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Attila

ATTILA

Dramma lirico in un prologo e tre atti.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Francesco Maria PIAVE, Temistocle SOLERA.
Musica di Giuseppe VERDI.

Prima esecuzione: 17 marzo 1846, Venezia.


Personaggi:

ATTILA re degli Unni

basso

EZIO generale romano

baritono

ODABELLA figlia del signore d'Aquileja

soprano

FORESTO cavaliere aquilejese

tenore

ULDINO giovane bretone, schiavo d'Attila

tenore

LEONE vecchio romano

basso


Duci, Re e Soldati, Unni, Gepidi, Ostrogoti, Eruli, Turingi, Quadi, Druidi, Sacerdotesse, Popolo di Aquileja, Vergini di Aquileja in abito guerriero, Ufficiali e Soldati romani, Vergini e Fanciulli di Roma, Eremiti e Schiavi.

La scena durante il prologo è in Aquileja è nelle lagune adriatiche; durante i tre atti è presso Roma. Epoca: la metà del quinto secolo.

Prologo

[N. 1 - Preludio]

Scena prima

Piazza di Aquileja.
La notte, vicina al termine, è rischiarata da una grande quantità di torce. Tutto all'intorno è un miserando cumulo di rovine. Qua e là vedesi ancora tratto tratto sollevarsi qualche fiamma, residuo di un orribile incendio di quattro giorni.
La scena è ingombra di Unni, Eruli, Ostrogoti, ecc.

[N. 2 - Introduzione]

CORO

Urli, rapine,

gemiti, sangue, stupri, rovine,

e stragi e fuoco

d'Attila è gioco.

O lauta mensa,

che a noi sì ricco suol dispensa!

Wodan non falla,

ecco il Valhalla!...

T'apri agli eroi...

terra beata, tu se' per noi.

Attila viva;

ei la scopriva!

Il re s'avanza,

Wodan lo cinge di sua possanza.

Eccoci a terra,

dio della guerra!

(tutti si prostrano)

Scena seconda

Attila viene condotto sopra un carro tirato dagli Schiavi, Duci, Re, ecc.

[N. 3 - Scena e cavatina]

ATTILA

(scende dal carro)

Eroi, levatevi! Stia nella polvere

chi vinto muor.

Qui!... circondatemi; l'inno diffondasi

del vincitor.

I figli d'Attila vengono e vincono

a un colpo sol.

Non è sì rapido solco di fulmine,

d'aquila il vol.

(va a sedersi sopra un trono di lance e scudi)

CORO

Viva il re delle mille foreste,

di Wodano ministro e profeta;

la sua spada è sanguigna cometa,

la sua voce è di cielo tuonar.

Nel fragore di cento tempeste

vien lanciando dagl'occhi battaglia;

contro i chiovi dell'aspra sua maglia

come in rupe si frangon gli acciar.

Scena terza

Uldino, Odabella, Vergini d'Aquileja e detti.

ATTILA

(scendendo dal trono)

Di vergini straniere,

oh, quale stuol vegg'io?

Contro il divieto mio

chi di salvarle osò?

ULDINO

Al re degno tributo ei mi sembrò.

Mirabili guerriere

difesero i fratelli...

ATTILA

Che sento? A donne imbelli

chi mai spirò valor?

ODABELLA

(con energia)

Santo di patria indefinito amor!

ODABELLA

Allor che i forti corrono

come leoni al brando

stan le tue donne, o barbaro,

sui carri lagrimando.

Ma noi, donne italiche,

cinte di ferro il seno,

sul fumido terreno

sempre vedrai pugnar.

ATTILA

Bella è quell'ira, o vergine,

nel scintillante sguardo;

Attila, i prodi venera,

abomina il codardo...

O valorosa, chiedimi

grazia che più ti aggrada.

ODABELLA

Fammi ridar la spada!

ATTILA

La mia ti cingi!...

ODABELLA

(Oh acciar!)

Da te questo or m'è concesso,

o giustizia alta, divina!

L'odio armasti dell'oppresso

coll'acciar dell'oppressor.

Empia lama, l'indovina

per qual petto è tua punta?

Di vendetta l'ora è giunta...

fu segnata dal signor.

(Odabella e donne partono)

ATTILA

(Qual nell'alma, che struggere anela,

nuovo senso discende improvviso?...

quell'ardire, quel nobile viso

dolcemente mi siedono il cor!)

CORO

Viva il re che alle terra rivela

di quai raggi Wodano il circonda!

Se flagella è torrente che inonda;

è rugiada se premia il valor.

ATTILA

Schiava non già ma del mio campo gemma

rimani e fulgi nel real corteggio,

siate voi tutte ancelle

a lei ch'io vesto della luce mia.

ODABELLA

(Fingasi! Oh lampo di celeste aiuto! ~

oh patria!... oh padre! Oh sposo mio perduto!)

ATTILA

Uldino, a me dinanzi

l'inviato di Roma ora si guidi...

(Uldino parte)

ATTILA

Frenatevi, miei fidi,

udir si dée, ma in Campidoglio poi

risposta avrà da noi.

Scena quarta

Ezio, Ufficiali romani, e detti.

EZIO

Attila!

ATTILA

Oh, il nobil messo!

Ezio! Tu qui? Fia vero!

Ravvisi ognuno in esso

l'altissimo guerriero

degno nemico d'Attila,

scudo di Roma e vanto...

EZIO

Attila, a te soltanto

ora chied'io parlar.

ATTILA

Ite!

(escono tutti)

Scena quinta

Attila, ed Ezio.

ATTILA

La destra porgimi...

non già di pace spero

tuoi detti...

EZIO

L'orbe intero

Ezio in tua man vuol dar.

[N. 4 - Duetto]

Tardo per gli anni, e tremulo,

è il regnator d'oriente;

siede un imbelle giovine

sul trono d'occidente;

tutto sarà disperso

quand'io mi unisca a te...

Avrai tu l'universo,

resti l'Italia a me.

ATTILA

(severo)

Dove l'eroe più valido

è traditor, spergiuro,

ivi perduto è il popolo,

e l'aer stesso impuro;

ivi impotente è dio,

ivi è codardo il re...

là col flagello mio

rechi Wodan la fé!

EZIO

(rimettendosi)

Ma se fraterno vincolo

stringer non vuoi tu meco,

Ezio ritorna ad essere

di Roma ambasciator.

Dell'imperante cesare

ora il voler ti reco...

ATTILA

È van! ~ Chi frena or l'impeto

del nembo struggitor?

Vanitosi! Che abbietti e dormenti

pur del mondo tenete la possa,

sovra monti di polvere e d'ossa

il mio baldo corsier volerà.

Spanderò la rea cenere ai venti

delle vostre superbe città.

EZIO

Fin che d'Ezio rimane la spada,

starà saldo il gran nome romano:

di Chalons lo provasti sul piano

quando a fuga t'aperse il sentier.

Tu conduci l'eguale masnada,

io comando gli stessi guerrier.

(partono entrambi da opposte parti)

Scena sesta

Rio-Alto nelle lagune adriatiche. Qua e là sopra palafitte sorgono alcune capanne, comunicanti fra loro per le lunghe asse sorrette da barche. Sul davanti sorge in simile guisa un altare di sassi dedicato a San Giacomo. Più in là scorgesi una campana appesa ad un casotto di legno, che fu poi il campanile di San Giacomo. Le tenebre vanno diradandosi fra le nubi tempestose: quindi a poco a poco una rosea luce, sino a che (sul finir della scena) il subito raggio del sole inondando per tutto, riabbella il firmamento del più sereno e limpido azzurro. Il tocco lento della campana saluta il mattino.
Alcuni Eremiti escono dalle capanne e s'avviano all'altare.

[N. 5 - Scena e cavatina]

EREMITI

I

Qual notte!

II

Ancor fremono l'onde al fiero

turbo, che dio d'un soffio suscitò.

I

Lode al signor!

II

Lode al signor!

Uniti

L'altero

elemento ei sconvolse ed acquetò.

Sia torbida o tranquilla la natura,

d'eterna pace ei nutre i nostri cor.

L'alito del mattin già l'aure appura.

I

Preghiam!

II

Preghiam!

Uniti

Lode al creator!

VOCI

interne

Lode al creatore!

Scena settima

Dalle navicelle, che approdano a poco a poco, escono Foresto, Donne, Uomini e Fanciulli d'Aquileja, ecc.

EREMITI

Quai voci! Oh, tutto

di navicelle ~ coperto è il flutto!...

Son d'Aquileja. ~ Certo al furor

scampan dell'unno. ~

AQUILEJESI

Lode al creator!

FORESTO

Qui, qui sostiamo! ~ Propizio augurio

n'è questa croce, ~ n'è quest'altar.

Ognun d'intorno ~ levi un tugurio

fra quest'incanto ~ di cielo e mar.

AQUILEJESI

Lode a Foresto! ~ Tu duce nostro,

scudo e salvezza ~ n'eri tu sol...

FORESTO

Oh! Ma Odabella!... ~ preda è del mostro,

serbata al pianto, ~ serbata al duol.

FORESTO

Ella in poter del barbaro!

Fra le sue schiave avvinta!

Ahi, che men crudo all'anima

fora il saperti estinta!

Io ti vedrei fra gli angeli

almen ne' sogni allora,

e invocherei l'aurora

dell'immortal mio dì.

AQUILEJESI

Spera! L'ardita vergine

forse al crudel sfuggì.

EREMITI

Cessato alfine il turbine,

più il sole brillerà.

FORESTO

Sì, ma il sospir dell'esule

sempre la patria avrà.

Cara patria, già madre e reina

di possenti magnanimi figli,

or macerie, deserto, ruina,

su cui regna silenzio e squallor;

ma dall'alghe di questi marosi,

qual risorta fenice novella,

rivivrai più superba, più bella

della terra, dell'onde stupor!

CORO

Sì dall'alghe di questi marosi,

qual risorta fenice novella,

rivivrai più superba, più bella

della terra, dell'onde stupor!

Atto primo
Scena prima

Bosco presso il campo d'Attila. È notte; nel vicino ruscello brillano i raggi della luna.
Odabella sola.

[N. 6 - Scena e romanza]

ODABELLA

Liberamente or piangi...

sfrenati, o cor. La queta ora, in che posa

han pur le tigri, io sola

scorro di loco in loco.

Eppur sempre quest'ora attendo, invoco.

Oh! Nel fuggente nuvolo

non sei tu, padre, impresso?...

cielo! Ha mutato immagine!

Il mio Foresto è desso.

Sospendi, o rivo, il murmure,

aura, non più fremir,

ch'io degli amati spiriti

possa la voce udir. ~

Qual suon di passi!

Scena seconda

Foresto, in costume barbaro, e detta.

[N. 7 - Scena e duetto]

FORESTO

Donna! ~

ODABELLA

Gran dio!

FORESTO

Ti colgo alfine! ~

ODABELLA

Sì... la sua voce!

Tu... tu! Foresto? ~ Tu, l'amor mio?

Foresto, ~ io manco! M'affoga il cor!

Tu mi respingi? ~ Tu! ~ Sì feroce?

FORESTO

Né a me dinanzi ~ provi terror?

ODABELLA

(riscuotendosi)

Ciel! Che dicesti? ~

FORESTO

T'infingi invano:

tutto conosco, ~ tutto spiai! ~

Per te d'amore, ~ furente, insano,

sprezzai perigli, ~ giunto son qui!

Qual io ti trovi, ~ barbara, il sai...

ODABELLA

Tu!... tu, Foresto, ~ parli così?

FORESTO

Sì, quell'io son, ravvisami,

che tu tradisti, infida;

qui fra le tazze e i cantici

sorridi all'omicida...

E la tua patria in cenere

pur non ti cade in mente

del padre tuo morente

l'angoscia, lo squallor...

ODABELLA

Col tuo pugnal feriscimi...

non col tuo dir, Foresto;

non maledir la misera...

crudele inganno è questo!

Padre, puoi tu ben leggere

dentro il mio sen dal cielo...

oh! digli tu, se anelo

d'alta vendetta in cor.

FORESTO

Va'! ~ Racconta al sacrilego infame,

ch'io sol resto a sbramar la sua fame.

ODABELLA

Deh! Pe 'l cielo, pei nostri parenti,

deh! M'ascolta o m'uccidi, crudele!

FORESTO

Che vuoi dirmi?

ODABELLA

Foresto, rammenti

di Giuditta che salva Israele?

Da quel dì che ti pianse caduto

con suo padre sul campo di gloria,

rinnovar di Giuditta l'istoria

Odabella giurava al signor.

FORESTO

Dio! Che intendo!

ODABELLA

La spada del mostro,

vedi, è questa! Il signor l'ha voluto!

FORESTO

Odabella a' tuoi piedi mi prostro...

ODABELLA

Al mio sen! S'addoppia il valor!

ODABELLA E FORESTO

Oh, t'inebria nell'amplesso,

gioia immensa, indefinita!

Nell'istante a noi concesso

si disperde il corso duol!

Ah! Qui si effonde in una sola

di due miseri la vita...

noi ravviva, noi consola

una speme, un voto sol.

Scena terza

Tenda d'Attila. Sopra il suolo, coperto da una pelle di tigre, è disteso Uldino che dorme. In fondo, alla sinistra, per mezzo di una cortina sollevata a mezzo, la quale forma come una stanza appartata, scorgesi Attila in preda al sonno sopra il letto orientale assai basso, e coperto egualmente di pelli di tigre.

[N. 8 - Scena e aria]

ATTILA

(balzando esterrefatto)

Uldino! Uldin!

ULDINO

Mio re!

ATTILA

Non hai veduto?

ULDINO

Che mai?

ATTILA

Tu non udisti?

ULDINO

Io? Nulla.

ATTILA

Eppur feroce

qui s'aggirava. Ei mi parlò... sua voce

parea vento in caverna!

ULDINO

Oh re, d'intorno

tutto è silenzio... della vigil scolta

batte soltanto il piè.

ATTILA

Mio fido, ascolta!

Mentre gonfiarsi l'anima

parea dinanzi a Roma,

imman m'apparve un veglio

che m'afferrò la chioma...

Il senso ebb'io travolto,

la man gelò sul brando;

ei mi sorrise in volto,

e tal mi fe' comando:

«Di flagellar l'incarco

contro i mortali hai sol:

t'arretra! Or chiuso è il varco;

questo de' numi è il suol!»

In me tai detti suonano

cupi, fatali ancor,

e l'alma in petto ad Attila

s'agghiaccia pe 'l terror.

ULDINO

Raccapriccio! E che far pensi?

ATTILA

(riaccendendosi)

Or son liberi i miei sensi!

Ho rossor del mio spavento.

Chiama i druidi, i duci, i re.

Già più rapido del vento,

Roma iniqua, volo a te.

(Uldino esce)

Scena quarta

Attila solo.

Oltre a quel limite

t'attendo, o spettro!

Vietarlo ad Attila

chi mai potrà?

Vedrai se pavido

io là m'arretro,

se alfin me vindice

il mondo avrà.

Scena quinta

Uldino, Druidi, Duci, Re e detto.

[N. 9 - Finale I]

CORO

Parla, imponi.

ATTILA

L'ardite mie schiere

sorgan tutte alle trombe guerriere:

è Wodan che or Roma m'addita;

moviam tosto.

CORO

Sia gloria a Wodan.

Allo squillo, che al sangue ne invita,

pronti ognora i tuoi fidi saran.

Le trombe squillano tutto d'intorno; succede subito ed esce la seguente religiosa armonia di

VOCI

interne lontano

Vieni. Le menti visita,

o spirito creator;

dalla tua fronte piovere

fanne il vital tesor.

ATTILA

Che fia! Non questo è l'eco

delle mie trombe! Aprite, olà!

Scena sesta

Il campo d'Attila.
Dalla collina in fondo vedesi avanzare, preceduta da Leone e da sei Anziani, processionalmente una schiera di Vergini e Fanciulli in bianche vesti recanti palme.
La scena è ingombra dalle schiere d'Attila in armi. Fra la moltitudine appare Foresto con visiera calata, Odabella, e detti.

ATTILA

Chi viene?

CORO

(di vergini e fanciulli sempre avanzandosi)

I guasti sensi illumina,

spirane amor in sen.

L'oste debella e spandasi

di pace il bel seren.

ATTILA

(commovendosi a poco a poco)

Uldino! è quello il bieco

fantasma!... il vo' sfidar... chi mi trattien?

LEONE

«Di flagellar l'incarco

contro i mortal hai sol:

t'arretra! Or chiuso è il varco;

questo de' numi è il suol!»

ATTILA

Gran dio! Le note stesse

che la tremenda visîon m'impresse.

(egli leva la testa al cielo sopraffatto da subito terrore. Tutti restano sorpresi e smarriti)

Insieme

ATTILA

(No!... non è sogno ~ ch'or l'alma invade!

Son due giganti ~ che investon l'etra...

fiamme son gli occhi, ~ fiamme le spade...

le ardenti punte ~ giungono a me.

Spiriti, fermate. ~ Qui l'uom s'arretra;

dinanzi ai numi ~ prostrasi il re!)

CORO E ULDINO

(Sordo ai lamenti ~ par de' fratelli,

vago di sangue, ~ di pugne solo,

la flebil voce ~ di pochi imbelli

qual nuovo senso ~ suscita in me?

Qual possa è questa! ~ Prostrato al suolo

la prima volta ~ degli Unni il re!)

ODABELLA, LEONE, FORESTO E VERGINI

Oh, dell'eterno ~ mira virtute!

Da un pastorello ~ vinto è Golia,

da umil fanciulla ~ l'uomo ha salute,

da gente ignota ~ sparsa è la fé...

Dinanzi a turba ~ devota e pia

ora degli empi ~ s'arretra il re!

Atto secondo
Scena prima

Campo d'Ezio.
Scorgesi in lontananza la grande città dei sette colli.
Ezio solo. Egli esce tenendo in mano un papiro spiegato e mostrando dispetto.

[N. 10 - Scena e aria]

EZIO

«Tregua è cogl'Unni. ~ A Roma,

Ezio, tosto ritorna... a te l'impone

Valentinian.» ~ L'impone!... e in cotal modo,

coronato fanciul, me tu richiami?...

Or, or, più che del barbaro le mie

schiere paventi!... Un prode

guerrier canuto piegherà mai sempre

dinanzi a imbelle, a concubino servo?

Ben io verrò... Ma qual s'addice al forte,

il cui poter supremo

la patria leverà da tanto estremo!

Dagli immortali vertici

belli di gloria, un giorno,

l'ombre degli avi, ah, sorgano

solo un istante intorno! ~

Di là vittrice l'aquila

per l'orbe il vol spiegò...

Roma nel vil cadavere

chi ravvisare or può?

Chi vien?

Scena seconda

Preceduto da alcuni Soldati romani presentasi uno stuolo di Schiavi di Attila, e detto.

CORO

Salute ad Ezio

Attila invia per noi.

Brama che a lui convengano

Ezio, ed i primi suoi. ~

EZIO

Ite! ~ Noi tosto al campo

verrem. ~

Scena terza

Tra gli Schiavi che partono uno è rimasto. Egli è Foresto.

EZIO

Che brami tu?

FORESTO

Ezio, al comune scampo

manca la tua virtù.

EZIO

(sorpreso)

Che intendi? Oh, chi tu sei?

FORESTO

Ora saperlo è vano;

il barbaro profano

oggi vedrai morir.

EZIO

Che narri?

FORESTO

Allor tu déi

l'opera mia compir.

EZIO

Come?

FORESTO

Ad un cenno pronte

stian le romane schiere;

quando vedrai dal monte

un fuoco lampeggiar,

prorompano, qual fiere,

sullo smarrito branco!

Or va'...

EZIO

Di te non manco;

saprò vedere, e oprar.

(Foresto parte rapidamente)

Scena quarta

Ezio solo.

È gettata la mia sorte,

pronto sono ad ogni guerra;

s'io cadrò da forte,

e il mio nome resterà.

Non vedrò l'amata terra

svenir lenta e farsi a brano...

sopra l'ultimo romano

tutta Italia piangerà.

Scena quinta

Campo d'Attila come nell'atto primo, apprestato a solenne convito. La notte è vivamente rischiarata da cento fiamme che irrompono da grossi tronchi di quercia preparati all'uopo.
Unni, Ostrogoti, Eruli, ecc. Mentre i Guerrieri cantano, Attila, seguìto dai Druidi, dalle Sacerdotesse, dai Duci e Re, va ad assidersi al suo posto. Odabella gli è presso in costume d'amazzone.

[N. 11 - Finale II]

CORO

Del ciel l'immensa volta,

terra, ai nemici tolta,

ed aer che fiammeggia

son d'Attila la reggia.

La gioia delle conche

or si diffonda intorno;

di membra e teste tronche

godremo al nuovo giorno!

Uno squillo di tromba annuncia l'arrivo degli Ufficiali romani preceduti da Uldino.

Scena sesta

Ezio col séguito. Uldino, Foresto, che nuovamente in abito guerriero si frammischia alla moltitudine, e detti.

ATTILA

(alzandosi)

Ezio, ben vieni! Della tregua nostra

fia suggello il convito.

EZIO

Attila grande

in guerra sei, più generoso ancora

con ospite nemico.

(alcuni Druidi, avvicinandosi ad Attila, gli dicono sottovoce)

DRUIDI

O re, fatale

è seder co' lo stranio.

ATTILA

E che?

DRUIDI

Nel cielo

vedi adunarsi i nembi

di sangue tinti... di sinistri augelli

misto all'infausto grido

dalle montagne urlò lo spirto infido!

ATTILA

Via, profeti del mal!

DRUIDI

Wodan ti guardi.

ATTILA

(alle sacerdotesse)

Sacre figlie degli Unni,

percuotete le cetre, e si diffonda

delle mie feste la canzon gioconda.

Tutti si assidono. Le Sacerdotesse, schieratesi nel mezzo, alzano il seguente canto:

Chi dona luce al cor?... Di stella alcuna

dal cielo il vago tremolar non pende;

non raggio amico di ridente luna

alla percossa fantasia risplende...

ma fischia il vento, rumoreggia il tuono,

sol dan le corde della tromba il suono.

In quel mentre un improvviso e rapido soffio procelloso spegne gran parte delle fiamme. Tutti si alzano per natural moto di terrore. Silenzio e tristezza generale. Foresto è corso ad Odabella. Ezio s'è avvicinato ad Attila.

Insieme

FORESTO

(ad Odabella)

O sposa, t'allieta,

è giunta la meta;

dei padri lo scempio

vendetta otterrà.

La tazza là mira

ministra dell'ira,

al labbro dell'empio,

Uldin l'offrirà.

ODABELLA

(Vendetta avrem noi

per mano de' suoi?...

non fia ch'egli cada

pe 'l loro tradir.

Nel giorno segnato,

a dio l'ho giurato,

è questa la spada

che il deve colpir.)

EZIO

(ad Attila)

Rammenta i miei patti:

con Ezio combatti;

del vecchio guerriero

la mano non sprezzar.

Decidi. Fra poco

non fora più loco.

(Del barbaro altiero

già l'astro dispar.)

ATTILA

(ad Ezio)

M'irriti, o romano...

sorprendermi è vano:

o credi che il vento

m'infonda terror?

Nei nembi e tempeste

s'allietan mie feste...

(Oh rabbia; non sento

più d'Attila il cor!)

ULDINO

(Dell'ora funesta

l'istante s'appresta...

Uldin, paventi?

breton non sei tu?

O il cor più non t'ange

la patria che piange?

O più non rammenti

la rea servitù?)

CORO

(Lo spirto de' monti

ne rugge alle fronti,

le quercie fumanti

sua mano coprì...

Terrore, mistero

sull'anima ha impero...

stuol d'ombre vaganti

nel buio apparì.)

Il cielo si rasserena.

TUTTI

L'orrenda procella

qual lampo sparì.

Di calma novella

il ciel si vestì.

ATTILA

(riscuotendosi)

Si riaccendan le quercie d'intorno

(gli schiavi eseguiscono il cenno)

Si rannodi la danza ed il giuoco...

sia per tutti festivo tal giorno,

porgi, Uldino, la conca ospital.

FORESTO

(piano ad Odabella)

Perché tremi? S'imbianca il tuo volto.

ATTILA

(ricevendo la tazza da Uldino)

Libo a te, gran Wodano, che invoco!

ODABELLA

(trattenendolo)

Re, ti ferma!... è veleno!...

CORO

Che ascolto!

ATTILA

(furibondo)

Chi 'l temprava?

ODABELLA

(Oh momento fatal!)

FORESTO

(avanzandosi con fermezza)

Io.

ATTILA

(ravvisandolo)

Foresto!

FORESTO

Sì, quello che un giorno

la corona strappò dal tuo crine...

ATTILA

(traendo la spada)

Ah! In mia mano caduto se' alfine,

ben io l'alma dal sen ti trarrò.

FORESTO

(con scherno)

Or t'è lieve...

ATTILA

(fermandosi a tali parole)

Oh, mia rabbia! Oh, mio scorno!

ODABELLA

Re, la preda niun toglier mi può.

Io t'ho salvo... il delitto svelai...

da me sol fia punito l'indegno.

ATTILA

(compiacendosi del fiero atto)

Io te 'l dono! Ma premio più degno,

mia fedele, riserbasi a te:

tu doman salutata verrai

dalle genti qual sposa del re.

Insieme

ATTILA

Oh, miei prodi! Un solo giorno

chiedo a voi di gioia e canto;

tuonerà di nuovo intorno

poscia il vindice flagel.

Ezio, in Roma annuncia intanto

ch'io de' sogni ho rotto il vel.

ODABELLA

(a Foresto)

Frena l'ira che t'inganna;

fuggi, salvati, o fratello.

Me disprezza, me condanna,

di' che vile, infame io son...

Ma deh, fuggi... Al dì novello

avrò tutto il tuo perdon.

FORESTO

(ad Odabella)

Parto, sì per viver solo

fino al dì della vendetta;

ma qual pena, ma qual duolo

a tua colpa si può dar?...

Del rimorso che t'aspetta

duri eterno il flagellar.

EZIO

(Chi l'arcan svelar potea?

Chi fidarlo a core amante?

Va', ti pasci, va', ti bea,

fatal uom, di voluttà.

Ma doman su te festante

Ezio in armi piomberà.)

ULDINO

(Io gelar m'intesi il sangue...

chi tradir poteane omai?

Me dal fulmine, dall'angue,

tu salvasti, o pro' guerrier...

Ah generoso! E tu m'avrai

sempre fido al tuo voler.)

CORO

Oh re possente, il cor riscuoti...

torna al sangue, torna al fuoco!

Su, punisci, su, percuoti

questo stuol di traditor!

Non più scherno, non più giuoco

noi sarem de' numi lor.

Atto terzo
Scena prima

Bosco come nell'atto primo, il quale divide il campo di Attila da quello di Ezio. È il mattino.
Foresto solo. Indi Uldino.

[N. 12 - Scena e romanza]

FORESTO

Qui del convegno è il loco...

qui dell'orrende nozze

l'ora da Uldino apprenderò... nel petto

frénati, o sdegno... a tempo,

come scoppiar di tuono,

proromperò.

ULDINO

Foresto!

FORESTO

Ebben!

ULDINO

Si move

ora il corteo giulivo

che d'Attila alla tenda

accompagna la sposa.

FORESTO

Oh, mio furore!

Uldino, va'!... Ben sai

di là della foresta

in armi stanno le romane schiere...

Ezio a te attende sol, perché sull'empio

piombino tutte.

(Uldino parte)

Scena seconda

Foresto solo.

Infida!

Il dì che brami è questo:

vedrai come ritorni a te Foresto!

Che non avrebbe il misero

per Odabella offerto?

Fino, deh, ciel perdonami,

fin l'immortal tuo serto.

Perché sul viso ai perfidi

diffondi il tuo seren?...

perché fai pari agli angeli

chi sì malvagio ha il sen?

Scena terza

Detto, ed Ezio, che viene frettoloso dalla parte del campo romano.

[N. 13 - Terzetto]

EZIO

Che più s'indugia?... attendono

i miei guerrieri il segno...

proromperan, quai folgori,

tutti sul mostro indegno.

FORESTO

Non un, non un de' barbari

ai lari tornerà.

CORO

interno

Entra fra i plausi, o vergine,

schiusa è la tenda a te;

entra, ed il raggio avvolgati

dell'esultante re.

Bello è il tuo volto, candido

qual mattutino albor,

a dolce spirto è simile

ora di sol che muor.

FORESTO

Tu l'odi?... è il canto pronubo...

EZIO

Funereo diverrà.

FORESTO

Ah, scellerata!

EZIO

Frenati.

Lo esige l'alta impresa.

FORESTO

Sposa è Odabella al barbaro!...

A' suoi voler s'è resa!...

EZIO

La tua gelosa smania

frena per poco ancor.

FORESTO

Tutti d'Averno i demoni

m'agitan mente e cor.

Scena quarta

Odabella, sempre in arnese da amazzone con manto reale e corona, che viene spaventata e fuggente dal campo barbaro, e detti.

ODABELLA

Cessa, deh, cessa... ah lasciami,

ombra del padre irata...

lo vedi?... io fuggo il talamo...

sarai... sì... vendicata...

FORESTO

È tardo, o sposa d'Attila,

è tardo il tuo pentir.

EZIO

Il segno... il segno... affrettati,

o ci farem scoprir.

ODABELLA

Tu qui, Foresto?... Ascoltami,

pietà del mio martir.

ODABELLA

Te sol, te sol quest'anima

ama d'immenso amore;

credimi, è puro il core,

sempre ti fui fedel.

FORESTO

Troppo mi seppe illudere

il tuo mendace detto!

Ed osi ancor d'affetto

parlare a me, crudel?

EZIO

Tempo non è di lagrime,

non di geloso accento;

s'affretti l'alto evento,

finché ne arride il ciel.

Scena quinta

Attila, che va dritto ad Odabella, e detti.

[N. 14 - Quartetto finale]

ATTILA

Non involarti, seguimi;

perché fuggir chi t'ama?...

che mai vegg'io?... qui, perfidi,

veniste a nuova trama?

Insieme

ATTILA

(ad Odabella)

Tu, rea donna, già schiava, or mia sposa;

(a Foresto)

tu, fellon, cui la vita ho donata;

(ad Ezio)

tu, romano, per Roma salvata,

congiurate tuttor contro me?...

Scellerati... su voi sanguinosa

piomberà la vendetta del re.

ODABELLA

Nella tenda, al tuo letto d'appresso,

minacciosa e tuttor sanguinante

di mio padre sta l'ombra gigante...

trucidato ei cadeva per te!

(scaglia lungi da sé la corona)

Maledetto sarebbe l'amplesso

che me sposa rendesse del re.

FORESTO

Di qual dono beffardo fai vanto?

Tu m'hai patria ed amante rapita;

in abisso d'affanni la vita

hai, crudele, cangiato per me!

O tiranno... con morte soltanto

può frenarsi quest'odio per te.

EZIO

Roma hai salva!... e del mondo lo sdegno,

che t'impreca superna vendetta?

Ed il sangue che inulto l'aspetta

non rammenti?... Paventane, o re.

De' delitti varcasti già il segno;

l'ira pende del cielo su te.

S'ode internamente il rumore dell'improvviso assalto al campo d'Attila.

CORO

Morte... morte... vendetta!

ATTILA

Qual suono?

EZIO E FORESTO

Suono è questo che segna tua morte.

ATTILA

Traditori!

EZIO E FORESTO

Decisa è la sorte...

(Foresto va per trafiggere Attila, ma è prevenuto da Odabella, che lo ferisce esclamando:)

ODABELLA

Padre!... ah padre, il sacrifico a te.

(abbraccia Foresto)

ATTILA

(morente)

E tu pure, Odabella?...

Scena ultima

Guerrieri romani, che irrompono da ogni parte, e detti.

TUTTI

Appien sono

vendicati, dio, popoli e re!

Fine del libretto.

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Locandina Prologo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena ultima