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L'Atenaide

L'ATENAIDE

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Apostolo ZENO.
Musica di Antonio Lucio VIVALDI.

Prima esecuzione: 28 dicembre 1728, Firenze.


Attori:

TEODOSIO II, imperatore amante d'Atenaide

soprano

ATENAIDE sotto nome di Eudossa figlia di Leontino

soprano

PULCHERIA sorella di Teodosio

mezzosoprano

VARANE figlio d'Isdegarde re de' Persi amante di Atenaide

mezzosoprano

LEONTINO filosofo padre di Atenaide

tenore

MARZIANO generale di Teodosio amante di Pulcheria

contralto

PROBO prefetto del pretorio, amante di Pulcheria

tenore




La scena si rappresenta nella reggia di Bisanzio, ora Costantinopoli.

Argomento

Eudossa figliuola di Leonzio, o Leontino filosofo ateniese, si era rifugiata in Costantinopoli per sottrarsi dall'amor di Varane principe della Persia, e figliuolo dl re Isdegarde, quell'istesso, che il padre di Teodosio il Giovane in morendo, nominò tutore de' suoi figliuoli. Ella prima si chiamò Atenaide, ma dipoi essendo stata battezzata da Attico patriarca di Costantinopoli, aveva preso il nome di Eudossa. Avendola quivi veduta esso Teodosio, se ne invaghì, e mosso non tanto dalla bellezza del corpo, quanto dalla eccellenza dell'ingegno di lei, la quale era dottissima, essendo stata allevata dal padre nelle scienze, la prese per moglie, anche di consenso di Pulcheria sua sorella, la quale potea molto sull'animo dell'imperatore suo fratello. Parlano di questo fatto gl'istorici greci Zonara, Teofano, ed altri.

Ha servito all'intreccio del dramma il fingere, che Varane si portasse a Costantinopoli, seguendo la sua Atenaide con intenzione di sposarla, ancorché in Atene avesse ricusato di farlo, ed ivi insistesse, deposta l'alterigia del suo fasto, per ottenerla, non ostante, che la trovasse già destinata a Teodosio, il quale meditava di darli la sorella Pulcheria amata da Marziano generale dell'impero. Il rimanente di ciò, che si finge, come la segreta corrispondenza di Pulcheria a Marziano, gli amori di Probo per la medesima, le sue gelosie, ed il suo tradimento, s'intendono facilmente nella tessitura del dramma intitolato Atenaide.

Le voci di fortuna, fato, deità, etc. credi pure, che sono scherzi della penna, di chi scrisse da poeta, non sentimenti di cuore, di chi vive veramente da cattolico.

Atto primo
Scena prima

Loggiato corrispondente al palazzo imperiale.
Atenaide sotto nome di Eudossa, e Leontino.

ATENAIDE

Fausta per me risplende

di questo dì la chiara luce, o padre,

se da te mi principia.

LEONTINO

Questi, in cui posso ancora

favellarti da padre ultimi istanti,

spendasi meglio. In breve

la turba adulatrice

vassalla, e serva a te d'intorno accolta

s'affollerà. Attenta Eudossa ascolta.

ATENAIDE

Attendo i tuoi consigli, anzi gli bramo.

LEONTINO

Qual fosti, e qual fra poco

sarai, ti si rammenti.

Atene, è la tua patria: ivi sortisti

col nome d'Atenaide illustri fasce,

ma non però reali.

Io ti fui padre...

ATENAIDE

E guida

agli arcani mi fosti alti recessi,

ove umano pensier rado s'innalza.

LEONTINO

La tua propizia stella esaminai,

d'allor previdi il trono,

ch'empier dovevi; in essa

vidi il tuo fato, assai più chiaro il vidi

nel tuo bel volto, e nella tua grand'alma.

ATENAIDE

Dono del cielo, e tuo.

LEONTINO

Beltà, e virtude in te crescean con gli anni.

Quando del re de' Persi il figlio erede...

ATENAIDE

Varane il so. (Fatal memoria!)

LEONTINO

A noi

ospite giunse, vago

d'erudir negli studi

la regal mente. Egli ad un punto istesso

e ti vide, e ti amò.

ATENAIDE

Col tuo consenso

anch'io (stelle) l'amai.

LEONTINO

Piacquemi un fuoco,

che potea farti illustre, e già mirarti

a me parea sul perso trono assisa.

ATENAIDE

Nostra fuga improvvisa

sol vi si oppose.

LEONTINO

Ah figlia,

vidi uscir da quel fuoco

anzi nebbia, che luce,

e l'impuro vapor sparger potea

macchie eterne al mio sangue, e alla tua fama.

Teco al rischio mi tolgo,

fuggo in Bisanzio, ascondo

il nome d'Atenaide in quel d'Eudossa,

t'offro a Pulcheria, ella al fratello. A lei

piace la tua virtude,

a cesare il tuo volto.

Proposto appena, e stabilito il nodo,

che ti fa augusta, il tuo destin già è fermo.

Già paghi i voti miei.

Col favor di Pulcheria

sposa a Teodosio, e imperatrice or sei.

ATENAIDE

Ma imperatrice, e sposa

lieta non son, mi turba

l'instabil sorte.

LEONTINO

A questa

ferma i vertiginosi impeti ciechi

saggia virtù. M'odi, e nell'alma imprimi,

quanto un padre or consiglia.

ATENAIDE

Parli, parli Leontino, Eudossa è figlia.

LEONTINO

T'ama cesare, è ver, teco divide

l'autorità sovrana,

ma può il tempo, e può l'uso

nel giovane monarca i nodi antichi,

se non sciorre, allentar. Tu sempre fida

soffri, e taci: ama in lui,

sino la sua incostanza, e quando ancora

tu lo veda avvampar d'altra beltade,

non l'irritar con importune accuse.

Una moglie gelosa

più molesta divien; la sofferenza

sol fa arrossir l'infedeltà d'un core,

e gelosia mai non racquista amore.

ATENAIDE

A Teodosio piacer, sia di quest'alma

sol voto, unico bene.

LEONTINO

In Pulcheria rispetta

la tua benefattrice, e la tua augusta.

ATENAIDE

Grato dover non parte

da un nobil cor.

LEONTINO

Ne sien tua cura i gravi

pubblici affari. A tuo poter sostieni

giustizia, e merto. A tutti

non dar facile orecchio.

Ti accarezza sovente

la man, che più t'insidia. I casi avversi

non ti trovino vile,

né superba i felici. Anche dal trono

al nulla, onde sortisti, il guardo abbassa,

fa', che il ben de' vassalli

sia di Teodosio il vero bene; a lui

la pace, il giusto, e la pietà consiglia,

e ancor dopo il possesso,

degna del grado tuo renditi, o figlia.

ATENAIDE

Questi, o signor...

LEONTINO

Di genitor, che t'ama,

sono gli ultimi accenti.

Tu in avvenir mia augusta,

io sarò tuo vassallo, e l'esser padre

non farà, ch'io ti nieghi il mio rispetto.

ATENAIDE

Come? Nemmen dal soglio

scorderò il mio dover.

LEONTINO

No no, codesto

dover più non pretendo,

mia figlia, addio.

ATENAIDE

Padre, e signor...

LEONTINO

Ti lascio,

ma ti lascio con pena, ah soffri, o cara

nell'estremo congedo il pianto mio,

e benché singhiozzando

prendi l'ultimo amplesso, Eudossa addio.

Ti stringo in quest'amplesso,

o di me stesso parte miglior,

benché ti ceda al trono

non t'abbandono senza dolor.

Scena seconda

Atenaide, poi Pulcheria, e poi Marziano con Guardie.

ATENAIDE

Lasciami, o di Varane

immagine odiosa. Assai già tolto

m'hai di pace, di gloria, e d'innocenza:

de' paterni consigli

questo sia il primo frutto, amar Teodosio,

ma solo amarlo, e sempre.

Applaudami la Grecia e 'l fier Varane

comprenda, che, se indegna

del diadema de' cesari non sono,

potea con egual merto

salir moglie, e regina anche al suo trono...

PULCHERIA

Augusta sposa...

ATENAIDE

Eccelsa principessa...

PULCHERIA

Questo è 'l lieto tuo dì, Bisanzio applaude

di Teodosio all'amor, d'Eudossa al merto:

oggi il cesareo serto

passerà sul tuo crine. Appena basta

al concorso de' popoli giulivi

la reggia intera, e ad onorar tue nozze

oggi a noi vien (sia caso, o sia consiglio)

di Persia il prence, e d'Isdegarde il figlio.

ATENAIDE

(Che sento? Oh dio!) Varane,

Varane oggi in Bisanzio!

PULCHERIA

Appunto. Aver non ponno

i tuoi sponsali spettator più illustre.

ATENAIDE

(Oh cieli!)

MARZIANO

Ah principessa,

egli a noi vien non spettator, ma sposo.

PULCHERIA

Sposo, di chi?

ATENAIDE

(Tutto è palese.)

MARZIANO

Assolvi

dall'annunzio funesto un cor fedele.

PULCHERIA

No no, libero parla. Il perso erede,

che vuol? Che spera?

MARZIANO

Il tuo imeneo richiede.

PULCHERIA

Il mio?

MARZIANO

Pubblico intorno

ne corre il grido. Cesare v'applaude

ne gode ogni alma.

PULCHERIA

E Marziano ancora?

MARZIANO

Marziano è vassallo. (Il duol m'accora.)

ATENAIDE

(Son morta.)

PULCHERIA

Amica. Onde il pallor...

ATENAIDE

Perdona.

Il nodo, che ti toglie al greco impero,

in te toglie ad Eudossa

il sostegno più forte.

PULCHERIA

T'ama il german. Di che temer potrai?

ATENAIDE

Tutto non vedi il mio destin, né il sai.

Della rubella

mia iniqua stella

tutta non vedi la crudeltà.

Né tutta miri ~ la ria procella,

che in ciechi giri

sopra il mio capo

fremendo va.

Scena terza

Pulcheria, e Marziano.

PULCHERIA

Marzian sì pensoso? Il ciel mi chiama

al diadema di Persia.

Ne gode ogn'alma, cesare v'applaude,

e tu sol ne sospiri?

MARZIANO

Ah principessa

perderti troppo costa

non dirò a me, che poco

caler ti dée d'un misero vassallo,

a Teodosio dirò, dirò all'impero,

tua prima cura, e tuo maggior pensiero.

PULCHERIA

Col rifiuto del figlio,

ad Isdegarde sarò ingrata! In fronte

sdegnerò una corona,

che fa servir di Teodosio al sangue

quella parte di mondo, ov'ei non regna?

Parla, o duce, consigliami; ma solo

sia del consiglio tuo norma, ed oggetto,

pubblico zelo, e non privato affetto.

MARZIANO

Il tuo cor, non il mio, vorrei, che guida

al tuo talamo fosse,

e fosse la ragion del tuo rifiuto.

PULCHERIA

Gli imenei di chi regna

amor non fa: gli stringe

ragion di stato.

MARZIANO

E questa

questa s'oppone ai tuoi, sol col tuo senno

si regge augusto; e sol col tuo l'impero.

Se tu parti ei vacilla, e se pur brami

sposo al tuo letto, ei non si scelga altronde,

che tra i sudditi tuoi. Regna con esso,

ma nella Grecia; e sia

anche in grado di sposo un tuo vassallo.

PULCHERIA

Marzian sul tuo labbro

è tutto zel ciò, che favella?

MARZIANO

(Oh dio!)

PULCHERIA

Non t'arrossir.

MARZIANO

Ti basti,

che sia reo il mio silenzio.

Lascia penar con innocenza il core,

e interpreta per zelo, anche l'amore.

PULCHERIA

Questa al tuo zel si renda

non vil mercé. Vattene, o duce. Adopra

l'arte, il poter, perché si rompa il laccio,

che mi stringe ad altrui. Tuo ne sia il merto,

io ne godrò. A Varane

toglimi, te ne prego, e te 'l comando.

Scena quarta

Probo, e detti.

PROBO

E se il tuo non ti basta, ecco il mio brando.

PULCHERIA

Tanto un suddito ardisce!

E tanto con Pulcheria

dell'amor di Teodosio

così t'abusi? Probo, anche i favori

offendono non chiesti,

e tal son io, che posso a voler mio

rifiutarli, e gradirli.

PROBO

Il mio zelo...

PULCHERIA

Anche il zelo

colpa divien, quando è soverchio. Attenda

d'esser richiesto, e in faccia

al suo sovran, sia più modesto, e taccia.

Là sul margine del rio

più di un fior vorria goder

il favor della fresc'onda;

ma talor su quella sponda

gode un solo il gran piacer.

Così amor, tu già m'intendi,

con modestia taci e attendi

il sovrano mio voler.

Scena quinta

Marziano, e Probo.

PROBO

Marziano, tu solo

al nodo di Varane

rendi avversa Pulcheria.

MARZIANO

Sa consigliarsi augusta

col proprio core.

PROBO

E tu la rendi ingrata

al merto altrui.

MARZIANO

Parlan nostre opere, ed ella

ne vede il prezzo, e ne distingue il merto.

PROBO

Ma non sa giudicarlo.

MARZIANO

Probo, con più rispetto

parli un suddito labbro. I torti suoi

sono miei torti.

PROBO

Hai molto

per lei di zelo.

MARZIANO

Il grado suo me 'l chiede.

PROBO

Piuttosto il suo sembiante.

MARZIANO

La mia fede.

PROBO

Eh saresti

meno fedel, se meno fosti amante.

MARZIANO

Probo queste rispetto

soglie reali.

PROBO

In ogni luogo ha Probo

con che farsi temer.

MARZIANO

Piacemi, e altrove

dal tuo valore ne attenderò le prove.

Al valore, che prode ti pregi,

vuò veder, se l'ardire pareggi,

ma già parmi non sia, che viltà.

Sempre uniti già sono in un core

folle audacia, codardo timore,

l'insolente col vile se n' va.

Scena sesta

Probo, poi Teodosio con Séguito.

PROBO

Va' pur, la sofferenza

vendicherà i miei torti; in te conosco

il nemico, e il rival: tu sol m'involi

gli affetti di Pulcheria,

ma se non può l'ingrata

esser conquista mia,

tua nemmeno ella sia: l'abbia altro amante,

l'abbia Varane. Al mio deluso amore

servirà di conforto il suo dolore.

TEODOSIO

Mio fedel, mi dà pena,

che Pulcheria a quel nodo,

per cui l'innalzo a dominar nei Persi,

cieca resista. Ad imeneo più illustre

non può sceglierla il cielo,

quel rifiuto, che ingrati

ci rende ad Isdegarde,

provocarne può l'ire,

e nemico sì forte, e sì guerriero

può costar sangue, e pianto al greco impero.

PROBO

(Sorte mi arride.) Il tuo timor istesso,

cesare, è comun bene.

Né la germana augusta

v'oppone il suo voler, l'altrui si oppone.

Parla coll'altrui labbro,

con l'altrui cor risolve.

TEODOSIO

E da qual core

sedotto è 'l suo?

PROBO

Da quello

d'un audace vassallo,

che alle sue nozze insidioso aspira.

TEODOSIO

Alma v'è sì orgogliosa?

Qual sia? L'addita. In petto

già m'arde una giust'ira, e stringo in mano

le pene più temute.

PROBO

Egli è... (Pera il rivale.)

TEODOSIO

Chi?

PROBO

Marziano.

TEODOSIO

E Marzian sarà punito. Un duro

esilio a questa reggia

lo torrà, finché unita

veda Pulcheria al principe di Persia.

PROBO

Signor, tutto ei possiede

col militar comando anco l'affetto.

TEODOSIO

Cauto oprerò, simulerò l'offesa,

parrà favore anche la pena; e un braccio

sì necessario, e prode,

non perderò, né irriterò. Tu intanto

vanne incontro a Varane.

PROBO

A me ben noto

nella sua corte, ove l'onor sostenni

di tuo ministro.

TEODOSIO

A lui

offri, quanto dar può cesare e 'l trono,

che amico a lui, grato a Isdegarde io sono.

PROBO

Imeneo più chiare, e belle

arderà le sue facelle,

e amor, con doppio laccio

le sue gioie accrescerà.

Lieto dì con più bel raggio,

mai non sorse al greco impero,

e ogni cor serve in omaggio

alla tua felicità.

Scena settima

Teodosio.

Tutt'amor, tutta gioia

l'alma mi brilla in petto! Amata Eudossa,

m'è oggetto più giocondo

l'impero del tuo cor, che quel del mondo.

Trovo negli occhi tuoi

tutto il contento mio,

tutto il mio bene.

E fuor di te, che sei

meta de' pensieri miei,

beni non ha 'l desio

voti la spene.

Scena ottava

Cortile imperiale.
Varane con Séguito, e Probo.

VARANE

Reggia amica a te vicino

più mi balza il core in petto.

Ma non so del mio destino

se per fama o per sospetto.

PROBO

Principe illustre a sua gran sorte ascrive,

cesare il mio sovrano,

che del tuo regio aspetto

l'alte sue nozze ad onorar tu venga.

VARANE

E nel tuo incontro io formo

fortunati presagi a quel destino,

che qui mi tragge, o amico.

PROBO

E qual altro destino a noi ti dona,

che l'antica amistà

del tuo col nostro impero? (Egli si tenti.)

VARANE

Ah Probo, a voi non amistà, non altra

politica ragion qui mi fu guida;

sol mi fu guida amore,

amor per me fatal.

PROBO

(Povero cuore.)

VARANE

La beltà, ch'io sospiro

vive tra voi, tal me ne giunse il grido.

Pietà Probo, se mi ami,

reggi tu i passi miei,

senza colei, per cui vo errando intorno,

m'è odioso ogni respiro, infausto il giorno.

PROBO

Signor del tuo bel fuoco

ti precorre la luce. Il so, gran fregio

di questa reggia è la beltà, che adori.

VARANE

Me fortunato.

PROBO

Ella tua sia, t'impegno,

quanto a cesare appresso

ho di poter.

VARANE

Mio caro.

(lo abbraccia)

PROBO

(Per pena del rival perdo me stesso.)

Scena nona

Leontino, e detti.

LEONTINO

(Che miro, o dèi! Quegli è Varane.)

VARANE

Ah Probo,

quegli è Leontino?

PROBO

Il saggio

d'Atene, è desso.

VARANE

Oh tanto invano, o tanto

sospirato Leontino.

LEONTINO

(Più non v'è scampo.) Al grande

successor della Persia...

VARANE

Eh lascia questi

titoli a me funesti.

Dimmi Varane, amico, figlio, o s'altri

nomi d'amor può suggerirti il labbro.

LEONTINO

L'alto tuo grado...

VARANE

Probo,

qui grave affar seco mi chiede alquanto.

Riedi a Teodosio. Ei sappia,

che il mio piacer nella sua reggia io spero,

e fa' ch'egli ti dia l'augusto assenso.

PROBO

Nel mio zelo confida.

(Piangi amor mio, ma il mio rival non rida.)

(parte)

Scena decima

Varane e Leontino.

VARANE

Leontino, ove è Atenaide?

LEONTINO

Atenaide sol è, dov'è Leontino.

Ma più non la vedrai. Credilo a un padre.

VARANE

Chi può torla a miei lumi,

chi negarla al mio amor? Chi tanto puote?

LEONTINO

Tu stesso, e la tua gloria.

VARANE

La gloria mia?

LEONTINO

Non ti lusingo, o prence;

fuggila per tuo onor, per suo la fuggi.

VARANE

Il suo fato, il mio amor, vuol, ch'io la cerchi.

LEONTINO

L'amor tuo s'avvilisce: ei cerchi oggetti

degni più del tuo fasto.

VARANE

Tutto il mio fasto è l'adorarla. Ah cessa,

di più temer: vengo a recarle un core

innocente, e più puro.

Vengo ad offrirle un trono

eguale a sua virtù. Con minor prezzo

non riparo il suo torto

non l'error mio. Torto, ed error, che tanto

a me costò di pentimento, e pianto.

LEONTINO

Eh mediti altre nozze

della Persia l'erede.

VARANE

Quelle vo' d'Atenaide.

LEONTINO

Di augusta gl'imenei gli applausi avranno,

della Persia, e del padre.

VARANE

Ma non quel del mio cor. Voglio Atenaide.

LEONTINO

Vedi la regal vergine...

VARANE

A miei lumi

tutto è oggetto d'orror, se lei non veggio.

Mia delizia, mio bene,

deh non soffrir, ch'io te ne preghi indarno.

Lascia, ch'io dir ti possa

benefattore, e padre.

Vedilo, io tutta abbasso

la mia grandezza all'umiltà del prego.

Concedimi Atenaide.

LEONTINO

Non è più tempo. Allora,

ch'io potea ricusasti:

or che tu vuoi, non posso.

La sorte d'Atenaide

al paterno voler più non soggiace,

decretato è di lei: soffrilo in pace.

(in atto di partire)

VARANE

Fermati, e meglio vedi

qual io mi sia. Varane

soffrir non può d'aver pregato indarno.

Chiesi Atenaide, ed Atenaide io voglio,

che s'ancor pensi audace

torla con nuova fuga agli occhi miei,

parte non sia sì solitaria, e strana,

dove non giunga il mio furor. Cercarti

saprà la mia vendetta,

oltre il mar più profondo,

oltre ogni lido, oltre il confin del mondo.

LEONTINO

Nella reggia di cesare Leontino

non sa temer. Torno a ridirlo. Invano

a me chiedi Atenaide: il suo destino

più da me non dipende, e se ancor fede

tu nieghi a' detti miei,

vanne a Pulcheria, e sol la chiedi a lei.

Mai s'accende di sdegno il mio core,

non pavento minaccia e furor.

Disperato se vedi il tuo amore,

puoi cangiarne la fiamma e l'ardor.

Scena undicesima

Varane, Teodosio, Pulcheria, Marziano, Probo, e loro Séguito.

VARANE

A cesare si vada: ei mi conceda

di Atenaide il possesso,

onde nel punto istesso

sia felice il suo amor, sia lieto il mio.

TEODOSIO

Principe amico, ogni momento, è pena,

che a noi tarda il piacer dell'abbracciarti.

Questa reggia è tua reggia,

Pulcheria, ed io tutto dobbiamo al figlio

di quel gran re, che un tempo

fu a noi tutore, e padre.

PULCHERIA

Empie il tuo nome

le voci della fama,

e Bisanzio vedrà con lieto ciglio

di cento eroi te invitto erede, e figlio.

VARANE

Augusto, principessa

ben fu presago il cor, che solo in questo

felicissimo cielo

sarian paghi i miei voti.

Questo misero cor lunghi sostenne

fieri naufraghi, ei qui ne spera il porto,

e se sovrano assenso

oggi mi si concede,

si vedrà in sì bel giorno

ad un talamo solo arder due tede.

MARZIANO

(Misero me.)

PROBO

(Pena il rival.)

TEODOSIO

Ne attesto

principe il ciel, la real fede impegno;

quanto da me dipende

per tuo ben, per tua pace

tutto otterrai. Di': chiedi.

VARANE

Generosa Pulcheria...

MARZIANO

(Ahimè!)

VARANE

Manca alla mia

piena felicità solo il tuo voto

pende da te della beltà, che adoro

l'alto destin.

PULCHERIA

Può sperar tutto il grande

eroe dell'Asia.

TEODOSIO

Ed ottener può tutto;

chieda egli pur.

VARANE

Si compia

prima il tuo nodo, io qui t'indugio un bene,

che fa troppo penar colla dimora.

TEODOSIO

A tuo piacer, questa è tua reggia, prendi

ivi riposo, ivi le leggi imponi.

Regna Varane, ove è Teodosio. Probo

ne adempia i cenni.

VARANE

Io parto

pieno insieme di gioia, e di rossore.

(Dal suo contento, è quasi oppresso il core.)

Tanto lieto ho il core in petto,

che al goder dell'alma mia,

già la fredda gelosia

più velen sparger non sa.

Tal l'amor si consola,

che da me già tutto invola

quel dolore,

che nel ciel destò pietà.

Scena dodicesima

Teodosio, Pulcheria, e Marziano.

TEODOSIO

Sei vicina, o germana, a porti in fronte

la corona di Persia.

PULCHERIA

Onor, ch'io non ambisco.

TEODOSIO

All'imeneo felice,

echeggiano in applauso, e mari, e lidi.

PULCHERIA

Fama è spesso bugiarda,

e s'applaude sovente a un'ombra vana.

TEODOSIO

Tutto arride al tuo nodo.

PULCHERIA

Il più vi manca.

TEODOSIO

Che mai?

PULCHERIA

Vi manca di Pulcheria il voto.

TEODOSIO

Vuoi forse rifiutar sposo sì illustre?

PULCHERIA

Richiesta ancor non sono.

TEODOSIO

E se lo fossi?

PULCHERIA

Maturar ben si deve il grand'assenso,

dov'è inutile, e tardo il pentimento.

TEODOSIO

E se augusto te n' priega?

PULCHERIA

Augusto è il mio germano.

MARZIANO

Ed ei non stende

fin sopra il cor l'autorità del grado.

TEODOSIO

Può comandar ciò che all'impero ei vede

giovevole, ed onesto.

MARZIANO

Perdonami signor, giova all'impero,

che talor tu consigli i dubbi affari,

col senno di Pulcheria.

TEODOSIO

Duce, chi nacque all'armi

mal sa in pace trattar, nozze, ed accordi.

L'alma guerriera volentieri assente

a consigliar ciò che cagion seconda

esser può di sospetti, e di litigi.

Ma se tale in te avvampa

sete di guerra, e di trofei, va' espugna

il Bulgaro rubello

pria, che il giorno tramonti,

ti veggia il campo, e a nuove palme il guida;

cesare a te la sua vendetta affida.

MARZIANO

Ubbidirò. Dall'armi tue sconfitta

la provincia rubella

il solo non sarà de' miei perigli,

e il primo non sarà de' tuoi trionfi.

Farò morder il giogo

al popolo fellon, correr di sangue

farò, s'ei fia protervo e strade, e fiumi;

andrò, vedrò, ubbidirò il tuo cenno,

soddisfatto vedrò l'altrui livore,

tornerò d'altri lauri

cinto le tempie, e domi

i miei nemici, e i tui

avremo ambo vittoria,

tu dell'audacia, io dell'invidia altrui.

Di nuovi allori adorno

a te farò ritorno,

e a piè del soglio avvinta,

la fellonia trarrò.

Poi dell'invidia oppressa

sulla ruina istessa

maggior risorgerò.

Scena tredicesima

Teodosio, e Pulcheria.

PULCHERIA

Signor, saggio consiglio

non è irritar braccio sì prode. A lui

tutta dell'armi nostre

affidata è la cura.

TEODOSIO

Utile m'è nel campo,

ma nella reggia a me fa guerra il duce

più d'ogni altra spietata.

PULCHERIA

In che t'offende?

TEODOSIO

Del mio favor s'abusa, e del suo grado.

PULCHERIA

Ma qual error?

TEODOSIO

Pulcheria, in certi rei,

dissimular le colpe

convien per non punirle.

Marzian vada al campo, e tosto vada.

PULCHERIA

Dunque, sua pena è 'l tuo comando?

TEODOSIO

Ei vada,

e dal suo core esiga,

o vicino, o lontano,

del comando il rispetto, e non l'arcano.

Qual la sua colpa sia

ricercane il tuo cor,

e toglimi il rossor

dell'alta offesa.

Guarda saria viltà,

se dalla maestà

fosse difesa.

Scena quattordicesima

Pulcheria.

Purtroppo il so, la tua sciagura o duce,

è il tuo amore innocente.

Pietà ne sento, ohimè guardati, o core,

sembianze di pietà prende anche amore.

Quanto posso a me fo schermo,

e da piaghe, e da ritorte.

Ma ho timor ~ che contro amor

sia riparo troppo infermo

l'esser grande, e l'esser forte.

Varianti all'atto primo

Dai libretti delle versioni precedenti.

Aria alternativa fine scena I.

LEONTINO

Sposa augusta ascendi al trono,

ti fui padre, or più non sono

ma vassallo tutto amor.

Se talor per me un pensiero

non offende il grado altero,

ti rammenta il genitor.

Aria alternativa fine scena IV.

PULCHERIA

Non trova in me riposo

l'anima sconsolata,

che persa nello sposo

ha la sua pace.

È solo oggetto d'ira

Varane a questo cor;

avvampo di furor,

e 'l labbro tace.

Aria alternativa fine scena V.

MARZIANO

Vedrò se pareggi

l'ardire al valor.

Ma so, che sovente

in lega se n' vanno

un labbro insolente,

un timido cor.

Aria alternativa fine scena X.

LEONTINO

Nello scoglio irata l'onda

urta, freme ~ incalza, e preme,

ma no 'l muove, no 'l profonda,

ed è vano il suo furor.

Con minacce, e con i preghi,

tu così vuoi, che mi pieghi,

ma egual sorte ~ in petto forte

ha il tuo sdegno, ed il tuo amor.

Atto secondo
Scena prima

Salone magnifico.
Teodosio, Varane, e Probo, e loro Séguito.

TEODOSIO

Va' Probo, e fa' che augusta

più sollecito il passo a noi rivolga.

PROBO

Impaziente è amore.

(parte)

TEODOSIO

E tu questi perdona

d'innamorato seno impeti, e voti

principe amico.

VARANE

Ah provo anch'io qual pena

sia la speme, e l'indugio in chi ben ama.

TEODOSIO

Tra poco il mio diletto

qui compirsi vedrai, vedrai la degna

cagion dell'ardor, vedrai del volto

le amabili sembianze,

la modestia del guardo,

l'onesto portamento, e allor dirai,

che se pari al suo bello è il mio piacere

non v'è cor più felice,

né più amante del mio.

VARANE

(Atenaide mio bene

così dirò nel tuo possesso anch'io.)

Scena seconda

Atenaide, Probo, e detti.

VARANE

O dèi! La mia Atenaide

veggo in Eudossa?

ATENAIDE

Ahimè Varane?

TEODOSIO

(a Varane)

Questa

principe, è la mia Eudossa;

(ad Atenaide)

e questi, o sposa

è il principe Varane.

ATENAIDE

(Che mai dirò?)

VARANE

(Son io ben desto? I sensi

traveggon forse!) Eudossa, Eudossa è questa?

PROBO

Scelta all'augusto trono.

TEODOSIO

E scelta al nostro

marital letto, imperatrice, e sposa.

VARANE

Ma come?... Ah Probo... E sarà ver?... (Son morto.)

TEODOSIO

Quale stupor? Troppo sorprende i cori

la beltà di quel volto;

e tu, cara, i belli occhi

alza dal suolo, ove gli tieni affissi;

e in aver sì gran prence

spettator di tue nozze

non arrossir; stendi la destra, ei stesso

seguirà al tempio i nostri passi. Andiamo.

VARANE

Che? Seguirvi Varane? Questi lumi

saranno il testimon d'un imeneo?

No... Prima... Ah giusti dèi,

con qual fulmine orrendo

prendeste ad atterrar la mia costanza?

TEODOSIO

Che ascolto? A quai trasporti

si dà in preda il tuo labbro?

Qual turbamento è il tuo?

Tu impallidisci? E tu pur anche Eudossa

perché? Parla; onde mai? Svela l'arcano.

ATENAIDE

Sire... (Mi manca il cor.)

VARANE

Parli Teodosio.

Parli Varane. È vero.

Non son più di me stesso,

le pene, e i turbamenti

nascono in me da quel fatale oggetto...

oh dio... misero core... è forza, o sire,

ch'io ceda al mio dolore,

sento, che nell'indugio

la mia stessa ragion divien furore.

Nel profondo cieco orrore

mi precipita il mio fato,

già spietato a questo cor.

Vincerà fiero il rigore

disperato il mio furor.

Scena terza

Atenaide, Teodosio, e Probo.

TEODOSIO

Probo intender vorrei,

ma il mio stesso desir, fa il mio spavento.

PROBO

Tutti, sì strano evento

m'occupa i sensi.

TEODOSIO

Rompi

Eudossa il tuo silenzio, e 'l vero esponi.

Agli occhi tuoi noto è Varane?

ATENAIDE

È noto.

TEODOSIO

Ed a quei di Varane è nota Eudossa?

ATENAIDE

Eudossa è ignota a lui, non Atenaide.

TEODOSIO

D'Atenaide non chiedo,

chiedo di te.

ATENAIDE

Per me rispondo, o dire,

quando per Atenaide a te rispondo.

TEODOSIO

Spiegati, (non intendo, e mi confondo.)

PROBO

(Oscuri enigmi.)

ATENAIDE

Allora,

che in Atene io vivea, non era Eudossa,

tal mi nomai, da che in Bisanzio giunsi.

TEODOSIO

E in Atene vivesti?...

ATENAIDE

Col nome d'Atenaide.

TEODOSIO

E là ti vide?...

ATENAIDE

Il principe Varane

offertomi dal caso, e non dal core.

TEODOSIO

Segui. Ei t'amò?

ATENAIDE

Finse d'amarmi almeno.

TEODOSIO

(Oh dèi!) Né spiacque a te la regal fiamma?

ATENAIDE

Arbitro fu del mio

il paterno voler.

TEODOSIO

Né arrise il padre

ad un amor, che ti facea regina?

ATENAIDE

Non so. So, ch'ei repente

alla patria mi tolse, ed a Varane.

TEODOSIO

Per qual destin?

ATENAIDE

Le sue ragioni ha 'l padre.

TEODOSIO

Né saperle poss'io?

ATENAIDE

Si temé forse

il giovane feroce, e più 'l suo amore.

Giovò la fuga; e in queste

mura si elesse un più sicuro asilo.

Qui di nome e di culto

cangiai, mi vide augusta, e qui a te piacque...

TEODOSIO

Basta così, basta, o fatal... qual dirti,

se Atenaide, o se Eudossa

deggia, non so. Nomi del pari infausti:

nomi spietati. Un mortal ghiaccio, un freddo

sudor mi scioglie. Partiti: io solo deggio

restar co' miei pensieri.

Quando fia tempo intenderai tua sorte.

ATENAIDE

La men crudel per me saria la morte.

Son colpevole a' tuoi lumi,

ma innocente è 'l mesto cor.

Giusti numi, il vostro sguardo

ben, lo vede

pien di fede, e di dolor.

Scena quarta

Teodosio, e Probo.

TEODOSIO

Pulcheria a noi. Probo, tu vanne al tempio,

e sorprendi le pompe

al festoso apparato,

e si congedi il popolo, e 'l senato.

PROBO

Gode scherzar su i nostri casi il fato.

(parte)

Scena quinta

Teodosio.

Smanie gelose, tormentosi affetti

tutto in preda vi lascio,

il petto d'un monarca.

Ho in Varane un rival. Me 'l tace Eudossa,

ma l'infedel l'amava.

Perfida ingrata! Ancora

non sai, qual fia lo sdegno

d'un cesare geloso

d'un amator tradito.

Farò iniqua, farò, che tu non sia

né del rival, né mia.

E che il tuo nome, e la futura etade,

quando invidia dovea, svegli pietade.

Scena sesta

Teodosio, e Pulcheria.

TEODOSIO

Vieni, ah vieni in aita

d'un principe infelice.

Son tradito, o Pulcheria.

PULCHERIA

Lo so. Tutta da Probo

intesi la cagion delle tue pene.

TEODOSIO

Chi mai detto l'avria? Colei, che adoro

traea l'impura face

perfino all'ara; ed a recar venia

la spergiura sua fede in faccia ai numi!

PULCHERIA

S'Eudossa è rea, dov'è innocenza in terra?

TEODOSIO

Per te sola, o germana,

misero son. Tu mi lodasti Eudossa,

e l'amai nel tuo labbro,

pria che negli occhi suoi.

Deh! Perché a te credei? Perché lei vidi?

Oh fede! Oh vista! Oh amore! O cieli infidi!

PULCHERIA

Giustissime querele

vi fo ragion; ma, sire,

il tuo cor ne trionfi, e quella ingrata

sprezzatrice beltà sia disprezzata.

TEODOSIO

Qual consiglio a me dai?

PULCHERIA

Quel, ch'è più giusto.

TEODOSIO

Ma non quel, ch'è più caro.

PULCHERIA

Scenda l'indegna dal tuo soglio.

TEODOSIO

Oh dio!

Per vederla salir quel di Varane?

PULCHERIA

Dal tuo core l'esilia.

TEODOSIO

Perché ella passi al mio rival in seno?

PULCHERIA

Più non spiri quest'aure.

Vada colà, dove nemmeno il nome

te ne giunga all'udito.

Corro, o german. Vo', che per sempre Eudossa

s'allontani da te, né più ti veggia.

TEODOSIO

Più non mi veggia? Ah! Ferma.

So l'error suo: la sua perfidia ho nota,

ma il non vederla più mi saria morte.

PULCHERIA

Ma che far pensi?

TEODOSIO

Anzi che cada il giorno

esca dalla mia reggia

il superbo rival. Parta...

PULCHERIA

Varane?

TEODOSIO

Sì: la sua vista ira, e dolor m'accende.

Olà senza dimora,

se li rechi il mio cenno, ed ubbidisca.

PULCHERIA

Ah Teodosio! Ah fratel, per cieco affetto

dove te n' vai? Recar tu oltraggi, ed onte,

e recarli in Bisanzio,

a principe sì amico, e sì possente?

TEODOSIO

Così dunque a Teodosio

mancherà ogni conforto, ogni vendetta?

PULCHERIA

Forse un tuo inganno è 'l tuo sospetto. È cieco,

l'amante, ch'è geloso.

D'ogni idea si fa rischio,

d'ogni ombra un mostro. Ancora

il cor d'Eudossa esaminar conviene.

TEODOSIO

Facciasi. Ecco già corro

per sentiero migliore,

ciò, che far deggia, ha stabilito il core.

Vorresti, il so, vorresti amor tiranno,

dopo la libertà tormi la gloria.

Ma la cauta ragion vede il tuo inganno,

e già fa disperar la tua vittoria.

Scena settima

Pulcheria, poi Marziano con Guardie.

PULCHERIA

Libera son dall'odioso nodo,

che politica cieca

stringer volea. Qui viene il duce. Affetti

cauti vegliate alla difesa.

MARZIANO

In onta

di quel destin, che misero mi rende,

col tormi a questa reggia,

ove resta di me la miglior parte,

l'addio ne prendo almeno

con qualche pace, e un gran piacer vien meco.

PULCHERIA

Duce, qual fia?

MARZIANO

Quel di veder, che il fuoco,

ond'arde il fier Varane,

se n' vola ad altra sfera.

PULCHERIA

M'ami così? T'è grato,

ch'io perda una corona?

MARZIANO

Anzi l'acquisti,

se la tua conservi. Hai qui vassalli,

che non men de' tuoi cenni

adorano, o Pulcheria,

mi sia lecito dirlo, i tuoi belli occhi.

PULCHERIA

Se tanto, o duce, un cor vassallo osasse...

MARZIANO

V'è, chi osa tanto, o principessa. Ei fece

quanto poté per non amarti. Oppose

ragion virtù, dover: tutto fu indarno.

Reo lo vuole il tuo bel, rea la sua stella.

PULCHERIA

Duce, non più. Qualunque ei sia, gl'imponi,

o ch'ei corregga il temerario affetto,

o ch'ei lo chiuda in seno

cauto così, che non ne scoppi intorno

la più lieve favilla;

e buon per lui, che ignoto

m'è l'esser suo, né a te ben tutta io credo

la colpa sua. (Se più l'ascolto io cedo.)

MARZIANO

Poiché il misero deve

per te morir, non cura,

se il tuo sdegno l'uccida, o 'l suo dolore.

Vedi...

PULCHERIA

No, Marzian, saper non voglio,

né la colpa, né il reo. Sin che me 'l taci,

egli forse m'è caro, e degno è forse

del mio favor. Tu lieto

vanne all'armi, ai trionfi.

Ivi a core ti sia,

e la tua vita, e la memoria mia.

Sorge l'irato nembo,

e la fatal tempesta

col sussurrar dell'onde,

ed agita, e confonde,

e il cielo, e 'l mar.

Ma sai, che in un baleno

fugge la nube infesta,

e il placido sereno

in cielo appar.

Scena ottava

Marziano.

Tu parti, e intanto io resto

tra la vita, e la morte

dubbioso di mia sorte.

Timido labbro è tua la colpa. «Io t'amo»,

dir non sapesti, ed ella,

o non t'intese appieno,

o se n' infinse almeno.

Vanne, e pria, che partir, dille, che l'ami.

E fa', che all'amor mio

ella dolce risponda, «e t'amo anch'io».

Bel piacer di fido core

poter dir al caro oggetto:

per te peno, per te moro.

Ma diletto assai maggiore

è l'udir ch'egli risponda:

anch'io t'amo, anch'io t'adoro.

Scena nona

Gabinetto imperiale.
Teodosio, e Leontino.

TEODOSIO

Convenia non tacerlo.

LEONTINO

Mio fu l'error.

TEODOSIO

Teco n'è rea la figlia.

LEONTINO

M'ubbidì il suo silenzio.

TEODOSIO

Si cercò d'ingannarmi.

LEONTINO

Anzi di risparmiarti un gran sospetto.

TEODOSIO

Or più crudele egli mi rode in seno.

LEONTINO

Non val consiglio, ove dispone il fato.

TEODOSIO

Del vostro fallo è mia la pena.

LEONTINO

Credi

innocente la figlia, e sei felice.

TEODOSIO

Più avveduto mi rende il primo inganno.

Venga; e quest'alma il testimonio sia.

LEONTINO

Ma sdegno non ti turbi, o gelosia.

Se cieco affetto

ti latra in petto,

ogni consiglio diventa error.

Ed è periglio

della ragione

il turbamento,

che affligge il cor.

Scena decima

Teodosio, e Varane.

TEODOSIO

Quietatevi, o pensieri...

VARANE

No, no convien, ch'io 'l veggia.

Invan mi si resiste.

TEODOSIO

Che fia? Quest'è Varane.

VARANE

Agitato, e confuso,

cesare a te ritorno.

Nel mio furor nulla conosco, e temo.

Eudossa è l'amor mio. Se in lei tu pensi

trovar la tua consorte,

cerca ancor la mia morte.

Sebben nella tua reggia,

e sebben tutte intorno

vegliano al fianco tuo l'arme vassalle,

vittima non m'avrai facile, e sola.

Vender a non vil costo

saprò la vita, e l'oppressore istesso

dalle ruine mie resterà oppresso.

TEODOSIO

Prence le tue minacce

mi fan pietà più, che spavento; e s'io

del cor seguir volessi

gl'impeti primi, apprenderia Varane,

come si parli a cesare in Bisanzio.

Di'? Qual oltraggio hai del mio amor? Corono

quella, ch'è tuo rifiuto.

Sposa non la volesti, io la fo augusta.

Perché sdegni, ch'io sia

possessor di quel bene,

che a te tolse alterezza, e frenesia?

VARANE

Ah! signor, già condanno

quel superbo pensier. Seguo il tuo esempio.

Degna stimo Atenaide

del tuo impero, del mio, di quel mondo.

TEODOSIO

Ma che pretendi?

VARANE

Oh dio!

Vorrei ciò, che 'l mio amore

far per te non saprà. Vorrei... Ma sire

quel, che spero, non so, né quel che parlo.

Pesi il tuo cor sé stesso, e vegga quanto

a pro d'un infelice

possa aver di virtù, possa esser grande.

Ecco vinto il fasto: ecco abbattuta

la mia vana fierezza.

Imploro tua bontade,

ah! Basti all'odio tuo vederti avante

il figlio d'Isdegarde supplicante.

TEODOSIO

Mi toccano i tuoi mali,

più che i trasporti. Senti: amo Eudossa,

ma l'amo con virtù. Vo', che l'amore

mi acquisti la sua fede, e non la forza.

Vo' lasciarla tra noi

in libertà di scelta:

sì, vo' dalla sua bocca udire il nostro

oracolo fatal. Se l'hai propizio,

godrò della tua sorte,

né un cor t'invidierò, che tuo esser volle.

Ma se per me decide, i nostri amori

più non turbar. Lascia, che meco in trono

regni la tua Atenaide, e non geloso

mira la sua grandezza, e 'l mio riposo.

VARANE

Al tuo voler m'inchino,

e dalla bella attendo,

o felice, o funesto il mio destino.

Scena undicesima

Atenaide, Probo, e detti.

TEODOSIO

Nelle tue nozze Eudossa

io riponea tutto il mio ben. Ma poco

apprezzo la tua destra,

se mi manca il tuo core.

Questo tra me, e Varane

decida in libertà. Scelga tra noi

il più caro amator, non il più degno.

ATENAIDE

E che? Pensi ch'io possa?...

TEODOSIO

No, no, seco ti lascio. A lui sincero

parli il tuo cor. Qualunque

il voler ne sarà, giuro per questo,

che il crin mi cinge imperial diadema,

ne osserverò la legge.

Probo.

PROBO

Cesare.

TEODOSIO

Prendi

quest'aurea gemma: a quello

la recherai, che dall'amor d'Eudossa

sarà eletto in consorte.

PROBO

Ubbidirò.

VARANE

(Speme risorgi.)

TEODOSIO

Addio.

Benché sforzo sì grande,

vita, e felicità possa costarmi,

potrò bella Atenaide,

udir la tua sentenza, e non lagnarmi.

Al tribunal d'amore

esamina il tuo core,

e scegli quel fra noi,

che più ti piace.

Decidi in libertà,

la tua felicità,

la nostra pace.

Scena dodicesima

Atenaide, Varane, e Probo.

PROBO

(In disparte qui attendo.)

ATENAIDE

(Mi rinfranchi virtù.)

VARANE

(M'aiti amore.)

Il misero Varane, o tanto indarno

sospirata Atenaide,

avrà pur il piacer di favellarti.

ATENAIDE

Parli egli pur. Così comanda augusto.

VARANE

Intendo: col suo core

ti disponi ad udirmi,

col tuo non già, che troppo

egli arde a' danni miei d'odio funesto.

ATENAIDE

Deggio ubbidir: quanto far posso, è questo.

VARANE

E per me nulla puoi? Non che sazia

sei dell'aspre mie pene?

A un solo error, tanto supplizio? Oh dèi!

Per te, che non soffersi?

Qual mar, qual lido non tentai? Fin dove

de' sospir miei sull'ale

volar non feci d'Atenaide il nome?

Cor non fu, ch'a' miei pianti

negasse i suoi. S'è impietosito il cielo

col guidarmi in Bisanzio.

Un sol giorno, un sol punto

mi ti togliea per sempre. A tempo ancora

posso offrirti pentito, e nozze, e trono.

Atenaide, mio ben, pietà, perdono.

ATENAIDE

Principe, anche in Bisanzio

vieni a turbare la mia quiete? I mali

nel mio cielo natio per te sofferti

non ti bastano ancora?

VARANE

Eccomi a ripararli

col pentimento mio.

ATENAIDE

Tardo me 'l rechi,

e inutilmente il rechi.

Data è già la mia fede,

e di cesare io son.

VARANE

Sei di Varane,

se ben rifletti ai primi

giurati affetti.

ATENAIDE

A quei rifletto, a quelli,

che tu stesso tradisti,

a quei, ch'ora mi fanno augusta, e sposa.

VARANE

È ver, mirarti in fronte

il diadema de' cesari, è un gran fregio;

ma qui in grado d'augusta,

sarai serva a Pulcheria. In Persia io 'l primo

sarò de' tuoi vassalli,

ed a' sudditi miei

saranno i tuoi belli occhi, e leggi, e dèi.

ATENAIDE

Principe, è tempo alfine,

che in più liberi sensi il cor ti mostri.

Tutte le offerte tue, le tue lusinghe

non faranno, ch'Eudossa

a cesare sia ingrata;

e del tuo amor mi stimeresti indegna,

se tua potesse farmi un tradimento?

Tempo fu, che contento

volea farti il mio cor. Forse non senza

lagrime io ti perdei.

Forse ad esser d'altrui l'alma disposi

con violenza, e forse...

Ma che? Troppo già dissi.

Di cesare ora son. Data è la fede,

se non la destra. Esser di lui sol voglio.

Quando alla tua corona

nuovi imperi aggiungessi, e nuovi mondi,

e quando ancor per legge

di rio destin andar dovesse augusto

infelice, ramingo, e fuggitivo,

non cangerei desio, né cor, né fede,

e mi saria più dolce

con lui misera errar, con lui meschina,

ch'esser lieta con te, con te regina.

VARANE

Ebben facciasi. All'aspra

dura sentenza il mio sangue soscriva.

Vanne al talamo augusto

sul cadavere mio.

ATENAIDE

Tanto non chieggio,

prence da te. Soffri il tuo fato. Vivi

a più degna beltà, vivi a Pulcheria.

Questo al tuo amor, sol questo

favor dimando: ama Pulcheria, e vivi.

Probo, tu quella gemma

rendi...

VARANE

Ferma Atenaide.

Sugli occhi miei felice

non sia il rival. Lascia, ch'io volga altrove

e le lagrime, e l'ire.

Trema per lui. Morire

posso ben disperato,

ma non solo, non vil, né invendicato.

Il mio amore ~ diventa furore,

rabbia spiro, e vendetta dal sen.

Non trabocchi

più pianto dagli occhi;

ma sia spruzzo di fiamma nel core,

e sul labbro si cangi in velen.

Scena tredicesima

Atenaide, e Probo.

PROBO

Temo, e compiango il suo dolor.

ATENAIDE

Mi fanno

senso le sue querele,

ma così oprar degg'io.

Ei così dée soffrir. Probo, tu intanto

reca con questa gemma

al mio signor, e tuo la certa prova

di quella fé, con cui l'amo, e l'adoro.

PROBO

Eseguirò. (Nel core

sento d'amico prence il fier martoro.)

Vado a recar contenti

a chi sospira, e pena

per tua gentil beltà.

In mezzo a tuoi tormenti

ei darà fede, appena

a quel piacer, che in petto

amor gli sveglierà.

Scena quattordicesima

Atenaide, poi Leontino.

ATENAIDE

Vinta è già la procella. Eccomi in porto.

Né del primo terror mi resta in seno

il minor turbamento.

Il mio franco riposo

vien da virtù...

LEONTINO

Ma la virtude, o figlia,

nuova fuga c'impone.

ATENAIDE

Fuggir? Perché?

LEONTINO

La fiamma

dagli occhi tuoi ne' due monarchi accesa

a scoppiare è vicina in guerra atroce.

ATENAIDE

Cesare io scelsi, e al suo giudizio deve

acchetarsi Varane.

LEONTINO

Non lo sperar. Fede, che torni in danno,

non serbano i potenti, e men gli amanti,

se resti, avrai di che lagnarti. Andiamo.

ATENAIDE

Perdonami signor. Sposa d'augusto

sarò fra poco. Egli m'adora...

LEONTINO

Eh! Figlia,

sono gli amori in corte

di debol tempra. Ove le torni in grado

politica gli scioglie.

Più giova al greco impero il Perso amico,

ch'Eudossa imperatrice.

ATENAIDE

Mi fe' troppo infelice

la prima fuga, e pur l'impose onore.

Or l'impone il timor, né mancar posso

alla fé, che giurai.

LEONTINO

Incauta figlia ancor ti pentirai.

Aura d'amore, e fede

a te volando intorno

t'arresta, o figlia il piede,

e pur t'inganna.

Lascia la fé, l'amor,

deh segui il genitor,

che vago del tuo ben

per te s'affanna.

ATENAIDE

Troppo timore in seno

ricetta il genitor. La mia speranza

m'addita un regio soglio,

né dal mio ben ritrarre il piede io voglio.

Eccelso trono, ~ fedel consorte,

sono un dono, ~ che la sorte

così facile non dà.

Se lo perdo, è mia sciagura,

ma se lascio, è mia viltà.

Variante all'atto secondo

Dai libretti delle versioni precedenti.

Aria alternativa fine scena VIII.

MARZIANO

Vezzosa bellezza

da me, che si apprezza,

fortuna non ha.

Volto, che innamora,

s'è crudel, a chi s'adora,

merta sdegno, e non pietà.

Atto terzo
Scena prima

Cortile corrispondente al giardino.
Probo.

Che mi dite, o pensieri?

Tradire il mio signor? Con quale speme?

Per qual mercé? V'intendo,

s'Eudossa è di Teodosio,

Pulcheria (o dio!) fia di Varane (o cieli!)

Con qual furor mi si risveglia in seno

la gelosa mia tema?

Salvisi a me la bella.

Lungi è il rival. Con un inganno istesso

servo a me, servo a lei, servo all'amico.

Ma Teodosio è 'l mio re... che fo?... Che dico?

Alme perfide insegnatemi

a peccar con più riposo.

Avvelena ogni piacere

un rimorso tormentoso.

Scena seconda

Varane con Guardie.

VARANE

Ove mi tragga il passo, ove il pensiero,

non so, non veggio. Ah Probo

crudele amico, anco il tuo aspetto accresce

le pene mie. Sì, più l'irrita. Esponi

con qual cor, con qual fronte il mio rivale

ricevé il lieto avviso e 'l fatal dono?

Di': sulle mie sciagure

quale insultò? Nulla tacer. Non cerco

che oggetti d'ira, di dolor, di morte.

PROBO

(Ecco il tempo.) Signor

meno misero sei, di quel che pensi.

VARANE

È ver. Sì grandi sono

i mali miei, che appieno

né concepirli, né sentirli io posso.

PROBO

Ravvisa in questa gemma...

VARANE

Eh! Toglimi dagli occhi

l'infausta pietra, onde segnar le stelle

l'ultimo de' miei giorni.

PROBO

Anzi il più lieto.

VARANE

Ho perduta Atenaide.

PROBO

Ella è tua sposa:

eccone il testimon, Probo te 'l reca.

VARANE

Come? Atenaide? E sarà vero?

PROBO

Appena

da lei movesti il piede,

che vinta da pietà, spinta da amore,

vanne, Probo, mi disse,

vanne sull'orme sue: digli, che paga

son del suo pentimento.

Va', reca a lui...

VARANE

Probo non più; l'estremo

piacer mi opprime, e in rendermi la vita

quasi quasi m'uccide.

Io t'abbraccio, o dolce amico,

io ti bacio, o caro dono.

PROBO

Viene augusto. (Ahi! Che feci?)

Scena terza

Teodosio con Séguito, Pulcheria, e detti.

TEODOSIO

No, Pulcheria. Ecco Probo, ecco Varane,

non m'ingannai.

PULCHERIA

Del torto

meglio ti rassicura.

TEODOSIO

Me 'l disse il cor. Certa è la mia sventura.

VARANE

Signor, quanto più lieto a te verrei,

se il mio piacer costarti

non dovesse sospiri.

Ma tolga il ciel, ch'io di mia sorte abusi,

e mi ti mostri ingrato.

Se non era il tuo cor sì generoso,

or il mio non saria sì fortunato.

TEODOSIO

Prence, qualunque sia

la tua sorte, e la mia, da me prescritte

ne fur le leggi, e a quelle

istesse leggi io servirò d'esempio.

PULCHERIA

(Egli è tradito: o perfida Atenaide!)

TEODOSIO

Probo, adunque egli è ver? Mi rende Eudossa

questa mercé, paga così l'ingrata

le mie beneficenze, e la mia fede?

Nel tuo dolor ben veggio

la pietà, ch'hai di me; veggio il tuo zelo.

Ma, te ne assolvo, parla;

udir voglio da te, che fosti

testimon di quell'anima spergiura,

tutto il suo error, tutta la mia sciagura.

PROBO

Signor, che dir poss'io? Quell'aurea gemma

sfavilla in mano al principe de' Persi,

di troppa luce: ed ella

più di quel, che potrei, parla al tuo core.

TEODOSIO

O gemma! O vita! O infedeltà! O dolore!

PULCHERIA

Sugli occhi del rival frena il tuo pianto.

VARANE

Ora è tempo, in cui dia

la tua virtù l'ultime prove.

TEODOSIO

Prence

ti basti esser felice; a te non chieggo,

né pietà, né conforto.

Del mio fato crudel l'ultimo vanto

questo saria, l'esser da te compianto.

VARANE

Parto, ché so qual sia

pena spietata, e ria

la vista d'un rival lieto, e contento.

Ed io crudel sarei,

se oggetto di diletto

facessi agli occhi miei

del tuo tormento.

Scena quarta

Teodosio, Pulcheria, e Probo.

TEODOSIO

Qual discolpa, o germana,

rechi per l'infedel? Che puoi tu dirmi?

PULCHERIA

Ch'ella indegna è di te, ch'io son delusa,

che tu tradito sei.

TEODOSIO

E 'l più misero aggiungi, e 'l più dolente:

ma Teodosio non son, non sono augusto,

se pentir non ti fo di tua incostanza

iniquissima donna.

PROBO

In Bisanzio non devi

più tollerarla: ella ne parta; e tosto

parta col suo Varane.

TEODOSIO

Sì, parta l'empia.

PULCHERIA

Ella a noi volge il passo.

TEODOSIO

Ma pria l'ira mia

le rinfacci le colpe.

PROBO

Ah no! Vederla

dopo sì grand'eccesso

è un tormentar, è un avvilir sé stesso.

TEODOSIO

Invan: qui voglio...

PULCHERIA

Parti; a me la cura

lascia di tua vendetta.

TEODOSIO

Anch'io saprò...

PROBO

Se resti,

il tuo grado n'è offeso.

PULCHERIA

E la costanza tua n'è più commossa.

TEODOSIO

(Quanto mi costa il non veder più Eudossa.)

Scena quinta

Pulcheria, poi Atenaide.

PULCHERIA

Mira, come sicura,

come lieta se n' viene.

Chi non diria, ch'ella è innocente?

ATENAIDE

Augusta,

vero amor, pura fede

ad ogni altro consiglio

in quest'alma prevalse.

PULCHERIA

(Ancor se n' vanta?)

ATENAIDE

Fra Teodosio, e Varane

scelsi, qual più dovea. Mai sì tranquilla

non mi sentii: tutti del primo affetto

sono spenti i rimorsi;

e del mio ben contenta, e del mio fato,

appena mi sovvien d'aver già amato.

PULCHERIA

(Odi l'alma proterva, odi, qual parla?)

ATENAIDE

Qual silenzio? Qual torbido? Eh più lieta

applaudi alla mia scelta;

a quella onde tu stessa

sei non ultima parte.

PULCHERIA

(Più non resisto.) Io che v'applauda? Io parte

avrò nella tua colpa? Ed osi ancora

presentarla al mio sguardo?

Farne pompa al mio sdegno?

ATENAIDE

In che son rea?

PULCHERIA

Lieve eccesso all'ingrato

sembra l'ingratitudine, all'infido

la poca fé: ma iniqua,

ne ha più senso Pulcheria

di quel, che pensi: da quest'ora indegna

del mio amor ti dichiaro,

del mio favor, della memoria mia.

Ne arrossisco, di quanto

e per te feci, e per te far dovea.

ATENAIDE

Almen...

PULCHERIA

Taci, non deggio,

né rimirarti più, né più ascoltarti.

ATENAIDE

Se errai...

PULCHERIA

Se errasti? Meco

t'infingi ancor? Perfida, taci, e parti.

Più non vuò mirar quel volto,

più ascoltar non vuò quel labbro,

lusinghiero, e traditor.

Labbro, e volto

in cui sta accolto,

il più iniquo, e scellerato,

il più ingrato, ed empio cor.

Scena sesta

Atenaide, poi Teodosio con Séguito.

ATENAIDE

Meco augusta così? Così Pulcheria?

Quella, che già m'amò sposa a Teodosio,

or ne ha dispetto, ed ira?

Intendo. Or che Varane è un mio rifiuto,

ella ne teme il nodo; e al suo piacere

sacrificar vorrebbe,

e l'amor di Teodosio, e 'l mio dovere.

TEODOSIO

Torno anche a tempo.

ATENAIDE

Augusto

nel tuo volto a cercar venia l'intero

mio riposo, e 'l mio bene.

Vedrò negli occhi tuoi...

TEODOSIO

Miragli Eudossa,

fissavi il lieto sguardo;

che se lo sdegno mio, se la mia pena

può farti, e più tranquilla, e più felice,

hai ragion di mirargli, e di goderne.

ATENAIDE

Qual favellar!

TEODOSIO

Miragli, sì, ma poi,

che ne avrai fatto speglio,

che ne avrai fatto pompa agli occhi tuoi,

tremane ingrata, e vile.

Miravi un cor poc'anzi

tutto beneficenza, e ne arrossisci,

poc'anzi tutto amore, ne paventa.

ATENAIDE

(Innocente Atenaide, in che peccasti?)

TEODOSIO

Ma non pensar, che sul mio cor ti resti

altra ragion, che d'odio, e di vendetta.

Già ti esilio da lui,

e qual da lui, da questa

regia, da questo impero io ti do bando,

e ti do bando eterno.

ATENAIDE

Io non più tua?

TEODOSIO

Quella pace a te resti,

che tu mi lasci. Ove trovar tu speri

e grandezze, e diletti, amori, e fasti,

ti seguano sventure, affanni, e pianti:

né a te sovvenga mai, che per rimorso

il nome di Teodosio,

né a me sovvenga mai quello di Eudossa,

che per sentirne orrore.

ATENAIDE

Ma signor...

TEODOSIO

Vanne tosto

ad infettar co' tuoi sospiri altr'aure,

femmina menzognera, ingannatrice;

vattene, e qual mi fai, vivi infelice.

Scena settima

Atenaide.

Ferma, Teodosio, ascolta.

L'innocenza a te parla

per bocca mia, tu sei tradito; ascolta.

Tu partisti, e spargo a' venti

prieghi, lagrime, e lamenti.

Qual demone, qual furia oggi a' miei danni

si è scatenata? Augusta

m'aborrisce, e mi fugge;

mi persegue Varane;

mi discaccia Teodosio.

Io ti do bando? E ti do bando eterno?

Sì, sì, vuol la mia morte, e cielo, e inferno.

Vanne tosto, fuggi, vola

disleal lungi da me?

Fuggirò,

volerò,

disprezzata

disperata...

Innocente amor mio, povera fé.

Quant'era meglio, o padre,

che più avessi creduto al tuo consiglio,

che men creduto avessi alla mia speme.

Eccomi, andiam, fuggiamo

quest'empio ciel, queste fatali arene.

In bosco romito,

in povero lito,

qual vil pastorella

i giorni trarrò.

E in semplice stato

al crudo mio fato,

all'empia mia stella

men d'ira sarò.

Scena ottava

Galleria. Notte.
Marziano, poi Pulcheria con Séguito.

MARZIANO

Cor mio che prigion sei

in sen della beltà,

pria di partir vorrei

saper s'ella ti miri

con occhio di pietà.

So ben che lieto stai

né curi libertà,

ma dimmi almen semmai

gradisce i tuoi sospiri

chi sospirar mi fa.

PULCHERIA

Partite. Alle mie stanze

già s'apre l'uscio.

E qual riposo io spero?

Cesare sì tradito:

Eudossa sì infedele:

Marzian sì lontano.

MARZIANO

Eccolo a' tuoi piedi, s'egli è tua pena.

PULCHERIA

Che miro? Ah che vicino or sei mia colpa.

Che fai? Che cerchi? È questo

il guerriero tuo campo?

Qui raccogli i trionfi?

Qui Teodosio t'invia?

MARZIANO

Senza darti un addio, senza ottenerlo,

potea da te partir?

PULCHERIA

T'accieca un troppo,

sì, conviene ch'io 'l dica, un troppo amore.

Se qui alcun ci sorprende:

se in questo punto? O cieli!

Di te, che sarà mai?

Che mai di me? Qual ira

ne avrà Teodosio? Io qual vergogna, ed onta?

Deh! Parti, e la tua vita

risparmia, e l'onor mio.

MARZIANO

Parto, o mia augusta, almeno dimmi addio.

PULCHERIA

Addio. Parti. Ah! Non posso

dirlo, e non sospirar. Crudel sospiro,

più di quel, ch'io volea, fors'ei ti disse.

MARZIANO

E che disse al mio cor?

PULCHERIA

Va': ti concedo

dirlo, qual brami.

MARZIANO

Anche sospir d'amore?

PULCHERIA

Parti. Già sai, perché sospiri un core.

Scena nona

Marziano, poi Varane, e Probo.

MARZIANO

(Vien gente. Io qui m'ascondo.)

PROBO

L'ora è opportuna.

VARANE

Probo,

esser degg'io un rapitor indegno?

PROBO

Chi si ritoglie il suo, nulla rapisce.

VARANE

Violerò le sacre leggi ospitali?

PROBO

Il primo a violarle egli è Teodosio. In onta

de' patti, e giuramenti ei tiene a forza

colà chiusa Atenaide, ora tua sposa.

VARANE

Ritenermi Atenaide?

E ritenerla a forza?

O cesare spergiuro!

Son vinti i miei rimorsi.

Vanne. Affretta i momenti;

prenditi i miei: sono anch'io teco.

PROBO

Tutte

le occulte vie, donde entrar possi in quelle

chiuse stanze, ho palesi.

A me de' miei custodi

bastano l'armi. Intanto

tu qui rimanti, e questo

varco ben custodisci, e qui m'attendi.

VARANE

Il riposo, e la vita

dovrò, amico, al tuo braccio, al tuo consiglio.

PROBO

(Una colpa imperfetta è 'l mio periglio.)

Scena decima

Varane, e Marziano in disparte.

VARANE

Fausto abbia il fin la ben ardita impresa.

MARZIANO

(Udii. Solo non posso

scioglier le trame.)

VARANE

In breve

sarò tuo, sarai mia, cara Atenaide.

MARZIANO

(Non vo', che alcun qui mi sorprenda.)

VARANE

Al seno

parmi sposo abbracciarti.

Festeggiatemi intorno, o lieti amori.

MARZIANO

(Ma schernir saprò altrove i traditori.)

VARANE

Lieto va l'agricoltore

già vicino al dolce frutto,

per cui tanto sospirò.

Così il premio al mio dolore

fortunato anch'io godrò.

Scena undicesima

Leontino, Atenaide, e Varane in disparte.

VARANE

Ma vien gente. In disparte

trarsi convien. State voi pronti al cenno.

LEONTINO

(ad Atenaide)

La sciagura previdi,

e se al consiglio mio davi più fede,

non saresti in tal pena.

VARANE

(Questi è Leontino.)

ATENAIDE

Padre,

chi temuta in Teodosio

avria tanta ingiustizia?

VARANE

(La mia Atenaide è questa,

e del rival si lagna, e 'l chiama ingiusto.)

LEONTINO

Tutto è in silenzio. Al male

il rimedio anche tardo è pur rimedio.

Alla fuga, alla fuga.

ATENAIDE

Oh per me infauste mura,

nel crudo affanno mio

senza un sospir dirvi non posso addio.

Infausta reggia addio:

ti lascio la mia pace,

e vado a sospirar.

Possa goder beato,

benché spietato, e rio,

il tuo signor, cui piace

farmi così penar.

VARANE

Qui sorprenderla è rischio.

Taciti andiam sull'orme sue, mia cara,

per esser mia dall'ire

di Teodosio t'involi,

ma ti segua il tuo sposo, e ti consoli.

(parte)

Scena dodicesima

Probo con Guardie, poi Teodosio con Pulcheria.

PROBO

Qual disastro? Di Eudossa

tutte invano le stanze

corsi, e cercai. Qui neppur trovo il prence.

Che mai sarà? Così dell'opra il frutto

nel più bel fior si perde?

Ahimè! Vien con Pulcheria

il mio signor tradito. O tema! O speme!

TEODOSIO

E sarà ver? L'infida

potrà fuggir?

PULCHERIA

Fuggì col padre. Or ora

da una sua schiava a me fedel l'intesi.

PROBO

(Che ascolto mai?)

TEODOSIO

Cotanto

ardì nella mia reggia?

Sulle mie luci? Olà, custodi, Probo,

che si chiuda ogni varco:

che si cerchi Leontino:

che mi si torni Eudossa.

Dov'è Varane? O dio! Pulcheria? Io moro.

PROBO

Per l'infedel ti affliggi?

TEODOSIO

Ah! Ch'io l'adoro.

PROBO

Cesare...

TEODOSIO

Immantinente

alla fuga d'Eudossa, e di Leontino

argine si frapponga.

Scena tredicesima

Leontino, e detti.

LEONTINO

Ah! Teodosio, ah! Signor...

TEODOSIO

Perfido: audace?

LEONTINO

Qual vuoi son io; ma l'innocente figlia

a te si salvi, a me si salvi. Armato

me l'ha tolta Varane.

PULCHERIA, TEODOSIO E PROBO

Varane?

LEONTINO

Ed a gran passi

la trae fuor di Bisanzio...

TEODOSIO

Anima vil, tutto è tua trama. In mano

tu la desti a Varane;

ma non pensar, che invendicata fia

la sua fuga, il tuo error, l'offesa mia.

LEONTINO

Deh! Non s'indugi. Eudossa

salvisi tosto, e poi

tutta in me cada a tuo piacer la pena.

PULCHERIA

Vada ella pur...

TEODOSIO

No, no, Pulcheria. Io stesso

sull'orme sue m'accingo.

Seguitemi o miei fidi. Andiamo.

PROBO

Eh sire

il tuo grado no 'l chiede, il tuo decoro.

Resta. Io vi andrò. Qui rivedrai fra poco

libera Eudossa, e prigionier Varane.

TEODOSIO

Sì caro, sì fedel, vattene, e rendi

a cesare il riposo.

PROBO

Vado. Non hai, di che temer tu possa.

(Bell'inganno, che salva

a me la vita, ed a Varane Eudossa.)

(parte)

Scena quattordicesima

Teodosio, Pulcheria, e Leontino.

PULCHERIA

(a Teodosio)

Si confonde il pensier. Sposo ad Eudossa

esser dovea Varane.

Egli ne avea l'amor, ne avea la fede.

A che rapirla? A che fuggir occulto?

TEODOSIO

Temea forse in Teodosio

lo spergiuro, la forza? Ah! Ch'io potea

perder Eudossa, e l'alma,

ma non tradir la fede, e non l'onore,

e serbava ragion nel mio dolore.

LEONTINO

Un solo inganno, un solo

tutti ci fece miseri.

PULCHERIA

(a Leontino)

Un inganno

d'Eudossa, è vero.

TEODOSIO

E tu ne fosti a parte.

LEONTINO

Il vostro cor si disinganni, e in lei

l'innocenza si assolva.

Sì: mia figlia è innocente.

PULCHERIA

Ella, che in seno

chiudea non casta fiamma? E che ripiena

dell'amor di Varane

passava al letto augusto? Ella innocente?

LEONTINO

Se mai...

TEODOSIO

Da me sì amata,

così beneficata

tradirmi? Abbandonarmi? A chi poc'anzi

amò il suo disonor, l'infamia sua,

pospormi sì vilmente?

E nel giorno pospormi,

ch'esser dovea mia sposa,

e regnar sul mio trono? Ella innocente?

LEONTINO

Tregua, signor: tregua Pulcheria all'ire.

La sua innocenza udite.

Posto quel core in libertà di scelta

per te, per te decise. Ella non vide

nell'amor di Varane,

che un oggetto d'orror. Per qual destino

non so, fosti ingannato.

Bando le desti. Ella conobbe il torto.

Se ne dolse: ubbidì: la notte attese,

meco fuggì! Non lunge

rapilla il prence. Ad implorarne aita

frettoloso qui accorsi.

Eccovi il ver. S'io mento,

piombi sulla mia testa

la pena più terribile, e funesta.

PULCHERIA

Ma l'aurea gemma è di Varane. A lui

Probo la diede pur?

LEONTINO

Probo la diede?

Ah! Per qual nuovo inganno

siam più infelici. Probo è traditore

a Pulcheria, ad Eudossa, e al suo signore.

TEODOSIO

Traditor Probo? Ed io poc'anzi a lui

fidai me stesso?

LEONTINO

Ei passa

con Varane secrete intelligenze,

né per altro il seguì, che per tradirti.

TEODOSIO

Sia traditore, o no, convien seguirlo.

Chi ha cor fedel in seno

prenda l'armi, e sia meco.

Dien le trombe guerriere

fuga al riposo. E popoli, e soldati

nell'ippodromo armati

si raccolgano tosto.

Seguami ancor Leontino. Oggi conviene

morir da forti, o riacquistar Eudossa,

ed in sì ingiusta impresa

perder la vita, o vendicar l'offesa.

M'accende amor, l'ire guerriere in petto,

e per beltà fedel vado a pugnar.

Ma se il rival non giungo, ahi, che dispetto!

O se infedel lei trovo, ahi, che penar!

Scena quindicesima

Pulcheria sola.

Oh! Marzian, qui fosse. Oh! Del tuo zelo

opra fosse, e trionfo,

il racquisto di Eudossa.

Quanto augusto per te, quanto Pulcheria,

per te saria contenta; e la tua fede

qual merto ne otterrebbe, e qual mercede.

Te solo penso, e amo,

te sol sospiro, e amando

cara ho la gloria tua, quanto il tuo amore.

Oggetto del mio affetto

altro piacer non è,

che la virtù, la fé del tuo gran core.

Scena sedicesima

Ippodromo.
Teodosio con Séguito, e poi Leontino.

TEODOSIO

Duci, soldati, popoli, tradito

son da un principe amico,

da un indegno vassallo:

da Varane, e da Probo. Al vostro braccio

chiedo le usate prove:

chiedo la loro pena al vostro zelo.

Andiamo amici, avrem propizio il cielo.

Scena diciassettesima

Marziano, Probo, e detti.

MARZIANO

Signor, l'invitto brando

serba a maggiori, e più lodate imprese.

TEODOSIO

Marziano?

MARZIANO

A tuoi lumi

non reo, quantunque in onta

al sovrano divieto io mi presento.

A quest'ora già i passi

contro il bulgaro iniquo avrei rivolto,

(accennando Probo)

ma gli arrestò di questo

perfido cor la fellonia malvagia.

LEONTINO

Sì, Probo è il traditor.

TEODOSIO

Suddito iniquo,

esempio di perfidia, anima infame,

perché tradirmi: di'?

Perché? Perché così nella più cara

parte di me tradirmi?

Perché d'ogni vivente

il più misero farmi, il più dolente?

PROBO

Son reo, son empio, traditor, iniquo

degno di mille pene,

di mille morti. Eudossa

è fedele, è innocente.

Ingannato è Varane, e tratto ad arte,

nella perfidia mia. Più dir non posso,

se non chieder la morte.

TEODOSIO

E morte avrai.

(parte Probo accompagnato da' littori)

Scena diciottesima

Teodosio, Marziano, e Leontino.

TEODOSIO

Marzian, Leontino, amico, padre,

che mi giova innocente

la mia Eudossa trovar, quando perduta,

e perdutala forse, oh dio! per sempre?

Vittima di Varane ogni momento

più da me l'allontana. E che s'indugia?

Colà si corra. Andiamo amici, andiamo.

O la mia Eudossa, o la mia morte io bramo.

LEONTINO

Il mio dolor nel suo dolor si perde.

MARZIANO

Eh fermati: ogni traccia è tarda, o vana.

TEODOSIO

Oh dio! Dunque a morir.

Scena diciannovesima

Atenaide, e suddetti.

ATENAIDE

Perché morir, cor mio?

TEODOSIO E LEONTINO

Eudossa?

TEODOSIO

Sposa...

LEONTINO

Figlia...

ATENAIDE

Sì, son tua padre amoroso,

sì son tua mio dolce sposo.

Sì, ti stringo,

sì, ti abbraccio.

TEODOSIO

Sento, che per l'affetto

quest'alma nel mio petto

non sa più che bramar.

ATENAIDE

Dal grand'affanno, o dio,

oh sposo, oh padre mio

mi trovo a respirar.

LEONTINO

Sento che per l'affetto

quest'alma nel mio petto

non sa più che bramar.

ATENAIDE, TEODOSIO E LEONTINO

Un dì sì fortunato

non fu, né mai sarà.

TEODOSIO

O mia speranza bella.

LEONTINO

O mio conforto, e calma.

ATENAIDE

Nel sen contenta ho l'alma.

ATENAIDE, TEODOSIO E LEONTINO

Più tema il cor non ha.

Sento che per l'affetto

quest'alma nel mio petto

non sa più che bramar.

TEODOSIO

Ma chi del fier Varane

ti liberò dal violento amore?

ATENAIDE

Il tuo duce fedel.

TEODOSIO

Che? Marziano,

dei benefici suoi tacque il più grande?

MARZIANO

Oprai ciò, ch'io dovea. Fuor di Bisanzio

in Varane m'incontro: odo le strida

della rapita Eudossa.

Col fior de' miei l'assalgo

cinto da' suoi seguaci. Ardito, e forte

sostien la pugna. Arriva

nel più fier della mischia

Probo, e fellone a lui soccorre. In questa

vinto alfin, ne' miei ceppi

Probo riman. Racquisto Eudossa. Al prence

si permette la fuga,

perché in lui si rispetta il regal padre.

Torno a te vincitor: ti rendo Eudossa.

TEODOSIO

E con Eudossa a me rendesti il core.

O cara.

LEONTINO

O figlia.

ATENAIDE

O sposo, o genitore.

Scena ventesima

Pulcheria, e detti.

PULCHERIA

Di tante gioie a parte

esser potrà Pulcheria?

E da te generosa

il perdono otterrà d'un'ira ingiusta?

ATENAIDE

Sovrana mia, benefattrice augusta.

TEODOSIO

A Marzian, per cui cotanto bene

oggi si è dato in sorte,

nulla dirai germana?

PULCHERIA

L'alma grande si appaga

del bene oprar, né chiede

contenta di sé stessa altra mercede.

TEODOSIO

Parla così l'eroe, ma non l'amante.

Egli degno è di te.

PULCHERIA

Né tal lo niego.

Or li basti così. Verrà anche un giorno

ch'egli vedrà più certa

la mia riconoscenza.

MARZIANO

Basta alla mia costanza

anche la sola gloria

di poterti adorar senza speranza.

TEODOSIO

Al tempio, Eudossa, al tempio:

né più si differisca il nostro bene.

Scena ultima

Varane, e detti.

VARANE

Varane anche le vostre

pubbliche gioie a coronar se n' viene.

TEODOSIO

Qual vista?

VARANE

Non ti turbi

cesare il mio ritorno.

Per l'acquisto d'Eudossa,

quel forte amor, che mi consuma, ed arde,

tutto tentar potea fuor, che rapirla,

e rapirla già tua. M'ingannò Probo,

e col darmi la gemma,

e col dirmi, che a forza, e contro i patti

la ritenevi in tuo poter. La sorte

a te rese giustizia,

ma se mi toglie Eudossa,

non mi tolga il tuo cor la sua amistade.

Vagliami questa a risarcire in parte

la gran perdita mia.

TEODOSIO

Tutto s'oblii. Vuoi l'amistà d'augusto?

Al figlio d'Isdegarde ella si dia.

CORO

Bel goder quando si gode

con la pace, e con l'amor.

L'odio ingiusto, e l'empia frode

son trofeo dell'innocenza,

son trionfo del valor.

Varianti all'atto terzo

Dai libretti delle versioni precedenti.

Uscita alternativa di Leontino nella scena XI.

LEONTINO

Tutto è in silenzio. Al male

il rimedio anche tardo è pur rimedio.

Alla fuga, alla fuga.

Chi vede, che l'onda

si leva in tempesta,

se incauto s'arresta

in mar senza stella,

nell'alta procella

sommerso cadrà.

Deh fuggi la morte,

che fiera s'innalza,

nel mar di tua sorte

t'assale, t'incalza,

né campo ti dà.

Aria alternativa fine scena XV.

PULCHERIA

Solo penso ed amo te,

sol sospiro e bramo te;

sospirando e amando ma

cara ho la gloria tua quanto il tuo amore.

Te solo penso ed amo,

te sol sospiro e bramo;

ma sospirando e amando

oggetto del mio affetto

altro piacer non è che

la virtude, la fé del tuo gran core.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Varianti all'atto primo Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Variante all'atto secondo Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ventesima Scena ultima Varianti all'atto terzo