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Un capriccio di donna

UN CAPRICCIO DI DONNA

Melodramma serio.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Antonio GHISLANZONI.
Musica di Antonio CAGNONI.

Prima esecuzione: 10 marzo 1870, Genova.


Personaggi:

Giacomo VANSEN pastore ottuagenario

basso

COSTANZA Vansen, figlia di Giacomo

soprano

MARTA orfanella svizzera

soprano

La CONTESSA d'Egmont

soprano

Il CONTE d'Egmont

baritono

GIULIANO Daville, pittore

tenore

Il MARCHESE d'Arras

basso

Una DAMIGELLA

soprano


Pastori, Contadinelle svizzere, Fanciulli e Fanciulle, Dame, Signori, Cortigiani, Maschere, Crestaie, ecc.

La scena del prologo ha luogo in un villaggio della Svizzera. I tre atti che seguono, a Parigi. Epoca, Luigi XV.

Prologo
Scena prima

Interno della casa del pastore Vansen.
Un gran camino a sinistra. A destra una porta che mette sulla via. Piccola porta a sinistra. Nel fondo della scena una scalinata di pochi gradini che fa capo alla porta di una sala. Dinanzi al camino una tavola rustica. Quadri appesi alle pareti.
Vansen seduto presso la tavola. Costanza, Donne e Famigli che vanno e vengono.

VOCI LONTANE

Venite, pastori,

fanciulle, venite ~

al santo vegliardo

festosi accorriam!

COSTANZA

(appressandosi a Vansen)

Odi? Di lieti cantici

risuona il pio villaggio;

qui fra un istante a porgerti

il consueto omaggio,

gli amici interverranno...

VANSEN

(con tristezza)

Un anno... ancora un anno,

che nell'oblio dei secoli

oggi tramonterà!...

COSTANZA

Lieto non sei...

VANSEN

La predica

sto meditando... forse

l'ultima...

COSTANZA

Che mai dici?

Padre tu sei degli orfani,

angiol degli infelici...

ai desolati, ai miseri

iddio ti serberà.

VOCI DI FUORI

Al santo pastore

festosi accorriam;

d'omaggio, d'amore

tributi rechiam!

COSTANZA

Son dessi!...

VANSEN

La famiglia

si aduni...

COSTANZA

(appressandosi alla scalinata)

Olà... venite...

fanciulli... che più indugiasi?...

(esce per un istante)

VANSEN

(ai famigli)

E voi le porte aprite...

Infondimi, o signore

sensi di pace e amore:

fa' che i miei detti un balsamo

versino a tutti i cor!

Scena seconda

Costanza discende dalla gradinata tenendo per mano due Fanciulli.
Marta, Carlotta conducono parimenti dei Fanciulli che recano doni al vecchio Vansen.
Dalla porta laterale entrano Contadini e Contadine abbigliati a festa.

TUTTI

Viva il nostro pastore... evviva il padre

del villaggio!...

COSTANZA

(ai fanciulli)

Pian piano... ad uno, ad uno

i vostri doni offrite.

VANSEN

Qui tutti, o figli miei...

CORO

Li benedite!

DONNE

La man del vegliardo,

fanciulli baciate:

fidente lo sguardo

ver esso levate ~

la santa parola,

che molce e consola,

dal labbro divino

vi scenda nel cor.

UOMINI

L'alpi nevose

non danno rose,

nudo è l'ostello

dal poverello.

Unica gemma,

unico fior

noi qui rechiamo

pace ed amor.

VANSEN

(levandosi in piedi)

Co' la famiglia mia qui veggo accolta

l'altra famiglia che mi diè il signor:

questo povero vecchio anche una volta

vi benedice con paterno amor.

Di angosce e di miserie è pieno l'anno

finché dura l'esilio di quaggiù;

ma d'immenso conforto nell'affanno

a chi soffre, a chi piange è la virtù.

Ogni macchia di colpa si cancelli

al mio piè si deponga ogni rancor;

con un bacio chiamatevi fratelli,

e la fede si avvivi in ogni cor.

UOMINI

Noi sempre ci amerem come fratelli,

come ci amate voi, santo pastor.

DONNE E FANCIULLI

Ogni traccia di duolo si cancelli,

senza rimorsi non ha lutti il cor.

MARTA

(Che spero io più? Non fia che si cancelli

l'onta mia, la mia colpa, il mio dolor.)

(tutti si alzano)

VANSEN

Ed ora, o figli miei,

a sciogliere una prece

nell'oratorio entrate.

TUTTI

Andiam!...

VANSEN

Qui poi,

giusta l'antico rito,

a fraterno convito

insiem ci assideremo,

finché non suoni l'ora

che dell'anno novel segni l'aurora...

E anche per me pregate,

cui vietan gli anni gravi

e l'inferma salute

di seguirvi...

DONNE

(ai fanciulli)

Venite!

(tutti escono meno Marta che si arresta sulla soglia)

Scena terza

Vansen, e Marta.

MARTA

(Indegna ormai

son di viver con essi...)

VANSEN

(a Marta)

E tu, o figliola...

coi fratelli a pregar perché non vai?

MARTA

Perché... Deh! Non chiedetelo...

Io son troppo infelice...

VANSEN

Lo so...

MARTA

(atterrita)

Voi!

VANSEN

Tutto al vigile

mio cor paterno dice

che soffri...

(prendendola per mano)

Vieni, o figlia,

svelami il tuo martir.

MARTA

(Non oso alzar le ciglia...

O dio, vorrei morir!)

VANSEN

Da qualche mese ~ la luce bella

delle tue guance ~ si scolorì;

mutato hai volto ~ modi, favella...

non sei più quella ~ che fosti un dì.

E a me il segreto ~ che ti divora,

che ti distrugge... ~ celar vuoi tu?

Parlami, o figlia...

(la conduce presso la seggiola dove si asside)

MARTA

(prostrandosi alle ginocchia di Vansen)

~ Questa dimora

della innocenza ~ della virtù

fuggire io debbo!...

VANSEN

(sorpreso)

Marta!... (Che intendo!)

Povera figlia!...

MARTA

Perduta io son.

VANSEN

(levandosi in piedi)

Cielo!... Perduta!...

(giungendo le mani, ricade sulla seggiola)

Dio del perdon!...

Come a tua madre ~ favelleresti

parlami, o Marta... ~ il reo chi fu?

MARTA

Uno straniero...

VANSEN

Dove il vedesti?...

Quali speranze ~ nutrir puoi tu?

MARTA

Si chiamava Giuliano... era venuto

fin da Parigi... un giovane pittor...

Un giorno nella selva era seduto...

là ci incontrammo... e mi parlò d'amor.

Il suon della sua voce era sì grato

che io per esso obliai tutto il creato!

Farmi sposa, tornando, ei promettea...

mi baciò in volto, pianse... e poi partì...

Ed io sempre nei sogni lo vedea...

ma più nuove non ebbi da quel dì.

Per sei mesi così dovei soffrire...

e talvolta ho creduto di morire.

VANSEN

Sventurata!

MARTA

Or che tutto vi svelai...

ditemi, o padre che poss'io tentar?...

VANSEN

Al ciel chiedi l'oblio...

MARTA

Già l'implorai

più volte, e ancora no 'l potei scordar...

VANSEN

Qui attendimi ~ a pregar cogli altri anch'io

vado ~ ispirarmi solo può il signor.

Figlia, non disperar ~ ti affida in dio...

MARTA

Ma voi?...

VANSEN

Mi abbraccia! ~ io ti son padre ancor.

(si abbracciano, indi Vansen si allontana a passo lento)

VOCI INTERNE

Vieni... le menti illumina

o spirto creator...

tergi le colpe: ai reprobi

desta il rimorso in cor.

Scena quarta

Marta sola.

No... no! D'altri il consiglio

non può venirmi... Al desolato core

sempre più forte parlerà la voce

dell'immenso amor mio...

e la voce d'amor voce è di Dio!

Io partirò... sì... troverò il cammino

per giunger presso a lui... Vedrà il mio pianto...

egli pur dovrà amarmi... io l'amo tanto!

(entra nelle stanze)

VOCI DALLA CHIESA

Guida fra i ghiacci e i triboli

lo stanco pellegrin,

ond'ei raggiunga incolume

la meta del cammin.

MARTA

(ricomparisce ravvolta in una mantelletta con un piccolo fardello nelle mani)

Addio... ti lascio ~ casa adorata

dove i primi anni ~ vissi beata...

dove rinvenni ~ grama orfanella,

amor di madre ~ e di sorella...

Dove la voce ~ di un vecchio pio

del ciel... degli angioli ~ mi favellò...

Ah! Il cor si spezza ~ in questo addio...

che il tetro abisso ~ schiuder mi può.

(scrive, e piegato il foglio, lo lascia sulla tavola)

VOCI DALLA CHIESA

Spira coraggio ai trepidi

nell'ora del morir...

MARTA

Or... l'esitare è vano...

Giuliano... o mio Giuliano...

angiolo mio... mio nume,

per te saprò morir!

(esce rapidamente per la piccola porta)

Scena quinta

Uomini, Donne, Fanciulli, Vansen, e Costanza.

TUTTI

Allegri! Nel diletto

la notte si consumi!

COSTANZA

(ascende i gradini e apre le grandi porte della sala dove si vede una tavola illuminata)

Venite!...

UOMINI

Quanti lumi!

Lauto sarà il banchetto...

COSTANZA

Fanciulli... avanti!

TUTTI

Evviva...

l'allegra comitiva!

(tutti entrano nella sala. Costanza discende dalla scalinata per offrire il braccio a Vansen)

COSTANZA

E Marta dov'è?

VANSEN

(inquieto)

Nella sua stanza forse...

(chiamando)

Marta!...

ALTRE VOCI

Marta!...

VANSEN

(vedendo la lettera)

Una lettera... Che vedo!...

(legge)

Fuggita!... Ohimè!...

COSTANZA

Fuggita!...

Gran dio!...

VANSEN

(a Costanza)

Silenzio! Qualcheduno accorra

sulle sue tracce...

(porge la lettera a Costanza)

Leggi!... In queste mura

è entrata la sventura...

COSTANZA

Ah! Mi si spezza il cor!

(Vansen cade sulla seggiola col capo fra le mani. Costanza affannata parla sottovoce ad un famiglio)

CORO

(nella sala)

Ciascun gioisca ~ si seppellisca

fra lieti brindisi ~ l'anno che muor!

Atto primo
Scena prima

Lo studio di un pittore.
Porta a sinistra; altra piccola porta nel fondo della scena; tavoli, quadri; un cavalletto per dipingere, sul quale posa un ritratto di donna.
Giuliano che sta dipingendo, coro di Pittori e di Amici.

GIULIANO

(volgendosi agli amici che lo circondano)

Or bene: che vi pare?

CORO

Ecco un tipo ideale!

Impossibile al mondo trovar bellezza uguale.

GIULIANO

Credete? Eppure, in questa beltà meravigliosa

godo di presentarvi la mia futura sposa.

CORO

Ah! Ah!... tu prender moglie! E sul serio lo dici?

GIULIANO

Sul serio...

CORO

Come vedi fai ridere gli amici...

Ah! Ah!...

GIULIANO

(alzandosi)

Vi prego... in grazia... le celie risparmiate.

CORO

Di' che in un chiostro chiuderti e farti abate;

le favole più assurde a tuo capriccio inventa,

noi fingerem di crederle, se questo ti talenta.

Ma che tu prenda moglie...

GIULIANO

(bruscamente)

Finitela, vi dico!

Il ver parlai, chi dubita ancor non m'è più amico.

CORO

E questa irresistibil maga, questa sirena

che al genio tuo volubile vuol metter la catena,

si chiama?

GIULIANO

Stella...

CORO

Il nome davver risponde al viso.

GIULIANO

(con entusiasmo)

Un angelo più puro non vanta il paradiso...

CORO

Dal palazzo reale, dal Louvre una tal stella

è caduta di certo.

GIULIANO

No: povera orfanella...

GIULIANO

Fiore gentil, nel vortice

della città travolto,

giglio dai puri balsami

in sulla via raccolto;

mille ignorati gaudi

nel petto mio versò.

CORO

(sottovoce)

A tal miracolo

creder chi può?

Costui davvero

s'innamorò?

GIULIANO

Brillò fra le mie tenebre

stella dal raggio santo:

la sua beltà fu un'iride,

la sua parola un canto;

dessa al mio stanco genio

l'ali di Dio prestò.

CORO

(sottovoce)

Con egual enfasi

spesso ei parlò,

ma poi qual nebbia

l'amor passò.

GIULIANO

Amici: il vostro incredulo sorriso

assai chiaro mi dice

che voi prendete a scherno

le mie parole... È naturale... è giusto!

Da quel ch'io fui... da quelli che voi siete.

Giudicar non potete

qual sono adesso. Fra sei giorni, spero

cangerete d'avviso... allorché tutti

qui ci uniremo a festeggiar il rito...

CORO

Sta ben!... Sta ben! Tutti accettiam l'invito.

GIULIANO

A domani, miei cari...

CORO

Addio, Giuliano!...

GIULIANO

(mentre gli amici si allontanano)

(Ella non giunge ancora...)

CORO

(nell'uscire)

Il caso è strano!

Scena seconda

Giuliano indi la Contessa d'Egmont.

GIULIANO

(riprendendo i pennello e contemplando la tela)

No... vana è l'arte!... In questa effigie muta

non brilla il raggio di innocenza e calma

che sulla fronte le riflette il cielo!

Qui trovo un freddo volto... e assente è l'alma.

(si odono tre colpi leggeri alla porticciuola)

Ecco l'anima alfin!

(corre ad aprire)

CONTESSA

(in abito semplicissimo da modista con un velo bianco sul capo)

Giuliano!...

GIULIANO

Stella!...

Angelo mio!

CONTESSA

Mio ben!

GIULIANO

(fissandola con trasporto)

Sempre più bella!...

CONTESSA

Vedesti mai risplendere

giornata più serena?

D'inusitato giubilo

ho l'anima ripiena...

Ai Pocherons ne attendono

feste, tripudi e canti.

Preziosi son gli istanti:

vieni, Giuliano, usciam!...

Del sol, dell'aure libere

la vita respiriam!

GIULIANO

E alfin tu mi dirai?...

CONTESSA

(con ingenuità)

Sì... tutto io ti dirò...

GIULIANO

E il giorno fisserai?...

CONTESSA

Il giorno fisserò...

CONTESSA E GIULIANO

Fra le piante, tra i fiori loquaci,

nell'ebbrezza dei canti e dei baci,

precorriamo la gioia avvenir! ~

Io darei per quest'ora beata

fin del cielo l'eterno gioir!

Scena terza

Il Conte di Egmont, e detti.

CONTE

(sulla soglia)

Il pittore Daville...

CONTESSA

(abbassando prontamente il velo)

Qual voce!... Il Conte!...

GIULIANO

(volgendosi)

Che si vuole da me?

CONTE

(avanzandosi e vedendo la donna velata)

Da quanto io vedo,

importuno qui giungo... D'ammirare

l'opre vostre stupende qui mi trasse

vaghezza. A corte, nelle illustri sale

di Versailles risuona ad ogni istante

il vostro nome glorioso...

GIULIANO

Fama

ch'io non merto...

CONTE

Modestia al genio unita

fu sempre... Or via, di stringervi la mano

per or mi onoro...

(accennando alla donna)

I vostri dolci studi

proseguite...

(si inchina in atto di partire)

CONTESSA

(Respiro!...)

GIULIANO

(accompagnando il Conte verso la porta)

Qui rivedervi io spero...

CONTE

Addio!...

(arrestandosi dinanzi al quadro)

Che miro!

(Quai sembianze!...)

CONTESSA

(Io son perduta!)

GIULIANO

(Onde mai tal meraviglia?)

(al Conte)

Questa donna conosciuta

forse avete?...

CONTE

Rassomiglia

a una dama della corte

nota assai...

GIULIANO

(con indifferenza)

Voi lo credete?

La mia sposa in lei vedete...

CONTE

Sposa a voi!...

GIULIANO

Fra pochi dì.

(avvicinandosi alla Contessa)

È di ghiaccio la tua mano...

qual terrore ti colpì?

CONTESSA

(Simulare io tento invano

il terror che mi colpì.)

CONTE

(esaminando attentamente il quadro)

Fu illusion... fu un sogno strano...

fu una larva che mentì.

I tratti nobili

qui non ravviso,

i lampi fulgidi

di sua beltà;

l'aristocratico

fiero sorriso,

lo sguardo d'aquila

costei non ha.

Questa è una tortora,

quella un serpente;

là c'è il demonio,

qui il cherubin;

l'altra è più giovane,

più seducente,

l'occhio ha più languido,

più nero il crin.

(volgendosi a Giuliano)

Deh perdonatemi

lo strano error.

GIULIANO

(inchinandosi)

Nulla...

CONTESSA

(Dall'ansie

respira, o cor!)

CONTE

(nell'uscire)

Sia dolce l'estasi

del vostro amor!

Scena quarta

I suddetti meno il Conte.

CONTESSA

(sollevando il velo e prorompendo in una risata)

Ah! Ah!

GIULIANO

(preoccupato)

Puoi dunque ridere?...

CONTESSA

(prorompendo in una risata)

E chi non rideria?

GIULIANO

(preoccupato)

Ciò che ora udii...

CONTESSA

Sul serio

ci pensi?... È una follia!

Fu un'importuna visita,

e già scordata io l'ho.

(dando il braccio a Giuliano con abbandono)

Ai liberi campi

festosi accorriamo,

uniti voliamo

ai regni del sol.

Siccome farfalle

nell'aure natanti,

quai tortore amanti

che spiegano il vol!

GIULIANO

Ai liberi campi

uniti accorriamo,

sparisca ogni nube

d'affanno e di duol.

Siccome farfalle

nell'aure natanti,

quai tortore amanti

che spiegano il vol!

Scena quinta

Il giardino ai Pocherons.
Viale con alberi foltissimi. A sinistra un tavolo circondato da sedili di pietra. Nel fondo della scena diverse coppie di studenti, artisti e soldati che passeggiano, ciascuno co' la sua donna al braccio. Nell'interno musica da ballo.

UOMINI

Danzate! Cantate, fanciulle giulive!

Di danze, di canti l'amore sol vive;

farfalle vezzose ~ suggete le rose,

fin quando vi arrida degli anni l'april!

DONNE

Cantiamo! Danziamo! Fugaci son l'ore

segnate al diletto, segnate all'amore;

farfalle vezzose ~ suggiamo le rose,

fin quando vi arrida degli anni l'april!

(si disperdono)

Scena sesta

Marta in abito da modista, indi il Conte di Egmont e il Marchese di Arras.

MARTA

Perché delle sante canzoni native

la dolce armonia nell'alma rivive?

Degli altri la festa ~ più cruda ridesta

la pena fatale che m'arde nel cor.

Ma il pianger che giova? Segnata è la via;

beviamo il diletto, beviam la follia!

Corriamo alla meta che i palpiti acqueta,

che in placido sonno converte il dolor!

MARCHESE

(additando Marta al Conte)

Oh! Ve', una colomba, che forse va in traccia

di liete avventure...

CONTE

Ti giova tentar...

MARCHESE

È giovane, è bella... Proviam!...

CONTE

Buona caccia!

Io vo' d'altra parte le reti a spiegar.

(il Conte si allontana)

Scena settima

Marta e il Marchese di Arras.

MARCHESE

(avvicinandosi a Marta con galanteria)

Come mai, gentil donzella,

così sola vi aggirate?...

Se il mio braccio non sdegnate,

vi farò da cavalier.

MARTA

Siete amabile, galante...

MARCHESE

(con popolarità)

Hai marito?

MARTA

Son zitella...

MARCHESE

Certo, avrai più di un amante.

MARTA

Che mai dite? ~ No davver!

Voi credete nell'amore?

MARCHESE

Tu non credi, o mia fanciulla?

MARTA

Ma... vi pare? Io credo a nulla...

MARCHESE

Proprio a nulla?... E all'oro?...

MARTA

Ohibò?...

MARCHESE

Se ti offrissi, o bella, il core

che diresti?...

MARTA

Riderei.

MARCHESE

Del denar?

MARTA

Mi sdegnerei...

MARCHESE

Tu sei ricca...

MARTA

Io ricca? No!...

Nella povera stanzetta

io lavoro notte e dì:

quando puro il sol m'alletta,

a danzar io vengo qui.

E qui oblio, fra i lieti balli,

fra le larve del piacer,

le mie genti, le mie valli,

che non deggio riveder.

MARCHESE

Dunque straniera sei?

MARTA

Sono cresciuta

presso Losanna, in povero villaggio...

MARCHESE

Come... e perché a Parigi sei venuta?

MARTA

(sospirando)

Allor la fede m'infondea coraggio...

quando appena in Parigi ho posto il piede...

Il coraggio mancò... mancò la fede!

(musica interna. Marta dà il braccio al Marchese)

MARTA

(vivacemente)

Ma i tristi pensieri

dall'alma sgombriamo!

De' suoni il richiamo

ci invita a danzar!

MARCHESE

Più strana fanciulla

giammai non si vide;

se piange, se ride,

mi fa delirar!

(muovono per uscire)

Scena ottava

La Contessa di Egmont che attraversa la scena, e detti.

CONTESSA

(rapidamente)

Ove fuggo?... I miei passi egli seguia...

Riconosciuta forse...

(si allontana)

MARCHESE

(arrestandosi sorpreso)

La Contessa

d'Egmont!

MARTA

La mia rivale!

MARCHESE

(Come mai

sola... con quel vestito... a una tal festa?...)

MARTA

Ah! Nel vederla, un brivido di morte

mi corse per le vene...

MARCHESE

(a Marta)

Al ballo andiamo?

Sì pallida perché?... Tu soffri...

MARTA

Nulla!

Quella giovane conoscete,

o signore?

MARCHESE

Qual v'è dama alla corte

ch'io non conosca?

MARTA

(sorpresa)

Dama?

MARCHESE

Anzi... contessa...

MARTA

Voi di me vi burlate?...

La fidanzata è dessa...

d'un giovane... pittore...

(ritirandosi in disparte, e accennando a Giuliano che s'avanza)

Vedete... ecco lo sposo!

MARCHESE

(ridendo)

Davvero?...

MARTA

(Com'è pallido e pensoso!)

Scena nona

Giuliano, e detti.

GIULIANO

(avanzandosi meditabondo)

Qual poter di avverso fato

nell'abisso mi ripiomba?...

Io l'eliso avea sognato

sovra l'orlo di una tomba...

Ho terror della mia voce

buio immenso il ciel m'appar:

e mi uccide un dubbio atroce

che non oso interrogar.

MARTA

(con dolore)

(Per un'altra... ei soffre e piange...

sol per lei... vivea l'ingrato!...

Pur quel duolo il cor mi frange...

perché molto ho anch'io penato...

Chiesi invano al mondo e a dio

di morire o d'obliar;

non si cangia il fato mio:

viver deggio e deggio amar.)

MARCHESE

Mai non piacquesi la sorte

d'intrecciar casi più strani;

co' le dame della corte

voglio riderne domani...

Questa rosa... questa perla

io sperava conquistar,

e sì tosto ho da vederla

per un altro delirar!

Scena decima

Soldati e Studenti co' le loro Dame a braccio.
Il Conte d'Egmont, e detti. Giovani che recano bottiglie e bicchieri.

CORO

Sia tregua alle danze ~ corriamo al banchetto!

Di nuovo diletto ~ ci inondi il bicchier!...

(gli uomini si dispongono in giro; le donne si pongono a sedere)

MARCHESE

(a Marta)

Sediamo cogli altri ~ la cura affannosa

discaccia o vezzosa ~ rivivi al piacer!

Da brava!...

MARTA

(facendo violenza a sé stessa si avvicina alla tavola)

L'invito ~ mi torna gradito...

Si beva!...

UOMINI

(versando il sciampagna)

Signori, levate il bicchier!...

CONTE

(a Giuliano sottovoce)

Parlare in segreto vi debbo...

GIULIANO

(riscuotendosi)

Vi ascolto...

(il Conte e Giuliano si allontanano)

CORO

Chi il brindisi intona?

MARCHESE

(Del Conte nel volto

divampa lo sdegno ~ la tresca ei scoprì...)

MARTA

Il calice è pronto ~ versate il liquore!...

MARCHESE

(versando da bere a Marta)

Beviamo!

MARTA

Tocchiamo! ~

MARCHESE

Cangiato è l'umore!

MARTA

Fu nube leggera ~ che tosto sparì!

(con accento convulso)

Evviva la spuma

che inebria e consuma,

che esalta, che uccide,

che l'anima a vol

trasporta nei regni

beati del sol!

TUTTI

Libiamo la spuma

che inebria e consuma,

che l'alma trasporta

nei regni del sol!

MARTA

(come sopra)

Ben giunta l'ebbrezza

che i vincoli spezza

d'un triste passato

vissuto al dolor!

Beviam la follia

che uccide l'amor!

(il coro ripete la strofa)

GIULIANO

(rientrando vivamente commosso)

Che intesi mai!... Quali minacce!... come

qui mi trovo... e perché?... Tutto è mistero...

MARTA

Giuliano!... Ancora lui!... Compagne... amici...

si ricolmin le tazze... ed il licor

ogni cura, ogni affanno ammorzi in cor!

MARTA

(come sopra)

Beviamo! Cantiamo!

La terra scordiamo...

L'amore è una fola

di barbare età:

la fede è parola

che senso non ha...

(il coro lo ripete)

GIULIANO

Qual folle mi aggiro

per tenebra orrenda.

Mi toglie il respiro

l'affanno crudel!

(vedendo Marta e rifuggendo atterrito)

Qui... Marta!... O tremenda

giustizia del ciel!...

Atto secondo
Scena prima

Gabinetto da toeletta.
A destra una porta, a sinistra un grande specchio, quattro poltrone di foggia antica.
La Contessa di Egmont. Una Damigella.

CONTESSA

(in piedi dinanzi allo specchio)

Son bella?... Che ti pare?...

DAMIGELLA

Tal... da abbagliar la vista.

CONTESSA

(dopo breve pausa, contemplandosi)

Eh! via! Non mi adulare...

Davvero... non c'è mal!...

Nessuna dama in corte

ha più copiosa lista

di adorator...

DAMIGELLA

Né in Francia

havvi bellezza ugual!

CONTESSA

Eppure, o mia Lisetta,

non son felice...

DAMIGELLA

Voi!...

CONTESSA

Talor mi prende invidia

di te...

DAMIGELLA

Che dite?

CONTESSA

(sospirando)

Ah! Sì...

D'amore ai dolci gaudi

fidarti almen tu puoi,

cantar tue gioie ai liberi

raggi di un lieto dì!

In me lo sguardo vigile

dei cortigiani è intento:

per me delitto è un palpito...

è colpa ogni sospir.

Se mi accarezza un alito

di speme e di contento,

tosto una densa nuvola

mi infosca l'avvenir.

(mutando improvvisamente di umore)

Ma tu... sei commossa! ~ Mia buona ragazza

sul serio mi prendi? No! Sono una pazza!...

È turbin la vita che l'alme trascina...

al gaudio, all'ebbrezza la noia è vicina...

Fuggiamo l'amore che è danno, che è pena...

spezziam la catena, che schiave ci fa!

DAMIGELLA

Ah! Questo è il linguaggio che meglio si addice

a voi giovin tanto, sì bella...

CONTESSA

(con trasporto)

E felice!...

Scena seconda

Il Conte di Egmont, e dette.

CONTE

(sulla porta)

Felice!

CONTESSA

(trasalendo)

Il Conte!... Voi!...

CONTE

Qual meraviglia?

Fra minuti... alla festa

del Louvre...

CONTESSA

Lo vedete...

abbigliata son io... Quando vi aggrada...

usciremo...

CONTE

Il Marchese

d'Arras fia vostro cavalier. Frattanto,

pria di recarci al ballo

con voi bramo un istante

trattenermi e parlarvi...

(ad un cenno della Contessa, la Damigella esce)

Scena terza

Il Conte, la Contessa.

CONTESSA

A che degg'io

l'insolito favor?

CONTE

(sedendo)

Voi foste ieri

ai Pocherons?

CONTESSA

(con indifferenza)

Davver?...

CONTE

Non lo negate!...

Io tutto so... Voi passeggiaste al braccio

d'un giovane pittor... d'uno stordito

che in voi credendo amare una fanciulla

sua pari...

CONTESSA

I passi miei

dunque spiaste! A tanto onore, o Conte,

non ero avvezza...

CONTE

Il caso

sull'orme vostre mi condusse...

CONTESSA

(ridendo)

Il caso!

Ah! Ah!

CONTE

(con impeto, alzandosi)

Ridere osate!...

Contessa!... Giuro a dio!...

CONTESSA

(arretrando attonita)

Terror mi fate!

Ma no! La vostra collera

non merta che un sorriso...

Conte, d'Otel la maschera

mal vi si adatta al viso...

Per turpi amori e scandal

siete famoso a corte,

ed osa un tal consorte

di gelosia parlar!

CONTE

(con disprezzo)

Di te geloso! E credere

potresti a tal follia!

Strana fra noi, ridicola

la scena ~ inver saria...

Di folli amori inebriati...

libera appien tu sei,

ma il nome mio non déi

nel fango trascinar!

CONTESSA

Non vi comprendo...

CONTE

Stasera, a corte,

quel giovin pazzo ti rivedrà...

CONTESSA

(Ciel!)

CONTE

La sua vita... o la sua morte

da te... in quell'ora... dipenderà.

CONTESSA

Io!... Che far deggio?...

CONTE

Fissarlo in volto...

qual se a te ignoto fosse...

CONTESSA

(Mentir

potrò a tal segno!)

CONTE

Se poi, lo stolto

parlarti osasse...

CONTESSA

(Che potrei dir?...)

Ah no! Uno scandalo non provochiamo!

CONTE

Temi gli scandali!... Strano è davver!

CONTESSA

Conte!...

CONTE

(con ira)

Da ieri, forse non siamo

favola e scherno del mondo inter?

Sia dunque... e tosto... da te smentita

la tresca indegna che ti avvilì,

a me il decoro, salvar la vita

a quello stolto sol puoi così;

poi... se uno sguardo... se ancora un detto

te col reo drudo scambiar vedrò,

come un vil rettile... come un insetto,

sotto il tallone lo schiaccerò!...

CONTESSA

Io... l'onor vostro salvar prometto...

tutto alla corte smentir saprò.

CONTE

(offrendo il braccio alla Contessa con affettata galanteria)

Ed ora, o Contessa,

al ballo muoviamo...

la vostra promessa

beato mi fa;

sul pallido viso

rispunti un sorriso

che avvivi il fulgore

di vostra beltà.

CONTESSA

(porgendo il braccio al Conte, e parlando con sarcastica galanteria)

Amabil, davvero,

o Conte, voi siete!

D'un tal cavaliero

superba sarò...

Le dame e i mariti

vedendoci uniti,

diran: l'un per l'altro

il ciel li creò.

(partono insieme)

Scena quarta

Interno del Louvre.
A destra una galleria con statue e vasi di fiori. A sinistra un ampio scalone praticabile, coperto da verde tappeto e fiancheggiato da alberi artificiali. La scena è scarsamente illuminata. In fondo alla galleria, una porta chiusa.
Giuliano. Apparatori e Domestici.

GIULIANO

(agli apparatori ed ai domestici)

A mezzanotte schiudansi le porte

della gran scala, onde qui possa ognuno

penetrar ~ mi intendeste?

(due o tre apparatori si allontanano)

All'ora istessa

tutta di luce inondisi la via

per cui deve passare

il corteggio real ~ Freschi zampilli

gettino le fontane, e un odoroso,

balsamico profumo

per le sale si spanda. Ai sensi illusi

qui tutto offra l'immagine

d'una bella e festosa primavera...

Tale è del re il comando...

(gli altri apparatori e domestici si allontanano)

Il re può tutto

ciò che vuol... ciò che brama... Ei può colmarmi

di dovizie... di onori...

ma la fede perduta ei non può darmi!

(rimane alcun tempo meditabondo)

Sogno di gloria ~ sogno d'amore...

sublime orgoglio ~ dei lieti dì,

luce del genio ~ fecondatore...

estro divino ~ tutto svanì!

Io d'una larva ~ seguia la traccia...

d'una chimera ~ che mi abbagliò...

a lei fidente ~ stesi le braccia...

essa qual nebbia ~ si dileguò!...

Ma chi è dunque costei? Donde venuta?

Qual malefico genio

l'ha contro me sospinta,

perché l'anima mia

fosse per sempre da sue spira avvinta?...

Una dama di corte! Una di queste

sirene ammaliatrici,

che col fascino reo delle pupille

vi attraggono... vi stringono... ed il core

godono avvelenarvi a stille, a stille! ~

Dama di corte!... Ella... per queste sale

dovrà passare... Io la vedrò... Non una

potrà sfuggire all'occhio mio. ~ Ma poi?...

Che dirle? Con qual core

oserò di affrontarla?... E quale il frutto

che raccoglier potrei? Farla arrossire?...

V'è forse un volto che arrossir qui possa?...

(suona mezzanotte)

Mezzanotte! Alle dame, ai cavalieri

si schiudano le sale del banchetto

fuggiamo!... Ah! No... no 'l posso! ~ Rivederla,

tutto di un sguardo misurar l'abisso

che da lei mi separa...

Ecco il desio tremendo

che mi rugge nel cor... Vieni!... Ti attendo!...

Scena quinta

La porta in fondo alla galleria si apre.
Cavalieri e Dame entrano a coppie, e attraversano la scena salendo per la grande scala. Il Marchese d'Arras e la Contessa d'Egmont si danno il braccio. Il Conte d'Egmont a poca distanza dà il braccio ad una Dama. Giuliano in disparte, collocato in maniera che il corteo passi vicino a lui.

CAVALIERI E DAME

(parlano tra loro a voce bassa)

Vedeste mai spettacolo

più bello e originale?...

IIº

D'aprile i miti zeffiri

spirano in queste sale...

IIIº

Meraviglioso intreccio

di luce e di colori!...

IVº

Note d'amor sussurrano

i ruscelletti e i fiori...

CONTESSA

(sottovoce al Marchese)

Fu un capriccio ~ credetelo...

Marchese...

MARCHESE

(sottovoce alla Contessa)

Fu un error!

CONTESSA

(sottovoce al Marchese)

È ver ma sarà l'ultimo...

MARCHESE

(con galanteria)

Voi mi beate il cor!

CONTESSA

(colpita da terrore alla vista di Giuliano)

Presto!

MARCHESE

Che fu!

CONTESSA

Avanziamoci...

MARCHESE

Perché?...

CONTESSA

(arretrando)

Cielo!... Ei si appressa

a noi...

MARCHESE

Coraggio!...

(Giuliano si avanza verso la Contessa fissando in lei gli occhi smarriti. Sorpresa generale, tutti si arrestano)

CORO

Il giovane

pittore...

GIULIANO

È dessa!... È dessa!...

CORO

Vediamo! Qualche scandalo

qui certo nascerà...

Egli è il famoso artista...

egli è il protagonista

dell'avventura comica

dei Pocherons... Ah! Ah!

CONTESSA

(sottovoce a Giuliano)

Fuggite... allontanatevi...

di me... di voi pietà.

CONTE

(che si sarà avvicinato alla Contessa)

Ciò che far déi rammentati...

smentisci... od ei morrà!...

GIULIANO

(con accento animatissimo alla Contessa)

Ch'io m'allontani!... Uditemi!...

Saper mi è d'uopo in pria

se ad un fatal delirio

in preda è l'alma mia...

Chi siete voi?...

CONTE

Chi è dessa?...

Io vi risponderò...

D'Egmont è la Contessa...

GIULIANO

(alla Contessa)

Il ver costui parlò?...

CONTESSA

Il ver...

(additando il Conte)

Sua moglie!...

GIULIANO

Or... ditemi...

se affatto sconosciuto

vi son...

CONTESSA

Non ho memoria

d'avervi mai veduto...

GIULIANO

Mai!... Dunque iddio m'ha tolto

dell'intelletto il dono...

Un ebete... uno stolto...

un forsennato io sono...

(con passione)

No... voi non siete quella

che amai, che un dì mi amò...

del genio la mia stella

per sempre tramontò!

CORO

Ah! Ah!... L'equivoco

strano è davvero!...

Un tal mistero

chi spiegherà?...

È una commedia

la sua follia...

forse in tragedia

si cambierà...

CONTE

(con disinvoltura, ai cavalieri ed alle dame)

Del nuovo equivoco

qual meraviglia?

Havvi una giovane

che a lei somiglia...

Quando il Marchese

ier l'ha veduta,

lui pur sorprese

lo stesso error.

MARCHESE

(ai cavalieri ed alle dame)

Uguali... identiche...

Simili affatto...

in ogni linea,

in ogni tratto...

Conte, se l'altra

voi pur vedeste,

dividereste ~

lo strano error.

CONTESSA

(immobile, sforzandosi di dissimulare la propria agitazione)

Ardea quell'anima

di santo affetto...

Né ardisco volgergli

un guardo... un detto!...

Ah! Di me stessa

quasi ho ribrezzo...

il suo disprezzo

mi strazia il cor...

CONTE

(alla Contessa con voce repressa)

Raffrena i palpiti

d'un folle affetto...

sperdi le tracce

del reo sospetto...

Se vuoi ch'ei viva

salva il mio onor!

MARCHESE

(a Giuliano sottovoce)

Incauto giovane,

l'ira frenate...

novelli scandali

non suscitate...

Pietà vi prenda

del suo terror!

GIULIANO

(cupamente fissando la Contessa)

Da lei cacciato...

da lei reietto...

né a me rivolgere

pur osa un detto!...

Beltà marmorea,

perfida creta...

ridi... sta' lieta...

salvo è il tuo onor!

CONTE

(volgendosi a Giuliano con disinvoltura)

Signore: a nome della mia consorte

la Contessa d'Egmont, a voi perdono

l'illusion d'un istante...

MARCHESE

(alla Contessa)

Il vostro braccio,

se vi piace...

CORO

La marcia riprendiamo...

ci attendono le mense.

(la Contessa, il Conte e il Marchese si avviano per lo scalone. I cavalieri danno il braccio alle dame per seguirli)

TUTTI

(sottovoce)

(allontanandosi)

Andiamo! Andiamo!

Gli artisti son pazzi...

dei nostri sollazzi,

dei nostri capricci

non sanno gioir...

GIULIANO

(segue coll'occhio il corteggio finché tutti non sono scomparsi, indi prorompe)

O donna, ti inebria!

Io vado a morir...

(esce precipitosamente per la galleria)

Atto terzo
Scena prima

Una strada di Parigi.
A destra una muraglia con piccola porta. A sinistra una cappella della Vergine, con lampada accesa. In fondo case e palazzi al di là della Senna. È notte. I tetti e le strade sono coperti di neve.
Il Conte d'Egmont.

(mascherato ed avvolto in ampio mantello)

Buia... deserta è questa via. ~ L'allegra

ciurma baccante nelle grandi piazze,

nei teatri si versa ~ Il carnevale

oltre la Senna rumoreggia insano

più dell'usato... Qui il silenzio regna

della miseria... e del delitto.

(osservando la porta)

Quello

è l'andito segreto ond'ella usciva

per darsi in braccio ai capricciosi amori...

un ultimo... segreto abboccamento

chiese lo stolto... e le minacce aggiunse...

tutto a me la volubile Contessa

rivelò... Ma silenzio!... Alcun si appressa!

(si avvolge nel mantello e si cela dietro una colonna)

Scena seconda

Giuliano, indi il Conte.

GIULIANO

(involto in un domino nero, con maschera al volto)

Finirono le danze... Del palazzo

io la seguii fino alle porte. ~ Gli occhi

fissar più d'una volta

la vidi in me, quasi indagar volesse

il mio pensier, sotto la larva nera

che il volto mi copria ~ Dunque il rimorso

in quel core di marmo è penetrato?

Vedrem. ~ Ma verrà dessa?...

Tanto crudele e infame ella saria

da disprezzare la preghiera mia?...

Né partire dal mondo a me fia dato

co' la certezza ch'ella m'abbia amato?...

(avvicinandosi alla porta)

Si dia il segnale. ~ Oh! Come il cor mi trema

nell'appressarmi a quella porta, dove

tante volte da lei mi son diviso,

un angelo sognando... e un paradiso!

(batte tre colpi alla porta)

CONTE

(nascosto)

Ah! Ah!

GIULIANO

(volgendosi)

Mi parve udire

voce sinistra...

CONTE

(ridendo più forte)

Ah! Ah!

GIULIANO

Risa di scherno...

E chi osa mai?

(gira intorno esplorando, poi di nuovo si avvicina alla porta)

Nessun! ~ Davvero è strano...

né la porta si schiude...

(batte di nuovo)

CONTE

(avanzandosi)

È vano! È vano!

GIULIANO

(portando la mano all'elsa della spada)

Un uomo... un assassino...

forse...

CONTE

(con calma)

No ~ un buon vicino

a cui di notte spiace

questi rumori udir!

Lascia le belle in pace

e vattene a dormir!

GIULIANO

Se a te cara è la vita,

scegliti un'altra strada.

CONTE

Quale? Tu a me l'addita,

e tosto obbedirò.

Sull'elsa della spada

perché la man trattieni?

Ho un'arme anch'io...

GIULIANO

(snudando la spada)

Tu!... vieni,

dunque...

CONTE

(con calma)

Ti seguirò...

Ma pria della tua bella

ti voglio dar novella:

onde, se mai... per caso...

tu andassi all'altro mondo,

partissi persuaso

ch'ella non ti ama più...

GIULIANO

(con ira disperata)

Tu dunque dall'inferno

venisti a farti scherno

dell'amor mio!... Rispondimi.

O infame: chi sei tu?

CONTE

O stolto, la mia collera

chi son non ti palesa?

Nella mia voce fremere

non senti un'alma offesa?

(cava di tasca un biglietto e glielo mostra)

Scriver tai cifre osasti

d'un Egmont alla moglie.

E illeso andar sperasti

da mia vendetta?...

GIULIANO

(fissando il foglio)

Orror!...

In vostra man lo scritto!...

CONTE

L'ebbi da lei...

GIULIANO

Delitto,

qual niuna donna mai

osava concepir!...

Ed io... tal donna amai!

CONTE

Or basta! ~ Un'arma avete...

da me vi difendete...

GIULIANO

Sol bramo di morir. ~

Il ferro impugna ~ iddio

fra noi deciderà...

Deterso l'onor mio

nel sangue tuo sarà.

(si battono; dopo alcuni colpi Giuliano cade ferito)

CORO

(lontano)

Evviva le maschere!

Corriamo a gioir!

GIULIANO

Ohimè...

(si trascina presso la cappella)

CONTE

(riponendo nel fodero la spada e allontanandosi)

L'alba è prossima

lasciamlo dormir!...

Scena terza

Marta. Una truppa di Uomini e Donne in maschera. Giuliano.

MARTA

Di spade un rumore

poc'anzi si udiva...

DONNE

Un uom mascherato

tra l'ombre fuggiva...

UOMINI

Son strane illusioni

che il vino produce...

ALTRI

Dell'alba la luce

già spunta nel ciel.

(gli uomini danno braccio alle donne per condurle altrove)

UOMINI

Fanciulle, venite!

La luce fuggite;

del vento nevoso

non colgavi il gel.

GIULIANO

Aiuto!...

MARTA

(ai compagni)

Udiste un gemito?...

CORO

Andiamo!

MARTA

Un uomo è là!...

CORO

(sottovoce, con terrore)

Un uomo!

MARTA

Soccorriamolo!...

CORO

No... no... partiam! Vien qua!

MARTA

Ma forse egli è ferito...

morente...

CORO

Eh! Lascia andare!

Vuoi farti imprigionare?

Qualcun ci penserà...

In funerale

il carnevale

non si finisca

per carità!

Che doni al morto

un passaporto

qualche buon diavolo

si troverà!

(tutti si allontanano; Marta si mesce alla folla e poi torna in scena)

Scena ultima

Marta e Giuliano.

MARTA

(avanzandosi con terrore)

Chi sarà mai? Quel gemito

mi scese al cor siccome

voce di amico. ~ Parvemi

udir di Marta il nome...

(si accosta a Giuliano e si china su di lui)

GIULIANO

(con voce morente)

Chi... siete voi?

MARTA

(mettendo un grido)

Giuliano!

Gran dio... voi qui?...

GIULIANO

(facendo uno sforzo per sollevarsi)

Ferito...

a morte...

MARTA

Aiuto!...

GIULIANO

È vano!...

da voi... fu profferito

poc'anzi... il nome mio...

(la guarda fissamente, indi prorompe)

Marta!... Sei giusto, o dio!

MARTA

Mi riconosci... parlami...

fissa il tuo sguardo in me...

GIULIANO

E mi ama ancor... quest'angelo!...

MARTA

Io sol vivea... per te...

GIULIANO

Fui ben colpevole...

Marta... perdona!...

Troppo eri candida,

troppo eri buona...

il dì... che in cielo

ti rivedrò,

di te... o bell'angelo...

degno sarò...

MARTA

Sperai... che un giorno

mi avresti amata...

la tua promessa

mi fa beata...

se te il mio amore

salvar non può...

in cielo attendere

non mi farò.

Ei muor!

GIULIANO

(prendendo la mano di Marta e stringendola al cuore)

La mano

sul cor mi posa...

addio!...

MARTA

(con grido disperato)

Giuliano!...

Soccorso! Olà!...

CORO

(in lontananza)

In funerale

il carnevale

non si finisca

per carità!

Che doni al morto

un passaporto

qualche buon diavolo

si troverà.

(Marta si abbandona piangente sul corpo di Giuliano; si vedono delle maschere traversare il fondo della scena; nevica)

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
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Locandina Prologo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena ultima