DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA
Commedia per musica.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto di Giambattista LORENZI.
Musica di Giovanni PAISIELLO.
Prima esecuzione: estate 1769, Napoli.
Personaggi:
La CONTESSA dama di bell'umore |
soprano |
La DUCHESSA sua amica, e di ugual genio |
soprano |
RICCIARDETTA serva nell'osteria |
soprano |
Don PLATONE cavalier viaggiatore amante della Contessa |
basso |
Il conte don GALAFRONE altro cavaliere amante della Contessa |
tenore |
CARMOSINA serva della Contessa |
soprano |
CARDOLELLA che tiene osteria in campagna |
soprano |
DON CHISCIOTTE della Mancia, cavaliere errante |
tenore |
SANCIO Panza, scudiero di Don Chisciotte |
basso |
La scena si finge in un luogo della Spagna.
Al cortese lettore
Dall'ingegnoso romanzo intitolato il Don Chisciotte della Mancia ho radunato i fatti, che vedi in questa commedia ristretti. Per dare alla medesima l'unità del luogo ho dovuto in parte alterarli, e sono talvolta uscito ancora dalle tracce del romanzo per adattarmi alla compagnia.
Fingo due dame in villa di allegro umore, tra le quali capita il gran cavaliere errante don Chisciotte col suo famoso scudiero Sancio Panza. Queste, coll'aiuto di una spiritosa donna di lor servigio, tessono delle graziose avventure per quelli, e non tralasciano nel tempo stesso di prendersi gioco di due loro amanti, di sciocco carattere.
Eccoti in poche parole la mia commedia spiegata. A me dunque non altro resta, che attendere il tuo compatimento.
Campagna con osteria da un lato, che attacca con altre rustiche fabriche. Dall'altra parte capanna, e veduta di una valle in lontananza.
Don Galafrone, e Don Platone, che contrastano su di una cerva uccisa. Carmosina, e poi la Contessa, e la Duchessa, che sopraggiungono con seguito di Cacciatori, che portano altri animali morti.
GALAFRONE
(additando la ferita nella cerva)
Mi perdoni, padron mio,
la mia botta è questa qua.
PLATONE
Lei mi scusi, qui son io:
e te 'mparo de sparà.
CARMOSINA
Ma ch'è stato?
PLATONE
Mo te dico...
GALAFRONE
Odi a me...
CARMOSINA
Che d'è lo 'ntrico?
GALAFRONE
Ei tirò, ma la sua botta
dal focone se n'uscì.
PLATONE
Non senti' sto cacasotta:
io sparai, e lui fuggì.
CARMOSINA
Via: via: ca tutte duje
meretate d'abbuffa'.
Sta bestiola è morta cessa,
ca s'ha visto la scuressa
da duje ciuccie secota'.
PLATONE E GALAFRONE
Mille grazie a tanta sua
gentilissima bontà.
DUCHESSA
Cara amica, è qui la cerva.
CONTESSA
Lode al ciel, che la trovai.
PLATONE E GALAFRONE
Lei si serva, lei si serva.
CONTESSA
Come a dir?
PLATONE E GALAFRONE
Io l'ammazzai...
CONTESSA
Menzogneri, tanto ardir?
(mostra il suo strale rotto, e Carmosina svelle dal fianco della cerva il resto confitto in quella)
La ferita sua mortale
da me l'ebbe in mezzo al sen,
e la punta del mio strale
nel suo fianco ancora tien.
CARMOSINA
Scacciature arrobba spiche,
nè? sta cosa comme va?
PLATONE
(Che sbreguogno!)
GALAFRONE
(Che rossore!)
CONTESSA E DUCHESSA
Chiamar sue le altrui fatiche,
è un eccesso di viltà.
CARMOSINA
E ba' jateve a stipa'.
PLATONE E GALAFRONE
(Brutto schiaffo in verità.)
DUCHESSA
(Contessa amica, assai
scottan del sole i rai. Sotto quell'ombra
ritiriamoci un poco,
e prendiamo di questi un po' di gioco.)
CONTESSA
(Sia mio il tuo voler. Sai che costoro
son rivali tra loro, e miei amanti,
e i scherni loro comprano a contanti.)
CARMOSINA
(Signo', si co qua scusa le facite
scarreca' le scoppette,
ve faccio fa na risa.)
GALAFRONE
Don Platone, là parlan le signore,
e in mezzo lei ci vuol ficcar la zampa.
PLATONE
E ussia ch'è fatto correttor di stampa?
GALAFRONE
(No: la rompo con questo.)
PLATONE
(No: tiene, e tiene, e pure te lo scresto.)
CONTESSA
Che bravi cacciatori! Io non credea,
che giungesse a tal segno
la lor viltà.
CARMOSINA
Vedite:
pò essere no sbaglio.
GALAFRONE
Appunto sbaglio.
Io vidi la cervetta:
sparai... cadde...
PLATONE
Papocchia,
papocchia, mia signora. Il fatto è questo:
io stava ciufolianno, e se posaje
na quaglia sopra un chiuppo: io menco, e bedo
stiso in terra no caprio. Or chi direbbe,
che io lui non ammazzò?
GALAFRONE
Sciocco, sciocchissimo!
Tu spari in alto, e ammazzi un caprio a terra?
Ah, ah!
PLATONE
Ciuccio, ciuccissimo:
e non poteano asci' pe lo focone
li pallottine, e accidere lo caprio?
GALAFRONE
Chi dice no: ma sono casi rari.
PLATONE
Ora schiatta me chiammo.
DUCHESSA
Quand'è così, di scusa,
Contessa mia, son degni.
CARMOSINA
E le potite
torna' la grazia vosta.
CONTESSA
E ben tirate
amendue coi schioppi, e chi di voi
meglio si accosta al segno,
del mio cor sarà degno.
CARMOSINA
(attacca una carta ad un albero)
Ecco lo schiacco.
GALAFRONE
Pronto ubbidisco. Ecco madama io sparo.
(alza lo schioppo in faccia, e non piglia fuoco)
PLATONE
Uh mmalora! Tu sierre
tutte duje l'uocchie. E ba' ch'aje cuouto.
GALAFRONE
Oh cattera!
Non prese foco.
PLATONE
E ba' sfocona, e 'mpara,
don sanguenaccio mio, comme se spara.
(vuole sparare anche lui, e nemmeno prende fuoco)
CARMOSINA
(Mò ha da essere la scena.)
PLATONE
Oh caspita! È fattura.
GALAFRONE
Oh bella, oh bella!
CARMOSINA
Signo'. Ch'è stato? caccia la cortella.
PLATONE
Oh diavolo, pe scarda
nc'ho no piezzo de caso!
GALAFRONE
Oh questo è troppo!
Mi hann'empito di semola lo schioppo.
DUCHESSA
Che belli cacciatori!
CONTESSA
E poi volete,
farvi merto con me? Belli ridicoli.
CARMOSINA
(È ghiuta proprio bona.)
PLATONE
(Io mo mme scannaria.)
GALAFRONE
Scarda di caso!
Ah, ah, ah, ah.
PLATONE
Che rride tu marmotta?
Carreco a brenna può fa tu sta botta.
Che d'è sto taluorno,
don turzo del core?
Che bide qua cuorno,
che rride accossì?
Signora, mi scusi:
mi avanzo gnossì;
ma si sto cetrulo
mm'ha rutto... perdoni...
mi ha rotto i calzoni,
per dirla così.
Tu mò pecché rride?
Ca vide pe scarda
no piezzo de caso?
Ma si la mustarda
mme saglie a lo naso,
sta joja, si conte;
la faccio fenì.
(parte)
La Duchessa, la Contessa, Carmosina, e il conte don Galafrone.
CARMOSINA
(Che riso!)
CONTESSA
Assai turbato
don Platone partì.
GALAFRONE
Ma portò seco
il bel piacer de' dolci sguardi tuoi.
CARMOSINA
Chi mò, chillo facc'ommo? ah, ah... sì conte
e non te sì addonato
ca la signora...
CONTESSA
Olà silenzio...
CARMOSINA
Or'io
la dico, comme và. Vuje fitto fitto
decite pe la casa,
ah dove sei amata
e adorata mia nnatta ammantecata.
E sta nnata chi è? non è lo conte?
GALAFRONE
Dunque, mia cara...
CONTESSA
Uh che vergogna! addio...
(finge di partire)
DUCHESSA
Fermati...
CARMOSINA
Addove jate?
GALAFRONE
Lucidissima dèa del terzo cielo,
se mi ami dillo pur...
CONTESSA
In qual cimento sei,
illibato mio cor. Duchessa, oh dio,
spiegali tu per me l'affanno mio.
DUCHESSA
Volentieri ti servo. Ascolta, o conte,
ma bada a quel che dico.
(Voglio tesser Contessa, un bello intrico.)
Begli occhietti ~ vivacetti:
bel bocchino ~ di rubino:
per voi sento ~ quel tormento,
ch'è piacer, ed è dolor.
Così dice ~ l'infelice,
ne' trasporti del suo cor.
(Ma tiranno, ~ eguale affanno
v'è chi forse soffre ancor.
E se vuoi ~ saper lo puoi
dall'istesso mio rossor.)
(via)
La Contessa, il conte don Galafrone, e Carmosina.
GALAFRONE
(Cattera! la Duchessa
muore per me.)
CARMOSINA
(alla Contessa)
(Vide, che cancarella,
mo le fa jocà 'ntutto le cervella)
CONTESSA
(Ora il resto io farò.)
GALAFRONE
(Che mi risolvo?)
CONTESSA
Conte, cos'è? Confuso
io ti veggio, e a ragion. Poveri affetti,
sventurato mio cor.
GALAFRONE
(Caspita, intese.)
No... senta... io per me intanto...
CONTESSA
Intesi. È lei
la mia rivale, e il mio dolor tu sei.
GALAFRONE
Deh non si affligga tanto...
CARMOSINA
E che bonora,
volissevo 'ncappà tutto lo munno?
GALAFRONE
È colpa del mio fato:
altro non ti so dire.
CONTESSA
Ascolta, ingrato.
Vanne dalla Duchessa,
e dille, che avveduta
io mi son del suo amore:
che questo lasci, o che le passo il core.
GALAFRONE
Ma senta...
CONTESSA
Intesi assai.
GALAFRONE
Ma...
CONTESSA
Taci, e vanne.
GALAFRONE
Crudelissime stelle!
Del mio bel volto simpatie rubelle!
Vado, se così vuoi:
ma se si ammazza poi,
il mondo, che dirà?
Dirà, che atroce fatto!
che barbaro misfatto!
Dirà, che quella sia
vittima della mia
carnefice beltà.
Signora, io mi confondo!
Il mondo che dirà?
(via)
La Contessa, e Carmosina, indi dall'osteria Sancio Panza inseguito da Cardolella.
CONTESSA
Che sciocco!
CARMOSINA
E addò lassate
chill'auto turzo de don Palatone?
'Nce ll'ha mannate proprio la fortuna
pe spasso nuosto a sta velleggiatura.
CARDOLELLA
Paga, o te scanno.
SANCIO
Oh cancaro!
Questa è bella: i scudieri,
e i cavalieri erranti, figlia mia,
non han pagato mai all'osteria.
CARDOLELLA
E che banno truffanno?
SANCIO
È privileggio
di noi altri campioni non pagare.
Tu ti puoi informare,
se mai il conte Orlando,
Grifone, o Candalino,
han veduto mai faccia di carlino.
E vuoi, che uno scudiero,
e uno scudiero come Sancio Panza,
ora introduca questa mala usanza?
Buongiorno a ussignoria...
CARDOLELLA
Non ghi' scioglienno,
ca te scamazzo l'uocchie.
SANCIO
Ora vedete,
che pretende da me. Se don Chisciotte
sapesse questo fatto, buonanotte.
Buon giorno a ussignoria.
CARDOLELLA
T'avimmo 'ntiso.
(lo prende per un braccio, e lo porta avanti l'osteria, e chiama i suoi garzoni)
CONTESSA
(Don Chisciotte! È questi
quel folle, di cui vanno
certe notizie intorno stravaganti.
Conoscer lo vorrei.)
CARMOSINA
(Vedimmo primmo
la cosa a che se mette.)
CARDOLELLA
A bbuje fegliule:
ghiacchè chisto non paga,
vuje co na mantiata
facitele pagare la magnata.
(molte persone prendono Sancio, e nella coperta lo sbalzano in aria)
SANCIO
Misericordia... Maledetta sia
la professione errante... mamma mia.
CARDOLELLA
Schiatta.
CONTESSA
Mi fa pietà. Ragazza, prendi:
questo è un scudo. Io credo, che per quello,
che si ha mangiato sopravanzi ancora.
CARDOLELLA
Jammo a trasire justo.
SANCIO
Non signora:
si faccia il conto, ch'io non rubbo al passo,
e spendo il mio danaro col compasso.
CARDOLELLA
Che buo spenne na trippa?
Tu si scutiero arrante senza scute.
E sa quanta de chiste 'nce ne stanno,
che banno co la regola d'Arlanno.
De cavaliere arrante
ne truove ogne tantillo,
ch'anno co li contante
nnemmico lo vorzillo,
e po co la sciù scigna
veneno a taffia'.
Ma si le lasse niente:
'mbrogliate 'nfra la ggente,
lo cavaliere sbigna:
madamma se l'affuffa,
e co na bella truffa
te lasseno a canta'.
(via)
La Contessa, Carmosina, e Sancio.
SANCIO
Questa è certo una mora saracina.
Or via: ho da far altro per servirvi?
CARMOSINA
Veramente nzì a mo nc'aje fatto assaje.
CONTESSA
Per quel che intesi, tu sei Sancio Panza,
il famoso scudier di don Chisciotte,
ch'è detto il cavaliere
della trista figura.
SANCIO
Appunto, appunto.
CARMOSINA
Isso è guappo addavero?
SANCIO
Oh catterina!
È stato poche volte dissossato.
Egli ha pur combattuto
col capo general de' galeotti,
Gines di Passamonte,
che tirava sassate, come un diavolo.
CONTESSA
Ma dimmi: tanti rischi
perché cerca incontrar?
SANCIO
Per farsi un merito
con dogna Dulcinea del Toboso,
ch'è la sua dama.
CONTESSA
Sarà bella?
SANCIO
Bella?
Oh via è una bellezza sorprendente.
Vero però, che il mio padrone, ed io,
non l'abbiamo finora ancor veduta.
CARMOSINA
(Chisto è na caramella.)
CONTESSA
Or Sancio, io bramo
l'onor di favellare al tuo padrone.
SANCIO
Ma tu chi sei?
CONTESSA
Io sono la Contessa...
SANCIO
Contessa! lei Contessa?... Oh mia Contessa!
È servita di botto. Io mi farei
scannar per le contesse.
Ove mi aspetta?
CONTESSA
Qui.
SANCIO
Vado, e la servo.
CONTESSA
Evviva Sancio: invero
sei d'una garbatezza, che innammora.
SANCIO
Me l'hanno detto altre contesse ancora.
CONTESSA
(Si avvisi la Duchessa del bel dono,
che la sorte ci fa.)
CARMOSINA
(Jammo, e bedite,
che faccio fa' a sti duje.)
CONTESSA
Sancio addio.
SANCIO
Son di lei.
CARMOSINA
Ed io di lui.
(parte la Contessa e Carmosina)
Sancio solo, indi Don Chisciotte.
SANCIO
Sancio, pensiamo a noi. Se quella lettera,
che il tuo padron ti diede, per portare
a dogna Dulcinea del Tuboso,
tu dici di avertela scordata
nel libro di memoria,
come anderà l'istoria?
Sancio, son guai... ma che? buggie non hai?
Sì l'hai... ma che puoi dir? Sancio, son guai.
Oh vedi, ve'... baruffa di pastori.
(si vedono scappare diverse pecore, indi vien Don Chisciotte con la spada in mano mal difendendosi da molti pastori, che a colpi di bastone lo gettano a terra mezzo morto, e poi scappano via)
SANCIO
Cattera! è don Chisciotte,
che uno stuolo di pecore sbaraglia.
E cadde di cavallo... alto canaglia...
alto canaglia... olà... l'hanno ammazzato!
Povero mio padron... non ha più fiato!
DON CHISCIOTTE
Che mi avvenne?... io sono a terra...
ahi la testa... oimè la spalla...
uh che gelido sudor!
Ma coraggio: io torno in guerra...
ahi vacillo... il piè traballa...
deh non pianger, Dulcinea,
ch'è stanchezza, ed io credea
lamentarmi di dolore.
SANCIO
(lo fa sedere)
Caro padrone, che siete vivo?
DON CHISCIOTTE
Bestia:
non muoion mai li cavalieri erranti.
È ver, che ho avuto avanti
da settemila mori con le sciable,
ma l'ho distrutti.
SANCIO
Quando?
DON CHISCIOTTE
Poco prima.
Vedesti dell'esercito
l'avanzo fuggitivo?
SANCIO
A dirvi 'l vero,
io vidi certe pecore scappare,
e voi ben dissossato dai pastori.
DON CHISCIOTTE
Oh gran poter de' maghi incantatori!
Sappi, fior de' scudieri,
ch'erano tutti mori neri neri.
SANCIO
Vedete! e a me due branchi
parevano di agnelli bianchi bianchi.
DON CHISCIOTTE
Così parevano ancora a me. Ma i maghi
fan travedere. Or dimmi: alla sovrana
melliflua Dulcinea dasti il mio foglio?
SANCIO
(Sancio, non te l'ho detto? ecco l'imbroglio.)
DON CHISCIOTTE
Parla, figlio di Mirra: mio diletto
postiglione d'amor.
SANCIO
Dirò... io dopo
che passai fiumi, e ponti,
città, campagne, e monti,
vidi sopra di un asino
una villana succida, e schifosa,
che passando, mi disse: «Sancio, addio,
addio Sancio, scudier dell'idol mio».
DON CHISCIOTTE
Una villana!
SANCIO
Udite,
mio signore, e stupite. Io le risposi:
«chi sei tu, villanaccia?» ed ella, «oh dio!
io sono Dulcinea, che trasformata
m'ha Freston mago in sì deforme aspetto».
DON CHISCIOTTE
Ah Freston perro! Mago maledetto.
SANCIO
(Se l'ha bevuta.)
DON CHISCIOTTE
Che facesti allora?
SANCIO
Io caddi tramortito, e aprendo gli occhi
più non la vidi.
DON CHISCIOTTE
Ahi, ahi regger non posso.
(si abbandona sopra un sasso)
SANCIO
(Affé, Sancio, saltasti un brutto fosso.)
DON CHISCIOTTE
Empio Freston, l'avessi almen cangiata
in fiore, in tortorella
meno mal, ma in villana! Ah mie pupille,
di duol stillate perle a mille a mille.
SANCIO
Via, signor, non piangete.
Coraggio: che vergogna!
DON CHISCIOTTE
Sancio, non più. Oggi impazzir bisogna.
Punto più bello non potrei trovare
per farmi immortalare.
SANCIO
(Oh questo è un altro diavolo.)
DON CHISCIOTTE
Va' prendi il mio ronzin, che sciolto erra
per la campagna. Va'.
SANCIO
Vado... ma meglio...
DON CHISCIOTTE
Parti... ma no... va' piano.
Prendi il Furioso, e trova
il canto ventitrè:
la stanza cento... cento trentatrè.
Leggi, e va rinfrescando
il mio cervel colla pazzia di Orlando.
SANCIO
Ma una pazzia sì fatta...
(Sancio prende l'Ariosto, e legge)
DON CHISCIOTTE
Non replicar: voglio impazzire, e schiatta.
SANCIO
«Qui riman l'elmo, e là riman lo scudo,
lontan gli arnesi, e più lontan l'usbergo,
l'arme sue tutte, insomma io vi concludo,
avean pe'l bosco differente albergo.
E poi si squarcò i panni, e mostrò ignudo»...
Ohibò.
DON CHISCIOTTE
Ma che mostrò?
SANCIO
...«e mostrò ignudo
l'ispido ventre, e tutto il petto, e il tergo.»
DON CHISCIOTTE
Cattera! ho da mostrare il tergo ignudo!
SANCIO
E via, via, che l'Ariosto è un porco.
DON CHISCIOTTE
Che dici, Sancio eretico! Se Orlando
mostrò il suo tergo, non v'è caso, anch'io
deggio mostrar ignudo il tergo mio.
SANCIO
E voi, signor, volete
mostrare il tergo ignudo?
Ah... ah... che bella vista!
Ah... ah... che bella mostra!
Il mondo già sapete
ch'è pien di gente trista...
E poi la stima vostra...
che orror! che vituperio!
che scandalo, ch'egli è!
(Vedete, che imbarazzo
per la mia scuderia!
Avere in mano un pazzo
con più d'una pazzia.
Che crepi Dulcinea,
che schiatti don Chisciotte,
Orlando palladino,
il conte Candalino,
Grifone, Astolfo, Argante,
Rinaldo, e Sacripante,
e per chiusetta un cancaro
che venga ancora a me.)
(via)
Don Chisciotte, e poi Carmosina.
DON CHISCIOTTE
Che bestia! Si può dare
fatto più serio, che impazzire? Ed egli
se la ride, e perché? perché non entra
nel midollo del fatto.
Ma via non più: si pensi ad esser matto.
(siede, e profondamente pensa)
CARMOSINA
Oje nce volimmo proprio
spassà co chille duje, e po' pe tierzo
nc'ha d'esse don Chisciotte.
DON CHISCIOTTE
Chi mi chiama?
Che veggio! ah ferma, o cara...
CARMOSINA
Cara la mala tenga, che te sbara.
Oje non correre appriesso,
ca te faccio fa' 'ncuollo no prociesso.
DON CHISCIOTTE
(Che bella purità!) Mi fermo, o mia
raggiante, sopraumana,
auricrinita Dulcinea villana.
CARMOSINA
Otto, e nove. Te scuoste, o t'arremediio
tuppete 'nfaccia no scatasta mole.
DON CHISCIOTTE
Cioè schiaffo... è così, aureo mio sole?
E sarai sì tiranna
col tuo fedele don Chisciotte?...
CARMOSINA
(Uh gliannola!
chisto è isso. 'Nce fossero
mo le signore.)
DON CHISCIOTTE
Amata mia sovrana,
io già so, quanto fece
il perfido Freston. Ah dov'è mai
quel tuo manto reale,
foderato di code di armellino?
CARMOSINA
A mme?
DON CHISCIOTTE
Sì cara mia; ma vieni pure,
che ad onta di Frestone
tu mia sarai...
CARMOSINA
Va chiano: si 'mpazzuto?
DON CHISCIOTTE
Non ancora: ma spero
d'impazzir quanto prima, e già mi sento
più di là, che di qua.
CARMOSINA
Lè... maramene...
Lassa, ca strillo...
Don Platone, poi Sancio col cavallo di Don Chisciotte, e detti.
PLATONE
Carmosina, siente...
CARMOSINA
E comme vengo?
DON CHISCIOTTE
Indietro mago indegno:
stregone scellerato.
PLATONE
Vi' comme parle, ca te schiatto n'uocchio.
Lassa chesta...
DON CHISCIOTTE
Non giova il tuo mentire:
tu sei Frestone.
PLATONE
A mme?
DON CHISCIOTTE
Sì: patti chiari.
O rendi Dulcinea nel primo aspetto,
o qui ti passo il petto.
PLATONE
Ora vi' ch'auto guajo!
CARMOSINA
(Chesta mo sì ch'è bella.
Attaccammo lo lazzo.) Fenestrone,
ingrato Fenestron, tornami il manto
di code d'armellino.
DON CHISCIOTTE
Qui le code:
presto presto.
PLATONE
Che cude? o mo ve piglio
co na coda de ciuccio a tutte duje.
CARMOSINA
(Chisto è spassetto.)
DON CHISCIOTTE
Indegno,
giacché ne vuoi, va' nel tartareo regno.
PLATONE
Misericordia...
CARMOSINA
Chiano...
SANCIO
Alto padrone...
DON CHISCIOTTE
Questa, Sancio, è il mio ben, questi è Frestone.
PLATONE
N'è lo vero 'ncoscienza.
DON CHISCIOTTE
Ah mentitore.
Sancio, non è costei
Dulcinea, che trovasti invillanata
per opra di costui?
SANCIO
Ohibò signore.
Costei è la fantesca
di una certa contessa,
che brama qui parlarti.
DON CHISCIOTTE
E non è Dulcinea?
SANCIO
Ohibò padrone.
PLATONE
Ergo manch'io, segnò, so' Frattestone.
DON CHISCIOTTE
Oh gran maghi birbanti,
come ingannate i cavelieri erranti!
(entra nuovamente in pensieri)
PLATONE
(Che puozz'essere acciso tu, e mammeta:
no mme trase na setola.)
CARMOSINA
Ed io scura
mo resto 'mpesa 'mpesa?
ne signo'?
DON CHISCIOTTE
Longe longe.
CARMOSINA
A lo mmacaro
guardame n'auta vota...
DON CHISCIOTTE
Longe longe.
(Dulcinea ti son fido.)
CARMOSINA
E cheste lagreme...
DON CHISCIOTTE
Longe, diavolo, longe.
(Dulcinea, mi protesto
di non acconsentire
di questa donna all'insidioso pianto.)
CARMOSINA
(Me nce voglio spassà. Chisto è n'incanto.)
Tu lo focile 'mpietto
mme jette ticche ticche:
l'esca a lo ffuoco azzicche,
pe farela appiccia'.
E mò che bbide nn'aria
sagli' l'allummenaria,
stuta, mme staje a ddi'?
Ah 'mpiso 'mpiso, 'mpiso,
tu mme vuò fa mori'.
Nè... Nè... m'avite 'ntiso?
Zì... Zì... Se pò sperà?
Schiavo de Varvaria,
vide, che percopia
canaglia, mme faje fa'.
(via)
Don Chisciotte, Sancio, e Don Platone.
PLATONE
Vi' la scigna che fuoco, ch'ha pigliato!
SANCIO
Signor, quella Contessa, che la mano
ti vorrebbe baciar, ecco che viene.
DON CHISCIOTTE
Sancio, il mio Ronzinante:
non conviene, che a piedi
la dama trovi un cavaliere errante.
(monta a cavallo, e Sancio tiene lo scudo, e lancia: così aspettando la Contessa)
La Contessa, la Duchessa, Carmosina, il Conte, Don Galafrone, e detti.
CARMOSINA
(Eccolo ccà.)
CONTESSA
(Brutta figura!)
DUCHESSA
(Amica
è originale.)
GALAFRONE
(È cosa mostruosa!)
PLATONE
(Oh così è. Lei poi è un'altra cosa.)
DON CHISCIOTTE
A te Sancio presentami.
SANCIO
(s'inginocchia avanti la Contessa)
Eccellenze,
è questi il formidabile
cavalier de' Leoni, che s'incomoda
a ricevere i vostri complimenti.
DON CHISCIOTTE
(Oh che bestia sconnessa! senti, senti!)
CONTESSA
Alzati, Sancio amico. Io dell'onore
oltremodo superba,
precipitosa corro al tuo signore...
DON CHISCIOTTE
Non sia mai... a me tocca... io sono, oh bella.
(cade nello smontare di sella)
CARMOSINA
No scese no, precipitò sasella.
PLATONE
Noce de cuollo...
GALAFRONE
Piano...
CONTESSA
Oh dio!
DUCHESSA
Si appoggi.
DON CHISCIOTTE
Oh non è nulla.
CARMOSINA
Dateme la mano...
DON CHISCIOTTE
Pria mi piombi sul capo
un fulmine di Giove. (Non temere,
Dulcinea mia sovrana,
non toccherò giammai destra profana.)
Ricciardetta dall'osteria, e detti.
RICCIARDETTA
Salvatevi, eccellenze: dalla selva
è uscito un porco grosso, come un asino
che pare indemoniato,
e vogliano, che sia porco arrabbiato.
PLATONE
Marramau!
GALAFRONE
Salva, salva...
CONTESSA
Oh dio!
DUCHESSA
Come fuggire?
DON CHISCIOTTE
Olà fermate:
avrò l'onor, magnanime eroine,
di darvi a primo incontro un argomento
del mio valore.
CARMOSINA
E curre, gioia mia.
SANCIO
Signor, per carità...
DON CHISCIOTTE
Non mi seccare:
è mia l'impresa. Quello
è un qualche mago trasformato in porco.
SANCIO
È un corno...
DON CHISCIOTTE
Olà non più. Regine, io corro
a pugnare, a ferir. La belva cada
al fulmine fatal di questa spada.
Empia fera: bestia immonda,
non fuggir, che morta sei:
Durlindana è questa qui.
(a Don Platone)
Faccia conto, che sia lei.
Mio signor, quel porco sozzo:
già l'assalto, già lo sgozzo,
ed il querulo lamento
io già sento del guì... guì.
Guì guì suona la foresta:
guì la valle ombrosa, e mesta:
guì ripeteno le selve,
e fin sento dalle belve
la mia gloria replicar.
Già quel mostro, il braccio nostro,
fece a terra tracollar.
(parte assieme a Sancio)
La Contessa, la Duchessa, Don Galafrone, Don Platone, Carmosina, e Ricciardetta.
CONTESSA
Numi, di quell'eroe
difendete il valor.
DUCHESSA
Dove si trova
del suo più fido cor?
CARMOSINA
Ah gno', che d'aje?
de don Chisciotte 'nce n'avimmo assaje.
PLATONE
Uh mmalora lo puorco a chesta via...
Sancio, che ritorna scappando, inseguito dal cinghiale, Don Chisciotte con spada nuda, e detti.
SANCIO
Mmisericordia... aiuto.
CARMOSINA
Mamma mia...
RICCIARDETTA
La bestia... Serra... Serra...
(scappa nell'osteria, tutti si salvano chi qua, chi là, e la Contessa sviene sopra un sasso)
GALAFRONE
Cacciatori...
DUCHESSA
Misera! qual cimento...
CONTESSA
Soccorreteci... oh dio... mancar mi sento.
DON CHISCIOTTE
Amata Dulcinea, sia questo braccio,
dal tuo nume immortal guidato, e scorto,
ba ih... ih là... vittoria: il porco è morto.
SANCIO
È morto veramente?
DON CHISCIOTTE
È inverminito.
Nè fra il numero è più di noi parlanti.
TUTTI
Evviva il fior de' cavalieri erranti.
DON CHISCIOTTE
Ecco l'orribil teschio. A te Contessa,
(taglia la testa al porco e la presenta alla Contessa)
prova del mio valor l'offro, e presento.
(Dulcinea mi protesto, è complimento.)
CONTESSA
Magnanimo signor, della mia vita
debitrice ti son; ma mentre, oh dio,
da te la vita ottengo
mortalmente ferito il cor mi sento.
DON CHISCIOTTE
(Dulcinea, non rispondo
che passerebbe avanti il complimento.)
CONTESSA
Se quella mano in petto
l'anima mi ristora,
quell'occhio tirannetto
quanto mi fa penar.
Ma donna Dulcinea
si deve rispettar.
(facendo riverenze caricate)
Direi, che quelli sguardi,
direi, che quelli accenti
son fulmini, son dardi,
son barbari tormenti:
che tu mi uccidi allora
che vita mi vuoi dar.
Ma donna Dulcinea
si deve rispettar.
(facendo riverenze, come sopra)
DON CHISCIOTTE
Contessa, quel rispetto,
ch'hai per il mio superlativo nume,
di qualche mia pietà degna ti rende.
DUCHESSA
Fortunata Contessa, che ottenesti
di sì bella pietà l'onor sublime.
GALAFRONE
(Don Platone...)
PLATONE
(Sì conte...)
(chiamandosi da sopra gli alberi, dove si son salvati)
GALAFRONE
(Sai, che l'errante ce la fa.)
PLATONE
(Sà lleje,
che ghiarrimmo ambidue
a tirar breccie a le gavine?)
CARMOSINA
(a don Chisciotte facendo l'appassionata)
Ed io,
faccia da 'mpiso eroico;
ho da morir da subito,
dico a lei, e ba mo, senza sperare,
di vedervi jettare
un occhio 'ncuollo a mme?
DON CHISCIOTTE
Silenzio, immonda
ranocchia gracidante.
CARMOSINA
Non parlo chiù.
CONTESSA
Signor, degnaci almeno
della tua compagnia in questo giorno.
DON CHISCIOTTE
Sancio...
(domanda con atti a Sancio, che deve rispondere, e Sancio gli fa segno, che accetti l'invito)
PLATONE
(Sì conte...)
GALAFRONE
(Zitto...
vediamo il fatto nostro.)
CONTESSA
Non mi rispondi?
DON CHISCIOTTE
Al tuo voler mi prostro.
CONTESSA
Che finezza!
SANCIO
Averete anche il contento
di vederlo impazzir in questo giorno,
DUCHESSA
Come sarebbe a dire?
DON CHISCIOTTE
Avrò l'onore
di mostravi il mio ventre, e il tergo ignudo.
CARMOSINA
Che bregogna!
PLATONE
(Che puorco!)
GALAFRONE
(Che birbante!)
DON CHISCIOTTE
Non ha vergogna un cavaliere errante.
Cardolella, e detti.
CARDOLELLA
È lesto lo magnare...
(vedendo don Chisciotte)
Uh nescia mene!
Chisto è quacche mammuocciolo scappato
da qua lenterna maggeca.
CONTESSA
Qui si rechi la mensa.
CARDOLELLA
Mo ve servo.
(entra)
DUCHESSA
Olà serve, e donzelle
al grand'eroe si porga da lavare.
CARMOSINA
È lesto.
(entra per l'acqua)
SANCIO
Mio signore,
stropicciatevi ben, che son sei mesi,
che quelle mani l'acqua
non san, che cosa sia.
DON CHISCIOTTE
(Sancio prudenza.)
(vien Carmosina con bocale, e bacino e Cardolella reca la tovaglia, e diversi servi portano la tavola, e sedie)
CARMOSINA
Ecco l'acqua. Si servi soccellenza.
(porgendo da lavare a Don Chisciotte)
Si vuò farete chiù nietto,
co ste lagreme, che ghietto,
guappo mio, te può lavà.
DON CHISCIOTTE
Non mi lavo: non mi lavo...
CARDOLELLA
Presentosa pruoje ccà.
(toglie bacile, e bocale da Carmosina, e porge da lavare a don Chisciotte)
Uh potesse chillo fuoco,
che m'appiccie a poco appoco,
co chest'acqua mo stutà.
DON CHISCIOTTE
Basta: basta. Schiavo: schiavo...
DUCHESSA
Temeraria, porgi qua.
(toglie bacile, e bocale, come sopra)
Belle dita ritondette,
siete voi quelle saette,
per cui fiero Amor se n' va.
DON CHISCIOTTE
Non la sento: non la sento...
CONTESSA
Ma Duchessa... porgi qua.
(fa il medesimo)
Cara man, cui dà valore
Marte in guerra, in pace Amore,
chi resister ti potrà?
DON CHISCIOTTE
Che cimento: che cimento!
Ma non creder, Dulcinea,
ch'io cangiar potessi idea:
tua fu l'alma, e tua sarà.
GALAFRONE
(da sopra l'albero)
(Vedi scimia scostumata
vedi l'aria, che si dà.)
PLATONE
(come sopra)
(Mo le mengo na vrecciata,
e l'agghiusto comme va.)
CARMOSINA E CARDOLELLA
(Chi sta gatta scortecata,
chi sta smorfia vò comprà.)
DUCHESSA E CONTESSA
(Se continua la giornata
lieta assai per noi sarà.)
(nel tempo che gli altri cantano, Sancio siede a tavola, e mangia)
SANCIO
Signori miei, mi onorino:
si servino: si prendino
un bocconcin con me.
CARMOSINA E CARDOLELLA
Buonprò: sì masto allopate.
DUCHESSA E CONTESSA
Evviva, evviva Sancio.
DON CHISCIOTTE
Evviva il bestialissimo
scudiero incivilissimo.
SANCIO
Cos'è? cos'è di grazia?
I piatti si raffreddono:
i vini si riscaldono,
ed io l'errata corrigo
facevo, che cos'è?
DON CHISCIOTTE
(discaccia Sancio da tavola, che mortificato si ritira da parte)
Fuggi da qui: dileguati.
CONTESSA
(a don Chisciotte)
Si accosti lei: si accomodi
DON CHISCIOTTE
(corre precipitoso a tavola, e siede)
Precipitevolissimo
a' cenni suoi precipito.
CONTESSA
La zuppa è di suo genio?
DON CHISCIOTTE
Per lei come una pillola,
con tutti i peli un asino
anche m'inghiottirò.
(mangia divorando)
CARMOSINA
Carosa me, che mazzeco.
CARDOLELLA
N'è chioppeta, è ddelluvio.
PLATONE
(dall'albero)
Sì co'...
GALAFRONE
Cos'è?
PLATONE
Llà ccardano...
scennimmo si o nò?
GALAFRONE
Non è prudenza, ohibò.
(l'è portato da bere)
CONTESSA
Da bere; che al suo merito
un brindisi farò.
Bacco dell'Indie ~ gran domator,
colma quest'anima ~ del tuo furor:
e a dir le glorie ~ del cavalier,
Bacco nasconditi ~ nel mio bicchier.
Viva il turibolo ~ della beltà:
che viva l'Ercole ~ di questa età.
TUTTI
Evviva l'Ercole di questa età.
PLATONE
(dall'albero)
(Don Carrafone sientela.)
GALAFRONE
(dall'altro albero)
(Prudenza: non parlar.)
CARMOSINA
Signora, collecenzia:
ca nuje porzì no brinnese
volimmo arremmendià.
(si prende un bicchiere di vino)
Bell'aroe, che abbatti, e binci
del mantracchio i semidei,
e di cori quinci, e linci
ne fai chillete, e trofei:
senta ella un quanco a mme:
muccios annos viva oste'.
TUTTI
Muccios annos viva oste'.
PLATONE
(Don Scarrafone sientela.)
GALAFRONE
(Prudenza: non parlar.)
CONTESSA
(a don Chisciotte)
Lei deve corrispondere.
DON CHISCIOTTE
Certissimo: è dover.
Ma piano... mi permetta,
che mezza paroletta
io dica al mio scudier.
Dimmi, tu sai,
se il conte Orlando
mangiasse mai,
pria d'impazzir?
SANCIO
Dirò: chi dice
chi contradice;
ma il come, e quando
non vi so dir.
DON CHISCIOTTE
Amato Panza,
leggi la stanza
centrentadue
nel ventitre.
SANCIO
(caccia l'Ariosto e legge)
Olà: silenzio.
Sentite a me.
«Afflitto, e stanco al fin cade nell'erba,
e fissa gli occhi al cielo, e non fa motto
senza cibo, e dormir così si serba
che il sol esce tre volte, e torna sotto.
Di crescer non cessò la pena acerba,
che fuor del senno al fin l'ebbe ridotto:
il quarto dì da gran furor commosso
e maglie, e piastre si stracciò di dosso.»
DON CHISCIOTTE
Oh caso disperato!
CONTESSA E DUCHESSA
Signor che cosa è stato?
DON CHISCIOTTE
L'ho fatta catterina!
CARDOLELLA E CARMOSINA
Signo', chi te stencina?
DON CHISCIOTTE
Udite, udite caso.
Pria d'impazzire Orlando
tre giorni digiunò.
Io dal demonio invaso
mangiando me ne sto.
PLATONE
Seggia, mmalora seggia
a don Saverio bomma.
DON CHISCIOTTE
(si avvede di Don Platone che sta sull'albero, e tira mano alla spada per ferirlo)
Ah mago traditor...
Mori malvagio...
PLATONE
(calando per fuggire)
Chiano...
tenitele le mmano.
Lassateme scappa'.
GALAFRONE
(dall'altro albero)
L'hai fatta la frittata.
DON CHISCIOTTE
Un altro incantator!...
Sancio, tu prendi questo...
SANCIO
È lesto...
DON CHISCIOTTE
No: no quello...
SANCIO
È lesto...
DON CHISCIOTTE
No: no... questo...
SANCIO
È lesto...
DON CHISCIOTTE
Quello... quello...
SANCIO
Oh cancaro il cervello.
La testa se ne va.
DON CHISCIOTTE
(a don Galafrone e don Platone)
Quel vostro ardir rubello,
mia vittima sarà.
GALAFRONE E PLATONE
Placatelo, voi belle,
fatelo per pietà
CONTESSA E DUCHESSA
(placando don Chisciotte)
Begli occhi, amate stelle,
non tanta crudeltà.
CARMOSINA E CARDOLELLA
Povere chiancarelle
se so sbotate già.
Stallone dell'osteria, con gran porta chiusa in prospetto.
Don Platone solo, indi don Galafrone, e Ricciardetta.
PLATONE
Porzì con do' 'Nchisciotto?
Bonora sta Contessa
è na cannela, che fa luce a tutte.
Non fa pe mme: che attenna
Carrafone co essa,
ca io mò m'aggramegno la Duchessa.
GALAFRONE
E che voglio crepar? la mia famiglia
non si è lasciata mai dalle contesse
sputare in faccia.
RICCIARDETTA
Ma vi par, signore,
che quella dama possa innamorarsi
di quel pazzo campione?
PLATONE
Oh mio don Carrafone
d'otto a barrile, li son servo.
GALAFRONE
Oh amico:
che si fa? la Contessa è tutta tua...
PLATONE
No gioja: in amplo forno
te ne fo na denuncia.
RICCIARDETTA
Rinuncia in amplo forno? oh questa è bella!
È la Contessa qualche sfogliatella?
PLATONE
Oje scerega caudare,
non ghiammo a coffiare, che te scosso.
GALAFRONE
Non facciamo più scene: lei coltivi
il genio suo, ch'io volgo alla Duchessa...
PLATONE
Chia', ca sgarre a li mise,
la Duchessa mme serve
pe la vecchiaja mia...
GALAFRONE
Oh questa poi...
PLATONE
Do' Carrafo'...
GALAFRONE
No: la Duchessa è mia.
PLATONE
Do' Carrafò, vi' ca te spaglio.
RICCIARDETTA
Ed eccovi
rivali un'altra volta.
GALAFRONE
Che pretenzione! or io
del merto di noi due
voglio, che questa dama alfin decida.
PLATONE
Qua dama?
GALAFRONE
(additando Ricciardetta)
Questa.
PLATONE
Oh lei cum reverenza.
E ben signora dama di taverna,
jodica lei sta posta.
RICCIARDETTA
Volentieri:
ma il mio parer qual sia,
di doverlo soffrir giurate pria.
Per esempio, io son la dama
che una prova da voi brama
di costanza, e fedeltà.
Damerini miei olà.
Chi più l'alma ha per me fida,
per amor, che qui si uccida;
che si strappi il cor dal petto,
e dai cani per l'affetto
se lo faccia divorar.
Ma cos'è? voi vi guardate?
Pover'anime sguajate,
per me intanto, se volete,
vi potete ~ oggi impiccar.
(parte)
Don Platone, Don Galafrone, e poi Cardolella.
GALAFRONE
Sentisti quella bestia?
PLATONE
Chiù d'ossoria l'intesi: or che facimmo?
GALAFRONE
Sta intesa: la Contessa per te resta.
PLATONE
E torna a coppe. Insomma
vuò proprio vede' sango?
GALAFRONE
Sangue? a me sangue? indietro...
(si attaccano)
PLATONE
Arreto, cane...
CARDOLELLA
Ch'è stato? chia'... tenite a buje le mmane.
PLATONE
Tieneme ca le dò...
GALAFRONE
Non lo lasciare,
che l'anima li passo...
CARDOLELLA
Ma ch'avite,
se po' sapere?
PLATONE
E che bo' esse? abbiamo
na rottura amorosa.
GALAFRONE
Dirò: della Duchessa
io son fracido amante, e questo antico
gotico mausoleo vorrebbe farmela.
Ma l'ammazzo por l'arma de Pilado.
PLATONE
E fatte sotta...
GALAFRONE
Indietro vilacchione...
Oh diavolo, tu vedi, che dagli occhi
butto veleno a fiumi, e ti fai sotto!
CARDOLELLA
Ma lassate sta furia: e buje sì conte...
GALAFRONE
Che conte, e conte. Chiamami Caronte.
Nelle mie viscere
ho tuoni, e fulmini,
ho draghi, e vipere
dentro il mio cor.
(Eh Cardolella
non lo lasciare,
che non si appressi,
per carità.
Che avvelenare
con gli occhi stessi,
quell'alma fella,
io posso ancor.)
Ma vieni: accostati:
cavrones, piccaro,
che un drago, un diavolo
vedrai tu qua.
(parte)
Cardolella, e don Platone.
PLATONE
Cardole', se n'è ghiuto?
CARDOLELLA
Gnorsì.
PLATONE
No: vide buono.
CARDOLELLA
Non avite appaura.
PLATONE
A mme paura?
Paura a mme? mmalora io mme lo sorchio
si be' fosse na sarda... aguè... se fosse
nascuosto lo canaglia, e me sentesse?
CARDOLELLA
Ah che decite? Chillo fuje ancora.
Ma comme va la cosa? Ussia n'amava
la sia Contessa? e mo?
PLATONE
E mo sbotò, e la Duchessa amò.
Anzi io so, che tu sei,
sua confidente, si na pastorella
nce vuò spenne pe me...
CARDOLELLA
Pe cchesto ntanto
scusateme, segnò...
PLATONE
Pecché.
CARDOLELLA
Lo munno...
Non sapite... che faccio...
Avesse da passare per pagliaccio.
PLATONE
Oh che rresia! Tu sei un matarazzo
di lana tunnesina,
che ba' ciento ducate la decina.
Questa è na cosa... e po… te: vi' l'argiamma
(mostra la borsa col denaro)
tu te la magne di mme guarda mamma.
CARDOLELLA
(Nc'è aruta: mo te servo.)
Sentite: io ve derria na certa cosa,
che passa 'ntra me, e essa,
ma non borria...
PLATONE
Oh cattera! mi burli?
Parla parla.
CARDOLELLA
Mo nnante jea dicenno,
e parlava de vuje,
ahi crudo, e niente cotto... e deggio, o dèi
morir vedola, e sterpa? ma non puozzo
direve chiù de chesto.
PLATONE
No: parla, parla, refriggerio mio.
Te piglia...
(le dà denaro)
CARDOLELLA
Maramé, peglia' denaro
da le mmano de n'ommo?
PLATONE
E che i denari mascoli han la rogna?
Te' mo.
CARDOLELLA
C'aggio da fa'... Vi' che bregogna!
(si prende il denaro)
PLATONE
Ca te passa, n'è niente.
CARDOLELLA
Accossì spero.
PLATONE
Ora va' secotanno il tu racconto.
CARDOLELLA
Comme passa la cosa io mo ve conto.
Son morta: speduta,
deceva llà dinto,
deh mio cuccopinto,
non farmi speri'.
Signo', piglia aruta
(cerca denaro)
ch'è bello a senti'.
Po disse: cotella
vocchella addorosa
quest'arma feri'.
Refunne chiù ddosa
(come sopra)
pe n'anno aje d'asci'.
La vorza è scosuta
(don Platone le mostra la borsa vuotata)
fenuta è l'argiamma?
Chi è? chi mme chiamma?
Mo vengo... bongiorno:
mo torno a beni'.
(parte)
Don Platone, e poi la Contessa, e Carmosina.
PLATONE
Cancaro, mi lasciò, come una 'nnoglia!
E mo che faccio?
CARMOSINA
(additando Don Platone alla Contessa)
E beccotillo: abbuje.
Mo è tiempo de terarelo,
a chello, che ve serve.
CONTESSA
(Lascia operare a me.) Serva umilissima
caro mio don Platone.
PLATONE
Oh! mi sprofondo.
CARMOSINA
Belle parole! caro mio Plutone.
PLATONE
So belle? ma non coglie.
Quel «caro mio» è faudatura. Asciuoglie.
CARMOSINA
Vuje che decite?
PLATONE
Basta.
Altri tempi, altre curie.
CONTESSA
Cavalier, che cos'è? Poco mi degni
del piacer de' tuoi sguardi?
PLATONE
Passò quel tempo Inea,
che Titta a lei pensò. Gran Matastasio.
CONTESSA
Lo dissi, Carmosina, ch'io non era
degna dell'amor suo. Son disperata!
(finge di piangere)
CARMOSINA
Che ve pare? va buono? anema sgrata!
PLATONE
Tu auto, che te frusce, ed io l'ho bista
con queste proprie orecchie far le zeze
co do' Nchisciotto: e che mmalora st'occhi,
fosser'occhi di masaro?
CARMOSINA
Janca me che terrore!
CONTESSA
E creder puoi,
che alle stranezze di quel matto io voglia
posporre un nume, che in te l'alma adora?
PLATONE
Per verità questo io diceva ancora.
Mmalora io tengo specchio, e vedo bene.
La differenza...
CONTESSA
Or via:
per meglio assicurarti di quel conto,
ch'io so di don Chisciotte, mia speranza,
io ti prego di fare,
quanto da Carmosina ti vien detto,
e allor vedrai, se per te serbo affetto.
PLATONE
Quann'è così: commanna,
che anco, se vuoi, al pede
ti porto strascinati per il naso
l'etiope arrusto, e il gelido caucàso.
CONTESSA
Evviva.
CARMOSINA
Accossì ha d'essere
lo 'nammorato ricco, bello, e guappo.
PLATONE
(Don Garrafone, levate sto tappo.)
La Duchessa, don Galafrone, e detti.
DUCHESSA
No: perdonami conte: io fui amica,
prima d'essere amante. La Contessa
si dichiarò per te: d'una rapina
io la taccia non bramo.
Sia pur tua la Contessa: io più non t'amo.
GALAFRONE
Ed io potrei...
CONTESSA
No, amica, esser non voglio
tiranna del tuo genio. In sacrificio
sull'ara di amistate
vittima il cor distendo:
ti cedo il conte, e a don Platone mi rendo.
PLATONE
Amico aguanta.
CARMOSINA
Oh secolo felice,
che bbanno comm'allesse
li don Chisciotte, e le don Chisciottesse.
GALAFRONE
Ed io frattanto nella vostra gara
di stitica virtute,
che far dovrò?
PLATONE
Potrai la nobil fronte
tozza' 'nfaccia a na vreccia, amato conte.
GALAFRONE
Ma questo è troppo...
(va per tirar fuori la spada)
PLATONE
Oje, non sceppa' lo chirchio, ca te sbatto
'nfaccia la sia Duchessa,
con pemissione della dama istessa.
CONTESSA
Olà: riguardo.
PLATONE
Io mi cagliò.
GALAFRONE
Non parlo.
CONTESSA
(Amica, io vado a prepararmi.)
DUCHESSA
(Ed io
terrò qui a bada il cavaliere errante.)
CONTESSA
Don Platon, vieni meco.
PLATONE
Vengo, se ben sapessi
di tornarmene arreto a quattro piede.
(parte la Contessa, e don Platone)
GALAFRONE
Ah, ch'io crepo.
CARMOSINA
Signo', viene co mmico:
fa chello ch'io te dico, e ccà stongh'io.
GALAFRONE
Vengo, e tutto farò. Tiranna, addio.
(parte Carmosina, e don Galafrone)
La Duchessa, e poi Cardolella.
DUCHESSA
Non credo, che vi sia maggior diletto,
che vedere un amante
piangere, e sospirar.
CARDOLELLA
Signora, allerta:
mo vene don 'Nchisciotto, e Sancio Panza.
Che d'è? state redenno? ancora avite
da vede' la commeddia, e buje redite?
DUCHESSA
Io rido alle pazzie
del conte, e di Platone. Poveretti
mi fan pietà.
CARDOLELLA
Pietà de cuccodrillo,
che primmo accide l'ommo, e po lo chiagne.
DUCHESSA
No: spiegamoci bene. A me non fanno
pietà gli affanni loro, ma sibbene
la loro dabbenaggine, credendo,
ch'io possa aver pietà di un mesto core,
che spasima d'amore.
CARDOLELLA
Addonca vuje non site
capace de 'nccappa'?
DUCHESSA
Mi salvi il cielo
da sì fatta pazzia. L'avere intorno
una turba di amanti, è ver, mi piace;
ma d'averne pietà non son capace.
DUCHESSA
Sai che scene, sai che spasso
è il veder, quei tanti amanti,
spasimare,
delirare,
domandarti ognor pietà.
CARDOLELLA
Ora vide! ed io vorria
tutti quanti conzola'.
DUCHESSA
Male: male. Un cor di sasso
s'ha d'aver tra i mesti pianti.
La bellezza,
che disprezza,
più magnifica si fa.
CARDOLELLA
E io le belle mannaria,
si foss'ommo a fa squarta'.
Don Chisciotte, Sancio, e dette.
DUCHESSA
Cavalier, che cos'è? Torbido in volto
perché tanto ne vai?
DON CHISCIOTTE
Eh mia Duchessa,
studio, come impazzir.
SANCIO
Ma voi, signore,
ricordar vi dovreste, che promessa
un'isola mi avete
da governare a mia disposizione,
e se voi impazzite,
l'isola quando vien? l'anno del trecche?
CARDOLELLA
Quando chiovono passe, e ficosecche.
DUCHESSA
Sancio, ascolta. A riguardo
del tuo signor, ch'è di gran merto raro,
di un'isola vacante, che mi trovo,
governatore adesso io ti dichiaro.
DON CHISCIOTTE
Inginocchiati, Sancio, e un complimento
falle, in tuon di oratore.
Pensa, che alfin tu sei governatore.
SANCIO
Mia signora Duchessa, si suol dire,
ha bene, chi fa bene. Se m'intendi,
trovi, che ho detto tanto, che ne avvanza
e mi confermo, ut supra. Sancio Panza.
DUCHESSA
Evviva Sancio, evviva.
CARDOLELLA
Chi è? Chi è? mo scassano la porta.
DUCHESSA
(Ora incomincia il bello.)
Che mai sarà?
SANCIO
Signore...
DON CHISCIOTTE
Eh via coraggio.
Non v'è di che temer, se avete avanti
il primo fior de' cavalieri erranti.
Si apre la gran porta in prospetto, e si scopre veduta di bosco infiammato.
Don Galafrone in abito di satiro, e detti.
CARDOLELLA
Mamma mia...
DUCHESSA
Brutto ceffo!
SANCIO
Ohimè padrone...
DON CHISCIOTTE
È cosa brutta veramente... Olà:
chi sei? che vuoi da qua?
GALAFRONE
Melissa maga, di cui son figliastro,
dalle cimmerie grotte
qui mi manda a cercar di don Chisciotte.
SANCIO
(Ah maledetti incanti!)
DUCHESSA
(Don Galafron si disimpegna bene.)
GALAFRONE
Dov'è questo guerrier?
SANCIO
Diavolo occecalo.
Sei diavolo, e nemmeno da te stesso
ravvisar tu lo sai.
DON CHISCIOTTE
Sancio, creanza!
Che i demoni alla fin son galantuomini,
e vivono del loro. Lei perdoni,
signor ministro tenebroso, i scherzi
del rozzo scudier mio.
Lei dica pur, che il cavalier son io.
GALAFRONE
Melissa a te mi manda, eroe terribile:
vuol, che qui tu l'attenda, che sollecita
or or verrà con Dulcinea bellissima,
che fu cangiata in villanaccia rustica
la qual, solo a riguardo de' tuoi meriti,
vuol ritornare nella forma pristina.
Signor, non ti confondere.
E dimmi presto quel, che ho da rispondere.
DON CHISCIOTTE
Mio signor don demonio,
donna Melissa da mia parte ossequia,
e dille in nome mio, che fermo, e immobile
io qui l'attendo, come una piramide.
E se fia d'uopo al disincando l'opera
del braccio mio, che scelga o spada, o lancia,
ch'io sono don Chisciotte della Mancia.
Dille, che qui l'attendo:
dille, che venga, e dille,
che più di don Achille
tremendo
mi vedrà.
Ma poi rivolgiti
al mio bel nume:
dille, che versano
questi occhi un fiume:
che mesta l'anima
pensando sta.
(parte don Galafrone per il portone)
SANCIO
(Ora vedete caso: io per salvarmi
dissi, che Dulcinea
era stata in villana trasformata,
e trovo la bugia verificata.)
DUCHESSA
(Va ben la cosa.)
CARDOLELLA
(E meglio
sarrà lo riesto.)
Don Galafrone, che ritorna, e poco dopo vengono sopra un carro tirato da Satiri la Contessa da maga, e Carmosina da Dulcinea in abito reale, precedute da soave sinfonia, ed il bosco comparisce tutto infiammato, e detti.
GALAFRONE
(a don Chisciotte)
Ecco Melissa, e seco
è la tua vaga stella.
DON CHISCIOTTE
Inginocchiati Sancio. Ah com'è bella!
CONTESSA E CARMOSINA
Vaghe aurette lusinghiere
vi conosco al grato odor.
Qui respira il cavaliere:
qui sospira per amor.
CONTESSA
Dall'antica, e sepolta
memorabile grotta di Merlino,
a te famoso cavalier dolente
mi porta la pietà. Questa è colei,
che di regina diventò villana.
Perché si disincanti
qui la condussi; ma i superni fati,
c'hanno di lei pensiero,
ne destinar l'impresa al tuo scudiero.
SANCIO
Questa sarebbe bella. Come a dire?
DON CHISCIOTTE
Sancio, felice te! Sentiamo il modo.
CONTESSA
Quand'egli si avrà date
tre mila, e cinquecento bastonate,
nella primiera pelle
ritornerà la bella delle belle.
SANCIO
A me? eh lei mi burla.
DON CHISCIOTTE
Presto presto flagellati.
SANCIO
Burlate.
Tremila, e cinque cento bastonate?
DON CHISCIOTTE
Te l'hai da dar se fosser cento mila.
Eh via, son bagatelle: bagatelle.
Se le dà, se le dà. Ma Dulcinea,
perché nulla mi dice?
CONTESSA
A tuo riguardo l'incantata lingua
le snoderò. Favella.
CARMOSINA
Mia plenilunia stella:
idolo mio celeste,
anzi torchino carrico: mio caro,
don Chisciotte tiranno:
tu, non sia mai, mi uccidi, oh dèi, che affanno!
DON CHISCIOTTE
Ah basta... ba... melliflua Dulcinea...
mi sento venir meno...
CARMOSINA
E tu, scudiero amato,
ti darrai le conesse?
DON CHISCIOTTE
Oh... chi ne dubita...
SANCIO
Ne dubito ben' io.
DON CHISCIOTTE
Come? che sento!
SANCIO
Io so, che son tremila e cinquecento.
DON CHISCIOTTE
Eh via: son bagatelle bagatelle.
Sì: se le dà, e tutte alla tedesca.
CARMOSINA
Grazie Sancio pietoso.
SANCIO
(Sì: stai fresca.)
Don Platone ammantato da principessa, con seguito di Matrone, e detti.
PLATONE
Potentissimo eroe, d'una infelice
co le nudriccie sue pietà ti mova.
DON CHISCIOTTE
Vedi nova ventura!
Ne parleremo poi. Sancio diletto,
flagellati...
CARMOSINA
Mio ben, senti cotella.
DON CHISCIOTTE
Parla, signora incognita.
PLATONE
Dolorida mi chiamo, e son contessa
nel regno di Candaja...
DON CHISCIOTTE
(a Sancio)
Non son che trentacinque centinaia.
SANCIO
Non più? oh bagatelle.
PLATONE
Non ti dico i miei casi,
che son casi di quaglio,
e se ne faciarebbero no tomo,
chiù grosso d'osseria. Solo vi dico,
che Malambruno mago, per dispetto
'ncoppa a ste faccie nostre, che parevano
tre sciurille de marva,
'nc'ave fatto spuntà tanto de varva.
Vedite, che spettacolo.
(si smanta Don Platone, colle sue matrone, e mostrano i loro volti coperti di lunghe barbe)
DON CHISCIOTTE
E che vuol, che io la tosi?
PLATONE
Nanì monzù. Ma Malambruno ha detto,
che bolanno pe ll'aria do' Chisciotto,
se và, e torna in un giorno
dal regno di Candaja, noi da brutte
ci farem belle, spellecchiando tutte.
CARMOSINA
Mio ben, l'impegno è tuo: que' peli scrasta.
DON CHISCIOTTE
Dulcinea lo comanda, e tanto basta.
PLATONE
Pietoso mio campione,
tu da sti peli sarva
la vaga mia beltà.
(Oh cancaro! la varva
mo se ne cade sà.)
Oh dèi! che soggezzione!
Signo', non me guarda'.
(ai suoi compagni)
(Mmalora priesto attacca.
Si chisto se n'addona,
a tutte tre 'nce sciacca:
'nce sona ~ comme va.)
CARMOSINA
E ben: idolo mio, la 'mpresa aguanta:
spenna ste principesse, e Sancio poi
farrà pe me lo riesto.
SANCIO
(Farò per te un malanno.)
DON CHISCIOTTE
Ma come andrò per aria? E dove trovo
l'Ippogrifo d'Astolfo?
CONTESSA
Non temere:
è qui Melissa: olà: venga un destriere.
(si trasforma il carro, e diventa un cavallo di legno)
DON CHISCIOTTE
Sancio, vedi portento!
SANCIO
Io penso alle tremila e cinquecento.
CONTESSA
Or Clavilegno ascendi,
e in groppa teco il tuo scudier ti prendi.
SANCIO
Oh per me: buon viaggio
DON CHISCIOTTE
Sancio governator, vieni: coraggio.
SANCIO
Ah maledetti incanti!
CONTESSA
Ma bendarsi convien, che l'occhio frale
nella region del foco
perduto resteria.
DON CHISCIOTTE
Come ti piace.
SANCIO
Ancor questo di più?
GALAFRONE
Sono a servirli.
(benda don Chisciotte e Sancio)
CARDOLELLA
(Poveri scoppettiate.)
DON CHISCIOTTE
E lascio Dulcinea!
CARMOSINA
Mio cannamele,
no, non mi lasci. A volo
'ncopp'acqua, e 'ncoppa viento
ti seguirò chiù llà de Beneviento.
CONTESSA
Sempre a fianco ci avrete, anime grandi.
GALAFRONE
Mio campion, mo che voli,
vide, che non mestisse a qualche stella,
e t'avisse da rompe la nocella.
DON CHISCIOTTE
Seguimi, amata Dulcinea. Addio
mia signora Duchessa.
(monta sul cavallo di legno)
DUCHESSA
Giove ti regga in cielo.
Addio, governatore.
SANCIO
Mia signora Duchessa, servitore.
(Sancio monta in groppa, e tutti si ritirano tra le scene a vista fuor, che la Contessa, e Carmosina)
DON CHISCIOTTE
Sancio caro, fermo in groppa,
che il cavallo assai galoppa.
SANCIO
Signorsì, galoppa assai,
e se inciampa son guai.
CONTESSA
(a Sancio)
Non temer, che qui son io.
CARMOSINA
Io sto ccà bell'idol mio.
DON CHISCIOTTE
Bella bocca!
SANCIO
Bella cacca.
TUTTI
(Bella scena in verità!)
(vengono diversi con manticetti, e fanno vento a don Chisciotte, e a Sancio)
SANCIO
Uh che freddo... uh che vento,
DON CHISCIOTTE
Certo, certo: anch'io lo sento.
CONTESSA
La region dell'aria è questa.
CARMOSINA
Ccà se forma la tempesta.
CONTESSA
Alza i piedi...
CARMOSINA
Cala il capo...
SANCIO
Mamma mia...
DON CHISCIOTTE
Dove si sta?
CONTESSA
Un torrente tu varcasti.
CARMOSINA
Sotto un frugolo passasti.
DON CHISCIOTTE
Bella voce!
SANCIO
Bel malanno!
TUTTI
(Bella scena in verità!)
(li sudetti lasciano li manicotti, ed accostano vicino a don Chisciotte, e Sancio molte fiaccole accese)
SANCIO
Uh che caldo! uh che caldo!
DON CHISCIOTTE
Sancio amico, saldo, saldo.
CONTESSA
Siam del foco nella sfera.
CARMOSINA
Qui cocina Amor la fera.
DON CHISCIOTTE
Voce cara!
SANCIO
Voce corno.
CONTESSA
Alza i piedi...
CARMOSINA
Cala il capo...
SANCIO
Oh malora!
DON CHISCIOTTE
Sancio, olà.
CONTESSA E CARMOSINA
Quai pericoli infiammanti!
Qual destin vinceste qua!
DON CHISCIOTTE
Quanto costano gl'incanti!
Quanto costa una beltà!
SANCIO
Maledetti sian gl'erranti,
e con loro chi ci va.
TUTTI
(Bella scena in verità!)
CONTESSA
Ferma: smontate eroi, né vi sbendate;
se la vita vi è cara.
DON CHISCIOTTE
Dunque...
CONTESSA
Tacete, fin che qui riposo
dell'alato destrier abbian le penne.
CARMOSINA
Lassammole ccà miezo, e ghiammoncenne.
(portano dentro il cavallo, e si ritirano)
Don Chisciotte, e Sancio bendati.
SANCIO
Vedi, fortuna bestia,
dove mi fai trovar!
(prende la mano di Sancio, credendo, che sia la mano di Dulcinea)
DON CHISCIOTTE
Candida mano
dell'idol mio ti stringo al sen...
SANCIO
Pia'... piano...
DON CHISCIOTTE
Che morbidezza!
SANCIO
Oh diavolo! ogni callo
è un'ostrica di Taranto.
DON CHISCIOTTE
Cospetto!
Che presi la tua mano?
SANCIO
Se vi pare.
DON CHISCIOTTE
Equivoco innocente.
SANCIO
Or io voglio vedere il fatto mio.
DON CHISCIOTTE
Che fai?
SANCIO
Voglio sbendarmi.
DON CHISCIOTTE
Sancio imprudente, ah non lo far...
SANCIO
(si sbenda)
Padrone,
noi siam dentro il solito stallone.
DON CHISCIOTTE
Stellon vuoi dir, cioè una stella grande.
SANCIO
È stalla, stalla...
DON CHISCIOTTE
Intendo.
È una stalla in una stella. Eh dimmi,
l'idolo mio che fa? forse riposa?
SANCIO
Signorsì, sopra un letto
tutto d'oro potabile.
(Tu 'l vuoi, ed io ti meno all'incurabile.)
DON CHISCIOTTE
Guidami a lei; ma cheto, che non voglio
destar la bella mia.
(Sancio accompagna Don Chisciotte bendato, e lo fa girare per la scena)
SANCIO
Prudentemente: venga ussignoria.
Venga pur, ma zitto zitto,
sulla punta del suo piè:
ch'io lo porto dritto dritto
dove dorme il caro ben.
La vedrete sopra un letto,
che non l'ha nemmeno un re,
e alternando il fiato in petto,
or abbassa, or alza il sen.
E le mosche discacciando
le va intanto il dio d'amor.
(Tu lo vuoi, ed io d'Orlando
ti farò più matto ancor.)
(Sancio porta seco Don Chisciotte)
Campagna, nella quale sono diversi molini a vento.
La Contessa, e Carmosina ne' loro propri abiti.
CONTESSA
Non si poteva far scena più bella.
CARMOSINA
Or io non saccio comme
non so schiattata ancora pe lo riso.
Ma jateme dicenno, a che ve serve
sto calamaro, che ve porto appriesso?
CONTESSA
Per far dopo una scena un'altra scena
con que' poveri sciocchi innamorati.
CARMOSINA
Zi'... zitto ca mo vene
da llà don Carrafone.
CONTESSA
E in tempo da qua viene don Platone.
Porgimi qui da scrivere; e talora
domandami, che fo.
CARMOSINA
Ve sto servenndo.
(la Contessa siede sopra un sasso, e scrive)
Don Galafrone da una parte, don Platone da altra, e dette.
GALAFRONE
(Ecco il mio ben... Oh cattera il rivale!)
(si ritira in disparte)
PLATONE
(La siè Contessa... Oh dia'... 'nc'è st'animale.)
(si ritira anche lui in disparte)
CONTESSA
(Che fanno?)
CARMOSINA
(Campaneano. Nè signora,
a chi screvite?
CONTESSA
Io voglio,
al mio bene adorato
confirmar l'amor mio con questo foglio.
PLATONE
(Scrive a me.)
GALAFRONE
(Scrive a me. Gran Carmosina!)
PLATONE
(a don Galafrone)
Nè, nè; tu che faje lloco?
GALAFRONE
Meschin, di te mi sto prendendo gioco.
CONTESSA
(Che fanno?)
CARMOSINA
(Se bottizzano.)
CONTESSA
Idolo del mio cor...
(legge, e poi lacera la carta, e la butta a terra, e scrive di nuovo)
no, non mi piace,
principio basso.
PLATONE
(Voglio aggramignarmi
quelle amorose refole di carta.)
GALAFRONE
(Vo di quel foglio prendermi gli avanzi.)
(si accostano ambedue per radunare quelli avanzi di carta, ma li prende don Galafrone)
PLATONE
Lassa ccà.
GALAFRONE
Lascia tu.
PLATONE
Oje non bottare,
ca te scafuto n'uocchio.
GALAFRONE
E ardisci ancora...
PLATONE
'Nzomma ne vuò? ora mannaggia ll'ora.
(si attaccano a pugni, e don Galafrone va sotto)
CARMOSINA
Maramé, che facite?
CONTESSA
Olà: che ardire?
PLATONE
E se mi ha rotto il taso. Ussia si accide
a scriverme d'amore, e bò don cuorno
de filo le retaglie.
GALAFRONE
Pierro, scriveva a me, né tu potevi
quelle carti toccar.
CONTESSA
Voi vi sognate.
Io scriveva d'amore, è ver: no 'l niego,
ma scriveva d'amore a Don Chisciotte.
GALAFRONE
Amico!
PLATONE
Cammarata, bonanotte.
GALAFRONE
E l'amor mio!
PLATONE
E il mio?
CONTESSA
Ah s'è pur vero,
che mi amate, correte, e l'idol mio
subito a me recate.
PLATONE
Oh bona!
GALAFRONE
Oh bravo!
CARMOSINA
(Chest'asciuta mo sì, ca va no schiavo.)
CONTESSA
S'è ver, che voi mi amate:
se vi riscalda amor,
l'idolo mio cercate,
portatelo da me.
Ditegli, che penando,
piangendo sin... ghioz… zando,
l'attende questo cor.
Che il mio tiranno
affanno
credibile non è.
Ma basta... presto... andate:
l'idolo mio cercate.
Portatelo da me.
(parte)
Don Platone, Don Galafrone, e Carmosina.
PLATONE
Che mannaggia chill'uorto addove nasceno
ste cepolle canine.
CARMOSINA
Maramé poverella,
che brutto tratto!
PLATONE
Tratto! è strappannata
de corda quam cataverus. Mmalora,
otra che 'nc'ha schiaffata
na meuza 'nfaccia, vo', che ghiammo pure
a sa recrute p'essa.
CARMOSINA
Non chiù, non chiù, ca 'mpietto
l'arma me sento spartere. Ma vuje,
vuje site chille, che v'avite fatto
tutto lo mmale.
PLATONE
Comm'addì?
CARMOSINA
Si tanto
ammore no l'avissevo mostato,
chesto mo non sarria.
GALAFRONE
Così è.
PLATONE
Dici ben.
CARMOSINA
Nuj'aute femmene
volimm'essere accise. Avimmo n'arma
de stocco 'nzanetà. Che non facimmo
pe 'ncappa' n'ommo, e quanno l'ommo 'ncappa,
po le facimmo roseca' la mappa.
Non c'è, che dicere: capacetateve:
quann'arreducere se vo na femmena,
non haje de farele squasille, e bruocole,
ca tanno 'ntruoccolo la vide mettere:
tanno te 'ntosseca: te fa schiatta'.
Accossì simmo ~ non c'è remmedio.
'Nce lo decimmo da nuje mmedesime:
chi 'nce vol'ummele, nce vo fa arrennere,
despiette, e strazie 'nce deve fa.
(parte)
Don Platone, e don Galafrone; indi la Duchessa, Cardolella, e Don Chisciotte, che fan corteggio a Sancio, vestito da governatore, e portato sopra una sediola di paglia con due stanghe, e finalmente la Contessa, e Carmosina.
PLATONE
Orzù, amico facimmo
mazza franca 'nfra nuje. Mostrammo un poco
d'aria co sta schifogna.
GALAFRONE
Dici ben: disprezzarla alfin bisogna.
SANCIO
Ferma: ferma. Ma basta:
restate qui, che alfine
tra le duchesse, e noi governatori
non ci vogliono tanti complimenti.
DUCHESSA
Scusi. Questi miei passi
di un preciso dover sono argomenti.
SANCIO
Non lo permetterò...
DON CHISCIOTTE
Governatore,
lascia, ch'io parli. Mia Duchessa, ascolta.
Smontando io da cavallo,
Doloride barbuta
si sbarbizzò, come dicesti, e sparve.
Sparve quindi Melissa, e Dulcinea
sul dorso d'Ippogrifo, ed attendendo
stan le botte di Sancio. Alla grand'opra
vedi bene, s'io deggio
sollecitar costui.
Dunque tu resta. Io partirò con lui.
SANCIO
Ma perché quest'incomodo? Vi ho detto,
che nell'ore del caldo
salderò la partita, e ve la saldo.
DON CHISCIOTTE
No, no: voglio venir. Duchessa addio.
PLATONE
(Noce de cuollo.)
DUCHESSA
(a Don Chisciotte con tenerezza)
Ingrato:
e abbandonar mi vuoi?
DON CHISCIOTTE
Che ci ho da far? avanti, Sancio, avanti.
SANCIO
(alli sediari)
Avanti: camminate.
DUCHESSA
Io muoio...
(finge di svenire)
CARDOLELLA
(soccorrendo la Duchessa)
Fremma.
Fremma...
CONTESSA
(a Don Chisciotte che sta per partire)
Ove andate?
PLATONE
(Mo simmo tutte.)
DON CHISCIOTTE
Io vado,
ove il dover per Dulcinea mi porta.
Cammina Sancio...
CONTESSA
Ah ferma... Ohimè son morta.
(finge di svenire anch'essa)
CARMOSINA
Ferma, fedele schiavo... Bene mio,
comme s'è fatta fredda.
CARDOLELLA
Ah nescia mene, e chesta
comme s'è fatta cauda!
PLATONE
(Vi', c'aggio de vedè!)
GALAFRONE
(Son chiodi, amico!)
CARMOSINA
(a Don Chisciotte)
Venite ccà: vedite comme tremma.
CARDOLELLA
(allo stesso)
Venite ccà: vedite comme suda.
SANCIO
Che facciamo signor?
DON CHISCIOTTE
Poter del mondo!
Tra quel freddo, e quel caldo io mi confondo!
CONTESSA
Son viva? che pene!
Son morta? che affanno!
E può quel tiranno
lasciarmi così?
CARMOSINA
Che chianto... mme... vene,
'mmederla pati'.
DUCHESSA
(a Cardolella)
Partì quell'ingrato?
CARMOSINA
Gnernò: s'è restato.
CARMOSINA E CARDOLELLA
(a don Chisciotte)
E fatte ccà 'nnante:
che cano che ssì.
DON CHISCIOTTE
(Mia gran Dulcinea,
superna mia dèa,
tu scorgi il mio piè.)
Contessa...
Duchessa...
(consolando la Contessa, e la Duchessa)
Coraggio: cos'è?
CONTESSA
Non partir, bell'idol mio...
DUCHESSA
Non partir, mio bene, oh dio...
DON CHISCIOTTE
Basta basta...
SANCIO
Che facciamo?
DON CHISCIOTTE
Tira avanti: tira avanti...
(li sediari si avviano con Sancio)
DUCHESSA E CONTESSA
Ahi che moro!
(tornano a svenire)
CARMOSINA E CARDOLELLA
Fremma fremma.
SANCIO
Che facciamo?
DON CHISCIOTTE
Torna indietro...
(tornano indietro li sediari con Sancio)
CONTESSA
Mia speranza...
DUCHESSA
Mio tesoro...
DON CHISCIOTTE
Tira avanti...
(partono di nuovo li sediari)
DUCHESSA E CONTESSA
Moro... Moro...
DON CHISCIOTTE
Torna indietro...
(come sopra)
DUCHESSA E CONTESSA
Caro... Caro...
DON CHISCIOTTE
Tira avanti...
(cadono i sediari e Sancio)
SANCIO
Mamma mia.
Maledetta sempre sia
tanta vostra fedeltà.
DON CHISCIOTTE
Colpa sol la mia pietà.
DUCHESSA E CONTESSA
(Bel piacere in verità.)
GALAFRONE
(Ve' che ghetto qui si fa.)
PLATONE
(Vi' che bernia se fa ccà.)
CARMOSINA E CARDOLELLA
(Uh che risa ah ah ah.)
DON CHISCIOTTE
Or mie signore amabili,
si lascino i misteri:
io parto, e parto tenero
costante al primo amor.
SANCIO
Duchessa stimatissima,
il mio viaggio seguito,
che attendono i miei popoli
il suo governator.
CONTESSA E DUCHESSA
(a Don Chisciotte)
E vuoi lasciarci, o barbaro?
CARMOSINA E CARDOLELLA
E buò lassà doje orfane?
(in questo mentre si muovono le vele del molino a vento, e incominciano a girare)
DON CHISCIOTTE
Tant'è: non v'è rimedio...
mi chiama il primo amor.
CONTESSA
Numi del ciel movetevi.
Venti, procelle, e fulmini,
mori, giganti, e demoni
punite il traditor.
DON CHISCIOTTE
(guardando un molino a vento)
Sancio, che vedo?
Ecco un gigante,
che minacciante
si accosta a me.
SANCIO
Signor dov'è?
DON CHISCIOTTE
Ve': colle braccia,
come minaccia.
(parlando col molino)
Non mi sgomento:
son qui per te.
SANCIO
Che dite! È quello
molino a vento...
DON CHISCIOTTE
Bestia: è gigante...
SANCIO
Oh bella affé!
DON CHISCIOTTE
(alla Contessa, e alla Duchessa)
Bestemmiatrici, v'intese Giove:
ma di valore novelle prove
in questo giorno io vi darò.
SANCIO
Signor, che dite?
DON CHISCIOTTE
Taci arrogante.
Di quel gigante trionferò.
SANCIO
Se ho testa in testa più non lo so.
(parte don Chisciotte, e Sancio per andar contro il molino)
CONTESSA E DUCHESSA
Oh questa sì ch'è bella.
CARMOSINA E CARDOLELLA
Vedite, che cervella...
PLATONE E GALAFRONE
Cervella ah chi nne vò?
CONTESSA
Voi sete qui?
PLATONE E GALAFRONE
Ci siamo...
ed or ne' vostri aspetti
vediamo quei difetti,
che ci parean beltà.
E tubba catatubba
co lo nanianà.
CARMOSINA E CARDOLELLA
(Le smorfie stanno 'ntubba.)
CONTESSA E DUCHESSA
(È spasso in verità.)
(compariscono Don Chisciotte, e Sancio sul ponte, che attacca il molino)
DON CHISCIOTTE
Indietro perfido, gigante orribile:
son qui: difenditi. Ti ammazzerò.
(assalta il molino colla lancia, e questa si spezza)
SANCIO
Uh precipizio... l'armi si spezzano...
DON CHISCIOTTE
A braccia a braccia me la vedrò.
(si attacca a braccia con una vela del molino che se lo porta in aria)
CONTESSA, DUCHESSA E GALAFRONE
Che impresa celebre!
PLATONE, CARMOSINA E CARDOLELLA
Che bello spirito|
SANCIO
Signor fermatevi, che andate in aria.
DON CHISCIOTTE
Aiuto Sancio, che mi precipito.
SANCIO
L'ho detto diavolo... tene'... tenetevi.
(vuol fermare un'altra vela, e questa se lo porta anche in aria)
CONTESSA, DUCHESSA E GALAFRONE
Ohimé, che asini!
PLATONE, CARMOSINA E CARDOLELLA
Vi' che pericolo!
(girano le vele del molino, e girano con loro Don Chisciotte, e Sancio)
SANCIO
Misericordia... Misericordia...
DUCHESSA, CONTESSA E GALAFRONE
(a' molinari)
Olà fermateli...
PLATONE, CARMOSINA E CARDOLELLA
Abbuje sarvatele...
(li molinari fermano le vele e salvano don Chisciotte, e Sancio, li quali passano per il ponte appoggiati da quelli)
CONTESSA, DUCHESSA E GALAFRONE
Ve' se di peggio succeder può.
PLATONE, CARMOSINA E CARDOLELLA
Vi' che traggedia succede mò.
DON CHISCIOTTE
Ah maghi barbari!
SANCIO
Ah Sancio bestia!
DON CHISCIOTTE
Gigante aspettami, che or tornerò.
SANCIO
Mi venga il fistolo, se più verrò.
CONTESSA, DUCHESSA E GALAFRONE
Viva il terribile, che trionfò.
PLATONE, CARMOSINA E CARDOLELLA
Viva l'eroico don Scerniabò.
Stallone dell'osteria.
Don Galafrone, don Platone, e Cardolella.
CARDOLELLA
Gliannola, se de chillo le segnore
fossero veramente 'nnammorate,
ve pare mo, che lo farriano tanto
coffiare da tutte?
E buje non site chille, che mò 'nnante
'nziemme co lloro stesse,
ve l'avite ccà mmiezo pazziato?
GALAFRONE
Amico, sai, che siamo
due asini solenni?
PLATONE
'Nquanto a te lo sapeva:
'nquanto a me poi, mo mme ne sò addonato.
CARDOLELLA
Uh te', che a tiempo a tiempo
veneno le signore a chesta via.
Cercatele perduono
de li despriezze, che l'avite fatte,
e comme buone amice nnammorate,
spartiteve 'nfra vuje le ghiocate.
La Contessa, la Duchessa, Carmosina, e detti.
CONTESSA
No: Carmosina, io non l'avrei creduti
a tal eccesso audaci.
DUCHESSA
Di tanto ardir non li credea capaci.
CARMOSINA
Poverielle, de scusa
a la fine so' digne: e che bonora
dalle e dalle, e che so' de cartapista?
CARDOLELLA
(a don Galafrone e don Platone)
Faciteve mo 'nnanze.
PLATONE
Don Carrafo', che dice?
GALAFRONE
Amico, il mare
è torbidetto...
PLATONE
Signorsì lo vedo.
CARMOSINA
Ma si maje ve cercassero perduono,
che farrissevo allora?
CONTESSA
Io gli darei de' schiaffi.
DUCHESSA
Io gli darei de' calci.
PLATONE
(a Don Galafrone)
E ba' te mmarca.
CARMOSINA
Ora vedite, comme so' le ccose:
vuje parlate de cauce, e de schiaffune,
ed io scommetto, ca si mo chiagnennno
venessero da vuje,
jelarrissevo 'nnanze a tutte duje.
CONTESSA
Forse sì, forse no.
CARDOLELLA
Jate...
PLATONE
E si chelle
non nghielano, e se scarfano,
nuje che pesce pigliammo?
CARDOLELLA
Ah bene mio, e ghiate.
(li spinge)
GALAFRONE
(Andiamo...)
PLATONE
(E ghiammo.)
(si accostano, e s'inginocchiano a fianco della Contessa, e della Duchessa non veduti)
CARMOSINA
Auh, venessero mo sti 'nnammorate.
CARDOLELLA
(accennandoli)
Eccoli ccà pentute, e appassoliate.
CONTESSA
Dove?
DUCHESSA
Come?
(al voltarsi della Contessa e della Duchessa pien di rabbia van per fuggire don Galafrone e don Platone)
PLATONE
Gnernò...
CONTESSA
Pecché fuite?
PLATONE
A mme? Isso fujeva: io l'ho tenuto.
CONTESSA
E ben: voi che bramate?
GALAFRONE
(Lascia parlare a me, che son rettorico.)
PLATONE
Mo parla il mio rettorio.
A tte.
GALAFRONE
Stupende dame, Cardolella
ci ha fatti ravveder del nostro errore:
pentiti siamo, e sospiriamo amore.
PLATONE
Gnorsì, amore, e bogliola.
CONTESSA
Amore? ah scelerato indegno amante.
DUCHESSA
Perfido ingrato core!
CONTESSA
Ah sento, o stelle,
che fida io l'amo ancora.
DUCHESSA
Vorrei sdegnarmi, e invece dello sdegno
ritrovo nel mio core
la tenerezza del mio primo amore.
CARDOLELLA
(a don Galafrone, e don Platone)
Non site chiù fojute?
CARMOSINA
Nè: chille schiaffe, e cauce addò so ghiute?
DUCHESSA
Vorrei sdegnarmi, oh dio!
punirlo, sì, vorrei;
ma tra gli sdegni miei
mi parla la pietà.
Sembra pietà; ma poi
ai dolci moti suoi
sento, che amor si fa.
(via)
Contessa, don Galafrone, don Platone, Carmosina, e Cardolella.
PLATONE
Valle mo appriesso. Curre...
GALAFRONE
A te conviene,
di spiegarti con essa,
ch'io dichiarato son per la Contessa.
PLATONE
Don Carrafo', tu sai, che non mi è ignota
la via del tuo fianchetto.
GALAFRONE
Valga me dios, domani qui ti aspetto.
Don Chisciotte, Sancio da governatore tirandosi appresso per la cavezza l'asino, con sèguito di Domestici della Duchessa, e detti.
DON CHISCIOTTE
Illustre dama...
PLATONE
(Ah veccotillo.)
DON CHISCIOTTE
Sancio,
da te prende congedo.
Io resto ancor, che voglio
del gigante punir l'infame orgoglio.
SANCIO
Cioè guastare un bel molino a vento.
CONTESSA
E così presto il mio signor don Sancio
vorrà lasciarne?
SANCIO
Sì: tu dici bene,
ma pensa un poco a me, che ho sullo stomaco
un'isola, e la devo diggerire.
CONTESSA
Almen pria di partire
un consiglio vorrei.
SANCIO
Parla, ch'io sento.
CONTESSA
Sappia, ch'io son da due soggetti amata
di egual merto tra lor. Di questi io deggio
uno eliggerne al fin. Mi dica come
regolarmi dovrei, che in un di loro
cada la scelta, e non si offenda l'altro.
DON CHISCIOTTE
(Sancio governator, mostrati scaltro.)
SANCIO
(Oh me ne rido.) Ti dirò Contessa:
l'unica, e sola strada, per uscire
da queste angustie tue,
è quella di sposarli tutti e due.
DON CHISCIOTTE
Oh bestia orrenda!
PLATONE
Amico, lo governo
te sta cosuto 'ncuollo a filo doppio.
SANCIO
Che forse no?
PLATONE
Si' capo, e testa insieme,
che formi un capotesta.
DON CHISCIOTTE
Eh mio signore,
Sancio scherzò. Del resto il mio parere,
signora, è questo. Del superbo acquisto
di tua beltà, gli eccelsi innamorati,
che decidan tra loro in giostra armati.
CONTESSA
Savio parer.
GALAFRONE
So' pronto.
PLATONE
Chia' no poco.
Che d'è sta gnosta?
CARMOSINA
Avite da scannarve,
e chi 'nce resta vivo,
se piglia la signora.
GALAFRONE
All'armi: all'armi.
PLATONE
Chia' co' st'arma... oh diavolo!
Mo dico l'arma de li vische tuoje.
CONTESSA
Che? coraggio non hai?
PLATONE
Gnossì: ma dico...
GALAFRONE
Che mai voui dir, poltrone?
All'armi, all'armi.
PLATONE
Vi' la tentazione!
GALAFRONE
Vieni pure in campo armato,
vile amante rinegato,
che a passarti quella pancia,
vado l'armi a preparar.
Poi gittando spada, e lancia
tutto amabile, mio bene,
pregherò, che scenda Imene
le nostr'alme ad annodar.
(parte)
La Contessa, la Duchessa, don Chisciotte, Sancio, Carmosina, e Cardolella.
DON CHISCIOTTE
Bel coraggio! Contessa,
che uomo è quegli?
CONTESSA
È un cavaliere.
DON CHISCIOTTE
Oh bravo!
È cavaliere errante?
CONTESSA
No, mio signore.
DON CHISCIOTTE
Cattera: che peccato!
Ha un'aria di Grifone, e di Rambaldo.
SANCIO
Signor, sarebbe tempo di finirla,
che i popoli mi aspettano.
DON CHISCIOTTE
Mi piace
questo tuo zelo. Vanne.
SANCIO
Contessa, se ti occorre qualche cosa,
io son vivo: lo sai.
CONTESSA
Della sua protezion mi pregio assai.
CARMOSINA
Uh nesciamè: jate a piglià possesso
accavallo a no ciuccio!
CARDOLELLA
Avessero da di' le male lengue,
che ve jate frustanno?
SANCIO
Diranno il tuo malanno.
Io colla sedia m'ebbi
a rompere le gambe, onde sicuro
vo coll'asino mio,
che mi ama, si può dir, come un fratello.
DON CHISCIOTTE
Or vanne, e ti rammento,
che mi hai promesso darti nel governo
mille frustate il giorno.
SANCIO
Non temete:
del disincanto il prezzo
avrà Melissa fra tre giorni, e mezzo.
DON CHISCIOTTE
Vieni tra queste braccia, amico Sancio,
eccoti un bacio in fronte.
(l'abbraccia e bacia)
SANCIO
Anzi sul vostro piè...
(vuol dismontar dall'asino, e don Chisciotte lo trattiene)
DON CHISCIOTTE
Ferma: e nascondi
quel pianto all'amor mio.
SANCIO
Mi sento soffogar... Padrone... addio...
(parte a cavallo dell'asino, accompagnato da' domestici della Contessa)
DON CHISCIOTTE
Or Contessa, si vada,
ove faran veder gli amanti vostri
dell'armi loro il lampo.
CONTESSA
E voi sarete il direttor del campo.
DON CHISCIOTTE
Grazie vi rendo.
CONTESSA
Don Platone, andiamo.
PLATONE
Bè.
CARMOSINA
Ch'avite? Ch'è stato?
PLATONE
Niente.
CARMOSINA
E benite... Uh comme state friddo?
Uh vide vi': comme smerzate l'uocchio.
PLATONE
Tu che malora vuò? S'io mo sconocchio.
Cardolella sola.
Me fa pietà lo scuro.
Or, io non faccio, che bonora aspettano
ste doje sdamme 'nquatriglia,
che non danno le mano a sti sciammuottole.
Addò meglio de chiste,
addò trovà le pponno,
pe farene vennaccia, comme vonno?
Na femmena, che ha rente
no tomo pe mmarito,
se spassa allegramente
le feste a commannà.
E si pe caso
chillo
jesse pe se sceta',
vasta no miezo squaso
pe connola a nennillo,
ca torna a ronfonia'.
Ma no marito gammaro
vo isso connolia'.
(via)
Avanzi rovinosi di un antico anfiteatro con logge supplite di tavole, e adornate di panni.
La Contessa, la Duchessa, e Carmosina.
CARMOSINA
Chisto è lo luoco, c'aggio priesto priesto
fatt'allesti' pe la desfida.
CONTESSA
Or sappi,
amica, che incomincio
a sentir nel mio cuor qualche risalto
per don Platone.
DUCHESSA
Ed io, per dirti il vero,
mi sento un non so che per Galafrone.
CARMOSINA
E bia: pigliateville,
ca 'nfine po so' cavaliere chille.
CONTESSA
Basta: ma dimmi disponesti, come
rimandar don Chisciotte alla sua casa,
per curar la sua testa?
CARMOSINA
È tutto fatto.
Ma Sancio Panza...
CONTESSA
Poco da qui lungi
l'ho fatto preparare un'imboscata
di finti mori, onde il vedrai tra poco
ritornar spaventato in questo loco.
Don Chisciotte col suo cavallo, un Trombetta, e detti.
DON CHISCIOTTE
Magnifiche, e superbe
contrastate beltà, sono i rivali
pronti a pugnar.
CONTESSA
Ch'entrino nell'arena.
DUCHESSA
Che vengan pur.
CARMOSINA
(Vedimmo st'auta scena.)
(la Contessa, la Duchessa e Carmosina vanno sulle logge)
Don Chisciotte, poi la Contessa, la Duchessa, e Carmosina sulle ringhiere, ed indi don Galafrone, e don Platone con lance, e scudi.
DON CHISCIOTTE
Dulcinea mia diletta,
se qui mi vedi misurar degli altri
solo il valor, senza mostrare il mio,
giuro sugli occhi tuoi, che è colpa solo
della tua pudicizia.
Eh diavolo un rivale io qui vorria.
E fosse un Agrican di Tartaria.
CONTESSA
Ove sono gli amanti?
DON CHISCIOTTE
Entrate nell'arena, o nuovi erranti.
Entrate.
(vengono don Galafrone e don Platone)
CARMOSINA
(Uh niscelloro!
Stanno proprio agghiajate.)
DON CHISCIOTTE
Cuore: cuore: cos'è?
PLATONE
(Core sta vraca.
Vi' si vuò no vasetto de torriaca.)
DON CHISCIOTTE
Don Galafron, che avete?
GALAFRONE
Che so: mi sento certi
griccioretti di freddo.
PLATONE
E ba' te corca.
Figlio mio, vuò aspettare
che te spara qua freve.
GALAFRONE
Poltronaccio,
io strapperei il fegato alla morte.
PLATONE
Chi mo? tu? tu mo chiave
de faccia 'nterra, peo de me.
GALAFRONE
Ne menti.
Alla pugna, alla pugna...
PLATONE
Vuò fa a punia?
E so a cavallo...
(butta la lancia, e lo scudo, e si avventa con pugni contro don Galafrone)
GALAFRONE
Cos'è questo?
CONTESSA
Piano...
DON CHISCIOTTE
Olà fermate...
PLATONE
Isso l'ha ditto, ch'io
non aveva sto golio.
GALAFRONE
Mentisce...
DON CHISCIOTTE
(a don Platone che si ripiglia la lancia e lo scudo)
Basta:
contrastate da eroi. Dell'armi vostre
ripigliate l'onor. Corra ciascuno
dell'avversario a trapassare il petto.
Ecco diviso il campo. Io qui mi metto
(monta a cavallo per decidere)
GALAFRONE
Eccomi pronto.
DON CHISCIOTTE
Alò...
PLATONE
Va chia'… va chiano.
Chiano, mmalora scornalo,
mme vuò ceca' quacch'uocchio?
Auza la ponta, e curre.
GALAFRONE
In petto in petto
ci dobbiamo ferir.
PLATONE
Gnosì: ma tiene
auta la ponta tu, ch'io co la mia
me tengo vascio, e attuorno
corrimmo po', pe 'nzì che schiara juorno.
GALAFRONE
(Non dice mal. La vita
perché arrischiar così?)
DON CHISCIOTTE
Che più si aspetta?
GALAFRONE
Io son pronto.
PLATONE
Io son lesto.
DON CHISCIOTTE
Il segno dia la marzial trombetta.
(suona la trombetta, e don Galafrone e don Platone s'incontrano più volte senza offendersi)
PLATONE
Auza...
GALAFRONE
Abbassa.
PLATONE
Auzà chiù...
GALAFRONE
Abbassa più.
DUCHESSA
Ma voi che fate? Oh bella!
CARMOSINA
Pazzeano a commara la setella.
DON CHISCIOTTE
Si trapassano i petti
PLATONE
(Co lo figlio de nufrio.)
CONTESSA
Ah non più basta, basta. Io non mi fido
di vedere tanto sangue.
(si ritira assieme colla Duchessa e Carmosina)
GALAFRONE
Che mi hai ferito?
PLATONE
A mme? Foss'io feruto?
Si è chesto avisamello:
non me tradi': ca mme ne vago 'nzeggia.
GALAFRONE
Non è vero in coscienza,
o almen non ti ho ferito in mia presenza.
La Contessa, che torna in scena, e poi Carmosina di nuovo sulla ringhiera, e detti.
CONTESSA
Don Galafrone, ah corri. La Duchessa
di perderti nel rischio
vuol trapassarsi il core.
Vanne, e l'arresta, o disperata muore.
GALAFRONE
Ah dov'è?
CONTESSA
Su que' sassi io la lasciai.
Vedila là, che piange.
GALAFRONE
Addio Contessa:
perdona, la pietate
mi chiama a consolar la mia Duchessa.
PLATONE
Auh sia Duchessa, e non potive chiagner
mez'ora fa? Che non sarria successa
'nsalute nosta, e bosta
quella tremenda sanguinosa gnosta.
CONTESSA
Quella servì per rendermi più caro
il tuo costante amor.
PLATONE
Donca si' mia?
CONTESSA
Sì tua sarò.
CARMOSINA
E biva! oh che a la fine
s'è pigliato Vajano.
Orzù trasitevenne,
e lassateme ccà co do' 'Nghisciotto
p'aghiustarle la capa, o pe mannarlo
'mpazzia 'ntutto, e pe tutto.
CONTESSA
Andiamo...
PLATONE
Jammoncenne.
CONTESSA
Ma senti pria: quando ti sarò moglie
ve', ch'io da te non voglio soggezione.
PLATONE
Contessa, e che mi hai preso per cafone?
Non mi credea di avere
questo schiaffon da te.
Conosco il mio dovere
conosco la creanza,
e saccio dell'usanza
la regola qual è.
Lei si farà le ssoje,
io mi farò le mmeje:
e senza tanta joje,
io non dò conto a leje,
lei non dà conto a mmè.
(viano)
Carmosina dalla loggia, e Don Chisciotte immobile sul cavallo.
CARMOSINA
(O dorme, o sta pescanno a cannolicchie.
Via dammoce da fare.)
(gridando)
Don Chisciotte,
Don Chisciotto mio bene.
DON CHISCIOTTE
(guardando intorno)
Chi mi chiama? chi cerca in sua difesa
la spada, e il braccio mio?
CARMOSINA
Non mi conosci? Dulcinea, son io.
DON CHISCIOTTE
Mia senza pari Dulcinea bellissima,
(smonta da cavallo e la va cercando per la scena)
ah dove, dove sei?
CARMOSINA
Non puoi vedermi;
che i maghi mi hanno trasformata in aria.
DON CHISCIOTTE
In aria? ah birbi indegni!
Ed in qual sorte d'aria
sei trasformata?
CARMOSINA
Caro, in aria grossa,
ch'è bona pe li jetteche.
DON CHISCIOTTE
Bricconi!
In aria grossa Dulcinea? Ah lascia
lascia, che imprimi, o bella, cento baci,
dell'aerea tua mano sul bianco pollice.
(va baciando in aria)
CARMOSINA
No nne tengo, mio bene.
DON CHISCIOTTE
Di che?
CARMOSINA
Pulece janche:
si ne vuò quatto nire, tanto quanto
te potarria servì.
DON CHISCIOTTE
No generosa,
grazie ti rendo. Ma non son, chi sono,
se contro i maghi questa spada...
(fa vista di cacciar la spada)
CARMOSINA
Ah ferma.
Stipati la scioscella, che non puoi
cacciarla più.
DON CHISCIOTTE
Perché?
CARMOSINA
Perché mo 'nnanze,
quando cannolicchiavi,
avevi attorno trenta 'ncantature
co tutte le canestre, e per tre mesi
t'anno 'ncantato.
DON CHISCIOTTE
Ohimè me l'hanno fatta!
CARMOSINA
Sappi che l'incantesimo
sarrà pe tte na gran disperazione;
perché chi ti vedrà,
per quello, che non sei, ti piglierà.
DON CHISCIOTTE
Cattera, che imbarazzo!
Oh a quanti rischi e quanti
soggetti siete, o cavalieri erranti!
CARMOSINA
Amato Don Chisciotte,
deggio partir. Se mi vuoi dar la mano,
'mpizzala dentro a sto canale, ch'io
mo me nce stregno dinto,
e ti dongo la mia.
DON CHISCIOTTE
Sì mio tesoro.
(rimonta a cavallo, caccia il braccio in un canale della loggia, ov'è Carmosina)
Ah cara mano... io di dolcezza moro.
CARMOSINA
(L'aggio attaccato buono.)
DON CHISCIOTTE
Ah come nel bel seno
mi tien stretta la mano... Io vengo meno.
CARMOSINA
(Mo ponno veni' gente p'afferrarlo.)
Core mio, statti sano.
Io mo mmo torno: tirate la mano.
DON CHISCIOTTE
Torna presto, mio ben... ahi... ahi non posso
tirare il braccio a me... Stregoni indegni,
voi mi avete sicuro
fabbricata la mano dentro il muro.
Ahi... chi sa, ch'io non abbia del mio corpo,
petrificato tutto il resto ancora?
Sancio da dentro un fosso, e detto a cavallo, colla mano nel muro.
SANCIO
Da questo fosso, ah chi mi toglie fuora?
DON CHISCIOTTE
Qual voce! Sancio?
SANCIO
Aita, che non posso
uscir da questo fosso.
DON CHISCIOTTE
Sancio, sei tu?
SANCIO
Son io, che a mezza strada
fui da' mori assalito, ed il mio ruccio
mi gittò spaventato in una chiavica,
che corrisponde qui. Datemi aita
per carità.
DON CHISCIOTTE
Non posso, Sancio amato,
che gli stregoni mi han petrificato.
SANCIO
Come a dir?
DON CHISCIOTTE
Signorsì mio caro amico,
sono un pezzo, cred'io, di verde antico.
Fossi almen corniola,
che ligato in anello mi farei
portar da Dulcinea nel terzo dito.
SANCIO
Lodato il ciel, che alfin ne sono uscito.
(esce dal fosso)
Dunque vi hanno incantato?
DON CHISCIOTTE
E non mi vedi
trasformato in colonna?
SANCIO
Io come prima
vi vedo tale e quale.
DON CHISCIOTTE
Son colonna pezzo d'animale.
SANCIO
Forse da dentro, ma da fuori sete
lo stesso Don Chisciotte.
DON CHISCIOTTE
E questo appunto è l'incantesmo. Ognuno
dée vedermi diverso
da quel, che sono in forma.
SANCIO
Oh vedete disgrazia maledetta!
Ma pian, signore, aspetta:
voglio gente chiamar per trasportarti
in un luogo coperto.
DON CHISCIOTTE
Ah non toccarmi, che io mi rompo certo.
SANCIO
Non dubitar: faremo piano piano.
Oh che bricconi! oh che incantesmo strano!
(via)
DON CHISCIOTTE
Empio destino ingrato,
così petrificato
potrai tenermi ognor;
ma non potrai, oh dio!
per il bell'idol mio
petrificarmi il cor.
La Contessa, Carmosina, Servi, e detto.
CONTESSA
Il caso dunque è fatto?
CARMOSINA
(additando don Chisciotte immobile sul cavallo)
È lesto: videtillo.
CONTESSA
Che sciocco! oh dio! che matto!
CARMOSINA
Va mò; pazziatillo:
che io mente sta con Sancio
mo vago a pazzià.
(via)
CONTESSA
(a Don Chisciotte fingendo di vederlo in oggetto di Platone)
Che fai, Platone amato,
immobile così?
DON CHISCIOTTE
Ah che in Platon cangiato
Chisciotte vedi qui.
CONTESSA
Come? non vuoi, ch'io dica,
che l'idol mio sei tu?
DON CHISCIOTTE
Sono incantesimi, amica:
ah non saper di più.
CONTESSA
Mio tesoro, ah se tu vuoi
ingannar quest'occhi miei:
non sperarlo: io so chi sei!
So che tenti la mia fé.
DON CHISCIOTTE
Dulcinea, tu dir lo puoi,
io chi sono in carne, e in ossa,
tu che sciolta in aria grossa
ti raggiri intorno a me.
CONTESSA
Scendi, o caro.
DON CHISCIOTTE
Non mi abbasso.
CONTESSA
Vieni, vieni.
DON CHISCIOTTE
Son di sasso.
CONTESSA E DON CHISCIOTTE
Ah già sento ~ che il tormento
insoffribile si fa.
CONTESSA
(alli servi che sciolgono Don Chisciotte, e lo tirano col cavallo, secondo il cenno della Contessa)
Ma olà: scioglietelo:
che il mio rigore
quel traditore
punir saprà.
DON CHISCIOTTE
Che fate diamine?
Piano, che fate?
Non mi spezzate
per carità.
CONTESSA E DON CHISCIOTTE
Questo è un incanto per verità.
Più brutto incanto no, non si dà.
(parte la Contessa e seco ne porta don Chisciotte a cavallo)
Sancio, e poi Carmosina.
SANCIO
Caro signor padrone...
dov'è? poter di Bacco!
Qualche stregon vigliacco
per aria se 'l portò.
CARMOSINA
(Uh te: lo coppolone
spassammoce tantillo:
mettimmo lo seggillo
a sta jornata mo.)
SANCIO
(piangendo)
Infelice pecorella
senza il tuo pastore amato:
puppilluccio abbandonato
senza padre io resto qui.
CARMOSINA
(contrafacendolo)
Chi mme torna la tetella
bene mio addò la trovo?
Mme faceva tanto d'uovo,
ch'era cosa da stordì.
SANCIO
Tu che cerchi?
CARMOSINA
La tupputa.
SANCIO
E la cerchi giusto qua?
CARMOSINA
E che buò? mme vuò fruscià?
SANCIO
Padroncino ~ mio bellino...
CARMOSINA
Tupputella ~ mia bellella...
SANCIO
Uh che noia!
CARMOSINA
Nè ll'aje vista?
SANCIO
Uh che tedio!
CARMOSINA
Ll'aje trovata?
Insieme
SANCIO
Uh che trista ~ indemoniata!
Ora crepo in verità
CARMOSINA
So la masta: 'nce so nata
pe fa n'ommo jastemmà.
La Contessa, la Duchessa, don Galafrone, don Platone, Cardolella, Don Chisciotte portato da Servi, ed un carro tirato da bovi con una gabbia di legno sopra, e detti.
CONTESSA
Il cavaliere che vada presto
dove Merlino lo guiderà.
SANCIO
Ah mio Signore... che gusto è questo...
datemi un bacio...
DON CHISCIOTTE
Baciar non posso:
la carne è marmo: è marmo ogn'osso:
e don Merlino ~ quel carrozzino
pe 'l disincanto mi mandò qua.
SANCIO
Ma dove andrete per liberarvi?
DON CHISCIOTTE
Per quello, o Sancio, che qui s'intese,
forse mi mandano a Monpelier.
SANCIO
È stato dunque mago francese,
che ve l'ha fatta, o cavalier?
TUTTI
Cosa più strana si può veder?
GALAFRONE E PLATONE
(alla Contessa e alla Duchessa)
Via su che vadano, che i matrimoni
vogliamo subito noi celebrar.
CONTESSA E DUCHESSA
Sì, amanti teneri, sì sposi amabili;
ma in città debbonsi le nozze far.
CARMOSINA E CARDOLELLA
Tu ammore attaccale:
tu ammore accocchiale,
che non se pozzano mai chiù scocchià.
CONTESSA
(alli servi, che mettono don Chisciotte nella gabbia sul carro)
Olà prendetelo, e incarozzatelo.
DON CHISCIOTTE
Mio Sancio sieguimi...
SANCIO
Col corpo, e l'anima...
DON CHISCIOTTE
Il cielo vi prosperi dame bellissime...
CONTESSA, DUCHESSA E GALAFRONE
Signor, vediamoci...
CARMOSINA, CARDOLELLA E PLATONE
Sancio, scrivimmoce.
DON CHISCIOTTE
Sì, consolatevi: ritornerò.
SANCIO
Mi venga un canchero se ci verrò.
TUTTI
Due tomi simili chi trovar può?
Duje cape d'opera 'ncoscienza so.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 24/12/2017
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
(W)