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La cifra

LA CIFRA

Dramma giocoso per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Giuseppe PETROSELLINI, Lorenzo DA PONTE.
Musica di Antonio SALIERI.

Prima esecuzione: 11 dicembre 1789, Vienna.


Personaggi:

MILORD Fideling, padrone del loco, da cacciatore, innamorato di Eurilla

tenore

RUSTICONE contadino padre di Lisotta

basso

EURILLA creduta figlia di Rusticone

soprano

LISOTTA figlia di Rusticone

soprano

SANDRINO innamorato, e promesso di Lisotta

basso

LEANDRO compagno di Milord

baritono


Coro di Villani, e Villane. Coro di Cacciatori. Comparse di Servitori, di Villani, di Cacciatori.

La scena si finge in un villaggio della Scozia.

Atto primo
Scena prima

Campagna, collinetta in distanza da cui si vedono scendere frettolose Eurilla, e Lisotta: Rusticone fra Contadini, che si sveglia: a distante suoni di corni da caccia. Caccia in lontananza ecc.
Rusticone, Eurilla, Lisotta, poi Leandro, e Milord da cacciatori.

RUSTICONE

Chi mi chiama? Chi mi desta?

Cos'è mai codesto suono?

Gente... amici... ah dove sono?

Chi ci viene a disturbar?

EURILLA

Caro padre avete inteso?

LISOTTA

Che tumulto!

RUSTICONE

Che fracasso!

EURILLA

Sto guardando or alto, or basso,

né alcuno veggo capitar.

RUSTICONE, EURILLA E LISOTTA

Sia chi vuol, in fretta in fretta

nella nostra capannetta

or ci andremo a ritirar.

MILORD

Fermate il piè, fermate,

nemici a voi non siamo,

ma far del ben vogliamo

a chi bisogno avrà.

LEANDRO

Guardateci con comodo,

siam uomini ancor noi:

pronti di dare a voi

prove d'umanità.

(Rusticone fa segno alle ragazze di partire)

MILORD E LEANDRO

Ragazze non partite,

ragazze state qua.

RUSTICONE

Piano, signori miei:

non tanta confidenza.

EURILLA

Chiediamo a voi licenza

con tutta civiltà.

LISOTTA

Oh sono pur bellini

carini in verità!

EURILLA

(a Lisotta mostrandosi renitente)

Venite.

LISOTTA

Adesso vengo.

RUSTICONE

Figliuole, a lavorare.

MILORD, LEANDRO

Oibò lasciate stare.

LISOTTA

Che brio!

EURILLA

Che nobiltà!

RUSTICONE, MILORD, LEANDRO, EURILLA E LISOTTA

Chi son saper vorrei

che fanno in questo loco:

trattiene i passi miei

la gran curiosità.

MILORD, LEANDRO, EURILLA E LISOTTA

Ho in seno un'allegria

che giubilar mi fa.

RUSTICONE

Spavento, gelosia

tremare il cor mi fa.

RUSTICONE

Orsù signore figlie,

a che gioco giochiam? Animo, a casa

ad innaffiar le piante,

a raccoglier le frutta...

(minacciando)

a trapiantar i fior.

MILORD

Via caro amico,

lasciatele un po' qui.

LEANDRO

Voi ben vedete

che siam due galantuomini.

RUSTICONE

Sarà: ma le mie figlie

non han di galantuomini bisogno.

Eurilla, Lisa, a casa:

se ve 'l fate ridir, corpo d'un cavolo

saprò insegnarvi ad ubbidire il padre.

EURILLA

Andiam sorella.

LISOTTA

Andiam.

(piano a Leandro)

(Ci rivedremo.)

LEANDRO

(Ci rivedrem cuor mio.)

MILORD

Dunque partite

Eurilla bella?

(richiamano le donne)

LEANDRO

Ah state qui sentite.

EURILLA

Miei signori in cortesia,

perdonate se andiam via;

villanelle meschinelle,

nate siam per lavorar.

Solo il padre a noi comanda,

ed andiam dov'ei ci manda,

(ah ch'io sento al dolce aspetto

entro il petto il cor balzar).

(parte)

LISOTTA

La sorella poveretta

le creanze poco sa,

e perciò con tanta fretta

v'abbandona, e se ne va.

Io che il viver so del mondo

chiedo a voi per lei perdono;

da baciar la man vi dono

e me n' vo con civiltà.

(parte)

MILORD E LEANDRO

Quanta, oh quanta differenza!

Quella piena d'avvenenza,

questa sciocca come va!

RUSTICONE

Manco mal che finì bene;

tremo tutto quando viene

tra noi gente di città.

MILORD

Tanta grazia, ed innocenza

non si trova alla città.

LEANDRO

Pur mi piace, pur m'alletta

nella sua semplicità.

MILORD

Avete, amico caro,

due figlie vaghe, spiritose, e belle.

RUSTICONE

Anzi due scioccherelle.

LEANDRO

Sì somigliano a voi.

RUSTICONE

Tanto meglio per noi.

LEANDRO

E sono veramente,

ma veramente entrambe figlie vostre?

RUSTICONE

Lo sono, non lo sono, a voi che importa

saper i fatti miei?

LEANDRO

Facea così per dir...

RUSTICONE

Son schiavo a lei...

(vuol partire)

LEANDRO

Amico caro, non andar in collera,

voglio che siamo amici:

e per prova maggior, dopo la caccia,

verrem a pranzo teco.

Terrem alle tue figlie

ottima compagnia, le vogliamo divertir.

RUSTICONE

Divertire?

Chi credete ch'io sia? Io son il sindaco,

son il primo villano,

e inoltre il guardiano del castello

di milord Fideling.

LEANDRO

Tu?

MILORD

Tu?

RUSTICONE

Io.

MILORD

Conosci tu milord?

RUSTICONE

Conobbi il padre suo, lui non conosco.

LEANDRO

(a Milord)

(Tanto meglio; celatevi.)

MILORD

Opportuno mi sei: sappi ch'io sono

di milord grande amico, e per lui stesso

son venuto qui.

RUSTICONE

Di milord Fideling?

LEANDRO

Di lui medesimo.

RUSTICONE

Scusi eccellenza...

(cava il cappello)

LEANDRO

(Ora cangiò registro

lo scaltrito villano.)

MILORD

Oltre la caccia

altra cosa mi preme.

Fa' radunar insieme nel castello

tutti questi abitanti.

RUSTICONE

Per che farne?

MILORD

Devo parlar in pubblico

a nome di milord:

di' lor che si preparino

a palesar il vero.

RUSTICONE

(Incomincio a temer qualche mistero.)

MILORD

Misero chi ha l'ardire

di dir una bugia, se tu sapessi

qual in queste campagne

tesoro si nasconde.

RUSTICONE

(Sempre più mi spaventa, e mi confonde.)

MILORD

Fra l'orror di questa selva

tu non sai qual gemma è ascosa:

tu felice se tal cosa

tu m'aiti a discoprir.

(parte Leandro)

Scena seconda

Rusticone solo.

Rusticone che dici? Non ti pare

ch'abbian costoro un non so che nel muso

che t'indica malanni?… questa gemma

che si vorria scoprir… quest'amicizia

con milord Fideling… quest'ordinarmi

d'adunar il villaggio… sta a vedere,

che si ricerca Olimpia

la figlia di Clerval... ebben... la cerchino:

chi la può palesar?... tutta la villa,

ella stessa si crede figlia mia...

e non sa cosa sia... mi batte il core,

e quando ei batte avrà la sua ragione.

All'erta Rusticone:

non lasciarti rapire

e le gioie, e l'amante... un sposalizio:

ci vuol volponeria, gamba, e giudizio.

Scena terza

Orticello contadinesco murato. Alcuni alberi di fuori che sporgono nell'orto.
Sandrino solo che sta lavorando, poi Lisotta, ed Eurilla.

Son un vago giovinotto,

ogni donna amor mi giura,

e mi diede la natura

capitali in quantità.

Son robusto, allegro, e sano;

ho buon piede, ho buona mano:

se Lisotta è per me cotta

ha ragione in verità.

Perché non vien nell'orto? Ella pur sa

ch'io son qui ad aspettarla:

ma sento alcun che parla: è la mia Lisa,

ed Eurilla con lei.

Voglio un poco celarmi,

e udir quello che dice: io so senz'altro,

che parlerà di me, del nostro amore,

quando la sposerò farammi onore.

(si ritira)

LISOTTA

Non ti par che mi guardassero

dalla testa sino ai piè,

non ti par che sospirassero,

che languissero per me?

EURILLA

Non mi pare.

LISOTTA

Ecco la sciocca;

che non apre mai la bocca

che per dir quel che non è.

Insieme

SANDRINO

(Chi sa mai di chi ragiona

la briccona senza fé.)

EURILLA

(Scioccherella, vanarella,

mi fa rider per mia fé.)

LISOTTA

Ah se almeno or qui venissero!

EURILLA

Che faresti?

LISOTTA

Che farei?

Queste frutta, questi fiori

al più bello dar vorrei,

ei diria: per te mi moro,

ed anch'io: ben mio direi,

ardo, e spasimo per te.

EURILLA

Ed il povero Sandrino,

che per te languendo va?

LISOTTA

Non è degno un contadino

di goder di mia beltà.

SANDRINO E EURILLA

Chi hai mai visto cor più tristo,

e più nera infedeltà.

SANDRINO

Ah crudelaccia

tutto ho sentito

or vedo, o perfida,

che m'hai tradito;

che se' una femmina,

che cor non ha.

LISOTTA

Chetati, calmati,

Sandrino mio,

se un giorno sposami

quel che dich'io,

ti darò indizi

di mia bontà.

EURILLA

Così deridere

può le sue pene,

così scordarsi,

che fu il suo bene;

povero giovine

mi fa pietà.

SANDRINO

Vuo' sollevare

tutta la villa.

EURILLA

(a Sandrino)

Ah no non fare.

LISOTTA

Lascialo Eurilla,

lascialo andare

per carità.

Insieme

SANDRINO

Come sta immobile

la malandrina...

se non mi vendico

dell'assassina...

l'ira, la rabbia

m'affoga già.

LISOTTA

Già per la Scozia

d'andar mi sembra

tutta coperta

d'oro le membra,

oh quanto è bella

ciascun dirà.

EURILLA

Così deridere

può le sue pene,

così scordarsi,

che fu il suo bene,

povero giovine

mi fa pietà.

(Lisotta parte)

SANDRINO

Eurilla, questo è troppo: ah vieni meco;

cerchiamo Rusticone; ei potrà forse

metter un po' a dover quest'assassina.

EURILLA

Andiam, Sandrino mio.

SANDRINO

Sei pur buonina.

(partono)

Scena quarta

Ricca sala antica, con sedili, ed un seggiolone nel mezzo.
Rusticone, Lisotta, Pastori, e Pastorelle tutti seduti; gli ultimi entrano Eurilla, Sandrino, poi Milord, e Leandro. Rusticone si guarda rozzamente attorno: monta in piedi sul seggiolone, e dice:

RUSTICONE

Figli, amici, compagne

di monti, di boscaglie, di campagne:

mandriani, bifolchi, agricoltori,

pastori, pastorelle

di caproni, di pecore, d'agnelle...

EURILLA

Padre...

SANDRINO

Lisotta...

RUSTICONE

Zitto.

L'amico di Milord nostro padrone

per me primo villano del castello

per me... per me... cavatevi il cappello,

qui vi fe' radunar; e un grande arcano

palesarvi dovendo,

ch'io non so cosa sia,

vuol che nessun di voi dica bugia.

(discende dal seggiolone)

EURILLA

Padre...

SANDRINO

Lisotta...

RUSTICONE

Zitto: i due signori

capitar già vedete.

LISOTTA

Andiamo incontro a loro;

EURILLA

Facciamo tutti un complimento in coro.

(compariscono i due cavalieri, e tutti s'alzano in piedi)

EURILLA E LISOTTA

Benvenuto il Cavaliere.

RUSTICONE E SANDRINO

Di Milord il caro amico.

CORO

Con rispetto con piacere

noi direm la verità.

MILORD

Viva viva buona gente.

LEANDRO

Su sediamo unitamente.

MILORD

La mia grazia vi prometto,

bezzi ancor se occorrerà.

LISOTTA, EURILLA E SANDRINO

Noi direm quel che sapremo,

non abbiate alcun sospetto.

RUSTICONE

(Me meschin! Vacillo, e tremo,

né so dir quel che sarà.)

CORO

Con piacere, con rispetto

noi direm la verità.

MILORD

Udite: è scorso il quinto lustro omai

da che il dominio, e i beni

furo a torto usurpati

al conte di Clerval.

RUSTICONE

(Cattivo esordio!)

MILORD

Padre in tutto infelice

altra figlia non ebbe

che Olimpia.

RUSTICONE

(Peggio peggio.)

MILORD

Bambina ancor per toglierla all'insidie

del fiero usurpatore

consegnolla fuggendo ad un pastore,

e consegnogli insieme

picciola cassettina

piena d'oro, e di gemme,

e di cose preziose.

RUSTICONE

(Onnipossenti dèi!

Eurilla in carne, ed ossa

è questa Olimpia.)

LISOTTA

Il caso è graziosissimo!

EURILLA

(Mi fa compassione.)

MILORD

Alfine è morto

l'usurpator scaltrito;

ma del fallo pentito

lasciò erede milord, con condizione

di ricercar, e di sposar trovando

l'Olimpia di ch'io parlo.

LISOTTA

(Foss'io quella!

Potrebbe darsi.)

MILORD

Un foglio

indica che condotta in questi boschi

fu la fanciulla.

RUSTICONE

E il nome

del pastor che l'ebbe

si sa?

MILORD

Non è indicato.

RUSTICONE

(Manco mal, manco mal, ripiglio fiato.)

MILORD

Or noi seguiam la caccia,

ed al nostro ritorno

tutto saper vogliamo.

Chi sa l'arcano, parli,

e avrà de' premi: ma se tace, aspetti

carcere, esilio, e pene rigorose.

LEANDRO

Cioè corda, berlina, ed altre cose.

Insieme

MILORD

Fiera strage dell'indegno

il mio sdegno far saprà.

LEANDRO

Fiera strage dell'indegno

il suo sdegno far saprà.

CORO

Siam sinceri, siam amanti

della bella verità,

e speriamo tutti quanti

che s'è ver si troverà.

EURILLA E SANDRINO

Ah chissà chi sarà quella

pastorella fortunata!

Chissà dove sta celata

e se mai si scoprirà.

LISOTTA

Ah se almeno io fossi quella

pastorella fortunata,

contadina io non son nata

v'ha in me troppa nobiltà

RUSTICONE

Io vorrei mostrarmi forte,

ma mi assale un gran timore,

che mi fa gelare l core,

che sudar tutto mi fa

LEANDRO E MILORD

Mi comincia a dar sospetto

quel volpon di Rusticone

v'è un arcano una ragione,

e scoprirla si dovrà.

(Sandrino, i pastori, e le pastorelle partono)

Scena quinta

Milord, Leandro, Rusticone, ed Eurilla.

MILORD

(a Leandro)

Rusticone, vien qui. (Tu mentre io parlo

osserva i motti suoi.)

LEANDRO

(Son peggio d'Argo.)

RUSTICONE

Puon partir le mie figlie?

MILORD

(a Rusticone)

No; rimangano.

Guardami fisso in volto.

RUSTICONE

Cosa serve?

Io sento cogli orecchi,

rispondo colla bocca, e non cogli occhi.

LEANDRO

(Pare ognor più turbato.)

MILORD

(Me ne accorgo.)

Ho gusto di vederti:

tu se' un bell'uom.

RUSTICONE

Non parmi.

MILORD

Dunque queste ragazze

son tue figlie?

RUSTICONE

Lo sono. Non son io forse

muso d'aver due figlie?

LEANDRO

Tutte due?

RUSTICONE

Tutte due, non le vedete,

paiono due gemelle.

LISOTTA

Non signor, non signore.

Colei sicuramente

di Rusticone è figlia,

vedete come in tutto a lui somiglia.

Ma io...

LEANDRO

Voi... Favellate.

LISOTTA

Giurerei per la gloria di mia madre,

che non può Rusticone esser mio padre.

EURILLA

(Sfacciatella.)

RUSTICONE

Briccona! così parli?

MILORD

E voi, bella Eurilletta,

non dite nulla?

LISOTTA

Bella? Bella colei?

Cospetto: o non ha occhi.

O è il principe de' sciocchi.

EURILLA

Ho inteso dir da tutti,

che una saggia fanciulla

dée parlar sempre poco,

e sol quand'è chiamata, e a tempo, e loco.

MILORD

Che candor!

LEANDRO

Che innocenza!

RUSTICONE

Sciocca! così rispondi a sua eccellenza?

Marsch!

(la discaccia con collera)

LISOTTA

(Così.)

MILORD

No, lasciatela! (Ha gran voglia

costui d'allontanarla.)

RUSTICONE

(Io fremo s'ella il guarda, o s'ei le parla.)

MILORD

Venite un poco qui; parlate meco.

Or che chiamata siete

risponder mi potete.

(Milord prende Eurilla per la mano, e l'accarezza)

LISOTTA

(Maledetto!

Come se la palpeggia!)

RUSTICONE

(Mi pizzican le dita.)

MILORD

Ditemi un po', carina,

voi che siete sì saggia,

avreste alcun indizio

da potere a noi dar? Conoscereste

qualche fanciulla a caso in queste selve,

che fosse manierosa,

modesta, graziosa,

che indicasse nel tratto un nobil sangue,

che per esempio somigliasse a voi?

LISOTTA

(O che bestia! o che bestia!)

EURILLA

Signor, quel che siam noi, per quel ch'io sappia,

sono di questi lochi

tutte le abitatrici; e non conosco

chi mostri nobiltà, spirito, e brio.

LISOTTA

Signora dottoressa, ci son io.

MILORD

(Come incanta ogni detto.)

Ci sarebbe anche Eurilla.

LISOTTA

La più sciocca, e ignorante della villa.

(Per bacco io crepo se non vado via.)

(parte)

RUSTICONE

E poi vi par? è nata in casa mia.

EURILLA

Ad ignobile cuna

purtroppo è ver mi condannò fortuna.

RUSTICONE

Seguitiam pur così.

MILORD

Voi meritate,

o cara, un'altra sorte; il vostro stato

non vi faccia avvilir: forse potrebbe

tutto per voi cangiarsi in un momento.

In quest'anima io sento

degli insoliti moti,

che decifrar, che intender non poss'io.

(Quanto, oh quanto il cor mio

interessa costei:

fosse Olimpia così, più non vorrei.)

Quelle sembianze amabili,

quei dolci sguardi onesti,

queste manine tenere,

quei detti ognor modesti,

son cose che m'accendono

di strani affetti il cor.

Non son selve, e pastori

degni di tai tesori:

dirvi di più vorrei,

ma non è tempo ancor.

Qual differenza o dèi!

tra figlia e genitor.

(osserva vari motti di Rusticone, e di Eurilla, e parte)

Scena sesta

Rusticone, ed Eurilla.

RUSTICONE

O corpo di Pomona

che terremoto è questo!

EURILLA

(Mio cor, non lusingarti.)

RUSTICONE

(Bisogna ripiegarvi.) Eurilla mia,

Eurilla. Eurilla trema!

EURILLA

Cosa è stato?

RUSTICONE

Sono precipitato.

EURILLA

Voi?

RUSTICONE

Io... Tu... Tua sorella... Ah vieni, abbraccia

il tuo povero padre... Un'altra volta.

(l'abbraccia affettatamente)

EURILLA

Che stravaganza è questa! Cosa sono

queste carezze insolite?

Voi mi fate paura.

RUSTICONE

Son sfoghi, figlia mia, della natura.

EURILLA

Ma parlate una volta.

Che fu? di che temete?

RUSTICONE

(tremando, e sottovoce)

Eurilla ascolta:

sai tu chi son color?

EURILLA

Mi par che sieno

due garbati signori.

RUSTICONE

Anzi due traditori,

due ladri, due bricconi, due birbanti,

coll'anima più nera dell'inchiostro,

che ti voglion sedur con farti credere

le cose che non son, per poi rubarti

al tuo tenero padre,

per condurti in città,

e torti l'innocenza, e l'onestà.

EURILLA

Cielo! cosa mi dite! e come mai

sotto un viso sì umano

nasconder ponno un'anima sì brutta?

RUSTICONE

Credi al tuo caro padre

che t'ama, che t'adora, che non vede

che per questi occhi tuoi: (già m'abbandona

la paterna prudenza.) a lor parole

per pietà non dar fede; ah s'io dovessi

perder Eurilla... perdere...

(quasi dissi le gemme, e la cassetta...)

baciami, o figlia mia... mia cara figlia,

il pianto trattener non posso più...

Deh non abbandonarmi almeno tu.

EURILLA

Che dite? abbandonarvi? e perché deggio

il padre abbandonar? non son io forse

l'ubbidiente Eurilla,

che a un cenno, a un guardo, a una parola sola

trema da capo a piede:

che ognor prove vi diede

di figlial tenerezza,

e di docilità! quale in voi nasce

nuovo strano sospetto,

onde in mille pensier m'ondeggia il petto?

Deh tergete, sì tergete,

padre mio, le molli ciglia,

o farete ancor la figlia

a quel pianto lagrimar.

S'io son docile, e amorosa

sallo il ciel, voi lo sapete,

e amorosa ognor vedrete

che saprommi conservar.

Padre... padre... ah perché ancora

va l'affanno in voi crescendo?

Giusto cielo! io non v'intendo,

voi mi fate palpitar.

(parte)

RUSTICONE

Non c'è tempo da perdere; bisogna

trovar qualche riparo

al periglio imminente... Eurilla... Lisa...

l'amor mio, la cassetta... adagio: a questa

or conviene pensar: va bene: io voglio

a dispetto dei diavoli,

se non la capra almen salvare i cavoli.

(parte)

Scena settima

Sandrino, Lisotta, e poi Rusticone.

SANDRINO

Ah sentimi Lisotta: arresta il passo.

LISOTTA

Non ho tempo.

RUSTICONE

Cos'è codesto chiasso?

(Lisotta si ritira)

SANDRINO

Giustizia Rusticon: vostra figliola

dopo tante promesse

dopo l'amor, dopo la data fede

mi deride, mi fugge,

crudelmente mi tratta...

RUSTICONE

E non vuoi far giudizio, o figlia matta?

Vien qui.

LISOTTA

Dove?

RUSTICONE

Qui.

LISOTTA

Subito ubbidisco.

(si ritira ancor di più, e va a sedere)

SANDRINO

Come? Questo a tuo padre,

o donna, donna no, ma basilisco!

LISOTTA

E chi è mio padre?

RUSTICONE

Chi è tuo padre? Io sono.

Per tua sfortuna, e per vergogna mia.

Ed ora, ora vedrai qual padre io sia.

LISOTTA

Non fate lo smargiasso,

da amica vi consiglio.

RUSTICONE

E ancora seguiti,

carne di coccodrillo?

LISOTTA

Oh cospettaccio!

Terminiam questa musica: io son figlia

d'un conte, d'un marchese, o d'un barone,

sento la nobiltà dentro il polmone:

per chiara conseguenza

voi mio padre non siete,

e ve lo proverò quando volete.

RUSTICONE

(sdegnatissimo)

Me 'l proverai?

LISOTTA

Ve 'l proverò sicuro.

SANDRINO

(E non le batte ancora il cranio al muro?)

LISOTTA

Un padre quando è padre

deve dar alla figlia, quando è figlia

qualche cosa del padre; io chi no 'l vede?

son diversa da voi dal capo al piede.

Voi nericcio, e giallognolo

come un pomo cotogno,

io candica, frescoccia, e vermigliuccia

qual rosa, allor che sbuccia:

voi ruvido, e peloso come un orso,

io morbida, sottil, delicatina

come giovin damina:

voi gonzo, io saputella;

voi burbero, io gentil, voi brutto, io bella.

Vo' andar un poco in traccia

di quei due forestieri;

tra noi, ve lo dich'io,

si troverà chi fu mio padre: addio.

RUSTICONE

Ah sfacciata, ribalda

così tu disonori la memoria

della quondam mia moglie Dorotea?

E non ti strappo la linguaccia rea?

Animo! Va' al lavoro

con tua sorella Eurilla.

LISOTTA

Io voglio andare

dove mi pare, e piace;

capite l'italiano, o no 'l capite?

RUSTICONE

Aspetta un po' briccona,

ch'or ti do l'italiano: a te Sandrino.

(si cava un fazzoletto, ne raccomanda un capo a Sandrino, e legano la Lisotta)

SANDRINO

Che cosa deggio far?

RUSTICONE

Stringi: così,

poi fin che torno qui

tu che devi una volta esser suo sposo,

custodisci l'indegna, a te ne lascio

padre, sindaco, e giudice del loco

ampia giurisdizione: io saprò meglio

castigar quando torno

una figlia impudente.

(Eurilla, e la cassetta or stammi in mente.)

(parte)

Scena ottava

Sandrino, e Lisotta.

LISOTTA

Sandrino caro, or soli siam.

SANDRINO

Lo veggo.

LISOTTA

Ebben, avrai tu core

di tenermi così, mio dolce amore?

SANDRINO

E perché no?

LISOTTA

Così

la tua Lisotta? quella

che ti vuol tanto bene,

che sospira per te?

SANDRINO

Or mi vuoi bene,

or sospiri per me!

Bricconaccia!

LISOTTA

Sì, caro,

dovresti pur saperlo.

SANDRINO

E i cacciatori

che vorresti sposar? e lo strapazzo

che di me tu facesti?

LISOTTA

Oh sei pur pazzo!

Fu uno scherzo, una burla: amo te solo,

sei sol l'anima mia: scioglimi, caro,

scioglimi almen le man.

SANDRINO

Son sordo.

LISOTTA

Senti.

Scioglimi una manina.

Una manina sola, e gusto avrai.

SANDRINO

Io gusto?

LISOTTA

Sì: tu gusto.

SANDRINO

E che farai?

LISOTTA

Un abbraccio idolo mio,

se mi sciogli io ti darò.

SANDRINO

Senza scioglierti poss'io

abbracciarti quanto vo'.

LISOTTA

Ti darò questa man bella

da toccar quando vorrai.

SANDRINO

Quella e questa, questa e quella

se mi piace io toccherò.

Insieme

LISOTTA

(Per tentarlo, per burlarlo

cosa mai dirgli potrò?)

SANDRINO

(Vuol tentarmi, vuol burlarmi,

ma per bacco, io non cadrò.)

LISOTTA

Anche un bacio, Sandrinetto,

ti prometto se mi sciogli.

SANDRINO

Anche un bacio?

LISOTTA

Sì furbetto.

Insieme

LISOTTA

E se manco, il fazzoletto

stringerai, non fiaterò.

SANDRINO

E se manchi, il fazzoletto

più di prima stringerò.

SANDRINO

(le scioglie una mano)

Or sei sciolta.

LISOTTA

(si cava un ago dalla testa, e lo punge)

Ed io ti pago.

SANDRINO

Cosa fai?

LISOTTA

Prova d'un ago.

SANDRINO

Quest'è il bacio?

LISOTTA

Il bacio è questo.

SANDRINO

Traditrice!

LISOTTA

Lega presto.

SANDRINO

No di qua non partirai

ahi ahi ah ah ah ahi!

Quanto sangue! Che dolor!

LISOTTA

Villanaccio, imparerai

a far meco il bel umor.

Guarda un po' che bel custode

ha trovato il genitor.

(parte)

SANDRINO

O poveretto me! come mi ha concio

questa gatta rabbiosa!

Ma non si perda tempo:

corriam subitamente

a ripararvi, pria che torni il padre,

o donne maledette, o donne ladre!

(parte)

Scena nona

Orticello come prima.
Rusticone involto in lungo ferraiolo contadinesco entra pian piano: si guarda attorno, e chiude la porta, poi Sandrino.

RUSTICONE

Non c'è nessun: si chiuda ben la porta

con questo chiavistello:

non crederei che l'aria, qualche uccello,

o gli arbori del loco,

mi dovesser tradir... ecco il mio bene,

ecco l'anima mia... la bella Eurilla...

(cava la cassettina da sotto il ferraiolo)

Eurilla è chiusa... il diavolo

non sa che sul fenile io l'ho ferrata...

Per lei non s'affanniam... si pensi adesso

a seppellir un morto,

che dée risuscitar per mio conforto.

Pian pianin senza far strepito

una fossa io caverò;

quivi meco i sassi abbondano:

giusto ciel! chi mi chiamò?

(Sandrino da lontano chiama «Rusticone?» ei copre col mantello la cassetta, va a guardare dal muro, poi torna al lavoro)

Non c'è alcun... forse mi parve...

il lavoro si fornisca:

e perché altri non capisca

lavorando canterò.

«Non volate farfallette

tanto spesso intorno il lume,

lascerete un dì le piume,

ed alfin la vita ancor.»

È cavata già la buca

il tesoro si nasconda...

«Farfallette non volate...»

RUSTICONE

Chi picchiò?... Non si risponda.

SANDRINO

Rusticon!

RUSTICONE

O dèi che faccio!

Io non so se parlo, o taccio...

s'apro, ovver se lascio chiuso...

son stordito... son confuso...

il mantel... la terra mossa...

un sospetto... il mio timor...

Ah sepolto in questa fossa

fossi anch'io col mio tesor!

Cerchiam di ricomporci.

(si segue a battere)

Ehi chi diamine batte?

(Rusticone copre col mantello il loco scavato)

SANDRINO

Rusticone!

RUSTICONE

Sei tu Sandrin?

SANDRINO

Così no 'l fossi!

(entra disperatamente)

RUSTICONE

Diavolo!

Che cosa è nato?

SANDRINO

Ah presto,

venite meco... Lisa

me l'ha fatta... mirate

le mani punzecchiate... il fazzoletto

che in mano mi restò!… la scellerata

dà i baci in questo modo... ah Rusticone

per carità voliam... s'ella ritrova

i signor che sapete,

voi più padre non siete...

io non son più marito...

RUSTICONE

Che diamine rammassi o scimunito?

SANDRINO

Lisa è scappata via...

Eurilla è uscita anch'essa...

RUSTICONE

Eurilla è uscita!

Come?... quando... in qual guisa?

SANDRINO

Lisa m'era fuggita... Io la cercai

per tutto invan... alfin mi venne in testa

di salir sul fenile.

RUSTICONE

Sul fenile?

SANDRINO

Sicuro! or ascoltate

il bel colpo che ho fatto!

Serrate eran le porte... io con un piede

a terra le gittai...

Eurilla era là chiusa... Eurilla, Eurilla,

per carità diss'io; corri alla selva

fino ch'io vado a ritrovar tuo padre,

a cercar tua sorella.

RUSTICONE

Oh sciagurato! ed ella!

SANDRINO

Ella sul fatto

sgambetta e se ne va dov'io la mando,

per impedir a Lisa un contrabbando.

RUSTICONE

Oh poveretto me! vanne sul fatto...

corri... vola... precipita...

alla campagna, alla collina, al bosco

io ti seguo sul fatto...

cerca... chiama... ritrova... io vengo matto.

(Sandrino parte)

Scena decima

Rusticone riprende la zappa, e ragguaglia la terra scavata, poi Sandrino.

RUSTICONE

Che contrattempo è questo...

son fuori di me stesso! andar conviene.

S'agguagli un po' il terreno... ho il cor diviso

tra Eurilla, e la cassetta...

(Sandrino rientra nel giardino, e sorprende Rusticone)

SANDRINO

Rusticone t'affretta:

io solo andar non voglio.

Ho paura dei lupi, e dei cinghiali...

RUSTICONE

(Maledetto!) Sì sì... Vengo... Il mantello...

Mi turbo... Mi confondo...

(Che tu possa crepar...) Son fuor del mondo.

(parte)

Scena undicesima

Bosco: piccola pianura nel mezzo con due alberi paralleli in poca distanza.
Milord, Leandro e Cacciatori, quindi Eurilla: poi Rusticone, e Sandrino, indi Lisotta che entrano, partono, e ritornano secondo la scena.

MILORD

Tutti al posto destinato

su correte immantinente.

CORO

Presto, presto, allegramente,

che gran caccia s'ha da far.

LEANDRO

Ma, milord, il cielo è nero:

non saria miglior pensiero

fra i pastori ritornar?

MILORD

Si schiarisce, lo vedete:

non temete, non è niente.

CORO

Presto, presto, allegramente,

che gran caccia s'ha da far.

EURILLA

Chi mi sa dir cos'è

quello che in seno io sento!

Speme, desio, spavento,

inganno, affanno, amor?

Cerco, né so che cosa;

fuggo, né so perché:

chi mi sa dir cos'è

quello ch'io sento in cor!

Ma veggo venir gente;

celar mi vo' per or.

RUSTICONE

Non sono al monte, al piano...

SANDRINO

Entrate fier nel bosco...

RUSTICONE E SANDRINO

Ah più non mi conosco

son pieno di furor.

SANDRINO

Lisotta...

RUSTICONE

Eurilla... oh dèi!

RUSTICONE E SANDRINO

Rispondi al genitor.

RUSTICONE

Tu cerca da quel lato,

da questo io cerco ancor.

LISOTTA

Il padre, e Sandrino

cercando mi vanno:

ma vadano, cerchino,

per me non m'affanno,

a core mi stanno

que' bei cacciator.

Da lungi già sento

de' corni il fragor:

trovare il più bello

potessi di lor.

LEANDRO

Odore di femmina

sentire mi par.

È caccia più nobile,

mi vo' qui fermar;

e gli orsi, e i cinghiali

per gli altri lasciar.

Oh stelle che strepito...

la caccia s'avanza.

Chi spara, chi sibila,

comincio a tremar.

MILORD

Presto il tuo schioppo...

LEANDRO

È scarico.

MILORD

Oh pazzo scimunito!...

Restò un cinghial ferito...

Non v'è più tempo... salvati...

che in più sicuro loco

vo presto a caricar.

LEANDRO

Ohimè, che batticore!...

Se vien la belva atroce...

CORO

Guardatevi, signore,

da quel cinghial feroce,

che noi tra quegli alberi

l'andremo ad aspettar.

LEANDRO

Ah dammi un po' il tuo schioppo...

oh numi! io tremo, e palpito...

fuggiamo di galoppo...

Là in cima a quella quercia,

andiamoci a salvar.

(va in cima all'albero)

EURILLA

Che chiasso! che fracasso!

che orribile spavento!

Tremar il bosco io sento...

stelle! che deggio far?

Avessi un archibugio,

difendermi potrei...

Eccolo: ai voti miei

propizio il cielo appar.

Viene l'irata belva:

vo' l'arme scaricar.

(spara)

Che fausto colpo oh dio!

mi sento consolar.

CORO

La belva è già caduta:

chi è stato l'uccisore?

Voi foste? oh nobil core!

oh donna singolar!

Corriamo al signor nostro

il colpo ad annunciar.

LEANDRO

Di qua sono partiti:

riprender vo' il mio schioppo...

Ma viene un altro intoppo,

mi possono burlar.

È meglio con le fronde

tornarsi a mascherar.

LISOTTA

Per trovar i cacciatori

son venuta... ma mi pare...

già mi sento il cor tremare...

vedo l'aria brutta brutta...

Ahi che bestia! tremo tutta!

ahi che lampi! me meschina!

dove fuggo? che sarà!

RUSTICONE E SANDRINO

Che spavento! che animale!

fuggo ahimè! fuggir non vale.

Cara Eurilla!... Eurilla è morta.

Ah Lisotta!... Lisa,

dove vo! chi mi conforta!

schioppettate, lampi, fulmini!

chi m'aiuta per pietà.

RUSTICONE, SANDRINO E LISOTTA

Vo girando, e non so dove;

tutto è orror, tutto spavento:

ogni foglia che si muove

palpitar il cor mi fa.

LISOTTA

Son confusa...

RUSTICONE E SANDRINO

Son perduto...

LISOTTA

Chi s'accosta?...

RUSTICONE, SANDRINO E LISOTTA

Aiuto... Aiuto!...

RUSTICONE E SANDRINO

Ah sguaiata, scellerata,

ti ho pur colta: che fai qua?

LISOTTA

A cercar, padroni miei,

la perduta nobiltà.

MILORD

Or ch'è morto il fier cinghiale

il fiato al corno date,

e la gente richiamate,

che pe 'l bosco errando va.

Ma Leandro è ancor smarrito:

dov'è mai?

LEANDRO

Eccomi qua.

MILORD

E perché lassù salito?

LEANDRO

Da quest'elce la gran belva

ho colpito...

CORO

È falsità.

EURILLA

Sì signor, ei mente affatto.

Col fucil che là trovai,

di mia mano io l'ammazzai,

questa gente ve 'l dirà.

CORO

Sì signor, l'abbiamo vista;

e vi dice verità.

MILORD, LISOTTA, RUSTICONE E SANDRINO

Cosa sento! cosa vedo!

LEANDRO

(Mi son fatto un bell'onore!)

MILORD

(Son qual uom di senno fuore.)

LISOTTA, SANDRINO E RUSTICONE

A quest'occhi appena io credo,

e mi sembra di sognar.

EURILLA

Qual mai strano ignoto affetto

mi fa l'alma giubilar!

MILORD

Una donna tal valore!

LISOTTA

Quella sciocca tal coraggio?

RUSTICONE

(Mi mancava questo ancora

per dar più da sospettar.)

MILORD, LEANDRO

Che stupor! che strano ardire!

no, di più non si può far.

LISOTTA, SANDRINO E RUSTICONE

Da furor, da gelosia

io mi sento soffocar.

RUSTICONE

Presto, presto, il ciel minaccia.

Poi faremo insieme i conti.

MILORD E LEANDRO

Anche noi siamo qui pronti

l'eroina a seguitar.

RUSTICONE

Non occorre, qui restate,

non vi state a incomodar.

EURILLA, LISOTTA E SANDRINO

Ma già il ciel divien più fosco.

MILORD, LEANDRO E RUSTICONE

Presto usciam da questo bosco.

EURILLA E LISOTTA

Su venite alla capanna,

vi preghiamo in cortesia,

là potrete desinar.

RUSTICONE

Più vicina è l'osteria,

(che possiate qui crepar).

TUTTI

Fischia il vento alla foresta...

fiero turbine si desta...

come mai di qua scappar?

ah che omai non v'è più tempo,

già la pioggia è incominciata.

EURILLA E LISOTTA

Sotto gli arbori celata

finché passa io vo' restar.

(vanno sotto un arbore per ripararsi dalla pioggia)

RUSTICONE E SANDRINO

Temeraria, a casa vieni.

MILORD E LEANDRO

Oh, restate, e voi volate

due mantelli a ritrovar.

(due servi di Milord partono correndo)

TUTTI

Oh che orribile diluvio!

che fracasso, che ruina!

EURILLA E LISOTTA

Io mi sento, me meschina

dalla testa ai piè bagnar.

MILORD E LEANDRO

Questa quercia è assai più folta,

qua venite...

(conducono le ragazze sotto l'altro albero)

RUSTICONE E SANDRINO

Volta, volta.

TUTTI

Oh che orribile diluvio!

che fracasso, che ruina!

RUSTICONE

Vien, briccona, al genitore.

SANDRINO

Vieni, ingrata, al fido amante.

(i servi recano i mantelli)

MILORD

A me questo.

LEANDRO

Ed a me l'altro.

MILORD E LEANDRO

(Poverine!...)

(le coprono col mantello)

EURILLA

Presto, presto.

LISOTTA

Sotto questi due mantelli

ci possiam così salvar.

TUTTI

Ah più irato il turbine cresce!

alla pioggia, alla procella,

fiera grandine si mesce.

L'acqua, i lampi, i tuoni, il vento

camminar ci fanno a stento.

Affrettiam, compagni, il passo,

per sortir da questo orror.

Atto secondo
Scena prima

Campagna aperta: in fondo collinetta praticabile: come nell'atto primo.
Alcuni Contadini, e Contadine intente a diversi lavori: ai lati veduta di bosco.
Lisotta, ed Eurilla che lavorano, e cantano con gli altri il seguente coro. Rusticone appiè del colle.

CORO

La tempesta è già calmata.

Il periglio è omai svanito:

ride il cielo, e un'aura grata

scherza, e invita a lavorar.

RUSTICONE

In che razza d'impiccio diabolico

son io con questi cari forestieri?

Oh quanto volentieri

me li torrei d'intorno! Ove son iti?

Che progetti hanno in testa or che di nuovo

tornar denno a parlarci? Il mio segreto

è riposto in me sol: pur non son cheto.

Certe tronche parole... certi sguardi...

mi par che si sospetti, e si potria

leggermi in faccia la bricconeria.

Pensiamci un poco su: caso che mai

dovessi confessar che a me fu data

l'Olimpia che si cerca...

Questo caso è impossibile, ma posto,

che possibile diventi... al punto estremo

non potresti dir che questa Olimpia è Lisa?

Bravissimo! in tal guisa

fo contessa la figlia;

mi assicuro Eurilletta, a cui col tempo

l'affare imbroglierò sì che si accordi

a diventar mia moglie...

oh che bestia! oh che bestia!

e pria non ci pensai... ma la cassetta?

Dirò che fu involata:

vadan poscia a cercar dov'è celata.

Non resta che Sandrino: io gli ho promessa

per questa sera stessa

la man della Lisotta: è necessaria

una spiritosetta invenzione

degna di Rusticone

per ritardar le cose... ei viene... ah figlio,

(piange)

figlio, piangi con me.

SANDRINO

Che cosa è nato?

RUSTICONE

Piangi, e poi te 'l dirò. La nostra Lisa

la tua sposa futura,

quella bella ragazza...

SANDRINO

Cos'ha?

RUSTICONE

Poveri noi! Divenne pazza.

SANDRINO

La Lisa!

RUSTICONE

La mia figlia.

SANDRINO

(ridendo)

Via non c'è mal: difetto di famiglia.

RUSTICONE

Tu ridi?

SANDRINO

Rido certo...

lasciate ch'io la sposi

e ve la do guarita.

RUSTICONE

Che? Sposarla?

Ella d'altro non parla

che di nozze di principi, e di conti.

Corre da valli a monti

cercando i forestieri,

beffandosi di noi.

SANDRINO

Non c'è che questo?

Io la prendo com'è.

RUSTICONE

Ed io non te la do.

SANDRINO

E me 'l dite sì franco?

RUSTICONE

Son suo padre,

e posso comandarlo.

SANDRINO

Me l'avete promessa.

RUSTICONE

Saggia, ma non ossessa.

SANDRINO

Ed io la voglio

se avesse addosso settecento diavoli.

RUSTICONE

Eh va' via, che sei pazzo.

SANDRINO

O datemi la Lisa, o ch'io m'ammazzo.

Senza la mia Lisotta

vivere non potrei.

Il core io diedi a lei,

né ad altra io mai darò.

Non chiedo, e non m'importa,

che pazza, o savia sia;

la bella Lisa è mia,

com'è la sposerò!

Siete ostinato ancora?

Ancor dite di no?

Ah padre crudele...

ah barbara sorte...

a un'alma fedele

voi date la morte;

e già che il volete

meschino morrò.

Ma pria lo vedrete,

vendetta farò.

(parte verso il bosco)

Scena seconda

Rusticone solo.

Fa' pur quel che ti pare;

di te non ho paura: il piano mio

coi due spioni eccellenze

è per bacco eccellente!

Andiamci un po' ad unir coll'altra gente.

(va sul colle)

Scena terza

Eurilla, poi Lisotta con falce in mano, indi Rusticone.

EURILLA

(scende a destra)

Di momento in momento

cresce il mio turbamento,

la mia confusion... Questo timore

del genitor... le insolite carezze...

la gelosa custodia...

i detti misteriosi... e sopra tutto

l'inclinazion che a mio dispetto ancora

per quel signore io sento...

LISOTTA

Cara signora falce garbatissima,

andate un poco al diavolo; vi pare

d'esser voi cosa degna

di stare in una man da gentildonna?

Oh con un'altra gonna,

con una ricca scuffia, anelli e gioie!

Come sarò più bella.

EURILLA

E segui ancora a far la pazzerella?

Cara la mia Lisotta

finisci questi sogni.

LISOTTA

E cosa ci entra

ne' fatti miei la signorina?

EURILLA

Io parlo

perché ti voglio ben, perché mi spiace

che faccia certe cose,

che ti rendon ridicola, perché

mia sorella tu sei,

e perché i torti tuoi son torti miei.

LISOTTA

Troppe grazie! Anzi ascolta

s'è ver che mi vuoi ben, non dir giammai

che tu sei suora mia.

EURILLA

Perché?

LISOTTA

Perché non posso

crederti mia sorella.

Siamo troppo dissimili.

EURILLA

Oh per bacco

non vorrei somigliarti.

Tu giri tutto il dì, ciarli, civetti,

parli senza ritegno, odi il lavoro,

sei libera con tutti, insulti, oltraggi

me, tuo padre, il tuo sposo; io...

LISOTTA

Tu sciocchissima

chiacchieri per invidia:

credi tu ch'io non sappia,

che quando alcun mi guarda,

mi vagheggia, mi loda,

crepi di rabbia, e resti una marmotta?

EURILLA

O povera Lisotta!

Come ti burli! sappi,

che in un dì mi vorrei far correr dietro

tutto quanto il villaggio, se volessi

far le cose che fai:

ma non le farò mai; la sfacciataggine,

l'ardir, la vanità, la sfrontatezza

diverte, fa piacer, ma non s'apprezza.

I primi a biasimarla

son quelli che la cercano;

ma una giovine onesta,

contegnosa, modesta

anche dai dissoluti

si rispetta, s'ammira, e si desia;

e n'hai l'esempio in me, sorella mia.

LISOTTA

Oh che esempio! oh che esempio! ignorantissima!

EURILLA

Lisotta, olà Lisotta

non istancar il mio buon cor; se seguiti,

ti pentirai.

LISOTTA

Che muso

da fare ch'io mi penta! Puf!

EURILLA

Finiscila.

LISOTTA

Pif!

EURILLA

Finiscila dico: tu non lo sai

quel ch'io farò se tu sdegnar mi fai.

EURILLA

Son più dolce assai del zucchero,

amorosa, e di buon core:

ma ancor io mi sento un'anima,

ma ogni serpe ha il suo velen.

E se un dì mi farai perdere

la pazienza, la prudenza,

mi saprò da te difendere,

saprò quel che far convien.

LISOTTA

Saprai far? contadinaccia!

Cosa è quel che far saprai?

Ch'io ti dica peggio assai,

ch'io ti strappi mezzo il crin!

(qui sorte Rusticone ma non è veduto)

EURILLA

Io vorrei, che osassi torcermi

o toccarmi un pel d'un braccio,

giuro al ciel che di te faccio

quel che far non sa Sandrin.

LISOTTA

Meschinella!

EURILLA

Petulante!

(Eurilla prende con forza Lisotta per la mano, e la gira destramente attorno alcune volte)

Insieme

EURILLA

Se ti prendo, tracotante

resti là come un pulcin.

LISOTTA

Oh che forza da gigante!

Resto qua come un pulcin.

RUSTICONE

Brava, brava, castiga, mia figlia,

questa pazza che ognor ci scompiglia,

e tu sciocca, dov'è più la bocca,

la baldanza, l'ardire dov'è?

EURILLA

Caro padre, si fece per gioco.

Deh, sorella perdona al mio foco:

dammi un bacio, ritorna al mio seno,

e fa' pace per sempre con me.

LISOTTA

Sì ti bacio, t'abbraccio, ti stringo;

(sallo il ciel se non simulo, e fingo:

maledetta ha più forza di me.)

RUSTICONE

Oh che cor! Che dolcezza, che tratto:

inginocchiati, testa da matto;

(a Lisotta)

all'onor della nostra famiglia

oh che figlia, oh che figlia, oh che figlia!

no che al mondo l'uguale non v'è.

(Vedo ben che non nacque da me.)

Zitto! Udite che suono?

(si sente da lontano un preludio di strumenti da fiato)

EURILLA

Che musica gentil!

LISOTTA

(sempre allegramente)

Saran sicuro

quei cavalier, che vengono per me.

RUSTICONE

Son essi per mia fé: olà giudizio!

(a Lisotta)

Tu Eurilla mia qui sta'.

(si mette Eurilla dietro le spalle)

LISOTTA

Or gli effetti vedrem di mia beltà.

Scena quarta

Milord, e Leandro preceduti da una banda di strumenti da fiato e seguìti da alcuni Servi riccamente vestiti: un di questi porta un gran bacile coperto. Séguito di Contadini, e Contadine.

MILORD

Già che il ciel, cari amici,

s'oppone ai voti nostri, e vane furo

le mie cure, le vostre, onde scoprire

la sospirata erede, io voglio almeno

pria di tornar in Scozia una memoria

del mio core lasciarvi.

EURILLA

(Oh cielo! ei parte?

Morir mi sento.)

RUSTICONE

(Bravo! se ne va!)

LISOTTA

Partirete anco voi?

LEANDRO

(con caricatura)

Ah sì purtroppo

partir deggio, o mia vita.

LISOTTA

(piano a Leandro, poi si ritira)

Andate al diavolo.

MILORD

Quest'oro o buona gente

dividete tra voi: tu che sei padre

di sì buone ragazze

tieni quest'orologio.

(se lo cava dal fianco)

RUSTICONE

Mille grazie.

(Fin qui l'affar va bene.)

LEANDRO

(Come gitta i quattrini! Facea meglio

a regalarli a me.)

MILORD

Voi, mie carine,

queste bagatelluccie.

(scopre il bacile)

Godete ad amor mio! (Vedrem se giova

o s'è inutil tal prova.)

LISOTTA

Oh quante cose!

Lasciatemi veder: che bel monile!

che fibbie! che smanigli!

e questo anello è d'oro!

(nel prendere molte cose a un tratto Lisotta lascia cadere un ritrattino: Eurilla lo prende, e lo guarda con sorpresa, Milord la sta osservando)

LEANDRO

Sì cara mia!

LISOTTA

Questo lo vo' per me.

E questo ancor, e questo che cos'è?

LEANDRO

Uno specchio.

LISOTTA

Uno specchio? oh caro! oh buono!

guardate un poco come bella io sono!

MILORD

(Attonita mi pare.)

EURILLA

(Oh dèi che palpiti,

che tumulto, che moti

entro il sangue io mi sento.)

(guarda il ritratto)

LEANDRO

(Intendo il gergo.)

MILORD

Cosa state guardando,

Eurilletta vezzosa?

EURILLA

Signor, guardo un sembiante

per me sì interessante.

RUSTICONE

(Che diavolo sarà?)

MILORD

Quello è il ritratto

della sposa del conte di Clerval.

RUSTICONE

(Non sento mai tal nome

senza che mi si rizzino le chiome.)

EURILLA

È mio?

MILORD

Vostro se aggradavi.

RUSTICONE

Ignorante!

Cosa ne vuoi tu fare?

EURILLA

Lo voglio baciare

da sera a mattino,

vicino vicino

vo' porlo al mio cor.

Oh quanto quest'anima

consola, ed alletta!

Andar deh lasciatemi

soletta soletta;

in quello la vista

vo' pascere ognor.

(parte)

MILORD

(Oh numi, e qual sarà

se non è questa di Clerval la figlia.)

LEANDRO

(Son fuori di me per meraviglia.)

RUSTICONE

(Presto si scopre tutto.)

LISOTTA

Ed io me n' vado

a pulirmi, e guardarmi a modo mio;

grazie alla lor bontà, padroni addio.

Scena quinta

Rusticone, Milord, e Leandro.

MILORD

(Son stordito.)

RUSTICONE

(Son morto.)

LEANDRO

(La cosa è evidentissima.)

MILORD

(Seguitiamo coll'arte.) Rusticone

confabuliamo un po' così tra noi.

Qual è la primogenita

delle figliole tue?

RUSTICONE

(risoluto)

È morta.

LEANDRO

(con ironica furberia)

È morta!

MILORD

E qual di quelle due

è la più vecchia?

RUSTICONE

Che domande!

MILORD

Ho in testa

un pensiero utilissimo per lei.

RUSTICONE

(Non so qual deggia dir.)

LEANDRO

(Parmi imbrogliato.)

RUSTICONE

(baciagli ridendo la mano)

Signor vi son ben grato.

MILORD

E quale è dunque?

RUSTICONE

Ve lo può dir chiunque. (Io non vorrei

che prove della nascita chiedesse.)

MILORD

Dimmelo tu.

RUSTICONE

Se bene mi ricordo,

Eurilla prima nacque.

LEANDRO

(come sopra)

Se bene si ricorda!

RUSTICONE

Certamente.

Ho tante cose in mente.

MILORD

Ove son nate?

RUSTICONE

L'una

in Londra è nata, e l'altra nell'America.

(Mi vorrei pur schermire.)

MILORD

(Ah volpe, volpe

ti coglierò) In qual anno

tu sei stato maritato?

RUSTICONE

Uh uh! è cosa antica.

MILORD

Avesti molti figli?

RUSTICONE

N'ebbi... n'ebbi.

La storia è un po' lunghetta: or con bell'ordine

tutto vi ridirò: le cose mie

son limpide, son chiare:

(convien coll'arte impasticciar l'affare).

L'anno mille settecento

cinquantotto, o poco più:

forte al punto: state attento,

mi sposai con una giovane

fior di grazie, e di virtù.

Tre figliuole il ciel mi diè,

perché una, e due fan tre:

e fan tre nel modo stesso

una, un'altra, e un'altra appresso.

In vent'anni tre figliuole,

che per altro or son due sole

perché l'altra più non c'è.

Non è poi la gran famiglia;

e si tratta che ogni figlia,

benché resti senza madre,

quando è figlia di buon padre,

bella, o brutta, brutta o bella,

sempre è figlia, sempre è quella,

e si deve maritar.

Questo conto è così chiaro,

che l'intende anche un notaro,

lo so io, lo sanno tutti,

e non v'è da replicar.

(Gliel'ho fatta, son confusi,

son storditi, son delusi:

che diletto, che spassetto,

più non san cosa pensar.)

(parte)

Scena sesta

Milord, e Leandro, poi Eurilla.

MILORD

Udisti?

LEANDRO

Udii.

MILORD

Ti sembra

che resti più alcun dubbio?

LEANDRO

Ah! questa è certo

l'Olimpia che cercate.

Ma come poi convincerlo?

MILORD

Di questo

a me lascia la cura: i passi suoi

tu seguita frattanto; e quanto puoi

cerca d'intrattenerlo: è ben ch'io sappia

dove va, quel che fa, con chi favella,

cosa tenta, che dice: intanto voglio

Eurilla ancor veder: forse da lei

prenderan nuovi lumi i dubbi miei.

Eccola: quanta è vaga!

(si ritira)

EURILLA

Oh caro! oh benedetto! il più bel volto

non vidi a' giorni miei: pare che anch'esso

mi guardi, e rida! ah!

(vedendo Milord, mette un grido)

MILORD

Cosa avete, Eurilla?

Perché fuggite? Ho forse

occhi da far paura a una fanciulla?

EURILLA

Signore... nulla... nulla... il padre mio

è sì rigido meco, e s'ei mi trova...

e poi voi già partite, e più non giova.

MILORD

No, mia vita, non parto

se non trovasi Olimpia.

EURILLA

E voi l'amate,

signor, codesta Olimpia?

MILORD

Io l'amerei

se fosse come voi.

EURILLA

Perché no 'l sono!

MILORD

Ci avreste voi piacer?

EURILLA

Signor mio sì;

m'amereste così.

MILORD

E chi sa che no 'l siate?

EURILLA

Ah! Rusticone

dice ch'io son sua figlia.

MILORD

Egli è un briccone

voi sua figlia non siete.

EURILLA

Oh dèi! Se fosse vero!

MILORD

Almen cara io lo spero! I nostri cori

ci dicon troppe cose:

e poi questo ritratto...

EURILLA

Oh quanto io l'amo!

MILORD

Ei vi somiglia affatto.

EURILLA

Che dite? Ei mi somiglia? Perdonate:

ma sembrami signor, che voi scherziate.

EURILLA

Modesto è quel ciglio.

MILORD

E il vostro è così.

EURILLA

Quel labbro vermiglio.

MILORD

Vermiglio è ancor qui.

EURILLA

Adorna quel viso

gentil maestà.

MILORD

Tra il dolce del riso

si vede anco qua.

EURILLA E MILORD

L'affetto, il diletto

crescendo in me va.

MILORD

Quei crini guardate.

EURILLA

Son folti, son neri.

MILORD

Quegli occhi osservate.

EURILLA

Son lieti, e sinceri.

MILORD

Le tinte...

EURILLA

Vivaci.

MILORD

Gli sguardi...

EURILLA

Loquaci.

MILORD

E tutto il sembiante...

EURILLA

Spirante bontà.

MILORD

Quei crini, quegli occhi,

quei sguardi gentili

son tutti simìli

in grazia, e beltà.

EURILLA

Oh stelle che palpiti

nel seno mi sento,

che dolce preludio,

che intender non fa!

MILORD

Che moti! che palpiti!

che strano contento!

Se Olimpia non sei

oh dèi! Qual sarà?

(Eurilla parte, Milord vuol partire ma sentendo parlare torna indietro)

Scena settima

Sandrino, Leandro, e Milord.

SANDRINO

Sì signore: io medesmo lo trovai,

non son ancor due ore,

chiuso nell'orto.

LEANDRO

E avea

la zappa ancora in mano

e il mantello per terra?

SANDRINO

Quante volte

ve lo deggio ridir?

LEANDRO

E si vedea

mosso il terren di fresco?

SANDRINO

Questo poi

si può vedere ancora.

LEANDRO

E sì confuso

quando sorpreso l'hai ti parve?

SANDRINO

Sì.

LEANDRO

All'amico si voli. Ah siete qui.

Capiste?

MILORD

Ho già capito.

Sai dov'ora è quel birbo?

LEANDRO

Appiè del colle,

smanioso, ed attonito

poco prima il raggiunsi: ivi con arte,

come voi m'ordinaste, io lo trattenni;

alfin fugggimmi: io venni

per avvisarvi, e ritrovai per via

il villan che vedeste, il qual narrommi

le cose che sentiste,

oltre varie querele

di Rusticon, di Lisa,

che in isposa ei pretende.

MILORD

Ah non si tardi!

(a Sandrino)

Tu presto a casa vola, teco prendi

due abiti villeschi, e qui li porta:

tu qui sta' fin ch'io torno.

(a Leandro)

Io vado a dar certi ordini,

e a pigliar meco alcun della mia gente.

SANDRINO

(partendo)

E la Lisa fia mia?

LEANDRO

Sicuramente.

Or cosa farò qui? ma vien Lisotta...

Con questa mattarella

divertiamci un pochino.

Scena ottava

Leandro, e Lisa ornata di tutti gli abbigliamenti guardandosi nello specchio.

LISOTTA

Questi occhi, queste ciglia,

questo nasin di neve,

questo bocchin di rose

non poteano esser cose

nate da un contadino: ah son più bella

di Venere, del sole, e dell'aurora.

Mi potessi veder di dietro ancora.

Che cosa fate qui?

LEANDRO

Sto vagheggiando

questo nasin di neve,

questo bocchin di rose,

e l'altre belle cose.

LISOTTA

Non siete ancor partito?

LEANDRO

Vi dispiace,

ch'io partito non sia?

(Eppur costei non mi dispiaceria.)

LISOTTA

Certo certo mi spiace.

LEANDRO

Perché?

LISOTTA

Perché non posso più vedervi

senza alterar il fisico.

LEANDRO

Come mia cara?

LISOTTA

Il «cara»,

lasciatelo un po' stare.

LEANDRO

Io mi uccido, mi strozzo

se ancora seguitate...

LISOTTA

Sì ammazzatevi,

ma via di qua.

LEANDRO

Perché cotanta collera?

LISOTTA

Perché quand'uno sa che dée partire

non dée venire a far l'innamorato;

non se ne parli più, v'ho congedato.

LEANDRO

Eccomi a piedi tuoi,

abbi di me pietà.

Farò quel che tu vuoi,

non partirò di qua!

Per quei begli occhi il giuro,

che fer le mie catene,

per quella man mio bene,

che palpitar mi fa.

LISOTTA

Alzatevi, e ascoltate.

Voi non siete sì bello

com'è l'altro signor vostro compagno.

LEANDRO

(Manco mal che me 'l dice.)

LISOTTA

Io l'amo più di voi.

LEANDRO

Me n'ero accorto.

LISOTTA

Vo' che così adornata

mi veda; se gli piaccio,

forbitevi la bocca,

che la bella Lisotta a voi non tocca:

s'ei poi facesse il matto;

fatta è la vostra sorte, io sono vostra,

vi sposo, e buona notte: va pulito?

LEANDRO

Ottimamente.

LISOTTA

E voi da buon marito

pensate a divertirmi: io voglio in tutti

i dì delle mie nozze

i possibili gusti, e feste, e giochi,

e ballo a più di mille,

e invito a più di cento,

e una musica poi da far spavento.

Non vo' già che mi suonino

pive, sampogne, o pifferi,

chitarre, o colascioni,

tamburi, lire, o nacchere,

né sveglie, né bussoni,

ribecche, o dabuddà.

Ci voglio li violini,

arpe, oboè, salteri,

viole, violoncelli,

e flauti traversieri,

fagotti e contrabbassi,

e i clarinetti, e i timpani,

e le trombette, e i corni,

e tutti li strumenti

che s'usano in città.

(parte)

Scena nona

Leandro, poi Milord.

LEANDRO

Quanto è cara costei

nella sua bizzarria.

MILORD

Leandro eccomi a te, tieni quest'arme,

quest'abito ti metti, e vieni meco.

LEANDRO

Dove dobbiamo andar?

MILORD

Furtivamente

di Rusticon nell'orto

introdur ci dobbiam: più inosservati

al favor di quest'abiti

ai villani sarem: indi improvvisa

sarà la mia scoperta a quell'indegno:

vedrà quel che san far amore, e sdegno.

(partono)

Scena decima

Orto come al primo atto.
Sandrino sulla sommità del muro che accomoda due scale; poi Milord, Leandro, e séguito di Gente per le scale, indi Rusticone, Eurilla, Lisotta, e Contadini.

SANDRINO

Preparate ho già le scale,

ed ancor non viene il conte:

zitto: il veggio appiè del monte:

ehm, ehm, ehm, venite qua.

Rusticone è fuor di casa,

ho pur colto un buon momento:

che vendetta! che contento!

A burlarmi imparerà.

(discende nell'orto)

MILORD

(dalla sommità del muro poi discende)

Tutto tace, alcun non viene:

segua ognuno i passi mie;

oh che colpo se va bene

per quel perfido sarà.

SANDRINO

Questo è il loco ove l'amico

vidi già scavar la fossa.

(Sandrino conduce Milord alla fossa; gli altri discendono)

MILORD

Ah che mossa è qui la terra!

(a Sandrino)

Per di dentro l'uscio serra,

sicché alcun non possa entrar.

Insieme

MILORD

Una prova manifesta

spero qui di trovar.

LEANDRO E SANDRINO

Una prova manifesta

spera qui di trovar.

CORO

Io non so che storia è questa

né com'ha da terminar.

LEANDRO

Al di fuor levi la scala

chi nell'orto ultimo cala.

MILORD

(a Sandrino e Leandro)

Voi scavate, e voi frattanto

state ai buchi ad osservar.

LEANDRO

Ehi mi par che venga gente.

MILORD

Seguitate, non fa niente.

SANDRINO

Vien lo stesso Rusticone.

MILORD

Venga venga, quel briccone:

badi ognuno al suo lavoro,

che un tesoro dée qui star.

CORO

Badi ognuno al suo lavoro,

che un tesoro dée qui star.

RUSTICONE

Ah chi v'è nell'orto mio!

MILORD

Fate presto: scavo anch'io.

RUSTICONE

Me meschin! Rubato io sono.

(guarda nell'orto dall'albero)

Figlie, ai ladri, ai ladri o gente,

un soccorso per pietà.

MILORD

Qualche cosa veder parmi,

che risplende sotto terra.

RUSTICONE, EURILLA E LISOTTA

Gente, amici, all'armi, all'armi;

ah gettiam la porta a terra!

MILORD

Ecco ecco: fuor cavate.

RUSTICONE, EURILLA E LISOTTA

Meco gli urti raddoppiate:

assassini malandrini,

vi vo' tutti scorticar.

GLI ALTRI

Oh che gioia, o che contento,

sento l'alma giubilar.

MILORD

Presto aprite, e ritiratevi,

e veggiam cosa san far.

(Rusticone entra precipitosamente con legno in mano. Milord si cava l'abito villesco, e si vede l'ordine)

RUSTICONE

Oh dèi! sogno, o son desto?

MILORD

Non sogni, non sogni,

scellerato villano! in me ravvisa

il figlio di milord

signor di questi lochi: il cielo alfine,

e la prudenza mia tutto scoperse

le tue menzogne, e i tradimenti tuoi.

Empio! or nega se puoi,

che a te si diede di Clerval la figlia,

e che di queste due l'una non sia?

RUSTICONE

Ah signor, ascoltate...

MILORD

Taci... io voglio,

che l'intero villaggio

le tue colpe conosca;

(ad alcuni del suo seguito)

a radunarlo

o miei fidi volate: a voi frattanto

questo scrigno confido,

quel ribaldo consegno,

e con la vera la supposta figlia.

Nella pubblica piazza

verrete:

(a Rusticone)

al mondo in faccia

tu le chiavi ne porta

tutto si scoprirà.

RUSTICONE

Figlie... amici... signor...

MILORD

Non c'è pietà...

Tu perfido osasti

mancare di fede,

tu un padre ingannasti,

che in guardia ti diede

la speme, l'oggetto

del tenero amor.

Per te in basso stato

oppresso languio,

ch'il cielo, ch'il fato

destina al cor mio;

paventa l'effetto

d'un giusto rigor.

E intanto il mio bene

consoli le pene,

che l'ore di giubilo

s'appressano al cor.

(parte con Sandrino e Leandro)

Scena undicesima

Rusticone, Lisotta, ed Eurilla.

RUSTICONE

(Rusticone al ripiego.) Ah mia signora...

(s'inginocchia)

LISOTTA

Cosa vegg'io!

RUSTICONE

Perdon per carità

EURILLA

(Cos'è tal novità?)

RUSTICONE

Sappiate ch'io...

LISOTTA

Voi...

EURILLA

Cosa sarà mai?

RUSTICONE

(con un sospiro risoluto)

Vostro padre non sono.

LISOTTA

Eterni dèi?

Chi è dunque il padre mio?

RUSTICONE

Il conte di Clerval.

LISOTTA

(lietissima)

Il conte? il conte, ond'io

sono la contessina?

RUSTICONE

Sì la contessa Olimpia.

EURILLA

Oh me meschina!

LISOTTA

Ah l'ho detto! L'ho detto!

Ed altri no 'l credea.

RUSTICONE

In faccia al mondo

confesso il fallo, anzi l'inganno mio;

un briccone son io, merito peggio.

Ma la vostra bontà

so che m'impetrerà grazia, e perdono.

In casa mia cresceste,

v'amai sempre qual figlia,

per non perdervi solo

padre vostro mi finsi, e come tale

vi diedi alcuna volta

qualche schiaffetto, e pizzico paterno;

ma in fondo questo cor vi rispettava

per la dama che siete.

LISOTTA

Alzati miserabile,

della clemenza mia prova gli effetti:

e fatevi avanti, prosternatevi,

chinatevi, atterratevi:

io sono sua eccellenza la contessa;

e inposterum sarò la Milordessa.

EURILLA

Oh ciel più non resisto!

(vuol partire)

LISOTTA

Ehi bifolchetta,

dove vai? Presto qui: pensa che adesso

son la padrona tua: ti fo la grazia

di baciarmi la mano.

A te: più gentilmente.

E tu pubblicamente un'altra volta

domandami perdon di tanti torti,

che sin oggi mi festi,

(a Rusticone)

e della libertà che ti prendesti.

RUSTICONE

Eccellenza? eccellenza perdonate!

E pizzichi, e ceffate,

e pugni, e bastonate

fur sintomi d'amor.

LISOTTA

Recate presto

a milord la novella;

ditegli che sul fatto

mandi a me la sua gente onde incontrarmi,

e in gran treno alla piazza accompagnarmi.

E voi messi spedite in nome nostro

per vicini villaggi, ed ordin date

di condur suonatori d'ogni sorte

fuori delle mie porte, e tutta notte

fin che l'alba s'appressa

farmi una serenata da contessa.

(parte seguita dai contadini, dai servi del conte, e da Rusticone)

Scena dodicesima

Eurilla sola.

Alfin son sola; alfine

posso un libero sfogo

a quest'alma lasciar... barbare stelle!

Perché tante sventure, e tanti affanni

inventaste per me? l'oscuro stato

ove mi pose la fierezza vostra

forse poco a voi parve,

senza offrir vane larve

al credulo mio core

d'illusorie grandezze, e di splendore?

Dove or vado? che fo? con qual coraggio

potrò guardar, potrò parlar a un padre,

che rifiuta il mio cor? milord... oh numi,

nascondasi a me stessa

un'idea troppo vana: ad altri il cielo

serbò sorte sì bella;

infelice si torni, e pastorella.

Sola, e mesta tra i tormenti

passerò languendo gli anni:

e farò de' miei lamenti

campi, e selve risuonar.

Mi vedrà la notte, e il giorno

neri oggetti all'alma intorno,

e una barbara speranza,

che vorrei, né so lasciar.

Ah perché spietato amore

nel mio core entrasti mai;

perché vidi i cari rai,

onde appresi a sospirar?

(parte)

Scena tredicesima

Piazza pubblica.
Rusticone, e Lisotta coperta bizzarramente di fiori, in mezzo di vari Contadini, e Contadine.

CORO

Evviva la bella

sposina novella,

l'erede, la figlia

del nostro signor.

Finor fu la gioia

di questa pendice;

ma a ciel più felice

or guidala amor.

LISOTTA

Al giubilo vostro

s'unisce anche il nostro,

e grazie vi rendo

miei cari pastor.

Vi lascio per sempre

boscaglie, e contadi,

palazzi, e cittadi

mi chiamano a lor.

CORO

Evviva la bella

sposina novella,

l'erede, la figlia

del nostro signor.

RUSTICONE

Soffrite, signora,

ancora un amplesso.

LISOTTA

Quest'ultimi istanti

t'è tutto concesso.

Insieme

RUSTICONE

Che teneri pianti

mi vengon dal cor!

LISOTTA

Che teneri pianti

gli vengon dal cor!

Scena quattordicesima

Milord, Leandro, e detti.

MILORD

(senza veder Lisotta)

Ah voli al mio seno

l'amato tesoro,

e un dolce ristoro

in me troverà.

LISOTTA

Son pronta, son lesta

vedetemi qua.

MILORD E LEANDRO

Oh stelle! la Lisa

del conte è la figlia?

LISOTTA

La Lisa.

RUSTICONE

La Lisa.

TUTTI

(accennando Rusticone)

Giurato ei ce l'ha.

MILORD

Ah perfido, ancora

deluder mi tenti?

Ma i tuoi tradimenti

ciascuno or vedrà.

RUSTICONE

Signore...

MILORD

Ti scosta

malnato villano:

le prove ho in mia mano

di tue falsità.

RUSTICONE E LISOTTA

La coda anche in questo

il diavol porrà.

MILORD

Eurilla non veggo:

ah dove sarà!

LEANDRO

Sandrin con Eurilla

s'appressano già.

Scena ultima

Sandrino, Eurilla, e detti.

EURILLA

Eccellenza ai vostri piedi

prende gli ultimi congedi,

contadina sventurata

destinata a sospirar.

Insieme

RUSTICONE

Temeraria in sua presenza...

LISOTTA

Temeraria in mia presenza...

MILORD

Sorgi, e lasciala parlar.

SANDRINO

Che colei contessa sia?

Ne comincio a dubitar.

EURILLA E SANDRINO

Lieti giorni di contento

sien compagni al viver vostro,

ed a me qualche momento

non vi spiaccia di pensar.

MILORD

Ah l'iniquo invan pretende

tanto bene a me involar.

SANDRINO

Che sia qualche furberia

che il birbon cercò inventar?

EURILLA

Io tornando, in campi, e selve

piangerò tra piante, e belve.

Dal destino assai punita

per quel ben che osai sperar.

LISOTTA

(ad Eurilla)

Dunque addio.

MILORD

Resta mia vita.

Il tuo pianto, il tuo dolore

saprò tosto consolar.

Qua la cassa: e tu ribaldo

fuor la chiave, e s'apra presto,

il suo inganno manifesto

ora io spero al mondo far.

LISOTTA, EURILLA, RUSTICONE, SANDRINO E CORO

Oh che rabbia, che dispetto!

ma saprommi vendicar.

Là non v'è che gemme, ed oro;

guarda pur quanto ti par.

Nuovo raggio di speranza

mi comincia a balenar.

Che ricchezze, che tesoro!

quel briccon volea rubar.

MILORD

Non c'è altro? e tante carte,

che Clerval commise a te?

RUSTICONE

Giuro a Venere, ed a Marte

altro il conte a me non diè.

MILORD

Guardiam dunque, qui saranno.

(guardando di nuovo entro la cassetta)

Non c'è nulla.

SANDRINO

Un altro inganno.

MILORD

(alle ragazze)

Ma cos'è codesta cifra?

A. I. F.!... che mai vuol dire?

Io non so cosa capir...

LISOTTA, EURILLA, RUSTICONE, SANDRINO E CORO

A. I. F.

LISOTTA

La cosa è chiara:

A: a; I: io; F: felice.

RUSTICONE

Brava brava così dice:

così intendere si dé.

MILORD

Questo poi nulla significa,

no che il senso tal non è,

voi che dite, Eurilla mia?

LISOTTA

Quella sciocca cosa fa?

EURILLA

Se a lui carte fur commesse,

e le carte egli non ha.

Qui saran le carte stesse,

ed allor si capirà.

A. I. F. Aprasi Il Fondo.

LEANDRO E MILORD

Ah veggiam poter del mondo.

RUSTICONE E LISOTTA

S'apra il fondo: ah ah ah!

MILORD, LEANDRO

C'è un secreto in verità.

MILORD

Spingi presto!

TUTTI

Eterni dèi!

La scoperta qui si fa.

(apresi il fondo, ed escono molte carte)

MILORD

Trema ribaldo, trema:

or scopriremo il vero.

Qui scrisse il conte stesso.

Leggi Leandro: adesso

vedrem chi Olimpia sia,

o se ingannommi il cor.

RUSTICONE E LISOTTA

Chi pensato avria

tal contrattempo ancor!

LEANDRO

«Bambinella di quattr'anni

io lasciai misera figlia

al mio fido Rusticone

che alla madre appien somiglia.»

SANDRINO, MILORD E EURILLA

Che alla madre appien somiglia.

LEANDRO

«A lui diedi una porzione

del denar che avea salvato,

ed il resto gli ho lasciato

per la figlia meschinella,

e gli indizi che sia quella

onde togliere ogni equivoco,

e salvare un tal tesoro

scritti son del foglio al piè.»

MILORD

Leggi lento: il meglio or viene.

SANDRINO E EURILLA

Bene bene per mia fé.

LEANDRO

«Naso grande, e mano candida

capel nero, e ciglio oscuro

largo il fianco, il piè brevissimo,

bianco il dente, un neo sul volto,

sottil labbro, e rubicondo,

ampia fronte, e viso tondo,

e vicino al destro orecchio

semicerchio porporino.»

LEANDRO E MILORD

Ah che tutto è appien conforme!

CORO

Colorito, segni, e forme

mano, bocca, naso, e crin.

RUSTICONE

Figlia, è fatta la frittata.

Ah Lisotta sventurata,

felicissimo Sandrin!

MILORD

(a Rusticone)

Scellerato, or qual dirai,

che di quelle Olimpia sia?

SANDRINO

(a Lisotta)

Bricconcella or vanterai

la tua nobile genia.

RUSTICONE

Ah peccai... signor... peccai...

ecco qua la figlia mia,

(addita Lisotta)

ecco Olimpia, ed ecco un misero

che vi chiede carità.

MILORD

No fellon...

EURILLA

Ah ch'io da lui

ebbi ognor segni d'affetto:

perdonate al poveretto,

io per lui chiedo pietà.

MILORD

Idol mio, vieni al tuo sposo.

Questo tratto generoso

più al mio cor cara ti fa.

Ti perdono, tutto oblio...

SANDRINO

E l'esempio seguo anch'io:

Lisa mia, vieni un po' qua.

LISOTTA

Vengo vengo, Sandrin bello,

e cervello ho fatto già.

TUTTI

O che amabili maniere

o che gare di bontà!

Insieme

UNA PARTE

Ecco come in quella CIFRA

ogni cosa si decifra

per la mia felicità.

L'ALTRA PARTE

Ecco come in quella CIFRA

ogni cosa si decifra

per la mia fatalità.

TUTTI

Questa CIFRA dunque viva,

e con lei gli sposi amanti,

e tra gridi e suoni, e canti

dolci auguri al ciel s'innalzino

di futura ilarità.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 27/11/2016
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena ultima