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Belfagor

BELFAGOR

Commedia lirica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Claudio GUASTALLA.
Musica di Ottorino RESPIGHI.

Prima esecuzione: 26 aprile 1923, Milano.


Personaggi:

L'arcidiavolo BELFAGOR (al secolo signor Ipsilonne)

baritono

Maestro MIROCLETO unguentario emerito e speziale

basso

La sua consorte, madonna OLIMPIA

mezzosoprano

Le loro figliole

CANDIDA

soprano

FIDELIA

soprano

MADDALENA

soprano

Il marinaio BALDO

tenore

L'arciprete DON BIAGIO

basso

La sua serva MENICA

mezzosoprano

Due vagabondi

IL VECCHIO

basso

IL RAGAZZO

soprano

IL MAGGIORDOMO

altro


Invitati, Paesani, tre Cameriere, il Barone di Miramonti, il Conte di Valfiorita, Alichino, Servi, Muratori, Contadini.

In un piccolo paese del litorale toscano.
Quando non tutti i diavoli portavan corna.


Prologo
Scena unica

La piazzetta di un piccolo paese del litorale toscano.
A destra, su tre gradini, un'antichissima facciata di chiesa con il campanile da un lato e dall'altro la casa del prevosto. A sinistra la casetta dello speziale, con il portoncino a due battenti e sul fianco una finestra munita di inferriata.
Nel mezzo della piazza una fontana con vasca adorna di mostri.
Notte: una pallida alba lunare illumina quel poco orizzonte che si vede; il resto è nel buio profondo.
Baldo sguscia guardingo da destra, ansando; nel passare davanti alla chiesa si segna; traversa a passi di lupo, s'acquatta presso alla finestra della casetta dello speziale. Dopo un momento apparirà dietro l'inferriata Candida.

BALDO

(con voce soffocata)

Candida... Oh, dio! Non c'è ancora...

Ma che fa? Ma perché non s'affaccia?

Non lo sa che si salpa all'aurora?

Candidaccia!... Candidaccia!

(l'inferriata s'illumina d'un fiochissimo lume rossastro)

Ah, sei tu? Ti domando perdono,

amore mio buono ~ amore mio santo!

CANDIDA

Di che? Che m'hai fatto? Di' presto!

Vuoi farmi morire di pianto?

BALDO

Io farti morire? Io farti...

Io che muoio ogni mattina

che t'ho sognata, e mi desto,

e non ti trovo vicina?...

Ahmm!

le afferra una mano e si mette a mangiargliela di baci

CANDIDA

No, Baldo, no, Baldo, su!

Basta... Fa' piano...

(ritirando lentamente la mano)

Ma tu

davvero mi vuoi tanto bene?

E allora perché sempre parti?

Dall'ultima finestra io guardo il mare

e ne ascolto il respiro lento ~ e sento

il cuore che mi piange dentro e canta:

~ O stelle dagli occhietti adamantini,

guardatemelo voi, tremule stelle!

O mare grande, sii buono:

tramuta l'onde del selvaggio flutto

in un gregge di bianche pecorelle

e trattieni lontane le sirene!

O maestrale amico, affretta, affretta:

fagli volgere l'ala delle vele

verso la sua bambina che l'aspetta...

Ma tu ti parti con il ciglio asciutto

e dici di volermi tanto bene...

BALDO

Ancor che col partire

io mi senta morire,

partir vorrei ogn'ora, ogni momento

tant'è il piacer ch'io sento

e la gioia ch'io provo del ritorno:

così che mille e mille volte al giorno

partir da te vorrei

tanto son dolci li ritorni miei.

madrigale di Alfonso del Vasto (sec. XVI)

MIROCLETO

(voce)

Est... Non est... Est... Non est...

CANDIDA

(spaventata)

Il babbo, il babbo! Va' via!...

BALDO

(esitando)

Ma ti debbo dire ancora

del viaggio...

CANDIDA

Anima mia,

a più tardi... via!

BALDO

Fra mezz'ora!

(via)

Maestro Mirocleto avanza dal fondo con pesantissima dignità ma con pochissimo equilibrio: e girandosi fra le mani un mazzo di chiavi ad una ad una come se sfogliasse una margherita.

MIROCLETO

Est. Non est. Est. Non est. Est! Est!

Io t'ho in pugno! Tu sei mia!

Ora non mi scappi più!

Chiave, porta, toppa, letto:

quattro punti cardinali...

Quattro semplici elementi...

(si precipita sulla porta della chiesa e cerca furiosamente la toppa che non c'è)

Qual nuova soperchieria?

Chi m'ha rubato la toppa?

Belfagor, diavolo con grandissime orecchie, lunghissima coda, senza corna, entra rasente al campanile, posa un pesantissimo sacchetto a piè dei gradini della chiesa, guarda a destra e a sinistra come forestiero.

BELFAGOR

Psss, amico!

Mirocleto si volta di scatto, strabuzzando gli occhi.

Belfagor saluta con molta compitezza facendo un passo avanti.

Mirocleto retrocede verso il centro della piazza.

Belfagor rinnova il saluto e tende la mano a Mirocleto.

Mirocleto fa un altro passo indietro e cade sconciamente seduto sull'orlo della fontana: per miracolo soltanto il suo cappello cade in acqua.

BELFAGOR

(accorrendo)

Amico caro,

che vi siete fatto male?

MIROCLETO

(girando attorno alla fontana con la scusa di ripescare il cappello)

Non è nulla, grazie. Servo.

BELFAGOR

(girando anch'esso)

Io sento un profondissimo dolore

d'esser stato involontaria causa...

MIROCLETO

(girando sempre)

Per carità signor mio colendissimo,

son causa gli anni...

BELFAGOR

(sorridendo)

Gli anni della grappa?

MIROCLETO

(offeso)

La grappa? Ah, prego; era Lacryma Christi!

Belfagor cade pesantemente al suolo.

MIROCLETO

(accorrendo)

Quid video? Vosustrissima

soffre di morbus sacer?

La mia bottega è prossima:

ho il farmaco infallibile...

BELFAGOR

(alzandosi)

No, non v'incomodate! Sto già meglio.

MIROCLETO

Non saprei dirvi tutto il mio dolore

s'io fossi stato involontaria causa...

BELFAGOR

Risparmiate il dolore: è già passato.

Voi dunque siete medico?

MIROCLETO

Molto di più: maestro Mirocleto

emerito unguentario, sempre agli ordini

del signor...

BELFAGOR

Belfagor.

si stringono cordialmente la mano

MIROCLETO

Bel... Bel... Bel... lissimo

nome!

BELFAGOR

Non ho finito:

Belfagor arcidiavolo.

MIROCLETO

Arci?...

BELFAGOR

Il mio arci vale il vostro emerito...

E vengo dall'inferno a questo mondo

~ indovinate un po'? ~ per prender moglie...

MIROCLETO

(pronto)

Prendetevi la mia!

BELFAGOR

No, caro amico,

io non voglio la moglie di nessuno:

ne cerco una per me.

MIROCLETO

(con profonda compassione)

Povero diavolo!

BELFAGOR

Voi dovreste aiutarmi...

MIROCLETO

(offeso)

Signor mio,

io faccio lo speziale!

BELFAGOR

Eh via, fra amici...

Io vi domando un onesto consiglio

perché di questo mondo non son pratico.

MIROCLETO

Un consiglio da amico?

Ritornate all'inferno

ché sarà molto meglio.

BELFAGOR

Mi dispiace: è impossibile.

Io sono qui per ordine

superiore: ho un incarico

di fiducia da assolvere.

Innumerevoli anime d'uomini

nel nostro regno scendono

e tutti, o quasi tutti, si dichiarano

non altro rei che d'aver tolta moglie.

Minosse e gli altri giudici

da prima n'ebber grande meraviglia

e ritennero fossero calunnie

contro il sesso femmineo;

poi, colti da uno scrupolo,

decisero di chiedere consiglio

al nostro re Plutone e agli altri principi.

Il caso parve a tutti importantissimo

e fu lungo il dibattito,

ma si convenne alfin nella sentenza

di mandare un di noi per esperienza.

Né trovandosi alcun che volontario

si sobbarcasse a impresa così forte

si dovette ricorrere alla sorte:

la quale cadde sopra l'umilissimo

Belfagor, arcidiavolo

e vostro servo, cui furono dati

centomila ducati

e istruzioni precise e perentorie:

venire al mondo e prender moglie subito...

MIROCLETO

(Centomila ducati!)

BELFAGOR

...E con lei vivere

dieci anni e poi tornarsene

e riferire quali siano i carichi

e le comodità del matrimonio.

MIROCLETO

(Centomila ducati!)

BELFAGOR

Ho preferito

questa gentile terra di Toscana,

fior d'ogni terra, ove ciascuna donna

tanto gentile e tanto onesta pare;

e vo in cerca, schivando le città

grandi e pericolose, perché troppo

vituperio ne disse un tal poeta

quando ci fece visita all'inferno.

MIROCLETO

(Centomila ducati!)

BELFAGOR

Or che sapete

la cagion che mi muove e fa parlare,

ditemi senza indugi e senza ambagi

se qui c'è una fanciulla virtuosa,

una fanciulla semplice e modesta,

degna di me, degna della mia mano,

degna dei miei...

MIROCLETO

(Centomila ducati!)

BELFAGOR

... titoli principeschi e di dieci anni

di vita umana e di fedele amore.

Non ho tempo da perdere: qual è

la ragazza migliore del paese?

MIROCLETO

Em! La migliore non c'è...

Non c'è... Perché... Sono tre...

BELFAGOR

E come si fa?

MIROCLETO

Si sceglie

quella che piace di più.

BELFAGOR

E dove stanno di casa?

MIROCLETO

(indica la sua bottega)

Là.

BELFAGOR

Tutt'e tre?

MIROCLETO

Tutt'e tre.

BELFAGOR

Dov'è la vostra bottega...

MIROCLETO

Appunto, signor Belfagor...

BELFAGOR

(indovinando)

Vostre figlie? Ma benone!

Avrò un suocero simpatico!

(solleva facilmente il sacchetto con la sinistra e tende la destra a Mirocleto)

A domani: e preparatemi

una buona colazione.

MIROCLETO

Ma perché domani? Subito!

Ho un vinetto giù in cantina...

BELFAGOR

No... mi debbo mutar abito...

lo berremo domattina...

MIROCLETO

Sia, ma almeno la valigia

la potete lasciar qui...

BELFAGOR

Grazie, no. Vedete? Albeggia,

debbo andar...

IL CANTO DEL GALLO

Chicchirichììì!

Al canto del gallo Belfagor dilegua. Mirocleto fa un gesto come per dire: «Che peccato!» e si dirige verso la porta della sua casa: apre, entra.

Prime luci dell'alba. Un altro gallo, lontano, un altro più vicino, chiamano il sole.

Si chiude il velario per l'interludio e subito si riapre sul primo atto.

Atto primo
Scena unica

Una specie di strana sala un po' da pranzo e un po' da ricevere e che serve poi anche da cucina e da laboratorio farmaceutico nel lato destro, dove una arco largo e basso mostra l'interno della minuscola bottega dello speziale. Se ne vedono: la porta in fondo che dà sulla piazzetta; una controporta vetrata con la scritta Maestro Mirocleto Unguentario Emerito; il banco di vendita quasi sotto l'arco; e una finestra con inferriata (la stessa del prologo) a destra.
L'arco ha una tenda da tirarsi.

La grande stanza è molto ordinata e pulita sul lato sinistro, sebbene la credenza in fondo, la tavola da pranzo e le seggiole nel mezzo, e un divano e poltrone sul davanti siano di aspetto assai povero. Invece il lato destro è disordinatissimo e sudicissimo: vi si ammucchiano mortai, bilance, storte, bacili, vasi, barattoli, scatole, serviziali, torchi, trepiedi, mucchi d'erbe secche, e altri arnesi d'ogni sorta, fin sul davanzale d'una seconda finestra, fin sulla pietra del camino dove si mischiano stranamente laboratorio e cucina.

Nell'angolo sinistro una vecchia scala di legno conduce al piano superiore. Nella parete sinistra un uscio. Sul davanti, a destra, presso il camino, una botola per la quale si scende in cantina.

Quando si apre il velario, Candida è alla finestra e parla con Baldo che è fuori. La stanza è illuminata fiocamente da un lumino a olio posato sulla tavola da pranzo: dalla finestra entra la pallida luce del crepuscolo mattutino.

CANDIDA

Non mi tentare, Baldo, siamo buoni...

BALDO

Un bacio solo...

CANDIDA

È notte... Non si può...

BALDO

È l'amore che parla, e 'l pensier mesto

ch'io parto e che non so se tornerò...

CANDIDA

Ah taci! Non dir questo, non dir questo!

(con improvvisa risoluzione)

Apro. Dio mi perdoni!

(corre alla porta, l'apre, e subito se ne allontana. Baldo entra titubante; accosta pian piano la porta; fa qualche timido passo verso Candida, che via via si ritira prima dietro il bancone, poi dietro la tavola e finalmente dietro il divano)

CANDIDA

È molto male quello che facciamo...

BALDO

(esitando)

Lo so... vo via... Soltanto

volevo dirti... Candida... che t'amo...

CANDIDA

(col pianto nella voce)

Anche... io... tanto, tanto...

Ma tu ritornerai, vero?

BALDO

(sicuro)

Non temo

più, non dubito più, vicino a te!

BALDO

Tornerò... tornerò ricco! E vivremo

io per te, tu per me!

E avremo una casetta in riva al mare...

CANDIDA

La capanna e il tuo cuore...

BALDO

...e le sere d'inverno, al focolare,

parleremo d'amore...

CANDIDA

(con i gomiti appoggiati alla spalliera del divano, e il mento nella palma, sognando)

E tutt'intorno il rame che risplende

ai guizzi della fiamma...

BALDO

(con un ginocchio sul divano)

E dal tuo labbro un dolce canto scende:

canto di ninna nanna...

CANDIDA

Un bimbo, un bimbo! Una testina bruna

con i capelli a onda

come i tuoi, Baldo...

(gli passa le dita tra i capelli)

BALDO

(guardandole amorosamente le trecce d'oro)

O una testina bionda...

CANDIDA

...e dondola la cuna...

Si udrà un suono di campana.

BALDO

(riscuotendosi)

Amore, amore, è giorno!

Addio, Candida...

CANDIDA

Ascolta, domattina,

nella sosta a Livorno,

sali devotamente a Montenero,

prega la Madonnina

che ti guardi, e fa' voto che al ritorno

andremo insieme a ringraziarla, e un cero

le porteremo e un cuore

d'argento... Addio, amore!

(gli stringe le tempie e lo bacia sulla fronte: Baldo le cinge la vita e la bacia in bocca)

BALDO

Il bacio che m'hai dato sulla bocca

m'è promessa di fede nell'attesa,

e l'altro m'è viatico e difesa!

Non mi tocca procella!

Periglio non mi tocca!

Io sulla fronte porto la mia stella!

(si distacca bruscamente dall'abbraccio e fugge via. Candida chiude senza rumore la porta, e dalla finestra getta piangendo un ultimo saluto)

CANDIDA

Buon viaggio, amor mio!

BALDO

(la voce già lontana)

Candida, addio!

(Candida resta col viso appoggiato all'inferriata, soffocando il pianto che le scuote il petto. Quando sente un rumor di passi nella stanza vicina, si terge in fretta le lacrime, si ricompone e finge d'essere intenta a mettere in ordine la bottega)

Olimpia entra dalla porta di sinistra, recando in mano un lumino a olio: richiude.

OLIMPIA

Brava, Candida mia! Di già levata!

Buon dì!

CANDIDA

(in fretta, senza volgersi)

Buon dì!

OLIMPIA

(accennando al piano superiore)

Son deste?

(Candida stringe le spalle, come per dire che non sa)

OLIMPIA

(guardando in alto e levando la voce)

Fidelia, Maddalena, leste, leste,

ché la prima è suonata!

(all'uscio di sinistra:)

O Mirocleto, noi si va alla messa!

(Si udrà rumore di calci robustissimi alla porta della farmacia.)

O Mirocleto, c'è gente che bussa!

(Candida corre ad aprire: la bottega si illumina; si vedrà nella piazza una ricca portantina dorata, uno stuolo di servi in livrea rossa e contadini che guardano a bocca aperta; Candida, rientrando spaurita:

CANDIDA

Mamma, è un signore...

OLIMPIA

(scorgendo il personaggio che entra dietro Candida)

Madonna mia!

Entra il signor Ipsilonne, imponentissimo, sfarzosissimo, luccicantissimo d'oro. Parrucca nera inanellata. Il suo viso somiglia meravigliosamente a quello di Belfagor. Lo segue un Servo in livrea rossa.

CANDIDA

(tolto di sotto la scala uno scialletto, se ne ravvolge)

Mamma, io vo via.

(Ipsilonne si inchina galantemente a Candida che esce; Olimpia esterrefatta, si sprofonda in reverenze)

OLIMPIA

In che posso servir vossignoria?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(ammiccando)

Scusate: è la minore?

OLIMPIA

Che mi comanda?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Dico

se quella è la minore vostra figlia...

OLIMPIA

Sì, sì, la più piccina...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Rallegramenti, mia cara signora:

molto carina!

(Fidelia e Maddalena appaiono e scompaiono, curiosando, sull'alto della scaletta)

OLIMPIA

Come fate a sapere?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Vecchio amico

di Mirocleto, amico di famiglia,

che viene a mantenere una promessa...

E il nostro Mirocleto dorme ancora?...

OLIMPIA

(premurosa)

Ora lo desto...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(trattenendola)

Ma non lo disturbate... È così presto!

OLIMPIA

(impacciata)

Egli è che noi dovremmo andar a messa...

Fidelia e Maddalena scendono la scaletta, pronte per uscire.

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Oh, prego, prego! Io resto,

se me lo permettete qui ad attendere...

FIDELIA

(inchinandosi)

Eccellenza!

MADDALENA

(inchinandosi)

Eccellenza!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(inchinandosi)

Signora, damigelle vezzosissime...

OLIMPIA

Allora...

(nuovo inchino)

con licenza...

(esce, seguita dalle due fanciulle, che si voltano a gettar furtive occhiate)

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(al servo)

Alichino, lo vedi:

siamo alla corte di madonna Fame...

Qui si rischia di stare a denti asciutti

od a pane e salame.

Corri a palazzo e avverti Il maggiordomo

che desti i cuochi e i fuochi

e prepari per tutti.

Cipolle e peperoni sott'aceto,

tartine con acciughe e cervellate,

risotto con moltissimi tartufi,

cibreo di fegatelli e di carciofi,

gamberi ed ariguste in salsa verde,

gallinacci infarciti di mostarde...

Ed il tutto ben pepato,

ben capperato,

ben senapato,

garofolato,

zafferanato,

come piace a me.

Cacio di Gorgonzola

e frutta d'ogni sorta ~ e una gran torta

al rum brulé.

Vini di Spagna ~ vini di Sciampagna,

cognac, caffè.

Pronto fra un'ora. Vola.

(il servo s'inchina ed esce di gran corsa)

(Ipsilonne, solo passeggia per la scena nella brevissima attesa; ché subito scorge Maddalena venir dalla strada ed entrar nella bottega)

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(Ah, ah!... Volevo dire! Ecco la bruna.)

MADDALENA

(curiosa, esitante, si arresta all'arco)

Scusi: ho dimenticato

i guanti...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(galante)

Gran fortuna

per me, madamigella:

insperata fortuna m'è concessa

e i miei piani asseconda...

(intravvede Fidelia, che, saltellante, sorridente, entra anch'essa nella bottega)

(Ah, ah! Volevo dire!... Ecco la bionda!)

MADDALENA

Dio! Mia sorella!...

FIDELIA

(imbarazzata)

Ho lasciato

sul tavolo il libro da messa...

Corre con l'occhio dall'uno all'altra, e insinua velenosetta.

Disturbo forse?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Eh via!

Doppiamente fortunato

sarò in doppia compagnia!

(le due ragazze fingono di cercare su ogni mobile i guanti e il libro, e Ipsilonne si volge intorno come premuroso di aiutarle nella ricerca)

BELFAGOR

(Ipsilonne)

E volete, mentre cerchiamo,

rispondermi a una dimanda?

Una sola?

(le ragazze interrompono la ricerca e accennano di sì)

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Sì? Supponiamo

che stanco di viaggi, stanco di grassi affari,

di amori lieti e tristi, principeschi e volgari,

di voluttà perverse

(le ragazze chinano il capo e arrossiscono)

e di infernali ebbrezze

volessi quietamente goder le mie ricchezze

nelle pure delizie del viver coniugale

e scegliessi per moglie una di voi...

FIDELIA E MADDALENA

(insieme)

Chi?

Quale?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Supponiamo che un giorno, là, nel nostro castello

ci capitasse un ospite giovine, ricco, bello,

preceduto da fama di gran conquistatore,

un uomo irresistibile... Capite?

FIDELIA E MADDALENA

(a capo chino)

Sì, signore.

BELFAGOR

(Ipsilonne)

E supponiamo infine che la mattina istessa

io avessi desiderio di assistere alla messa:

la mia fedele sposa ~ questo vorrei sapere ~

lascerà a casa i guanti o il libro di preghiere?

FIDELIA E MADDALENA

Oh, no, no!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Dunque potrei fidarmi?

FIDELIA E MADDALENA

Oh, sì, sì!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Com'oggi vostra madre?

FIDELIA E MADDALENA

Di più, molto di più!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

E... fra le due, di quale?

FIDELIA E MADDALENA

(insieme)

Di me!

Di me!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(s'inchina sorridendo e annuendo; poi, con volto compunto e aprendo le braccia)

Peccato ch'io non pensi affatto a prender moglie...

Ho detto «supponiamo»... Non ho di queste voglie!

E farmele venire, farmi girar la testa

non è una cosa facile... Non c'è riuscita questa!

(mostra una grossa miniatura inserita nella spilla della cravatta)

MADDALENA

Uh! Bruna come me...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Bella quant'altra mai

fosse in Costantinopoli, e il dì che la lasciai

cercò morte gittandosi nel Bosforo...

MADDALENA

E perché

la lasciaste?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Per questa.

(mostra un'altra grossa miniatura, incastonata nell'anello che porta all'indice destro)

FIDELIA

Uh! Bionda come me...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Moglie d'un arciduca: mi vide... le sorrisi...

s'innamorò... l'amai!

MADDALENA

E il marito?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

L'uccisi!

(siede sul divano e fa seder le ragazze a' suoi lati)

FIDELIA

Ma che vita, la vostra!

MADDALENA

Un romanzo!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Uno?... Quanti!

(mostra il giustacuore attraversato da una lunga catena tutta composta di miniature)

Guardate!

FIDELIA E MADDALENA

Tutte queste?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Son le più interessanti:

l'altre vorrei scordarle... Ma ogni donna ha qualcosa

di non dimenticabile... Questa le unghiette rosa

(indica una delle miniature: Fidelia e Maddalena si guardano attentamente le unghie)

un po' come le vostre, mia bella Maddalena...

e quando mi graffiavano, che deliziosa pena!

FIDELIA

(toccandogli la spalla per richiamar la sua attenzione)

E questa?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Avea le guance d'un candor di camelia,

un po' come le vostre, mia graziosa Fidelia!

MADDALENA

(toccandogli la spalla per richiamar la sua attenzione)

E questa?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(si ferma un istante e corruga i sopraccigli, come per richiamare un ricordo lontano)

Ah, mi ricordo. Era la fidanzata

d'un rajà indiano; e aveva un piedino di fata...

Mostratemi un po' i vostri...

(Maddalena e Fidelia obbediscono a gara)

Ecco: il vostro piedino

(tocca il piede di Fidelia poi il malleolo di Maddalena)

attaccato a un malleolo così fragile e fino.

FIDELIA

E questa? È meno bella di me...

MADDALENA

Meno di me...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(quasi toccato da un tizzo ardente)

Ah, Per pietà, tacete! Voi non sapete...

FIDELIA E MADDALENA

Che?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(afferra le mani di Fidelia e di Maddalena e se le preme sul cuore: poi, mentre nel parlar s'esalta, si trae sempre più vicine le due fanciulle)

Non ravvivate fuoco che qui nascosto langue,

non ridestate brividi sopiti entro il mio sangue!

Dolce bocca! Dolcissime labbra! Non era bella,

ma niuna seppe mai baciarmi come quella...

Quella l'avrei sposata, quella sì, quella sì!

Non avrò più nessuna che mi baci così...

(Fidelia e Maddalena, nascondendosi l'una all'altra, già sfiorano con le labbra le due guance d'Ipsilonne)

Dall'uscio di sinistra entra tranquillamente maestro Mirocleto, occupato ad abbottonarsi il panciotto, mentre la giubba gli pende da un lato mezza infilata e mezza no: vede e resta come impietrito. Ipsilonne è preso da un convulso di tosse e di riso.

FIDELIA

Uh!

MADDALENA

Poveretta me!

(e scappano, piene di vergogna, su per la scaletta)

MIROCLETO

(inseguendole per due o tre gradini)

E ba... sta... E mi congratulo

con vostra madre, che

vi fa sì buona guardia!...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(con voce soffocata dal riso.)

Ma... a-mi-co... mi-o...

MIROCLETO

(rivolgendosi infuriatissimo)

Signore!

(ma veduto l'aspetto imponente di Ipsilonne, muta subito tono e si inchina dignitosamente)

Vi prego, accomodatevi...

A che debbo l'onore?...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(sempre ridendo.)

Dunque, amico carissimo,

non mi riconoscete?

(Mirocleto si toglie gli occhiali e lo guarda: la sua faccia fissando quella di Ipsilonne, passa attraverso varie alternative di stupidità e di paura, prima di decidersi per quest'ultima)

MIROCLETO

Il signor B...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(rapidamente chiude la bocca di Mirocleto con una mano)

Ipsilonne.

MIROCLETO

(ammiccando)

Andiamo, via! Voi siete...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(imperioso interrompe)

Il signor Ipsilonne.

(prende Mirocleto per un braccio e parlandogli sottovoce lo conduce fino alla porta: gli mostra la portantina e i servi, gli indica lontano, in alto, il castello... durante tutto il mimico racconto di Ipsilonne, Mirocleto si lascia sfuggire frequenti esclamazioni di meraviglia; rientrano: evidentemente Ipsilonne parla del suo progetto di matrimonio)

MIROCLETO

(accennando alla scala per la quale sono scappate le ragazze)

E delle due lassù

qual ebbe la fortuna

di piacervi di più?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Di quelle due, nessuna.

MIROCLETO

(offeso)

Nessuna? O che si scherza?

Eppure... Mi sembrò...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Preferisco la terza.

MIROCLETO

(un po' pensieroso)

Ah! Candida. Però...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(con grande enfasi)

«Candida»! Nome lunare!...

Ala di cigno che batte

su l'acque chiare!

Splendore di marmo polito!

Odore di giglio!

Freschezza di neve non tocca,

di spuma di mare!

Dolcezza di panna di latte

che si scioglie

in bocca!

Nome che mette appetito!

Mi piace. La piglio

per moglie.

Avete capito?

MIROCLETO

Ho capito. Solamente...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Solamente?...

MIROCLETO

È la più piccola...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Tanto meglio!

MIROCLETO

...non sa niente...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Tanto meglio!

MIROCLETO

...è così timida...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Tanto meglio!

MIROCLETO

...e ci vorrà

ch'io le parli e forse adoperi

la paterna autorità.

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(cominciando a impazientirsi)

Che temete?

Ch'io non piaccia?

Non vi sembrano simpatiche

queste spoglie

questa faccia?

Non vi sembran seducenti

gli argomenti

che sapete?

MIROCLETO

Sì, sì, ma non vorrei...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(furente)

Basta! Tacete! Tornano!

Lasciatemi solo con lei

e portate via vostra moglie!

Entrano dalla strada Olimpia e Candida. Mirocleto muove loro incontro con ampio gesto cerimonioso.

MIROCLETO

Signora, ho la fortuna impareggiabile

di presentarvi al nobile e magnifico

cavaliere Ipsilonne, che a quest'umile

mensa degna sedere ospite splendido.

Conciossiaché egli venne nel proposito

di conoscere le nostre figlie e accoglierne

una, consorte al fasto del suo talamo.

OLIMPIA

Già briaco... a quest'ora!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

La verità, signora.

MIROCLETO

(imperturbato)

Vogliate dunque immantinente andarvene

a cercar le fanciulle, e presentatele

degnamente al futuro vostro genero.

(a Ipsilonne)

Dico bene?

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Ben detto.

(Olimpia, confusa, si profonde in inchini, mormora qualche parola a Candida, esce dalla porta di sinistra; Candida incomincia ad apparecchiare la tavola)

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(a Mirocleto)

Ora a voi... Questo vinetto...

(Mirocleto alza la ribalta della botola e comincia a discendere la scaletta della cantina; dopo i primi gradini si ferma; si volge a Candida, e aprendo solennemente le braccia ammonisce)

MIROCLETO

Figlia mia, l'alto destino...

(ma Ipsilonne l'interrompe subito)

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Questo vino! Questo vino!

(e mette un piede sulla ribalta della botola per decidere Mirocleto a scomparire)

(Ipsilonne si rassetta la parrucca, si dà qualche buffetto sul vestito, si tocca ad uno ad uno i più vistosi gioielli, si gonfia come un tacchino per attirare l'attenzione di Candida: ma la fanciulla, indifferente, continua ad apparecchiare la tavola)

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Candida!

CANDIDA

Mi comandi, signoria!

Ipsilonne apre la mano destra, con la palma volta verso la sua interlocutrice, come per dire: «Ascoltatemi».

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Sono un grosso mercante ritirato,

ricco sfondato,

ormai stanco di vita avventurosa,

che cerca un quieto nido

e un cuor fido

di dolce sposa.

E per nido ho acquistato quel castello

e lo farò più bello

di stucchi e d'ori

dentro e di fuori.

Vengo a rapirvi in quella portantina,

degna d'una regina,

gialla e fragrante

come un croccante.

Là son quei servi a' vostri cenni pronti,

io qui vostro valletto

v'offro e prometto

mari e monti:

monti di trine e mari di broccati,

laghi di perle, prati

di diamanti, giardini

tutti rubini,

smeraldi a fiumi

e nubi di profumi...

Tutto quel che vorrete:

chiedete e avrete.

(il tentatore ghermisce la fanciulla e si protende per baciarle la bocca: ella si torce e repugna e con la mano aperta colpisce Ipsilonne sulla guancia)

CANDIDA

(chiamando al soccorso)

Mamma! Babbo!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(coprendosi con la mano la guancia schiaffeggiata)

Ah, cara! Cara!

Questo volevo!

Questo bramavo!

Ecco la prova!

Fanciulla rara!

Creatura

pura...

Accorre da sinistra Olimpia, sale dalla cantina Mirocleto, discendono dalla scaletta Fidelia e Maddalena.

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Maestro Mirocleto,

chieggo la man di vostra figlia Candida!

MIROCLETO

Ed io sono ben lieto,

figlio mio, di accordarvela!

CANDIDA

(getta un grido altissimo)

No, mio dio, no!

(e cade fra le braccia di Olimpia)

MIROCLETO

(a Ipsilonne)

La gioia... L'emozione...

Una schiera di Servi in ricchissime livree rosse, guidati da un maggiordomo, sfila recando piatti colmi di vivande e vini per un pantagruelico banchetto.

MIROCLETO

(a parte)

Ed ora, ventre mio, fatti capanna,

poi che trovai la panacea divina!

Piove su noi la salutare manna...

e adesso, ventre mio, fatti capanna!

OLIMPIA

Non so se di timore o d'allegrezza

mi trema il cuore mentre benedice

e mi trema la man che t'accarezza...

Dio ti protegga, o figlia, e sii felice!

FIDELIA E MADDALENA

Ah mia cara speranza! Ahi, fatua fiamma spenta!

Ahi, cieca sorte che gitta il suo dono!

Lei, che alla rocca e al fuso era contenta:

io, ch'ero nata per salire in trono!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Corrò la fresca e mattutina rosa,

m'oblierò nell'amoroso gioco:

verginità, dolcezza misteriosa,

brivido d'acqua chiara sul mio foco!

CANDIDA

O Baldo, o Baldo mio, non odi il pianto,

non odi il grido del mio cor profondo!

Accorri, accorri! Io sono tua soltanto

e difendo il mio amore contro il mondo!

Il Maggiordomo s'inchina dinanzi al signor Ipsilonne, che fa cenno di assenso e offre il braccio a Olimpia. Mentre tutti siedono a mensa, si chiude il velario.

Atto secondo
Scena unica

Sala ottagonale in una torre del castello del signor Ipsilonne.
Nel primo lato (a sinistra dello spettatore) una porta d'accesso alle stanze di Candida, poi un grande divano alla turca, un tavolinetto, due ampie poltrone profonde e un paravento ricchissimo.
Nel secondo lato, larga finestra che s'apre su un verone angolare: al verone si deve accedere anche dalla prima stanza dell'appartamento di Candida. Il verone è illuminato da torce; si intravvedono grandi chiome d'alberi e il mare lontano.
Il terzo lato è tutto a vetrate al di là grandi sale da ballo folgoranti di luce.
Nel quarto lato un magnifico camino con sopra una pendola d'oro, e dinnanzi al camino altro tavolinetto e altre comodissime poltrone; sul tavolino tre bottiglie, una delle quali già vuota, e un enorme pezzo di dolce.
Un ricchissimo lampadario acceso pende dal mezzo del soffitto: tutto nella sala è ricco, sfarzoso, sovraccarico d'oro, di ricami, di ornamenti barocchi.

Si udranno voci alte e irose e un fracassio di cristalli. Poi, mentre si apre il velario, si vedranno uscir dalle stanze di Candida tre Cameriere vestite di rosso, con volti di bragia e accorrere contro il signor Ipsilonne: gracidano confusamente alcun che in una lingua incomprensibile, fan gesti come per esprimere una ben ferma decisione e se ne vanno dal fondo in gran furia, come son venute.

Il signor Ipsilonne, agitatissimo, le accompagna con le braccia protese e con rabbioso grido.

BELFAGOR

(Ipsilonne)

All'inferno!

(si volge verso il proscenio: è sparuto, livido)

(Candida è seduta su una poltrona, a sinistra; presso di lei sono Olimpia, anch'essa seduta, Fidelia e Maddalena; dall'altra parte, accanto al camino, Mirocleto; son tutti vestiti in gran gala: Olimpia molto im soggezione nella ricca veste, Fidelia e Maddalena infioccatissime; Mirocleto ha cera assai soddisfatta e nutrita, e senza levarsi dalla poltrona si versa da bere e beve, taglia grosse fette di dolce e mangia, con grande dignità in ogni gesto)

CANDIDA

(col capo abbandonato sulla spalliera, guarda il soffitto e ride)

Ah! Ah!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(a Olimpia)

Le avete intese?

Se ne vanno!... Anche queste

devote e oneste

e antiche serve della mia famiglia

non ne possono più di vostra figlia...

Ritornano al paese...

CANDIDA

(senza muoversi)

Fate altrettanto!

(Ipsilonne la guarda, apre la bocca in gesto disperato, e comincia a misurare a gran passi la sala, innanzi e indietro)

OLIMPIA

(severa)

È tuo marito!

CANDIDA

No!

OLIMPIA

(dolcemente)

Sii buona...

CANDIDA

(come una bimba che fa i capricci)

No.

OLIMPIA

Bisogna che tu venga:

ragiona...

CANDIDA

Non verrò.

OLIMPIA

La tua mamma ti prega...

CANDIDA

Ed io non voglio.

FIDELIA

(a Maddalena)

Mansueta! E l'ha scelta!

MADDALENA

(a Fidelia)

Or se la tenga!

OLIMPIA

(con dolore)

Quest'insolito orgoglio

mal ti s'addice e mi fa male tanto...

FIDELIA

(a Maddalena)

(accennando Ipsilonne)

Ben gli sta...

MADDALENA

(a Fidelia)

...come un guanto...

OLIMPIA

(timidamente)

Rimandiamo la festa...

MADDALENA

(con sùbita ira)

E gli invitati?

FIDELIA

E i nostri fidanzati?

MADDALENA

Era dunque un'insidia?

FIDELIA

(beffarda, a Candida)

O madonna Ipsilonne, non s'adonti,

non si strugga d'invidia

se la nostra fortuna ci marita...

Appare sulla soglia della sala da ballo il Maggiordomo e interrompendo annunzia.

IL MAGGIORDOMO

Il barone di Miramonti...

FIDELIA

(accorrendo)

Vengo!

IL MAGGIORDOMO

...e il conte di Valfiorita.

MADDALENA

(accorrendo)

Eccomi!

(le due fanciulle svolazzando scompaiono dal fondo)

Insieme

CANDIDA E OLIMPIA

Candida (senza muoversi)

Sciocche!

Olimpia (insistendo)

Vedi,

Candida, non si può...

Te ne supplico... Cedi!

Candida

Ho detto no.

MIROCLETO E IL MAGGIORDOMO

Mirocleto

Maggiordomo!

Il maggiordomo

Eccellenza!

Mirocleto

Voglio qui due scaffali

antichi... molto antichi... pieni di libri...

IL MAGGIORDOMO

E quali

libri?

MIROCLETO

M'è indifferente; ma belli e ben legati.

IL MAGGIORDOMO

Sarà fatto.

MIROCLETO

E lì voglio ritratti d'antenati...

IL MAGGIORDOMO

Antenati?

MIROCLETO

Ritratti di dame, e cavalieri,

vescovi, cardinali, magistrati, guerrieri...

insomma chi vi pare... Ma in cornici dorate

e antichi, molto antichi...

IL MAGGIORDOMO

Bene, eccellenza!

MIROCLETO

Andate!

(Ipsilonne a quando a quando si ferma, guarda Candida, riflette: poi, uscito Il maggiordomo, si avvicina alle donne)

(il maggiordomo s'inchina ed esce)

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Candida, ancora una volta

ti prego, ascolta...

(appena Ipsilonne ha proferito il nome di Candida, subito essa si leva, lo squadra, gli volge le spalle e s'allontana verso le sue stanze; entra e sbatte la porta ventando l'aria sul viso d'Ipsilonne che la segue; rosso d'ira, Ipsilonne attraversa rapidamente la scena ed esce dal fondo, verso la sala da ballo che si vien popolando di invitati)

(rimasta sola con Mirocleto, Olimpia gli si rivolge inquietissima)

OLIMPIA

Avete visto?

MIROCLETO

(impassibile)

Ho visto: ma fra moglie e marito

ho la buona abitudine di non mettere dito.

OLIMPIA

(a voce alta)

O Madonna santissima, e non volete ancora...

MIROCLETO

(calmissimo interrompe)

Ho già avuto l'onor di ammonirvi, signora,

che volgare è l'esprimersi in tal guisa e sì forte!

OLIMPIA

(guardandosi intorno)

C'è qualcuno che sente?

MIROCLETO

(solenne)

Sì, c'è il vostro consorte.

(compitissimo)

Permettete ch'io v'offra? Squisito!

OLIMPIA

(con cenno di diniego)

Grazie.

MIROCLETO

Prego.

Torno a raccomandarvi un po' più di sussiego...

OLIMPIA

Sussiego? Non capisco...

MIROCLETO

Male. Una pari vostra

capisce sempre tutto... o almeno... lo dimostra:

evitate il ridicolo di puerili «perché»...

guardate quel ch'io faccio e fate come me.

OLIMPIA

Sì, sì... Ma penso a Candida. Ne va della salute

sua, forse... Queste nozze voi le avete volute...

MIROCLETO

Volute? Chieggo scusa. Ho dato il mio consenso

a un parentado ricco e onorevole, e penso...

Di là dalla vetrata è apparso Baldo: getta uno sguardo rapido nel salotto, vede Mirocleto e Olimpia, entra risoluto. Dalla sala affollata vengono onde di suoni e di voci.

BALDO

Dov'è Candida?

OLIMPIA

(balzando in piedi spaventata)

Voi qui, Baldo?

MIROCLETO

(levandosi)

E quale

audacia d'apparire al mio cospetto?

BALDO

Candida... Che ne avete fatto? Dite!

(Olimpia corre a chiudere la porta)

MIROCLETO

Io vi proibisco...

BALDO

Voi? Che mi proibite,

venditor di figliole?

Son io, capite, che non vi permetto

né gesti, né parole...

(Mirocleto muove un passo verso la sua poltrona)

...né venirmi vicino,

se v'è cara...

MIROCLETO

(con un gesto di sovrano disprezzo)

(Affamati e insolenti!)

(siede, e si taglia un'altra fetta di torta e ricomincia a mangiare)

BALDO

...quell'epa croia e gravida di vino.

(a Olimpia)

E voi, che sapevate il nostro amore

e i nostri giuramenti,

voi che chiamavo mamma, patteggiato

avete, senza orrore,

codesto ignobilissimo mercato,

seme di lutto...

OLIMPIA

(tremante)

No, figlio, no! Calmatevi, chetatevi,

per amore di Dio! Saprete tutto...

BALDO

Non da voi! Non da voi!

OLIMPIA

(tremante, smarrita.)

Sì, figlio, sì!

BALDO

Voglio parlare a Candida! Chiamatela!

L'aspetto qui...

OLIMPIA

Baldo...

BALDO

L'aspetto qui.

OLIMPIA

(supplichevole, accarezzando Baldo e respingendolo)

Figlio, per carità, per quell'affetto

che le portate... Non mi fate scandali!

Ve la condurrò qui, ma adesso andate...

Siate buono... e tornate... Vi prometto!

BALDO

Vado. Pochi minuti. Ma... badate!

Olimpia lo accompagna con cenni rassicuranti: uscendo, Baldo si incontra sulla porta col signor Ipsilonne, che rientra. Si fermano, si squadrano; piccolo inchino indeciso; poi entrambi si volgono a guardarsi ancora, senza ostilità, ma con inconsapevole sospetto. Mirocleto porta alla bocca l'ultimo pezzo di torta e si spolvera le briciole dal panciotto.

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Buon appetito!

MIROCLETO

Io voglio apertamente

deplorare...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Non basta: vi bisogna

subito provvedere, o finalmente

farò veder chi sono... È una vergogna!

Ride tutto il paese

che m'ha visto umiliato

a' piè d'una figliola di speziale...

MIROCLETO

(offeso)

Ma signor mio...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

...prodigare da un mese

ori e tesori ch'essa non apprezza,

ride di me, che mi sono degnato

di sollevarvi tutti alla mia altezza!

(Mirocleto fa ancora cenno di voler interrompere)

Io pretendo obbedienza

o vi lascio bollire in questo inferno

e me ne vado!... Sì! Ché l'esperienza

mi basta in sempiterno;

ché son sazio di voi, sazio di questa

suocera tutta lacrime e sospiri,

sazio di quei vampiri

di cognate, e digiuno

sol della casta sposa, ahi, troppo onesta,

che a così dura prova

mi tiene sospirando

da sette notti fuori dell'alcova!

OLIMPIA

Il ritegno... Il pudor la fa ritrosa...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Sarà: non me ne intendo. Ma domando

a voi, signor mio suocero: pulcella

era la vostra sposa?

OLIMPIA

(coprendosi il volto)

Uh! Madonnina bella!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

E sette giorni dopo il matrimonio

voi eravate al punto dov'io sono?

OLIMPIA

(fuggendo verso le stanze di Candida)

Sant'Antonio ~ perdono!

(esce)

MIROCLETO

(solenne)

Signor genero, non vi fate lecito

d'insister sopra un argomento simile.

E quanto a voi, se non sapete cogliere

quel frutto che agli amanti amore accorda,

è questione che a me non mi riguarda.

(s'inchina, s'allontana, esce)

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(solo)

Benone! E se ne va!

Se mai gli chiedo aiuto, ecco, s'ammanta

nella sua dignità

e s'inchina e galoppa!

Dignità? Ma non tanta!

(accennando alle stanze di Candida)

Onestà? Ma non troppa!

Ed io non so che fare... Astuzia? Ché!

Se quella ne sa un punto più di me...

Violenza? Non posso. Adesso io provo

un sentimento nuovo,

un sentimento assurdo e inverosimile

che m'ammollisce, mi disarma e getta

nella manine d'una femminetta!

Ah! Quelli di laggiù, se mi vedessero

con l'effigie d'Adamo!

Se sapessero! IO... AMO!

Dalla porta del suo appartamento entra, quasi di corsa, Candida: ha gli occhi rossi di pianto. Olimpia la segue a fatica. Ipsilonne sorride di lieta sorpresa.

CANDIDA

(guardandosi intorno, a Olimpia, piano)

E dov'è?

OLIMPIA

(a voce bassissima)

Taci.

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(raggiante)

Ah, grazie d'esser ritornata buona

e d'avere esaudita la preghiera

di tutti... e mia!

Ecco, di te stasera...

la festa s'incorona...

Grazie! La mano tua, ch'io te la baci...

CANDIDA

(nascondendo le mani)

Vi prego... Andate via!

Fidelia e Maddalena entrano correndo dal fondo.

CANDIDA

Vedete: vi cercano...

Insieme

FIDELIA, MADDALENA E BELFAGOR

Fidelia e Maddalena

(si mettono ai fianchi di Ipsilonne e lo traggono in disparte, sfringuellando)

Cognato, cognato,

v'abbiamo trovato!

V'aspettano al gioco...

Belfagor (Ipsilonne)

Sta bene: verrò.

Maddalena

Cognato garbato,

il mio fidanzato,

il conte, ha perduto...

Belfagor (Ipsilonne)

Sta ben: pagherò.

Fidelia

Vi cerca il barone;

si tratta d'affari...

Vorrebbe...

Belfagor (Ipsilonne)

Denari,

denari... Lo so.

CANDIDA

(scorge Baldo che spia attraverso la vetrata, e stringendosi a Olimpia, pianissimo)

È lui, mamma, eccolo!

(fa con la mano un cenno a Baldo di aspettare e muove le labbra per dire:)

Fra poco... fra poco...

(e mentre Olimpia, l'accarezza per acquetarla, ripete tra sé)

È lui... l'ho veduto!

(e si comprime il cuore che batte forte forte)

O dio, che emozione!

(subitamente si trasfigura: si avvicina a Ipsilonne, gli posa con grazia una mano sulla spalla, e sorridendo)

Andate, amico mio! Fra poco anch'io

interverrò alla festa...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(sbalordito)

Ha detto?... Come ha detto?... Amico mio!

C'è da perder la testa.

CANDIDA

(dolcissima)

Ho pianto tanto! Ho ancor gli occhi di fiamma

e il volto bianco e stanco!

Ecco: mi siedo qui con la mia mamma

e un poco mi rinfranco...

Così sarò più bella al vostro fianco!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

E danzerai?

CANDIDA

Certo!

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Con me?

CANDIDA

Con voi.

BELFAGOR

(Ipsilonne)

E poi, Candida, e poi?

La porta della gioia s'aprirà?

CANDIDA

(con un sorriso ambiguo)

Dopo?... Chi sa!

(un cenno grazioso di Candida congeda Ipsilonne, che Fidelia e Maddalena sospingono impazienti verso la porta; Ipsilonne, stordito di gioia, s'allontana volgendo più volte il viso ridente)

Insieme

FIDELIA

Cognato, cognato,

se aveste sposato

un'altra - più scaltra...

MADDALENA

Cognato, cognato,

ben più fortunato

sareste - se aveste...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

L'amor s'apprende!

La bella s'arrende!

Vittoria! Baldoria!

(le voci si perdono al di là della vetrata)

(Candida s'avvicina alla vetrata e cerca con lo sguardo, tra la folla degli invitati, Baldo: non lo scorge; ritorna verso Olimpia)

OLIMPIA

(con angoscia)

O creatura mia, che gli dirai?

Ogni parola è peccato mortale!

È troppo tardi omai...

Io l'ho fatto per te... ma ho fatto male!

CANDIDA

Gli dirò il voto dell'anima mia

e il mio martirio della lontananza

e l'ultima speranza

ch'egli mi salvi e mi conduca via.

OLIMPIA

Non puoi, figlia, non puoi. Per sacramento

tu sei congiunta e il destino è compiuto:

è dio che l'ha voluto...

Non ti dannare a eterno pentimento!

CANDIDA

O mamma, mamma, quando dall'altare

Don Biagio mi richiese la parola

che innanzi a dio ci lega per la vita,

io non la dissi!... Tutta in me romita

offrivo il cuore alla stella del mare,

fisa in lei sola...

Ardevo tutta quanta come cero

e attendevo il miracolo:

«O madonnina mia di Montenero

fa' il miracolo, salvami!»

E venne il segno della mia salute!

Ricordi? Le campane, le campane!

E le fatiche vane

di tante braccia? E le campane immobili!

E tira... e tira... E le campane mute!

«Che sarà? Che sarà?» Tutti dicevano ~

sventura... malefizio... qui c'è il diavolo...

Don Biagio spaurito

riguardava la cupola del duomo.

Mamma! Era il segno della madonnina!

Io sola l'ho capito...

E mi diceva: «Abbi fede, bambina!

Io ti proteggo: spera!»

Mamma, io non sono sposa di quell'uomo!

Io tengo fede a un solo giuramento,

a quello che una sera

di maggio Baldo ed io

giurammo, testimoni il firmamento

e il mare...

Ode l'aprirsi e il batter della porta a vetri: si volge, vede Baldo che entra, e con un grido gli vola incontro e gli getta le braccia al collo.

CANDIDA

Ah, Baldo mio!

BALDO

(sciogliendosi a forza dall'abbraccio, con voce d'ira)

No, prima mi dirai, Candida, tu...

OLIMPIA

Mi raccomando...

(e corre alla vetrata ad osservare se alcuno s'avvicini, e resta in guardia, spesso volgendosi trepidante verso la figliuola)

CANDIDA

(a Baldo appassionatamente)

Tutto! Sì... Ma intanto

lascia ch'io posi il capo sul tuo cuore,

o mio liberatore!

Sei ritornato! ~ Io non ti lascio più!

BALDO

Se m'ami ancora...

CANDIDA

Oh, quanto, Baldo, quanto!

BALDO

(commosso)

Se m'ami ancora, Candida, perché

hai fatto questo? Perché m'hai spezzato

il core? Avevo tanta fede in te!

T'amavo tanto! E adesso la mia vita

è finita... è finita...

CANDIDA

Guardami gli occhi, guarda la pupilla

dove la verità raggia e sfavilla:

io sono tua... lo vedi?

Soltanto tua... Mi credi?

BALDO

(vinto)

Sì... vedo... e credo... e t'amo!

CANDIDA

E allor portami via con te...

BALDO

Fuggiamo

via subito!

OLIMPIA

(dalla vetrata, volgendo il capo)

Attenti!

CANDIDA

(a Baldo, rapidamente)

No: scendi

giù... Guarda... Qui sotto al balcone

la scala...

(lo conduce al balcone: guardano fuori, rientrano)

OLIMPIA

Vien gente! Attenzione!

BALDO

Se avessi un cavallo!...

CANDIDA

(sospingendolo via)

E m'attendi

finché...

BALDO

Sì.

(s'allontana, si confonde tra la folla che irrompe)

Gran numero di Invitati invade tumultuosamente la scena e con lieto clamore saluta Candida. Rientrano via via il signor Ipsilonne, Mirocleto, Olimpia, e Fidelia al braccio del Barone di Miramonti, e Maddalena al braccio del Conte di Valfiorita.

GLI INVITATI

~ La sposa!

~ La sposa!

~ Dov'è la regina ritrosa?

~ Pudica violetta nascosa...

~ Aulente, Candida rosa...

~ L'omaggio...

TUTTI

~ L'omaggio alla sposa!

(e tutti fanno corona a Candida, che risponde all'omaggio con sorrisi e inchini. Un'invisibile orchestra invita alla danza: sono le note della gagliarda e del saltarello de L'AURA SUAVE "balletto in lode della serenissima madama Christena Lorena de Medici granduchessa di Toscana" - del s. r. Fabritio Caroso da Sermoneta)

Danze.

(Candida con Ipsilonne, Fidelia col Barone di Miramonti, Maddalena col Conte di Valfiorita guidano il ballo che si va a poco a poco allontanando verso le grandi sale: e il salotto resta per un momento deserto)

Due Servi sono intenti e richiudere l'ampia vetrata e a riordinare i mobili del salotto, quando rientra Candida seguita di Ipsilonne.

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(impaziente, ai servi)

Andate via!

(i servi interrompono il loro lavoro e si allontanano rapidi)

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Ah, finalmente mia!

Questa piccola mano più non fugge

le mie mani curiose ed impazienti

ed io ti stringo sul petto, e tu senti

il fuoco che mi strugge

e il desiderio che dentro mi rugge.

CANDIDA

(ritraendosi, poi con falsa umiltà)

No... mi fate paura!

Voi siete l mio signore

ed io son cosa vostra, creatura

deboletta, che langue

e trepida s'arrende

affascinata da cotanto ardore...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

È la mia fiammma viva, che s'apprende

alle tue carni giovani e al tuo sangue!

Vieni, Candida, vieni...

CANDIDA

(evitando l'abbraccio)

Non ancora...

Di grazia, non ancora... Un quarto d'ora

tanto ch'io muti vesta

e m'acconci la testa...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Deh, concedi

ch'io sciolga i bianchi lini

e fioccare li vegga ad uno ad uno,

lieve cumulo ai tuoi piedi...

Ah, ch'io laceri il bel freno

che trattiene

la primizia

del tuo seno!

Ch'io ti tocchi e tu, smarrita,

senta correr per le vene

la delizia

che mi trema nelle dita...

Ah, concedi alle mie ciglia

questa ignota meraviglia

che da tante notti io sogno...

CANDIDA

Mi vergogno, mi vergogno...

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Ah, ch'io ti veda

ignuda e lampeggiante come spada,

ch'io ti ghermisca palpitante preda

e al fonte della bella bocca pura

io mi disseti della lunga arsura.

Vieni Candida...

CANDIDA

(con un sorriso ambiguo, respingendo dolcemente Ipsilonne e via via indietreggiando verso la porta delle sue stanze)

Han sete di rugiada

pur le mie labbra!... Tanta, tanta sete...

Ma... Vi supplico... E grazia non si nega

all'amata che prega...

Restate qui... Vi chiamerò... Sedete

qui... A mezzanotte sarò pronta...

(indica l'orologio che segna la mezzanotte meno pochi minuti)

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Candida!

CANDIDA

(è giunta sulla soglia della porta; retrocede ancora d'un passo; è scomparsa quasi del tutto; si vedrà soltanto il volto sorridente ambiguo e una mano aperta in cenno d'attesa)

E allor, baci, piovete!

(la porta si chiude leggera: si udrà lo stridere della chiave)

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(fa un gesto come per scrollar di dosso la piccola contrarietà e si spampana in un sorriso di trionfo. Si lascia cader sul divano, accavalla una gamba sull'altra e batte il tempo col piede; infila ambo i pollici nel giro ascellare del panciotto e si batte sul petto le mani aperte; si alza, attraversa la scena, guarda la pendola, tende l'orecchio per assicurarsi del suo moto regolare)

Ma sono istanti o secoli?

(ritorna all'uscio delle stanze di Candida, accosta l'orecchio alla toppa, poi l'occhio, e scruta)

(intanto sul balcone, alla luce delle torce, si vedrà una figura d'uomo salir dall'esterno al davanzale e aiutare Candida a scavalcare la balaustrata... Le due ombre discendono: lieve ma chiaro s'udrà lo scoccar d'un bacio)

BALDO

(voce)

Han sete di rugiada

pur le mie labbra! Tanta, tanta sete...

Baci, piovete!...

Ipsilonne s'aderge, aggrotta i sopraccigli, si volge intorno.

Balza al verone, guarda fuori: s'ode lo scalpitio di cavalli che si allontanano al galoppo. E gitta un urlo bestiale.

BELFAGOR

(Ipsilonne)

Ah, Satanasso!

(rientra in scena, trasfigurato, terribile)

A me, gente d'Averno,

a me!

(si batte con violenza le palme sulla fronte, ma subito le ritrae come punto da alcunché di aguzzo; si tocca ancora con le dita: due piccole corna gli son spuntate alla radice dei capelli)

Irrompe nel salotto una schiera di Servi rossovestiti: accorrono Mirocleto, Olimpia, Fidelia, Maddalena e gli ultimi Invitati, ravvolti già nei loro mantelli, come gente sorpresa dal grido di Ipsilonne mentre stava per andarsene.

BELFAGOR

(Ipsilonne)

(rotea intorno gli occhi fiammeggianti: sembra esitare un attimo... poi ordina)

Via! Distruzione!

(ed esce urlando, seguito dalla rossa torma)

INVITATI

(si asfollano in gruppi intorno a Mirocleto, a Olimpia, a Fidelia, a Maddalena e interrogano tumultuosamente; ma nessuno sa dare spiegazioni; poi Mirocleto e altri escono sul balcone e s'affacciano)

~ È folle!

~ Ma che avviene?

~ È indemoniato!

~ Fermatelo!

~ Delira!

~ Che succede?

- E Candida?

~ È con lui...

FIDELIA

Dov'è il Barone?

MADDALENA

Dov'è andato il mio Conte?

INVITATI

~ Se n'è andato!

~ Tutti via!

~ No, ritorna...

~ Che si vede?

(gran rumore di carrozze, nel giardino: urla di cocchieri e schioccar di fruste)

~ Tante carrozze!

~ Un frastuono d'inferno!

~ Che strana festa...

(i rumori di fuori s'allontanano)

~ Ed ecco la tempesta

che s'allontana...

MIROCLETO

(dalla soglia del balcone, trionfalmente, con voce che domina il coro)

Ma il palazzo resta!

OLIMPIA

(muove incontro a Mirocleto e supplica)

Se n'è andato, se n'è andato...

il signore sia lodato!

Mirocleto mio, fuggiamo

via lontano, via lontano...

MIROCLETO

Io fuggire? E perché? Dove?

Chi sta bene non si muove!

Voi, signora, andate via:

io rimango in casa mia.

Colpi di piccone e rumor di crollo.

TUTTI

(meno Mirocleto)

~ Che c'è?

~ Che cosa accade?

~ Qui sopra...

~ Per le strade...

(ascoltano; Fidelia e Maddalena corrono ad esplorare verso il fondo)

MIROCLETO

Ma niente! Ma nientissimo!

Che volete che sia?

Uno di quei veicoli

ruzzolato per la via!

Alzate dunque i calici

e brindate con noi:

a colui che tornarsene

volle ai paesi suoi

lasciandoci il retaggio,

salute e buon viaggio!

Fidelia e Maddalena rientrano a precipizio.

FIDELIA

Mamma...

MADDALENA

Babbo...

FIDELIA

Aiuto...

MADDALENA

Aiuto...

TUTTI

~ Che c'è?

~ Che cos'è avvenuto?

Tutti si volgono verso il fondo dove molti muratori armati di piccone e incappucciati di rosso passano silenziosi, in fila, senza affatto guardare la folla esterefatta, impietrita. Nel silenzio pauroso si ode il sordo battere dei picconi al piano superiore.

OLIMPIA

Mirocleto mio, fuggiamo

via lontano, via lontano...

TUTTI

~ Scappa, scappa!

~ Via scappiamo!

~ Svelti!

~ Presto!

~ Lesti!

~ Piano...

Un grosso crollo al piano superiore fa tremare tutto. Mentre Olimpia, Fidelia, Maddalena e gli invitati si accalcano in tumulto alle porte e fuggono, alcuni incappucciati sgombrano rapidamente il salotto, facendo volar dal balcone mobili, quadri, soprammobili.

MIROCLETO

(furiosissimo, insegue ora l'uno ora l'altro tentando d'impedire la devastazione)

Ladri! Ladri!

VOCI FUGGENTI

~ Lesto!

~ Presto!...

MIROCLETO

Io protesto! Io protesto!

Un nuovo crollo fa cadere dal soffitto pezzi di stucco e pioggia di calcinacci. Mirocleto se la dà a gambe dal fondo. Mentre sotto i colpi di piccone la pioggia dei calcinacci continua, si chiude il velario.

Epilogo
Scena unica

La piazzetta, come nel prologo.
Sulla gradinata della chiesa è sdraiato un Vagabondo dalla spessa barba grigia, ravvolto in un gran mantello e col cappuccio fin sugli occhi. Sopraggiungono Candida e Baldo seguiti da due giovani Compagni: Baldo picchia alla porta della casa del prevosto, fin che s'apre la finestra e s'affaccia, rabbuiata e sonnolenta, Menica.

BALDO

Signor curato! Menica... O Menica!

MENICA

(voce)

Chi è?

BALDO

Son io... Baldo... con Candida di Mirocleto, che

dobbiam dire a Don Biagio...

MENICA

(con voce stizzosa)

È ora da cristiani

questa? Che discrezione! Ritornate domani...

BALDO

...una parola sola... subito... È cosa grave...

MENICA

(brontolando)

Don Biagio dorme...

BALDO

Aprite...

MENICA

(di dentro)

Vengo; prendo la chiave.

BALDO

(si volge ai due compagni e tende loro la mano)

Ecco: siamo al sicuro. Grazie, figliuoli... Andate!

CANDIDA

Grazie.

L'UN DE' COMPAGNI

Nulla...

L'ALTRO

Vi pare?

MENICA

(aprendo la porta, con un lume ad olio nella mano sinistra)

Cos'è accaduto? Entrate.

(mentre i due compagni si allontanano, Candida e Baldo entrano in casa del prevosto, e Menica spranga la porta)

Silenzio. S'ode soltanto il parlottar della fontana. Il Vagabondo ammantato si rivolta nel suo letto di pietra: par che dorma. Dietro la chiesa il cielo a poco a poco imbianca. Vengono dal fondo, a passo lento, due altri vagabondi, un Vecchio e un Ragazzo, lacerissimi: seggono sull'orlo della fontana, si dividono un po' di pane e di pesce secco, e mangiano, e bevono l'acqua nel cavo della mano.

IL VECCHIO

(entrando)

Qui, che c'è l'acqua... Un pane ed un'aringa. Prendi.

Ed anche oggi si cena...

IL RAGAZZO

Tarduccio!

IL VECCHIO

O che pretendi

che Iddio ti serva il pranzo all'ora che a te piace?

IL RAGAZZO

Hai ragione, nonnetto...

IL VECCHIO

Ségnati, e mangia in pace.

(il Ragazzo si fa il segno della croce)

BELFAGOR

(il vagabondo)

(levandosi a sedere)

Puah!

IL RAGAZZO

Un altro signorone come noi due...

IL VECCHIO

Compare,

se v'aggrada, servitevi...

BELFAGOR

(il vagabondo)

Potevate rubare

qualche cosa di meglio...

IL VECCHIO

(risentito)

Rubare? Per tua regola,

vagabondi, non ladri! Non siam della tua pegola!

BELFAGOR

(il vagabondo)

Bah! Tanto peggio... Meno scrupoli, e meno amara

vecchiezza oggi vivresti... E tu, ragazzo, impara!

IL VECCHIO

Bei consigli!...

BELFAGOR

(il vagabondo)

Esperienza!

IL VECCHIO

...per dar l'anima ai diavoli!

BELFAGOR

(il vagabondo)

Io non ci credo ai diavoli! Favole di bisavoli!

IL RAGAZZO

(pieno di meraviglia)

Non ci credete? Io sì! E qui per il paese

ce n'è uno che gira, dice... Quello che prese

moglie, or fa...

BELFAGOR

(il vagabondo)

(interrompendo)

Farfalloni che t'han fatto ingollare!

IL RAGAZZO

(chiamando il Vecchio a testimone)

Ci son le prove, eh nonno? Gli han visto risputare...

IL VECCHIO, IL RAGAZZO

Già!

...l'ostia consacrata...

BELFAGOR

(il vagabondo)

Frottole!

IL RAGAZZO

E le campane?

O perché non suonarono? Era un segno!

BELFAGOR

(il vagabondo)

Panzane!

IL RAGAZZO

Perché quello era un diavolo...

BELFAGOR

(il vagabondo)

Fole, bambino! Quello

era un mercante ricco, ricco straricco, bello...

IL RAGAZZO

Brutto, dicono...

BELFAGOR

(il vagabondo)

Brutto? Quant'è maligno il mondo!

Un forestiero splendido, magnifico, giocondo,

che s'è voluto togliere un capriccio, e poi... via

in cerca d'avventure e d'altra compagnia...

Dalla casa del prevosto è uscito Baldo, ha richiuso la porta... subito il Vagabondo alza la voce, perché Baldo l'oda.

IL VECCHIO

Come via? Se n'è andato?

BELFAGOR

(il vagabondo)

Questa notte...

IL VECCHIO

Davvero?

(Baldo si ferma in ascolto)

BELFAGOR

(il vagabondo)

O che immaginavate un sì ricco straniero

qui per tutta la vita a sbaciucchiar la moglie,

figlia d'uno speziale... Saziate le sue voglie,

via...

(fa con la mano cenno di partenza)

BALDO

(torvo, battendo una mano su una spalla del vagabondo)

Amico, s'è saziato di schiaffi e beffe e scorni:

nient'altro... Avete inteso?

BELFAGOR

(il vagabondo)

(fingendo meraviglia)

Senti, se'!... In tanti giorni.

BALDO

Nient'altro.

BELFAGOR

(il vagabondo)

E in tante notti... Nient'altro? Giusto quello,

giusto quello era l'uomo da farsene zimbello!

Conquistator di femmine! Seduttor provetto!

Uno stallone! Un riccio! Un mandrillo! Un galletto!

Chi volete che creda? Eh via! Scommetterei

che questa novelletta la va spargendo lei,

la sposina... per tender una pania, o chi sa,

forse solo per fingersi una verginità...

Voi ve la sposereste? Né voi, penso, né alcuno...

Io, per me, non vorrei gli avanzi di nessuno!

BALDO

(che s'è contenuto a gran stento, per non perdere una delle bieche parole del suo interlocutore, prorompe in un urlo, e afferra il Vagabondo per la barba, e lo spinge contro il muro del campanile)

Avanzi? Ah, cane! Avanzi! Maledetto serpente...

Avanzi... To'...

IL RAGAZZO

(spaventato)

S'ammazzano...

BALDO

(sbattendo l'avversario contro il muro)

To', cane!

IL VECCHIO

(esce da destra chiamando al soccorso)

Gente! Gente!

IL RAGAZZO

(corre a bussare alla casa del prevosto)

S'ammazzano!

(Belfagor scivola agilmente via, lasciando barba e mantello da vagabondo nelle infuriate mani di Baldo, e svolta dietro il campanile, tenendosi con la mano la lunga coda; riappare per un attimo il ceffo maligno e cornuto: ride; scompare)

BALDO

(continuando a sbattere cieco di furore)

Tizzone d'inferno! Tizzo nero

d'inferno...

(getta via con gran forza quella spoglia, e si prende la testa fra le mani, e corre verso la fontana: si ferma, si lascia cadere sul gradino, piangendo disperatamente; geme attraverso le palme, che ora chiudono la bocca, una voce rotta e soffocata:)

Ma se fosse vero?... Se fosse vero?

(a poco a poco il singhiozzo dirada, si calma: Baldo leva il viso tra i pugni stretti, e resta lungamente immobile, con gli occhi sbarrati e fissi nel vuoto)

Chi mi torrà dal cuor l'aspro tormento?

Chi potrà far che un'ombra di vergogna

non mi offuschi il suo viso, e in ogni accento

del suo labbro io non oda una menzogna?

Al dolce porto omai più non agogna

la giovinezza mia, ché il faro è spento;

non ama più, non crede più, non sogna

più: le speranze le ha rapite il vento...

Me pur, me pure sopra il vento e l'onde

tempestose del mio mare selvaggio

porti la vela verso ignote sponde,

fin che la grazia dell'oblio mi tocchi,

né l'auree trecce io vegga in ogni raggio

di sole, e in ogni stella i suoi begli occhi.

Affranto, Baldo si curva in sé medesimo, con il viso quasi tra le ginocchia. Ed ecco uscir dalla porta della parrocchia Menica, col suo lumino, poi Don Biagio, che reca l'ampolla dell'olio santo, e s'incontrano col vecchio e col ragazzo che rientrano, e con qualche paesano accorso alle grida. Alla finestra appare Candida.

DON BIAGIO

Dov'è il morto?

IL RAGAZZO

Se n'è andato,

reverendo, mi dispiace...

DON BIAGIO

Be'... Buon segno!

IL RAGAZZO

Già!

DON BIAGIO

Ma ascolta:

il curato ~ un'altra volta

lo potrai lasciare in pace...

(intravvede Baldo che singhiozza nell'ombra)

O chi piange là seduto?

(a Menica)

Be': tu intanto

porta a casa l'olio santo.

(si avvicina al piangente, lo scuote, lo guarda in viso)

Baldo?

CANDIDA

(dalla finestra con un grido)

Baldo!

E si ritrae per apparire subito dopo nella piazzetta.

DON BIAGIO

O ch'è accaduto?

BALDO

(senza levare il viso)

Perché è vero... Perché è vero...

DON BIAGIO

Che ti passa per la zucca?

BALDO

(senza levare il viso)

O mio amore!

DON BIAGIO

Eh! Fatti cuore!

Casseremo il matrimonio...

Via! Domani si va a Lucca,

si discorre a monsignore

ed il vescovo... vedrai...

BALDO

Che m'importa? No! No! Mai!

(don Biagio s'interrompe sorpreso; ma poiché Candida sopraggiunge, si allontana stringendosi nelle spalle e mormorando: «Benedetti ragazzi! Chi vi capisce?... Be'... Sbrigatevela un po' tra voi...»)

I Paesani discesi in piazza formano un crocchio intorno al vecchio e al ragazzo, che raccontano la scena alla quale hanno poco prima assistito: Don Biagio entra nel gruppo e domanda anch'egli notizie. Ma ecco qualcuno che sembra aver novelle ben più interessanti, e narra con gran gesti, e indica allo stupore di tutti, lassù in alto, il castello demolito. Finalmente, quando il colloquio tra Candida e Baldo volge al suo termine, accorrono, ancora vestiti per il ballo e mal ravvolti in scialli e mantelli, Mirocleto, Olimpia, Fidelia e Maddalena e qualcuno degli invitati. E mentre Olimpia, senza nemmeno accorgersi dei due innamorati, apre la porta della farmacia abbandonata e rientra nella sua casa, intorno ai sopraggiunti si affollano i curiosi ad ascoltare i racconti della meravigliosa avventura.

CANDIDA

Baldo mio, sei ferito?

BALDO

Ah, fossi morto!

CANDIDA

Che dici? Che dici?

BALDO

Né più visto, né udito

mai più avessi, o labbra ingannatrici!

CANDIDA

Che dici? Chi t'ha volto

subitamente l'anima e t'acceca?

A qual parola bieca,

a qual maligna voce hai dato ascolto?

BALDO

Non m'acceca! Mi sbenda!

Vedo... E so tutto!

CANDIDA

E tutto non diss'io

come nella tremenda

ultima confessione, innanzi a dio?

BALDO

Ah, taci! Iddio ti vede!

Tu non sei la mia Candida... Il tuo nome

è menzogna, e la fede

menzogna, e la promessa inganno...

CANDIDA

(con voce di pianto)

Come?

Non son più la fanciulla

dei cari sogni? «Un cuore, una capanna,

un dondolar di culla,

la cantilena d'una ninna nanna»...

Baldo, non son più quella

che contro il mondo l'amor tuo difese?

Candida che t'accese

in fronte con un bacio la tua stella?

BALDO

(tormentato, tentato)

Non so... Non mi rammento...

un sospetto mi sgombra

ogn'altro sentimento

e ogn'altra luce adombra...

CANDIDA

(disperata, singhiozzando)

No! Lo vedo... È finita!

Tu non mi credi più...

Ed allora... addio vita!

Addio... sogni... addio tu... tto...

BALDO

Taci: ogni tua parola

il tormento rinnova...

Dammi una prova sola,

se puoi... Dammi una prova!

CANDIDA

Che prova gli darò,

vergine benedetta?

Come gli renderò

la bella fede schietta?

La fede del mio amore,

nell'innocenza mia,

o specchio di candore,

o vergine Maria!

(cade in ginocchio e rimane immobile con le braccia aperte, come nella fervida attesa del miracolo... ed ecco che, mosse dal vento, le campane della piccola chiesa ondeggiano, tintinnano... tutti volgono gli occhi al cielo in alto, al campanile)

ALCUNI

Chi muove le campane

nel cielo sonnolento?

ALTRI

Il vento... Il vento...

TUTTI

Oh, prodigio... oh, portento!

ALCUNI

Che dicon le campane

con la voce d'argento

al vento, al vento?

TUTTI

Miracolo... Miracolo...

Tutti scoprono il capo e piegano i ginocchi.

È l'aurora.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 25/04/2020
Pagina: ridotto, rid
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Locandina Prologo Scena unica Atto primo Scena unica Atto secondo Scena unica Epilogo Scena unica