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Le cinesi

LE CINESI

Componimento drammatico.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Pietro METASTASIO.
Musica di Christoph Willibald GLUCK.

Prima esecuzione: 24 settembre 1754, Schlosshof.


Personaggi:

LISINGA nobile donzella cinese sorella di Silango

contralto

SILANGO giovane cinese, ritornato dal viaggio d'Europa; fratello di Lisinga, ed amante di Sivene

tenore

TANGIA donzella cinese amica di Lisinga

contralto

SIVENE donzella cinese amica di Lisinga

soprano




L'azione si rappresenta in una città della Cina.

Atto unico
Scena unica

Il teatro rappresenta una camera nella casa di Lisinga, ornata al gusto cinese, con tavola e quattro sedie.
Lisinga, Sivene, e Tangia siedono bevendo il té in varie attitudini di somma astrazione. Silango ascolta inosservato da una porta socchiusa.

Lisinga dopo aver osservato qualche spazio di tempo l'una, e l'altra

compagna, rompe finalmente il silenzio.

LISINGA

E ben? stupide, e mute

par che siam divenute! Almen parliamo,

così nulla farem.

SIVENE

Ma non è cosa

di lieve momento

trovar divertimento

allegro insieme, ed innocente e nuovo.

TANGIA

È un'ora che ci penso, e non lo trovo.

LISINGA

Dica, qualunque sia,

ciascuna il suo pensiero: e il più adattato...

TANGIA

Tacete. Eccolo! Oh bello! Io l'ho trovato.

LISINGA

Sentiam.

TANGIA

Figureremo

come se... non mi piace. O pur... né meno.

SIVENE

Spedisciti.

TANGIA

Vi sono

mille difficoltà. Via questo è buono:

facile ad eseguire,

ingegnoso, innocente.

LISINGA

Lode al cielo.

SIVENE

E sarà?

TANGIA

No: non val niente.

LISINGA

L'invenzione è felice.

SIVENE

Bellissimo è il pensier.

TANGIA

Ma l'inventare

è men facile assai di quel che pare.

Si scopre improvvisamente Silango.

SILANGO

Dirò ninfe ancor'io

il parer mio, se non vi son molesto.

TANGIA

Un uomo!

(s'alzano spaventate)

LISINGA

Ahimè!

SIVENE

Che tradimento è questo!

SILANGO

Fermatevi: tacete. Al venir mio

tanto spavento? E che vedeste mai?

Un'aspide? Una tigre?

TANGIA

Uh, peggio assai.

LISINGA

Più rispetto, o germano

sperai da te. Queste segrete soglie

sono ad ogni uom contese.

No 'l sai?

SILANGO

Lo so. Ma è una follia cinese.

Si ride (e il vidi io stesso)

in tutto l'occidente

di questa usanza, estravagante, e rara.

TANGIA

Ecco, il mondo a girar, quel che s'impara.

SIVENE

Ah mia cara Lisinga

non so dove io mi sia. Senti, se m'ami,

senti con qual tumulto

mi balza il core!

(si pone la mano di Lisinga sul petto)

LISINGA

Io d'ira avvampo.

TANGIA

Oh dio!

Di noi che si dirà

per tutta la città? Sapranno il caso

i parenti, i vicini,

il popolo, la corte, e i mandarini.

SILANGO

No: di ciò non temete.

Alcun...

LISINGA

Parti.

SILANGO

Non vide

alcun...

SIVENE

Va' per pietà. Mi fai Silango

mancar d'affanno.

SILANGO

Un sol momento, e poi

bellissima Sivene...

TANGIA

O parti, o vado

il vicinato a sollevar.

SILANGO

Ma tanto

in odio a voi son io?

TANGIA

Sì: parti.

SILANGO

E ben, così volete; addio!

(in atto di partire)

SIVENE

Senti.

SILANGO

(tornando)

Che brami?

SIVENE

Avverti,

d'uscir celato.

SILANGO

Ubbidirò.

(partendo)

TANGIA

T'arresta.

SILANGO

(voltandosi)

Perché?

TANGIA

Sei ben sicuro

che alcuno entrar non ti mirò?

SILANGO

Vi giuro,

che nessun mi vide,

che nessun mi vedrà. Restate.

(partendo)

TANGIA

Ascolta.

Dunque fretta sì grande

necessaria non è.

SILANGO

(con ironia, e sempre in atto di partire)

Restar potrei,

ma la bella Sivene

mancherebbe d'affanno.

SIVENE

Il mio spavento

già comincia a scemar.

SILANGO

(come sopra)

Ma il vicinato solleverà Tangia.

TANGIA

Quel che si dice

tutto ognor non si fa.

SILANGO

(come sopra)

Ma quel rispetto

ch'io debbo alla germana...

LISINGA

Orsù son stanca

di coteste indiscrete

vivacità. Taci. È miglior consiglio

differir, che tu parta, infin che affatto

s'oscuri il ciel. Ma tu più saggio intanto

pensa che qui non siamo

sulla Senna, o sul Po. Che un'altra volta

ti può la tua franchezza

costar più cara. E che non v'è soggetto

più comico di te, quando t'assumi

l'autorità di riformar costumi.

SILANGO

Ubbidisco e m'accheto.

LISINGA

Ogn'un di nuovo

sieda, e m'ascolti.

(siedono tutti)

Aver trovato io spero

la miglior via di divertirci.

SIVENE

A noi

dunque non tacer.

LISINGA

Rappresentiamo

qualche cosa drammatica.

SIVENE

Oh sì questo mi piace.

TANGIA

Questo è il miglior.

LISINGA

D'abilità, d'ingegno

può far pompa ciascuno.

SILANGO

E poi quest'arte

comune è sol negl'europei paesi,

ma qui verso l'aurora,

fra noi cinesi, è pellegrina ancora.

SIVENE

Non più.

TANGIA

Scegli il soggetto

cara Lisinga.

SILANGO

E sia di quegli usati

su le scene europee.

LISINGA

Trattar bisogna

un eroico successo. Io sceglierei

l'Andromaca.

SIVENE

È divino.

Ma un fatto pastorale

è sempre più innocente, e naturale.

TANGIA

Sì: ma quella, che tedia

meno d'ogn'altra cosa, è la commedia.

LISINGA

Eventi illustri, e grandi

tratta l'eroico stil; commove affetti

corrispondenti a quelli: il core impegna,

ed a pensar con nobiltade insegna.

SIVENE

E il pastoral costume

ci fa senza fatica

innamorar dell'innocenza antica.

TANGIA

Ma la commedia intanto

più scaltra, e più sagace,

e riprende, e diletta; e sferza, e piace.

SILANGO

Fate dunque così (se pur volete

una volta finir) reciti ogn'una

nello stil ch'ha proposto

una picciola scena: e si risolva

su quel che piacerà.

SIVENE

Più bel ripiego

inventar non si può.

LISINGA

Incomincia Sivene.

SIVENE

Oh questo no!

Sia la prima Tangia.

TANGIA

Ben volentieri:

eccomi ad ubbidir.

(si leva in piedi)

SILANGO

Spiegar bisogna

ciò, che far si pretende,

prima d'incominciar.

TANGIA

Quello s'intende.

Io fingerò... Già posso

finger quel che mi par?

LISINGA

Certo.

TANGIA

Benissimo.

Fingerò dunque... E non importa al caso

se l'abito or non è corrispondente?

SILANGO

L'abito si figura.

TANGIA

Ottimamente.

LISINGA

Quando comincerai!

TANGIA

Subito. Io faccio

verbi gratia così:

supponete che qui... Meglio saria,

che un'altra cominciasse in vece mia.

SILANGO

Già l'aspettavo.

LISINGA

Eh non perdiam più tempo

(s'alza)

con questi scherzi. Io vi farò la strada.

Avanzate, sedete, e state attente.

Sivene, Tangia, e Silango vanno a sedersi ai lati, ma molto innanzi.

TANGIA

Mi son disimpegnata egregiamente.

SILANGO

Eccomi ad ascoltar.

LISINGA

Questa d'Epiro

è la real città. D'Ettore io sono

la vedova fedele. A questo lato

ho il picciolo Astianatte,

pallido per timor. Pirro ho dall'altro,

che vuol d'amore insano

il sangue del mio figlio, o la mia mano.

TANGIA

Che voglia maledetta.

LISINGA

Il barbaro m'affretta

alla scelta funesta. Io piango, e gemo,

ma risolver non so. Pirro è già stanco

delle dubbiezze mie: già non respira

che vendetta, e furore. Ecco s'avanza,

il bambino a rapir.

(rappresenta)

Ferma crudele,

ferma: verrò. Quell'innocente sangue

non si versi per me. Ceneri amate

dell'illustre mio sposo, e sarà vero,

ch'io vi manchi di fé! Ch'io stringa... Oh dio,

Pirro pietà! Che gran trionfo è mai

al vincitor di Troia

d'un fanciullo la morte? E quale amore

può destarti nell'alma una infelice,

giuoco della fortuna, odio de' numi?

Lascia, lasciaci in pace. Io tene priego

per l'ombra generosa

del tuo gran genitor. Per quella mano,

che fa l'Asia tremar: per questi rivi

d'amaro pianto... Ah le querele altrui

l'empio non ode.

TANGIA

Ammazzerei colui.

LISINGA

No, d'ottenermi mai,

barbaro non sperar:

mora Astianatte,

Andromaca perisca;

ma Pirro in van, fra gli empi suoi desiri,

e di rabbia, e d'amor frema, e deliri.

Ah non son io che parlo,

è il barbaro dolore,

che mi divide il core,

che delirar mi fa.

Non cura il ciel tiranno

l'affanno ~ onde mi vedo,

un fulmine gli chiedo,

e un fulmine non ha.

(va a sedere)

SILANGO

Ah non finir sì presto

germana amata.

LISINGA

Io la mia scena ho fatta:

faccia un'altra la sua.

TANGIA

Sentiamo almeno,

come si terminò questo negozio.

LISINGA

Io ve 'l dirò quando staremo in ozio.

SILANGO

Segui, o bella Sivene.

SIVENE

Eccomi.

(s'alza da sedere)

Io fingo

una ninfa innocente.

TANGIA

(Quel titolo di bella è assai frequente.)

SIVENE

Rappresenti la scena

una valletta amena. Abbia all'intorno

di platani, e d'allori

foltissimo recinto: e si travegga

fra pianta, e pianta, ove è maggior distanza,

qualche rozza capanna in lontananza.

Qui al consiglio d'un fonte il crin s'infiora

Licori pastorella

semplice, quanto bella. Ha Tirsi al fianco

che piangendo l'accusa

di poco amore; ella, che amor promise,

e d'amor non s'intende,

ride a quel pianto: il pastorel s'offende.

Crudele, ingrata, egli la chiama, ed ella,

che non sa d'esser rea, sdegnasi. E a lui,

piena d'ire innocenti,

semplicetta risponde in questi accenti.

SILANGO

Bellissima Sivene

qui manca il pastorello:

se mi fosse permesso io farei quello.

TANGIA

(Siam di nuovo al bellissimo;

e mai non tocca a me.)

SIVENE

Sorgi, e se vuoi,

fingi il pastor: ma non sia lungo il giuoco.

(Silango si leva in piedi)

TANGIA

(Per dir la verità,

questa diversità mi scotta un poco.)

SILANGO

(rappresenta)

Che mai Licori ingrata

che far degg'io, per ottener quel core?

Ostentami rigore

e sarai men crudele. È tirannia

quel sempre lusingarmi,

quel dir sempre che m'ami, e non amarmi.

Lo so. Già sei sdegnata.

Più credulo mi vuoi. Ma come oh dio!

se quei begli occhi amati

nulla mi dicon mai; se mai non veggo

di timor, di speranza,

di gelosia, di tenerezza un solo

trasporto in te: se mai non trovo un segno

de' tumulti dell'alma in quel sembiante

come posso, o crudel, crederti amante?

Se son lungi, non mi brami,

se son teco non sospiri,

ah! ti sento dir che m'ami

ma sperar amor non so.

E se ancor de' miei martiri

mai pietà non ha quel core,

o non sa che cosa è amore,

o per me non lo provò.

Che vi par della scena?

TANGIA

In quel pastore

soverchia debolezza io ritrovai.

SILANGO

Ma la ninfa che adora è bella assai.

(va a sedere)

TANGIA

(Che insolente!)

LISINGA

Sivene udiamo il resto.

SIVENE

(rappresenta)

Ogni dì più molesto

dunque o Tirsi ti fai. Da me che brami?

Credi che poco io t'ami?

Dopo il fido mio can, dopo le mie

pecorelle dilette il primo loco

hai nel mio core: e questo è amarti poco?

Se più d'un core avessi,

più t'amerei: farò che Silvia, e Nice

t'amin con me; già, che hai sì gran talento,

d'esser amato assai. Non sei contento!

Intendo: il tuo desio

è che m'avvezzi anch'io

a vaneggiar con te. Che a dirti impari

che son dardi i tuoi sguardi;

che un sol tu sei: che non ho ben, che moro.

Se da te m'allontano,

oh questo no, tu lo pretendi invano.

Mai non sperare

mentir ch'io possi,

ti voglio amare,

puoi lusingarti,

ma nell'amarti

non delirar.

Se a te non piace

restiamo in pace

e andiam contenti

ed io l'agnelle,

e tu gl'armenti

a pascolar.

SILANGO

Che amabil pastorella!

LISINGA

Or la commedia

è tempo che s'ascolti.

SILANGO

È ver: ma prima

lasciatemi appagar per carità

una curiosità. Questa valletta

in che paese è mai?

SIVENE

Oh questo importa poco.

SILANGO

Importa assai,

saper dove al presente

si possa ritrovar qualche innocente.

LISINGA

(con ironia)

Viva l'arguto ingegno.

TANGIA

Mi trovo nell'impegno,

ma non veggo il soggetto,

che intraprender potrei.

LISINGA

Qual più ti piace.

Un che venda bravura,

e tremi di paura. Un che non sappia

mandar fuori un sospiro,

che fu lo stil di Caloandro, o Ciro.

SIVENE

Un servo pecorone,

flagello del padrone.

SILANGO

Un vecchio amante,

che pieno di malizia,

contrasti fra l'amore e l'avarizia.

LISINGA

Un giovane affettato

tornato da' paesi...

TANGIA

Oh questo, questo.

SILANGO

(Qui ci anderà del mio.)

TANGIA

(Il vago Tirsi accomodar vogl'io.)

SILANGO

E ben Tangia diletta...

TANGIA

(sorge)

Eccomi alla toeletta,

ritoccando il tuppé.

Olà qualcuno a me, qualcuno olà.

Tarà larà larà.

(rappresenta e canta tra denti)

Un altro specchio, e presto.

Ta, rà; che modo è questo

di presentarlo? Oh che ignoranza crassa!

Pure alla gente bassa

perdonerei: ma qui viver non sa

né men la nobiltà. Chi non mi crede

vada una volta sola

alle Tuillerie. Quella è la scuola.

Là là chi vuol vedere

brillar la gioventù. Quello è piacere.

Uno salta in un lato,

l'altro è steso sul prato:

chi fischia, e si dimena:

chi declama una scena;

quello parla soletto,

rileggendo un biglietto.

Quello a Fillis che viene,

dice in tuon passionné

charmante beauté...

(cantando)

Ma qui?

Povera gente!

Fanno rabbia, e pietà. Non si fa niente.

E si lagnano poi, che son le belle

selvatiche con lor. Lo credo anch'io:

se i giovani non hanno arte, né brio.

Fanno l'amore

certi sguaiati

che qui si vedono

così affettati,

paion scimmiotti

dai gesti, e motti,

e palleggiando

van salutando

servo di lei,

io per lei moro,

o mio tesoro,

e divertendosi

vanno così.

(fa il ritornello con la voce, e balla in caricatura)

Fede non serbano,

non hanno affetto

e mai si sentono

amor nel petto:

ma sol ingannano

in ogni dì.

(insultando)

Che ti sembra Silango

di questo ritrattino?

SILANGO

(mortificato)

È bello assai.

TANGIA

L'idea mi par novella.

SILANGO

Sì: ma quella innocente è assai più bella.

TANGIA

(Non so, che gli farei.)

LISINGA

Via risolviamo.

Quale è dunque lo stile,

che preferir si debbe.

SIVENE

Il tragico sarebbe

senza fallo il miglior. Sempre mantiene

in contrasti d'affetti il core umano:

ma quel pianger per gusto è un poco strano.

SILANGO

Scelgasi dunque quella

semplice pastorella.

TANGIA

È d'uno stile

innocente, e gentile: e per un poco

certo darà piacer. Ma poi non ha

molta diversità. Quel parlar sempre

di capanne, e d'armenti

temo, che a lungo andar secco diventi.

LISINGA

Anch'io ne ho gran timor.

TANGIA

Dunque facciamo

qualche dramma ridicolo.

LISINGA

Facciasi. Ma corriamo un gran pericolo.

TANGIA

Qual è mai?

LISINGA

La commedia

degli uomini i difetti

deve rappresentar perché diletti.

E impossibile è affatto

che alcun non vi ritrovi il suo ritratto.

TANGIA

Cappari! Dice bene:

non se ne parli più. Tirarmi addosso

può gran nemici una parola, un gesto.

Fra gli altri guai mi mancherebbe questo.

LISINGA

Per tutto è qualche inciampo.

SILANGO

Orsù volete

seguitar belle ninfe il parer mio?

SIVENE

Io volentieri.

LISINGA E TANGIA

E volentieri anch'io.

SILANGO

(ad una schiava)

Vengano gli istrumenti.

SIVENE

Il tuo pensiero impaziente aspetto.

SILANGO

Concertate un balletto. Ognun ne gode,

ogn'uno se n'intende;

non fa pianger, non secca, e non offende.

SIVENE

Sì sì.

TANGIA

Piace anche a me.

LISINGA

Può dir qualcuno

novità nella scelta, io non ritrovo:

ma quel che si sa bene, è sempre nuovo.

LISINGA

Voli il piede in lieti giri.

SIVENE

S'apra il labbro in dolci accenti.

LISINGA E TANGIA

E si lasci in preda ai venti

ogni torbido pensier.

LISINGA, TANGIA, SIVENE E SILANGO

E si lasci in preda ai venti

ogni torbido pensier.

SILANGO

Il piacer conduca il coro.

TANGIA

L'innocenza il canto ispiri.

TANGIA E SILANGO

E s'abbracciano fra loro

l'innocenza, ed il piacer.

LISINGA, TANGIA, SIVENE E SILANGO

E s'abbracciano fra loro

l'innocenza ed il piacer.

Incomincia il ballo intitolato il Giudizio di Paride.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 06/01/2017
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40 (W)

Locandina Atto unico Scena unica