COLOMBO
Melodramma serio in due atti.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto di Felice ROMANI.
Musica di Francesco MORLACCHI.
Prima esecuzione: 21 giugno 1828, Genova.
Personaggi:
Cristoforo COLOMBO |
baritono |
FERNANDO di lui figlio, amante di |
contralto |
ZILIA giovane americana figlia di |
soprano |
JARICO cacico di Maima |
basso |
ZAMORO cacico d'Aiti, rifugiato in Maima, amante di Zilia |
tenore |
DIEGO ufficiale castigliano |
tenore |
Bartolomeo FIESCO |
altro |
Cori e Comparse.
Ufficiali, Soldati, e Marinai, Castigliani, Guerrieri Indiani e Aitiani, Vecchi e Indovini.
Donzelle di Maima, Coriste, e Ballerine.
La scena è presso il mare nel campo castigliano, e in Maima tribù selvaggia della Giamaica.
L'epopea è l'ultimo viaggio di Colombo.
Proemio dell'autore
Trattandosi di un melodramma, genere di poema, non so se a torto o a ragione, tenuto in niun conto dagli Italiani, inutile potrà sembrare, o per lo meno orgoglioso qualunque proemio; ma trattandosi di argomento gravissimo, da rappresentarsi in solenne occasione, e al quale son rivolti gli sguardi della mia patria, mi siano permesse brevi parole, che manifestino l'intendimento con cui ho proceduto nel mio lavoro, e le difficoltà che ho dovuto combattere. La prima e la maggiore di tutte fu quella di presentare l'eroe nell'aspetto più degno di lui, nella situazione più gloriosa, e nel tempo istesso più nota agli spettatori. Tal'era la prima scoperta del nuovo mondo, poiché a questa ricorre tosto ogni mente; ed io avrei dovuto scegliere il primo viaggio di Colombo, i pericoli da lui corsi in mari intentati, e il di lui trionfo al primo por piede nella vergine America. Ma soggetto gli è questo, che quanto conviene al poema che racconta, altrettanto sconviene al poema che rappresenta. L'autore drammatico ha d'uopo d'un nodo che ravvicini tutti i personaggi, e di un'azione in cui campeggi l'amore, passione più d'ogni altra prediletta dalla musica. E il mio primo atto sarebbe passato in mare, il secondo a s. Salvatore, divisi sarebbero stati i personaggi, e due per così dire le azioni. Doveva io forse rappresentare l'eroe di ritorno in Castiglia, onorato dai sovrani, cui fa dono d'un mondo? Tutta l'azione si sarebbe ridotta in una splendida scena, il rimanente sarebbe stato languido, freddo e senza passione. Doveva io scegliere il momento in cui l'invidia e l'ingratitudine trionfano del merito e della fede, e il premio di Colombo sono oltraggi e catene? Troppo nera sarebbe stata la tela che avrei tessuta, e troppo odiosi personaggi avrei dovuto porre in iscena. Oltre di ciò mi si parava d'innanzi l'istessa difficoltà di luogo, di tempo, d'interesse musicale. Queste cose fra me rivolgendo, miglior consiglio mi parve di attenermi all'ultimo viaggio dell'illustre genovese, quando egli gittato dalle tempeste nell'isola di Giamaica, obliato dall'universo, minacciato da feroci popoli, e insidiato da' suoi stessi seguaci, lotta coraggioso co' la sua mala fortuna, e maggiore di Filottete, che deserto in Lenno impreca la vendetta degli dèi sui colpevoli Greci, soffre invece senza mormorare l'abbandono de' castigliani, disarma i selvaggi co' la sua virtù, co' la costanza tiene in freno i rivoltosi, e soccorso da Fiesco, da lui spedito a Cuba, trionfa d'ogni ostacolo, e scioglie le vele pieno della speranza di afferrare le spiagge del gran continente. Un anno di soggiorno nell'isola di Giamaica rende probabile l'intelligenza del linguaggio degli Indiani, non che l'amore di Fernando per la figlia di un cacico; amore episodico, ma talmente innestato coll'azione principale, che senza di esso l'azione non avrebbe luogo; amore che aumenta i pericoli di Colombo, e viemaggiormente lo dimostra magnanimo: imperocché non è solo l'eroe che si trova in cimento, ma il padre ancora che trema per la vita del figlio, di quel figlio, che deve tramandare ai posteri la storia delle paterne scoperte. (*)
Io fingo, che presso il cacico di Maima, nelle cui terre è naufragato Colombo, siasi ricoverato Zamoro, un de' cacichi d'Aiti, il quale venga a raccontare a que' di Giamaica le crudeltà esercitate dagli europei nella natale sua terra, e che col racconto di tanti infortuni tragga gli ospiti suoi a congiurare contro Colombo per trucidarlo con tutti i castigliani. Jarico, tale è il nome del cacico di Maima, sbigottito dal comune pericolo, stringe alleanza con Zamoro, e per farla più salda, gli concede la propria figlia in isposa. Ma Zilia, così chiamasi la giovane indiana, è invaghita di Fernando, figliuol di Colombo; né può soffrire altro sposo, né reggere all'idea che a tradimento sia trucidato il suo amante. Quantunque le leggi di Maima condannino a crudel morte chiunque sveli il segreto della patria, essa il palesa. I castigliani, non più colti all'improvviso, combattono e vincono i selvaggi; ma Fernando rimane prigioniero. Ei deve morire, se Zilia, rimasta nel campo castigliano, non è renduta al padre per essere immolata ai traditi dèi di Maima. Il generoso Colombo ricusa di comprar la vita del figlio con quella della salvatrice di tutte le sue genti; ma Zilia egualmente generosa, fugge da Colombo, e spontanea si presenta alla vendetta della patria. Ella morrebbe, se l'eroe non venisse a salvarla, spaventando i selvaggi con un eclissi di luna da lui preveduto, eclissi che come abbiam dall'istoria, serve ai castigliani per ottenere alimenti dai minacciosi indiani, e ch'io faccio servire a più nobile e più commovente circostanza. I selvaggi sono attoniti, e vinti dall'ascendente dell'eroe: giunge Fiesco a compiere le meraviglie di quella notte solenne: Colombo trionfa: e preso possesso dell'isola, pianta quivi la croce, e i redenti popoli intorno ad essa raccoglie. Tale è l'orditura del mio melodramma; e in essa, se mal non mi appongo, l'invenzione non nuoce alla storia, né la storia alla invenzione; e quel che più preme in siffatti componimenti, se tutto non giova alla ragione poetica, giova almeno alla ragion musicale.
Quanto ai caratteri storici: per non parlar di Fernando, giovinetto appena uscito dall'adolescenza, ardente come il vuole l'età sua, e generoso qual dev'essere il figlio di un eroe: il personaggio principale, il sommo almirante di Castiglia, Colombo è da me rappresentato qual era; umano, costante, religioso: vir fortis cum mala fortuna compositus. Tanto nel sedare la rivolta dei castigliani, quanto nel disarmare i selvaggi, io gli diedi, per così esprimermi, un tal quale aspetto d'ispirato: e in ciò fui coerente alle tradizioni, e all'esaltate idee di que' tempi. Egli avea detto ai castigliani: Se in tre giorni non appare la promessa terra, noi desisteremo dall'impresa: e in tre giorni la promessa terra comparve. Se Ovando scioglie da Cuba, è minacciato da terribil tempesta: e Ovando spiega le vele, ed è sepolto nel mare. Quanto ei fa, quanto ei dice tutto è attestato dagli storici; e se il principale suo scopo sembra esser quello di recare la vera fede nell'Indie, questo pure è giustificato dalle lettere ch'egli stesso scriveva ai sovrani di Castiglia.
Quanto ai caratteri d'invenzione, io gli ho ideati come volea la ragione del mio poema. Tranne Zilia, purificata, per così dire, dall'amore, i selvaggi son quali esser devono: feroci, e senza alcun freno fuorché quello della propria superstizione. Nulladimeno io diedi loro un certo qual senso d'onore, e vivissima la carità della patria; affetti ch'io credo ingeniti nel cuore dell'uomo. Degli usi e dei riti loro, ne giudichi il lettore. Privi, come noi siamo, di monumenti e di tradizioni intorno ai costumi ed ai culti delle prime terre scoperte dagli spagnoli, era a me lecito immaginarli come conveniva all'azione: tuttavia poco o nulla si scostano da quelli che trovati furono in regioni visitate più tardi.
Dovrei parlar dello stile. Ma chi non conosce i ceppi dei poeti melodrammatici? Dirò soltanto che ho conservate alcune tinte locali meglio che per me si è potuto in un componimento, ove il dialogo è soverchiamente conciso, ove non tutte le frasi sono accettate dalla musica. Qualche libertà mi rimaneva nei cori, ed io ne ho profittato.
Con questo mio lavoro io non oso sperare di aver corrisposto all'aspettativa de' miei concittadini: tuttavolta andrò sempre superbo che mi abbian tenuto da tanto gl'illustri personaggi che a me lo commisero. Se indegno del più grande fra i Genovesi è il serto ch'io gli ho tessuto con un melodramma, è forse più colpa del genere, che mia. Allo scopritor dell'America vuolsi un'epopea. Avvi chi l'ha meditata, ma fortuna gl'impedisce di compierla.
(*) Infatti Fernando Colombo scrisse la storia del padre: ed ottimo intendimento, a mio credere, fu quello di averlo introdotto nel dramma come testimonio delle cose che aveva un giorno a raccontare, e come il sol uomo a cui Colombo poteva confidar degnamente e le sue speranze e i suoi timori. Una scena che per economia musicale mi è convenuto sopprimere, ma che in prova io trascrivo, non solo giustifica sì fatto intendimento, ma un altro ancora che da per sé rileveranno i lettori.
COLOMBO
Oh! immensa, e ricca terra
ch'io visitai primiero! Oh! continente
intentato finor, ov'io qui pera,
di più scaltro nocchier sarai tu gloria?...
FERNANDO
Giammai, giammai... non mentirà l'istoria.
COLOMBO
Testimon di mie sventure,
in Europa il ciel ti guidi;
la tua voce al mondo gridi
che maggiore e sol per me.
FERNANDO
Renderan l'età future
la giustizia a te negata:
macchia ognor di cieca e ingrata
questa etade avrà per te.
COLOMBO
Io lo spero: il tempo è giusto
correttor de' torti umani.
FERNANDO
Domator del fato ingiusto
fia ch'ei rechi i legni Ispani,
e alle rive a te contese
ti conduca vincitor.
COLOMBO
Sì, Colombo a nuove imprese
coraggioso innalza il cor.
a 2
FERNANDO
Giovin mondo a lui svelato
per sentier non corsi mai,
tu primier vendicherai
chi dai flutti uscir ti fe'.
COLOMBO
E tu terra ov'io son nato,
se di un mondo non godrai,
gloriosa almen sarai
che un tuo figlio altrui lo diè.
a 2
Ah! dovea più giusto il fato,
nobil terra, un mondo a te.
Recinto presso le abitazioni dei Selvaggi di Maima. In fondo boschi, e colline. In mezzo della scena è in piedi Zamoro circondato da un drappello di Guerrieri aitiani. Da un lato Jarico seduto sopra un sasso. Qua e là, da ambe le parti, sono sparsi a gruppi i Selvaggi di Maima in atto di deliberare sovra cose udite.
CORO
Oh! qual narrasti orribile
scena di sangue e lutto!
Spersi di Cuba i popoli,
d'Aiti il suol distrutto,
strage dovunque il turbine
degli europei passò.
E noi felici e liberi
di vergin terra figli,
cadrem noi pur de' barbari
sotto i feroci artigli?
Ricuserem combattere?
Morrem da vili?... Ah no.
(tutti si affollano intorno a Jarico)
Salda alleanza stringasi
con lo stranier cacico;
piombiam segreti, e taciti
sovra il crudel nemico:
egro, spossato, e naufrago
a noi fuggir non può.
JARICO
Cedo all'ardir magnanimo
che vi divampa in petto:
prode straniero, accetto
la man che stendi a me.
ZAMORO
Prendi, e securo stringila
di eterna fede è pegno:
pronta a comun sostegno
combatterà con te.
JARICO
Mallevadore ed auspice
della tua tua fé qual fia?
ZAMORO
Mille io ne invoco. Il cenere
dell'arsa patria mia,
il sangue de' parenti,
i loro monumenti,
l'ira che in sen divoro,
odio, vendetta, e amor.
TUTTI
Amor!
ZAMORO
Io Zilia adoro:
sacro a tua figlia è il cor.
JARICO
E tu vorresti?
ZAMORO
Unire
il suo destino al mio:
tutto con lei soffrire,
morir per lei desio.
Se sposa mia la fai
sarò di me maggior.
JARICO
Vieni al mio sen: l'avrai
premio del tuo valor.
ZAMORO
Lieto appien di tanto dono,
più che figlio a te già sono:
i tuoi dèi ~ saranno i miei,
patria mia ~ la tua sarà.
CORO
Spento sia ~ chi scioglier brami
tai legami ~ d'amistà.
ZAMORO
Ma fian saldi.
JARICO
Fian tenaci.
ZAMORO
Santi.
JARICO
Eterni.
CORO
Lo giuriamo.
TUTTI
Aste, dardi, fiamme, faci
impugnam, scocchiam, vibriamo.
Quando annotti, e il mondo taccia,
piomberei quai tigri in caccia,
né la preda ai colpi nostri
speco o valle asconderà.
Patri dèi, pei figli vostri
tutto il ciel combatterà.
(partono i cori)
Jarico, e Zamoro.
ZAMORO
De' tuoi guerrier fidarti,
qual io de' miei, puoi tu? Tanto mistero
fia custodito?
JARICO
Non temer: provvide
la patria legge assai. D'orribil morte
è punito in Maima il tradimento.
ZAMORO
Ad ottener l'intento
pur vuolsi scaltro oprar, e di sospetto
la più lieve non dar ombra ai nemici.
JARICO
Tutti userem di cortesia gli uffici.
Ricchi presenti, e feste,
e amorevoli inviti.
ZAMORO
Ah! se dal campo
trarli io potessi inermi, e a noi le destre
di quei fatali armar fulmin di morte...
JARICO
Vieni: un mezzo potria darci la sorte.
(partono)
Cacciatori e Cacciatrici, indi Zilia.
Coro.
UOMINI
Bella è l'argentea stella,
che in limpido mattin,
il rugiadoso crin
alza dall'onde.
TUTTI
Astro gentil d'amor,
più vivido splendor
Zilia diffonde.
DONNE
Lieve di colle in colle
trasvola il venticel,
che non inchina stel,
non segna traccia.
TUTTI
Vola più lieve ancor
l'amabil Zilia allor
che move in caccia.
Dove miri, in piaggia, in selva,
non vi ha core, non vi ha belva
che resista al suo poter.
Disarmata, o cacciatrice,
è ne' boschi vincitrice,
è sovrana fra i guerrier.
ZILIA
Maggior di nostra speme, oggi, o compagne,
ne dier preda le selve: ai patri tetti
parte se n’ rechi, e se ne serbi parte
in dono agli stranieri. Ampio da loro
riporterem tesoro
delle dovizie, che al possente duce
il lontano da noi mondo produce.
Ne ornerà la bruna chioma
qualche gemma rilucente,
che ai guerrieri d'oriente
più bel sol pingendo va.
E la figlia del deserto,
abbellita da quel serto,
qualche grazia agli occhi loro,
qualche vezzo acquisterà.
CORO
Pari a Zilia, alcun tesoro
l'oriente in sen non ha.
ZILIA
(Caro bene, al tuo cospetto
vani fregi io non desio;
bella sol dell'amor mio
nel tuo seno io volerò.
Se tu m'ami, o mio diletto,
ogni bella io vincerò.)
(parte il coro)
Jarico, Zamoro, e Zilia.
JARICO
Mi abbraccia, o Zilia: lungamente attesa
alfin tu riedi. Per le patrie selve
assai vagasti cacciatrice intorno.
È giunto, o figlia, il giorno
d'alzar la mente a più severi uffici.
Oggi sposa se' tu.
ZILIA
Sposa! Che dici?
ZAMORO
Te n' duole, o Zilia? A far beati i prodi
nata è beltà... Né d'Jarico al guardo
di tanto bene io son del tutto indegno.
JARICO
Sì: d'alleanza pegno
contro il feroce ispano
mi ti chiese Zamoro, ed io ti diedi.
ZILIA
Contro l'ispano! E vincer lui tu credi?
Cambia consiglio: a noi negaro i cieli
la folgore ch'ei vibra, e a lui rapirla
non può Zamoro. Chi salvar non seppe
la patria sua, salvar saprà l'altrui?
ZAMORO
È vero, o Zilia... Sventurato io fui.
Ma solo io combattea; l'arti straniere
i figli dividean di Cuba e Aiti.
Uniti or siamo, e uniti
vincerem noi.
JARICO
Dove il poter non valga
varrà l'ingegno. E in questa notte istessa
prova ne avrai, quando nel sonno spento
il nemico tu vegga.
ZILIA
Un tradimento!
E Zamoro il consiglia?
E lo sceglie Jarico? ~ Ah! mai non fia
questa mia man d'un traditor mercede.
ZAMORO
Zilia!
JARICO
Ti frena. ~ Omai l'ardire eccede.
Giudice tu de' gravi
disegni nostri esser non déi: ti basti
che questi nodi son giurati ai numi.
ZILIA
Deh! m'odi...
JARICO
Invan presumi
al comun voto opporti... Al ciel ribelle,
nemica al genitor tu non sarai...
Seguimi.
(a Zamoro partendo)
ZILIA
(fermando Zamoro)
Ah! tu mi ascolta.
ZAMORO
Io ti ascoltai.
I tuoi sensi, i detti tuoi
mi han trafitto, o Zilia, il cor;
ma scemar l'ardor non puoi
che v'accese immenso amor.
ZILIA
Pera il dì, che a queste arene
empia sorte ti guidò!
Hai distrutto ogni mio bene,
finch'io viva, piangerò.
ZAMORO
Ami un altro?...
ZILIA
Ah! sì... il confesso...
Amo, adoro un altro oggetto.
ZAMORO
E il tacesti? Ov'è? Chi è desso?
ZILIA
Non cercarlo.
ZAMORO
Oh! qual sospetto!
Forse alcun di quegli alteri
aborriti, e rei stranieri...
Sì me 'l dice il tuo pallore,
me 'l palesa il tuo sospir.
ZILIA
Ah! leggesti nel mio core...
il segreto non tradir.
Insieme
ZAMORO
Cotanto colpevole!
Sì vile tu sei!
Colpite la perfida,
punitela, o dèi,
all'onta, all'ingiuria
sia pari il furor.
ZILIA
Risparmia i rimproveri,
se umano tu sei...
Non farmi più misera,
pietade mi déi...
D'amore son vittima,
perdona ad amor.
ZAMORO
Fuggi, nasconditi
al padre, a tutti.
ZILIA
E vuoi!...
ZAMORO
Quei barbari
veder distrutti,
stringer tua mano,
te posseder...
ZILIA
Empio! Fia vano
il tuo pensier.
Insieme
ZAMORO
Le vane folgori
dell'oriente
saranno spente
dal mio valor.
Alla vendetta
che il cor mi alletta,
gli dèi mi guidano,
mi sprona amor.
ZILIA
Le vive folgori
dell'oriente
non fiano spente
da un traditor.
Di te più forte
l'ispana sorte,
saprà difendermi
dal tuo furor.
(partono)
Interno del campo di Colombo sulle rive del mare. Veggonsi i navigli castigliani che naufragarono, arenati sulla spiaggia, e su di essi innalzate le fortificazioni. I Castigliani sono tutti sulle navi, rivolti al mare, cercando di scoprire qualche vela, nel lontano orizzonte. Esce quindi Colombo.
CORO
È l'ocean deserto...
non una vela appar...
Lassi! Ci abbandonar
uomini, e sorte.
E tanto abbiam sofferto,
sudato notte, e dì,
sol per morir così
di lenta morte?
Ah! no: fuggiam de' barbari
sulle canoe rapite...
flutti del mar, ne aprite
scampo, o sepolcro almen.
COLOMBO
CORO
E puoi sperarlo tu?
Non lusingarci più...
Fiesco dovea tornar,
navi per noi recar ~ armi, alimenti.
Dov'è costui? Che fa?
COLOMBO
CORO
Ah! siam teco: a noi perdona:
col tuo labbro un dio parlò.
COLOMBO
CORO
Per te sol, per tuo splendore
nuovi mondi il ciel creò.
COLOMBO
(il coro parte)
Colombo, e Diego.
DIEGO
Oh duce! E ancor tu speri
nell'aita di Cuba? E non rammenti
qual ria mercé ti diede
di un mondo che acquistò Castiglia ingrata?
COLOMBO
(musica)
(Diego accorre)
DIEGO
Festivo stuolo
di donzelle si appressa, e del cacico
reca i presenti a noi.
COLOMBO
(partono)
Suonano le trombe del campo, escono a poco a poco tutti i Castigliani. Le Donne indiane si avanzano al suono de' barbari strumenti, recando frutti, cacciagione, ecc. I Castigliani si uniscono ad esse, e cambiano regali di specchi, campanelli, e grani di vetro coloriti.
INDIANE
Per voi grappoli, e poma odorose
il palmizio, ed il cocco produce;
per voi l'astro che lieto ne luce
li dipinge dì vaghi color.
Di Maima ve gli offron festose
le donzelle in tributo d'onor.
CASTIGLIANI
Per voi nuovi di gioia strumenti
l'arte industre di Europa compone,
per voi reca brillanti corone
un naviglio dell'onde signor.
Di Castiglia ve gli offron contenti
i guerrieri qual pegno d'amor.
TUTTI
Viva, viva chi vinse primiero
d'acque immense gli abissi profondi,
chi le rive appressò dì due mondi,
e gl'ignoti tesori ne apri!
Nodo eterno d'amore sincero
sempre uniti li tenga così!
Intrecciano lieta danza, e dopo aver rinnovato il cambio de' regali si dividono con tutte le dimostrazioni d'amicizia. ~ Esce Fernando, e si compiace dello spettacolo.
Fernando, indi Zilia.
FERNANDO
L'opra tua, mio ben, ravviso:
il tuo cor per noi vegliò:
cara Zilia, è un tuo sorriso
il piacer che qui brillò.
Ah! per noi sembrò natura
collocarti in questo orror,
come stella in notte oscura,
come speme nel dolor.
(esce Zilia frettolosa e anelante. Si aggira intorno pe 'l campo, e si avviene in Fernando)
ZILIA
Ti trovo alfin!
FERNANDO
O Zilia mia!
ZILIA
(si abbandona nelle sue braccia)
Ch'io possa
nel tuo sen respirar!
FERNANDO
Affannosa così, Zilia, tu sei!
ZILIA
Lo spavento fu guida ai passi miei.
Se cara ti son io, fuggi, mi segui...
Non ti arrestar... a noi securo asilo
del deserto saran gli antri profondi.
FERNANDO
Fuggir! Qual mai nascondi
tremendo arcano! Che ti avvenne? Parla.
ZILIA
Sventura orrenda... e non poss'io svelarla.
Vieni... la notte è presso
che coprirà pietosa i nostri passi
per ascoso sentier.
FERNANDO
Che teco io fugga?
Che il padre io lasci? E puoi sperarlo?
ZILIA
Ed io
tradisco il padre mio,
patria, numi per te...
FERNANDO
Che sento?
ZILIA
Ahi lassa!
Che dissi? Che parlai?
Non dimandar di più... Vieni.
FERNANDO
Giammai.
ZILIA
Sappi che un tradimento
è tramato in Maima...
FERNANDO
Oh ciel!
ZILIA
Che tutti
cadrete spenti... che il nemico armato
le faci e i dardi nella selva appresta.
FERNANDO
Si prevenga, si voli...
(dividendosi da lei)
ZILIA
(per arrestarlo)
Odimi.
FERNANDO
Resta.
ZILIA
Mentre corri, o sciagurato,
a salvar le ispane squadre,
a privar mi vai d'un padre
in mercé di mia pietà.
FERNANDO
Ed io pur d'un padre amato
veggo i giorni in rio periglio:
nel mio sen pietà di figlio
più che amor parlando va.
ZILIA
Ah! nel mio parlò più forte
questo amor, che mi ha tradita.
FERNANDO
Ne avrai premio...
ZILIA
Ne avrò morte.
Già gli dèi me ne han punita.
Vanne... compi il tuo dovere...
Io... mai più non ti vedrò.
FERNANDO
Che mai dici? Oh! qual pensiere!
Mia vivrai...
ZILIA
No... tua morrò.
Insieme
ZILIA
Udrai fra poco un gemito
fioco suonar sul vento...
Questo, o crudel, di Zilia
fia l'ultimo lamento...
Con un sospir rispondimi...
né ti scordar di me.
FERNANDO
Oh! di che triste immagini
ti ingombra il tuo spavento?
Vivrai, vivrai, mia Zilia,
per tuo, per mio contento...
Noi non dobbiam dividerci...
sempre io sarò con te.
ZILIA
Addio per sempre.
FERNANDO
Arrestati.
Non partirai...
ZILIA
Mi lascia.
FERNANDO
Vieni, se m'ami.
ZILIA
Oh! ambascia!
FERNANDO
Vieni a Colombo.
ZILIA
Ah! no.
Insieme
FERNANDO
Divido il terrore
che l'alma ti preme:
orrendo sul cuore
sospetto piombò...
Vederti partire,
lasciarti non so.
ZILIA
Di vita, d'amore
svanita è ogni speme...
de' numi il rigore
già me condannò...
Mi lascia fuggire,
lo chiedo, lo vo'.
FERNANDO
Vederti partire,
lasciarti non so.
(Fernando la tragge seco a viva forza nel campo castigliano)
Vasta foresta presso il campo di Colombo. D'ambi i lati profonde caverne. Il sole è al tramonto.
Jarico, solo, indi coro d'Indiani d'ambo i sessi.
Escono dalle grotte i Guerrieri armati di picche, e le Donne di faci.
JARICO
Regna silenzio intorno,
tranquillo è il campo ispano:
coperto è il grave arcano
d'impenetrabil vel.
Volgi all'occaso, o giorno,
cedi alla notte il ciel.
Uscite... uscite... e tosto
faci apprestate, e dardi:
già pe 'l sentiero opposto
Zamoro al varco sta.
CORO
Andiam: noi pigri, e tardi
Zamoro non vedrà.
(si prostrano a pregare)
TUTTI
O numi custodi
de' patri deserti,
celati, coperti
guidate i guerrier.
Al passo dei prodi
aprite il sentier.
(sorgono, e si avviano per partire; odonsi da lontano frequenti colpi di cannone: ritornano indietro sbigottiti)
JARICO
Ma dell'Europa il fulmine
s'ode scoppiar da lunge...
CORO
Qual calpestio? Chi giunge?
Zamoro!...
JARICO
Amico!
TUTTI
Tu!
Zamoro, con Guerrieri indiani, e detti.
ZAMORO
Noi siam perduti.
TUTTI
Ahi miseri!
Che avvenne mai? Che fu?
(tutti lo circondano)
ZAMORO
Insiem ristretti e taciti
noi scendevam dal monte;
già ci sorgean de' barbari
le vaste navi a fronte,
non un rumore udivasi,
tutto parea dormir...
Quando improvviso scalpito
dietro ci udiam sui culmini;
dei castigliani scoppiano
spessi d'innante i fulmini:
le prime schiere cadono
al grandinar terribile;
l'altre atterrite arretrano,
cominciano a fuggir.
TUTTI
Gli dèi, gli dèi puniscano
chi ci poté tradir.
Odesi dappresso fragor di tamburi. Escono i Castigliani guidati da Colombo, da Fernando e da Diego.
ZAMORO
Giunge il nemico!... Oh rabbia!
Care vendiam le vite.
(per azzuffarsi)
COLOMBO
ZAMORO
Prostrarci noi?
JARICO
Noi cedere!
INDIANI
All'armi!
CASTIGLIANI
All'armi!
Zilia, e detti.
ZILIA
(precipitandosi in mezzo)
Ah! no.
Me primiera, me ferite...
Il mio sangue al loro unite...
Della vita a voi salvata
premio sia la morte a me.
ZAMORO E JARICO
Ciel! La trama hai tu svelata!
TUTTI GLI INDIANI
Traditrice! Infamia a te!
(tutti si allontanano da lei: essa rimane in mezzo inorridita)
Quadro generale.
Tutti.
Insieme
ZILIA, ZAMORO, JARICO E CORO DI INDIANI
Ah! non eri, oppresso core,
preparato a tal momento.
Sciagurata! Un gel d'orrore
a que' detti in cor mi sento.
Giusti dèi, quel tradimento
l'ira vostra punirà.
FERNANDO, DIEGO, COLOMBO E CORO DI SPAGNOLI
Per pietà del suo dolore
dona agli empi il tradimento.
Ah! sia spento il lor furore,
come il mio nel seno è spento.
Rendi, o ciel, costei strumento
di concordia e di amistà.
COLOMBO
ZAMORO
No, non avrai tal vanto
noi ricusiamo il dono.
Tu delle nostre vergini
ci hai tolta la più nobile,
versato sulla patria
eterno disonor.
ZILIA
Misera me! Calmatevi.
ZAMORO E JARICO
Scostati: orror mi fai.
COLOMBO E FERNANDO
E pretendete?...
ZAMORO
Opprimerti.
Nemici ognor ne avrai.
COLOMBO
TUTTI
Un'ira, un foco, un fremito,
un lutto, un gelo, un tremito,
mille pensier terribili
presagi e dubbi orribili
tormentano ~ spaventano,
opprimono il mio cor.
Insieme
ZILIA
(a Jarico e a Zamoro)
Deh! voi, deh! voi schiudetemi
l'abisso punitor...
COLOMBO E FERNANDO
(a Zilia)
Ti calma, e in sen ricovrati
un campo protettor...
ZAMORO
(a Zilia)
Sì, morte avrai terribile
dovuta a tanto error.
CORO
(gli uni e gli altri)
Tremate: è presso a scendere
il fulmin punitor.
Insieme
ZILIA
(a Jarico e a Zamoro)
La pena ancor sospendere
è pena, o dèi, maggior.
COLOMBO E FERNANDO
(agli indiani)
Chi lei si attenta offendere
paventi il mio furor.
JARICO
(ai castigliani)
Saprem vendetta prendere
di voi superbi, ancor.
CORO
(gli uni e gli altri)
Tremate: è presso a scendere
il fulmin punitor.
TUTTI
Un'ira, un foco, un fremito,
un lutto, un gelo, un tremito,
mille pensier terribili
presagi e dubbi orribili
tormentano ~ spaventano,
opprimono il mio cor.
La decorazione rappresenta l'interno della capitana di Colombo.
Colombo.
COLOMBO
Colombo. Diego, e Ufficiali castigliani.
COLOMBO
DIEGO
Fernando.
COLOMBO
CORO
Da' suoi guerrier diviso,
fu colto dal nemico.
Sollecito l'avviso
ne invia l'altier cacico.
Intorno al messaggero
si affolla il campo intero,
e il duolo e lo spavento
a lui celar non sa.
COLOMBO
(Diego e gli ufficiali partono)
Colombo.
Zamoro, e Colombo.
Soldati castigliani, che si schierano da un lato, Guerrieri indiani, che formano un gruppo dall'altro.
ZAMORO
Hanno i lor numi anch'esse
quest'isole, o stranier, numi possenti,
che degli umani eventi,
tristi o lieti che sian, reggono il freno;
e a te palesi oggi son fatti appieno.
Come silvestre belva
del cacciator nei lacci, essi han sorpreso
il figlio tuo.
COLOMBO
ZAMORO
Già la canzon di morte
sta sciogliendo in Maima, ove il riscatto
da te compro non sia.
COLOMBO
ZAMORO
Zilia è in tua man, l'infida,
la traditrice Zilia... Essa è votata
della notte agli spirti: a noi la rendi,
e la vita del figlio abbiti in dono.
(Colombo tace vivamente commosso)
Decidi... A che ti stai?
Render Zilia vuoi tu?
COLOMBO
COLOMBO
ZAMORO
E noi pure solenne promessa
femmo a dèi venerandi del pari.
Una vittima attendon gli altari,
e trafitto il tuo figlio cadrà.
COLOMBO
ZAMORO
Sì: pensaci, e trema.
COLOMBO
ZAMORO
Chi potrebbe vietarlo?
O risolvi, o mi affretto a svenarlo.
COLOMBO
Insieme
COLOMBO
ZAMORO
(A salvar d'un figlio i dì
dubbio ancor costui vedrò?
Né colei che mi tradì
di mia man punir potrò?
Numi inulti, offeso amor
secondate il mio furor.)
COLOMBO
ZAMORO
Testimon del suo supplizio
fia la luna in ciel sorgente.
COLOMBO
ZAMORO
Vana e inutile minaccia!
COLOMBO
ZAMORO
Difesa, protetta
da' numi paterni,
del sangue vendetta
Maïma farà.
COLOMBO E ZAMORO
Il sol che fra poco
tramonta ne' flutti,
estremo per tutti
fatale sarà.
(partono)
Interno delle abitazioni dei Selvaggi, ove custodiscono i loro prigionieri.
Fernando.
Stanco da tanti affanni, avrai tu core,
misero genitore,
che la perdita mia soffra da forte?
O per sottrarmi a morte,
acconsentir potrai
all'infame proposta? Ah! no: giammai.
Zilia! Innocente Zilia! Oh! a me comparsa
in questo suol selvaggio
come fra l'ombre un raggio ~ avrai salute.
Privo il mondo non fia di tua virtute.
Vivi, diletta amica,
vivi i miei giorni e i tuoi.
Dolce pensier ti dica
che riveder mi puoi:
e dissipato il velo,
che ti nasconde il cielo,
a me t'innalzerai
sull'ali dell'amor.
Fernando, Jarico, Zamoro, e Ufficiali indiani.
JARICO
La tua canzon di morte
incomincia o straniero. I nostri numi
di folta nebbia ingombro hanno lo spirto
del padre tuo. Cieco e crudele insieme
segno ei ti lascia di Maima all'ire,
e la colpevol Zilia a noi ricusa.
FERNANDO
Alla virtù non usa,
la punisca Maima. Il mio supplizio,
qualunque ei sia, prepari; io no 'l pavento.
ZAMORO
E sarai pago: ei fia crudele e lento.
Olà, di nodi avvinto
sia tratto al tempio; e il castigliano sangue
lavi la macchia di Maima offesa.
Zilia, Cori, e detti.
ZILIA
Quel di Zilia versate: ella vi è resa.
FERNANDO
Chi veggo?
ZAMORO
(Oh! gioia!)
FERNANDO
(correndo a lei affannato)
E abbandonarti, ingrato
poté Colombo?
ZILIA
(con mistero)
Ed io potea lasciarti
perir per me?
FERNANDO
Che mai facesti, o cruda?
ZILIA
Il mio dover compiei.
FERNANDO
Dover funesto!
ZILIA
Deh! taci, e parti.
(sciogliendosi da lui)
FERNANDO
(con forza trattenendola)
Ah! no spietata; io resto.
Non pensar ch'io compri mai
col tuo sangue i giorni miei:
se perir per me tu déi,
deggio anch'io perir per te.
JARICO
Sian divisi.
ZAMORO
Parti.
CORO
Assai
per te rea costei si fe'.
(sono divisi)
FERNANDO
Mi lasciate.
TUTTI
Parti, o trema.
FERNANDO
Zilia! Zilia!
ZILIA
Ah! fuggi... Addio.
(è tratta altrove)
FERNANDO
Mi è rapita... Oh! pena estrema!
Né salvarla, oh! ciel poss'io?
Ah! se morte a me negate,
alme inique paventate,
io vivrò per vendicarla,
per punirvi ancor vivrò.
TUTTI
Esci... Parti... A noi sottrarla
braccio umano omai non può.
FERNANDO
Ah! qual astro risplendea,
caro bene, al nostro amor?
Sol contenti promettea,
non serbava che dolor.
(lo guidano via minacciosi)
Jarico, e Zamoro.
JARICO
A radunar de' vegli,
e de' sacri indovini il venerando
gran consesso m'invio. ~ Veglia sull'empia,
Zamoro, tu... Meglio del padre il puoi.
ZAMORO
Veggo negli occhi tuoi
lo scompiglio del cor... Io ti compiango...
Io sospiro con te: meno infelici
non ci rende vendetta.
JARICO
Un breve istante
a me parli natura, a te l'amore...
ma taccian poscia, e sol favelli onore.
(parte)
Zamoro, indi Zilia.
ZAMORO
Ah! non è morto, il sento,
no non è morto amor... Ad onta ancora
dell'ira mia feroce,
innalza in me la sua possente voce.
Oh! Zilia! Un'altra volta
ceder mi è forza; abbandonarti a morte
né vo', né posso, né mirar fra l'ombre
tanta beltà per mia cagion sepolta.
(apre il recinto ove Zilia è stata rinchiusa)
Zilia!
ZILIA
Zamoro!... A che mai vieni?
ZAMORO
Ascolta?
Vittima ai neri spirti
tratta sarai fra poco... Io non ho core
di lasciarti perir... Salvarti io voglio...
e il posso io solo, e in più felici arene,
ove il poter non giunga
de' tuoi fieri custodi,
meco guidarli illesa.
ZILIA
Io teco!
ZAMORO
Ah! m'odi.
Non tentata segreta isoletta
io conosco ne' mari lontani:
là dall'onde e dai boschi protetta,
scorderai l'universo con me.
Qual ruscello per piaggia fiorita
scorrerà la tua placida vita;
sorgerà per te lieta ogni aurora,
fia serena ogni sera per te.
ZILIA
Va'... più bene per Zilia non v'è.
ZAMORO
Io beato d'un solo tuo sguardo,
frenerò del mio labbro i sospiri:
non dirò, come peno, com'ardo,
finché il cor non ti parli per me.
Come vento su colle romito
gemerò, piangerò non udito,
fino al dì che obliato il rivale
la mia fede trionfi di te.
ZILIA
Va... più amore per Zilia non v'è.
ZAMORO
Odi ancora...
ZILIA
Deh! va': non t'ascolto.
ZAMORO
Vieni, o barbara.
ZILIA
Invano lo speri.
(musica da lontano)
ZAMORO
Il consesso de' padri è disciolto...
A cercarti son mossi i guerrieri...
Sei perduta, se indugi un momento...
Cedi, ah! cedi...
ZILIA
Io rimango a perir.
ZAMORO
Ostinata! Rinascere io sento
di vendetta più fiero il desir.
Coro di Guerrieri indiani, e detti.
CORO
La colpevole al tempio tu guida:
morte, morte d'intorno si grida...
i vegliardi, ed i sacri indovini
la sentenza fatal proferir.
ZAMORO
Zilia!... Oh! Zilia!
ZILIA
Io son pronta a morir.
ZAMORO
A morte va ~ poiché la morte
di provocar ~ hai l'ardimento:
di mia pietà ~ vergogna io sento;
il mio furor ~ più fren non ha.
TUTTI
A morte va.
ZAMORO
Non men fatal ~ sarà la sorte
del mio rival ~ da te diletto;
straziato ognor ~ da un vano affetto,
mai più, mai più ~ riposo avrà.
TUTTI
A morte va.
(partono)
ZAMORO
(O debol cor ~ di te più forte
fa strazio amor ~ che mai non tace.
Ah! s'ella muor ~ non ho più pace,
ogni mio ben ~ con lei morrà.)
Deh! riedi in te ~ ti prego ancora...
Se non di me ~ di te pietà.
Rispondi almen. ~
ZILIA
Andiam ~ si mora.
ZAMORO
Oh! insano ardir! ~
TUTTI
A morte va.
ZAMORO
A morte va ~ poiché la morte
di provocar ~ hai l'ardimento,
di mia pietà ~ vergogna io sento,
il mio furor ~ più fren non ha.
TUTTI
A morte va.
(Zilia è condotta via fra i guerrieri; Zamoro la segue furente)
Recinto sacro che mette al sotterraneo dedicato agli dèi di Maima, la di cui apertura vedesi in mezzo.
Il luogo è aperto nel fondo, e da lontano scopresi il mare. È notte. Il cielo è sereno e stellato, e a poco a poco si leva la luna.
Al suono di lugubre musica escono gl'Indiani d'ambo i sessi in processione. Séguono gl'Indovini, e i Vegliardi col capo coperto, e con ramoscelli in mano, e si arrestano tutti all'apertura del sotterraneo, e cominciano un rito, girando intorno ad essa, e formando una specie di danza sacra. Intanto si canta il seguente coro:
DONNE
Stella del nostro ciel,
d'oscuro vel
ti cingerai?
UOMINI
Fiore del patrio suol,
diletto al sol
più non sarai?
TUTTI
Già ti preme, ti flagella
fosco nembo struggitor.
Orbo il ciel tu lasci, o stella,
spoglio il suol tu lasci, o fior.
DONNE
Lassa! A tentar mai più
non verrai tu
gli antri segreti?
UOMINI
Ti vedrem più gittar
in riva al mar
gli ami e le reti?
TUTTI
Ah! spezzato il tuo bell'arco,
giù dal balzo penderà.
Il tuo schifo ignudo, e scarco,
sull'arena giacerà.
(gl'indovini e i vegliardi scendono nel sotterraneo)
Zilia in mezzo ai Custodi, Jarico con Guerrieri.
JARICO
Pria che i notturni spirti
chiamin tre volte dal profondo speco,
che sepolcro le fia, l'empia donzella,
sola si lasci, e con sospiri e preci
tenti placar, se il può, gli offesi dèi.
ZILIA
Ah! padre mio!...
JARICO
Più figlia mia non sei.
Disonorato, o indegna,
hai per sempre Jarico... Hai di Maima
la sventura compita.
ZILIA
Emenda, io ne farò co' la mia vita,
ma deh! di pace un segno,
un segno di pietà non ricusarmi
in questi amari istanti, e mi perdoni,
se no 'l puote il cacico, il padre almeno.
JARICO
Ei non è più... Gli trafiggesti il seno.
(partono tutti)
Zilia.
Addio ridenti sogni
della mia gioventù, giochi innocenti
de' lieti giorni! E a voi pur anche, o voti
di sereno avvenir, per sempre addio!
Non mi resta che il pianto, e l'amor mio.
Ah! fossi almen sepolta
lungo il mare, o Fernando, o sovra il colle
che ancor ripete i tuoi sospiri e i miei!
D'una lagrima tua conforto avrei.
Ma fia bassa, fia profonda
la magion del mio riposo:
del mio letto tenebroso
sulla sponda,
niun mortal seder vedrò.
CORO
(sotterraneo)
Zilia!... Il ciel ti condannò.
ZILIA
Già mi chiama, già m'abbraccia
dell'abisso il sen mugghiarne.
Ah! mi stendi un solo istante
le tue braccia,
mi ritieni, amato ben.
CORO
(sotterraneo)
Zilia!... Scendi alle ombre in sen.
ZILIA
Prega, ah prega il tuo gran nume
che mi rechi in parte almeno,
ove a me d'un sol baleno
splenda il lume,
ove a me ti sveli ancor.
CORO
(sotterraneo)
Zilia!... Scendi a eterno orror.
Gli Indovini, e i Vegliardi ricompariscono dal sotterraneo.
Ritorna Jarico, con Zamoro, e séguito degli Indiani.
JARICO
Poiché gli dèi parlar, poiché la terra
già spalanca le fauci ad inghiottirti,
scendi ai notturni spirti,
e sepolta con te l'onta rimanga
della patria e del padre.
TUTTI
Addio per sempre,
Zilia infelice, addio!
ZILIA
Padre... compagne...
un solo amplesso ancora...
Almen, l'ultimo amplesso. Ah! no 'l negate
assai punita io sono...
o compagne, pietà... padre, perdono.
Colombo, Fernando, Castigliani e detti.
COLOMBO, FERNANDO E CASTIGLIANI
Barbari, vi arrestate:
Zilia non morirà.
INDIANI E ZILIA
Cielo!
ZAMORO
Superbi,
aborriti nemici,
a che venite voi? Così sfidarci
osate ancora in questo sacro asilo,
in faccia ai nostri dèi?
COLOMBO
ZAMORO
Guerrieri, non udite
le sue vane minacce. Arti son queste,
arti mendaci della rea Castiglia.
COLOMBO
(il cielo comincia ad oscurarsi, e la luna si eclissa)
INDIANI
Oh prodigio! oh! terror!
FERNANDO
(Oh gioia!)
COLOMBO
Tutti.
Insieme
ZILIA
O nume possente,
che al guardo mi sveli
gli arcani de' cieli,
degli astri il tenor,
commovi clemente
de' barbari il cor.
COLOMBO, FERNANDO E CASTIGLIANI
O nume possente,
che al guardo gli sveli
gli arcani de' cieli,
degli astri il tenor,
commovi clemente
de' barbari il cor.
JARICO, ZAMORO E INDIANI
O luna morente,
che al guardo ti veli,
che i campi de' cieli
ricopri d'orror,
d'un nume possente
annunzi il furor.
Insieme
ZAMORO E INDIANI
A tanto portento,
che miro, che sento
va l'alma smarrita
fra l'ira, e il terror.
ZILIA E CASTIGLIANI
Dipende da questo
momento funesto
la pace, la vita
la speme, l'amor.
TUTTI
O nume possente,
o luna morente,
che al guardo ti veli,
che i campi de' cieli
ricopri d'orror,
d'un nume possente
annunzi il furor.
JARICO
Tremendo e forte, il confessiamo, hai teco
uno spirto, o stranieri; ma di Maima
son pur forti gli dèi: non irritarli,
né toglier loro i sacri riti e l'are.
ZAMORO
Parti, rivarca il mare,
e ci lascia seguir liberi e lieti
de' nostri avi le leggi, e gli usi antiqui.
COLOMBO
ZAMORO
Ah! voi primieri,
voi sparirete. Se non valgon l'armi,
vi distrugga la fame, e i frutti suoi
vi neghi il suol che devastar tentate.
Odonsi colpi di cannone. Tutti si rivolgono al mare. Si presenta una flotta castigliana. La luna ricomparisce più brillante.
TUTTI
Qual rumor! Che sarà?
COLOMBO
Giunge frettoloso Diego dalla spiaggia. Sbarca Fiesco con numeroso stuolo di Castigliani, al suono di banda militare, e al fragor dell'artiglieria.
DIEGO
Fiesco ritorna
e navigli, e nocchieri a te conduce.
COLOMBO
FIESCO
Io mi ti prostro, o duce.
Alfin la tua virtude
trionfò dell'invidia, e a te del paro
grande ne' tristi che ne' lieti casi,
coll'universo intier, plaude Castiglia.
CASTIGLIANI
Viva Colombo!
ZILIA E FERNANDO
Oh gioia!
INDIANI
Oh meraviglia!
COLOMBO
(prende la bandiera dalle mani di Fiesco, e la pianta in mezzo alla scena)
JARICO, ZAMORO E INDIANI
Sì, vincesti... in te ragiona,
in te spira un dio verace.
Tu gli eccessi a noi perdona
dell'inganno, e del furor.
SPAGNOLI E INDIANI
Ci raccolga uniti in pace
il vessillo salvator.
TUTTI
Pure stelle, ai giuri nostri
raddoppiate di splendore:
degno è il cielo spettatore
di due mondi all'amistà.
Santa al par de' raggi vostri
questa pace durerà.
COLOMBO
ZILIA E FERNANDO
Oh! generoso!
CASTIGLIANI
Oh! nobile!
INDIANI
Pari agli dèi quaggiù!
COLOMBO
TUTTI
Oh! chiara e beata
fra quante il sol vede
la terra onorata
che cuna ti diede!
Morran degl'imperi
i fasti guerrieri,
sui regni possenti
l'oblio siederà.
La terra felice
che t'era nutrice,
diletta alle genti
eterna vivrà.
Per soddisfare all'attrice che rappresenta il personaggio di Zilia, si sostituiscono al recitativo della scena XIV dell'atto II i seguenti versi.
Dopo quelli cantati da tutti:
JARICO
Poiché gli dèi parlar, poiché la terra
già spalanca le fauci ad inghiottirti,
scendi ai notturni spirti,
e sepolta con te l'onta rimanga
della patria e del padre.
TUTTI
Addio per sempre,
Zilia infelice, addio!
ZILIA
Tu taci!... Me discacci!... Ah padre mio!
Io non chiedo a te la vita,
peso inutile per me:
chiedo solo che aborrita
io non parta almen da te.
Voi piangete la mia sorte,
se non piange il genitor.
O compagne, è oblio la morte
d'ogni offesa e d'ogni error.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/05/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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