LA CIFRA
Dramma giocoso per musica.
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Libretto di Giuseppe PETROSELLINI, Lorenzo DA PONTE.
Musica di Antonio SALIERI.
Prima esecuzione: 11 dicembre 1789, Vienna.
Personaggi:
MILORD Fideling, padrone del loco, da cacciatore, innamorato di Eurilla |
tenore |
RUSTICONE contadino padre di Lisotta |
basso |
EURILLA creduta figlia di Rusticone |
soprano |
LISOTTA figlia di Rusticone |
soprano |
SANDRINO innamorato, e promesso di Lisotta |
basso |
LEANDRO compagno di Milord |
baritono |
Coro di Villani, e Villane. Coro di Cacciatori.
Comparse di Servitori, di Villani, di Cacciatori.
La scena si finge in un villaggio della Scozia.
Campagna, collinetta in distanza da cui si vedono scendere frettolose Eurilla, e Lisotta: Rusticone fra Contadini, che si sveglia: a distante suoni di corni da caccia. Caccia in lontananza ecc.
Rusticone, Eurilla, Lisotta, poi Leandro, e Milord da cacciatori.
RUSTICONE
Chi mi chiama? Chi mi desta?
Cos'è mai codesto suono?
Gente... amici... ah dove sono?
Chi ci viene a disturbar?
EURILLA
Caro padre avete inteso?
LISOTTA
Che tumulto!
RUSTICONE
Che fracasso!
EURILLA
Sto guardando or alto, or basso,
né alcuno veggo capitar.
RUSTICONE, EURILLA E LISOTTA
Sia chi vuol, in fretta in fretta
nella nostra capannetta
or ci andremo a ritirar.
MILORD
Fermate il piè, fermate,
nemici a voi non siamo,
ma far del ben vogliamo
a chi bisogno avrà.
LEANDRO
(Rusticone fa segno alle ragazze di partire)
MILORD E LEANDRO
Ragazze non partite,
ragazze state qua.
RUSTICONE
Piano, signori miei:
non tanta confidenza.
EURILLA
Chiediamo a voi licenza
con tutta civiltà.
LISOTTA
Oh sono pur bellini
carini in verità!
EURILLA
(a Lisotta mostrandosi renitente)
Venite.
LISOTTA
Adesso vengo.
RUSTICONE
Figliuole, a lavorare.
MILORD, LEANDRO
Oibò lasciate stare.
LISOTTA
Che brio!
EURILLA
Che nobiltà!
RUSTICONE, MILORD, LEANDRO, EURILLA E LISOTTA
Chi son saper vorrei
che fanno in questo loco:
trattiene i passi miei
la gran curiosità.
MILORD, LEANDRO, EURILLA E LISOTTA
Ho in seno un'allegria
che giubilar mi fa.
RUSTICONE
Spavento, gelosia
tremare il cor mi fa.
RUSTICONE
Orsù signore figlie,
a che gioco giochiam? Animo, a casa
ad innaffiar le piante,
a raccoglier le frutta...
(minacciando)
a trapiantar i fior.
MILORD
Via caro amico,
lasciatele un po' qui.
LEANDRO
RUSTICONE
Sarà: ma le mie figlie
non han di galantuomini bisogno.
Eurilla, Lisa, a casa:
se ve 'l fate ridir, corpo d'un cavolo
saprò insegnarvi ad ubbidire il padre.
EURILLA
Andiam sorella.
LISOTTA
Andiam.
(piano a Leandro)
(Ci rivedremo.)
LEANDRO
MILORD
Dunque partite
Eurilla bella?
(richiamano le donne)
LEANDRO
EURILLA
Miei signori in cortesia,
perdonate se andiam via;
villanelle meschinelle,
nate siam per lavorar.
Solo il padre a noi comanda,
ed andiam dov'ei ci manda,
(ah ch'io sento al dolce aspetto
entro il petto il cor balzar).
(parte)
LISOTTA
La sorella poveretta
le creanze poco sa,
e perciò con tanta fretta
v'abbandona, e se ne va.
Io che il viver so del mondo
chiedo a voi per lei perdono;
da baciar la man vi dono
e me n' vo con civiltà.
(parte)
MILORD E LEANDRO
Quanta, oh quanta differenza!
Quella piena d'avvenenza,
questa sciocca come va!
RUSTICONE
Manco mal che finì bene;
tremo tutto quando viene
tra noi gente di città.
MILORD
Tanta grazia, ed innocenza
non si trova alla città.
LEANDRO
MILORD
Avete, amico caro,
due figlie vaghe, spiritose, e belle.
RUSTICONE
Anzi due scioccherelle.
LEANDRO
RUSTICONE
Tanto meglio per noi.
LEANDRO
RUSTICONE
Lo sono, non lo sono, a voi che importa
saper i fatti miei?
LEANDRO
RUSTICONE
Son schiavo a lei...
(vuol partire)
LEANDRO
RUSTICONE
Divertire?
Chi credete ch'io sia? Io son il sindaco,
son il primo villano,
e inoltre il guardiano del castello
di milord Fideling.
LEANDRO
MILORD
Tu?
RUSTICONE
Io.
MILORD
Conosci tu milord?
RUSTICONE
Conobbi il padre suo, lui non conosco.
LEANDRO
MILORD
Opportuno mi sei: sappi ch'io sono
di milord grande amico, e per lui stesso
son venuto qui.
RUSTICONE
Di milord Fideling?
LEANDRO
RUSTICONE
Scusi eccellenza...
(cava il cappello)
LEANDRO
MILORD
Oltre la caccia
altra cosa mi preme.
Fa' radunar insieme nel castello
tutti questi abitanti.
RUSTICONE
Per che farne?
MILORD
Devo parlar in pubblico
a nome di milord:
di' lor che si preparino
a palesar il vero.
RUSTICONE
(Incomincio a temer qualche mistero.)
MILORD
Misero chi ha l'ardire
di dir una bugia, se tu sapessi
qual in queste campagne
tesoro si nasconde.
RUSTICONE
(Sempre più mi spaventa, e mi confonde.)
MILORD
Fra l'orror di questa selva
tu non sai qual gemma è ascosa:
tu felice se tal cosa
tu m'aiti a discoprir.
(parte Leandro)
Rusticone solo.
Rusticone che dici? Non ti pare
ch'abbian costoro un non so che nel muso
che t'indica malanni?… questa gemma
che si vorria scoprir… quest'amicizia
con milord Fideling… quest'ordinarmi
d'adunar il villaggio… sta a vedere,
che si ricerca Olimpia
la figlia di Clerval... ebben... la cerchino:
chi la può palesar?... tutta la villa,
ella stessa si crede figlia mia...
e non sa cosa sia... mi batte il core,
e quando ei batte avrà la sua ragione.
All'erta Rusticone:
non lasciarti rapire
e le gioie, e l'amante... un sposalizio:
ci vuol volponeria, gamba, e giudizio.
Orticello contadinesco murato. Alcuni alberi di fuori che sporgono nell'orto.
Sandrino solo che sta lavorando, poi Lisotta, ed Eurilla.
Son un vago giovinotto,
ogni donna amor mi giura,
e mi diede la natura
capitali in quantità.
Son robusto, allegro, e sano;
ho buon piede, ho buona mano:
se Lisotta è per me cotta
ha ragione in verità.
Perché non vien nell'orto? Ella pur sa
ch'io son qui ad aspettarla:
ma sento alcun che parla: è la mia Lisa,
ed Eurilla con lei.
Voglio un poco celarmi,
e udir quello che dice: io so senz'altro,
che parlerà di me, del nostro amore,
quando la sposerò farammi onore.
(si ritira)
LISOTTA
Non ti par che mi guardassero
dalla testa sino ai piè,
non ti par che sospirassero,
che languissero per me?
EURILLA
Non mi pare.
LISOTTA
Ecco la sciocca;
che non apre mai la bocca
che per dir quel che non è.
Insieme
SANDRINO
(Chi sa mai di chi ragiona
la briccona senza fé.)
EURILLA
(Scioccherella, vanarella,
mi fa rider per mia fé.)
LISOTTA
Ah se almeno or qui venissero!
EURILLA
Che faresti?
LISOTTA
Che farei?
Queste frutta, questi fiori
al più bello dar vorrei,
ei diria: per te mi moro,
ed anch'io: ben mio direi,
ardo, e spasimo per te.
EURILLA
Ed il povero Sandrino,
che per te languendo va?
LISOTTA
Non è degno un contadino
di goder di mia beltà.
SANDRINO E EURILLA
Chi hai mai visto cor più tristo,
e più nera infedeltà.
SANDRINO
Ah crudelaccia
tutto ho sentito
or vedo, o perfida,
che m'hai tradito;
che se' una femmina,
che cor non ha.
LISOTTA
Chetati, calmati,
Sandrino mio,
se un giorno sposami
quel che dich'io,
ti darò indizi
di mia bontà.
EURILLA
Così deridere
può le sue pene,
così scordarsi,
che fu il suo bene;
povero giovine
mi fa pietà.
SANDRINO
Vuo' sollevare
tutta la villa.
EURILLA
(a Sandrino)
Ah no non fare.
LISOTTA
Lascialo Eurilla,
lascialo andare
per carità.
Insieme
SANDRINO
Come sta immobile
la malandrina...
se non mi vendico
dell'assassina...
l'ira, la rabbia
m'affoga già.
LISOTTA
Già per la Scozia
d'andar mi sembra
tutta coperta
d'oro le membra,
oh quanto è bella
ciascun dirà.
EURILLA
Così deridere
può le sue pene,
così scordarsi,
che fu il suo bene,
povero giovine
mi fa pietà.
(Lisotta parte)
SANDRINO
Eurilla, questo è troppo: ah vieni meco;
cerchiamo Rusticone; ei potrà forse
metter un po' a dover quest'assassina.
EURILLA
Andiam, Sandrino mio.
SANDRINO
Sei pur buonina.
(partono)
Ricca sala antica, con sedili, ed un seggiolone nel mezzo.
Rusticone, Lisotta, Pastori, e Pastorelle tutti seduti; gli ultimi entrano Eurilla, Sandrino, poi Milord, e Leandro. Rusticone si guarda rozzamente attorno: monta in piedi sul seggiolone, e dice:
RUSTICONE
Figli, amici, compagne
di monti, di boscaglie, di campagne:
mandriani, bifolchi, agricoltori,
pastori, pastorelle
di caproni, di pecore, d'agnelle...
EURILLA
Padre...
SANDRINO
Lisotta...
RUSTICONE
Zitto.
L'amico di Milord nostro padrone
per me primo villano del castello
per me... per me... cavatevi il cappello,
qui vi fe' radunar; e un grande arcano
palesarvi dovendo,
ch'io non so cosa sia,
vuol che nessun di voi dica bugia.
(discende dal seggiolone)
EURILLA
Padre...
SANDRINO
Lisotta...
RUSTICONE
Zitto: i due signori
capitar già vedete.
LISOTTA
Andiamo incontro a loro;
EURILLA
Facciamo tutti un complimento in coro.
(compariscono i due cavalieri, e tutti s'alzano in piedi)
EURILLA E LISOTTA
Benvenuto il Cavaliere.
RUSTICONE E SANDRINO
Di Milord il caro amico.
CORO
Con rispetto con piacere
noi direm la verità.
MILORD
Viva viva buona gente.
LEANDRO
MILORD
La mia grazia vi prometto,
bezzi ancor se occorrerà.
LISOTTA, EURILLA E SANDRINO
Noi direm quel che sapremo,
non abbiate alcun sospetto.
RUSTICONE
(Me meschin! Vacillo, e tremo,
né so dir quel che sarà.)
CORO
Con piacere, con rispetto
noi direm la verità.
MILORD
Udite: è scorso il quinto lustro omai
da che il dominio, e i beni
furo a torto usurpati
al conte di Clerval.
RUSTICONE
(Cattivo esordio!)
MILORD
Padre in tutto infelice
altra figlia non ebbe
che Olimpia.
RUSTICONE
(Peggio peggio.)
MILORD
Bambina ancor per toglierla all'insidie
del fiero usurpatore
consegnolla fuggendo ad un pastore,
e consegnogli insieme
picciola cassettina
piena d'oro, e di gemme,
e di cose preziose.
RUSTICONE
(Onnipossenti dèi!
Eurilla in carne, ed ossa
è questa Olimpia.)
LISOTTA
Il caso è graziosissimo!
EURILLA
(Mi fa compassione.)
MILORD
Alfine è morto
l'usurpator scaltrito;
ma del fallo pentito
lasciò erede milord, con condizione
di ricercar, e di sposar trovando
l'Olimpia di ch'io parlo.
LISOTTA
(Foss'io quella!
Potrebbe darsi.)
MILORD
Un foglio
indica che condotta in questi boschi
fu la fanciulla.
RUSTICONE
E il nome
del pastor che l'ebbe
si sa?
MILORD
Non è indicato.
RUSTICONE
(Manco mal, manco mal, ripiglio fiato.)
MILORD
Or noi seguiam la caccia,
ed al nostro ritorno
tutto saper vogliamo.
Chi sa l'arcano, parli,
e avrà de' premi: ma se tace, aspetti
carcere, esilio, e pene rigorose.
LEANDRO
Insieme
MILORD
Fiera strage dell'indegno
il mio sdegno far saprà.
LEANDRO
CORO
Siam sinceri, siam amanti
della bella verità,
e speriamo tutti quanti
che s'è ver si troverà.
EURILLA E SANDRINO
Ah chissà chi sarà quella
pastorella fortunata!
Chissà dove sta celata
e se mai si scoprirà.
LISOTTA
Ah se almeno io fossi quella
pastorella fortunata,
contadina io non son nata
v'ha in me troppa nobiltà
RUSTICONE
Io vorrei mostrarmi forte,
ma mi assale un gran timore,
che mi fa gelare l core,
che sudar tutto mi fa
LEANDRO E MILORD
Mi comincia a dar sospetto
quel volpon di Rusticone
v'è un arcano una ragione,
e scoprirla si dovrà.
(Sandrino, i pastori, e le pastorelle partono)
Milord, Leandro, Rusticone, ed Eurilla.
MILORD
(a Leandro)
Rusticone, vien qui. (Tu mentre io parlo
osserva i motti suoi.)
LEANDRO
RUSTICONE
Puon partir le mie figlie?
MILORD
(a Rusticone)
No; rimangano.
Guardami fisso in volto.
RUSTICONE
Cosa serve?
Io sento cogli orecchi,
rispondo colla bocca, e non cogli occhi.
LEANDRO
MILORD
(Me ne accorgo.)
Ho gusto di vederti:
tu se' un bell'uom.
RUSTICONE
Non parmi.
MILORD
Dunque queste ragazze
son tue figlie?
RUSTICONE
Lo sono. Non son io forse
muso d'aver due figlie?
LEANDRO
RUSTICONE
Tutte due, non le vedete,
paiono due gemelle.
LISOTTA
Non signor, non signore.
Colei sicuramente
di Rusticone è figlia,
vedete come in tutto a lui somiglia.
Ma io...
LEANDRO
LISOTTA
Giurerei per la gloria di mia madre,
che non può Rusticone esser mio padre.
EURILLA
(Sfacciatella.)
RUSTICONE
Briccona! così parli?
MILORD
E voi, bella Eurilletta,
non dite nulla?
LISOTTA
Bella? Bella colei?
Cospetto: o non ha occhi.
O è il principe de' sciocchi.
EURILLA
Ho inteso dir da tutti,
che una saggia fanciulla
dée parlar sempre poco,
e sol quand'è chiamata, e a tempo, e loco.
MILORD
Che candor!
LEANDRO
RUSTICONE
Sciocca! così rispondi a sua eccellenza?
Marsch!
(la discaccia con collera)
LISOTTA
(Così.)
MILORD
No, lasciatela! (Ha gran voglia
costui d'allontanarla.)
RUSTICONE
(Io fremo s'ella il guarda, o s'ei le parla.)
MILORD
Venite un poco qui; parlate meco.
Or che chiamata siete
risponder mi potete.
(Milord prende Eurilla per la mano, e l'accarezza)
LISOTTA
(Maledetto!
Come se la palpeggia!)
RUSTICONE
(Mi pizzican le dita.)
MILORD
Ditemi un po', carina,
voi che siete sì saggia,
avreste alcun indizio
da potere a noi dar? Conoscereste
qualche fanciulla a caso in queste selve,
che fosse manierosa,
modesta, graziosa,
che indicasse nel tratto un nobil sangue,
che per esempio somigliasse a voi?
LISOTTA
(O che bestia! o che bestia!)
EURILLA
Signor, quel che siam noi, per quel ch'io sappia,
sono di questi lochi
tutte le abitatrici; e non conosco
chi mostri nobiltà, spirito, e brio.
LISOTTA
Signora dottoressa, ci son io.
MILORD
(Come incanta ogni detto.)
Ci sarebbe anche Eurilla.
LISOTTA
La più sciocca, e ignorante della villa.
(Per bacco io crepo se non vado via.)
(parte)
RUSTICONE
E poi vi par? è nata in casa mia.
EURILLA
Ad ignobile cuna
purtroppo è ver mi condannò fortuna.
RUSTICONE
Seguitiam pur così.
MILORD
Voi meritate,
o cara, un'altra sorte; il vostro stato
non vi faccia avvilir: forse potrebbe
tutto per voi cangiarsi in un momento.
In quest'anima io sento
degli insoliti moti,
che decifrar, che intender non poss'io.
(Quanto, oh quanto il cor mio
interessa costei:
fosse Olimpia così, più non vorrei.)
Quelle sembianze amabili,
quei dolci sguardi onesti,
queste manine tenere,
quei detti ognor modesti,
son cose che m'accendono
di strani affetti il cor.
Non son selve, e pastori
degni di tai tesori:
dirvi di più vorrei,
ma non è tempo ancor.
Qual differenza o dèi!
tra figlia e genitor.
(osserva vari motti di Rusticone, e di Eurilla, e parte)
Rusticone, ed Eurilla.
RUSTICONE
O corpo di Pomona
che terremoto è questo!
EURILLA
(Mio cor, non lusingarti.)
RUSTICONE
(Bisogna ripiegarvi.) Eurilla mia,
Eurilla. Eurilla trema!
EURILLA
Cosa è stato?
RUSTICONE
Sono precipitato.
EURILLA
Voi?
RUSTICONE
Io... Tu... Tua sorella... Ah vieni, abbraccia
il tuo povero padre... Un'altra volta.
(l'abbraccia affettatamente)
EURILLA
Che stravaganza è questa! Cosa sono
queste carezze insolite?
Voi mi fate paura.
RUSTICONE
Son sfoghi, figlia mia, della natura.
EURILLA
Ma parlate una volta.
Che fu? di che temete?
RUSTICONE
(tremando, e sottovoce)
Eurilla ascolta:
sai tu chi son color?
EURILLA
Mi par che sieno
due garbati signori.
RUSTICONE
Anzi due traditori,
due ladri, due bricconi, due birbanti,
coll'anima più nera dell'inchiostro,
che ti voglion sedur con farti credere
le cose che non son, per poi rubarti
al tuo tenero padre,
per condurti in città,
e torti l'innocenza, e l'onestà.
EURILLA
Cielo! cosa mi dite! e come mai
sotto un viso sì umano
nasconder ponno un'anima sì brutta?
RUSTICONE
Credi al tuo caro padre
che t'ama, che t'adora, che non vede
che per questi occhi tuoi: (già m'abbandona
la paterna prudenza.) a lor parole
per pietà non dar fede; ah s'io dovessi
perder Eurilla... perdere...
(quasi dissi le gemme, e la cassetta...)
baciami, o figlia mia... mia cara figlia,
il pianto trattener non posso più...
Deh non abbandonarmi almeno tu.
EURILLA
Che dite? abbandonarvi? e perché deggio
il padre abbandonar? non son io forse
l'ubbidiente Eurilla,
che a un cenno, a un guardo, a una parola sola
trema da capo a piede:
che ognor prove vi diede
di figlial tenerezza,
e di docilità! quale in voi nasce
nuovo strano sospetto,
onde in mille pensier m'ondeggia il petto?
Deh tergete, sì tergete,
padre mio, le molli ciglia,
o farete ancor la figlia
a quel pianto lagrimar.
S'io son docile, e amorosa
sallo il ciel, voi lo sapete,
e amorosa ognor vedrete
che saprommi conservar.
Padre... padre... ah perché ancora
va l'affanno in voi crescendo?
Giusto cielo! io non v'intendo,
voi mi fate palpitar.
(parte)
RUSTICONE
Non c'è tempo da perdere; bisogna
trovar qualche riparo
al periglio imminente... Eurilla... Lisa...
l'amor mio, la cassetta... adagio: a questa
or conviene pensar: va bene: io voglio
a dispetto dei diavoli,
se non la capra almen salvare i cavoli.
(parte)
Sandrino, Lisotta, e poi Rusticone.
SANDRINO
Ah sentimi Lisotta: arresta il passo.
LISOTTA
Non ho tempo.
RUSTICONE
Cos'è codesto chiasso?
(Lisotta si ritira)
SANDRINO
Giustizia Rusticon: vostra figliola
dopo tante promesse
dopo l'amor, dopo la data fede
mi deride, mi fugge,
crudelmente mi tratta...
RUSTICONE
E non vuoi far giudizio, o figlia matta?
Vien qui.
LISOTTA
Dove?
RUSTICONE
Qui.
LISOTTA
Subito ubbidisco.
(si ritira ancor di più, e va a sedere)
SANDRINO
Come? Questo a tuo padre,
o donna, donna no, ma basilisco!
LISOTTA
E chi è mio padre?
RUSTICONE
Chi è tuo padre? Io sono.
Per tua sfortuna, e per vergogna mia.
Ed ora, ora vedrai qual padre io sia.
LISOTTA
Non fate lo smargiasso,
da amica vi consiglio.
RUSTICONE
E ancora seguiti,
carne di coccodrillo?
LISOTTA
Oh cospettaccio!
Terminiam questa musica: io son figlia
d'un conte, d'un marchese, o d'un barone,
sento la nobiltà dentro il polmone:
per chiara conseguenza
voi mio padre non siete,
e ve lo proverò quando volete.
RUSTICONE
(sdegnatissimo)
Me 'l proverai?
LISOTTA
Ve 'l proverò sicuro.
SANDRINO
(E non le batte ancora il cranio al muro?)
LISOTTA
Un padre quando è padre
deve dar alla figlia, quando è figlia
qualche cosa del padre; io chi no 'l vede?
son diversa da voi dal capo al piede.
Voi nericcio, e giallognolo
come un pomo cotogno,
io candica, frescoccia, e vermigliuccia
qual rosa, allor che sbuccia:
voi ruvido, e peloso come un orso,
io morbida, sottil, delicatina
come giovin damina:
voi gonzo, io saputella;
voi burbero, io gentil, voi brutto, io bella.
Vo' andar un poco in traccia
di quei due forestieri;
tra noi, ve lo dich'io,
si troverà chi fu mio padre: addio.
RUSTICONE
Ah sfacciata, ribalda
così tu disonori la memoria
della quondam mia moglie Dorotea?
E non ti strappo la linguaccia rea?
Animo! Va' al lavoro
con tua sorella Eurilla.
LISOTTA
Io voglio andare
dove mi pare, e piace;
capite l'italiano, o no 'l capite?
RUSTICONE
Aspetta un po' briccona,
ch'or ti do l'italiano: a te Sandrino.
(si cava un fazzoletto, ne raccomanda un capo a Sandrino, e legano la Lisotta)
SANDRINO
Che cosa deggio far?
RUSTICONE
Stringi: così,
poi fin che torno qui
tu che devi una volta esser suo sposo,
custodisci l'indegna, a te ne lascio
padre, sindaco, e giudice del loco
ampia giurisdizione: io saprò meglio
castigar quando torno
una figlia impudente.
(Eurilla, e la cassetta or stammi in mente.)
(parte)
Sandrino, e Lisotta.
LISOTTA
Sandrino caro, or soli siam.
SANDRINO
Lo veggo.
LISOTTA
Ebben, avrai tu core
di tenermi così, mio dolce amore?
SANDRINO
E perché no?
LISOTTA
Così
la tua Lisotta? quella
che ti vuol tanto bene,
che sospira per te?
SANDRINO
Or mi vuoi bene,
or sospiri per me!
Bricconaccia!
LISOTTA
Sì, caro,
dovresti pur saperlo.
SANDRINO
E i cacciatori
che vorresti sposar? e lo strapazzo
che di me tu facesti?
LISOTTA
Oh sei pur pazzo!
Fu uno scherzo, una burla: amo te solo,
sei sol l'anima mia: scioglimi, caro,
scioglimi almen le man.
SANDRINO
Son sordo.
LISOTTA
Senti.
Scioglimi una manina.
Una manina sola, e gusto avrai.
SANDRINO
Io gusto?
LISOTTA
Sì: tu gusto.
SANDRINO
E che farai?
LISOTTA
Un abbraccio idolo mio,
se mi sciogli io ti darò.
SANDRINO
Senza scioglierti poss'io
abbracciarti quanto vo'.
LISOTTA
Ti darò questa man bella
da toccar quando vorrai.
SANDRINO
Quella e questa, questa e quella
se mi piace io toccherò.
Insieme
LISOTTA
(Per tentarlo, per burlarlo
cosa mai dirgli potrò?)
SANDRINO
(Vuol tentarmi, vuol burlarmi,
ma per bacco, io non cadrò.)
LISOTTA
Anche un bacio, Sandrinetto,
ti prometto se mi sciogli.
SANDRINO
Anche un bacio?
LISOTTA
Sì furbetto.
Insieme
LISOTTA
E se manco, il fazzoletto
stringerai, non fiaterò.
SANDRINO
E se manchi, il fazzoletto
più di prima stringerò.
SANDRINO
(le scioglie una mano)
Or sei sciolta.
LISOTTA
(si cava un ago dalla testa, e lo punge)
Ed io ti pago.
SANDRINO
Cosa fai?
LISOTTA
Prova d'un ago.
SANDRINO
Quest'è il bacio?
LISOTTA
Il bacio è questo.
SANDRINO
Traditrice!
LISOTTA
Lega presto.
SANDRINO
No di qua non partirai
ahi ahi ah ah ah ahi!
Quanto sangue! Che dolor!
LISOTTA
Villanaccio, imparerai
a far meco il bel umor.
Guarda un po' che bel custode
ha trovato il genitor.
(parte)
SANDRINO
O poveretto me! come mi ha concio
questa gatta rabbiosa!
Ma non si perda tempo:
corriam subitamente
a ripararvi, pria che torni il padre,
o donne maledette, o donne ladre!
(parte)
Orticello come prima.
Rusticone involto in lungo ferraiolo contadinesco entra pian piano: si guarda attorno, e chiude la porta, poi Sandrino.
RUSTICONE
Non c'è nessun: si chiuda ben la porta
con questo chiavistello:
non crederei che l'aria, qualche uccello,
o gli arbori del loco,
mi dovesser tradir... ecco il mio bene,
ecco l'anima mia... la bella Eurilla...
(cava la cassettina da sotto il ferraiolo)
Eurilla è chiusa... il diavolo
non sa che sul fenile io l'ho ferrata...
Per lei non s'affanniam... si pensi adesso
a seppellir un morto,
che dée risuscitar per mio conforto.
Pian pianin senza far strepito
una fossa io caverò;
quivi meco i sassi abbondano:
giusto ciel! chi mi chiamò?
(Sandrino da lontano chiama «Rusticone?» ei copre col mantello la cassetta, va a guardare dal muro, poi torna al lavoro)
Non c'è alcun... forse mi parve...
il lavoro si fornisca:
e perché altri non capisca
lavorando canterò.
«Non volate farfallette
tanto spesso intorno il lume,
lascerete un dì le piume,
ed alfin la vita ancor.»
È cavata già la buca
il tesoro si nasconda...
«Farfallette non volate...»
RUSTICONE
Chi picchiò?... Non si risponda.
SANDRINO
Rusticon!
RUSTICONE
O dèi che faccio!
Io non so se parlo, o taccio...
s'apro, ovver se lascio chiuso...
son stordito... son confuso...
il mantel... la terra mossa...
un sospetto... il mio timor...
Ah sepolto in questa fossa
fossi anch'io col mio tesor!
Cerchiam di ricomporci.
(si segue a battere)
Ehi chi diamine batte?
(Rusticone copre col mantello il loco scavato)
SANDRINO
Rusticone!
RUSTICONE
Sei tu Sandrin?
SANDRINO
Così no 'l fossi!
(entra disperatamente)
RUSTICONE
Diavolo!
Che cosa è nato?
SANDRINO
Ah presto,
venite meco... Lisa
me l'ha fatta... mirate
le mani punzecchiate... il fazzoletto
che in mano mi restò!… la scellerata
dà i baci in questo modo... ah Rusticone
per carità voliam... s'ella ritrova
i signor che sapete,
voi più padre non siete...
io non son più marito...
RUSTICONE
Che diamine rammassi o scimunito?
SANDRINO
Lisa è scappata via...
Eurilla è uscita anch'essa...
RUSTICONE
Eurilla è uscita!
Come?... quando... in qual guisa?
SANDRINO
Lisa m'era fuggita... Io la cercai
per tutto invan... alfin mi venne in testa
di salir sul fenile.
RUSTICONE
Sul fenile?
SANDRINO
Sicuro! or ascoltate
il bel colpo che ho fatto!
Serrate eran le porte... io con un piede
a terra le gittai...
Eurilla era là chiusa... Eurilla, Eurilla,
per carità diss'io; corri alla selva
fino ch'io vado a ritrovar tuo padre,
a cercar tua sorella.
RUSTICONE
Oh sciagurato! ed ella!
SANDRINO
Ella sul fatto
sgambetta e se ne va dov'io la mando,
per impedir a Lisa un contrabbando.
RUSTICONE
Oh poveretto me! vanne sul fatto...
corri... vola... precipita...
alla campagna, alla collina, al bosco
io ti seguo sul fatto...
cerca... chiama... ritrova... io vengo matto.
(Sandrino parte)
Rusticone riprende la zappa, e ragguaglia la terra scavata, poi Sandrino.
RUSTICONE
Che contrattempo è questo...
son fuori di me stesso! andar conviene.
S'agguagli un po' il terreno... ho il cor diviso
tra Eurilla, e la cassetta...
(Sandrino rientra nel giardino, e sorprende Rusticone)
SANDRINO
Rusticone t'affretta:
io solo andar non voglio.
Ho paura dei lupi, e dei cinghiali...
RUSTICONE
(Maledetto!) Sì sì... Vengo... Il mantello...
Mi turbo... Mi confondo...
(Che tu possa crepar...) Son fuor del mondo.
(parte)
Bosco: piccola pianura nel mezzo con due alberi paralleli in poca distanza.
Milord, Leandro e Cacciatori, quindi Eurilla: poi Rusticone, e Sandrino, indi Lisotta che entrano, partono, e ritornano secondo la scena.
MILORD
Tutti al posto destinato
su correte immantinente.
CORO
Presto, presto, allegramente,
che gran caccia s'ha da far.
LEANDRO
MILORD
Si schiarisce, lo vedete:
non temete, non è niente.
CORO
Presto, presto, allegramente,
che gran caccia s'ha da far.
EURILLA
Chi mi sa dir cos'è
quello che in seno io sento!
Speme, desio, spavento,
inganno, affanno, amor?
Cerco, né so che cosa;
fuggo, né so perché:
chi mi sa dir cos'è
quello ch'io sento in cor!
Ma veggo venir gente;
celar mi vo' per or.
RUSTICONE
Non sono al monte, al piano...
SANDRINO
Entrate fier nel bosco...
RUSTICONE E SANDRINO
Ah più non mi conosco
son pieno di furor.
SANDRINO
Lisotta...
RUSTICONE
Eurilla... oh dèi!
RUSTICONE E SANDRINO
Rispondi al genitor.
RUSTICONE
Tu cerca da quel lato,
da questo io cerco ancor.
LISOTTA
Il padre, e Sandrino
cercando mi vanno:
ma vadano, cerchino,
per me non m'affanno,
a core mi stanno
que' bei cacciator.
Da lungi già sento
de' corni il fragor:
trovare il più bello
potessi di lor.
LEANDRO
MILORD
Presto il tuo schioppo...
LEANDRO
MILORD
Oh pazzo scimunito!...
Restò un cinghial ferito...
Non v'è più tempo... salvati...
che in più sicuro loco
vo presto a caricar.
LEANDRO
CORO
Guardatevi, signore,
da quel cinghial feroce,
che noi tra quegli alberi
l'andremo ad aspettar.
LEANDRO
EURILLA
Che chiasso! che fracasso!
che orribile spavento!
Tremar il bosco io sento...
stelle! che deggio far?
Avessi un archibugio,
difendermi potrei...
Eccolo: ai voti miei
propizio il cielo appar.
Viene l'irata belva:
vo' l'arme scaricar.
(spara)
Che fausto colpo oh dio!
mi sento consolar.
CORO
La belva è già caduta:
chi è stato l'uccisore?
Voi foste? oh nobil core!
oh donna singolar!
Corriamo al signor nostro
il colpo ad annunciar.
LEANDRO
LISOTTA
Per trovar i cacciatori
son venuta... ma mi pare...
già mi sento il cor tremare...
vedo l'aria brutta brutta...
Ahi che bestia! tremo tutta!
ahi che lampi! me meschina!
dove fuggo? che sarà!
RUSTICONE E SANDRINO
Che spavento! che animale!
fuggo ahimè! fuggir non vale.
Cara Eurilla!... Eurilla è morta.
Ah Lisotta!... Lisa,
dove vo! chi mi conforta!
schioppettate, lampi, fulmini!
chi m'aiuta per pietà.
RUSTICONE, SANDRINO E LISOTTA
Vo girando, e non so dove;
tutto è orror, tutto spavento:
ogni foglia che si muove
palpitar il cor mi fa.
LISOTTA
Son confusa...
RUSTICONE E SANDRINO
Son perduto...
LISOTTA
Chi s'accosta?...
RUSTICONE, SANDRINO E LISOTTA
Aiuto... Aiuto!...
RUSTICONE E SANDRINO
Ah sguaiata, scellerata,
ti ho pur colta: che fai qua?
LISOTTA
A cercar, padroni miei,
la perduta nobiltà.
MILORD
Or ch'è morto il fier cinghiale
il fiato al corno date,
e la gente richiamate,
che pe 'l bosco errando va.
Ma Leandro è ancor smarrito:
dov'è mai?
LEANDRO
MILORD
E perché lassù salito?
LEANDRO
CORO
È falsità.
EURILLA
Sì signor, ei mente affatto.
Col fucil che là trovai,
di mia mano io l'ammazzai,
questa gente ve 'l dirà.
CORO
Sì signor, l'abbiamo vista;
e vi dice verità.
MILORD, LISOTTA, RUSTICONE E SANDRINO
Cosa sento! cosa vedo!
LEANDRO
MILORD
(Son qual uom di senno fuore.)
LISOTTA, SANDRINO E RUSTICONE
A quest'occhi appena io credo,
e mi sembra di sognar.
EURILLA
Qual mai strano ignoto affetto
mi fa l'alma giubilar!
MILORD
Una donna tal valore!
LISOTTA
Quella sciocca tal coraggio?
RUSTICONE
(Mi mancava questo ancora
per dar più da sospettar.)
MILORD, LEANDRO
Che stupor! che strano ardire!
no, di più non si può far.
LISOTTA, SANDRINO E RUSTICONE
Da furor, da gelosia
io mi sento soffocar.
RUSTICONE
Presto, presto, il ciel minaccia.
Poi faremo insieme i conti.
MILORD E LEANDRO
Anche noi siamo qui pronti
l'eroina a seguitar.
RUSTICONE
Non occorre, qui restate,
non vi state a incomodar.
EURILLA, LISOTTA E SANDRINO
Ma già il ciel divien più fosco.
MILORD, LEANDRO E RUSTICONE
Presto usciam da questo bosco.
EURILLA E LISOTTA
Su venite alla capanna,
vi preghiamo in cortesia,
là potrete desinar.
RUSTICONE
Più vicina è l'osteria,
(che possiate qui crepar).
TUTTI
Fischia il vento alla foresta...
fiero turbine si desta...
come mai di qua scappar?
ah che omai non v'è più tempo,
già la pioggia è incominciata.
EURILLA E LISOTTA
Sotto gli arbori celata
finché passa io vo' restar.
(vanno sotto un arbore per ripararsi dalla pioggia)
RUSTICONE E SANDRINO
Temeraria, a casa vieni.
MILORD E LEANDRO
Oh, restate, e voi volate
due mantelli a ritrovar.
(due servi di Milord partono correndo)
TUTTI
Oh che orribile diluvio!
che fracasso, che ruina!
EURILLA E LISOTTA
Io mi sento, me meschina
dalla testa ai piè bagnar.
MILORD E LEANDRO
Questa quercia è assai più folta,
qua venite...
(conducono le ragazze sotto l'altro albero)
RUSTICONE E SANDRINO
Volta, volta.
TUTTI
Oh che orribile diluvio!
che fracasso, che ruina!
RUSTICONE
Vien, briccona, al genitore.
SANDRINO
Vieni, ingrata, al fido amante.
(i servi recano i mantelli)
MILORD
A me questo.
LEANDRO
MILORD E LEANDRO
(Poverine!...)
(le coprono col mantello)
EURILLA
Presto, presto.
LISOTTA
Sotto questi due mantelli
ci possiam così salvar.
TUTTI
Ah più irato il turbine cresce!
alla pioggia, alla procella,
fiera grandine si mesce.
L'acqua, i lampi, i tuoni, il vento
camminar ci fanno a stento.
Affrettiam, compagni, il passo,
per sortir da questo orror.
Campagna aperta: in fondo collinetta praticabile: come nell'atto primo.
Alcuni Contadini, e Contadine intente a diversi lavori: ai lati veduta di bosco.
Lisotta, ed Eurilla che lavorano, e cantano con gli altri il seguente coro. Rusticone appiè del colle.
CORO
La tempesta è già calmata.
Il periglio è omai svanito:
ride il cielo, e un'aura grata
scherza, e invita a lavorar.
RUSTICONE
In che razza d'impiccio diabolico
son io con questi cari forestieri?
Oh quanto volentieri
me li torrei d'intorno! Ove son iti?
Che progetti hanno in testa or che di nuovo
tornar denno a parlarci? Il mio segreto
è riposto in me sol: pur non son cheto.
Certe tronche parole... certi sguardi...
mi par che si sospetti, e si potria
leggermi in faccia la bricconeria.
Pensiamci un poco su: caso che mai
dovessi confessar che a me fu data
l'Olimpia che si cerca...
Questo caso è impossibile, ma posto,
che possibile diventi... al punto estremo
non potresti dir che questa Olimpia è Lisa?
Bravissimo! in tal guisa
fo contessa la figlia;
mi assicuro Eurilletta, a cui col tempo
l'affare imbroglierò sì che si accordi
a diventar mia moglie...
oh che bestia! oh che bestia!
e pria non ci pensai... ma la cassetta?
Dirò che fu involata:
vadan poscia a cercar dov'è celata.
Non resta che Sandrino: io gli ho promessa
per questa sera stessa
la man della Lisotta: è necessaria
una spiritosetta invenzione
degna di Rusticone
per ritardar le cose... ei viene... ah figlio,
(piange)
figlio, piangi con me.
SANDRINO
Che cosa è nato?
RUSTICONE
Piangi, e poi te 'l dirò. La nostra Lisa
la tua sposa futura,
quella bella ragazza...
SANDRINO
Cos'ha?
RUSTICONE
Poveri noi! Divenne pazza.
SANDRINO
La Lisa!
RUSTICONE
La mia figlia.
SANDRINO
(ridendo)
Via non c'è mal: difetto di famiglia.
RUSTICONE
Tu ridi?
SANDRINO
Rido certo...
lasciate ch'io la sposi
e ve la do guarita.
RUSTICONE
Che? Sposarla?
Ella d'altro non parla
che di nozze di principi, e di conti.
Corre da valli a monti
cercando i forestieri,
beffandosi di noi.
SANDRINO
Non c'è che questo?
Io la prendo com'è.
RUSTICONE
Ed io non te la do.
SANDRINO
E me 'l dite sì franco?
RUSTICONE
Son suo padre,
e posso comandarlo.
SANDRINO
Me l'avete promessa.
RUSTICONE
Saggia, ma non ossessa.
SANDRINO
Ed io la voglio
se avesse addosso settecento diavoli.
RUSTICONE
Eh va' via, che sei pazzo.
SANDRINO
O datemi la Lisa, o ch'io m'ammazzo.
Senza la mia Lisotta
vivere non potrei.
Il core io diedi a lei,
né ad altra io mai darò.
Non chiedo, e non m'importa,
che pazza, o savia sia;
la bella Lisa è mia,
com'è la sposerò!
Siete ostinato ancora?
Ancor dite di no?
Ah padre crudele...
ah barbara sorte...
a un'alma fedele
voi date la morte;
e già che il volete
meschino morrò.
Ma pria lo vedrete,
vendetta farò.
(parte verso il bosco)
Rusticone solo.
Fa' pur quel che ti pare;
di te non ho paura: il piano mio
coi due spioni eccellenze
è per bacco eccellente!
Andiamci un po' ad unir coll'altra gente.
(va sul colle)
Eurilla, poi Lisotta con falce in mano, indi Rusticone.
EURILLA
(scende a destra)
Di momento in momento
cresce il mio turbamento,
la mia confusion... Questo timore
del genitor... le insolite carezze...
la gelosa custodia...
i detti misteriosi... e sopra tutto
l'inclinazion che a mio dispetto ancora
per quel signore io sento...
LISOTTA
Cara signora falce garbatissima,
andate un poco al diavolo; vi pare
d'esser voi cosa degna
di stare in una man da gentildonna?
Oh con un'altra gonna,
con una ricca scuffia, anelli e gioie!
Come sarò più bella.
EURILLA
E segui ancora a far la pazzerella?
Cara la mia Lisotta
finisci questi sogni.
LISOTTA
E cosa ci entra
ne' fatti miei la signorina?
EURILLA
Io parlo
perché ti voglio ben, perché mi spiace
che faccia certe cose,
che ti rendon ridicola, perché
mia sorella tu sei,
e perché i torti tuoi son torti miei.
LISOTTA
Troppe grazie! Anzi ascolta
s'è ver che mi vuoi ben, non dir giammai
che tu sei suora mia.
EURILLA
Perché?
LISOTTA
Perché non posso
crederti mia sorella.
Siamo troppo dissimili.
EURILLA
Oh per bacco
non vorrei somigliarti.
Tu giri tutto il dì, ciarli, civetti,
parli senza ritegno, odi il lavoro,
sei libera con tutti, insulti, oltraggi
me, tuo padre, il tuo sposo; io...
LISOTTA
Tu sciocchissima
chiacchieri per invidia:
credi tu ch'io non sappia,
che quando alcun mi guarda,
mi vagheggia, mi loda,
crepi di rabbia, e resti una marmotta?
EURILLA
O povera Lisotta!
Come ti burli! sappi,
che in un dì mi vorrei far correr dietro
tutto quanto il villaggio, se volessi
far le cose che fai:
ma non le farò mai; la sfacciataggine,
l'ardir, la vanità, la sfrontatezza
diverte, fa piacer, ma non s'apprezza.
I primi a biasimarla
son quelli che la cercano;
ma una giovine onesta,
contegnosa, modesta
anche dai dissoluti
si rispetta, s'ammira, e si desia;
e n'hai l'esempio in me, sorella mia.
LISOTTA
Oh che esempio! oh che esempio! ignorantissima!
EURILLA
Lisotta, olà Lisotta
non istancar il mio buon cor; se seguiti,
ti pentirai.
LISOTTA
Che muso
da fare ch'io mi penta! Puf!
EURILLA
Finiscila.
LISOTTA
Pif!
EURILLA
Finiscila dico: tu non lo sai
quel ch'io farò se tu sdegnar mi fai.
EURILLA
Son più dolce assai del zucchero,
amorosa, e di buon core:
ma ancor io mi sento un'anima,
ma ogni serpe ha il suo velen.
E se un dì mi farai perdere
la pazienza, la prudenza,
mi saprò da te difendere,
saprò quel che far convien.
LISOTTA
Saprai far? contadinaccia!
Cosa è quel che far saprai?
Ch'io ti dica peggio assai,
ch'io ti strappi mezzo il crin!
(qui sorte Rusticone ma non è veduto)
EURILLA
Io vorrei, che osassi torcermi
o toccarmi un pel d'un braccio,
giuro al ciel che di te faccio
quel che far non sa Sandrin.
LISOTTA
Meschinella!
EURILLA
Petulante!
(Eurilla prende con forza Lisotta per la mano, e la gira destramente attorno alcune volte)
Insieme
EURILLA
Se ti prendo, tracotante
resti là come un pulcin.
LISOTTA
Oh che forza da gigante!
Resto qua come un pulcin.
RUSTICONE
Brava, brava, castiga, mia figlia,
questa pazza che ognor ci scompiglia,
e tu sciocca, dov'è più la bocca,
la baldanza, l'ardire dov'è?
EURILLA
Caro padre, si fece per gioco.
Deh, sorella perdona al mio foco:
dammi un bacio, ritorna al mio seno,
e fa' pace per sempre con me.
LISOTTA
Sì ti bacio, t'abbraccio, ti stringo;
(sallo il ciel se non simulo, e fingo:
maledetta ha più forza di me.)
RUSTICONE
Oh che cor! Che dolcezza, che tratto:
inginocchiati, testa da matto;
(a Lisotta)
all'onor della nostra famiglia
oh che figlia, oh che figlia, oh che figlia!
no che al mondo l'uguale non v'è.
(Vedo ben che non nacque da me.)
Zitto! Udite che suono?
(si sente da lontano un preludio di strumenti da fiato)
EURILLA
Che musica gentil!
LISOTTA
(sempre allegramente)
Saran sicuro
quei cavalier, che vengono per me.
RUSTICONE
Son essi per mia fé: olà giudizio!
(a Lisotta)
Tu Eurilla mia qui sta'.
(si mette Eurilla dietro le spalle)
LISOTTA
Or gli effetti vedrem di mia beltà.
Milord, e Leandro preceduti da una banda di strumenti da fiato e seguìti da alcuni Servi riccamente vestiti: un di questi porta un gran bacile coperto. Séguito di Contadini, e Contadine.
MILORD
Già che il ciel, cari amici,
s'oppone ai voti nostri, e vane furo
le mie cure, le vostre, onde scoprire
la sospirata erede, io voglio almeno
pria di tornar in Scozia una memoria
del mio core lasciarvi.
EURILLA
(Oh cielo! ei parte?
Morir mi sento.)
RUSTICONE
(Bravo! se ne va!)
LISOTTA
Partirete anco voi?
LEANDRO
LISOTTA
(piano a Leandro, poi si ritira)
Andate al diavolo.
MILORD
Quest'oro o buona gente
dividete tra voi: tu che sei padre
di sì buone ragazze
tieni quest'orologio.
(se lo cava dal fianco)
RUSTICONE
Mille grazie.
(Fin qui l'affar va bene.)
LEANDRO
MILORD
Voi, mie carine,
queste bagatelluccie.
(scopre il bacile)
Godete ad amor mio! (Vedrem se giova
o s'è inutil tal prova.)
LISOTTA
Oh quante cose!
Lasciatemi veder: che bel monile!
che fibbie! che smanigli!
e questo anello è d'oro!
(nel prendere molte cose a un tratto Lisotta lascia cadere un ritrattino: Eurilla lo prende, e lo guarda con sorpresa, Milord la sta osservando)
LEANDRO
LISOTTA
Questo lo vo' per me.
E questo ancor, e questo che cos'è?
LEANDRO
LISOTTA
Uno specchio? oh caro! oh buono!
guardate un poco come bella io sono!
MILORD
(Attonita mi pare.)
EURILLA
(Oh dèi che palpiti,
che tumulto, che moti
entro il sangue io mi sento.)
(guarda il ritratto)
LEANDRO
MILORD
Cosa state guardando,
Eurilletta vezzosa?
EURILLA
Signor, guardo un sembiante
per me sì interessante.
RUSTICONE
(Che diavolo sarà?)
MILORD
Quello è il ritratto
della sposa del conte di Clerval.
RUSTICONE
(Non sento mai tal nome
senza che mi si rizzino le chiome.)
EURILLA
È mio?
MILORD
Vostro se aggradavi.
RUSTICONE
Ignorante!
Cosa ne vuoi tu fare?
EURILLA
Lo voglio baciare
da sera a mattino,
vicino vicino
vo' porlo al mio cor.
Oh quanto quest'anima
consola, ed alletta!
Andar deh lasciatemi
soletta soletta;
in quello la vista
vo' pascere ognor.
(parte)
MILORD
(Oh numi, e qual sarà
se non è questa di Clerval la figlia.)
LEANDRO
RUSTICONE
(Presto si scopre tutto.)
LISOTTA
Ed io me n' vado
a pulirmi, e guardarmi a modo mio;
grazie alla lor bontà, padroni addio.
Rusticone, Milord, e Leandro.
MILORD
(Son stordito.)
RUSTICONE
(Son morto.)
LEANDRO
MILORD
(Seguitiamo coll'arte.) Rusticone
confabuliamo un po' così tra noi.
Qual è la primogenita
delle figliole tue?
RUSTICONE
(risoluto)
È morta.
LEANDRO
MILORD
E qual di quelle due
è la più vecchia?
RUSTICONE
Che domande!
MILORD
Ho in testa
un pensiero utilissimo per lei.
RUSTICONE
(Non so qual deggia dir.)
LEANDRO
RUSTICONE
(baciagli ridendo la mano)
Signor vi son ben grato.
MILORD
E quale è dunque?
RUSTICONE
Ve lo può dir chiunque. (Io non vorrei
che prove della nascita chiedesse.)
MILORD
Dimmelo tu.
RUSTICONE
Se bene mi ricordo,
Eurilla prima nacque.
LEANDRO
RUSTICONE
Certamente.
Ho tante cose in mente.
MILORD
Ove son nate?
RUSTICONE
L'una
in Londra è nata, e l'altra nell'America.
(Mi vorrei pur schermire.)
MILORD
(Ah volpe, volpe
ti coglierò) In qual anno
tu sei stato maritato?
RUSTICONE
Uh uh! è cosa antica.
MILORD
Avesti molti figli?
RUSTICONE
N'ebbi... n'ebbi.
La storia è un po' lunghetta: or con bell'ordine
tutto vi ridirò: le cose mie
son limpide, son chiare:
(convien coll'arte impasticciar l'affare).
L'anno mille settecento
cinquantotto, o poco più:
forte al punto: state attento,
mi sposai con una giovane
fior di grazie, e di virtù.
Tre figliuole il ciel mi diè,
perché una, e due fan tre:
e fan tre nel modo stesso
una, un'altra, e un'altra appresso.
In vent'anni tre figliuole,
che per altro or son due sole
perché l'altra più non c'è.
Non è poi la gran famiglia;
e si tratta che ogni figlia,
benché resti senza madre,
quando è figlia di buon padre,
bella, o brutta, brutta o bella,
sempre è figlia, sempre è quella,
e si deve maritar.
Questo conto è così chiaro,
che l'intende anche un notaro,
lo so io, lo sanno tutti,
e non v'è da replicar.
(Gliel'ho fatta, son confusi,
son storditi, son delusi:
che diletto, che spassetto,
più non san cosa pensar.)
(parte)
Milord, e Leandro, poi Eurilla.
MILORD
Udisti?
LEANDRO
MILORD
Ti sembra
che resti più alcun dubbio?
LEANDRO
MILORD
Di questo
a me lascia la cura: i passi suoi
tu seguita frattanto; e quanto puoi
cerca d'intrattenerlo: è ben ch'io sappia
dove va, quel che fa, con chi favella,
cosa tenta, che dice: intanto voglio
Eurilla ancor veder: forse da lei
prenderan nuovi lumi i dubbi miei.
Eccola: quanta è vaga!
(si ritira)
EURILLA
Oh caro! oh benedetto! il più bel volto
non vidi a' giorni miei: pare che anch'esso
mi guardi, e rida! ah!
(vedendo Milord, mette un grido)
MILORD
Cosa avete, Eurilla?
Perché fuggite? Ho forse
occhi da far paura a una fanciulla?
EURILLA
Signore... nulla... nulla... il padre mio
è sì rigido meco, e s'ei mi trova...
e poi voi già partite, e più non giova.
MILORD
No, mia vita, non parto
se non trovasi Olimpia.
EURILLA
E voi l'amate,
signor, codesta Olimpia?
MILORD
Io l'amerei
se fosse come voi.
EURILLA
Perché no 'l sono!
MILORD
Ci avreste voi piacer?
EURILLA
Signor mio sì;
m'amereste così.
MILORD
E chi sa che no 'l siate?
EURILLA
Ah! Rusticone
dice ch'io son sua figlia.
MILORD
Egli è un briccone
voi sua figlia non siete.
EURILLA
Oh dèi! Se fosse vero!
MILORD
Almen cara io lo spero! I nostri cori
ci dicon troppe cose:
e poi questo ritratto...
EURILLA
Oh quanto io l'amo!
MILORD
Ei vi somiglia affatto.
EURILLA
Che dite? Ei mi somiglia? Perdonate:
ma sembrami signor, che voi scherziate.
EURILLA
Modesto è quel ciglio.
MILORD
E il vostro è così.
EURILLA
Quel labbro vermiglio.
MILORD
Vermiglio è ancor qui.
EURILLA
Adorna quel viso
gentil maestà.
MILORD
Tra il dolce del riso
si vede anco qua.
EURILLA E MILORD
L'affetto, il diletto
crescendo in me va.
MILORD
Quei crini guardate.
EURILLA
Son folti, son neri.
MILORD
Quegli occhi osservate.
EURILLA
Son lieti, e sinceri.
MILORD
Le tinte...
EURILLA
Vivaci.
MILORD
Gli sguardi...
EURILLA
Loquaci.
MILORD
E tutto il sembiante...
EURILLA
Spirante bontà.
MILORD
Quei crini, quegli occhi,
quei sguardi gentili
son tutti simìli
in grazia, e beltà.
EURILLA
Oh stelle che palpiti
nel seno mi sento,
che dolce preludio,
che intender non fa!
MILORD
Che moti! che palpiti!
che strano contento!
Se Olimpia non sei
oh dèi! Qual sarà?
(Eurilla parte, Milord vuol partire ma sentendo parlare torna indietro)
Sandrino, Leandro, e Milord.
SANDRINO
Sì signore: io medesmo lo trovai,
non son ancor due ore,
chiuso nell'orto.
LEANDRO
SANDRINO
Quante volte
ve lo deggio ridir?
LEANDRO
SANDRINO
Questo poi
si può vedere ancora.
LEANDRO
SANDRINO
Sì.
LEANDRO
MILORD
Ho già capito.
Sai dov'ora è quel birbo?
LEANDRO
MILORD
Ah non si tardi!
(a Sandrino)
Tu presto a casa vola, teco prendi
due abiti villeschi, e qui li porta:
tu qui sta' fin ch'io torno.
(a Leandro)
Io vado a dar certi ordini,
e a pigliar meco alcun della mia gente.
SANDRINO
(partendo)
E la Lisa fia mia?
LEANDRO
Leandro, e Lisa ornata di tutti gli abbigliamenti guardandosi nello specchio.
LISOTTA
Questi occhi, queste ciglia,
questo nasin di neve,
questo bocchin di rose
non poteano esser cose
nate da un contadino: ah son più bella
di Venere, del sole, e dell'aurora.
Mi potessi veder di dietro ancora.
Che cosa fate qui?
LEANDRO
LISOTTA
Non siete ancor partito?
LEANDRO
LISOTTA
Certo certo mi spiace.
LEANDRO
LISOTTA
Perché non posso più vedervi
senza alterar il fisico.
LEANDRO
LISOTTA
Il «cara»,
lasciatelo un po' stare.
LEANDRO
LISOTTA
Sì ammazzatevi,
ma via di qua.
LEANDRO
LISOTTA
Perché quand'uno sa che dée partire
non dée venire a far l'innamorato;
non se ne parli più, v'ho congedato.
LEANDRO
LISOTTA
Alzatevi, e ascoltate.
Voi non siete sì bello
com'è l'altro signor vostro compagno.
LEANDRO
LISOTTA
Io l'amo più di voi.
LEANDRO
LISOTTA
Vo' che così adornata
mi veda; se gli piaccio,
forbitevi la bocca,
che la bella Lisotta a voi non tocca:
s'ei poi facesse il matto;
fatta è la vostra sorte, io sono vostra,
vi sposo, e buona notte: va pulito?
LEANDRO
LISOTTA
E voi da buon marito
pensate a divertirmi: io voglio in tutti
i dì delle mie nozze
i possibili gusti, e feste, e giochi,
e ballo a più di mille,
e invito a più di cento,
e una musica poi da far spavento.
Non vo' già che mi suonino
pive, sampogne, o pifferi,
chitarre, o colascioni,
tamburi, lire, o nacchere,
né sveglie, né bussoni,
ribecche, o dabuddà.
Ci voglio li violini,
arpe, oboè, salteri,
viole, violoncelli,
e flauti traversieri,
fagotti e contrabbassi,
e i clarinetti, e i timpani,
e le trombette, e i corni,
e tutti li strumenti
che s'usano in città.
(parte)
Leandro, poi Milord.
LEANDRO
MILORD
Leandro eccomi a te, tieni quest'arme,
quest'abito ti metti, e vieni meco.
LEANDRO
MILORD
Furtivamente
di Rusticon nell'orto
introdur ci dobbiam: più inosservati
al favor di quest'abiti
ai villani sarem: indi improvvisa
sarà la mia scoperta a quell'indegno:
vedrà quel che san far amore, e sdegno.
(partono)
Orto come al primo atto.
Sandrino sulla sommità del muro che accomoda due scale; poi Milord, Leandro, e séguito di Gente per le scale, indi Rusticone, Eurilla, Lisotta, e Contadini.
SANDRINO
Preparate ho già le scale,
ed ancor non viene il conte:
zitto: il veggio appiè del monte:
ehm, ehm, ehm, venite qua.
Rusticone è fuor di casa,
ho pur colto un buon momento:
che vendetta! che contento!
A burlarmi imparerà.
(discende nell'orto)
MILORD
(dalla sommità del muro poi discende)
Tutto tace, alcun non viene:
segua ognuno i passi mie;
oh che colpo se va bene
per quel perfido sarà.
SANDRINO
Questo è il loco ove l'amico
vidi già scavar la fossa.
(Sandrino conduce Milord alla fossa; gli altri discendono)
MILORD
Ah che mossa è qui la terra!
(a Sandrino)
Per di dentro l'uscio serra,
sicché alcun non possa entrar.
Insieme
MILORD
Una prova manifesta
spero qui di trovar.
LEANDRO E SANDRINO
Una prova manifesta
spera qui di trovar.
CORO
Io non so che storia è questa
né com'ha da terminar.
LEANDRO
MILORD
(a Sandrino e Leandro)
Voi scavate, e voi frattanto
state ai buchi ad osservar.
LEANDRO
MILORD
Seguitate, non fa niente.
SANDRINO
Vien lo stesso Rusticone.
MILORD
Venga venga, quel briccone:
badi ognuno al suo lavoro,
che un tesoro dée qui star.
CORO
Badi ognuno al suo lavoro,
che un tesoro dée qui star.
RUSTICONE
Ah chi v'è nell'orto mio!
MILORD
Fate presto: scavo anch'io.
RUSTICONE
Me meschin! Rubato io sono.
(guarda nell'orto dall'albero)
Figlie, ai ladri, ai ladri o gente,
un soccorso per pietà.
MILORD
Qualche cosa veder parmi,
che risplende sotto terra.
RUSTICONE, EURILLA E LISOTTA
Gente, amici, all'armi, all'armi;
ah gettiam la porta a terra!
MILORD
Ecco ecco: fuor cavate.
RUSTICONE, EURILLA E LISOTTA
Meco gli urti raddoppiate:
assassini malandrini,
vi vo' tutti scorticar.
GLI ALTRI
Oh che gioia, o che contento,
sento l'alma giubilar.
MILORD
Presto aprite, e ritiratevi,
e veggiam cosa san far.
(Rusticone entra precipitosamente con legno in mano. Milord si cava l'abito villesco, e si vede l'ordine)
RUSTICONE
Oh dèi! sogno, o son desto?
MILORD
Non sogni, non sogni,
scellerato villano! in me ravvisa
il figlio di milord
signor di questi lochi: il cielo alfine,
e la prudenza mia tutto scoperse
le tue menzogne, e i tradimenti tuoi.
Empio! or nega se puoi,
che a te si diede di Clerval la figlia,
e che di queste due l'una non sia?
RUSTICONE
Ah signor, ascoltate...
MILORD
Taci... io voglio,
che l'intero villaggio
le tue colpe conosca;
(ad alcuni del suo seguito)
a radunarlo
o miei fidi volate: a voi frattanto
questo scrigno confido,
quel ribaldo consegno,
e con la vera la supposta figlia.
Nella pubblica piazza
verrete:
(a Rusticone)
al mondo in faccia
tu le chiavi ne porta
tutto si scoprirà.
RUSTICONE
Figlie... amici... signor...
MILORD
Non c'è pietà...
Tu perfido osasti
mancare di fede,
tu un padre ingannasti,
che in guardia ti diede
la speme, l'oggetto
del tenero amor.
Per te in basso stato
oppresso languio,
ch'il cielo, ch'il fato
destina al cor mio;
paventa l'effetto
d'un giusto rigor.
E intanto il mio bene
consoli le pene,
che l'ore di giubilo
s'appressano al cor.
(parte con Sandrino e Leandro)
Rusticone, Lisotta, ed Eurilla.
RUSTICONE
(Rusticone al ripiego.) Ah mia signora...
(s'inginocchia)
LISOTTA
Cosa vegg'io!
RUSTICONE
Perdon per carità
EURILLA
(Cos'è tal novità?)
RUSTICONE
Sappiate ch'io...
LISOTTA
Voi...
EURILLA
Cosa sarà mai?
RUSTICONE
(con un sospiro risoluto)
Vostro padre non sono.
LISOTTA
Eterni dèi?
Chi è dunque il padre mio?
RUSTICONE
Il conte di Clerval.
LISOTTA
(lietissima)
Il conte? il conte, ond'io
sono la contessina?
RUSTICONE
Sì la contessa Olimpia.
EURILLA
Oh me meschina!
LISOTTA
Ah l'ho detto! L'ho detto!
Ed altri no 'l credea.
RUSTICONE
In faccia al mondo
confesso il fallo, anzi l'inganno mio;
un briccone son io, merito peggio.
Ma la vostra bontà
so che m'impetrerà grazia, e perdono.
In casa mia cresceste,
v'amai sempre qual figlia,
per non perdervi solo
padre vostro mi finsi, e come tale
vi diedi alcuna volta
qualche schiaffetto, e pizzico paterno;
ma in fondo questo cor vi rispettava
per la dama che siete.
LISOTTA
Alzati miserabile,
della clemenza mia prova gli effetti:
e fatevi avanti, prosternatevi,
chinatevi, atterratevi:
io sono sua eccellenza la contessa;
e inposterum sarò la Milordessa.
EURILLA
Oh ciel più non resisto!
(vuol partire)
LISOTTA
Ehi bifolchetta,
dove vai? Presto qui: pensa che adesso
son la padrona tua: ti fo la grazia
di baciarmi la mano.
A te: più gentilmente.
E tu pubblicamente un'altra volta
domandami perdon di tanti torti,
che sin oggi mi festi,
(a Rusticone)
e della libertà che ti prendesti.
RUSTICONE
Eccellenza? eccellenza perdonate!
E pizzichi, e ceffate,
e pugni, e bastonate
fur sintomi d'amor.
LISOTTA
Recate presto
a milord la novella;
ditegli che sul fatto
mandi a me la sua gente onde incontrarmi,
e in gran treno alla piazza accompagnarmi.
E voi messi spedite in nome nostro
per vicini villaggi, ed ordin date
di condur suonatori d'ogni sorte
fuori delle mie porte, e tutta notte
fin che l'alba s'appressa
farmi una serenata da contessa.
(parte seguita dai contadini, dai servi del conte, e da Rusticone)
Eurilla sola.
Alfin son sola; alfine
posso un libero sfogo
a quest'alma lasciar... barbare stelle!
Perché tante sventure, e tanti affanni
inventaste per me? l'oscuro stato
ove mi pose la fierezza vostra
forse poco a voi parve,
senza offrir vane larve
al credulo mio core
d'illusorie grandezze, e di splendore?
Dove or vado? che fo? con qual coraggio
potrò guardar, potrò parlar a un padre,
che rifiuta il mio cor? milord... oh numi,
nascondasi a me stessa
un'idea troppo vana: ad altri il cielo
serbò sorte sì bella;
infelice si torni, e pastorella.
Sola, e mesta tra i tormenti
passerò languendo gli anni:
e farò de' miei lamenti
campi, e selve risuonar.
Mi vedrà la notte, e il giorno
neri oggetti all'alma intorno,
e una barbara speranza,
che vorrei, né so lasciar.
Ah perché spietato amore
nel mio core entrasti mai;
perché vidi i cari rai,
onde appresi a sospirar?
(parte)
Piazza pubblica.
Rusticone, e Lisotta coperta bizzarramente di fiori, in mezzo di vari Contadini, e Contadine.
CORO
Evviva la bella
sposina novella,
l'erede, la figlia
del nostro signor.
Finor fu la gioia
di questa pendice;
ma a ciel più felice
or guidala amor.
LISOTTA
Al giubilo vostro
s'unisce anche il nostro,
e grazie vi rendo
miei cari pastor.
Vi lascio per sempre
boscaglie, e contadi,
palazzi, e cittadi
mi chiamano a lor.
CORO
Evviva la bella
sposina novella,
l'erede, la figlia
del nostro signor.
RUSTICONE
Soffrite, signora,
ancora un amplesso.
LISOTTA
Quest'ultimi istanti
t'è tutto concesso.
Insieme
RUSTICONE
Che teneri pianti
mi vengon dal cor!
LISOTTA
Che teneri pianti
gli vengon dal cor!
Milord, Leandro, e detti.
MILORD
(senza veder Lisotta)
Ah voli al mio seno
l'amato tesoro,
e un dolce ristoro
in me troverà.
LISOTTA
Son pronta, son lesta
vedetemi qua.
MILORD E LEANDRO
Oh stelle! la Lisa
del conte è la figlia?
LISOTTA
La Lisa.
RUSTICONE
La Lisa.
TUTTI
(accennando Rusticone)
Giurato ei ce l'ha.
MILORD
Ah perfido, ancora
deluder mi tenti?
Ma i tuoi tradimenti
ciascuno or vedrà.
RUSTICONE
Signore...
MILORD
Ti scosta
malnato villano:
le prove ho in mia mano
di tue falsità.
RUSTICONE E LISOTTA
La coda anche in questo
il diavol porrà.
MILORD
Eurilla non veggo:
ah dove sarà!
LEANDRO
Sandrino, Eurilla, e detti.
EURILLA
Eccellenza ai vostri piedi
prende gli ultimi congedi,
contadina sventurata
destinata a sospirar.
Insieme
RUSTICONE
Temeraria in sua presenza...
LISOTTA
Temeraria in mia presenza...
MILORD
Sorgi, e lasciala parlar.
SANDRINO
Che colei contessa sia?
Ne comincio a dubitar.
EURILLA E SANDRINO
Lieti giorni di contento
sien compagni al viver vostro,
ed a me qualche momento
non vi spiaccia di pensar.
MILORD
Ah l'iniquo invan pretende
tanto bene a me involar.
SANDRINO
Che sia qualche furberia
che il birbon cercò inventar?
EURILLA
Io tornando, in campi, e selve
piangerò tra piante, e belve.
Dal destino assai punita
per quel ben che osai sperar.
LISOTTA
(ad Eurilla)
Dunque addio.
MILORD
Resta mia vita.
Il tuo pianto, il tuo dolore
saprò tosto consolar.
Qua la cassa: e tu ribaldo
fuor la chiave, e s'apra presto,
il suo inganno manifesto
ora io spero al mondo far.
LISOTTA, EURILLA, RUSTICONE, SANDRINO E CORO
Oh che rabbia, che dispetto!
ma saprommi vendicar.
Là non v'è che gemme, ed oro;
guarda pur quanto ti par.
Nuovo raggio di speranza
mi comincia a balenar.
Che ricchezze, che tesoro!
quel briccon volea rubar.
MILORD
Non c'è altro? e tante carte,
che Clerval commise a te?
RUSTICONE
Giuro a Venere, ed a Marte
altro il conte a me non diè.
MILORD
Guardiam dunque, qui saranno.
(guardando di nuovo entro la cassetta)
Non c'è nulla.
SANDRINO
Un altro inganno.
MILORD
(alle ragazze)
Ma cos'è codesta cifra?
A. I. F.!... che mai vuol dire?
Io non so cosa capir...
LISOTTA, EURILLA, RUSTICONE, SANDRINO E CORO
A. I. F.
LISOTTA
La cosa è chiara:
A: a; I: io; F: felice.
RUSTICONE
Brava brava così dice:
così intendere si dé.
MILORD
Questo poi nulla significa,
no che il senso tal non è,
voi che dite, Eurilla mia?
LISOTTA
Quella sciocca cosa fa?
EURILLA
Se a lui carte fur commesse,
e le carte egli non ha.
Qui saran le carte stesse,
ed allor si capirà.
A. I. F. Aprasi Il Fondo.
LEANDRO E MILORD
Ah veggiam poter del mondo.
RUSTICONE E LISOTTA
S'apra il fondo: ah ah ah!
MILORD, LEANDRO
C'è un secreto in verità.
MILORD
Spingi presto!
TUTTI
Eterni dèi!
La scoperta qui si fa.
(apresi il fondo, ed escono molte carte)
MILORD
Trema ribaldo, trema:
or scopriremo il vero.
Qui scrisse il conte stesso.
Leggi Leandro: adesso
vedrem chi Olimpia sia,
o se ingannommi il cor.
RUSTICONE E LISOTTA
Chi pensato avria
tal contrattempo ancor!
LEANDRO
SANDRINO, MILORD E EURILLA
Che alla madre appien somiglia.
LEANDRO
MILORD
Leggi lento: il meglio or viene.
SANDRINO E EURILLA
Bene bene per mia fé.
LEANDRO
LEANDRO E MILORD
Ah che tutto è appien conforme!
CORO
Colorito, segni, e forme
mano, bocca, naso, e crin.
RUSTICONE
Figlia, è fatta la frittata.
Ah Lisotta sventurata,
felicissimo Sandrin!
MILORD
(a Rusticone)
Scellerato, or qual dirai,
che di quelle Olimpia sia?
SANDRINO
(a Lisotta)
Bricconcella or vanterai
la tua nobile genia.
RUSTICONE
Ah peccai... signor... peccai...
ecco qua la figlia mia,
(addita Lisotta)
ecco Olimpia, ed ecco un misero
che vi chiede carità.
MILORD
No fellon...
EURILLA
Ah ch'io da lui
ebbi ognor segni d'affetto:
perdonate al poveretto,
io per lui chiedo pietà.
MILORD
Idol mio, vieni al tuo sposo.
Questo tratto generoso
più al mio cor cara ti fa.
Ti perdono, tutto oblio...
SANDRINO
E l'esempio seguo anch'io:
Lisa mia, vieni un po' qua.
LISOTTA
Vengo vengo, Sandrin bello,
e cervello ho fatto già.
TUTTI
O che amabili maniere
o che gare di bontà!
Insieme
UNA PARTE
Ecco come in quella CIFRA
ogni cosa si decifra
per la mia felicità.
L'ALTRA PARTE
Ecco come in quella CIFRA
ogni cosa si decifra
per la mia fatalità.
TUTTI
Questa CIFRA dunque viva,
e con lei gli sposi amanti,
e tra gridi e suoni, e canti
dolci auguri al ciel s'innalzino
di futura ilarità.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 27/11/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
(W)