AMOR VUOL SOFFERENZA
Commedia per musica.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto di Gennarantonio FEDERICO.
Musica di Leonardo LEO.
Prima esecuzione: autunno 1739, Napoli.
Personaggi:
FAZIO Tonti, lucchese |
basso |
ALESSANDRO giovine romano, amante già di Eugenia, poi innamorato di Camilla |
contralto |
CAMILLA innamorata di Ridolfo |
soprano |
VASTARELLA della villa di Portici, innamorata prima di Mosca, e poi di Fazio |
soprano |
EUGENIA finta fraschetana, e serva in casa del zio di Alessandro col nome di Ninetta, amante di Alessandro |
contralto |
RIDOLFO giovine genovese innamorato di Eugenia creduta per Ninetta |
soprano |
MOSCA vetturino napoletano innamorato di Vastarella |
basso |
La scena rappresenta un luogo delizioso nella villa di Portici.
Ill., ed eccell. sig.
Col più devoto, umile, e rispettoso ossequio, che a personaggio di contraddistinti meriti, e di sublime gloria fornito, si deve, vengo a presentare a v. e. questa commedia; e ravviso nel tempo medesimo, che vi degnate gentilmente gradirla (può condonarsi così ardita favella alla certa speranza, che me ne dà il vostro nobilissimo gran cuore) ravviso, dico, ch'ella già pregio acquista, e di splendore si adorna: operando v. e. su quella, come opera il gran pianeta su le oscure cose, che luminose co' suoi raggi le rende. Quindi son sicuro, che sorte maligna non sarà per avvenirle, dacché sotto l'alto vostro valevolissimo patrocinio si ricovera. Con tal congiuntura ardisco ancora l'ossequiosissima mia servitù a v. e. dedicare: supplicandovi instantemente a compiacervi di darmi il permesso, ch'io mi vanti per sempre.
Di v. e.
umiliss., e devotiss. fervid. sequiosiss.
l'impresario del «Teatro Nuovo»
De Causis
Ac putamus insolentiores quosquam esse iis, qui quum sapientiam nullam habeant, pro sapientibus tamen ad turbam sese venditant? Nihil est medium: Sapientia optimos facit, simulatio Sapientiae pessimos; propterea quod quae tenere bonis artibus nequeunt, fraude, et flagitiis tuentur.
Jo Ludovic Vives De causis corruptarum Artium Lib 1
Vastarella avanti alla sua bottega da vender pane, ivi accanto Ridolfo seduto, Eugenia su un poggiuolo avanti alla porta del suo giardino, Camilla sulla loggetta di sua casa.
VASTARELLA
(Negrecato è chillo core,
che se fa schiavo d'ammore;
quanta sciorte de trommiente,
quanta stiente e quanta pene
lo scurisso ha da provà!)
EUGENIA
(Il mio cor ch'è fra catene,
ben l'intende, e ben lo sa.
VASTARELLA
(Sarria poco chello ffuoco,
che te leva l'arrecietto:
lo sperì pe n'arma ngrata
che non ha de te piatà,
è n'arraggia, è no despietto,
che po farete crepà.)
CAMILLA E RIDOLFO
(Ahi! Per me la sorte irata
tanto vuole, e tanto fa.)
EUGENIA
(Quanto ben colei dice,
e quanto i detti suoi ben si confanno
al miserevol mio stato infelice!)
VASTARELLA
Io creo, ca sta canzona
fa pe tte, sio Ridorfo.
RIDOLFO
Ah per mio male.
VASTARELLA
(additando Eugenia)
Ma non la vi la fraschetana toja,
comme sta sgregnosella.
RIDOLFO
Or tu con lei
entra in discorsi, e del mio amor le parla.
VASTARELLA
(Mo te servo.) Ched è? Ched aje, Ninetta?
Mme staje non saccio comme;
statt'allegra, ca nn'aje n'accaseone.
CAMILLA
(Così fosse per me.)
VASTARELLA
Non dico buono,
sio Ridò?
RIDOLFO
Meglio dir tu già non puoi.
EUGENIA
Vastarella, scherzar meco tu vuoi.
VASTARELLA
Che scherzà, ca io parlo a buonnesinno.
L'avess'io, sore mia,
chella sciorte, ch'aje tu.
CAMILLA
(Sorte, che accende
invidia nel mio cor.)
EUGENIA
La sorte mia
è a Vastarella ignota,
perciò così ragiona.
VASTARELLA
Comme? Ll'essere ammata
da no segnore non è sciorte bona?
Ll'avess'io torno a ddire.
EUGENIA
E a me non giova
ciò, che a te gioverebbe.
VASTARELLA
E perché?
EUGENIA
Perché... O dio!
Oltre non posso dir; ma m'intend'io.
RIDOLFO
Ed ancor io t'intendo, (s'alza, e va verso Eugenia)
barbara, dispietata.
VASTARELLA
(S'è ddato fuoco sa.)
RIDOLFO
Tu a chiari segni
avveduta ti sei di mia fiacchezza
(ah sì vuole il destin!) perciò superba
tal fai strazio di me: pensando forse,
che così vanto a tua beltà s'accresca;
ma pur vivi ingannata:
beltà, ch'è più cortese, è più pregiata.
EUGENIA
(s'alza)
Né vanto di beltà pregio, o' desio;
né superba son io. (Sì non diresti,
se sapessi chi son.) Però, se strazio
da me ricevi, a che non cangi voglie?
Speri forse, che debba io cangiar core?
Egli è van: tempo perdi, opre, e parole:
che pria cangiar potrà suo corso il sole.
(entra)
Ridolfo, Camilla, e Vastarella.
VASTARELLA
Ll'ave parlato chiaro,
sia benedetta.
RIDOLFO
Ed una serva vile
sprezza così Ridolfo? Ah cieli...
(e, volendo partirsi disperatamente, s'avvede di Camilla, e si ferma)
CAMILLA
È pena
un tal disprezzo del disprezzo ingiusto,
che fai di me, tiranno.
RIDOLFO
(Costei mancava a raddoppiarmi affanno.)
VASTARELLA
(Uh chessa steva cca.)
CAMILLA
Possibil fia
che non ti scuoti a tanti
miei caldi prieghi, a tanti...
RIDOLFO
E fia possibile,
che a tanti miei rifiuti
ostinata non smorzi
quella, che per me serbi, accesa, face?
CAMILLA
O dio! Come potrei...
RIDOLFO
Ma simil tedio
soffrir non posso io più: lasciami in pace.
(via)
Alessandro, ch'è stato già ad ascoltare, Camilla, e Vastarella.
VASTARELLA
Bravo! Chill'autro manco ha pazzeato,
puro chiaro ha parlato.
CAMILLA
Dunque a tedio si prende
un amor strabocchevole, e costante?
Fierezza così strana
in chi mai si trovò?
ALESSANDRO
Solo in Camilla
la ritrovò Alessandro:
Alessandro, che vanta
anche amor strabocchevole,
anche ferma costanza; e in premio poi
scorge in te tedi, anzi ha disprezzi, ed onte.
VASTARELLA
(E ppe ttierzo nce venne Rotamonte.)
CAMILLA
Sono le tue querele, e i tuoi lamenti
per me dispersi a' venti: io ben conosco,
che tu m'ami, qual dici; e pur mio core,
te non curando, ad altro amore ho volto;
come parlar ti debbo? I desir tuoi
ad altro oggetto ancor volger tu puoi.
(entra)
Alessandro, e Vastarella.
VASTARELLA
E biva: chesta puro
manco ha parlato scuro. Mme pejace
quanno n'ommo a na femmena,
o' na femmena a n'ommo,
le dice pane pane, vino vino.
ALESSANDRO
Che ne di' tu del mio crudel destino?
VASTARELLA
Che boglio dire! Chisti guaje passammo
si pe ddesgrazia maje nce nnammorammo.
Negrecato è chillo core,
che se fa schiavo d'ammore:
quanta sciorte de trommiente,
quanta stiente, e quanta pene
lo scurisso ha da provà!
(entra)
ALESSANDRO
Io li provo, e senza spene
di mercede, o' di pietà.
Eugenia, ed Alessandro.
EUGENIA
Assai turbato in viso
sei tu, Alessandro! Che ti accadde?
ALESSANDRO
Nulla.
EUGENIA
No: come nulla? Io vedo...
ALESSANDRO
(sdegnandosi)
Oh che mai vedi?
O' t'inganni, o travvedi.
EUGENIA
Di più?
(mostra la sua casa)
Là dentro ascosa
quanto ti avvenne con Camilla, e vidi,
ed udii, né m'inganno, e non travvedo;
e ti dico...
ALESSANDRO
Sì ben, saremo ai soliti
importuni richiami,
e noiose querele.
Di': che dir vuoi?
EUGENIA
Crudele! Io mirar debbo
i torti miei, né richiamar mi posso,
né querelarmi lice?
ALESSANDRO
Omai dovresti
cangiar, Eugenia, l'ostinata voglia,
e toglier me d'affanno, e te di doglia.
EUGENIA
Volger tuo core al primo antico affetto
tu dovresti, o tiranno,
e toglier me di doglia, e te d'affanno.
ALESSANDRO
Oh che pensi! Ed o quanto
son vani i tuoi pensieri!
EUGENIA
E non ti scuote
il rimembrar, che a me fede giurasti
di sposo in Roma, e poi
così barbaramente abbandonasti?
ALESSANDRO
Egli è ver...
EUGENIA
Non ti scuote,
ch'io, per seguirti, ah cieli!
di nascosto fuggii
da mia patria, e da miei, e qua ne venni?
ALESSANDRO
Ma, se tu...
EUGENIA
Non ti scuote,
ch'io abiti mentendo,
nome, e condizione,
di Frascati mi finsi,
e in casa di tuo zio
m'accomodai qual serva? O dio! Si puote
far di più? Tutto ciò pur non ti scuote?
ALESSANDRO
Che pena è questa! E sempre
all'istesso si torna! Or quell'istesso,
ch'altra volta risposi, a te rispondo.
In Roma, è ver, t'amai,
fede, è ver ti giurai,
è ver, che di Camilla,
obliando il tuo amor, poi qui mi accesi;
ma ciò avvenne, che intesi esser tu d'altri
già fatta sposa: come ho a dirlo?
EUGENIA
È questo
un tuo vano pretesto, una menzogna,
per coprir tue mancanze:
ciò mai vero non fu.
ALESSANDRO
Tu d'altercare
hai meco voglia, e tempo
non è più d'altercare. (Io non so come
più scusare i miei falli.)
EUGENIA
Dimmi...
ALESSANDRO
Eugenia, se saggia esser tu vuoi,
alla tua patria fa' ritorno, e ai tuoi.
EUGENIA
Ch'io torni senza te?
ALESSANDRO
Da me, ti dissi,
nulla sperar ti lice?
EUGENIA
Adunque...
ALESSANDRO
Io da Camilla
non distacco il mio core;
l'intendi.
EUGENIA
O disleale, o traditore!
ALESSANDRO
I tuoi sdegni, e i tuoi lamenti
io non curo, e non ascolto;
altro laccio ho al core avvolto,
non v'è speme più per te.
Se dar fine ai tuoi tormenti,
se temprar vuoi le tue doglie,
puoi cangiar pensieri, e voglie
puoi scordarti al fin di me.
Eugenia.
Infelice, che spero?
Dolente a che mi appiglio? Or sì che affatto
restar delusa io temo,
se quel mostro spietato
di fine malvagità giunt'è all'estremo.
Mi vuol già misera
il ciel crudele;
lassa! Non giovami
formar querele;
è vano il piangere,
e 'l sospirar.
Alme che gite
sciolte da amore,
l'empio fuggite:
in tante angustie
or è il mio core
sol per amar.
Mosca parlando con uno, che fingesi dentro, dopo Vastarella dalla bottega.
MOSCA
Cca mme trovate a mme; sedece: mmocca
a la poteca de sta panettera.
Che mm'ha dato, vedimmo.
VASTARELLA
Bemmenuto Mosca.
MOSCA
Vasta bonni.
VASTARELLA
Che ttiene mano?
MOSCA
No passaggiero pe la bonannata
m'ha mollato no munno.
VASTARELLA
Comme munno?
MOSCA
Vintise' arssasse.
VASTARELLA
Tu parle trocchisco.
Lassa vedere.
MOSCA
Magna.
VASTARELLA
E ddì vintise' rana. Iste nchino.
MOSCA
Campammo.
VASTARELLA
Ma tu spisso, e bolentiere
te nne viene da cca.
MOSCA
Nce stanno a Puortece
li crocche, che mme tirano.
VASTARELLA
Che crocche?
MOSCA
Sì sì famme la rrobba, cancarella!
Li crocche ch'ave all'uocchie Vastarella.
VASTARELLA
Ah mara mune! Io tengo crocche all'uocchie!
MOSCA
Crocche, ancine, vorpare,
che stanno pe tterare
arme, core, premmune, fecatelle...
VASTARELLA
Ventrecelle, stentine... Ah Mosca, Mosca,
si benuto de vena.
MOSCA
E dde vena poveteca. Dà damme
na freselluccia.
VASTARELLA
Ch'aje no po de sghessa?
MOSCA
Voglio asciuttà le freome. Oh? Che ssia sfrittola.
VASTARELLA
Te ccane.
MOSCA
Azzezza, azzezzate,
ca t'aggio da parlà.
VASTARELLA
Che mm'aje da dicere?
(siedono avanti la bottega)
MOSCA
Chillo, ch'aggio portato mo da Napole,
è no lucchese, no cierto sio Fazio,
lo quale sta de casa
fraccefonte a la stalla, addò stongh'io.
VASTARELLA
E mme?
MOSCA
Chisto ha mognole nzina fina;
io ll'aggio accamoffato, e mme lo voglio
cotteà.
VASTARELLA
Ma che Mosca!
Veramente de chianca.
MOSCA
Ora l'ammico
so vo nzorare, e io
ll'aggio dato a dentennere, ca voglio
farlo nzorare cca.
VASTARELLA
Ne? E cchi le vuojo dà?
MOSCA
Le voglio dare a ttene.
VASTARELLA
A mme?
MOSCA
Lo vuoje?
VASTARELLA
Che saccio io mo? Si è ccosa, pe la quale.
Chisto che ommo è?
MOSCA
Ommo cevile.
VASTARELLA
Ommo cevile? Eh si mme vo, lo voglio.
(Sarria buono pe mme.)
MOSCA
Atta de crapa
comme se jetta!) E Mosca?
VASTARELLA
Comme Mosca?
MOSCA
Puozze morì de subbeto;
e cchessa è l'affecchienzia, che mme puorte?
VASTARELLA
Puozz'essere scannato;
e ttu che baie, vennenno
co sso nozorà de chisso?
MOSCA
È na nsentimma
chessa cca, pe le fa caccià lo vagno.
VASTARELLA
E io ll'aggio da fare ssa nsentimma?
MOSCA
Che ttune? Aosolea. Aggio penzato
a sta fraschetanella.
VASTARELLA
A Ninetta?
MOSCA
E ggià aggio fatto credere
a lo si Fazio, pe tterar? ncillo,
ca chesta cca è na femmena
de qualetà, che stace accossì ncogneta.
VASTARELLA
E chillo se l'ha ccriso?
MOSCA
Se l'ha ccriso
ca fa, ca cannamele!
VASTARELLA
Ne?
MOSCA
S'agliotta
nzo che le dice.
VASTARELLA
Uh poveriello! È nzempreco
comme songh'io.
MOSCA
Uh poverella! Justo.
VASTARELLA
Comme no?
MOSCA
Asciuoglie, asciuò. Ora abbesogna,
che parle a cchessa tu, azzocche ttenga
ncampana a chillo llocco;
ca po magnammo tutte. Otra po essere,
che lo carréa a ffa lo papariello.
VASTARELLA
Chesto lo ppuoie fa tu, Mosca mio bello.
MOSCA
Io no nce aggio mestanzea.
VASTARELLA
Ma io
ll'aggio parlato pe lo sio Ridorfo,
che ttu faje, lo patrone
de sta poteca; e chillo mm'ha prommiso
regalarme na terza de pesone.
MOSCA
E dda chisto nne puoje
scocogliare n'annata:
va mo a cchesta pedata...
VASTARELLA
Uh mo, chi è cchillo,
che bene mmiero cca?
MOSCA
Chillo è l'ammico.
Va mo, potta de nnico.
VASTARELLA
È curejuso.
MOSCA
A ssentirlo parlare è lo spassetto:
poco concrude, e a ogne ttre parole
nce schiaffa no cioè.
VASTARELLA
Vorria sentirelo.
MOSCA
E cche te manca? Va... vi si s'abbia!
Vasta, mmalora!
(e spinge Vastarella verso la casa di Eugenia)
VASTARELLA
Ah tuorce, palla mia.
(entra in casa di Eugenia)
Fazio discorrendo con un suo Servitore, e Mosca in disparte.
FAZIO
Così voglio, via non più...
Oh! Vuoi farmi il mastro tu.
Io qua venni... io venni qua,
perché il core... cioè amore...
la mia bella... cioè quella...
voglio dir... ma in sostanza
tu non hai con me creanza,
ed in testa io ti darò.
(minaccia voler battere il suo servitore)
MOSCA
(Nnevina che le dice
chillo Settepanelle. Lo volesse
levà de pede? E cche bo, che lo scresto?)
FAZIO
(parlando col suo servitore)
Tu lavi il capo all'asino
con queste tue parole,
e vi perdi il sapon: dice il proverbio.
Perché, senti: quest'asino...
voglio dir... Cioè tu sei l'asinaccio,
cioè l'insolentaccio,
che vuol rompere il laccio...
cioè l'amor, cioè... Tu cosa vuoi?
Questa incognita ninfa amar io vo',
e, se non l'ho veduta, la vedrò.
MOSCA
(Non te lo ddico io?)
MOSCA
Cca stammo nnje.
FAZIO
Oh Mosca a tempo. E ben? La bella mia!
MOSCA
Mo mmo è cca. Che bo chisso da osseria?
FAZIO
Che fo? Dice, e disdice,
che io, che tu... cioè... Tarderà a molto
a venir?
MOSCA
(al servitore)
Signornò. Tu comme nc'intre
a mmettere l'assisa a lo patrone?
FAZIO
Dici bene. Ella sa, ch'io son venuto?
MOSCA
Signorsì. Lo segnore
vo fa chello, che bole.
FAZIO
(al servitore)
Così è:
io son uomo da me. Or l'idol mio...
MOSCA
Tu statte a lluoco tujo.
FAZIO
Certo. Il mio bene...
(il servitore guarda torvo Mosca)
MOSCA
Ched è sso ttenimente?
FAZIO
Il mio tesoro...
MOSCA
Avimmo da fa niente?
(si avventa sopra il servitore)
FAZIO
Piano, cioè fermate,
cioè non vi azzuffate... Oh non va bene:
vi son io qui cioè... oh ve' chi viene.
(e divide Mosca, e 'l servitore, che voleano attaccarsi)
Vastarella dalla casa di Eugenia, ed i suddetti.
VASTARELLA
Mosca, Mosca, ched è?
MOSCA
E cche bo essere?
(qui Fazio parla segreto col suo servitore)
MOSCA
Volea jettà doie llellere a sto scorza.
VASTARELLA
Che nce aje avuto?
MOSCA
Po lo ssaje. Parlaste
a cchesta?
VASTARELLA
Sì, ma no nne vo fa niente.
MOSCA
O mmalosca! Abbattimmo
co cchisto, fa.
VASTARELLA
Ch'è ss'abbattimmo?!
MOSCA
Siente.
(e si mettono a parlar segreto tra loro)
FAZIO
Io ti dico, che tu sei un bell'asino,
cioè una bella bestia. Il curatore
(parlando col suo servitore)
non è mai servitore...
cioè tutto il contrario... Orsù via rompiti
da qua il collo... cioè vattene via...
cioè trattienti là nell'osteria.
Mirate!
(il servitore parte, e mentre va via minaccia Mosca)
MOSCA
(al servitore)
Sì, ammenaccia. Siente: avimmo
cchiù gghiuorne, che saucicce: nce vedimmo.
FAZIO
Lascialo andar. Or dimmi un po': costei...
(additando Vastarella)
MOSCA
Cchesta ll'aggio mannata
ad avesà l'amica.
FAZIO
E ben: l'amica
che dice? Vien? Non vien? Ah quando, ah quando
i begli occhi... i bei lumi...
le pupille... io m'imbroglio.
MOSCA
E arremmedea
co no cioè.
FAZIO
Sì bene:
cioè... Io saper vo', viene, o non viene?!
VASTARELLA
(E da ridere fa.)
MOSCA
Ne, Vastarella,
che t'ha ditto Ninetta?
VASTARELLA
Ha ditto, ch'essa...
volite sapè propeo comm'ha ditto?
MOSCA
Nte cò.
FAZIO
Di' pur.
VASTARELLA
(Decimmo sta pastocchia.)
Mm'ave ditto: dicete al mio Nennillo...
FAZIO
Cioè a me?
VASTARELLA
Cioè a buje.
MOSCA
(Vi che nnennillo!)
VASTARELLA
Dicete, che mi scusi un quanco lei,
ca mpedita io starrei,
perciò non calerrei, ma, se al più tardi,
verro l'ore abbruscianti tornarebbe,
io lo vagheggirebbe.
MOSCA
Ah? Bella cosa!
FAZIO
O cara!
VASTARELLA
(O locco!)
MOSCA
Ma sa' quant'aruta
aje da caccià?
FAZIO
(parlando in disparte con Mosca)
Sì bene; però, Mosca,
senti: questa ragazza mi par bella.
MOSCA
Ah chesta? Ie! Volisse vedè chella.
FAZIO
Ma questa non mi spiace.
MOSCA
Eh sta moccosa!
Chella llà è n'autra cosa;
(Chisto che bace ascianno?)
VASTARELLA
(Mm'ave puosto
l'uocchie ncuollo l'ammico, e io vorria
dar a Mosca no po de gelosia.)
(e s'accosta graziosamente accanto a Fazio)
E accossì?
FAZIO
Cioè...
(ridendo)
VASTARELLA
Cioè...
MOSCA
Cioè...
Te nne puo' ire mo.
VASTARELLA
(Già se la sente.)
MOSCA
Cca no nce sierve cchiù... Vuoje lo regalo?
Va, ca po te lo dà.
FAZIO
Glielo do adesso.
VASTARELLA
Non serve...
FAZIO
Eh prendi.
MOSCA
(Cancaro! No ruspo.)
(segretamente a Vastarella)
Guè, tiene cunto.
VASTARELLA
A cca cient'anne. Voglio
vasareve la mano.
FAZIO
Mosca, Mosca!
(e stringe la mano a Vastarella)
VASTARELLA
Ah chiano, n'astregnite.
MOSCA
Uh lo sio Fazio
va peglianno de caudo.
FAZIO
Cioè...
MOSCA
Cioè lossia è saporito.
(E io mme sonno, ca mme faccio acito.)
VASTARELLA
Tu si no forfantiello,
già all'uocchie ll'aggio visto.
(Fazio fa cenno con gli occhi)
Te mo, sso zennariello
che bole gnefecà?
Va, vavattenne, tristo,
mme vuò ammalezeà.
(Mosca da parte va in collera)
(Uh Mosca, arraffo sia! E ccome abbotta!)
(Fazio porge di nuovo la mano a Vastarella perché gliela baci)
No, no la vaso cchiù.
Ca tu mme la vuò fa.
Via su, ma statte fa.
(s'accosta a baciare la mano, e Fazio stringe la mano a Vastarella)
Ah fuss'acciso mo,
mm'aje avuto a stroppeare:
io pe mme vennecare
te voglio pezzecà. (E Mosca ngotta.)
Fazio, e Mosca, dopo Ridolfo, che in disparte sta ad ascoltare.
FAZIO
Mosca, che te ne par?
MOSCA
Gnò? Che decite?
FAZIO
Quella ragazza...
MOSCA
Ah: ve derria boscia.
FAZIO
Ed io ti dico il ver, che già colei...
MOSCA
Colei che?
FAZIO
Certe volte...
MOSCA
Certe bote
che ccosa?
FAZIO
Il caso... la fortuna... il fato...
cioè... già me ne sono innamorato.
MOSCA
(Vide chi mme cecaje
a pportà chisto cca!) Chiste so llotene,
chiacchiareammo de la fraschetana.
RIDOLFO
(Si parla del mio ben.)
FAZIO
Sì, m'ha Ninetta
mandato a dir, che verso il tardi io torni.
Io tornerò.
RIDOLFO
(Che farà mai?)
MOSCA
Bellissemo.
Perrò no sta de bene
irete nnammoranno d'altre ffemmene,
quando già saje, ca chella pe tte spireta.
RIDOLFO
(Che ascolto!)
FAZIO
Come spirita?
MOSCA
Pe tte se nne va nziecolo.
FAZIO
Qual secolo?
MOSCA
Te vole bene assaje. (Mmalora ntiennelo.)
RIDOLFO
(Per costui dunque la crudel mi sprezza.)
FAZIO
Pur è un gran che! Senza vedermi!
MOSCA
E cchesto
ha saputo fa Mosca.
FAZIO
Or che farà
quando poi mi vedrà?
MOSCA
Resta attassata.
Senz'autro.
FAZIO
Senza dubbio.
Ma Vastarella...
MOSCA
E ttridece.
A cchesta cca non voglio, che l'annuommene.
FAZIO
Perché?
MOSCA
(Vuoje sapè troppo!) Io stongo mmiezo
a st'abballo, e non voglio
restà ncontrato co la fraschetana.
FAZIO
Hai tu ragion. Ma Vastarella...
MOSCA
O cancaro
e ttornammo a primera!
FAZIO
Cioè...
MOSCA
Cioè 'ste brache; mme lo ssonno,
ca vene fruscio appriesso. (E ffruscio a mmazze.)
FAZIO
Cioè...
MOSCA
E cche cioè? A lo ddereto
cioè, e cioè, è la cosa vene nsieto.
Se lloscia no stace a ppasto
scordarrà cchiù de no tasto;
ca, si Mosca po se nfosca,
terratienete, e cche schiaffo,
truono, e llampo fatt'arraffo,
che rrvuoto nce sarrà!
E, quann'io mme so nfoscato,
no mme frena l'averzerea;
so cavallo scapolato,
che correnno a precepizio
no lo po nullo aparà.
Fazio, e Ridolfo.
RIDOLFO
(Adunque, come intesi,
opra fu di quel birbo, che Ninetta
ad amar questi s'inducesse. È questi,
a quel, che sembra, un uomo
di poca levatura; or qui fa d'uopo
usar l'ingegno, e l'arte.)
FAZIO
Si è partito
Mosca da me non poco incollerito:
oh diamine! Ma questa fraschetana...
cioè...
RIDOLFO
(Finger mi voglio
suo conoscente, e amico.)
FAZIO
Ma quella Vastarella...
RIDOLFO
Riverito
mio padrone.
FAZIO
Cioè... Padron mio caro
che mi comanda?
RIDOLFO
Lei non mi conosce!
FAZIO
Io no.
RIDOLFO
Com'è possibile? Pur io
vi conosco da un pezzo.
FAZIO
E dove?
RIDOLFO
Dove?
Lei non è di...
FAZIO
Di Lucca.
RIDOLFO
Ed è arrivato
poco fa...
FAZIO
No, ha più anni, che sto in Napoli.
RIDOLFO
Sì ben, questo lo so; diceva in Portici.
FAZIO
Oh in Portici avrà...
RIDOLFO
Un'ora.
FAZIO
In circa.
RIDOLFO
E chiamasi
il signor...
FAZIO
Fazio Tonti.
RIDOLFO
Ah: Fazio Tonti.
Se vi conosco.
FAZIO
E bene, a quel che vedo.
RIDOLFO
(Più scempio egli è, ch'io non credea.)
FAZIO
Ma in grazia
chi è lei?
RIDOLFO
Ridolfo Arnieri... il genovese...
FAZIO
Signor Ridolfo Arnieri,
può compatir... cioè mi scusi: ch'io...
RIDOLFO
Forse non si ricorda?
FAZIO
Oibò.
RIDOLFO
In Napoli
tante volte...
FAZIO
Sarà com'ella dice.
RIDOLFO
Così è.
FAZIO
Così è certo.
RIDOLFO
(Ed inghiottita
già se l'ha.) Or l'offrisco
mia servitù; qui presso è un mio casino,
e potrà...
FAZIO
Mille grazie: io di passaggio
sto qui, cioè qua venni; perché...
RIDOLFO
Il tutto
mi è noto: so gli amori
con questa fraschetana, so i trattati
di Mosca il vetturino.
FAZIO
Or veda! Lei
le minuzie già sa de' fatti miei.
RIDOLFO
So le minuzie, e basta; però, amico,
stia su la sua; mi spiaceria pur troppo,
del suo mal.
FAZIO
Come a dir?
RIDOLFO
Quel vetturino
è un furfante, e v'inganna.
FAZIO
Ed è possibile?
M'ha detto ch'ella spirita nel secolo...
cioè che m'ama.
RIDOLFO
Eh favole! L'impresa,
amico, lasci; lei non sa gl'intrighi,
i garbugli, gl'impegni,
i cimenti, i perigli,
che per costei... uh via!
FAZIO
O me meschino!
RIDOLFO
Non posso il tutto io dir, ma glielo avviso;
dell'avviso profitti.
FAZIO
O me dolente!
RIDOLFO
Sappia, che rovinato
esser potrebbe.
FAZIO
O me malarrivato!
RIDOLFO
Vede, che l'onda freme,
vede, che 'l ciel s'imbruna,
ed il nocchier, ch'è accorto,
teme della fortuna;
e la sua nave in porto
cerca di ritirar.
Che, se s'inoltra ardito
nel procelloso mare,
del folle ardir pentito
dovrà poi sospirare,
costretto a naufragar.
Fazio.
Capperi, m'ha costui dentro le vene
fatto il sangue agghiacciar. Ma questo amico
il ciel me l'inviò. Ve' qual intrico!
Ma come quel furfante,
quel Mosca... Io già... cioè. Parliam tra noi.
La fraschetana... sì... perché quand'io...
se mai... conciosiaché... spesso... sovente...
amor... Ah son stordito!
Io parlo, e dico, e non concludo niente.
Io non so dove mi sto:
il pensier va giù, e su;
sì direi, farei... cioè...
Ah che il cor fatt'è un pallone,
ch'è balzato, e ribalzato
ed in moto sempre sta.
Sembro giusto un venticello...
anzi no: son come augello...
manco: sono... in conclusione
quel, che sono non si sa.
Camilla.
Di qual laccio fatal amore avvolse
in mal punto il mio cor! Chi crederia
ch'una serva dovesse
essere a me cagion di gelosia!
Ma Alessandro qui vien. Troppo importuno
per me è costui; per togliermi di noia
forz'è ch'io di qui parta...
(s'avvia, ma è trattenuta da Alessandro)
Alessandro da strada, Eugenia da casa, e la detta.
ALESSANDRO
Ah ferma, o cara,
e non essermi avara
della tua vista almen (giacché sì cruda
puoi negarmi il tuo amor) di quella vista,
ond'io traggo dolcezza,
e dolcezza infinita;
di quella vista amata,
che sola basterebbe
a mantenermi in vita.
EUGENIA
Anzi dovrebbe
la vista di chi v'odia
sol recarvi amarezza; e voi dovreste
così fuggirla (e saria vostra sorte)
come si fugge la cagion di morte.
ALESSANDRO
Ninetta sta al tuo loco; io non desio...
EUGENIA
Scusi, signor: che questo è il parer mio.
CAMILLA
Saggio parer.
EUGENIA
Né credo, che Camilla
offender se ne può.
CAMILLA
Non me ne offendo,
anzi il consiglio approvo.
(ad Alessandro)
E tu, se vuoi
la tua pace, e 'l tuo ben, seguir lo puoi.
ALESSANDRO
La tua pace, e 'l tuo bene?
Tu la mia pace sei,
il mio bene sei tu; senza te, o bella,
sono in continua guerra, e son tra mille
e mille mali avvolto.
CAMILLA
Ohimè! Se vero
fia ciò, ch'or tu mi dici, i mali tuoi
disperati saranno, e alla tua guerra
mai fine non avrai:
che tua (sentimi ben) non sarò mai.
ALESSANDRO
Dunque senza pietade...
EUGENIA
E perché, o dio!
affannarsi così per chi non prende
cura del vostro affanno? E pur sapete,
che v'è donzella, che per voi si stempra
in pianti, ed in sospiri,
e voi pur l'aborrite. Ah no: si aborra
piuttosto una crudele,
e si pensi ad amar chi v'è fedele.
ALESSANDRO
Ma, Ninetta, al tuo loco; o credi, ch'io...
EUGENIA
Scusi, signor: che questo è il parer mio.
ALESSANDRO
Mia dolce vita...
CAMILLA
No, Alessandro, abbraccia
di Ninetta il parer; stolto è quel core
che serba amor per chi non sente amore.
Si fa soave
d'amor la pena,
se il desiato
oggetto amato,
grato, e fedele
d'un cor, che pena,
sente pietà.
Ma, se crudele
pietà non cura,
o quanto è dura!
O quanto grave
più ognor si fa!
Alessandro, ed Eugenia.
ALESSANDRO
Va ben? Sei paga, Eugenia?
Ti piace disturbar gli amori miei?
Da ciò che mai tu speri? E pur dovresti
intenderla una volta. Or io vo' dirti,
che, se non cessi dal tuo folle impegno,
tu provi il mio furor, provi il mio sdegno.
EUGENIA
Mi parli tu di sdegno,
mi parli di furore?
Indegno, traditore,
tu sgomentar mi vuoi;
non mi sgomento no
se tu ostinato sei
s'io son già disperata
vedrai che far saprò.
Che se de' falli suoi
l'emenda non si aspetta
non fia dei torti miei
ch'io resti invendicata
al mondo la vendetta
al cielo io chiederò.
Alessandro.
Misero! In qual viluppo
io ritrovo il mio cor, ragion lo stringe
per Eugenia tradita; amor lo siede
per Camilla spietata;
il rimorso lo punge,
lo stimola il desio;
o quale confusione, o qual tormento!
Ahi chi pace mi dà per un momento?
La mia pace e 'l mio consolo
io richiedo a' miei pensieri,
e i pensier son miei tiranni
che più fieri a darmi affanni
congiurati son per me.
Resta solo che 'l mio fato
per me vibri il colpo estremo,
se spietato come io temo,
se pur sordo egli non è.
Vastarella, e poi Fazio.
VASTARELLA
Mme smaceno cà Mosca
nce l'avarrà cò mmico; ma che bole?
Me vò bene gnorsì: ma lo sì Fazio
mosta de se jettà. Eh lo Tentillo
lo cecasse: pe chisto io lasso chillo.
FAZIO
Che pulce ho nell'orecchio? Ah quell'amico
potessi riveder.
VASTARELLA
Site tornato
secunno l'appuntato cò Ninetta
non è lo vé, sio Fazio?
FAZIO
Oh sì: tornato... appunto... per Ninetta.
VASTARELLA
Comm'a dì (che sarrà).
FAZIO
Io ho giudizio onde il mio precipizio.
VASTARELLA
Precepizio?
FAZIO
Precipizio e ruina. Tu non sai
che intrighi, che garbugli
che impegni, che cimenti.
VASTARELLA
Ah nera me carosa
che sarrà maje sta cosa spapurate?
FAZIO
Non fa per me Ninetta.
VASTARELLA
Perché?
FAZIO
Perché quel Mosca... Oh Mosca, Mosca!
VASTARELLA
Ma che v'ha fatto Mosca?
FAZIO
Volea ingannarmi Mosca, ed un amico
che sta là, un genovese...
Basta.
VASTARELLA
Fosse chisto lo sio Ridolfo?
FAZIO
Ah questi.
VASTARELLA
Come
site amico co' chillo?
FAZIO
Amici antichi
egli avvisommi il tutto, e quanto basta!
VASTARELLA
T'aggio 'ntiso; (è mbrogliata la matassa).
FAZIO
Ti par ben fatto? A me? A Fazio Tonti?
Senti giuro che io? cioè il mio ferro?
Cioè...
VASTARELLA
Pe chesso ve pigliate collera?
Che ve mancano femmene?
Nce n'hanno tanta cca!
FAZIO
Per tutto il mondo vi son donne.
VASTARELLA
Securo, e quanno proprio
fosse perzo lo munno nce songh'io!
FAZIO
Cioè, eh Vastarella.
VASTARELLA
Aù sio Fazio.
Mosca, e detti.
MOSCA
Oh te! Che fanno cca Marco, e Sciorella?
VASTARELLA
T'allecuorde mò nnanze
ca m'aje strenta forte forte la mano
e m'aje fatto la bua?
FAZIO
La bua?... Eh Vastarella!
VASTARELLA
Ahù sio Fazio!
MOSCA
(Si nime garbezza: la scena è rericola.)
FAZIO
E tu quei pizzicotti...
VASTARELLA
E cche borrisse?
Nne vorrisse quatt'autre?
Sì?
FAZIO
Sì, quattr'altri...
VASTARELLA
Vi, ca po... Vattenne.
FAZIO
Battenne... Eh Vastarella!
VASTARELLA
Ahù sio Fazio!
MOSCA
(a Fazio)
Ahù sio cuorno. Uscia no la vo ntennere?
VASTARELLA
(Comm'è benuto attiempo!)
FAZIO
(risoluto)
C'ho da intendere?
MOSCA
E ttu...
VASTARELLA
E io che?
FAZIO
(con bravura)
Che ho da intendere dico.
MOSCA
Che ccos'è sso sbaratto?
FAZIO
Credi forse,
ch'io non sappia... so il tutto.
MOSCA
Uscia che ddice?
FAZIO
So il tutto; l'inganno, le malizie
con questa fraschetana...
Non vo' più fraschetana.
MOSCA
Tu che ccosa
ll'aje ditto a chisto?
VASTARELLA
A mme? Tu staje mbreaco!
MOSCA
Mmalò... Loscia che ssa?
FAZIO
Parla con lei.
VASTARELLA
A mme? Parla co isso. Chesta è bella!
MOSCA
Joquammo a commà damme la setella.
Parlate cca.
FAZIO
Mi maraviglio!
MOSCA
Tune
che ccancaro ll'aje ditto?
VASTARELLA
Te venga nfacce: chi l'ha ditto niente?
MOSCA
No, io te pesco: tu aje mo abbestato
lo Fasano accautto, e buoje ncapparelo;
perzò mme faje ste macchene.
VASTARELLA
Sì, e, ssi fosse cchesto, tu che buoje?
MOSCA
Comme che boglio...
FAZIO
Sei tu suo tutor?
MOSCA
Chesta cca...
VASTARELLA
Voglio fa nzo che mme piace.
MOSCA
E cco ssa facce...
FAZIO
Tu pretendi troppo.
VASTARELLA
Mo si fastedejuso.
MOSCA
E ccomme? Io aggio
da vedere lo stuorto...
FAZIO
Eh taci.
VASTARELLA
Eh zitto.
FAZIO
Che torto, che dritto?
VASTARELLA
Che dderitto, che stuorto?
MOSCA
Vuje avite raggione, io aggio tuorto.
MOSCA
(Io sto danno, sto malanno
da me stisso m'aggio fatto;
crepo, e schiatto, e nce lo bo.)
VASTARELLA
(Si mme resce sto penziero,
lassà chisto, e peglià chillo,
chi parlare po mme vo!)
FAZIO
(Già mi vo per il pensiero
lasciar quella, e prender questa,
e piegando mi ci vo.)
MOSCA
Ma sentite: vedarrite
chisto fusto che ssa fa.
VASTARELLA
Comme co?
FAZIO
Cioè cioè?
MOSCA
S'io so Mosca, o moscheglione,
ve lo boglio fa vedè.
VASTARELLA
Siente siè lo ranonchione
comme canta, e fa crè crè.
FAZIO
Odi, odi il pecorone
come grida, e fa be be!
Mosca, dopo Alessandro.
MOSCA
E ba te fida a ffemmene! Ah! Che ttratto
Vastarella m'ha fatto!
A mme ppo! Mannà craje! Ma che? Mme voglio
dà fuoco comm'angrese... Oh! Justo justo
lo sio Alisantro te; voglio co cchisto
jettà no po de nigro.
Schiavo de llorsegnure.
ALESSANDRO
O Mosca, in Portici
tu sei?
MOSCA
Da stammatina aggio portato
no segnore da Napole.
ALESSANDRO
Vuoi nulla
da me?
MOSCA
Segnò...
ALESSANDRO
Di' pure.
MOSCA
Io v'avarria
d'avesare n'agguato.
ALESSANDRO
Come?
MOSCA
No cierto mbruoglio.
ALESSANDRO
Come a dire?
MOSCA
Lossoria ha da sapere qualemente
cca nc'è no moscheglione,
che ba a ttuorno a Nenetta, la Cresta
da Genorezio, la fraschetana...
ALESSANDRO
Intendo.
E chi è costui?
MOSCA
L'ammico...
Sio Alisà, non vorria
essere nnommenato, e ppo mm'avesse
da scornà co quarcuno.
ALESSANDRO
E pensi, ch'io
voglia il segreto palesar?
MOSCA
Non saje...
ALESSANDRO
Parla, non dubitar.
MOSCA
(mostra la casa di Ridolfo)
L'ammico è cchisso
che sta llà, lo patrone de la casa
de Vastarella.
ALESSANDRO
Ridolfo?
MOSCA
Redorfo,
mme pare, che se chiamma, e Vastarella
fa la jente venente,
e pporta le mmasciate.
ALESSANDRO
Vastarella?
MOSCA
Chessa, chessa. Oscia faccia, ca ssa mpesa
pare, che no nce joqua;
ma è ffina comm'uoglio; guardatenne.
ALESSANDRO
Bene: io saprò che far.
MOSCA
Che fa vennenno
sto sio Redorfo! Chella è na cresta,
isso è no galantommo: è mbruoglio cierto.
Non saccio, si...
ALESSANDRO
T'intendo...
Ma sai tu, se a Ridolfo
Ninetta corrisponde?
MOSCA
No, non saccio,
ma siente: si be chella stesse tosta,
Vastarella è dda tanto
de farla mmertecà.
ALESSANDRO
Cercar potresti
di sapere qualche cosa?
MOSCA
Potarria...
che ssaccio io mo... vedimmo.
ALESSANDRO
Io te ne prego,
spia con diligenza, ed obbligato
io ti sarò, né sarò teco ingrato.
MOSCA
No nc'è de cche, vuoje pazzeà? Commammame
a barde, e a ssella: cca sto po ssevrirete.
ALESSANDRO
Viva Mosca cortese.
MOSCA
Uscia lo mmereta
mo nce vo...
ALESSANDRO
Ed io voglio
avvalermi di tanta cortesia:
sentimi un poco.
MOSCA
Dica llossoria.
ALESSANDRO
Sai tu Camilla?
MOSCA
Si, ssa giovenella,
che sta de casa cca.
ALESSANDRO
Son io di lei
fortemente invaghito.
MOSCA
E mmo? Che buoje?
ALESSANDRO
Ella al contrario mi aborrisce, e m'odia.
MOSCA
Che buoje, voglio sapè.
ALESSANDRO
Vorrei, che pratiche
facessi tu per me, chi sa? Potessi
piegarla all'amor mio... Ah ti farei
scorger chi è Alessandro: Mosca, vedi,
vedi, Mosca mio caro.
MOSCA
Io mo co cchessa
no nce aggio ntreasechezza: la conosco
co benì spisso cca.
ALESSANDRO
Forse a te modo
non potrebbe mancar; tu astuto sei,
e potresti far paghi i desir miei.
MOSCA
Ora io voglio vedè, voglio penzare;
vasta, farraggio quanto pozzo fare.
Sto gniegno, sto cerviello
io mmota voglio mettere;
e dinto cca nce sta
no cierto mancaniello,
addove s'arravogliano
le ttrapole, le mmachene,
le mpostarie, le ntapeche;
vatte penzanno me
che ccosa n'ha d'afaj.
Bellizze vedarraje,
derraje, chesto ched'è?
Ora me vasta, e zzaffece,
duormo, ca so li surece;
e llassa te se vrì.
Alessandro.
Ciò che Mosca avvisommi
dell'amor di Ridolfo, io ben sapeva:
so ancor però, che a un tale amor suo core
Eugenia già non piega. Or per Camilla
qual fo speranza? Eh suole
cosa avvenir tal volea,
che non mai si pensò. Chi sa se Mosca
opri per me? Forse sarà, che quegli
all'afflitto mio cuor confuorto appresti,
e, dove io non credei, contento resti.
Talora in su l'erbetta
langue la violetta:
quella, che già 'l desio
fu d'ogni pastorella,
non par più quella, o dio!
priva di sua beltà.
Ma ecco inaspettato
il grato, e fresco umore
ed ecco al suo vigore
ch'ella ritorna già.
Eugenia, dopo Vastarella.
EUGENIA
Tempo egli è ormai ch'io mi risolva, e tenti
ogni mezzo, ogni strada,
che ravviso a pro mio;
non v'è più che sperar: già quel malvagio
ha in tutto il suo dover posto in oblio.
VASTARELLA
Ninetta, schiava.
EUGENIA
Addio.
VASTARELLA
Nzomma chi sciala? Ninetta. Chi stace
co le ggrannizze? Ninetta. Chi ave
li nnammorate a ffuria? Ninetta.
Eh! Ma chesto te fa ll'essere bella.
EUGENIA
Vuoi tu darmi la burla, eh Vastarella?
VASTARELLA
Comme l'abburla? Io dico
chello, che ffaccio. Segnure, segnure
veneno attuorno a tte: lo si Ridorfo,
lo si Fazio...
EUGENIA
Eh ragiona
d'altro, se vuoi; né quegli,
né questi fa per me; e i sensi miei
già palesi a te fei?
VASTARELLA
Siente: si parle
de lo si Fazio, lo io stesso te consurto
a non tenerce penziero, e, ssi Mosca
te venesse a ddì niente,
fa recchie de mercante, va trovanno
chisso chi eje. (Levammoa de pede:
chillo serve pe mmene.)
EUGENIA
Io cotest'uomo
né so chi sia, né vidi, e non ho voglia
né di saper di lui, né di vederlo;
Mosca ha bel tempo.
VASTARELLA
Sacce,
ca Mosca è no mbroglione pe la vita;
te porria fa vedè lo gghianco nigro.
EUGENIA
Eh no, che non m'inganna.
VASTARELLA
Sta ncellevriello.
Ridolfo, che ascolta in disparte, e dette.
RIDOLFO
(È qui la mia tiranna.)
VASTARELLA
Nquanto a lo si Ridorfo, torno a ddirete
chello, che ciento vote t'aggio ditto.
RIDOLFO
(E di me si ragiona.)
VASTARELLA
A cchisto lloco
te lo mannaje lo cielo; non te perdere
l'accaseone; vi, ca mo è lo tiempo
de potè mutà stato. Decea mamma:
quann'aje lo porciello,
figlia, e ttu curre co lo foncciello.
EUGENIA
Cento volte egli è ver, tu ciò m'hai detto;
ed io, ciò più non dirmi,
cento volte ho risposto;
tu intenderla non vuoi, e cerchi darmi
dispiacer, come veggo;
ma al fin...
RIDOLFO
Ma dispiacere
tu non avresti già, s'ella di Fazio
ti ragionasse; egli è palese omai
il caro oggetto, onde ti struggi; è nota
la cagione, onde sei meco sì ingrata,
così disamorata: egli è pur vano
il nasconderti più.
VASTARELLA
Fegliola, aje ntiso
chillo c'ha ditto?
EUGENIA
Intesi.
VASTARELLA
Mo la cosa
la sa cchiù d'uno, e dubbeto...
EUGENIA
E chi meglio
la può saper di te?
VASTARELLA
Sine, ma dubbeto,
che ttu na cosa nce vuoje dà a rentennere,
e ppo n'autra nne machene:
ca nuje femmene ausammo ste malizie.
EUGENIA
Io ciò, che ho in bocca, ho in core, e ti so dire
che Fazio, e ogni altro amante,
di cui degna io non sia, non curo, e aborro;
che me stessa conosco, e non mi alletta,
o lusinga l'idea di cangiar forse
stato, e condizione;
(a Ridolfo)
questa è sol la cagione, onde il mio cuore
non piego a te, non qual tu pensi, o' sogni.
(Ah quanto finger debbo!)
RIDOLFO
(O con qual arte
celar sa la fierezza
del suo cuore inumano!)
VASTARELLA
(No, chesta cca mme la farrà pe mmano.)
EUGENIA
Povera nacqui ignobil villanella.
E viver come nacqui ancor mi piace.
Contenta della misera mia stella,
altro non bramo più, ti puoi dar pace.
Ridolfo, e Vastarella.
RIDOLFO
Credi a' suoi detti tu?
VASTARELLA
Vuje nce credite?
RIDOLFO
Non son io folle già.
VASTARELLA
Manco io so llocca.
Ma vuje che nne sapite,
ca chesta cca vo bene a lo si Fazio?
RIDOLFO
Fazio istesso me 'l disse. E tu che fai
intorno a ciò?
VASTARELLA
Io? Chello, ch'essa ha ditto
mo cca: ca lo si Fazio no le sona,
ma, pe decerevella, a mme non quatra
lo pparlà sujo; chesta è fraschetana,
zoè malezeosa; lo si Fazio
pare n'ommo abbonato,
po nce stace ntrecato a sta facenna
chillo mpiso de Mosca, potarriano
mbroglià le ccarte.
RIDOLFO
Anch'io
fo l'istesso pensier.
VASTARELLA
Vuje procorate
sta ncuollo a lo si Fazio; accomme sento
chillo, v'è amico; e accossì dic'io,
ca buono po venì lo fatto vuosto;
(e mmeglio po venì lo fatto mio.)
(entra)
Ridolfo, dopo Fazio col suo Servitore.
RIDOLFO
Così farò, né credo, che difficile
svolger Fazio mi sia, ma giacch'ei viene
non perdiam tempo. Appunto, signor mio,
sto pensando di lei.
FAZIO
Cioè anzi lui,
padron mio assoluto.
RIDOLFO
E ben? Degli amor suoi che hai risoluto?
FAZIO
Io son risolutissimo... cioè
sto ancor così così...
cioè tra 'l sì, e 'l no, tra 'l no, e 'l sì.
RIDOLFO
Dunque vuol dir che ancora
risoluto non è.
FAZIO
Cioè...
RIDOLFO
Di grazia
tolga tanti cioè.
FAZIO
Cioè?
RIDOLFO
Lei dice
più cioè, che parole; e poi disdice
spesso con un cioè quel che pria disse.
FAZIO
Davvero? Ed io sinora
non me ne sono accorto.
(parlando col servitore)
Or se m' scappa
tra 'l discorso il cioè
tu me l'avvisa; e in segno
tirami la giamberga. Attento ve'.
RIDOLFO
(Vedi che sorta d'uomo! E pur tal uomo
da pensare mi ha dato.)
FAZIO
Or discorrendo
senza il cioè...
(il servitore gli tira la giamberga)
Ma qui il tirar non entra:
ho detto senza; tu non senti. Adunque,
com'io dicea, la fraschetana... È stato
per scapparmi il cioè...
(il servitore fa come sopra)
Qui né men entra
il tirar. Oh tu sei
cattivo correttor!
RIDOLFO
(Ella è da ridere.)
FAZIO
Seguitiamo il discorso;
la fraschetana... veda...
la fraschetana, io dico,
cioè dicea...
(il servitore come sopra)
O diavolo! Hai ragione
adesso è andato bene. Io son venuto
qua per casarmi, ed ora
non convien, pare a me... cioè...
(il servitore come sopra)
Oh canchero!
Ho il torto: è andato bene adesso ancora.
(a Ridolfo)
Scusi...
RIDOLFO
Ma questa scena a questo modo
non si finirà mai. Or io compresi
già il punto dove sta: lei è venuto
qui per casarsi, e qui casarsi vuole.
FAZIO
Cioè...
(il servitore come sopra)
Oh che malabbia!
RIDOLFO
Ma di grazia
lasci discorrer me, né m'interrompa.
FAZIO
Lei dica.
RIDOLFO
Ei fa mestieri
che della fraschetana
si dimentichi affatto. Il gran periglio
che per lei vi sovrasta, io già vi dissi.
FAZIO
Ma qual periglio mai...
RIDOLFO
Ma l'ho pregato,
che non m'interrompesse.
FAZIO
È ver: discorra.
RIDOLFO
Io ho di già pensato.
Come servirla: è quivi una signora,
che Camilla si appella.
Di maritarsi anch'ella
fa pensiero, io parlato
l'ho di vostra persona, e contentissima
ella è d'avervi in sposo; anzi talmente
invaghita è di voi,
che spasima, e si strugge...
FAZIO
Io vorrei dire
una parola...
RIDOLFO
Dica.
FAZIO
Come senza vedermi
la signora Camilla...
RIDOLFO
Vi conosce
ella in Napoli già.
FAZIO
O bene.
RIDOLFO
E appunto
a questa volta viene.
FAZIO
È quella?
RIDOLFO
È quella.
FAZIO
Per dicci che l'è bella.
RIDOLFO
(Or potea peggio
avvenirmi? Sarà un incontro tale
di qualche intrigo.)
Camilla, e i suddetti.
CAMILLA
(Ecco il mio dolce male!
Ma chi sarà colui, con cui trattiensi?
Né men agio mi è dato
di poterli parlare!)
FAZIO
Or noi potremmo...
cioè vorrei... cioè...
(il servitore come sopra)
Oh oh che tiri?
Non è più tempo di tirar. Potremmo,
io dicea, farci avanti...
RIDOLFO
Eh no: costei,
so, che ha rossore di parlare con lei,
faccia così: licenziarsi finga
da me; però in disparte
si ponga ad ascoltare, e vedrà, ch'ella,
fingendo a me parlare,
scoprirà a lei le sue amorose pene.
FAZIO
Ho inteso, bene, bene. Padron mio,
(facendosi sentir da Camilla)
ne rivedremo poi, addio.
RIDOLFO
Addio.
(Fazio salutandosi con Ridolfo, finge partirsi, ma si pone in disparte col suo servitore ad ascoltare)
CAMILLA
(S'è partito: la sorte
vuol favorirmi.)
RIDOLFO
(Seguiran più effetti
da questo ritrovato.)
CAMILLA
(parlando con Ridolfo)
È forse spento
in te l'empio desire
di vedermi morire?
FAZIO
(parlando col suo servitore)
Ella da senno
per me si strugge, non è ver?
CAMILLA
Si accese
in te qualche scintilla
d'amorosa pietade a' mali miei?
FAZIO
(Anz'io già tutto foco...)
CAMILLA
Al fine accorto
ti sei, che troppo a torto
offendi me, anzi te stesso offendi?
FAZIO
Cioè...
CAMILLA
O' cieco ancora
nel vile amor t'involvi
di questa fraschetana?
FAZIO
(Oibò, che fraschetana? È andata a monte
la fraschetana.)
CAMILLA
E ben? Non mi rispondi?
RIDOLFO
Io non ho che rispondere.
FAZIO
(Ah potessi
risponder io.)
CAMILLA
Sei tu convinto adunque?
Non v'è per te ragione, una villana,
e serva non dovea
togliere a me gli affetti tuoi.
FAZIO
Cioè
io non sapea...
CAMILLA
Non è così? Rispondi:
parla.
FAZIO
Parla, diavolo!
RIDOLFO
(Oh costei
e quanto mi è molesta!)
Parlo, rispondo, e mia ragione è questa.
Quel gran torrente, che impetuoso
cala dal monte, fermar chi può?
Urta, e fracassa ripari, e sponde;
sassi, ed arene mesce, e confonde:
e seco ancora tragge talora
mandre, e capanne, greggi, e pastor.
Con maggior forza
sforza il mio core
il crudo amore,
ed io non posso, né so, né oso
riparar l'impeto del suo furor.
Camilla, e Fazio col suo Servitore, dopo Vastarella, e dopo Mosca in disparte.
FAZIO
(Io non so che ragione di torrente
ha portato colui.)
CAMILLA
Crudel, t'intendo,
t'intendo sì: vuoi dirmi, che spogliata
di speme affato io son. Me sconsolata!
(entra)
FAZIO
O capperi! Madama...
(al servitore)
Va' tu, corri...
Cioè non ti partir. Signora, questo
è un sbaglio, un equinozio... cioè veda...
ah signora Camilla.
Senta, ascolti, cioè...
VASTARELLA
Ne? Che ffacenne
nce avite vuje co la sia Camilla?
FAZIO
Basta. Faccende matrimoniali.
MOSCA
(Chisto che ddice?)
VASTARELLA
Come co'?
FAZIO
Mi caso
già con quella signora.
MOSCA
(Chessa è mmeglio.)
VASTARELLA
V'accasate?
FAZIO
Sì ben, ma io non posso
fermarmi qui: vo ritrovar Ridolfo.
VASTARELLA
E mmo jate; deciteme
comm'è gghiuta sta cosa.
FAZIO
Detta fatta
la cosa andò... cioè da un pezzo m'ama
la signora Camilla... cioè in Napoli
mi conosceva... basta?
MOSCA
(Vi, che mbruoglio
sarrà chisto.)
FAZIO
Orsù addio.
VASTARELLA
E mme?...
FAZIO
Cioè?
VASTARELLA
Comme?... Accossì?... Va'... jate.
FAZIO
Ah meschinella!
Io già t'intendo, ma no 'l vuol la stella.
Tu dir vorrai,
che già il mio core
per te... cioè...
cioè già amore
lo pizzicò.
Ma, se la stella
non vuol così,
lei sol di quella
si lagnerà.
Vastarella, e Mosca.
MOSCA
Ah che piatà!
Fredda, e gghielata
leje è rrestata,
comme farrà?
Ah che piatà!
VASTARELLA
(Sto mmarditto cca steva? Ah no nce fosse
maje schiusa.)
MOSCA
Ma pacienzea: di se sole,
chi cagna la via vecchia pe la nova
vace trovanno chello, che non vole.
VASTARELLA
(Ha raggione, che bo? Ha avuto gusto:
mo mm'ha da carsettare: perzò è mmeglio,
che mme ne va da cca...)
MOSCA
Chiano no poco,
sia chella...
VASTARELLA
Uh uh ca aggio
da fa llà ddinto.
MOSCA
E io
aggio da fa cca ffora.
VASTARELLA
Aggio nfornato
lo ppane, e sse po' ardere.
MOSCA
Mannaggia
ll'ora, che non s'è arza
porzì la casa.
VASTARELLA
Tu che buoje.
MOSCA
Te voglio
dire no munno de male parole.
VASTARELLA
A mme? Perché? Che t'aggio fatto? (Armammonce
d'astuzie mo ch'è stiempo.)
MOSCA
Ih bella cosa!
Faje la locca? Co mmico nce lo ppierde:
ca io so mmarevolo cchiù dde tene...
Dimme no poco a mmene: comme fuje?
Attaccasse, e ascioglisse nfra ne n'attemo
co lo si Fazio?
VASTARELLA
Ch'attaccà, ch'asciogliere?
Non saccio che buoje di.
MOSCA
Te ll'ave fatta
pe mmano po la sia Camilla?
VASTARELLA
E ttridece!
Che sia Camilla?
MOSCA
Avive già aocchiato
ll'ommo cevile, t'jere posta ntruoccolo.
Malan, che die te dia,
eppuro che te coglia.
VASTARELLA
Arraffo sia!
Tu che ddice, se sa? Credive fuorze,
che io co lo sio Fazio... Ah leva leva!
E ppo lassare a Mosca, a Mosca mio?
Cchiù ppriesto terra agliutteme...
MOSCA
Mmalora!
Dice, ca uno po scresta na femmena:
e ttu chesto mme nieghe?
VASTARELLA
Io te dico,
ca tu te si ngannato.
MOSCA
Oh facce mia!
Na cosa, ch'aggio vista, e ch'aggio ntesa?
VASTARELLA
Ch'aje ntiso, e bisto? È stata na pazzia.
MOSCA
Pazzia?
VASTARELLA
Mme guarde, a ttene.
MOSCA
Perché non jure a tte, che gghiure a mmene?
VASTARELLA
Mme guarde a mme, e a tte.
MOSCA
E ssempre a mme nce mmische.
VASTARELLA
E bavattenne,
ca si mmale penzante. Siente ccane...
(Abbesogna abbonarelo,
la sciorte n'ha boluto.)
Tu fusse chillo, che...
MOSCA
Arraffa, arraffate,
ca n'avimmo abbesuogno cchiù de gnuoccole,
ssi gnuoccole va falle a lo sio Fazio.
VASTARELLA
Che Fazio? Fuss'acciso isso, e cchi eje.
MOSCA
Già: mo che t'ha cchiaruta.
VASTARELLA
Mosca mio
schitto è lo cuccopinto de sto core.
MOSCA
Ahù che ppaccariglio
m'è stato ascinto e buono!
Mo so lo cuccopinto, e stammatina
era lo ranonchione.
VASTARELLA
E bia...
MOSCA
Si è llesto,
mo lo piglie. Tu puoje morì de subbeto.
VASTARELLA
Che? Tu davero t'aje pegliato collera?
Parla.
MOSCA
Va vide, ca s'arde lo ppane.
VASTARELLA
E cche nne voglio fa? Mme mporta cchiune
de stare accanto a tte.
MOSCA
Lotene muorte!
VASTARELLA
Via mo, fatillo mio...
MOSCA
Oh mo è ssopierchio!
Mme vuole lassà i a ccancaro, o mo schierco?
VASTARELLA
Non ta... non tanta collera.
No poco cchiù dde che llera.
Non te nfoma accossì;
lo ssa... lo saccio già
ca faje pe ppazzeà.
Tu bene mme volisse,
pe mme... pe mme sperisse:
si, cacciottiello, si.
E ccomme si ttrasano!
Tu mme vuoje fa arraggià.
Vattenne, ca lo po
voglio fa arraggià a tte.
(Ncocciato è ggià lo cano
né sse ne vo venì.
Mosca, dopo Alessandro.
MOSCA
Ella, ca mo mme sposto. A cchi? Le voglio
fa vomecà lo fele.
ALESSANDRO
Ha forse Mosca
buone per me novelle?
MOSCA
Nove de veveraggio: se mmarita
la sia Camilla toja.
ALESSANDRO
Burli?
MOSCA
Si abburlo
se piglia lo si Fazio.
ALESSANDRO
Come? Ohimè! Chi è costui?
MOSCA
È no locchese,
che stace ccane.
ALESSANDRO
Tu il conosci?
MOSCA
Io ll'aggio
da Napole portato stammatina.
ALESSANDRO
O dio! Ma come fu? Donde uscì un colpo
improvviso così, per atterrarmi?
MOSCA
Che ssaccio? Perrò dice lo si Fazio,
ca da no piezzo a Napole
co cchella se canosceno.
ALESSANDRO
E ttutti gli accidenti
combinano a mio mal? Ma come viene
or Camilla a tai nozze? Ella già ardea
per Ridolfo, a me ingrata
fu già per lui...
MOSCA
De chesto
non te fa maraveglia: ca le ffemmene
quant'ore so lo juorno
tante penziere cagnano. (Sapisse
tu li guaje mieje.)
ALESSANDRO
Ma viene
Camilla appunto qui. Lasciami solo,
e rivediamoci poi.
MOSCA
Comme volite,
facite ll'ore voste.
(via)
Camilla, ed Alessandro, dopo Eugenia, e dopo Ridolfo in disparte.
CAMILLA
Udisti mai più ria
e più strana sventura
della sventura mia?
ALESSANDRO
Par, che di doglia
Camilla il volto asperga, e pur è tempo
che accolga nel suo sen letizia, e gioia.
CAMILLA
Che favella è cotesta? E qual pensiero
ti venne di burlarmi?
ALESSANDRO
Burlarti? Non si burla
or, ch'è tempo di nozze.
EUGENIA
(Di nozze qui si parla!)
CAMILLA
Di quai nozze
discorri tu?
ALESSANDRO
Sì: fingi; or toglier vuoi
anche a me la cagion di rallegrami.
EUGENIA
(Misera! Che sarà?)
CAMILLA
Se non si spiega
Alessandro, risposta
non può aver confacente.
ALESSANDRO
Or ben, mi spiego
come vuoi. Ebbe al fin Fazio la sorte
(ah sorte troppo cara!)
d'averti in sua consorte.
RIDOLFO
(Come sa ciò costui?)
EUGENIA
(Fia mai ciò vero?)
CAMILLA
(Questi, o sogna, o vaneggia, e chi conobbe
mai questo Fazio?)
ALESSANDRO
Ecco recita, e tronca
ogni speme è per me; già del mio duolo
tua ferità trionfa.
EUGENIA
(Ah faccia il cielo,
che sia così.)
RIDOLFO
(L'avesse Fazio detto?)
CAMILLA
(Qualche inganno è qui ascoso, or, perché affatto
costui più non m'annoi,
vo' secondar l'inganno.)
ALESSANDRO
Or dimmi, o barbara,
onde ti nacque al core
sì fier odio per me? Forse...
CAMILLA
Alessandro,
è omai follia la tua; giacché tu sai,
com'egli è ver, ch'io son di Fazio sposa,
a che più tormentarmi?
Che t'acqueti or conviene
per tuo, e per mio bene.
RIDOLFO
(Come fatta mi vien!) Conviene ancora,
che tu affatto non chieda,
se sposa a Fazio sei,
mai più gli affetti miei.
CAMILLA
(Lassa! In che intrigo io da me stessa caddi!)
Ah Ridolfo...
RIDOLFO
Il mio nome
più non ridire, o ingannatrice donna.
Come? A crederti davi
spasimante per me, quando tua destra
era già ad altri destinata?
CAMILLA
O dio!
Tu non sai...
RIDOLFO
Lodo amore,
che non accese mai per te mio core.
(via)
Alessandro, e Camilla, ed Eugenia in disparte.
ALESSANDRO
Dunque Camilla...
CAMILLA
E tu non muovi ancora
da me lontano il piede? Ah non ti venga
più fatta di parlarmi. Io maledico...
Ah! Te vedendo, la mia morte vedo!
(Per lui fatta son io di rie sventure
miserevole esempio.)
EUGENIA
(Si scuoterà così forse quest'empio.)
CAMILLA
O che piangi, o che sospiri,
o che smani, o che deliri
per te è morta la speranza;
solo aspetta, e sol ti avanza
odio, sdegno, e crudeltà.
Ch'ostinata io sarò sempre,
né saprò cangiar mai tempre
finché spirto in me sarà.
Eugenia, ed Alessandro.
ALESSANDRO
Cieli, fia costei donna,
o pur furia per me?
EUGENIA
Maggiori ingiurie
aspettar puoi, e villanie più gravi?
Tutto ciò pur non basta
a richiamar tuo core
da un cieco, folle abominoso errore?
ALESSANDRO
E ancor Eugenia cerca
inasprir la mia pena? Ahi! Perché morte
non recide mia vita egra, e languente,
perch'io finisca d'esser sì dolente?
EUGENIA
Perché aspettar da morte
sollievo a' mali tuoi,
quando tu stesso a te recar lo puoi?
ALESSANDRO
Che posso io far, se quel desio fervente,
che fatto è già dell'alma mia tiranno,
con invincibil forza,
e mi sprona, e mi sforza...
EUGENIA
E a che? Camilla
esser tua più non puote: ammorza adunque
il malnato desio,
e riedi in tua ragion.
ALESSANDRO
Non posso, o dio!
EUGENIA
Eh no: di' che non vuoi; qual miglior tempo
di ripigliar l'antico, e dolce amore,
che già fu la delizia
del mio, e del tuo core? Ah riedi, o caro
(ogni vano desio da te rimosso)
ah riedi in tua ragione.
ALESSANDRO
O dio! Non posso.
EUGENIA
Mio bene adorato,
pietà del mio male.
ALESSANDRO
Pietà del mio male
vo' anch'io sventurato.
EUGENIA
L'ingiusta catena,
cagion del tuo danno,
deh sciogli.
ALESSANDRO
Che pena!
EUGENIA
Deh torna ad amarmi.
ALESSANDRO
Così non parlarmi.
EUGENIA
Che affanno! E perché?
EUGENIA E ALESSANDRO
Ahi barbara sorte!
La morte dov'è?
EUGENIA
Deh pensa, o cor mio...
ALESSANDRO
Deh lasciami, o dio!
EUGENIA
Ah senti...
ALESSANDRO
Non sento.
EUGENIA E ALESSANDRO
Che fiero tormento
è questo per me!
Fazio col Servitore, dopo Camilla, e dopo Eugenia sulle loro loggette.
FAZIO
Or che ti par di me? Son fortunato
in amor? Tre bellissime donzelle
tutte languir per me! Senti l'amore...
Cioè: voglio spiegarti
cos'è mai quest'amore? Ascolta: amore...
(s'accorge di Camilla)
O la mia sposa è là. Bella, lo sbaglio
di poc'anzi... cioè com'io diceva,
quel torrente... Non so se m'intendete.
CAMILLA
Con chi parlate voi, e chi mai siete?
FAZIO
Con chi parlo? Chi sono? Io con chi parlo?
E chi son io? Cioè: non è colei
la signora Camilla, io non son Fazio?
O ben.
EUGENIA
(Fazio è costui; sia ben, ch'ascolti.)
FAZIO
Sicché...
CAMILLA
Voi siete Fazio?
FAZIO
Io sono, e sono
suo prossimo consorte,
cioè...
CAMILLA
Da quando in qua voi siete matto?
FAZIO
Cioè?
CAMILLA
Quai nozze meco
vantate voi?
FAZIO
Cioè?
(al servitore)
Parla tu, perché io già...
CAMILLA
Mi maraviglio
delle vostre follie; ma se pensiero
non cangiate, e favella,
mal per voi. M'intendete?
FAZIO
O questa è bella!
EUGENIA
Ch'è quel che intesi? E perché mai Camilla
testé affermò tai nozze?
FAZIO
(al servitore)
Or che ne dici?
EUGENIA
(Qual novello sospetto
or quest'alma contrista?)
FAZIO
(accorgendosi d'Eugenia)
Eh non fai che ti dir... ma chi è costei?
Fosse la fraschetana?
(parlando con Eugenia)
Agli abiti mi par... dico... cioè...
EUGENIA
Che chiedete da me?
FAZIO
Lacchè, dimanda
s'ella è la fraschetana.
EUGENIA
Io quella sono,
che chiedete, vi dissi.
FAZIO
Ah quel periglio,
quei cimenti, quei intrighi, e quei garbugli...
Maledetti garbugli.
EUGENIA
Che garbugli?
Spiegatevi.
FAZIO
Cioè... Voi già mi amate,
io lo so bene.
EUGENIA
Io v'amo?
FAZIO
Sì mi amate,
ed ha un secolo già, che spiritate;
ma io... cioè il periglio...
EUGENIA
Or veramente
veggo, che siete matto.
FAZIO
Cioè?
EUGENIA
Eh andate via;
e, se questa pazzia
vi va più per la testa,
ven pentirete.
(entra)
FAZIO
È bella ancora questa.
O caso dispietato?
Lacchè mirami ben foss'io cangiato!
Vastarella, e detto.
VASTARELLA
(Vecco lo galantuomo.)
FAZIO
Io quell'istesso
son qual era, e così dunque le matte
son esse e non son io.
VASTARELLA
Comme può essere
sto matrimonio co' la sia Camilla
non arrivo a capì.
FAZIO
Qui Vastarella
vediam se questo ancor... cos'è, mi guardi?
VASTARELLA
Ve guardo, c'aggio l'uocchie.
FAZIO
Vien qua, vien qua ti dico.
VASTARELLA
Che bolite?
Vuje mò siete 'nzorato.
FAZIO
Cioè... Ah tu non sai... vien qua...
VASTARELLA
Venimmo.
FAZIO
Io sempre te, cioè...
VASTARELLA
Cioè, m'avite fatto no tratto
ch'io sto pe ghittareme dinto a no puzzo.
FAZIO
Oibò tu non ti butterai, perché senti...
VASTARELLA
Cioè, vuje me volite
darme a ntenne papocchie; jatevenne
ca site bello fauzo. Uh marammene!
Va miettece speranza. Uh ca pensannoce
mme veneno le lacreme.
FAZIO
Cioè?
VASTARELLA
Cioè... cioè?
FAZIO
Cioè non piangere Vastarella.
VASTARELLA
Non chiagnere. È chiattiglia
chesta che io, cioè, oh sorte!
FAZIO
Ma tu vuoi farmi liquefare il core
non piangere, è per te tutto il mio amore.
VASTARELLA
Come?
FAZIO
Io già più non mi caso,
la fraschetana non vo' più sentirla.
Dunque tu...
VASTARELLA
Come?
È bera mo sta cosa.
FAZIO
È vera, e tu sarai la mia morosa.
Quegli occhietti piagnoletti
fa' ch'io veda un po' ridenti
più non farmi intenerir.
Tu già ridi zingaretta
lo conosco sì furbetta
che sei piena di malizia
io ti voglio castigar.
Ma tu torni alla mestizia?
Ho burlato vien qua;
sentimi, sai tu che io
come quel cieco dio
cioè a dir... Cioè m'ascolta
ma tu ridi un'altra volta
e m'hai fatto già imbrogliar.
Vastarella, e Mosca.
VASTARELLA
Oh mò è n'autro
pur la vorria venire mò
chillo lazzarone de Mosca
p'ammaccarle la superbia
se n'aveva pigliato!
Uh te' ca vene, e co lo calascione
e vienetenne ca te voglio aggiustà.
MOSCA
Oh manco male ca te 'ncascio:
te voglio fa na museca
pe t'allegrià lo core
saccio ca staje colereca.
VASTARELLA
Me facite favore!
Uh te scasato!
E tu non saje
che te sta stipato.
MOSCA
M'amaje na 'mpesa e bà
e ntintirintì, e ntintirintà
che me gabbaje e bà
e pigliatella diavolà.
Po' essa fuje gabbata
e a me tornaje la sgrata
io le decetta abbia
no te conosco cria.
Schefenzia, facce tosta
mm'aje fatta già la posta;
tu sì na traitora,
vavattenne a mmalora.
E a mmalora, e aniello:
che te sia data botta de cortiello.
VASTARELLA
Birbante, birbantone! E ttu a mme biene
co canzune a ddespietto?
Che te cride, ca io
non te la faccio rennere? Mo: aspetta.
(entra, ed esce di nuovo col tamburello)
MOSCA
Se l'ha sentuta sa. Schiatta; io te ll'aggio
da redducere a ssigno,
che comma ppazza ave da i strellanno.
VASTARELLA
Stamm'a ssentì, sio museco d'aguanno.
M'amaje no mpiso, e ddo,
e ntintirintì, e ntintirintò.
Io lo gabbaje, e ddo
e ttuorcemillo diavolò.
Lo locco se credeva,
ch'io bene le voleva;
ca io lo coffeava;
mo sta co no sfarzetto,
ma crepa de despietto;
ammarcia, razza sporca,
vavattenne a la forca.
E a la forca, e ata:
che nfronte puozze avè na scopettata.
MOSCA
Siente a mme: ti sì ffemmena, e tt'è leceto
di nzo che buoje.
VASTARELLA
E ttu si no frostato,
e n'è gran caso se si screanzato.
MOSCA
Chi è ffrostato?
VASTARELLA
Tu.
MOSCA
Vuoje che te faccia
na scuffia ncapo co sto calascione?
VASTARELLA
Vuoje, che te sfonna sto tammurro nfaccia?
MOSCA
E ffallo, fallo.
VASTARELLA
E mmuovete.
MOSCA
Ih che ffemmena!
VASTARELLA
Ih che ommo! Davvero se credeva,
ch'era morta pe isso; a cchi? È boscioccola.
MOSCA
Io te tengo a li bene.
VASTARELLA
Va a ffa guerra, banchiero.
MOSCA
Va a lo ponte, guagnina.
VASTARELLA
Bonavoglia.
MOSCA
Zantraglia.
VASTARELLA
Fuss'acciso.
MOSCA
Scannata.
VASTARELLA
Faccia de voje marino.
MOSCA
Facce de coccovaja.
VASTARELLA
Mala pasca te vatta.
MOSCA
Crepa.
VASTARELLA
Sbotta.
MOSCA
Arreventa.
VASTARELLA E MOSCA
Schiatta, schiatta.
(Mosca suona il colascione, e Vastarella il tamburello)
VASTARELLA
E lo mare che batte ll'onna:
la scajenza che te sprefonna.
MOSCA
E lo mare, e a la marina:
che nce campe nzi a ccraje matina
VASTARELLA
E lo mare, e la marenella:
che te vegna la rogna, e la zella.
MOSCA
E lo mare, e dda lo mare:
che lo piello te pozza afferrare.
VASTARELLA E MOSCA
Sciò, sciò, sciò, nna, doje, e tre:
pozza i tutto appriesso a tte.
Eugenia.
Quanto più vo nel mio pensier volgendo
ciò, che poc'anzi da Camilla udii,
vieppiù in confusion l'alma s'intriga.
Qual arte è questa mai? Ella or confessa
esser a Fazio sposa,
or Fazio disdegnosa
rimprovera, e discaccia.
Ridolfo, e la suddetta, indi Alessandro, che sta in disparte ad ascoltare.
RIDOLFO
Ninetta, sai che Fazio
è già sposo a Camilla?
EUGENIA
A me non cale
punto saperlo.
RIDOLFO
Come,
come no? Forse...
EUGENIA
Ma, se in qualche modo
pur mi calesse, ti direi, che Fazio
non è a Camilla sposo.
ALESSANDRO
(Ah ciel! Volesse
consolarmi la sorte!)
RIDOLFO
O qual lusinga!
Già Fazio a me fidollo,
e da Camilla istessa
qui poco fa l'intesi.
EUGENIA
O qual inganno!
RIDOLFO
L'intese anche Alessandro?
Puoi dimandarne a lui?
EUGENIA
L'intesi anch'io
sì ben; ma di là a poco assai diverso
fu di Camilla il ragionar con Fazio:
a lui puoi dimandarne.
RIDOLFO
Come diverso?
EUGENIA
Egli potrà ridirti
come la sposa il caro sposo accolse.
RIDOLFO
Ma pur...
EUGENIA
Da lei trattato
fu qual matto il meschin: sappilo.
RIDOLFO
(Avea
ciò ad avvenir senz'altro.)
ALESSANDRO
(O dio! La speme
sento in me ravvivarsi.)
RIDOLFO
Io non so come
esser ciò possa mai.
EUGENIA
Ciò fu pure, e 'l so io, che l'ascoltai.
RIDOLFO
Ma Camilla...
EUGENIA
Eh, si scorge apertamente
esser questa una trama, ed io... ma punto
ciò saper, come dissi, a me non cale.
(Lassa! Pur debbo simular mio male.)
ALESSANDRO
(Ma qual trama esser puote?)
RIDOLFO
Or siasi pure
comunque egli si vuol, negar non puossi,
che l'amor tuo per Fazio
quella mercé, che meritò, non ebbe.
ALESSANDRO
(Ohimè che intendo!)
RIDOLFO
Un infedel tu amasti,
che ti cambiò per altra.
ALESSANDRO
(E fia pur vero?)
RIDOLFO
Ciò forse, e senza forse,
non sarebbe accaduto, se a me fossi
tu stata men crudele. Omai, Ninetta,
scorgi il tuo error...
EUGENIA
Scorgi, Ridolfo, omai
tua pertinacia: a un gentiluom disdice
il rendersi noioso; e, quel, ch'è peggio,
inventarsi menzogne.
RIDOLFO
Come menzogne...
EUGENIA
Qual amor, che Fazio,
che merto, qual mercé? Tu non intendi,
o' non intender vuoi ciò, ch'altra volta
ti dissi a chiare note.
RIDOLFO
Eh le tue scuse
non ammette il mio amore,
sì a torto mal gradito.
EUGENIA
Ma tu par...
RIDOLFO
Deh ti scorda
di quell'ingrato, o bella; e volgi al fine
volgi pietosi a me tuoi vaghi rai.
EUGENIA
Or questa è per me morte!
ALESSANDRO
(Or di costei
tutto ciò posso io sospettar giammai?)
RIDOLFO
Amar un infedele,
che l'amor tuo non cura,
follia è del tuo cor:
odiar chi poi fedele
più amarti ognor procura,
è barbaro rigor.
Deh per qual legge mai
rendere tu potrai
amore a un vil disprezzo,
disprezzo a un fido amor?
Eugenia, ed Alessandro.
ALESSANDRO
(Per ciò, che intesi adunque, ancor mi resta
da sperar per Camilla, e contra Eugenia
-o il falso, o' il ver di lei Ridolfo dica-
vo acquistando ragione: ond'io rinfranco
il mio cor già avvilito.)
EUGENIA
E quante sorti
di affanni dispettosi
ha per me riserbate il ciel crudele!
Deh finiscano omai...
ALESSANDRO
Sì: finiranno,
non attristarti, Eugenia; il tuo desio
sarà al fin pago.
EUGENIA
Ah dici il ver, ben mio?
Tornerai dunque a me?
ALESSANDRO
A te il tuo Fazio
ritornerà: quel Fazio, che in te seppe
svegliar fiamma amorosa;
rincorati: son finte
sue nozze con Camilla.
EUGENIA
Tu ancor con Fazio? E credi...
ALESSANDRO
Io non credea,
ch'Eugenia sì malvagia esser potea.
EUGENIA
Io malvagia?...
ALESSANDRO
Tu sei quella, che vanti
per me fida costanza?
EUGENIA
Forse che no?...
ALESSANDRO
Tu spasimi, tu piangi,
tu sospiri per me?
EUGENIA
Non te ne sei
tu chiaramente accorto?
ALESSANDRO
E poi per altri
nascosto amor nudrisci.
EUGENIA
Io non mai seppi...
ALESSANDRO
Oh costanza mentita! O pianti, o spasimi,
oh sospiri fallaci!
EUGENIA
Eh mi ascolta...
ALESSANDRO
Ascoltarti?
Pria mi fulmini il ciel, ch'io mai più ascolti
i tuoi detti mendaci.
EUGENIA
Empio, t'intendo: tradimenti tuoi
così scusar tu vuoi.
ALESSANDRO
Io ti tradii, sì il dico, e ai tradimenti
scuse non cerco; anzi, poiché sì finta,
sì maligna tu sei,
mille volte a tradirti io tornerei.
(via)
Eugenia, dopo Fazio col suo Servitore, dopo Vastarella.
EUGENIA
Va', scellerato: il cielo (ah sì lo spero)
per me ti pagherà.
(e piange col fazzoletto avanti agli occhi)
FAZIO
Lacchè, tu vedi
meglio di me: non piange
la fraschetana? Piange? E perché piange?
Vagliel dimandà...
VASTARELLA
E a buje che v'appretene?
FAZIO
Cioè...
VASTARELLA
Ah, mo accomenza
co li cioè!
FAZIO
Cioè tu dici bene;
ma la curiosità...
VASTARELLA
Ah curiuso mio!
FAZIO
E insieme la pietà...
VASTARELLA
Meglio! Decite,
ch'ancora nc'è lo chiuovo.
EUGENIA
Ohimè! Il dolore
mi stringe sì, che fa mancarmi il core.
Ah misera!
(e siede sopra un poggiuolo avanti alla sua casa)
FAZIO
Ah poter di dio baccone!
(al servitore)
Quella già muore... Avessi un ristorante!
(a Vastarella)
Almen va' tu... ma questa è crudeltà.
VASTARELLA
Mo vao; perrò vuje jate a starve llà.
(accenna un luogo lontano da Eugenia)
FAZIO
Là mi starò.
VASTARELLA
Oje sa? No ve facissevo
a bedere da chella?
FAZIO
Oibò.
VASTARELLA
No v'accostassevo
llà rrente po?
FAZIO
Oibò... ma quando vai?
Pria quella morirà, che tu anderai.
(si ritira nel luogo accennato)
VASTARELLA
(Chisto mme fa tremmà: pare che ssempe
mme scappa da le mmano.)
(e s'accosta ad Eugenia)
EUGENIA
Ahi lassa!
VASTARELLA
Che ccos'è? Ched aje, Ninetta?
EUGENIA
O Vastarella!
VASTARELLA
Che te siente?
EUGENIA
O dio!
Una mortale ambascia...
VASTARELLA
Tu già aje fatta
na facce, che no muore.
EUGENIA
Ah che sarebbe
mio consuolo il morire.
FAZIO
Io piano piano
vo là accostarmi.
(e s'accosta non veduto verso Eugenia)
VASTARELLA
Ma puto ch'è stato?
Aje avuta qua ccollera? Di', dillo:
confidate co mmico;
spapura.
EUGENIA
Ah Fazio, ah Fazio!
(e s'alza, e all'alzarsi Fazio fugge, e si ritira)
Tu sei cagion d'ogni mio affanno.
FAZIO
(Canchero!
L'ha con me.)
VASTARELLA
Comme Fazio? Che nce passe?
(Qua mbruoglio è cchisto.)
EUGENIA
Basta dir, ch'ei venne
qui in mal punto per me. Sorte!
VASTARELLA
Ma io
non te decette: a chisso
no nce mette penziero?
EUGENIA
Sì bene, ed io... ma il tutto
non posso palesarti.
VASTARELLA
(Io t'aggio ntesa
senza che te palise: chesta è ccotta.)
EUGENIA
Vuol, ch'io soffrisca, e taccia
il mio crudel destino.
FAZIO
(Torniamci ad accostar pianin pianino.)
(Fazio va per accostarsi ad Eugenia, se n'accorge Vastarella ed egli si rigira; e farà ciò fino a tanto, che non accorgendosi Vastarella, egli si mette di nascosto ad ascoltare vicino ad Eugenia)
EUGENIA
Se parlar potessi, o dio!
si farebbe men tiranna
quella pena, che mi affanna,
darei sfogo al mio dolor.
Ma 'l mio fato acerbo, e rio,
per negarmi ogni consuolo,
vuol, che solo
ne ragioni col mio cor.
Vastarella, e Fazio col suo Servitore.
VASTARELLA
Chesta mme vo gabbà co parlà nzisera,
ma no mme gabba cierto; e non vo dicere,
ca è ncappata già co lo si Fazio.
Se piglia scuorno: perché stammatina
ave fatta co mmico la schefosa.
FAZIO
(al servitore)
Io non potei capirne nulla, hai forse
tu capito qualcosa?
VASTARELLA
Abbesognante,
ch'io mo stia ncellevriello
co chisto cca: è no locco, e s'abbarruca
mo cca, e mmo llà... e mmo ddo è gghiuto?
(guarda nel luogo dove stava ritirato Fazio, e non trovandocelo si volge all'altra parte)
FAZIO
(al servitore)
Io credo... cioè...
VASTARELLA
Vuje lloco state?
FAZIO
Cioè...
VASTARELLA
Ah bene mio!
Vi si è comme dich'io.
FAZIO
Appunto, ed io l'ho detto a questa bestia.
(mostrando il servitore)
VASTARELLA
Che nc'entra chisso? È pproppeo, ca ve tira
lo Masto Tonno lloco.
FAZIO
(al servitore)
L'hai tu inteso?
VASTARELLA
Ll'aggio visto, ch'avivevo la tranola
mo nnanze p'accostareve.
FAZIO
Lo senti? Io non dovea star qua, dovea
star là, là sì, imbriaco: andiamo là.
(e s'avvia per andare dove stava prima ritirato)
VASTARELLA
Ma chisto è mmuodo de mme coffeà.
FAZIO
Io no... cioè...
Mosca, e i suddetti.
MOSCA
Ah sio cioè osseria
veneze cca pe coffeà le ffemmene?
FAZIO
Cioè...
MOSCA
Tu co cchi pesta
t'aje da nzorà?
FAZIO
Cioè...
MOSCA
La fraschetana,
non faccio che...
FAZIO
Cioè...
MOSCA
Dapò attaccaste
co cchesta cca...
FAZIO
Cioè...
MOSCA
Po te pegliave
la sia Cammilla llà...
FAZIO
Cioè...
MOSCA
Po lasse
a cchella, e ttuorne a cchesta...
FAZIO
Cioè...
MOSCA
Mo chesta cca vuoje coffeare...
FAZIO
Cioè...
MOSCA
E nzomma...
FAZIO
E lasciami parlare.
(alternandosi)
MOSCA
(gridando forte)
Che buoje parlà? Lo ssaje, ca tutta Puortece
tu aje puosto sottasopra?
Lo ssaje, o no lo ssaje?
VASTARELLA
Ah Mosca, Mosca,
che baje trovanno ne?
MOSCA
Vago trovanno
de fa a ppunea.
FAZIO
(Lacchè, non ti partire.)
VASTARELLA
E non porrisse ire
a Napole, a ffa a ppunia
llà con Pontannecchino?
Vi che scapizzacuollo, malantrino!
MOSCA
Oje forcelluta...
FAZIO
(con bravura)
Dico...
MOSCA
Che ddice.
FAZIO
Dico...
MOSCA
(gridando)
Che ddice, facciammo.
FAZIO
Bassa la voce.
MOSCA
Vascia tu le mmano.
VASTARELLA
Vedì, vedite!
FAZIO
Io sono Fazio Tonti.
MOSCA
E io so Mosca.
FAZIO
Io sono galantuomo.
MOSCA
E io so ffiglio all'azzejune meje.
VASTARELLA
Ah sì! Fà, co no lazzaro te miette!
MOSCA
Chi è lazzaro?
FAZIO
Se tu non hai creanza,
io ti rompo la capo...
cioè la testa: intendi?
MOSCA
Io te schiaffeo,
cioè te nnaccareo,
lo ssaje?
FAZIO
Dammi la spada.
MOSCA
E tu nne vuoje.
Fazio vuol prendere la spada dal Servitore, questi non gliela dà, ma la cava egli fuora contro Mosca; Mosca intanto va a prendere uno scanno, che sta avanti la bottega di Vastarella.
VASTARELLA
Ah mara mè.
FAZIO
Dammi la spada: voglio
ammazzarl'io.
MOSCA
(al servitore)
Palata stroppeata,
tira, tì, se si ommo.
VASTARELLA
Curre ccane,
sia Camilla.
Camilla, ed i suddetti.
CAMILLA
Fermate,
fermate pur: via su.
MOSCA
(al servitore)
Venette chesta
attiempo.
FAZIO
Metti dentro quella spada.
CAMILLA
Cosa ebber mai?
VASTARELLA
Aje da sapè...
MOSCA
Uscia saccia...
FAZIO
Cioè...
MOSCA
Pe ccaosa vosta tutto è stato.
CAMILLA
Come per mia cagione?
MOSCA
Chillo, co ttutto,
ca v'è marito già, puro co cchesta
fa li gatte felippe; e sta schefenzia,
senza portà respetto a llosseria,
nce connescenne a ffa la guittaria.
VASTARELLA
A mme?
CAMILLA
(accorgendosi che vien di lontano Alessandro)
(Viene Alessandro a questa volta;
viene a tempo.) Partite
voi di qua; vo' con Fazio
ragionar di tal fatto
da solo a solo.
MOSCA
Comme oscia commanna.
(E cche so ppazzo, che mme ne vogl'ire?
Sento da cca dereto.)
(si nasconde dietro un vicolo)
VASTARELLA
(A cchi? Da dinto
a la poteca voglio sta a sentire.)
(si nasconde dentro la sua bottega)
Camilla, e Fazio col Servitore, dopo Alessandro in disparte.
FAZIO
(al servitore)
Che vorrà dirmi? Ripigliar volesse
i trattati nuziali? Non puot'essere?
E perché no?
CAMILLA
Io vo', che in sua credenza
si mantenga Alessandro
delle mie nozze con costui. Non sempre
verrà a tempo Ridolfo.
ALESSANDRO
(È qui Camilla.
E colui chi mai fia?)
CAMILLA
Dunque sì poco
prezza Fazio il mio amore?
FAZIO
(al servitore)
Che t'ho dett'io?
ALESSANDRO
(Il mio rivale è questo.)
CAMILLA
Un, che deve impalmarmi, ha spirto, ha core
di tradirmi così? Barbaro, ingrato!
FAZIO
(al servitore)
Che t'ho dett'io, visaccio d'impiccato?
ALESSANDRO
(Che favellare è questo? Il ver non disse
dunque Eugenia poc'anzi.)
FAZIO
Signora, come che... cioè: lei, quando
dal balcon... voglio dir...
CAMILLA
Già ti confondi,
e che dirti non sai;
né scuse addur potrai. Come, inumano,
una vil donnicciuola
fa scordarti di me!
ALESSANDRO
(D'Eugenia intende.)
FAZIO
Veda: la donnicciuola...
cioè: ei non è vero: io sola lei...
cioè lei sola...
CAMILLA
Eh sì, vuoi tu ingannarmi;
ma questo inganno, sappi
(se così per te amor mi accese il seno)
quest'inganno sarà la morte mia.
ALESSANDRO
(Ah che mi rode il cor la gelosia.)
CAMILLA
Pensa, ch'io t'amo, o caro,
che ti sei il mio diletto;
non essermi sì avaro
d'amore, e di pietà.
(guardando Alessandro, il quale sta smaniando)
(Quei smania per dispetto,
io godo, ed ho piacer.)
Inganno, e tradimento
non merto io già da te;
saresti un rio tiranno,
sarebbe crudeltà.
(guardando Alessandro come sopra)
(Io credo, che tormento
più crudo ei non può aver.)
Fazio col Servitore, ed Alessandro.
ALESSANDRO
(Dunque tornar io debbo
alle mie pene antiche. Appena nate
per me un raggio di speme, e di conforto,
o mia sventura! È morto.)
FAZIO
Or che ti par, lacchè? Non dissi io bene
quest'oggi, che costoro eran le matte,
e non già io? Sentisti? Questa muore:
e quell'altra, cioè la fraschetana,
se poco fa moriva,
moriva anche per me. Certo. È da ridere.
Ridi per vita tua... Ma chi è costui?
(si accorge di Alessandro che con cera torva lo guarda)
Mi guarda! Che vorrà?
ALESSANDRO
(Cieli! Quest'uomo
a me contender debbe il mio contento?
FAZIO
(pauroso)
Lacchè... vedi... cioè...
ALESSANDRO
(Questo è tormento!)
(e disperato parte)
Fazio col Servitore, dopo Vastarella, e Mosca.
FAZIO
(parla col suo servitore)
Questo che mai vuol dir? Forse colui...
cioè... Ah? Come?
VASTARELLA
(Non abburla cierto
la sia Cammilla; mo lo torno a pperdere
a cchisto cca senz'autro.)
MOSCA
(Vastarella
sta no po nfoscatella; mo pe essa
li cammee vanno male.)
FAZIO
Or io ti dico
che qui per me vi è qualche brutto intrico.
VASTARELLA
(Io voglio scanaglià...
(si avvede di Mosca)
Ma chillo mpiso
sta llà: n'è ccosa mo.)
(si ritira di nuovo)
MOSCA
Volea l'amica
parlà a chillo, m'ha bisto, e ss'è tenuta;
mme nce voglio spassare.
(e si ritira anch'egli)
FAZIO
Il mio sospetto
non è vano: cioè, puot'esser questo,
puot'esser quello ancora, ed esser ponno
e cento, e mille cose
tutte pericolose. Mi ha guardato
infuriato... poi si è disperato...
poi se n'è andato... io sono qui restato...
la cosa non mi va.
(Vastarella torna ad uscire, e torna ad uscire in tempo anche Mosca)
VASTARELLA
(Vedimmo mone...
e mmanco se n'è gghiuto:
(si accorge di Mosca)
che te nne puozze ì co le stanfelle.)
(si ritira di nuovo)
MOSCA
(Che ggusto bene mio!
Nuje farimmo tutt'oje ste gguattarelle.)
(si ritira)
FAZIO
(parla col servitore)
Io poi discorro, e dico: e l'argomento
è chiaro. Il gran periglio,
che per la fraschetana
l'amico mi dicea... capisci? Forse
qualch'altro cicisbeo
da Camilla chiarito...
capisci? Io ho capito; un butto scoglio
è per me questo! Il cor sta titubante,
cioè mi vedo in mezzo a un brutto imbroglio.
Sono appunto un pastorello
dentro una orrida boscaglia
la gramaglia, e l'ombre nere...
gli orsi, i lupi, e le pantere...
il timor, cioè la paura...
pastorello miserello!
Palpitando il cor mi sta.
Chi mi aita, e m'assicura?
Vado... resto... torno... giro...
guardo... miro...
Miserello pastorello!
Che far debbo, e che sarà?
(mentre Fazio dirà la suddetta aria, Vastarella uscirà più d'una volta per parlargli, e più d'una volta in tempo uscirà Mosca, come sopra; e poi l'uno, e l'altro, come sopra, si ritireranno)
Vastarella, e Mosca.
VASTARELLA
(vedendo che non vi è Fazio)
Oh! Chillo se nn'è gghiuto.
MOSCA
Oh! Se l'ha coveta.
Nzomma jette, e benette,
e lo tiempo perdette.
VASTARELLA
Chest'è quanno
co no malajenimma s'ha da fare.
MOSCA
T'aggio da peglià proprio a cconzonare.
VASTARELLA
Eh po esse che nnò.
MOSCA
Eh po esse che ssì.
VASTARELLA
E ba ca mo mme schianto.
VASTARELLA E MOSCA
Da cca a bello vedere no nc'è ttanto.
(entrano)
Camilla, ed Eugenia.
CAMILLA
Io non so qual si debba
mezzo tener, perché Alessandro affatto
si distragga da me. Posso far altro?
Fingo (e lo fido a te) che impalmar devo
già quel folle di Fazio: in tempo, ch'io
né men sognai tai nozze.
EUGENIA
Io ben accorta
mi son di tal inganno.
CAMILLA
Ed ohimè quanto
tal inganno mi costa!
Ridolfo...
EUGENIA
Il tutto io so; ma non mancai
io di farlo ricredere.
CAMILLA
Ed il tempo
perdetti: non è ver? Ei va trovando
scuse a sua crudeltà, perché ostinato
è nel tuo amore.
EUGENIA
Ei semina,
quanto a me, in su l'arena; e può sicura
esser di ciò Camilla; ah di Camilla
sicura così fosse
quella dolente, che martiri acerbi
soffre per Alessandro.
CAMILLA
O che favella!
Io lo prometto a te: puoi tu a costei
in mio nome giurarlo.
EUGENIA
Or, se volete
stringer quell'importuno: allor, ch'ei viene
di nuovo ad annoiarvi,
Eugenia nominate:
la fé li rinfacciate,
che in Roma a quella ei diede:
rinfacciategli ancor, ch'ella, da lui
abbandonata, venne,
per seguirlo, sin qua: gli obblighi suoi,
l'onor di quella misera...
CAMILLA
E che ascolto!
Alessandro può dunque...
EUGENIA
Egli già viene:
uopo è, ch'io mi ritiri. (A mali estremi
usar rimedi estremi ancor conviene.)
(entra)
Camilla, ed Alessandro, dopo Eugenia, che ritorna.
CAMILLA
Tanto oprò quel malvagio! E tanto asconde
in suo maligno core!
ALESSANDRO
Io non credea,
ch'uomo così malfatto,
qual egli appunto è Fazio un scimunito,
un oggetto di riso,
di Camilla poteva
farsi oggetto gradito; e fu possibile,
che per tal uom negasti
tu ad Alessandro amore?
CAMILLA
Io non credeva,
che un uom così perverso,
qual è Alessandro appunto, ardito avesse
da me chiedere amor. Che? Tu non sai
di qual fallo sei reo?
ALESSANDRO
E in che mancai?
Bella, io sempre per te...
CAMILLA
Di me tu intendi,
ma io d'altra ti parlo.
ALESSANDRO
E di chi parli? (O dio!)
CAMILLA
Parlo di quella,
che tu sì ingiustamente
dal tuo cuor discacciasti;
empio, di quella parlo,
a cui fede giurasti.
ALESSANDRO
Ma di chi mai...
CAMILLA
Ti parlo
d'Eugenia, sì d'Eugenia, a cui convenne
fin di Roma seguirti.
ALESSANDRO
Come...
CAMILLA
Dimmi, inumano,
tal inganno si fa? Così in non cale
l'onor da te si mette? E così poco
stimi tu le promesse, e i giuramenti?
Poi da me chiedi amore?
Con tal faccia, e tal fronte? Eh vanne: ch'io
amar non so un spergiuro, un traditore.
(via)
ALESSANDRO
Misero! E che mi accadde? E da chi mai
tanto seppe costei?
EUGENIA
Da Eugenia il seppe:
da Eugenia sì, che stanca
è omai più di soffrire:
e da Eugenia ancor altri
il sapranno; se sinora io tacqui,
a tutto il mondo or voglio
palesare i miei torti,
tua perfidia far chiara;
vedrem se impallidisci,
o' se almeno arrossisci; e, se la sorte
non sarà pur così, che tu ti scuota,
mi darò al fin colle mie man la morte.
(via)
Alessandro.
Lasso, che sento in me! Qual freddo gelo
per le vene mi scorre al sangue misto!
E qual foco crudele, a un tempo istesso,
mi avvampa, e mi divora! Ah che in tumulto
sono i pensier sconvolti, in guerra fiera
è quest'alma agitata.
Che udii, chi mi parlò? Quai voci amare
mi risuonano al cor per mio tormento,
e mi colman d'orrore, e di spavento?
Il rimorso, ed il dispetto,
ahi che scempio fan di me!
Sento, ohimè!
chi 'l mio fallo mi rinfaccia;
veggo, o dio!
chi mi fugge, e mi discaccia;
ed affanno ognun mi dà.
Fatto son pietoso oggetto:
ma pietà se poi chied'io,
a me niega ognun pietà.
Mosca, dopo Vastarella.
MOSCA
Io creo, ca Vastarella
ancora esce, e ttrase,
pe gghi a pparlare a Fazio. E cche corrivo
che le facette!
VASTARELLA
E ancora ronneanno
jate da ccane?
MOSCA
E ttu che buo? Che ffusse
patrona de la chiazza.
VASTARELLA
Vi che ffreoma
che nce vo!
MOSCA
Ch'aje da fare.
VASTARELLA
(Ora abbesogna,
ch'io penza a ccase mieje;
so gguaje gruosse pe mmene: io sto a ppericolo
de restà senza ll'uno, e senza ll'autro.)
MOSCA
Ched'è? Se fa lo cunto co le gghiejeta.
Malaria a Baja!
VASTARELLA
Che speranza io pozzo
cchiù avè pe Fazio? Chisto... arraffo fia!
Stace co mmico, e mm'accedarria:
torno a ddì: so gguaje grosse.
MOSCA
E cquanto vervesèa!
VASTARELLA
Venga la peste
a lo si Fazio, e cquanno maje nce venne;
steva soperchia bona comme steva.
MOSCA
Comme sta ntossecata! L'è ssocciesso
comme soccese a lo cano d'Asuopo.
VASTARELLA
Io mo che ffaccio?
MOSCA
Io voglio sta a bedere
a cche s'ha da resorvere.
VASTARELLA
Ora cca no nc'è autro;
è nnecessario, che mme cocciolea
co cchisto n'autra vota.
MOSCA
Chesta lloce
s'ha da tornà senz'autro
a rremescà co mmico.
VASTARELLA
Ma io dubbeto,
ca sarrà tiempo perso.
MOSCA
Ma po essere,
che mmanco se nce metta.
VASTARELLA
È assaje stezzato
chillo co ffatte mieje.
MOSCA
Essa già sape
chello, che, mm'ave fatto.
VASTARELLA
Perrò è ssacele puro, che non fia
tanto, quanto io mme pienzo.
MOSCA
E ssacele perrò, che se ne venga
comme maje tale cosa fosse stata.
VASTARELLA
Si mm'ha portato affetto, n'ha potuto
passarle accossì priesto.
MOSCA
Sta cancara lo ssa: c'ha avuto facce
de farl'oje n'autra vota.
VASTARELLA
Nce ne farrà no poco. E na sghezzellà
che nce ne stace, lo puorco è lo mio.
MOSCA
Ora vi che ddich'io: s'essa ha sso stommaco
io la perdono, e ttorno ad attaccarece.
VASTARELLA
Via su anemo, e core.
(s'accosta verso Mosca)
MOSCA
Mmalora! Già s'accosta! Io ch'aggio ditto?!
VASTARELLA
Ahù Mosca, ahù Mosca ne?
MOSCA
(Che ttrasetora!)
VASTARELLA
Veramente nuje femmene
simmo troppo coll'uommene!
MOSCA
(Statt'a ssentire.)
VASTARELLA
Quanta nne facimmo,
quanta ne machenammo, nzanetate!
Mmeretarriamo sempe
d'essere mazzeate.
MOSCA
(Vide si la vuoje meglio.)
VASTARELLA
Io po nfra ll'autre,
che sso la chiù marvasa, e la chiù ttrista.
MOSCA
(N'autra cchiù mareola addò s'è bista?)
VASTARELLA
Veccote mo sto poverommo...
MOSCA
(Ah ah.)
VASTARELLA
Mme volea tanto bene...
MOSCA
(Se fe.)
VASTARELLA
E mme ne vole,
sì: mme ne vole a cconsoleone mia,
già lo beo.
MOSCA
(Chesto mo se credarria?)
VASTARELLA
Ed io briccona, facce senza scuorno,
lo cagno, lo tradesco
pe cchi? Pe no taluorno! Io mo che mmereto?
Na rotta d'ossa; e ppuro sarria poco.
MOSCA
(Che rrettoneca ne? Ora mo chessa
non sarria bona a ffa la dottoressa?)
VASTARELLA
(S'io mo vago addò chillo,
e le dico: perdoname, perdoname
Mosca mio caro; no lo ffaccio cchiune;
chillo llà pe resposta
mme dà no caucio impietto; io mme lo tengo,
e le vaso lo pede.)
(parlando con Mosca)
Ma accossì ba: mme faccio
io stessa la connanna; io so mmancata.
MOSCA
Tu si mmalora nigra!
Vattenne va, ca t'aggio perdonata.
VASTARELLA
Da vero? Oh Mosca mio, Mosca mio bello!
MOSCA
Saje cchiù ttu, che non sape farfariello.
VASTARELLA
Io vorria che mme decisse
mpietto a tte mo chi nce sta.
MOSCA
Che ddecisse io mo vorria
chi nce sta mo mpietto a tte.
VASTARELLA
Mareonciello...
MOSCA
Mareoncella...
VASTARELLA E MOSCA
Nce staje tu, chi nce vo sta?
VASTARELLA
E llà ddinto io che nce faccio?
MOSCA
Che nce faccio io mo llà ddinto?
VASTARELLA
Lazzariello...
MOSCA
Lazzarella...
VASTARELLA E MOSCA
Staje lo core a mmartellà.
MOSCA
Ah fegliò...
VASTARELLA
Ah fegliù...
VASTARELLA E MOSCA
No cchiù, no cchiù:
ca mme saje addebbolì.
Uh sta cosa mo ched'è?
MOSCA
(si tocca in petto)
Sento cca ccomme nce stesse
na caudara, che bollesse.
VASTARELLA
E io puro, mara me!
MOSCA
Siente, siente lo remmore
de lo vullo, nzanetà!
VASTARELLA
Non di niente: sto remmore
se nce sente puro cca.
VASTARELLA E MOSCA
Nn'è cca ddinto no gran fuoco,
chello lloco vene a ddì.
Eugenia.
Che ne dici, o mio cor? Tornerà a noi
la bella antica calma,
o' a tempesta implacabile
il destin ne condanna?
Se 'l desio non m'inganna,
parmi, che 'l cor risponda:
non affliggerti più, ch'è già vicina
la calma, che sospiri; e la speranza
par, che 'l confermi. Ah forse ebber potere
i detti di Camilla, e i detti miei
su quell'alma rubella.
Deh non mi lusingar, speranza bella.
Ridolfo, Mosca, ed Eugenia in disparte.
RIDOLFO
Come negar mi vuoi ciò, ch'io stamane
con quest'orecchi intesi?
MOSCA
Vicia sentette
na boscia bella e bona.
RIDOLFO
Adunque a Fazio
bugia narrasti tu.
MOSCA
Gnorsì, ma primmo
de me nce l'avea ditto Vastarella,
zoè co ntesa mia;
fu mmenzeone nosta pe scroccare
quaccosa a chillo locco.
RIDOLFO
E Vastarella
non mi avvisò di questo.
MOSCA
Io mo non saccio...
saccio, ch'accolsi ca la fraschetana
non s'ha sonnato maje
de volè bene a chillo nzemprecone.
Alessandro, e Camilla, e poi Vastarella, che stanno ad ascoltare, Eugenia che si fa avanti, Ridolfo, e Mosca.
EUGENIA
Che si dice di me?
RIDOLFO
Si dice appunto,
che a te l'amor di Fazio
a torto io rinfacciai; sì che menzogna
io ti dicea; ma detta
anche a me fu menzogna; or, che del vero
io sono inteso, o quanto,
quanto m'incresce, che cagion ti fui
di colera, e disgusto!
Quindi...
ALESSANDRO
No, non poteva
a tal fiamma dar loco: ella in suo core
un'altra ne ascondeva,
e più bella, e più cara; anch'io motivo
da' tuoi detti oggi presi
di sospettar di lei; ma ben avvisto
mi son, ch'ogni sospetto è più, che vano.
Bella, troppo soffristi
tu per me, troppo ingrato
io per te fui: a un troppo
desir cieco il condona or, che già ogni altro
amor sparso d'oblio,
all'antico amor tuo torna il cor mio.
EUGENIA
O dio! E qual contento
inaspettato è questo?
RIDOLFO
Ohimè! Deh come...
CAMILLA
Forse Eugenia è costei: quella che in Roma...
ALESSANDRO
Sì quella appunto, ch'io già in Roma amai,
quella, che ingiustamente abbandonai:
donna di civil grado, e non già serva,
e villana qual sembra.
VASTARELLA
Ora vedite!
Tutto chesso nce steve?
MOSCA
E io suje astroleco
quanno deze a rrentenne a lo si Fazio,
ca ch'esta lloco steva accossì ncogneta.
CAMILLA
Or che fa più Ridolfo? A che non volge
suo cuore a me?
VASTARELLA
Ma comme? E lo si Fazio?
RIDOLFO
(a Vastarella)
Che Fazio? Fu un inganno. Hai tu sofferto
anche troppo per me;
(a Camilla)
io già mio core
ecco a te volgo.
CAMILLA
Ah consolommi amore.
Fazio col Servitore, e tutti i suddetti.
FAZIO
Cioè io vo' vedere...
MOSCA
Attiempo attiempo
sto Mateleco, te.
VASTARELLA
Sio Fà, aje perdute
le nnammorate toje.
FAZIO
Cioè...
VASTARELLA
Non vide?
Co sti segnure già se so sposate.
FAZIO
Buon pro li faccia; ed io...
MOSCA
E ttu può ire
a ccarreà ossa a lo ponte.
FAZIO
Io voglio
Vastarella.
MOSCA
Cioè
chella non vole a tte, ca vole a mmene.
FAZIO
È ver?
VASTARELLA
Cioè gnorsine.
FAZIO
Adunque io posso
ritornarmene in Napoli?
Va ben, va' metti all'ordine il calesse.
MOSCA
Te nne può ire a ppede quanno vuoje,
ca io mo no stongo accommeto.
FAZIO
Ma come?...
RIDOLFO
No, no: per qualche giorno
si tratterrà con noi.
ALESSANDRO
Sì, sì: de' nostri
contenti a parte sia.
FAZIO
Oh mille grazie!
ALESSANDRO
(a Eugenia)
Bella, contenta sei?
RIDOLFO
(a Camilla)
Cara, sei paga?
EUGENIA
Non ho più che bramare.
CAMILLA
Più desiar non so.
EUGENIA
Soffersi molto,
è vero sì.
CAMILLA
Molto soffersi, è vero.
EUGENIA E CAMILLA
Ma grata amor mi diè poi ricombenza.
EUGENIA, CAMILLA, ALESSANDRO E RIDOLFO
E veramente Amor vuol sofferenza.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 19/12/2015
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
(W)