GLI AVVENIMENTI D'ERMINIA E DI CLORINDA
Dramma per musica.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto di Giulio Cesare CORRADI.
Musica di Carlo Francesco POLLAROLO.
Prima esecuzione: carnevale 1693, Venezia.
Personaggi:
CLORINDA |
sconosciuto |
ERMINIA |
sconosciuto |
TANCREDI |
sconosciuto |
ARGANTE |
sconosciuto |
RAIMONDO |
sconosciuto |
ISMENO mago |
sconosciuto |
ALINDO scudiero d'Erminia |
sconosciuto |
RAMBALDO |
sconosciuto |
PASTORE |
sconosciuto |
PINDORO padrino |
sconosciuto |
ARIDEO padrino |
sconosciuto |
CORRIERO |
sconosciuto |
ARMIDA |
sconosciuto |
FAMA |
sconosciuto |
Spirito di Clorinda, Fantasma che rappresenta Clorinda.
Illustrissimo...
...e reverendiss. sign. mio patron colendiss.
La musica, e la poesia son due sorelle. Il bel genio di v. s. illustrissima tanto si compiace della prima, che non potrà far di meno di non compiacersi anco della seconda. Su questo motivo, incoraggiato da padroni, ed amici, che tutti professano intrinseca devozione co' la persona di v. s. illustrissima, mi sono indotto a consacrarle il presente dramma, per averla protettrice non solo a miei versi, ma a le note del sig. Carlo Pollarolo, di cui, son li medesimi con singolar meraviglia animati. Ho taciuta prima della stampa la dedicazione, assicurato, che la di lei modestia l'avrebbe certamente ricusata. Desiderando io però con fermezza l'acquisto di tal patrocinio ho commesso un delitto d'irriverenza, per non andarne deluso. Colpa, che sarà facilmente rimessa, perché non fu volontaria: e voglio sperarlo, conoscendo che chi nasce dalla gran casa Vidmana non sa esercitar se non eccessi di gentilezza. Ognuno ne fa testimonianza coll'esperienza del beneficio, non m'estendo a decantare le glorie di così degna famiglia nelle porpore, nelle reggenze, ed in ogni grado più cospicuo, ed onorevole, lasciando quest'uffizio alle cento bocche della fama, omai senza fiato nel pubblicarle per tutto l'universo, mi restringo solo a supplicare la somma bontà di v. s. illustrissima a gradire il primo attestato di mia riverenza per potermi vantare qual veramente mi dichiaro d'essere.
Di v. s. illustriss. reverendiss. umiliss. ed ossequiosiss. servo
Giulio Cesare Corradi.
Cortese lettore
Ti mostrasti così soddisfatto della mia Gerusalemme, che ho voluto comporti un altro dramma intitolato gl'Avvenimenti d'Erminia, e di Clorinda, tratto da quel sempre prodigioso poema del sig. Torquato Tasso. Non m'estendo alla spiegazione dell'argomento, perché farei troppo torto a qualunque grado di persona, che al pari di me, ne tiene una perfettissima notizia. T'invito solo ad udire la musica del sig. Carlo Francesco Pollarolo, che per essere l'ultima fatica delle cinque opere, vestite quest'anno, nel giro di tre mesi, delle sue spiritosissime, et impareggiabili note, ti farà certamente stupire, come la virtù de sigg. recitanti non inferiori ad ogn'altro, che facci pompa quest'anno ne' teatri, sarà per dilettarti con piena soddisfazione. Le parole fato, destino, ecc. sono i soliti poetici ornamenti. Vieni, e vivi felice.
A tenda calata concerto di trombe in forma di battaglia, che segua a corpo, a corpo; nel qual tempo alzato il sipario, si vedrà steccato fuori della città di Gerusalemme con sole, che tramonta all'occaso. Corpo di soldati Cristiani da una parte: di Saraceni dall'altra. Pindoro, e Arideo i due padrini nel mezzo con loro scettri alla mano. Erminia sulla cima d'una torre dentro le mura, osservando l'esito delle battaglie.
Argante in atto d'aver gettato a terra Ottone.
ARGANTE
Renditi vinto: e per tua gloria basti
che dir potrai, che contro me pugnasti.
(Ottone balza in piedi minacciando Argante)
Ancor ti movi all'ire? Ah forse credi
esser Anteo, che nel cader risorge
con più vigor e forza?
Conosci dunque il mio valor a prova,
poiché la cortesia sprezzar ti giova.
(combattono in guisa di prima a' suono dell'accennate trombe e caduto un'altra volta Ottone a terra, Argante lo disarma della spada)
ARGANTE
Eccoti nuovamente
sul terreno abbattuto; ogni superbo
come costui ti vede,
faccia col petto suo strada al mio piede.
(va per calpestarlo)
Tancredi con spada alla mano e detti.
TANCREDI
Anima vil, che serbi,
anco fra le vittorie,
il titolo d'infame, e qual attendi
da modi sì scortesi
tu magnanima laude? Ah solo avvezzo
fra ladroni d'Arabia,
fuggi la luce; va' co' l'altre belve
a incrudelir ne' monti, e nelle selve.
ARGANTE
Nulla rispondo, e invece
della mia lingua or ti risponda il ferro.
(segue fra Tancredi, ed Argante fierissimo combattimento pure come sopra, nel qual tempo il sole tramonta all'occaso, restando la scena oscurissima)
PINDORO
Fermatevi, o guerrieri:
sete con pari onor: ambo possenti.
Dunque cessi la pugna, e non sian rotte
le ragioni, e 'l riposo de la notte.
(entrati nel mezzo li due padrini frastornano la battaglia)
ARGANTE
A me per ombra oscura
la mia battaglia abbandonar non piace
ben avrei caro il testimon del giorno,
ma che giuri costui di far ritorno.
TANCREDI
Il giuro: e tu prometti
di tornar rimenando il tuo prigione?
Perch'altrimenti non fia mai, ch'aspetti
per la nostra contesa altra stagione.
ARGANTE
Verrò quando t'aggrada, e trarrò meco
il prigionier latino.
PINDORO
Udite: e questi
sia 'l termine prefisso, al nostro giorno.
Farà ciascun alla tenzon ritorno.
TANCREDI
Intesi.
ARGANTE
Intesi.
PINDORO
Allora
apparirete in campo,
ch'apparirà dai lidi Eoi l'aurora.
TANCREDI
Febo tu, che varchi il polo
fa' più rapido il tuo corso:
e sferzando ad Eto il dorso
tutto il ciel passa in un volo.
(parte con i suoi dallo steccato)
ARGANTE
Alba tu, ch'arrechi il giorno
più del solito t'affretta:
e svegliando il lume in fretta
porta il dì dell'ombre a scorno.
(entra coi suoi nella città, conducendo seco Ottone prigioniero)
Stanze di Clorinda alla turchesca contigue a quelle d'Erminia, coll'armatura della stessa Clorinda appesa in alto.
Erminia agitata.
Luci mie che vedeste?
Vedeste il fier Argante
a vibrar i suoi colpi
contro il sen di Tancredi,
di quel Tancredi oh dio,
che fu sempre il mio ben, l'idolo mio.
Crudo ferro dispietato
in altrui me pur feristi,
tante piaghe in sen m'apristi,
quante fur nel seno amato.
(si ferma a guardare l'armatura di Clorinda, poi chiama il suo scudiero)
Alindo, ed Erminia.
ALINDO
Mia signora.
ERMINIA
Quelli che in alto miri
prendi di guerrieri arnesi.
ALINDO
Spoglie son di Clorinda.
ERMINIA
Prendile, e ne' miei tetti
recale senza indugio.
ALINDO
Per qual fine?
ERMINIA
Ubbidisci.
ALINDO
Ah forse tenti
uscir tu pur in campo
a singolar certame?
ERMINIA
Non più.
ALINDO
Pronto eseguisco,
ma per me di Bellona
non ti consiglio all'arte;
abile ti dimostri.
Alle guerre d'amor, più che di Marte.
(prende la suddetta armatura, e la porta nelle stanze d'Erminia)
Erminia sola.
A momenti saprai
ciò, che volge l'idea: sotto quell'armi
di Clorinda in sembianza,
penso tentar la fuga, e già ch'appresi
qual più segreta sia virtù dell'erbe
per sanar ogni piaga,
voglio, di propria mano, alle ferute
del mio caro signor recar salute
Ti vengo a risanar
o piaga del mio cor.
Viva piaga,
che m'impiaga
co' le piaghe del dolor.
Clorinda con sembiante allegro, e Ismeno.
CLORINDA
È dunque, o Ismeno dunque
Argante vincitor.
ISMENO
Trasse in catena
il fier Ottone, e vi trarrà fra poco
anche Tancredi avvinto.
CLORINDA
Colui, che volontario
cader volea già per mie mani estinto.
ISMENO
Narrami, se tu 'l sai come, e in qual
parte ei di te divenne amante?
CLORINDA
Ignoro
il sito, e 'l tempo solo
io ti dirò, che nel pugnar rimasi
senz'elmo un giorno in capo: allora in vece
di ferirmi ferito: in tali accenti
proruppe, e disse: o tu che mostri avere
per nemico me sol fra turbe tante
usciam di questa mischia: ed in disparte
io potrò teco, e tu meco provarte.
ISMENO
V'andasti?
CLORINDA
Di repente già recata
in atto di battaglia
ferma, o donna soggiunse, e siano fatti
anzi la pugna, della pugna i patti.
ISMENO
Curioso successo!
CLORINDA
Odi, e stupisci:
i patti sian, che se non vuoi tu pace
tu qui mi tragga il core
il mio cor, non più mio,
già tuo gran tempo, e tempo è ben che trarlo
omai tu debba, e non debb'io vietarlo.
ISMENO
O gran forza d'amor!
CLORINDA
Seguì, dicendo
ecco io chino le braccia. E t'appresento
senza difesa il petto: or che no 'l fiedi?
Vuoi ch'agevoli l'opra?
Trarrommi anco l'usbergo; e se 'l traea,
ma calca l'impedisce intempestiva,
e de' nostri, e de' suoi, che sopravviva.
ISMENO
Intesi.
CLORINDA
In quell'istante
un colpo riparò, che forse forse
il capo mi fendea, ma vi frappose
agile il forte acciar, seguendo irato
la traccia di colui,
che da tergo io passando alzò la mano,
né ti so dir se lo seguisse invano.
ISMENO
Pago son del racconto: or che dobbiamo
noi far in pro dell'assediate mura?
CLORINDA
Vi penserò.
ISMENO
T'è noto
ch'all'esercito franco
il famoso Idraote
già col mezzo d'Armida
scemò le forze.
CLORINDA
Al suo total eccidio
emolo a quel gran mago,
tu pur macchina frodi.
ISMENO
Io tosto volo
in sotterraneo speco
a disserrar con questa
verga fatal, che stringo
le carceri d'abisso, e far, che Pluto,
serva vassallo al cenno mio temuto.
Lego, e sciolgo a mio talento
tutti i demoni d'Averno:
con mirabile portento
posso trar quassù l'inferno.
Clorinda sola.
A che t'accingi
in favor di Giudea? Due gran pensieri
m'ingombrano la mente: uno che deve
celarsi alquanto, e l'altro
palesarsi a momenti:
saran degni d'applauso ambo i cimenti.
La tromba della fama
per me risonerà:
e tutto l'emisfero
di giubilo guerriero
ripieno echeggerà.
Finimento di selva con luna piena, picciola collinetta da una parte; padiglioni cristiani dall'altra in lontananza.
Erminia vestita coll'armatura di Clorinda, ed Alindo suo scudiero.
ALINDO
Siam giunti ove imponesti.
ERMINIA
Odi, o mio fido:
mio precursor esser devi: al campo
vattene frettoloso, e fa', ch'alcuno
a Tancredi ti guidi
a cui dirai, che donna a lui ne viene
che gli apporta salute, e chiede pace,
pace poscia, ch'amor guerra mi move,
ond'ei salute, io refrigerio trove.
ALINDO
Ardi tu di Tancredi? E la tua fiamma
s'estende anco a' nemici?
ERMINIA
Ardo, e l'ardore
gran tempo è già che mi consuma il core.
ALINDO
Stupido ne rimango.
ERMINIA
Avverti bene
di non scoprir, ch'io sia, ma che sicura
in poter di tal prence
vivo dell'onor mio:
di', sol questo a lui solo, e s'altro chiede
di' non saperlo.
ALINDO
Ecco do l'ali al piede.
(s'incammina frettoloso verso il campo cristiano)
Erminia sola.
Arde purtroppo è ver, arde il mio core
e d'un ardor sì fiero,
ch'il Mongibello intero
sembra fatto di ghiaccio a tant'ardore.
Incauta: e qui rimango
sotto il lucido usbergo
di Cinzia esposta al raggio? Entro la selva
meglio sia ricovrarsi.
(va per entrare nel bosco)
Ma lusingami oh dio
il vicin colle a vagheggiar da lunge
gl'alberghi del mio sol: rapido il guardo
per momenti v'ascenda.
(va sopra della detta collina)
O belle agl'occhi miei tende latine
aura spira da voi, che mi ricrea
qualche onesto riposo
concedessemi pur il ciel amico,
come in voi solo il cerco, e solo parmi
che pace trovar possa in mezzo all'armi.
Quella pace io vo cercando,
che dà pace a un vero amor.
Baci onesti, onesti amplessi
sono i leciti riflessi,
che fan star in smania il cor.
Ma quali ad assalirmi
escono dagl'agguati aste nemiche?
Misera Erminia: dove
posso trovar lo scampo?
Qui dentro il folto bosco
imiterò nella sua fuga il lampo.
(discende frettolosa, e fugge nella selva, nel qual tempo le vien lanciata un'asta da soldati cristiani, che l'inseguono nella selva)
Alindo, che ritorna dal campo.
ALINDO
Erminia, eccoti Alindo
con felice risposta.
Ma dove sei? T'ascondi
forse per ischernirmi? Eh via che questo
non è tempo di gioco: esci che lieto
il principe Tancredi
s'invia per incontrarti:
Erminia, Erminia: ohimè, comincia il core
a temer di sciagure: un'asta infranta
miro nel suol, e nell'orror del bosco,
parmi udir le tue strida: o ciel! O sorte!
Troppo sia ver: ah teco
mi sia comune o libertade, o morte.
(denudata la sciabola entra per soccorrerla nel bosco)
Tancredi agitato parlando con molti Soldati cristiani.
TANCREDI
A qual di voi poss'io
fede prestar sicura? A un tempo istesso
affermate discordi,
esser quella che fugge
Clorinda, e non Clorinda;
onde a mie giuste furie,
pronte ad uscir dal seno
chi di stimolo serve, e chi di freno.
Son da venti contrari
come nave agitata in mezzo al mar.
Costretta in un istante
sull'onda fluttuante
ora l'orto, or l'occaso a riguardar.
S'ella è Clorinda a me venia cortese
e in periglio è per me ma non può darsi
che sia Clorinda: che non vuol ragione
ch'ella, ch'è duce, e non è sol guerriera
elegga per uscir tale stagione.
Per qual fine però piacque al suo messo
celarmi il di lei nome? Ah che di novo
con più forza, nel petto,
che sia l'idolo mio cresce il sospetto.
Ritornate alle tende
lasciatemi qui solo.
(partono i soldati)
Voglio segreto amante
l'orme tracciar della fugace a volo.
Verso dove pupille adorate
v'aggirate co' vostri splendori.
Quel cammino ch'errando voi fate
insegnate a' miei crudi dolori.
Vallo fuori della città di Gerusalemme con picciola collinetta nel mezzo, sotto di cui vedesi la spelonca d'Ismeno, e da una parte padiglioni cristiani in lontananza.
Argante, e suo Araldo.
ARGANTE
Veloce, o fido araldo
vattene al campo, e la fatal tenzone
nuncia a colui, che vuol provarla: aggiungi
al suo signor, ch'il tuo signor include
Tancredi pria, né però gl'altri esclude.
Mentre l'Araldo s'invia verso il campo cristiano viene arrestato da Clorinda seguìta da molti soldati Turchi conducendolo ad Argante.
CLORINDA
Ferma, ferma le piante: ah se t'è cara
la salute del regno,
Argante, unica speme
dell'afflitta Giudea fa' ch'in tua vece
nell'azzardo io subentri
della guerra imminente.
(È questi un de' pensieri,
che m'ingombrò la mente.)
ARGANTE
Come vuoi, ch'io rinunci
valorosa Clorinda
gl'obblighi di mia spada
al braccio tuo?
CLORINDA
Perché fortuna avversa
invida di tue glorie, oggi potrebbe
farti perir, e nel perir d'un solo
perir tutta Sion: pensa al mio duolo.
ARGANTE
Mi verrà dalla sorte
anzi l'allor, non ch'il cipresso offerto.
CLORINDA
L'esito delle pugne, è sempre incerto.
ARGANTE
Opri il ciel a sua voglia: ho patto espresso
di pugnar con Tancredi, e con Tancredi
oggi pugnar vogl'io: lascia del messo
il piede in libertà.
CLORINDA
Vada.
(parte l'araldo)
ARGANTE
Mi basta,
che tu l'ordine adempia
d'Aladino il monarca: a mezzo il colle
fermati coraggiosa.
CLORINDA
Ah duce.
ARGANTE
Parti.
CLORINDA
Parto, ma coll'affanno,
che del grave periglio
non ti possa sottrar il mio consiglio.
Mi palpita nel seno
intimorito il cor.
E parmi, che vicina
predica alta ruina
un simile timor.
(va con tutti li saraceni ad occupare l'accennata collinetta)
Argante, e Clorinda in lontananza.
ARGANTE
Il timor di Clorinda
zelo è del comun bene: io però fermo
nel primiero coraggio
combatterò senza temer oltraggio.
Ardirei con Marte istesso
di pugnar in aspra guerra:
scenda pur s'ei vuol in terra,
e vedrà chi cade oppresso.
Ma già dal campo ostile
giungono in molta copia
armati duci, parmi
di non veder Tancredi: o gente invitta
o popolo guerriero, e dove giace
il gran terror dell'armi? Aspetta forse
la notte, ch'altre volte a lui soccorse
vengh'altri s'egli teme
venite insieme o cavalieri, o fanti,
che tutti i vostri acciari
a combatter col mio non son bastanti.
Raimondo seguìto da lunga schiera di Capitani, ed altre Milizie precorso dall'Araldo d'Argante.
RAIMONDO
Ecco solo Raimondo
a punir tant'audacia: se non miri
quel, che tu cerchi, è per tua sorte altrove:
non superbir però, che s'egli manca,
io di lui posso sostener la vice,
o venir come terzo a me qui lice.
ARGANTE
Che fa dunque Tancredi?
Minaccia il ciel co l'armi, e poi s'ascende?
Ma fuga pur nel centro, o in mezz'all'onde,
che non v'è loco, ove sicuro il lasci.
RAIMONDO
Menti, nel dir, che uom tale
fuga da te, ch'assai di te più vale.
ARGANTE
Esci dunque alla pugna
tu che tanto l'esalti,
che volentieri in vece sua t'accetto.
Pagherai colla morte
l'alta follia del temerario detto.
(segue il duello fra Raimondo ed Argante a cui cade la spada di mano)
CLORINDA
O famoso Oradin tosto dall'arco
scaglia dardo omicida,
ch'in pro d'Argante il suo rival uccida.
(uno dei turchi ferisce dalla collina con una saetta Raimondo nel petto)
RAIMONDO
Quai tradimenti? Allora
che disarmato il braccio
in periglio di morte
te qui riduci: insidiatrice arriva
punta di turco strale
a trafiggermi il sen? Perfido Argante
così dunque permetti
che sia rotta la fé? Su prodi amici
tutte per vendicarmi
l'ire vostre accendete: all'armi, all'armi.
Col sangue si lavi
la macchia del sangue.
Se nobile petto
non mostra coraggio,
la nascita è un raggio
di gloria, che langue.
Segue fierissimo combattimento, nel quale piegando sul principio li Saraceni, escono dalla grotta d'Ismeno molti Spiriti, che volando in aria risvegliano improvvise tempeste, le quali tutte vanno a ferire nella faccia a' Cristiani necessitati a ritirarsi sin dentro della scena, dove supponesi che maggiormente s'infierisca la battaglia.
Ismeno uscito dalla spelonca.
A tempo in questa grotta
sciolsi i magici carmi: io fui, che diedi
a demoni l'impulso,
all'acqua, al vento, alle tempeste il moto,
a cui severo imposi
ferir negl'occhi i Franchi: ora mi porto
del felice successo.
A ragguagliarne la cittade i nostri
restate in ciel finché l'impongo, o mostri.
Non osate di partir
o, ch'al rigido martir
il martir v'accrescerò.
Delle fiamme che provate
nove fiamme più spietate
contro voi destar saprò.
Clorinda, ed Argante ritornano co' la lor Gente verso le mura di Gerusalemme.
CLORINDA
Al torrente dell'armi
che sgorga impetuoso
dalle tende latine
più non possono in campo
far argine le nostre.
ARGANTE
Il ritirarsi
quando l'urgenza lo richiede: al duce
lode acquista non biasmo.
CLORINDA
Oggi tu fosti
Argante in gran periglio:
in avvenir ti renda
più cauto il mio consiglio.
ARGANTE
Le funeste memorie
seppelliscansi in Lete.
CLORINDA
Or va': conduci
nella città le squadre, a cui di scorta
io servirò.
ARGANTE
Non pensi già Goffredo,
ch'al tuo partir, al mio,
la vittoria sia sua: scorge ben egli;
che se dentro le mura
riedono lassi i Saraceni, e stanchi
restan nel vallo, e sbigottiti i Franchi.
Non ancora decise il fato
chi sia vinto, o vincitor.
La fortuna s'innalzò
sovra il campo, e rimirò
a pugnar con pari onor.
Clorinda sola.
Sotto l'ombra notturna, alfin risolvo
di voler coraggiosa
ardere la nemica
torre ch'un dì mirai.
Questi è l'altro pensier, che meditai.
O morir, o trionfar.
Con sì nobile pensier,
il sentier
della gloria io vo' calcar.
Ballo di Spiriti, che poi volano per aria.
Prato fiorito, dove passa il fiume Giordano con platano sulla riva.
Pastore, che guida al pascolo la greggia, seguito da tre Fanciulli.
PASTORE
Qui dove il bel Giordano
co' la sponda fiorita
chiama al pasco la greggia, or noi dobbiamo
figli arrestar il piede,
e far di questa pianta
per il nostro lavoro ombrosa sede.
(siede con i fanciulli sotto il platano a lavorar cestelle. Fanciulli cantando a suono di flauti)
PASTORE
Chi s'adatta alla fatica
l'ozio insieme, e 'l vizio uccide:
neghittoso il forte Alcide
oscurò la gloria antica.
Erminia, e detti.
ERMINIA
(Da qual in riva al fiume
chiaro suono improvviso,
che sembra, ed è di pastorali accenti
son rotti i miei lamenti.)
(seguono i fanciulli come sopra)
ERMINIA
Chi seguace è del riposo
l'ozio insieme, e 'l vizio pasce:
ben sovente, il mal che nasce
sta dell'ozio in sen nascoso.
(Ora compresi il vero: intento osservo
omo d'età canuta
tesser fiscelle alla sua greggia accanto,
ed ascoltar di tre fanciulli il canto.)
PASTORE
Fuggiam.
(balza in piedi prendendo per mano li detti fanciulli)
ERMINIA
Ferma: fermate:
non v'ingombri timor, che sotto l'elmo
fronte amica s'asconde.
(s'alza la visiera)
Seguite pur avventurosa gente
al ciel diletta, il bel vostro lavoro,
che non portano già guerra quest'armi
all'opre vostre, ai vostri dolci carmi.
PASTORE
Il bellicoso aspetto
insolito fra noi, signor'infuse
terror nell'alma.
ERMINIA
Padre, or che d'intorno
alto incendio di guerra arde il paese,
come qui state in placido soggiorno,
senza temer le militari offese?
PASTORE
Figlio dirò che d'ogn'oltraggio, e scorno
la mia famiglia, e la mia greggia illese
sempre qui fur: né strepito di Marte
giammai turbò questa remota parte.
ERMINIA
O felice povertà!
Vero albergo della gioia:
sta la noia,
dove sol grandezza sta.
PASTORE
Felice sì, perché felice è reso
chi di lei si contenta.
ERMINIA
Oh potess'io
teco goderla insieme:
se però nel tuo cor pietà risiede,
pietade oggi ti mova
delle miserie mie.
PASTORE
Che brami?
ERMINIA
Accogli
me pur, che te ne prego
nel tuo medesmo tetto.
PASTORE
Volentieri t'accetto.
ERMINIA
Che se di gemme e d'or, ch'il volgo adora
sì com'idoli suoi tu fossi vago,
potresti ben tante n'ho meco ancora
rendere il tuo desio contento, e pago.
PASTORE
Senza mercede alcuna
ospite mi sarai: ma qual ti punge
stral di sì fiera doglia?
ERMINIA
Altrove i' serbo
di narrar mie sventure:
guidami al tuo soggiorno; ivi udirai
forse non senza pianto
ciò, che d'udir non crederesti mai.
Nell'udir mie doglie asprissime
è impossibile a non piangere.
Se le rupi anco durissime
han vigor di poter frangere.
(presa per mano dal pastore parte con i di lui fanciulli)
Castello d'Armida posto in mezzo d'un lago con ponte levatoio, quale s'abbassa al suono d'un Corriero, ch'arriva.
Tancredi, e Corriero.
TANCREDI
Dunque di Boemondo sei tu messaggio?
CORRIERO
Io sono: e là m'invio
dove in fretta corriero egli m'ha spinto.
TANCREDI
(Non credo mai che servo
del mio gran zio nel favellar sia finto.)
CORRIERO
Quando latin sia tu, qui far soggiorno
potrai signor infin ch'il sol rimonte,
che questo loco, e non è 'l terzo giorno
tolse a' pagani di Cosenza il conte.
(entra per il ponte del castello)
TANCREDI
Opportuno è il consiglio: ecco m'accingo
a seguir l'orme tue: ma dove incauto
lascio condurmi? Ah ch'in magion, sì forte
potrebbe in qualche inganno
farmi cader costui,
e sotto un falso invito
rendere fraudolenti i detti sui.
Non m'arresto però, che ad ogni rischio
son per long'uso avvezzo,
e più grande, ch'egli è più lo disprezzo.
(denuda la spada)
Col fulmine guerrier,
ch'audace impugnerò
l'aspetto benché fier
di morte atterrirò,
sì, ch'orrore
nel suo core
di spavento infonderò.
(va per salire sul ponte)
Alindo frettoloso, e Tancredi.
ALINDO
Signor, signor, deh ferma il piè soltanto
che brevi accenti ascolti.
TANCREDI
Chi sei? Da me che chiedi?
(torna alquanto indietro)
ALINDO
(Astri che miro!)
TANCREDI
(Il messo di Clorinda?)
ALINDO
Tancredi tu?
TANCREDI
Son io: dove lasciasti
l'amata diva?
ALINDO
Appunto
qui mi trasse anelante
per averne contezza.
TANCREDI
È pur Clorinda
quella, che fugge?
ALINDO
È dessa (a lui m'impose
di non scoprirla Erminia).
TANCREDI
Invan finora
corsi la selva tutta
per rintracciarla.
ALINDO
Io la smarrii nel bosco
dopo quasi raggiunta.
TANCREDI
Ove? In qual parte?
ALINDO
Assai lungi da noi.
TANCREDI
Notte importuna:
perché sì di repente
uccidesti la luce? Era fors'anco
l'adorata mia vita
in periglio di morte?
ALINDO
Ancor'esposta
al cacciator la belva.
TANCREDI
Ah se fia vero,
ch'oltraggiata ne sia, giura Tancredi,
farsi cader l'oltreggiator a' piedi.
ALINDO
Ah mira, mira.
TANCREDI
E quale
armato cavalier, feroce in vista
ver me discende? E d'improvviso lume
splende il castel d'intorno!
ALINDO
Rinato par di mezzanotte il giorno.
S'illumina il castello con cielo stellato, e macchina, nella quale sta rinchiusa Armida invisibile.
Rambaldo co' la visiera calata discende dal ponte con spada ignuda nella destra.
RAMBALDO
O tu che siasi tua fortuna, o voglia
al paese fatal d'Armida arrive
pensi indarno al fuggir: or l'armi spoglia
e porgi ai lacci suoi le man cattive,
ed entra pur nella guardata soglia
con quelle leggi, ch'ella altrui prescrive,
né più sperar di riveder il cielo
per volger d'anni, o per cangiar di pelo.
ALINDO
(Ch'ascolto mai?)
TANCREDI
Tristo Rambaldo all'armi
ti conobbi, e alle voci:
quel Tancredi son io, che tue minacce
rintuzzerò col ferro: e se tu fosti
rubello al ciel in commutar protervo
con quella de' pagani
la vera fé forse dal ciel eletta
ora è mia destra a far in te vendetta.
RAMBALDO
(Tancredi? Ohimè ch'intesi: e pur m'è forza
celar la tema) or come
misero vieni ove rimanga ucciso?
Qui saran le tue forze oppresse, e dome,
e questo altero tuo capo reciso,
e manderollo ai due Franchi in dono
s'altro da quel soglio oggi non sono.
(segue fiero duello fra Tancredi, e Rambaldo, il quale vedendosi in pericolo d'essere ucciso fugge nel castello, rimanendo estinti tutti i lumi)
TANCREDI
Così mi tronchi il capo?
Così lo mandi in dono
ai duci Franchi? Empio tu fuggi? E chiami
le tenebre in soccorso? O vile: e queste
son le prodezze tue? Questi tuoi vanti?
Per sottrarti alla morte
in mancanza d'ardir usar gl'incanti?
ALINDO
Sparir le faci, ed ogni stella insieme
né più rimane all'orba notte, alcuna
sotto povero ciel luce di luna.
TANCREDI
Il lampo dell'acciar almen potesse
fra le dense caligini notturne
in traccia dell'indegno
servir al piè di guida.
(lo va cercando per la scena)
ARMIDA
(voce in alto)
Lo cerchi invan sei prigionier d'Armida.
(Tancredi resta fra i lacci d'un invisibil prigione)
ALINDO
Fuggi signor.
TANCREDI
Me 'l vieta
d'invisibil catena
forza non conosciuta: ah troppo è vero
in carcere son io.
ALINDO
Affé mi trovo in libertade: addio.
(fugge)
Tancredi solo.
O amor! O sorte! O mia sciocchezza! O frodi
previste, e non credute! Io stimo lieve
la perdita del sol, quella m'è grave,
che di più dolce vista
e sol più vago assai, poiché di lui
con perpetuo rancor privo rimango:
Clorinda ah sì, che tal sciagura io piango.
Ma l'obbligo d'Argante,
ch'appunto or mi sovviene:
ah troppo, troppo al mio dover mancai.
È ben ragion, ch'egli mi sprezza, e scherna,
o mia gran colpa, o mia vergogna eterna.
Meglio pur sarebbe, o stelle
non lasciarmi in vita più.
Che la vita a un infelice
è peggior di morte assai,
col morir han fine i guai,
e col vivere giammai
esce il duol di schiavitù.
(uscite guardie dal castello, lo conducono in esso prigione)
Sala d'armi.
Clorinda, vestita d'armi lugubri, ed Argante.
ARGANTE
A le spoglie funeste,
che rugginose, e nere
ti circondano il sen, vieppiù m'accerto,
che tu pensi notturna
ir tra feri nemici
ad ardere la torre.
CLORINDA
Io vo', che questo
effetto segua, il ciel poi curi il resto.
ARGANTE
Di ferro, e face armato
m'avrai compagno.
CLORINDA
Ah non fia ver, ch'esposta
a sì gran rischio io vegga
l'anima dell'impero:
serbisi a miglior d'uopo un tal guerriero.
ARGANTE
Tu là n'andrai Clorinda, e me negletto
qui lascerai fra la volgare gente?
E da sicura parte avrò diletto
mirar il fumo, e la favilla ardente?
No, no, se fui nell'arme a te consorte
esser vo' nella gloria, e nella morte.
CLORINDA
Argante, ah ti sovvenfa
del trascorso periglio.
ARGANTE
Ho core anch'io, che morte sprezza, e crede
che ben si cambi coll'onor la vita.
CLORINDA
Ben ne festi signor eterna fede
con quella tua sì generosa uscita,
pur'io femmina sono, e nulla riede
mia morte in danno alla città smarrita
ma se tu cadi, tolga il ciel gl'auguri
chi vi sarà che più difenda i muri?
ARGANTE
Farmi cangiar pensier
tu non potrai giammai:
costante mi vedrai
nel primo mio voler.
CLORINDA
Al folle tuo desir
giammai mi piegherò.
Costante abbatterò
la forza dell'ardir.
Ismeno, e detti.
ISMENO
Qual contesa è fra voi?
ARGANTE
Vieta Clorinda che seco alla grand'opra
d'ardere la nemica eccelsa mole
esca notturno in campo.
CLORINDA
Per vietar, che di morte
ei non incontri il periglioso inciampo.
ISMENO
Lode merta il tuo zel, ma tu non devi
opporti al tuo sovrano.
ARGANTE
S'opponga pur, ch'ella s'oppone invano.
ISMENO
Sappi, ch'in questo punto
dal monarca Aladino ottenne Ismeno
che potesse il gran duce
seguirti all'alta impresa.
CLORINDA
M'inchino al regio cenno: andianne dunque,
andianne Argante insieme.
ISMENO
Attender piaccia
o voi, che uscir dovete ora più tarda
finché di varie tempre un misto in faccia,
ch'alla macchina ostil, s'appigli, ed arda.
Forse allora avverrà, che parte giaccia
di quello stuol, che la circonda, e guarda.
ARGANTE
Saggio parmi il consiglio, e sarà bene
che stanchezza maggior il sonne allette.
CLORINDA
Il tutto approvo.
ISMENO
In sua magion ciascuno
aspetti il tempo al gran fato opportuno.
CLORINDA
Nel mio sen con gran contento
sento l'anima a brillar.
E tal gioia mi predice,
che felice
potrò l'esito sperar.
Argante, ed Ismeno.
ARGANTE
Pari a quel di Clorinda, anch'io nel petto
sento un giubilo immenso.
ISMENO
E pari a lei
devi sperar'Argante
esito fortunato.
ARGANTE
Non può tradir le mie speranze il fato.
In grado di schiavo
mi serve il destin.
Lo posi in catena
un giorno pugnando
costretto al mio brando
dover con sua pena
arrendersi alfin.
Ismeno.
Di Clorinda, e d'Argante
seguirò le vestigia,
per istigar più forte
quella virtù, che per sé stessa corre
e porger lor di zolfo, e di bitumi
due palle, e in cavo rame ascosi lumi.
Alla fama de' nemici
forse l'ale tarperò:
né sì rapida e leggera
a volar di schiera in schiera
trionfante io la vedrò.
Loco delizioso con piante di faggi, ed allori, ed albergo rusticale.
Erminia, che viene danzando con altre Pastorelle.
ERMINIA
Qui dilette compagne
l'incominciate danze
proseguite fra voi: che stanca omai
son d'intrecciar carole:
(il dolce nome intanto
segnerò di Tancredi
né la scorza de' faggi, e degl'allori,
e tutti gl'aspri casi
de' miei sì lunghi, ed infelici amori).
Co' la punta di questo strale
le mie piaghe rinnoverò,
e per balsamo al crudo male
meste lacrime io spargerò.
Mentre eseguono la danza Erminia va incidendo nel tronco degli alberi il nome di Tancredi, e le di lei disavventure; terminato il ballo le pastorelle chete, chete si portano ad osservare l'operazione d'Erminia, quale così:
ERMINIA
In voi, in voi serbate
questa dolente istoria amiche piante.
Perché se fia ch'alle vostr'ombre grate
giammai soggiorni alcun fedele amante
senta svegliarsi al cor dolce pietate
delle sventure mie, sì varie, e tante,
e dica, ah troppo ingiusta, empia mercede
diè fortuna, ed amor a sì gran fede.
Sopraggiunge Alindo, al di cui arrivo le Pastorelle fuggono.
ALINDO
(Questa se non traveggo
Erminia parmi.)
ERMINIA
Ove fuggite?
(voltandosi alle pastorelle)
ALINDO
(È dessa.)
Erminia.
(la prende per un braccio)
ERMINIA
O fido Alindo,
o sospirato servo, e qual fortuna
ti rende agl'occhi miei?
ALINDO
Mi trasser qui per lor pietà gli dèi.
ERMINIA
Che fa Tancredi?
ALINDO
Ei giace
d'Erminia prigionier.
ERMINIA
Come?
ALINDO
Nel mentre
ti cercava anelante
per sottrarti alle furie
delle spade latine, egli rimase
in poter di colei, ch'ora t'espressi.
ERMINIA
O sinistri successi!
ALINDO
Ma con quai spoglie?
ERMINIA
Intenderai fra poco
tutte le mie sventure:
seguimi tosto.
ALINDO
Dove?
ERMINIA
Ad impetrar disciolta
la libertà del piè.
ALINDO
Scusami, che colà non torno affé.
ERMINIA
La cagione?
ALINDO
Pavento
della maga gl'incanti.
ERMINIA
Eh che non scuote
ella contro de' nostri
la sua verga fatal: vieni: discaccia
dal timido tuo core
ogni viltà.
ALINDO
Sia maledetto amore.
ERMINIA
Mi par, che la speranza
mi venga a consolar,
e dica alla costanza
che soffra il suo penar.
Campo cristiano con torre militare sopra cui vi sono le Guardie, e Soldati che dormono a piè di quella. Raimondo, che viene al campo con Tancredi, e tutti li Capitani, che furono prigionieri d'Armida, liberati da Rinaldo.
RAIMONDO
Di Rinaldo al valor tutti dovete
dunque la libertà?
TANCREDI
Disciolse il prode
co' la sua spada
quell'indegne catene,
che per legge d'Armida
ci guidavano schiavi al re d'Egitto.
RAIMONDO
O sempre grande, o sempre duce invitto:
ma tu brevi momenti
fosti suo prigioniero.
TANCREDI
Non rimasi fra ceppi un giorno intero.
RAIMONDO
Vedesti in qual periglio,
ti pose amor?
TANCREDI
Per liberar dal suo
Clorinda, che fuggia
la spada assalitrice
di Poliferno indegno.
RAIMONDO
Perdonami Tancredi
era giusto il suo sdegno.
TANCREDI
Perché?
RAIMONDO
Gli uccise il padre.
TANCREDI
E giusta ancora
era la mia difesa.
RAIMONDO
Perché?
TANCREDI
Di questo core
ella signora è resa.
RAIMONDO
Né t'arrossisti, o prence
di vantarti soggetto
a una beltà nemica, e che professa
varia da te la fede?
TANCREDI
Merto che non ha pari in lei risiede.
RAIMONDO
Scotiti dal letargo, e ti rammenta
chi fosti, ed or chi sei.
TANCREDI
Eterni le donai gl'affetti miei.
RAIMONDO
Ti rampogna Goffredo,
se ne querela il campo,
ognun l'error detesta,
e in me per il gran zelo
dell'onor tuo confusion si desta.
TANCREDI
Raimondo è già la notte
troppo avanzata omai: chiama le luci
a darsi in preda al sonno.
RAIMONDO
Intendo, aborri
d'udir le voci mie.
TANCREDI
Riedi alle tende.
RAIMONDO
Oltre che ti fe' cieco,
sordo pur'anco il dio d'amor ti rende.
Aspe, e talpa è il dio d'amor,
aspe, e talpa ancor sei tu.
Tu non vedi il tuo periglio,
tu non odi il mio consiglio,
così vivi in doppio error,
senza un raggio di virtù.
Tancredi, e li Compagni.
TANCREDI
È seguace costui
della rigida antica disciplina
amici ite al riposo: io qui d'intorno
investigar desio
ciò, che fece il destin dell'idol mio.
Stelle se mai crudeli
voi foste col mio ben vi pentirete:
che s'uccideste il sol
sarà con vostro duol
poiché luce da lui più non avrete.
Clorinda, e Argante con chiusi lumi nella destra seguiti da Ismeno.
CLORINDA
Eccoci omai vicini
alla macchina eccelsa.
ARGANTE
Si avanzi il passo ardito.
ISMENO
Piano, che non si desti
stuolo guerrier qui nell'oblio sopito.
CLORINDA
Destisi il campo tutto
io non m'arretro.
ARGANTE
A sostener l'intero
formidabile assalto
dell'esercito franco
basta solo l'acciar, ch'io cingo al fianco.
GUARDIA
(dall'alto)
Olà, chi fra quest'ombre
cheto s'aggira? Il nome?
ISMENO
Ohimè, la guardia
a noi dimanda il segno.
CLORINDA
L'avrà dall'ira mia.
ARGANTE
L'otterrà del mio sdegno.
ISMENO
Scoprite i chiusi lumi e la favilla
tosto s'accenda all'accensibil esca.
CLORINDA
Seguimi Argante.
ARGANTE
Pronto.
ISMENO
O come al par del vento
la generosa copia
vola ad arder la torre:
già s'adatta all'impresa: il foco acceso
serpe già da più lati, e già già folto
turba il fumo alle stelle il puro volto.
GUARDIA
All'arme, all'arme.
CLORINDA
Eh che non giova, o folli
il chiedere soccorso.
ARGANTE
Invan tentate
di rintuzzar la fiamma.
ISMENO
Ecco di spade
un nembo, che ver noi
scagliasi furibondo.
CLORINDA E ARGANTE
Dissiparlo saprem.
ISMENO
Io qui m'ascondo.
(si ritira, spuntano soldati con l'armi ignude)
CLORINDA
Chi s'avanza perirà.
(uccide un soldato)
ARGANTE
Chi s'inoltra caderà.
(n'uccide un altro)
CLORINDA
Tu già spiri al suol esangue.
ARGANTE
Tu già versi l'alma, il sangue.
CLORINDA
E ciascun vi spirerà.
ARGANTE
E ciascun lo verserà.
(Argante, e Clorinda danno la fuga agl'altri soldati)
Torna Ismeno impaurito.
Dov'è Clorinda? Dove
l'invitissimo Argante: ah teme Ismeno
qualche fatal sciagura.
Se voi cadeste, o prodi
già la caduta è di Sion sicura.
Pensier, che dici al cor?
Rispondi, non tacer!
Deggio sperar o no?
Rispondi, ch'io no 'l so,
oppur dovrò temer.
Loco deserto.
Clorinda co' la visiera calata inseguita da Tancredi.
CLORINDA
Qual vicin calpestio
seguemi impetuoso?
(si volta)
O tu, che porte,
che corri sì, rispondi?
TANCREDI
E guerra, e morte.
CLORINDA
E guerra, e morte avrai, ch'io non ricuso
darlati se la cerchi.
(combattono insieme, dopo qualche spazio di tempo così Tancredi)
TANCREDI
Nostra sventura è ben, che qui s'impieghi
tanto valor, dove silenzio il copra
ma poiché sorte rea vien che ci neghi
e lode, e testimon degno dell'opra
pregoti se fra l'armi han loco i preghi
ch'il tuo nome, e 'l tuo stato a me discopra
acciò, ch'io sappia o vinto, o vincitore
chi la mia morte, o la vittoria onore.
CLORINDA
Seguane ciò che voglia, a me tu chiedi,
quel, ch'ho per uso di non far palese,
ma chiunque io mi sia, tu innanzi vedi
un di que' duo, che le gran torri accese.
TANCREDI
In mal punto il dicesti.
Il tuo dir, e 'l tacer di par alletta
barbaro discortese alla vendetta.
(tornato all'assalto, Clorinda viene ferita mortalmente da Tancredi)
CLORINDA
Amico, hai vinto: io ti perdon; perdona
tu ancora, al corpo no, che nulla pave
all'alma sì, deh per lei prega, e dona
alta virtù, ch'ogni sua colpa lave.
(cade per terra)
TANCREDI
(In queste voci languide risuona
un non so, che di flebile, e soave,
ch'al cor mi scende, ed ogni sdegno ammorza,
e gl'occhi a lacrimar m'invoglia, e sforza.
CLORINDA
Tronca, tronca, gl'indugi.
TANCREDI
Il piè veloce
accorre al vicin fonte.
(parte frettoloso a prender acqua)
CLORINDA
Non mi lasciar perir,
donami sì pietà.
Che l'anima in partir
dalla terrena salma
una più degna palma
in ciel riporterà.
Torna Tancredi coll'elmo pieno d'acqua.
TANCREDI
Eccomi pronto al grand'ufficio: i' sciolgo
con la destra tremante
la sconosciuta fronte. O ciel che miro!
Clorinda! Il sol ch'adoro! Io resto senza
e vita, e moto: ahi vista: ahi conoscenza.
Clorinda anima mia: ma già s'offusca
lo splendor de' bei rai: la man t'asperge
di salutifer'onda, e i mesti lumi
ti bagnano di pianto:
oh dio, la bella guancia
d'ogni color vivace
già già tutta si spoglia.
CLORINDA
Io vado in pace.
(spira affatto)
TANCREDI
In pace? E me tu lasci
Clorinda in aspra guerra? O fato avverso!
In qual gran duol è questo cor immerso!
Io vivo? Io spiro ancora? E gl'odiosi
rai miro ancor di quest'infasto die?
Di testimon de' miei misfatti ascosi
che rimprovera a me le colpe mie.
Ah man timida, e lenta or che non osi
tu che fai tutte del ferir le vie
tu ministra di morte empia, ed infame
di questa vita rea troncar lo stame?
Svenami
squarciami
barbara il cor.
Che non han gl'Ircani chiostri
fra i lor mostri
mostro no di me peggior.
Ma svenarmi non tenti
forse perché pietate
ora stimi il dar morte a' miei tormenti.
(giungono soldati cristiani)
Amici, ah già, ch'il fato
qui vi spinge opportuni: alle mie tende
deh traete vi prego
quella, che voi mirate
beltà da me trafitta.
O viso, viso, che puoi far la morte
dolce, ma raddolcir non puoi mia sorte.
(i soldati prendono sulle braccia Clorinda)
Belle, e care reliquie adorate
in eterno vi seguirò.
Vostre ceneri pregiate
nel mio sen seppellirò.
Ballo di soldati.
Suburbi di Gerusalemme.
Erminia, ed Alindo.
ERMINIA
No, che di me, le stelle
non videro giammai
donna più sventurata.
ALINDO
Ti concedeva Armida
Tancredi in libertà, ma che può farsi
s'a lei giungesti in tempo,
che spedito l'avea
fra schiavi al re d'Egitto.
ERMINIA
E tu m'esorti
a rinchiudere il passo
nel mio soggiorno antico?
ALINDO
Io ti consiglio al ben so quel che dico.
ERMINIA
Perché mi vieti Alindo
di seguir l'orme sue? Certa, ch'in dono
dall'egizio monarca
ottenuto l'avrei; mentr'ei fu sempre
al nostro scettro amico.
ALINDO
Io ti consiglio al ben, so quel che dico.
ERMINIA
Temi forse, o buon servo,
ch'in paesi lontani
malsicuro si trovi
l'onor del sen pudico?
ALINDO
Io ti consiglio al ben, so quel che dico.
ERMINIA
Narrami per qual fine
a me t'opponi?
ALINDO
Erminia
non ti voglio tradir: è d'altra bella
adorator Tancredi.
ERMINIA
Di chi mai?
ALINDO
Di Clorinda.
ERMINIA
Come t'è noto?
ALINDO
Andianne
al tuo real albergo, e la palesi
tali incendi farò.
ERMINIA
(Sorte, ch'intesi!)
Con quest'afflitto sen
sei pur tiranno amor.
Quando ti stancherai
di tormentarmi, di'?
Crudel ti sento sì,
che mi rispondi mai
che sempre vibrerai
contro di me rigor.
Argante, Ismeno piangendo, e detti.
ARGANTE
Alindo, e tu non piangi
di Clorinda la morte?
ISMENO
E come puoi
donna, nel comun pianto
tener asciutto il ciglio?
ARGANTE
(ad Alindo)
Piangi.
ISMENO
(ad Erminia)
Piangi, e da noi
ogn'aspetto di gioia abbia l'esilio.
ALINDO
Morta è Clorinda?
ARGANTE
Uccisa
dal barbaro Tancredi.
ERMINIA
(ad Ismeno)
Quando?
ISMENO
Non son momenti.
ALINDO
(ad Argante)
Dove?
ARGANTE
Vicino al campo.
ERMINIA
È questa certo
all'assediate mura
deplorabil sciagura.
ARGANTE
O di Gerusalem ciò che prometta
Argante, odi! Tu cielo, e s'in ciò manco
fulmina sul capo: alta vendetta
giuro di far nell'omicida franco
che per la costei morte a me s'aspetta.
Né questa spada mai depor dal fianco
infin ch'ella a Tancredi il cor non passi
e il cadavere infame ai corvi lasci.
Volo in traccia dell'infido
corro l'empio a trucidar.
O fortuna, se l'uccido
ti voglio ergere un altar.
Ismeno, e detti.
ISMENO
Spirò dopo la gloria
d'aver con face accesa
incenerita, ed arsa
de' nemici la torre: or perché questi
più non osino in campo
nova mole rifar: volo con fretta
a precluder del bosco
quel che da lor fu praticato ingresso
e vietar cogl'incanti,
ch'un sol ramo troncar non sia permesso.
Erminia, ed Alindo.
ERMINIA
Udisti Alindo?
ALINDO
Udii.
ERMINIA
Tancredi in libertà?
ALINDO
Per quanto espresse
ed Argante, ed Ismeno.
ERMINIA
Come poté quel prence
svenar crudele alla sua diva il seno?
ALINDO
Dirtelo non saprei.
ERMINIA
Voglio accertarmi.
ALINDO
Fermati dove vai?
ERMINIA
Del nemico fra l'armi.
ALINDO
E fermati.
ERMINIA
Invan resisti
del mio genio alla forza.
ALINDO
E che ti giova
benché fosse ciò ver?
ERMINIA
Per avvertirlo
dell'insidia d'Argante.
ALINDO
Un nemico al tuo affetto?
ERMINIA
Non seppe ancor, ch'io gli vivessi amante.
Quando saprà, ch'io l'amo
forse si cangerà,
e dando egli mercede
alla mia giusta fede
amato riamerà.
Loco, dove s'alza il sepolcro di Clorinda co' le di lei armi appese alla pianta d'un cipresso.
Tancredi, che viene a visitare il detto sepolcro.
Qui pur siete sepolte
ossa adorate, e care:
o sasso amato, ed onorato tanto,
che dentro hai le mie fiamme, e fuori il pianto
non di morte sei tu, ma di vivaci
ceneri albergo, ove è riposto amore
e ben sent'io da te l'usate faci
men dolci sì ma non men calde al core
deh prendi i miei sospiri, e questi baci
prendi, ch'io bagno di doglioso umore,
e dagli tu poiché io non posso almeno
all'amate reliquie, ch'hai nel seno.
(bacia il sepolcro)
Ma già l'afflitte luci
stanche dal lacrimar, chiedono ai sensi
qualche breve riposo
m'adagerò sul marmo
che tiene avaro il mio tesor nascoso.
(si pone a sedere sopra il sepolcro di Clorinda)
Già ch'il sonno, in tutto parmi
che di morte abbia l'imago;
sarei pur contento, e pago.
Qui dormir, senza destarmi
o soave, e dolce oblio
se dormisse per sempre il viver mio.
(s'addormenta)
Lo spirito di Clorinda sopra un gruppo di nuvole. Tancredi che dorme.
CLORINDA
Fuga il pianto, e torni il riso
sul tuo labbro a pullular.
Dolce nume, amato viso!
Da' l'esilio al lacrimar.
Mira come son bella, e come lieta
fe' del mio caro, e in me tuo duol accheta.
Tal i' son tua mercé: tu me dai vivi
del mortal mondo, per error togliesti
tu in grembo al ciel fra gl'immortali divi
per pietà di salir degna mi festi.
Quivi io beata, amando io godo, e quivi
spero, che per te loco anco s'appresti.
Ove al gran sol, e nell'eterno die
vagheggerai le sue bellezze, e mie.
Se tu medesmo non t'invidi il cielo
e non travii col vaneggiar de' sensi
vivi, e sappi, ch'io t'amo, e non te 'l celo
quanto più creatura amar conviensi.
Di te mio ben giammai
giammai mi scorderò;
discaccia pur la noia
e chiama in sen la gioia
ch'io t'amo, e t'amerò.
(sparisce)
Tancredi che si rifugia, e poi Raimondo.
TANCREDI
Che vidi! Che mirai! Lieta Clorinda
m'apparve in sonno, e di stellata veste
cinte le vaghe membra
il pianto mi tergea:
vista così gentil l'alma si bea.
RAIMONDO
O Tancredi, Tancredi, o da te stesso
troppo diverso: a vaneggiar qui resti
co' l'ombre de' sepolcri.
TANCREDI
Oh dio Raimondo.
RAIMONDO
Vanne là dove il campo
lasciato in abbandono
dalla tua spada: in dubbio
lasci ancor sua vittoria.
TANCREDI
Clorinda, amata dèa.
RAIMONDO
Voce più degna
è quella della fama,
che dagl'abusi alla virtù ti chiama.
TANCREDI
Oh se sapessi...
RAIMONDO
Il cielo
per suo campion t'elesse; e tu condona
se libero favello,
per beltà già defunta
al ciel ti fai, senza rossor rubello?
TANCREDI
L'amar non è gran colpa.
RAIMONDO
In te ben grave
per l'offesa del nume: e può la morte
giungere inaspettata
a punirti o malcauto.
TANCREDI
La morte?
RAIMONDO
Sì, colei
ch'a suo piacer raccoglie
frutto acerbo, e maturo:
che non perdona a grado.
Ch'ogni valor disprezza, e ciò che deve
atterrir il mortale
colei, ch'in un istante
dispensa eternitate al bene, e al male.
TANCREDI
È l'idol mio fra gl'astri.
RAIMONDO
Eh torna omai
all'ufficio primiero
di cavalier, che pugna
contro la turca fede.
Al sentier degl'eroi rivolgi il piede.
TANCREDI
Cara tomba ti lascio.
RAIMONDO
Involati signor.
TANCREDI
Permetti almeno
ch'un altro bacio ancora
sul freddo marmo imprima.
RAIMONDO
E qual attendi
tu conforto soave
da quel sasso gelato?
TANCREDI
Ch'in baciarlo: il mio labbro
crederà di baciar il labbro amato:
RAIMONDO
Bacialo forsennato.
(Tancredi si porta di nuovo a baciare il sepolcro di Clorinda)
TANCREDI
Del mio ben la dolce bocca
può chiamarsi un'urna ancor.
Ma dell'urne ha varia sorte,
che son l'altre urne di morte,
ed è questa urna d'amor.
Raimondo guardando dietro a Tancredi.
Oh come la ragione
precipitò dal soglio: e di regnante
suddita già divenne:
amor tu quello sei,
che l'intelletto acciechi,
onde non è stupore
se 'l fai cader, che san cadere i ciechi.
Co' la benda, che porta agl'occhi
gl'occhi benda di tutti amor.
Non v'è scampo
dall'inciampo
poiché cieco è il conduttor.
Selva in forma d'anfiteatro co' la pianta d'un cipresso nel mezzo.
Ismeno con la chioma scarmigliata.
Già di questa mia verga
demoni il cenno udiste:
prendete in guardia questa selva, e queste
piante che numerate a voi consegno
come il corpo è dell'alme, albergo, e veste
così d'alcun di voi, sia ciascun legno;
onde il franco ne fuga, o almen s'arreste
ai primi colpi, e tema il vostro sdegno.
Spirti invocati, or non venite ancora?
Che sì, che sì; ma frena l'ira o Ismeno
ecco adempito il tuo disegno appieno.
Sorgono all'improvviso molti Spiriti di sotterra, occupando tutta la selva.
Lieto volo a consolar
di Giudea l'afflitto re.
E quel pianto ad asciugar,
che dal ciglio gli cadé.
Tancredi con spada alla mano entra nella selva incantata uscendo fiamme dappertutto.
TANCREDI
D'Acheronte a dispetto
penetrai questa selva: eh che non giova
con la falsa apparenza
di spaventose fiamme
intimorir quest'alma:
larve di voi riporterò la palma.
(suono di trombe guerriere nella selva)
Io mi rido al suono orribile
delle trombe, che movete.
V'ingannate se credete
d'instillarmi in sen terror.
Ch'agli strepiti di Marte
più si rende invitto il cor.
Ma di qual notte impressa
nel tronco è questa pianta?
Tosto leggiam ciò contenga in essa.
(legge)
«Oh tu che dentro ai chiostri della morte
osasti por guerriero audace il piede
deh se non sei crudel quanto sei forte
deh non turbar questa remota fede,
perdona all'alme omai di luci prive
non dée guerra coi morti aver chi vive?»
(resta alquanto sospeso poi...)
E cada al suol recisa
pianta così funesta.
Percossa co' la pianta dell'accennato cipresso esce da quello un fantasma in sembianza di Clorinda.
Clorinda, Tancredi.
CLORINDA
Crudel con chi ti prega
tanto rigor? Pazienza.
Verso l'amato ben,
credei ch'avesti in sen
qualche clemenza.
TANCREDI
(Alle voci, all'aspetto
costei parmi Clorinda.)
CLORINDA
Ah troppo troppo
m'hai tu Tancredi offeso: or tanto basti:
tu dal corpo, che meco, e per me visse
felice albergo già mi discacciasti
perché il misero tronco, a cui m'affisse
il mio duro destino, ancor mi guasti?
Dopo la morte, gl'avversari tuoi
crudel ne' lor sepolcri offender vuoi?
TANCREDI
(Attonito qui resto.)
CLORINDA
Clorinda fui, né sol qui spirto umano
albergo in questa pianta rozza, e dura
ma ciascun altro ancor Franco o Pagano
che lasci i membri a' piè dell'alte mura
astretto è qui da novo incanto, e strano
non so, s'io dica in corpo, o in sepoltura.
Son di sensi animati i sassi, i tronchi
e micidial sei tu se legno tronchi.
(spariscono i fantasmi)
Nel mio sangue qui stillante
scorgi omai tua crudeltà.
Vedi come, o ingrato amante
meco sei senza pietà.
(sparisce anche quello di Clorinda nel qual tempo gl'alberi si tramutano in mostri)
TANCREDI
Ah che gl'espressi accenti
di Clorinda non son: ben di fantasma,
che parla a' sensi miei: ma dove il passo
trovasi all'improvviso?
Che tutt'opra è d'incanti io ben m'avviso?
Spariti anche li Mostri, Tancredi ritrovasi in una campagna, dove sopraggiunge Argante.
ARGANTE
(Per notizia d'Ismeno, io so, che l'orme
qui Tancredi raggira: eccolo appunto.)
Così la fé Tancredi
mi serbi tu? Così alla pugna riedi?
TANCREDI
(Questa non è del guardo
illusion mendace, Argante io miro.)
ARGANTE
Tardo riedi, ma giungi
in tempo di cader al suol trafitto:
che non potrai dalle mie mani, o forte
delle donne uccisor fuggir la morte.
TANCREDI
(È d'esso, e non m'inganno.)
Tardo è 'l ritorno mio, ma pur m'avviso,
che frettoloso ei ti parrà ben tosto
e bramerai, che da me diviso
o Calpe avesse, o fosse il mar frapposto.
E che del mio indugiar non fu cagione
tema, o viltà vedrai col paragone.
(combattono insieme, e Tancredi va alle prese d'Argante)
TANCREDI
Cedimi uom forte, o riconoscer vaglia
me per tuo vincitor, o la fortuna,
né ricerco da te trionfo, o spoglia.
Né, mi riserbo in te ragione alcuna.
ARGANTE
Tancredi or dunque il meglio aver ti vante,
et osi di viltà tentar Argante?
(tornano a combattere, e di nuovo Tancredi va alle prese d'Argante)
TANCREDI
Renditi, che sei vinto.
ARGANTE
Prima cadrai tu dal mio ferro estinto.
TANCREDI
Giacché pietà ricusi
spirami al piede esangue:
bagna la tua follia nel proprio sangue.
(lo ferisce a morte)
ARGANTE
Di vendetta, e d'ira armato
anco estinto risorgerò.
E nel sen di te spietato
quest'acciar seppellirò.
(cade supino a terra spirando con terrore l'ultime voci)
Tancredi, ed Argante morto.
TANCREDI
Numi grazie vi rendo
del trionfale onor: ma lasso il fianco
per il sangue, che versa,
d'alcun riposo ha d'uopo: in grembo al suolo
tregua darò delle ferite al duolo.
(siede sopra d'un sasso)
Sento a mancar la salma
l'alma a partir dal sen.
Il tutto parmi,
che giri intorno,
perdo del giorno
il bel seren.
(cade dal sasso svenuto a terra)
Erminia, ed Alindo, e detti.
ERMINIA
Alla fine è poi caduta
l'alta Gerusalemme.
ALINDO
In questo punto
cesse al valor de' Franchi.
ERMINIA
Ma ch'osservo!
ALINDO
Che miro!
ERMINIA
Un guerrier morto,
che le vie tutte ingombra, e la gran faccia
tien volta al ciel, e morto anco minaccia.
ALINDO
Argante egli è vedilo Erminia in viso.
ERMINIA
È vero.
ALINDO
Ohimè signora
poco distante è qui Tancredi ucciso.
ERMINIA
Tancredi?
ALINDO
Eccolo estinto.
ERMINIA
In che misero punto or qui mi mena
fortuna: ahi che veduta amara, e trista:
dopo gran tempo i' ti ritrovo appena
Tancredi, e ti riveggo, e non son vista
vista non son da te benché presente,
e trovando ti perdo eternamente.
ALINDO
Si trafissero entrambi.
ERMINIA
Pietosa bocca, che solevi in vita
consolar il mio duol di tue parole
lecito sia, ch'anzi la mia partita
d'alcun tuo caro bacio io mi console.
E forse allor s'ero a cercarlo ardita
quel davi tu, ch'ora convien, ch'invole.
Lecito sia, ch'ora ti stringa, e poi
versi lo spirto mio fra labbri tuoi.
TANCREDI
Oh dio.
(respira)
ALINDO
Senti, che l'alma
non ancora partì.
ERMINIA
Tosto s'adatti
balsamo portentoso
a riserbarlo in vita.
ALINDO
È ben degno quel prence
d tua pietosa aita.
ERMINIA
Fa' coraggio Tancredi, e ti confida
nella medica tua.
ALINDO
Signor coraggio:
non dubitar.
TANCREDI
(verso Alindo)
Come qui giungi? E quando?
(verso Erminia)
E chi sei tu medica mia pietosa?
ERMINIA
Il saprai fra momenti: io te 'l comando
come medica tua, taci, e riposa.
ALINDO
De' guerrieri cristiani
giunge rapido stuol.
ERMINIA
Entro le mura
della vinta città: sulle lor braccia
fa' recar il gran duce.
ALINDO
Pronto eseguisco.
ERMINIA
(sopra Tancredi)
Tosto
ravvivata sarai morta mia luce.
Ti voglio ancora in sen,
mio ben
legar, e stringere;
legarti in seno ancor.
Da' fede a questo cor
che non sa fingere.
Piazza di Gerusalemme con rogo acceso nel mezzo.
Raimondo, e Soldati, che tengono imprigionato Ismeno.
RAIMONDO
Già, che amico di Stige, entro le fiamme
arso, o iniquo cadrai: tosto scagliate
costui nel rogo acceso.
ISMENO
Non sarò vilipeso
da te, come presumi: o di Cocito
servi miei fidi, almeno
da tal scorno salvate il vostro Ismeno.
(nel volerlo i soldati gettar nelle fiamme quattro spiriti lo portano per aria)
RAIMONDO
Sacrilego, rendesti
il cenno mio schernito,
ma sarai dalla forza
del gran braccio del ciel un dì punito.
Contro te Giove adirato,
il suo telo scaglierà:
e da quello fulminato
il tuo petto al suol cadrà.
Alindo, Raimondo, e poi Tancredi, Erminia sopra maestoso carro tirato da Schiavi turchi sull'eminenza del quale vedesi trionfante Goffredo.
ALINDO
Allegrezza, allegrezza: in un momento
seppe con la virtù ch'alta possiede
dar Erminia a Tancredi
la primiera salute: e in ricompensa
le di lui nozze ottenne.
RAIMONDO
La turca donna?
ALINDO
Appunto
mi cangiò di sua fede
il falso rito; eccola in plaustro d'oro
di Goffredo all'aspetto,
tutta giuliva al vago sposo accanto.
RAIMONDO
Merta nodo sì degno eterno vanto.
ERMINIA E TANCREDI
Più dolce catena
amor non formò,
del cor ogni pena
in gioia cangiò.
Fama che comparisce a volo sopra il carro suddetto.
FAMA
Al confuso rimbombo
delle voci giulive,
che feriscono il ciel: stesi veloce
al caduceo la destra; e in questo suolo
precipitai sin dalle sfere a volo.
Scorgo vinta Sionne.
Di sublimi sponsali osservo il nodo.
Goffredo ah ben discerno
che le palme son tue: che son le nozze
di Tancredi, ed Erminia: o bel trionfo
d'amor, ma più di Marte;
col fiato di mia tromba
a parlarne di te s'oda ogni parte.
S'udirà da Battro a Thile
tal vittoria a celebrar
e per tutto il prode, e 'l vile
l'alte glorie a raccontar.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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