi Eumene

attendato fermossi...

LISINGA

Lascia che io l'armi impugni...

POLIBIO

Come! giovane donna?...

LISINGA

Lasciami o padre andar, il cielo rende

forte colui che la ragion difende.

POLIBIO

Ebben tu mi precedi,

incoraggisci i tuoi; il cielo aita

conceda a tutti; egli ti renda ardita.

(parte)

LISINGA

Se fidi siete,

se meriti pietà una sventurata

vendicatemi voi; meco vi prega

l'amato padre mio, da mostro infame

sgombrate alfine questo regno; a voi

lo chiede il vostro onore,

il pianto della patria e il mio dolore.

Superbo, ah! tu vedrai

se abbasserai l'orgoglio.

Or vendicar mi voglio,

indegno traditor.

CORO

S'ucciderà...

LISINGA

Lo sposo.

CORO

Ah sì cadrà...

LISINGA

L'altero.

Pietà desti lo sposo,

del mio dolor pietà.

CORO

Per noi non v'è periglio...

LISINGA

Vendetta vi chiedo

son tutta furore;

m'uccide il dolore

mi sento mancar.

Quel mostro, quell'empio

si vada a svenar.

CORO

Si vada, si corra,

si compia lo scempio.

Quel mostro, quell'empio

sapremo svenar.

(partono)

Scena quinta

Accampamento a vista della città.
Guardie accampate, Eumene dalla sua tenda, indi Siveno e Lisinga seguita da' suoi.

EUMENE

Ove andò? che mai feci!

Dunque partì mio figlio:

ei sol piangeva nel comun contento.

Lascia, diceva, che a Polibio vada;

di ritornar ti giuro con Lisinga,

o mi vedrai morire a' piedi tuoi.

Sì crudel non sarà con suo periglio

ch'ei stesso voglia privarmi del figlio.

Ah padre incauto! al pianto suo cedesti.

Ingiustissimi dèi, se me 'l togliete,

voi alle fure mie lo renderete.

Folle che dico?

Che fo, con chi mi sdegno? il reo son io.

Misero me!... ahi che vacillo, oh dio.

Lungi dal figlio amato

mi si divide il core,

conforto al mio dolore

di voi chi mi darà?

CORO

Da' fine al tuo timore,

il figlio tornerà.

EUMENE

Amici, a voi son grato,

pietà del mio tormento,

io solo avrò il contento

s'ei fido a noi verrà.

LISINGA E CORO

(guardando dentro le scene)

Eumene scellerato

trafitto al suol cadrà.

EUMENE

Stelle! tradito io sono.

Perfido figlio indegno

tu proverai lo sdegno

del cieco mio furor.

LISINGA

Si sveni il traditore...

SIVENO

(inginocchiandosi)

Eccoti il petto, il cor.

LISINGA

(le cade il ferro)

Tu stesso mi disarmi?

SIVENO

Difendo il padre mio...

EUMENE

Or vinto alfin son io

dal tuo figliale amor.

Ah figli miei diletti,

venite a questo seno.

Io vostri dolci affetti

io stesso pagherò.

LISINGA E SIVENO

Se con noi lo stringi al petto

il suo cor giubilerà.

EUMENE

Voi sarete, o cari oggetti,

la mia sol felicità.

(parte con Lisinga e Siveno)

Insieme

CORO

I

Oh qual gioia, qual diletto

or la Persia proverà.

CORO

II

Oh qual gioia, qual diletto

or la Siria proverà.

Scena sesta

Tutti si pongono in ordinanza per marciare cantando il coro, dopo del quale Eumene, Lisinga e Siveno con essi s'incamminano verso la città. Rimangono tutti sospesi incontrandosi con Polibio e di lui Séguito.

CORI

Festosi al re si vada

ad apportar la pace,

s'accenda ormai la face

per così bella union.

POLIBIO

Oh ciel, che miro! Lisinga la figlia

in amistà col rapitor messaggio!

EUMENE

Non rapitor son io, non son messaggio.

Ma sotto queste spoglie

in tal mentita guisa

il monarca di Siria omai ravvisa.

Siveno cogli Assiri s'inginocchiano formando tutti un quadro generale.

POLIBIO

Tu il monarca?

LISINGA

Del mio Siven tu il padre?

SIVENO

Mia Lisinga, qual gioia!

EUMENE

Sì, Demetrio son io: timor m'indusse

spoglie a mentir, per riaver il figlio,

dubitando di lui se noto io fossi;

or tutti cari egualmente mi siete;

e se t'è grado

meco d'unirti in amistade eterna,

ogni passato evento

dimentica, o Polibio, e tutto dona

al mio paterno amor. La nostra fede

con più tenaci nodi ora si stringa;

Siven viva felice con Lisinga.

TUTTI

Quai moti al cor io sento

di gioia e di contento!

Alfin al sen ti stringo,

oggetto del mio amor.

CORI

Più felice e grato istante

no, di questo non si dà.

D'un amore sì costante

la memoria resterà.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta