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Una carta? Cos'è quella?

Cos'è questa Precauzione?

Sì, da far venir l'inedia...

(Ah! chi sa chi l'inventò!)

Io corro, cara;

subito vo.

(apre la porta e cerca)

Dov'è la carta?

Oibò, oibò...

(Che commissione

inver ch'ho avuto!)

Passò qualcuno?

Ed io, se cerco,

impazzirò.

Un'altra volta,

in fede mia,

mai più non apro

la gelosia;

simile errore,

no, non farò.

(entra in casa)

(verso la casa)

Io ritorno all'istante.

Che non passi nessuno... oh che pazzia

poco fa d'esser sceso!

E Basilio perché non vien? Doveva

il tutto preparar, che 'l matrimonio

si facesse doman segretamente:

vado a veder se mai ha fatto niente.

(parte)

Figaro maledetto! Scellerato!

M'ha rovinato tutta la famiglia

con narcotici, sangue e stranutiglia.

Ditemi, il barbiere è stato qui?

Come un altro.

Che il diavol porti via i servitori!

Né anche un momento andar non si può fuori.

Dove sei, Giovinetto?

Dove sei tu, Svegliato?

Quel furbo di barbier m'ha rovinato.

Ma dov'eri tu, stordito,

allor quando che 'l barbiere

qui se n' venne poco fa?

Io era, ah... ah... ah!

Bravo! bravo! t'ho capito;

gran risposta in verità.

Ah... ah... ah... ah... ah... ah!...

Ma per certo, ci scommetto,

qualche astuzia macchinavi.

No 'l vedesti?

Il vidi... ah... ah...

Così male... m'ha trovato...

(sbadigliando)

che mi sento... sì ammalato...

La pazienza perdo già.

Dov'è dunque il Giovinetto?

Quel briccone dove sta?

Son sicuro, in fede mia,

che v'è qualche furberia.

Giovinetto... vieni qua...

Via, starnuterai domani:

rispondete se qualcuno

da Rosina è qua venuto.

Ah... ah... ah...

Oh che canto è questo qui?

Cosa?... come?... via parlate!

Maledetti!... non v'intendo,

cosa dite?... non comprendo.

Il barbier ci fu sì, o no?

Il barbiere... c'è qualcuno?

Io scommetto ch'è d'accordo...

Io d'accordo...

Che giustizia?

Son padrone, ed ho ragione.

Non vo' che sia.

Certo meglio assai sarà.

(contraffacendoli)

Chi starnuta, e chi sbadiglia...

lungi andate cento miglia.

Dunque andate alla buonora,

e partite via di qua.

Ah! Don Basilio, voi venite forse

per dar lezion di musica a Rosina!

Questo tanto non preme.

Son passato da voi, né v'ho trovato.

Per gl'interessi vostri fuor son stato;

ho una cattiva nuova.

Per voi?

Oibò, per voi.

Il Conte d'Almaviva qui si trova

e sorte sempre fuori travestito.

Dite pian. Questi è quello

che a Madrid ricercar facea Rosina.

Contro un uom sì possente,

ditemi voi, che cosa s'ha da fare?

Cosa? Udite: bisogna calunniare.

La calunnia, mio signore,

non sapete che cos'è?

Sol con questa a tutte l'ore

si può far gran cose, affé.

Questa qui, radendo il suolo,

incomincia piano piano;

e del volgo il vasto stuolo

la raccoglie, e rinforzando

passa poi di bocca in bocca,

ed il diavolo all'orecchie

ve la porta, e così è.

La calunnia intanto cresce,

s'alza, fischia, gonfia a vista:

vola in aria, e turbigliona,

lampeggiando stride e, tuona;

e diviene poi crescendo

un tumulto universale,

come un coro generale,

e rimedio più non v'è.

Che frammischiate mai, o don Basilio!

E che rapporto ha mai, piano, crescendo,

con la mia situazion?

Molto ha da fare

se si vuol un nemico allontanare.

Io penso di sposar Rosina, prima

ch'ella sappia che il Conte è a questo mondo.

Quando dunque è così, non c'è da perdere

nemmeno un sol istante.

Che cosa manca mai?

Manca il contante.

Voi lesinando andate...

Orsù; prendete,

(gli dà una borsa)

e terminate presto questo affare.

Domani il matrimonio s'ha da fare.

Sì ben, con Don Basilio.

Non era meglio fosse il signor Figaro?

Bramerei

saper perché qui venne.

Per me, scommetterei ch'ei venne apposta

per prendere da voi qualche risposta.

Lo so ben io...

(guardando le mani di Rosina)

Scritto avete, signora.

(prendendole il dito)

E questo dito nero che vuol dire?

Benissimo! Vediamo:

(contando il quinternetto della carta)

qui v'erano sei fogli, ed or son cinque.

Il sesto...

Questa penna era nuova,

ed ora come è tinta?

Non arrossite, e allora son sicuro.

Veramente ho torto, è vero:

quando un dito s'è bruciato,

coll'inchiostro risanato

egli è certo ch'esser può.

Se una penna tinta resta,

fu cagion che su la vesta

nuovo fior si disegnò.

Se di carta un foglio manca,

voi mi dite molto franca

ch'alla figlia del barbiere

un cartoccio pien di dolci

in quest'oggi si mandò.

Ma il dito è nero,

la penna è tinta,

il foglio manca:

le vostre scuse

mai crederò.

Un'altra volta,

quando ch'io sorto,

con catenacci

e più lucchetti,

a cento chiavi

vi chiuderò.

Ma che vuol quest'uom? Quest'è un soldato:

rientrate, signora.

Bartolo, lei vuol dire?

(al Conte, che nasconde in tasca la lettera)

Che cosa avete là che nascondete?

Andate via di qua, su, disloggiate.

Oh che bella domanda!

Voi dottore? Sì ben, senza talento.

Oh bella!

(legge)

«Il dottor Bartolo

riceverà e nutrirà,

e da dormir darà»...

...«per una notte sola

al nomato Lindoro,

chiamato lo scolaro,

medico di cavalli»...

(a Rosina, vivacemente)

Cosa c'è?

Sì ben; direte al vostro

grand'arcimpertinente quartiermastro,

che tengo un salvaguardia.

Ben volentieri, or ve lo mostrerò.

(va a prenderlo nel tiretto del tavolino)

Piano, piano, bel soldato,

non guardate la mia sposa.

Sì, signore.

Aspettate: io leggerò.

(tira fuori una carta pecora)

«Noi sottoscritti

facciamo fede»...

(adirato)

Signor soldato,

che, sono un cavolo?

I servi miei

or chiamerò.

(al Conte)

Farete bene

se andate via,

perché pentire

ben vi farò.

Che cosa è questa?

Date, date...

Via, sortite.

(Alla fine partì! Dissimuliamo.)

Curiosa voi non siete

di leggere la carta che vi ha data?

(accennando la tasca)

Quella che là metteste.

Deh, fatela veder.

E veder no 'l potrei?

(battendo i piedi)

Veder lo voglio.

La porta serrerò, non scapperete.

Adesso lo vedrò!

Per forza!

Che cos'avete?

No, mio tesoro...

La lettera leggiam senza che veda.

Che rabbia di saper...

O ciel! Che vedo!

Questa lettera è quella del cugino;

mi son ben ingannato! O me meschino!

Son vapori, mio ben, no, non temete.

(Il polso appena batte!)

(cava di tasca una boccetta d'acqua odorosa)

Confesso, ho torto.

Cara, perdon; son qui alle vostre piante.

(si inginocchia)

Tal procedere onesto

dissipa i miei sospetti.

Il ciel mi guardi

di farvi un'altra ingiuria.

(ritirandosi indietro)

Orsù, io vado

a veder Marcellina.

Giacché la pace è fatta,

amatemi, e sarete un dì felice.

(baciandole la mano)

Vi piacerò, ben mio, vi piacerò.

(parte allegro)

Il diavolo mi soffia nell'orecchio

ch'io non esca di casa... sta'... Rosina

perché bacia quel foglio?

Sangue d'un saracino!

Tanto non si può far per un cugino.

Gatta ci cova...

(Passeggia... ah se potessi,

senza che se ne accorga,

leggere qualche cosa e assicurarmi

prima del vero e poi passare all'armi...

Basta: vedrò...)

(Cugino, signorsì!... Basta, vedremo...

ma cattera! ha costei l'argento vivo

nelle mani e ne' piedi.

Ma leggerò... cospetto!)

Ma diavolo, fermatevi...

Non temete...

Son io,

tratto da' vostri effluvi, idolo mio!

Vado per un po' d'acqua... Adagio... dite,

che lettera era quella,

che poc'anzi avevate nelle mani?

Ah, del cugino... A dirla,

vorrei leggerla adesso,

senza offesa però...

E perché no?

(irato)

E lo stamperò io. Dov'è la lettera?

Eh, che qui non ci voglion tante smorfie.

La lettera, o per Bacco...

(Leggerò, leggerò signora mia.)

Mi aveva quasi quasi intenerito.

Si vede poverina... E che si vede?

Si vede ch'è partita, e mi ha lasciato

con un palmo di naso.

Amico...

Ah don Basilio, è fatto il caso.

Ve l'avete sposata?

Che sposata:

vi son biglietti, intrichi, militari...

Militari! Cioè?

Vi è un uffiziale ora di più.

Di più?

Signor mio, sì. E poc'anzi fu qui.

Qui?

Qui.

Qui?

Qui.

Ma come

s'introdusse costui?

Venite meco,

che per la via vi narrerò l'istoria,

vado per la mia cappa...

(entra e poi torna col mantello)

(a Rosina)

Oh, voi qui! Come va la vostra tosse?

Sì ben, me ne rallegro.

(a Figaro)

E voi signor capestro

che diavolo volete?

Qui non v'è nulla. Fuori!

Don Basilio, andiamo.

Dove mai?

Dal quartiermastro,

per saper quel soldato chi mai sia,

perché temo di qualche furberia.

Andiamo.

Corpo dell'arcidiavolo!

Che avete?

Ritorna l'uffizial, non lo vedete?

(Uh, che caldo che mi viene!)

(Se mi scappa la pazienza,

la finisco in verità.)

(con flemma)

Se la trovi all'osteria!

Don Basilio, cresce il caldo!

Or per voi gli parlerò.

(al Conte con qualche aria di serietà)

Mio signor, qui non ci è loco.

Non avrai no, no la stanza.

Ve ne andate alla buonora?

Oh che umor! ohimè, che umore!

La credevo, affé, calmata;

ma, al contrario, ell'è adirata,

e non vuol (ch'è quel ch'è peggio)

da Basilio più lezion.

(battono alla porta)

Ma chi batte così forte?

Par che buttin giù le porte;

(battono più forte)

temo sia qualche briccon.

(va ad aprire)

Pace pur dia il cielo a voi.

Buon augurio: in ver mi piace.

(Ohimè, che noia!)

E ben, chi siete?

Io bisogno non ho di precettore.

Sì bene, ch'ha l'onor... Veniamo al fatto.

Ammalato! Andiamo a visitarlo.

(Quest'è qualche briccon!) Parlate pure.

Forte, perché son sordo d'un orecchio.

(spaventato)

Parlate pian, vi prego.

Scritto! Parlate piano...

Ah, signor don Alonso, perdonate

se così malfidente mi trovate;

ma l'età vostra, l'aria, e la figura

m'han fatto sospettar; vediam la lettera.

Ah perfida! Conosco la sua mano.

(legge borbottando)

Quanto, amico, vi devo...

Ella resisterà...

Bella calunnia, ben trovata.

Or veggo, amico caro, che venite

dalla parte davver di don Basilio;

ma per non dar sospetto,

saria meglio che pria vi conoscesse.

Io dirò che in sua vece

veniste voi per darle la lezione.

Non glielo mostrerò: non dubitate.

(parte)

Ma questo è don Alonso,

l'amico e lo scolaro di don Basilio.

Eccolo qui...

Che cosa avete?

Ella si sente mal, signor Alonso...

Una sedia.

(va per prenderla)

Eccola qui: sedete.

Oggi non v'è apparenza, o baccelliere,

ch'ella prenda lezione.

Ah no, mia cara;

sforzar non vi dovete...

(piano al Conte)

Voi dite bene.

(a Rosina)

Fate ciò che v'aggrada.

Sempre l'istessa istoria!

(siede dov'era Rosina)

A me sembra d'aver troppo dormito,

(sbadiglia)

né intesi la bell'aria.

Ma sia detto fra noi in buona pace,

tal maniera di canto non mi piace.

A me piaccion quell'arie

facili a ritenere: per esempio,

di quelle ch'io cantava

allor nella primiera gioventù...

voglio veder se me n' ricordo più.

(nel tempo del ritornello egli cerca grattandosi la testa, e poi canta, facendo le castagnette colle dita, e ballando sui ginocchi, come fanno i vecchi)

Vuoi tu, Rosina,

far compra fina

d'un bello sposo,

che merti, o cara,

tutto l'amore?

Tirsi non sono,

ma ancor son buono,

ed io ti giuro,

quando fa scuro

han tutti i gatti

un sol colore:

dunque, mia cara bella,

prendi questo mio core.

(accorgendosi di Figaro)

Signor barbier, passate;

appunto, dite un poco, quel cartoccio

di dolci lo gustò la vostra figlia?

Bravo, signor barbiere;

andate là, che fate un bel mestiere.

Alfin, perché veniste?

Per purgar, salassare,

e tutta la mia casa rovinare?

Tempo or non ho, doman fate ritorno.

Oibò: voglio star qua.

Per non star da voi lungi un sol momento.

Sì ben, sì ben, chiamateli;

son tutti quanti in letto rovinati.

No, vado io stesso.

(tira fuori il mazzo delle chiavi, e poi dice piano al Conte:)

Non lo lasciate andar a lei d'appresso.

(parte)

(Io non so quel che faccio

con qui lasciar quel diavolo di barbiere.)

(dando il mazzo delle chiavi a Figaro)

Tenete, in stanza mia, ma non toccate.

(piano al Conte)

Costui portò per certo

quella lettera al Conte.

(come sopra)

Più non m'attrapperà!

Oh che fracasso!

Quel diavol di barbiere maledetto

rotto avrà ciò che v'è nel gabinetto.

(parte correndo)

Non m'ingannai; il tutto è fracassato.

Attaccarsi a una chiave! Ch'uomo scaltro!

(gli va incontro)

Caro amico.

Siete ben ristabilito?

Se non era Don Alonso,

io da voi volea venir.

(meravigliandosi)

Don Alonso!

Dite un poco, miei signori...

Ma bisogna...

(ancor più meravigliato)

La lezion?... Alonso!... Come?

Ed ella ancora?

(piano a Don Basilio)

Non ci date una mentita.

Ah! sì, sì, d'accordo siam.

(forte)

E così, che fa il curiale?

Cosa dite del curiale?

(impaziente)

No, no 'l vidi, no, il curiale.

(piano al Conte)

Dite ben, così farò.

(a Don Basilio)

Ma che male vi sorprese?

(in collera)

Non v'intendo...

Ah, comprendo!

(tastandogli il polso)

Qui c'è febbre, andate a letto.

Dunque a letto devo andar?

(guardando tutti)

Miei signori,

troppo ben non sto in effetto.

Torno a casa, e vado a letto,

e così meglio sarà.

(a don Basilio)

E doman, se state bene...

(Se la borsa qui non era...)

(partendo)

Buona sera... io vo di già.

(d'un tono importante)

Quell'uomo certo,

no, non sta bene.

Mi pare invero

che fate apposta,

perché non veda.

Voi vi mettete

davanti a me.

Cos'è?

Non strofinate.

Bravi! Pulito!

Brava, madama,

non si sgomenti;

su gli occhi miei,

in mia presenza

simile oltraggio

a me si fa?

Cosa sento! che ascolto! che orrore!

Come, Basilio, voi no 'l conosceste?

Io vi dico di no. Ma se la lettera

vi diede di Rosina,

egli è del Conte certo un emissario;

ma dal regal che fecemi, confesso

ch'esser egli potria il Conte istesso.

In vece mia, Basilio,

voi non la sposereste?

Temerei gli accidenti...

Se non la sposo, io crepo per amore.

Quand'è così, sposatela, o dottore.

Così farò in questa notte istessa.

Vado per il notar, e qui ritorno.

Vengo ad accompagnarvi.

(gli dà una chiave)

Tenete la mia chiave.

Io qui v'attendo. Orsù, venga chi vuole,

non entrerà nessuno, ve lo giuro.

Con tale precauzion siete sicuro.

Ah! Rosina, giacché non siete entrata

nel vostro appartamento...

Rosina, deh, ascoltatemi...

Un momento di grazia...

Rosina, non temete;

io sono vostro amico;

deh, ascoltatemi.

Questa lettera qui, che voi scriveste

al Conte d'Almaviva...

Che uomo indegno!

Appena l'ebbe, ei ne fece un trofeo,

ed ora a me una donna l'ha mandata,

alla quale egli v'ha sacrificata.

Io per voi fremo.

A tempo fui avvisato d'un complotto

tra Figaro, Almaviva e Don Alonso;

quell'allievo supposto di Basilio,

che del Conte non è che un vile agente.

(Ah, è Lindoro.)

Così m'ha detto dandomi la lettera.

Noti vi son i sentimenti miei.

Il Notaro verrà in questa notte.

(osservando il mazzo)

Ah perfidi!

Io non vi lascio più.

Hai ragion; io vado subito

il giudice a chiamar. Ei come ladro

sarà presto arrestato.

E in un colpo sarò ben vendicato.

Addio, mio core.

(parte)

Cos'è questo, che cosa mai vedo?

Son questi gli sposi futuri?

Manca i nomi. Il contratto egli è qui.

Ma eccellenza... ma come... il dottore...

Sottoscrivo.

(prendendo il Notaro per la gola)

Qui Rosina fra bricconi!

Arrestate tutti quanti,

un briccon io tengo già.

Mio padron, son il Notaro...

Se' un briccon, no, non ti credo;

don Basilio, cosa vedo!

Come mai voi siete qui?

D'Almaviva!

Cosa importa questo qua?

Signor Conte, in altro loco

servo son di sua eccellenza.

In casa mia, abbia pazienza,

nulla val la nobiltà.

(a Rosina)

Cosa dice la Rosina?

Bel contratto! i testimoni?

Sono questi due signori.

(collerico)

Voi, Basilio, ancor firmaste?

E il Notar per chi portaste?

Lo portai... oh, questa è bella!

(accennando la borsa)

S'egli ha piena la scarsella

d'argomenti in quantità.

Userò del mio potere...

Mi perdei per poca cura!

Qual rovina, qual tempesta

sul mio capo si formò!

(va a sottoscrivere il contratto)